Introduzione In un sistema di comunicazione satellitare, la banda di

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Introduzione In un sistema di comunicazione satellitare, la banda di
Introduzione
In un sistema di comunicazione satellitare, la banda di un trasponder è
una delle risorse più preziose. Attualmente, però, l’uso dello spettro a
disposizione di un trasponder non è del tutto efficiente, poichè in ogni
istante di tempo sono occupate solo alcune sottobande, per di più non
adiacenti. È, quindi, chiaro che, al momento, buona parte di questa
preziosa risorsa viene sprecata.
Nel tentativo di risolvere questo problema, si propone un sistema di
trasmissione, innovativo in ambiente satellitare, che è in grado di
instaurare una trasmissione servendosi non di una unica banda di
frequenze, ma delle porzioni di spettro inoccupate, anche non adiacenti tra
loro. Per poter realizzare ciò si è pensato di combinare due tecniche già
standardizzate e ampiamente diffuse nelle comunicazioni radio: il CDMA e
l’OFDM. La prima tecnica permette un accesso multiplo particolarmente
semplice; la seconda suddivide la banda complessiva in più sottoportanti,
dando la possibilità di accenderle e spegnerle a seconda delle
caratteristiche del canale. In questo modo, il sistema in esame godrà dei
vantaggi di entrambe le metodologie di trasmissione e, in più, come sarà
mostrato nel corso della tesi, renderà possibile un utilizzo opportunistico
della banda.
L’ambiente in cui il sistema dovrà lavorare è estremamente dinamico: un
presupposto alla realizzabilità di tale tipo di sistema, allora, è sicuramente
la possibilità di disporre di trasmettitori e ricevitori implementati secondo la
filosofia della Software Radio. In questo modo, si è in grado di mutare il
comportamento della catena di ricetrasmissione al variare dell’ambiente in
cui è calato il sistema, mediante la riconfigurazione via software di alcuni
parametri.
Questo lavoro di tesi è solo il primo passo del suddetto progetto. Partendo
da una conoscenza accademica delle due tecniche di trasmissione, dopo
un accurato approfondimento teorico delle potenzialità delle due
metodologie e della Software Radio, si è sviluppato, mediante il linguaggio
di programmazione MATLAB, un codice. Lo scopo di tale codice è quello
di simulare la catena di ricetrasmissione che implementi il CDMA su
OFDM, valutandone le prestazioni. Dopo la completa stesura del codice,
questo è stato fatto girare, ottenendo come risultato la valutazione delle
prestazioni del sistema. Sono stati fatti, infine, paragoni con altre
potenziali tecniche di trasmissione alternative, per dimostrare l’efficacia
del sistema sotto esame.
Il lavoro è organizzato come segue. Nei primi tre capitoli saranno forniti
concetti teorici di base per una più completa visione dell’ambito di studio,
mentre nella seconda metà del lavoro si entrerà nel vivo del progetto e del
codice sviluppato. In particolare:
Capitolo 1: si descrive, in maniera esauriente, ma non esaustivo,
una generica catena di ricetrasmissione, soffermando l’attenzione
sulle particolari modulazioni numeriche esistenti. Sono anche
presentate le tecniche OFDM e DS-SS, su cui si basa il CDMA.
Capitolo 2: si descrive in modo più accurato un sistema di
comunicazione satellitare, soffermandosi sulla descrizione dei
satelliti, deulle orbite, delle frequenze e delle applicazioni possibili.
Capitolo 3: viene descritta l’architettura Software Radio, mettendo
in luce le differenze con un’architettura tradizionale di tipo
supereterodina e i livelli di sviluppo identificati dal SDR Forum.
Capitolo 4: è introdotto il sistema in esame, ponendo l’attenzione su
tutti i vantaggi di cui gode.
Capitolo 5: viene illustrato in maniera molto dettagliata il codice
sviluppato, mostrando alcuni grafici, come prova del funzionamento
corretto del codice stesso.
Capitolo 6: ipotizzando un particolare scenario di applicazione e
facendo girare il codice introdotto nel Cap. 5, si visualizzano le
prestazioni del sistema introdotto, paragonandole a quelle di
sistemi di trasmissione alternativi.
La tesi è completata con un’Appendice, in cui si è riportato l’intero codice
sviluppato.
Architettura di un sistema di comunicazione
Una generica comunicazione coinvolge tre concetti [1]: il messaggio,
ovvero l’oggetto della comunicazione, trasportato da un segnale, la
sorgente e la destinazione del messaggio stesso, cioè i soggetti della
comunicazione. Lo scambio di messaggi tra sorgente e destinazione
avviene grazie al sistema di comunicazione, come mostrato in Fig. 1.1.
S
Segnale
emesso
SISTEMA DI COMUNICAZIONE
Segnale
ricevuto
D
Fig. 1.1: Schema di una generica comunicazione.
I segnali che transitano in un sistema di comunicazione possono essere di
tipo digitale o analogico. Come riportato in [2], una forma d’onda digitale è
definita come una funzione del tempo che può assumere solo un insieme
discreto di valori (in genere, sono considerate le forme d’onda binarie, per
cui sono ammessi solo i valori 0 e 1); l’ampiezza di un segnale analogico,
invece, varia in modo continuo nel tempo. Di conseguenza, a seconda
della natura dei dati che le sorgenti emettono (analogici o digitali), queste
si dividono in sorgenti analogiche e sorgenti digitali. Un esempio di
sorgente analogica è un microfono, la cui uscita è un segnale (definito su
un range continuo di valori), che rappresenta la variazione della pressione
dell’aria causata dal suono. La tastiera di un computer, invece, è un
esempio di sorgente digitale, in quanto può emettere solo un numero finito
di caratteri. La maggior parte delle informazioni che si è interessati a
trasmettere è prodotta da sorgenti analogiche, come, per esempio, quelle
che generano la voce, l’audio e le immagini.
Anche i sistemi di comunicazione sono suddivisi in due grandi categorie, a
seconda dei dati che transitano attraverso essi: sistemi analogici (come i
sistemi di trasmissione TV) e sistemi digitali (come i sistemi telefonici
digitali).
Indipendentemente dalla sua classificazione, un sistema di comunicazione
è costituito da tre elementi principali: il trasmettitore, il canale e il
ricevitore, come mostrato in Fig. 1.2 [3].
TRASMETTITORE
Segnale
emesso
RICEVITORE
CANALE di COMUNICAZIONE
Segnale
ricevuto
Fig. 1.2: Generico sistema di comunicazione.
Lo scopo di un sistema analogico è quello di trasmettere sul canale di
comunicazione una forma d’onda continua nel tempo, attraverso variazioni
di tensione, corrente o intensità di luce. Tale forma d’onda deve essere
perfettamente ricostruita dal ricevitore affinché la destinazione riceva una
copia esatta del segnale emesso: tale tipo di trasmissione è, quindi, molto
sensibile ad eventuali disturbi, come rumore, interferenza e attenuazione.
Un sistema digitale, invece, prevede la propagazione dei simboli 0 e 1
attraverso impulsi di tensione, per esempio, positiva per il simbolo 1 e
negativa per il simbolo 0: il compito del ricevitore, in questo caso, è
semplicemente quello di valutare il segno della tensione originale con
un’alta probabilità. Essendo accettati solo due valori di tensione, il sistema
si comporta nel modo corretto anche in presenza di notevoli disturbi,
purché sia possibile determinare il segno della tensione originale. Una
comunicazione digitale, quindi, è molto più vantaggiosa rispetto ad una
analogica, perchè più immune ai disturbi, ma anche in quanto può essere
implementata in modo più economico grazie all’elettronica digitale; in più
può multiplare diversi tipi di segnali (audio, video, voce, ecc.) e supporta
maggiormente le funzionalità di sicurezza e di correzione degli errori
mediante la codifica di canale [4].
È questo il motivo per cui negli anni la tendenza è stata quella di
realizzare sempre più sistemi di comunicazione digitali, nonostante quelli
analogici siano ancora molto diffusi. D’ora in avanti, quindi, ci si riferirà
sempre a sistemi digitali.
Prima di descriverli più in dettaglio, è da notare che, oltre alle sorgenti
digitali, anche quelle analogiche possono interfacciarsi con questi: ciò è
possibile prevedendo l’introduzione di un “adattatore di dati”, che associ
alla forma d’onda analogica emessa dalla sorgente il suo equivalente
digitale.
Lo schema a blocchi di un generico sistema di comunicazione è mostrato
in Fig. 1.3 [2].
S
Segnale
emesso
a(t)
TRASMETTITORE
ELABORAZIONE
DEL
SEGNALE
MODULATORE
Rumore n(t)
~ (t)
Stima a
del segnale
emesso
D
RICEVITORE
ELABORAZIONE
DEL
SEGNALE
DEMODULATORE
Segnale
trasmesso
s(t)
MEZZO DI
COMUNICAZIONE
(canale)
Segnale
ricevuto
r(t)
Fig. 1.3 : Schema a blocchi di un generico sistema di comunicazione.
Il trasmettitore
Come descritto in [5], lo scopo del trasmettitore è quello di convertire il
segnale a(t), emesso dalla sorgente S, in un formato adatto alla
propagazione attraverso il canale di comunicazione. Dalla Fig. 1.3 si nota
che le funzioni svolte dal trasmettitore sono quelle di elaborazione del
segnale e di modulazione.
Il blocco di elaborazione del segnale ha lo scopo di “trasformare” il
segnale in ingresso in modo da effettuare una trasmissione più efficiente e
affidabile. A sua volta tale blocco è costituito da due sottoblocchi:
codificatore di sorgente e codificatore di canale (Fig. 1.4).
Segnale
emesso
a(t)
ELABORAZIONE DEL SEGNALE
CODIFICA
DI
SORGENTE
CODIFICA
DI
CANALE
Sequenza
codificata
cn
Fig. 1.4 : Schema a blocchi del blocco di elaborazione del segnale in trasmissione.
Il codificatore di sorgente è responsabile di un uso efficiente del canale di
comunicazione. Nel blocco di codifica di sorgente è incluso il sopraccitato
“adattatore di dati”, che altro non è che un convertitore analogico digitale
(ADC, Analog to Digital Converter). La codifica di sorgente si compone,
quindi, di due sottoblocchi principali: il campionatore e il quantizzatore. Il
campionatore genera in uscita una sequenza di campioni del segnale
analogico in ingresso, estratti con un opportuno passo di campionamento:
tale sequenza è, quindi, tempo-discreta, mentre i campioni possono
assumere valori continui tra - ∞ e + ∞ . Il quantizzatore converte i
campioni continui in una variabile discreta a Q valori, rappresentabile con
un numero prefissato di bit: ciò avviene suddividendo il range dei valori in
ingresso in un insieme di intervalli, le cui dimensioni possono essere sia
costanti (caso in cui si parla di quantizzazione uniforme), sia variabili (caso
in cui si parla di quantizzazione non uniforme). Tale mapping è effettuato
in modo tale da eliminare la ridondanza delle informazioni emesse e
genera in uscita una sequenza di bit. Lo stream di dati in uscita dal
codificatore di sorgente viene, quindi, processato dal codificatore di
canale, che introduce un’opportuna e controllata ridondanza delle
informazioni, tale da permettere al ricevitore di rivelare ed eventualmente
correggere possibili errori verificatisi durante la trasmissione.
L’uscita cn del blocco di elaborazione del segnale è un segnale numerico
in banda base (BB), ovvero avente uno spettro di ampiezza non nulla per
frequenze vicine all’origine ( f = 0 ) e trascurabile altrove.
Prima di attraversare il canale, il segnale deve essere shiftato in
frequenza, dalla BB a frequenze maggiori, più adeguate alle
caratteristiche trasmissive del canale: per esempio, se il canale è cablato
in fibra, le frequenze ammesse nella trasmissione sono quelle della luce.
Il segnale così ottenuto è detto in banda passante (BP), in quanto ha uno
spettro di ampiezza non nulla intorno ad una particolare frequenza f = ± fc ,
con fc >> 0, detta frequenza portante, e trascurabile altrove. Il blocco che
effettua tale traslazione è il modulatore.
In un sistema di comunicazione digitale il modulatore può essere
scomposto in due parti, come mostrato in Fig. 1.5 [1]. Il primo sottoblocco
è il modulatore numerico, che, a partire dalla sequenza di bit in ingresso,
ha lo scopo di produrre un segnale analogico in BB, che rappresenti tale
sequenza in modo opportuno e ne permetta una corretta ricostruzione in
fase di ricezione. La parte che effettua la vera e propria traslazione in
frequenza è il modulatore analogico.
Sequenza
codificata
cn
MODULATORE
MODULATORE
NUMERICO
m(t)
MODULATORE
ANALOGICO
Segnale
modulato
s(t)
Fig. 1.5 : Schema a blocchi del modulatore in un sistema digitale.
Come mostrato in Fig. 1.6, lo stream di dati cn in uscita dal codificatore di
canale è posto in ingresso ad un codificatore di costellazione, che
raggruppa i bit in ingresso in blocchi di K. Ne rappresenta, poi, i valori α
producendo in uscita un simbolo complesso appartenente ad una
costellazione a L = 2K punti
Sequenza
codificata
cn
MODULATORE NUMERICO
CODIFICATORE
DAC
DI
(Digital to Analog
COSTELLAZIONE mn
Converter)
x(t)
y(t)
Fig. 1.6 : Schema a blocchi del modulatore numerico.
La sequenza mn=xn+j·yn in uscita dal codificatore di costellazione viene
posta in ingresso al blocco successivo, che realizza una conversione
digitale analogica (DAC): tale blocco è costituito da due linee parallele,
una per la parte reale, l’altra per la parte immaginaria della sequenza.
Ciascuna di esse è composta da un formatore di impulsi e da un filtro di
trasmissione di risposta impulsiva reale g(t), che limita la banda occupata
dal segnale. Inoltre si vorrebbe che g(t) sia un impulso di Nyquist, ovvero
tale da attraversare lo zero con un periodo pari alla durata dei simboli, in
modo da annullare l’interferenza tra essi. I due tipi di impulso g(t)
maggiormente utilizzati sono quello rettangolare e quello denominato a
coseno rialzato. Il segnale analogico in uscita dal DAC, detto segnale
modulante, avrà la forma
m(t) = ∑ mn g(t − nTS )
(1.1)
n
dove TS è la durata di un simbolo della sequenza m n . È da notare che
anche m(t) è un segnale complesso (m(t) = x(t) + j ⋅ y(t)), in quanto ottenuto
a partire da una sequenza complessa; inoltre, parte reale e immaginaria
sono ancora segnali in BB. Esistono diversi tipi di modulazione numerica,
come sarà spiegato nel Par. “Modulazioni numeriche”.
Parte reale e parte immaginaria del segnale modulante sono, a questo
punto, passate al modulatore analogico, che provvederà a generare il
corrispondente segnale s(t) in BP.
La Fig. 1.7 mostra la struttura del modulatore analogico in fase e
quadratura (I/Q). Tale modulatore processa separatamente parte reale e
immaginaria del segnale modulante, moltiplicandole rispettivamente per
una portante in fase (coseno) e una portante in quadratura (seno),
generate da un oscillatore locale (LO), e dando luogo al segnale a
frequenza fc
s(t) = x(t)cos(2πfc t) - y(t)sen(2πf c t) .
x(t)
cos(2πfc t)
LO
sen(2πfc t)
∑
s(t)
90°
y(t)
Fig. 1.7: Struttura del modulatore analogico I/Q.
(1.2)
È da notare che, come verrà spiegato più in dettaglio in seguito, la
traslazione del segnale dalla BB alle frequenze adeguate alla trasmissione
sul canale può avvenire anche in due o più stadi, traslando prima ad una o
più frequenze intermedie e solo alla fine alla frequenza fc.
Il segnale è immesso nel canale dopo aver subito ulteriormente un
filtraggio, che elimina frequenze indesiderate introdotte dall’operazione di
moltiplicazione tra i segnali, e un’amplificazione, in modo tale da avere
una potenza sufficiente per poter raggiungere la destinazione desiderata.
Il canale
Il canale di comunicazione può essere definito come un sistema formato
da un mezzo fisico a cui sono associati dispositivi elettronici e/o ottici,
utilizzati per la trasmissione delle informazioni [3]. I canali di
comunicazione possono essere classificati in due categorie [2]: guidati,
come i doppini telefonici, le fibre ottiche, ecc., o irradianti, come l’aria, il
vuoto, ecc.
Il segnale trasmesso, in genere, viene alterato durante l’attraversamento
del canale di trasmissione: il ricevitore capterà, quindi, una versione
distorta del segnale trasmesso.
Quest’ultimo, infatti, subisce un’attenuazione della propria potenza,
direttamente proporzionale alla distanza tra trasmettitore e ricevitore, a
causa dell’assorbimento della potenza da parte del mezzo fisico. Nei
canali radio l’attenuazione aumenta notevolmente anche all’aumentare
della frequenza operativa, in quanto l’atmosfera esterna tende ad
assorbire, e non a riflettere, le frequenze più alte. Un’ulteriore causa
dell’attenuazione del segnale in ambiente radio è da ricercarsi nei
fenomeni di multipath: un trasmettitore radio, in genere, non si trova nello
spazio libero, ma circondato da ostacoli, come fabbricati, montagne,
colline, mezzi in movimento, che possono causare la riflessione e
diffrazione delle onde trasmesse. Il ricevitore capta, così, due o più segnali
identici, ma sfasati l’uno rispetto agli altri e comunque caratterizzati da
attenuazioni e ritardi differenti, avendo percorso cammini diversi: il
segnale risultante, quindi, può essere notevolmente attenuato rispetto a
quello trasmesso. Le comunicazioni radio sono anche soggette ad
attenuazioni dovute ad agenti atmosferici, come la pioggia, l’umidità, ecc.,
in quanto le goccioline d’acqua in sospensione nell’aria provocano la
riflessione di onde elettromagnetiche a particolari frequenze.
Per fronteggiare il problema dell’attenuazione, il canale potrebbe
contenere elementi di amplificazione, come i ripetitori telefonici o i
transponder satellitari, che rigenerano i segnali in transito.
Oltre ad essere attenuato, il segnale in transito nel canale può essere
anche distorto, sia a causa delle caratteristiche intrinseche del canale sia
a causa della presenza di segnali estranei che si sovrappongono ad esso.
Il disturbo classico è il rumore termico tipico di tutte le apparecchiature
elettroniche, causato dal movimento degli elettroni all’interno di un
conduttore. Altri disturbi possono essere segnali alla stessa frequenza di
quello utile, provenienti da altri sistemi di telecomunicazioni o da altri utenti
appartenenti allo stesso sistema: in questo caso si parla di segnali
interferenti. Un altro tipo di disturbo è quello ad impulso, ovvero un
disturbo di breve durata, ma di grande intensità, generato da fenomeni
elettrici naturali, come i fulmini durante un temporale.
In generale, per poter estrapolare dal segnale ricevuto quello utile, questo
deve essere ben superiore rispetto al livello dei vari disturbi: la qualità di
un sistema di trasmissione è rappresentabile mediante il rapporto segnalerumore (SNR, Signal to Noise Ratio), ovvero il rapporto tra la potenza
media del segnale utile e quella del rumore presente, entrambe misurate
nello stesso punto della catena di ricetrasmissione.
Il ricevitore
Il terzo elemento principale di un sistema di comunicazione è il ricevitore, il
quale ha lo scopo di ricostruire correttamente il segnale emesso dalla
sorgente a partire da quello propagatosi attraverso il canale e di
recapitarlo a destinazione [5]. Tale ricostruzione avviene mediante
operazioni inverse rispetto a quelle effettuate in trasmissione; anche il
ricevitore, allora, è composto da due blocchi: il blocco di demodulazione e
quello di elaborazione del segnale (Fig. 1.3).
Il blocco di demodulazione esegue due operazioni: filtra il segnale ricevuto
dal canale, in modo da limitare la banda a quella del segnale originale,
eliminando i disturbi fuori banda. Successivamente, trasla il segnale filtrato
alla BB, moltiplicando parte reale e immaginaria del segnale ricevuto r(t)
per le stesse portanti, in fase e in quadratura, utilizzate in trasmissione. Il
segnale subisce quindi una conversione analogico digitale, attraverso un
ADC e i simboli così ottenuti sono posti in ingresso al decodificatore di
costellazione che associa ad ogni simbolo ricevuto, il punto della
costellazione più probabile, producendo una stima ~
c n della sequenza
codificata cn. La sequenza in uscita dal demodulatore numerico non
sempre è identica alla corrispondente sequenza in trasmissione, in quanto
a causa dei disturbi introdotti dal canale, è possibile che venga commesso
qualche errore.
Il blocco di elaborazione del segnale in ricezione è a sua volta costituito da
due sottoblocchi: decodificatore di canale e decodificatore di sorgente.
Il decodificatore di canale rileva ed eventualmente corregge errori di
propagazione, sfruttando la ridondanza introdotta dal codificatore di
canale; il decodificatore di sorgente, invece, ricostruisce la versione del
segnale originale intelligibile dalla destinazione. Tale segnale ricostruito
~ (t) è una stima del segnale emesso a(t), in quanto potrebbe ancora
a
essere affetto da errori di trasmissione che il decodificatore di canale non
~ (t) viene, a questo punto,
è stato in grado di correggere. Il segnale a
fornito alla destinazione finale.
Modulazioni numeriche
Qui a seguire si analizzano, in un primo momento, le modulazioni
numeriche elementari e poi tecniche di modulazione più elaborate, come
quella OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing) e quella DSSS (Direct Sequence Spread Spectrum).
Modulazioni numeriche elementari
I vari tipi di modulazione sono suddivisi in due grandi categorie [6]: le
modulazioni a inviluppo costante e le modulazioni ad inviluppo non
costante. Le tre famiglie di schemi di modulazione di base sono l’ASK
(Amplitude Shift Keying), appartenente alla categoria di modulazioni ad
inviluppo non costante, la PSK (Phase Shift Keying) e la FSK (Frequency
Shift Keying), appartenenti al gruppo di modulazioni ad inviluppo costante.
Esistono, inoltre, schemi di modulazione più avanzati, ottenuti come
variazione e combinazione degli schemi di base, come il QAM
(Quadrature Amplitude Modulation), MSK (Minimum Shift Keying), ecc.
Ci sono tre criteri primari per la scelta di uno schema di modulazione:
efficienza di potenza, efficienza di banda e complessità del sistema. Nel
seguito si analizzeranno in dettaglio le modulazioni PSK, QAM e FSK.
PSK
La famiglia di modulazioni PSK è molto estesa ed è ampiamente utilizzata
nel mondo delle telecomunicazioni. In questo schema gli L punti della
costellazione sono equispaziati lungo un cerchio di raggio unitario e,
quindi, possono essere individuati solo tramite un valore di fase: è chiaro,
allora, il motivo per cui tale famiglia è considerata a inviluppo costante. Il
valore delle varie fasi è
ϕl =
π
(2 ⋅ l + 1) − π
L
con 0 ≤ l ≤ L − 1
(1.3)
Ciò che il codificatore produce in uscita è il valore complesso associato a
tale fase, ovvero il valore cos(ϕ l ) + j ⋅ sen(ϕ l ). Il segnale modulato, così,
avrà inviluppo costante, ma transizioni di fase discontinue tra un simbolo e
l’altro.
La modulazione PSK più semplice è la BPSK (Binary PSK), in cui il
numero dei livelli è L = 2 Ciascun simbolo, allora, trasporta K = 1 bit di
informazione e le possibili fasi in uscita sono 0° e 180°. Un tipo più
comune di modulazione PSK è la QPSK (Quadrature PSK), in cui il
numero dei livelli è L = 4 : ciascun simbolo, quindi, trasporta K = 2 bit di
informazioni e le possibili fasi in uscita sono ± 45° e ± 135°. Tale tipo di
modulazione è utilizzato nei sistemi CDMA, nei sistemi satellitari per il
trasporto di dati e voce e nel DVB-S (Digital Video Broadcasting Satellite).
BPSK
(1 bit per simbolo)
QPSK
(2 bit per simbolo)
QAM
La famiglia di modulazioni QAM è un tipo di modulazione a inviluppo non
costante. In questo schema gli L punti della costellazione sono posizionati
agli incroci di una griglia quadrata: di conseguenza, solo alcuni valori di L
sono ammessi, ovvero è necessario che L sia un quadrato perfetto
( L = 4, L = 16, L = 64, ecc.). In realtà è possibile avere anche modulazioni
del tipo 32-QAM, ma queste sono ottenute per eliminazione di punti da
costellazioni di cardinalità maggiore.
In una costellazione del tipo QAM, i punti sono quindi individuati attraverso
le loro parti reali e immaginarie: i gruppi di K bit estrapolati dal flusso di
dati in ingresso, sono suddivisi in due sottogruppi di K/2 bit. Il valore del
primo sottogruppo individuerà il valore della parte reale del simbolo in
uscita tra i 2K/2 possibili, uniformemente distribuiti tra i valori -V e V; il
valore del secondo sottogruppo individuerà, con lo stesso meccanismo,
ma in modo indipendente, la parte immaginaria del punto della
costellazione.
In Fig. 1.9 sono mostrate due diverse costellazioni QAM, 4-QAM e 16QAM. È da notare che la 4-QAM è analoga alla QPSK. I simboli della
costellazione 4-QAM trasportano 2 bit ciascuno, uno dei quali individua la
parte reale, l’altro la parte immaginaria. Analogamente, i simboli della 16QAM trasportano 4 bit ciascuno, due dei quali individuano i 4 possibili
valori della parte reale; gli altri due i 4 possibili valori della parte
immaginaria.
Tale tipo di modulazione è utilizzato nei modem dei canali telefonici, ma
anche nelle comunicazioni satellitari, nelle comunicazioni mobili e nel
DVB-C (Digital Video Broadcasting Cable).
16-QAM
(4 bit per simbolo)
4-QAM
(2 bit per simbolo)
Fig. 1.9: Costellazioni QAM.
FSK
Le modulazioni FSK possono essere interpretate come casi particolari di
modulazioni PSK: nella modulazione FSK, la frequenza della portante è
modificata, saltando da un valore all’altro all’interno di un set, in relazione
al segnale di ingresso. L’ampiezza della portante rimane invariata: da qui
l’appartenenza di tale tipo di modulazione alla classe della modulazioni ad
inviluppo costante. La struttura di un modulatore FSK è leggermente
diversa da quella vista per le modulazioni QAM e PSK: il modulatore
analogico I/Q è sostituito da un modulatore di frequenza. Come per le altre
modulazioni, è generata prima di tutto una sequenza ad L valori: ciascuno
di tali valori corrisponde ad una tra le L possibili frequenze della portante.
Per esempio, in una modulazione 2-FSK, il bit “1” è rappresentato dalla
frequenza f1 , mentre il bit “0” dalla frequenza f 2 , come mostra la Fig.
1.10. Si hanno diverse varianti della modulazione FSK, come MSK
(Minimum Shift Keying), GMSK (Gaussian MSK), ecc.
Tale tipo di modulazione è stato il primo ad essere utilizzato, mentre
successivamente sono stati sostituiti dalle modulazioni QAM e PSK: la
principale applicazione della FSK sono i sistemi cordless, come il DECT.
BIT STREAM
1
0
0
1
0
1
f1
f2
f2
f1
f2
f1
SEGNALE
MODULANTE
SEGNALE
MODULATO
FREQUENZE
UTILIZZATE
Fig. 1.10: Modulazione 2-FSK.
OFDM
La modulazione OFDM è un particolare tipo di modulazione numerica che
utilizza in modo ottimo la banda del canale. L’idea che sta alla base di tale
tipo di modulazione consiste nel sostituire un segnale a banda larga, di
banda B centrata intorno alla portante fc, con un numero N di segnali a
banda stretta trasmessi contemporaneamente, detti sottocanali. Gli N
sottosegnali hanno spettri centrati intorno ad N sottoportanti distanziate
l’una dall’altra di una quantità arbitraria ∆f: complessivamente, però,
occupano la stessa banda B del segnale originale e, quindi, vale la
relazione B=N·∆f.
Una delle principali particolarità dell’OFDM è il fatto che i diversi
sottocanali utilizzano forme d’onda ortogonali: ciò rende tale tecnica
adatta sia come modulazione sia come tecnica di accesso multiplo.
Lo schema di base è illustrato nella Fig. 1.11 [1]. La sequenza cn in
ingresso al modulatore OFDM, ad un rate di R bit/s, viene suddivisa in
blocchi di K bit, detti simboli OFDM. Ogni blocco viene, a questo punto,
suddiviso in N sottosimboli, ciascuno formato da Ki bit e, quindi, a 2Ki
determinazioni, con 0 < i < N − 1 . Il valore di Ki può variare da flusso a
flusso, ma deve essere tale che
N−1
K = ∑K i .
(1.4)
i =0
Gli N sottosimboli facenti parte di un simbolo OFDM sono, quindi, posti in
uscita in N flussi paralleli, ciascuno caratterizzato da un rate di R/N bit/s.
Ciascuno di tali sottosimboli viene rappresentato con la notazione Xi,µ,
dove l’indice “i” indica il flusso di appartenenza, mentre l’indice “µ” indica il
simbolo OFDM di appartenenza. Ciò significa che il µ-esimo simbolo
OFDM è formato dai sottosimboli X0,µ, X1,µ, …, XN-1,µ. Nel seguito si
considererà la trasmissione di un solo simbolo OFDM, quello per µ = 0 ,
per cui, per semplicità, non verrà più indicato l’indice “µ”.
Ciascun sottoblocco è, quindi, posto, a cadenza T, in ingresso ad un
generico codificatore di costellazione, il quale trasforma ogni sottosimbolo
Xi in un corrispondente simbolo mi appartenente ad una costellazione di
2Ki punti.
f c+ f 0
X 0,µ
X1,µ
S/P
N
MODULATORE
ELEMENTARE
CODIFICATORE m1,µ
DI
COSTELLAZIONE
MODULATORE
ELEMENTARE
….
K
… …
Sequenza
codificata
cn
CODIFICATORE m0,µ
DI
COSTELLAZIONE
XN-1,µ
∑
Segnale
modulato
s(t)
f c+ f 1
CODIFICATORE mN-1,µ
MODULATORE
DI
ELEMENTARE
COSTELLAZIONE
fc+ fN-1
Fig. 1.11 : Schema di base del modulatore OFDM.
Gli N modulatori elementari realizzano, in un primo momento, una
conversione digitale analogica, utilizzando tutti uno stesso filtro di risposta
impulsiva gTX(t) di durata finita nel tempo. In generale, allora, il µ-esimo
simbolo OFDM è rappresentato da un segnale occupante un intervallo di
tempo Iµ di durata pari a T: si ipotizzi, per semplicità, che l’intervallo I0
includa l’origine dei tempi.
A questo punto, il segnale corrispondente al sottosimbolo Xi, è traslato ad
una frequenza maggiore attraverso un modulatore I/Q: in particolare, il
sottosegnale i-esimo è traslato alla frequenza fc + fi , dove fc è la portante
del canale e fi = (i − N/2) ⋅ ∆f.
Il segnale modulato s0(t), corrispondente al simbolo OFDM di indice µ = 0 ,
è ottenuto, alla fine, come somma dei segnali in uscita dai modulatori
elementari e può essere rappresentato nella forma
N−1
s 0 (t) = g TX (t)∑ {x i cos[2π ⋅ (fc + fi ) ⋅ t ] − y i sen[2π ⋅ (fc + fi ) ⋅ t ]}, t ∈ I o . (1.5)
i =0
Sviluppando le funzioni di seno e coseno, risulta che l’inviluppo
complesso(*) di s0(t) rispetto alla frequenza portante assume la forma
N−1
s 0 (t) = g TX (t)∑ m i ⋅ e
i=0
j2π⋅fi ⋅t
N−1
= ∑ m i ⋅ ϕ i (t) ,
t ∈ Io
(1.6)
i= 0
Tale segnale risulta essere periodico di periodo TU=1/∆f.
Affinché, in fase di ricezione, sia possibile recuperare i simboli trasmessi,
j2π⋅f ⋅t
è necessario definire una famiglia di funzioni ψ i (t) = gRX (t) ⋅ e i
ortonormale alla famiglia delle funzioni di trasmissione ϕi (t) :
1
ϕ i (t) ⋅ ψ *j (t) ⋅dt = ∫ g TX (t) ⋅ gRX (t) ⋅e j2π⋅(i− j)⋅∆f ⋅t dt = 
I0
I0
0
∫
0 ≤ i = j ≤ N-1
altrove
.
(1.7)
In tal modo, a partire da s 0 (t), il valore di mi si ottiene semplicemente
correlando il segnale ricevuto con la funzione ψ i (t).
Normalmente, le risposte impulsive gTX(t) e gRX(t) sono scelte rettangolari:
gTX(t), come detto prima, di durata T=TG+TU, mentre gRX(t) di durata TU.
Affinché la relazione di ortonormalità (1.7) sia soddisfatta, deve risultare
che TU=1/∆f.
Dato che il segnale s 0 (t) è periodico di periodo TU, il suo andamento
nell’intervallo di durata TG risulta essere una ripetizione di parte
dell’andamento nell’intervallo di durata TU: per tale motivo TG è detto
intervallo di guardia e il segnale trasmesso in esso prefisso ciclico.
È evidente che, nel caso in cui il numero N di flussi paralleli risultasse
essere elevato, l’architettura di un modulatore OFDM, mostrata in Fig.
1.11, risulta particolarmente costosa, sia in termini di spazio occupato, sia
(*)
Ricordiamo che l’inviluppo complesso s(t ) rispetto alla frequenza portante fc di un
{
segnale in banda traslata s(t) è legato a quest’ultimo dalla relazione s(t) = Re s(t)e
ed è una comoda rappresentazione del segnale in banda traslata stesso.
j2π ⋅fc t
}
in termini economici: sarebbero, infatti, necessari N codificatori di
costellazione, N modulatori, N oscillatori, ecc. È proprio in tale ambito che
si nota la potenza della modulazione OFDM: può essere facilmente
implementata per via numerica.
Nel dominio delle frequenze l’inviluppo complesso (1.6) si presenta come
la sovrapposizione di N sottoportanti distanziate l’una dall’altra di una
quantità pari a ∆f. La trasformata di Fourier di s 0 (t) risulta, infatti, essere
N−1
S 0 (f) = F{s 0 (t)} = ∑ m i ⋅ G TX (f − fi ) ,
(1.8)
i=0
dove
G TX (f) = F{g TX (t)} =
sen(π ⋅ f ⋅ T)
π⋅f
(1.9)
La Fig. 1.12 mostra gli andamenti di GTX(f) e di S 0 (f) in funzione della
frequenza. È da notare che la banda di GTX(f) è infinita e, di conseguenza,
anche quella di S 0 (f) sarà illimitata. In pratica, però, tale banda è
trascurabile dopo un opportuno multiplo Ω della distanza ∆f: spegnendo,
allora, le prime e ultime Ω portanti, la banda occupata da un simbolo
OFDM risulta essere limitata tra − B/2 e B/2.
GTX(f)
S 0 (f)
….
….
f
2/TU
(a)
f
fi
fi+1
(b)
Fig. 1.12: Andamenti (a) di GTX(f) e (b) di S 0 (f) .
Data la scelta TU=1/∆f, che garantisce l’ortonormalità degli impulsi di
trasmissione e ricezione, e data un’occupazione di banda limitata tra
− B/2 e B/2, si può dimostrare [1] che i campioni dell’inviluppo complesso,
estratti con un periodo TC=1/∆f= TU/N, altro non sono che la IDFT della
sequenza complessa dei simboli mi da trasmettere. Il calcolo del segnale,
allora, è molto semplice da realizzare e consiste nella valutazione della
IDFT della sequenza dei simboli da trasmettere, in modo da generare gli
N-2Ω campioni in TU, e nella replica di NG campioni già calcolati, in modo
da generare il prefisso ciclico. Questi ultimi campioni in ricezione o
vengono scartati o sono utilizzati ai fini di equalizzazione.
La Fig. 1.12 mostra lo schema di un modulatore OFDM realizzato in forma
completamente numerica.
0
0
…
…
CODIFICATORE mN-1-Ω,µ
DI
N-1-Ω
COSTELLAZIONE
…
…
x(t)
DAC
N/2
…
y(t)
N-NG
…
…
….
XN-2Ω-1,µ
N/2
I
D
F
T
…
DI
COSTELLAZIONE
prefisso
ciclico
0
1
…
…
X(N-2Ω-1)/2,µ CODIFICATORE mN/2,µ
…
N-2Ω
…
K
…
S/P
…
cn
OUT
Ω
…
mΩ
IN
0
1
…
CODIFICATORE
DI
COSTELLAZIONE
….
X 0,µ
…
0
0
N-1
P/S
N-1
Fig. 1.12 : Schema del modulatore numerico OFDM realizzato in digitale.
Sono molteplici i vantaggi per cui spesso si preferisce utilizzare una
modulazione OFDM, primo fra tutti quello appena esposto circa la
possibilità di implementarla in forma numerica. Inoltre, il fatto che vengono
utilizzate N sottoportanti, rende tale tecnica molto forte rispetto al rumore,
alle interferenze e alle distorsioni introdotte dal canale. Infatti, l’OFDM
supporta un’allocazione dinamica dei bit sulle varie sottoportanti, che
permette di utilizzare schemi di modulazioni elementari differenti a
seconda del livello del disturbo calcolato; addirittura alcune sottoportanti
potrebbero essere spente, laddove si registrino livelli di rumore troppo alti.
Un ulteriore vantaggio è il fatto che in tale modulazione vengono trasmessi
N segnali a banda stretta: un canale che nella banda B è selettivo in
frequenza potrebbe apparire, invece, non selettivo per i sottocanali,
occupanti bande molto minori: di conseguenza, per ogni sottobanda è
necessario un’equalizzazione molto semplice.
DS-SS
In un sistema di comunicazione tradizionale, si tende sempre a
trasmettere le informazioni utilizzando la minima banda necessaria. Se si
indica con RS il numero di simboli trasmessi al secondo, la banda B
utilizzata nella trasmissione è circa pari a 2RS. Nei sistemi SS (Spread
Spectrum), invece, si utilizza una banda molto maggiore rispetto al minimo
indispensabile. Si hanno diversi tipi di sistemi SS, ma quello che si
analizzerà in questo lavoro è il DS-SS (Direct Sequence Spread
Spectrum).
Ciò che differenzia un sistema DS-SS da un sistema tradizionale è il
modulatore numerico, che può essere realizzato come mostrato in Fig.
1.13 [7].
cn
CODIFICATORE
DI
COSTELLAZIONE mn
CODIFICATORE
A
RIPETIZIONE
DAC
wk
vk
(Digital to Analog
Converter)
x(t)
y(t)
dk
GENERATORE
CODICE DS
Fig. 1.13 : Schema del modulatore numerico nei sistemi DS-SS.
Indichiamo con Rb (bit/sec) la velocità con cui il codificatore di canale
fornisce i bit al modulatore numerico: la durata di un bit allora sarà
Tb=1/Rb. Tali bit sono posti in ingresso ad un tradizionale codificatore di
costellazione, il cui funzionamento è del tutto analogo a quello visto in
precedenza. I simboli a valori complessi in uscita dal codificatore di
costellazione avranno una velocità RS=Rb/K e, quindi una durata pari a
TS=KTb.
Tali simboli saranno posti in ingresso al blocco di spreading: incontreranno
prima di tutto un codificatore a ripetizione, che ha lo scopo di replicare in
uscita M volte il valore di ingresso. In formule:
v k = m [n/M] .
(1.10)
La sequenza vk in uscita dal codificatore a ripetizione sarà formata da tratti
di M campioni (chip) identici, di durata complessiva pari alla durata di un
simbolo in ingresso: ciò significa che i campioni in uscita avranno una
durata TC, M volte minore della durata di un simbolo in ingresso e una
velocità di trasferimento RC, detta frequenza di chip, M volte maggiore
rispetto a RS. La sequenza in uscita dal codificatore a ripetizione viene
moltiplicata per una sequenza dk di 1 e -1, detta codice di espansione a
sequenza diretta (DS, Direct Sequence), prodotta alla frequenza di chip.
È da notare che con tale operazione di spreading la potenza del segnale
non è modificata, in quanto questo è moltiplicato per una sequenza di 1 e 1.
La sequenza prodotto sk viene, a questo punto, fornita in ingresso ad un
DAC, costituito da un filtro di trasmissione di risposta impulsiva g(t)
rettangolare di durata pari a TC: il segnale complesso in uscita sarà quindi
passato al modulatore analogico tradizionale (ovviamente sfruttando due
linee parallele).
In generale si può considerare che la maggior parte della potenza di un
segnale, caratterizzato da un rate R, sia contenuta in una banda B ≅ 2R.
La banda occupata dal segnale in ingresso al blocco di spreading sarà,
quindi, circa pari a 2RS, mentre la banda del segnale in uscita dal
modulatore stesso è circa pari a 2RC: per quanto detto in precedenza,
allora, si nota che una trasmissione DS-SS occupa una banda M volte
maggiore rispetto a quella necessaria.
A lato ricezione, il segnale ricevuto comprenderà non solo quello
trasmesso, ma anche segnali interferenti, espansi o meno, provenienti da
altre sorgenti, e rumore termico: per recuperare il segnale originale si
effettua un’operazione di despreading. Questa consiste nel correlare il
segnale ricevuto con il codice relativo al segnale di interesse, mediante
una moltiplicazione tra i due e un filtraggio del segnale ottenuto, in modo
da eliminare o ridurre i disturbi residui.
Grazie al despreading, la potenza del segnale utile, che in trasmissione è
stata espansa di un fattore M, viene nuovamente concentrata nella banda
base. L’operazione di despreading effettuata sui disturbi introdotti dal
canale (segnali interferenti e rumore), di fatto è per questi un’operazione di
spreading, in quanto in trasmissione non sono stati moltiplicati per quella
data sequenza. Di conseguenza, la loro potenza è spalmata su una banda
molto più grande rispetto a quella del segnale utile. I disturbi, quindi, dopo
l’operazione di filtraggio, subiscono una diminuzione di potenza: il rapporto
segnale rumore, allora, subirà un miglioramento pari al rapporto tra la
banda del segnale e quella espansa.
Il miglioramento del SNR è il vantaggio principale delle trasmissioni DSSS; in più esistono altri vantaggi, come una sicurezza maggiore rispetto
alle trasmissioni tradizionali, in quanto il segnale si può espandere in
maniera tale che il livello di potenza trasmesso è molto basso, tanto che il
segnale può essere nascosto nel rumore di fondo. Un ulteriore vantaggio
è la robustezza del sistema a certi tipo di disturbi, come quelli sinusoidali.
Sequenze di codice
Particolare attenzione è da rivolgere alle sequenze di codice. Queste
possono essere o codici pseudo casuali o codici ortogonali.
Codici pseudo-casuali
Un codice pseudo-casuale è una sequenza deterministica che cerca di
emulare una sequenza casuale. Tali codici possono essere prodotti in
diverse maniere: le sequenze più diffuse sono le m-sequence o sequenze
a massima-lunghezza. Tali sequenze sono prodotte attraverso uno shift
register controreazionato formato da M stadi: ad ogni colpo di clock il
valore degli stadi intermedi viene spostato allo stadio successivo, quello
dell’ultimo stadio è passato in uscita e il valore del primo stadio è ottenuto
mediante lo XOR dei valori di alcuni degli stadi interni. In questo modo si
possono produrre 2M bit, oltre i quali si ripete la configurazione di
partenza: la struttura è quindi periodica, ma se M è scelto sufficientemente
grande le m-sequences hanno caratteristiche molto simili alle sequenze
realmente casuali.
Codici ortogonali
In un sistema DS-SS possono essere utilizzati anche i codici ortogonali
come codici di espansione. I codici ortogonali sono sequenze periodiche,
di periodo pari a M, con la caratteristica che, date due sequenze dk e dh,
risulta che
k
h
dM
⊗ dM
=
1
1 M k
h
dM, j ⋅ dM,
∑
j = 
M j=1
0
per k = h
.
per k ≠ h
(1.11)
Le sequenze di codice ortogonali maggiormente utilizzate sono quelle
della famiglia Walsh-Hadamard, ottenute generando, a partire dalla
matrice A 1 = {1} , matrici di dimensioni ogni volta doppie, attraverso la
formula
A n −1
A 2n =  2
A 2n −1
A 2n −1 
.
− A 2n−1 
(1.12)
DEMODULATORE NUMERICO
ELABORAZIONE DEL SEGNALE
MODULATORE NUMERICO
TRASMETTITORE
RICEVITORE
ELABORAZIONE DEL SEGNALE
Le righe di tali matrici sono ortogonali tra loro: è da notare che esistono N
codici diversi,Sortogonali tra loro, di lunghezza N. I codici ortogonali
sono
D
utilizzati nei sistemi multiutente di tipo CDMA (Code Division
Multiple
~(t)
a
a(t)
Access).Ogni utente trasmette le proprie informazioni nello stesso tempo e
nella stessa banda: le diverse trasmissioni sono discriminate in quanto
CODIFICA diversi codici, ortogonali l’uno conDECODIFICA
vengono utilizzati
l’altro. In fase di
DI
DI
ricezione, SORGENTE
infatti, nel momento in cui il segnale ricevuto è
moltiplicato
per il
SORGENTE
codice ortogonale utilizzato in trasmissione, i segnali interferenti
provenienti dagli altri utenti, a cui sono associati codici diversi, si
CODIFICA
DECODIFICA
annullano completamente
grazie alla relazione (1.11).DI Ovviamente,
DI
CANALE
CANALE
affinché avvenga
ciò, è necessaria una precisa coordinazione
tra i
trasmettitori. Nei sistemi CDMA sono utilizzati anche i codici pseudo
~
casuali, in aggiunta
a quelli ortogonali: il codice pseudo-casuale
serve a
cn
cn
garantire una sufficiente espansione spettrale.
DECODIFICA
DI
COSTELLAZIONE
un generico
sistema
~
m
CODIFICA
DI
Sommario
COSTELLAZIONE
In questo capitolo,
sono descritti i blocchi base di
di
mn
comunicazione: in Fig. 1.14, si riporta lo schema completo di tale sistema.
n
DAC
(Digital to Analog
Converter)
y(t)
(Analog to Digital
Converter)
~
y(t)
x(t)
sen(2πfc t)
~
x(t)
2sen(2πfc t)
cos(2πfc t)
2cos(2πfc t)
90°
90°
LO
LO
∑
Rumore n(t)
s(t)
MEZZO DI
COMUNICAZIONE
(canale)
r(t)
Fig. 1.14 : Schema a blocchi completo di un sistema di ricetrasmissione.
DEMODULATORE ANALOGICO I/Q
MODULATORE ANALOGICO I/Q
ADC