Generation Three - Transformers Generation 3

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Generation Three - Transformers Generation 3
Transformers
Generation Three
by mentre83
Volume III – Le Sentinelle
00 - Prologo
Il corridoio era deserto. Nel fioco chiarore delle luci rossastre non era possibile distinguere la
persona cui apparteneva il ritmico incedere che riecheggiava nell'aria. Tuttavia la sentinella posta a
guardia della porta sapeva benissimo che quell'avanzare misurato e deciso poteva appartenere a una
sola persona. Quando il generale Hallo giunse sotto la luce posta sopra la porta davanti alla quale si
trovava il soldato, questi si mise sull'attenti e fece il saluto militare.
“Riposo.” disse il generale rispondendo con fare annoiato, poiché tutte quelle formalità e tradizioni
secondo lui invecchiavano l'esercito e lo facevano apparire ridicolo. Poi scacciò il pensiero, poiché
se il suo progetto fosse andato a buon fine, le forze armate sarebbero apparse tutt'altro che vecchie,
e soprattutto non avrebbero suscitato la benché minima ironia. Infine, passò il suo tesserino di
riconoscimento nel lettore a fianco della porta, e il led posto su di esso passò da rosso a verde. Era
stato riconosciuto dal sistema, e in breve la complicata serratura della spessa porta in titanio
cominciò ad aprirsi, lasciando che si spalancasse la porta sul più grande segreto dell'esercito degli
Stati Uniti dai tempi dell'Area 51...
01 – Progetti di vendetta
“Maledizione!”
Il pesante pugno nero di Megatron si abbatté su un vecchio macchinario arrugginito del complesso
industriale abbandonato che ora fungeva da base dei Decepticons.
Tutti i suoi sottoposti lo osservarono con la coda dell'occhio, oramai avvezzi a simili sfoghi da parte
del loro leader. Tuttavia solo Soundwave rimase del tutto impassibile quando Megatron fece fuoco
col cannone sul braccio destro, riducendo il suo bersaglio a un ammasso di metallo fumante.
La rabbia di Megatron era giustificata. Pochi giorni addietro i Decepticons avevano ricevuto notizia
dell'inaugurazione di una centrale elettrica, e speravano di poterne ricavare dell'Energon. Tutto era
andato liscio all'inizio, tuttavia presto si resero conto di essere caduti in una trappola degli Autobots,
la squadra di tutori della legge di Cybertron, loro rivali da tempo immemorabile.
Anche se i Decepticons erano riusciti a fuggire, avevano dovuto abbandonare gran parte del loro
raccolto, ma soprattutto Megatron odiava l'idea di essersi lasciato cullare dai recenti successi e di
essere caduto nella tela intessuta dai suoi nemici come un banale novellino.
Ci vollero un paio d'ore perché l'umore di Megatron migliorasse. Dopo molte riflessioni, aveva
deciso che in fondo non aveva perso che una battaglia, e soprattutto la guerra continuava... e ne
sarebbe stato il vincitore.
“Maledizione!”
Il braccio di Bumblebee sfondò il barile vuoto al suo fianco. Ne fuoriuscì ricoperto di tracce d'olio
per motori usato, ma parve non notarlo. Fino a poco tempo prima stava assemblando dei
componenti presi dall'astronave degli Autobots con una vecchia radio, nella speranza di migliorarne
la ricezione e poter ascoltare le frequenze dell'esercito. Durante il lavoro tuttavia i suoi pensieri
finirono per indugiare sul suo compagno Wheeljack, che qualche giorno prima si era sacrificato per
permettere a lui di fuggire coi componenti necessari a salvare la vita di Mirage, affrontando da solo
una guarnigione dell'esercito. Da allora i suoi compagni cercavano di convincerlo che la morte di
Wheeljack non era stata vana, poiché grazie a lui Mirage era tornato in perfetta forma. Ma
Bumblebee non poteva fare a meno di rimproverarsi l'errore che aveva attirato su di lui l'attenzione
e il fuoco delle forze armate e causato l'intervento disperato dell'amico.
Ma non era l'unico a essere triste e arrabbiato in quell'officina dove gli Autobots e l'equipaggio
dell'Ark avevano trovato rifugio. Mirage si sentiva in colpa per essersi fatto ferire da Starscream
durante l'ultimo scontro coi Decepticons e aver indirettamente causato la fine del compagno, mentre
il suo Minicon Blurr era amareggiato per le dure parole rivolte contro gli Autobots e il loro leader
Optimus Prime mentre Mirage lottava contro la morte.
Lo stesso Prime era stranamente taciturno, e passava le giornate senza abbandonare il magazzino,
impartendo ordini senza troppa convinzione. Più di una volta Ironhide, il capitano dell'Ark, aveva
tentato di risollevarne lo spirito, ma invano; e ora il suo malumore stava contagiando un po' tutti.
Anche Spike, l'unico umano del gruppo, era giù di corda, ma per motivi differenti. Certo, gli era
dispiaciuto per la sorte toccata a Wheeljack, però più che altro iniziava a pesargli la mancanza di
compagnia umana. D'altronde, si ripeteva, nessuno gli aveva ordinato di puntare il fucile contro un
superiore e di immischiarsi negli affari dei robot con cui condivideva la sua attuale “prigione”.
Dalla brandina su cui era sdraiato intento a fissare il soffitto, volse lo sguardo verso Bumblebee, che
si alzò e a passi decisi si diresse verso l'ingresso del magazzino.
“Vado a fare un giro.” disse.
Brawn, di guardia seduto a fianco dell'ingresso, annuì e azionò i comandi per sollevare la
saracinesca, mentre l'altro aggiunse:
“Torno tra un'oretta.”
“D'accordo.” rispose la sentinella. “Fai attenzione.”
Mentre la luce solare inondava il capannone, la mente di Bumblebee era un turbinio di pensieri
violenti. Giurò a se stesso che avrebbe aiutato gli Autobots a combattere i Decepticons con tutta la
sua forza, e che Starscream in particolare l'avrebbe pagata cara.
Poi il Minicon si tramutò in una Smart ForTwo Passion gialla e sfrecciò via, percorrendo le strade
semi deserte della periferia della città.
02 – Cavia
Frattanto, gli occhi del generale Hallo si erano appena posati su un'utilitaria identica in tutto e per
tutto a quella in cui si era trasformato Bumblebee, tranne che per il colore rosso acceso.
“State scherzando, vero?” domandò.
Quando il responsabile del dipartimento di R&D lo aveva praticamente tirato per le mostrine in
quell'angolo di laboratorio, Hallo si aspettava qualcosa di più di un'automobile. Ma apparentemente,
solo lui non capiva l'importanza di quanto vedevano i suoi occhi.
“Affatto!” gli rispose il leader del R&D, il dottor Chase. “Vede, dai dati che ci avete fornito
abbiamo capito che c'è una sorta di... simbiosi fra alcuni membri di quella razza di robot. Pare che a
ognuno dei giganti, per così dire, sia associato uno dei robot di piccole dimensioni. A giudicare da
quanto estrapolato, quello che serve a noi è fatto più o meno così.”
Hallo osservò ancora l'utilitaria, senza trovarci nulla. Tuttavia sapeva che gli scienziati amano la
teatralità, e si impose pazienza.
Il dottor Chase continuò:
“L'abbiamo soprannominato Cliffjumper. Ora, qualcuno vuole avere l'onore di azionarlo?”
Un tipo grassoccio col camice prese un telecomando e con mani tremanti premette alcuni bottoni
indirizzandolo verso l'auto. Dall'utilitaria cominciarono a provenire suoni meccanici, mentre
cominciava a trasformarsi e cambiare aspetto.
Hallo era stupito. Non impressionato, ma almeno stupito. In breve tempo, gli uomini del laboratorio
erano riusciti a replicare il processo di trasformazione di quei robot.
L'utilitaria terminò la sua mutazione, divenendo un gigante di circa tre metri di colore rosso e nero.
Aveva un aspetto molto meno umano di quanto Hallo non si aspettasse: le mani erano tenaglie a
sole tre dita, mentre il volto era stato sostituito da una telecamera e uno speaker. Tuttavia Hallo si
disse che a un guerriero non serviva un aspetto umanoide o dita affusolate, bastavano la forza e la
capacità di reggere un'arma, nient'altro.
“Molto bene.” disse. “Può parlare?”
Chase parve disorientato.
“Uh, no.” rispose. “A dire il vero, non può fare altro che trasformarsi da una forma all'altra.”
Il volto del generale si imporporò:
“Che cosa?!?” sbottò.
“Deve capire... I tempi di sviluppo... La complessità di queste macchine... e soprattutto il loro
cervello! Senza uno studio accurato noi non...”
Chase farfugliò dell'altro, ma Hallo non gli prestò attenzione. Le migliori menti dell'esercito e della
NASA riunite sotto lo stesso tetto, con un bilancio quasi illimitato... e avevano ottenuto un'utilitaria
che sapeva fare un numero con cui divertire gli amici il sabato sera.
Troppo adirato per conservare un contegno, il generale girò sui tacchi e fece per andarsene,
mormorando a Chase che si aspettava risultati migliori per il fine settimana. Nel tentativo di tirarsi
un po' su, si diresse verso l'altra ala del laboratorio, dove avrebbe trovato qualcuno su cui sfogare la
sua frustrazione.
“Buongiorno!” disse il generale, varcando una porta trasparente che conduceva a una stanza isolata
acusticamente. In quel luogo dall'aria asettica si trovava un immenso computer intento ad elaborare
dati, e un'impalcatura modellata come un'enorme sedia, sulla quale era accomodato un immenso
corpo metallico nero e dorato privo del capo e del braccio sinistro. Dal collo partiva un'infinità di
cavi di vari diametri e colori, che portavano a un tavolino di plastica bianca, al centro del quale era
accomodata la testa del gigante. Naturalmente, il saluto di Hallo era rivolto a quest'ultimo.
“Ancora di cattivo umore?” chiese il generale, ironico. Così facendo, afferrò una cartellina metallica
dove erano riportate informazioni di vario tipo, cui diede una fugace occhiata. Infine mormorò:
“Wheeljack... Questo nome non mi entrerà mai in testa.”
03 - Interrogatorio
I ricordi di Wheeljack erano confusi. Ricordava di aver affrontato l'esercito terrestre e di essere
stato abbattuto da un colpo di cannone. Il suo sistema di sopravvivenza era entrato in azione,
abbassando le sue funzioni vitali al livello minimo per prolungare la sua autonomia, mandandolo in
blocco statico in attesa dei soccorsi. Il Transformer ricordava di essere tornato in piena attività
qualche giorno dopo, almeno secondo il suo calendario interno, nella stessa sgradevole situazione in
cui si trovava tuttora. Gli scienziati terrestri avevano fatto in modo di permettergli di parlare e
ascoltare, ma erano riusciti a precludergli ogni altra attività motoria. Non contenti di ciò, il giorno
successivo, avevano staccato un braccio dal suo corpo, portandolo chissà dove.
Il giorno peggiore tuttavia fu il seguente. In quella data, il bellimbusto di mezza età che si trovava
davanti a lui anche in questo momento era venuto a fargli visita per la prima volta. Lo aveva
tempestato di domande, cui lui aveva risposto con la massima sincerità, in modo da guadagnare la
sua fiducia. Ovviamente non aveva rivelato tutto quel che sapeva, come l'attuale posizione dei suoi
compagni o il codice per penetrare nell'Ark, ma riteneva di aver fornito un quadro abbastanza
preciso della situazione, in modo che l'esercito capisse che i Decepticons erano la vera minaccia.
L'uomo invece, che rispondeva al nome di Hallo, un alto ufficiale dell'esercito, aveva fatto di tutta
l'erba un fascio, ponendo sullo stesso piano l'operato di Autobots e Decepticons, affermando che
non avrebbe avuto pace finché non fossero stati tutti distrutti.
Col passare dei giorni, le visite di Hallo si moltiplicarono, e in ogni occasione il suo umore non fu
migliore. Wheeljack si rifiutava di rispondere a determinate domande e questioni che parevano
interessarlo molto, e ogni incontro finiva col generale che sollevava, con gran fatica, la testa del
Transformer, per poi scuoterla urlando una serie di improperi, che il Cybertroniano capiva solo in
parte, e infine sbatterla nuovamente sul tavolo. Oggi tuttavia il generale pareva di umore migliore, e
la cosa a Wheeljack non piaceva affatto.
“Sempre restio a dirmi quel che voglio sapere?” chiese l'uomo.
“Le ho detto tutto quel che posso.” fu la secca risposta del Transformer.
“Beh, non importa.” rispose l'altro. Diede un'altra occhiata alla cartellina che aveva in mano, poi la
rimise al suo posto. Infine si avvicinò alla testa di Wheeljack e disse:
“Sai, ai vecchi tempi per cavarti delle informazioni avremmo dovuto metterti sotto una lampada e
tempestarti di domande finché non fossi crollato. Un'alternativa che avevo preso in considerazione,
ma data la tua natura non credo che ne avremmo ricavato qualcosa. Poi però una persona mi ha dato
un'idea...”
In quel mentre, la porta automatica si spalancò, permettendo a un giovane seduto su una sedia a
rotelle motorizzata di fare il suo ingresso. Indossava un camice bianco, aveva i capelli castani a
caschetto e portava un paio di occhiali.
“Ti presento il figlio del dottor Chase. La sedia su cui si trova è, per così dire, un gentile dono dei
tuoi amici, uh, Deceptiqualcosa. Puoi chiamarlo Chip, come fanno tutti.”
Il ragazzo rivolse un'occhiataccia a Wheeljack, salutando con un cenno del capo.
“Questo ragazzo,” continuò Hallo, “faceva parte della squadra che in un primo momento riuscì a
penetrare nella vostra astronave. Era stato coinvolto perché è un mago coi computer, da cui il suo
soprannome. Poi uno dei tuoi compagni ha avuto la brillante idea di far fuoco su di lui, mettendolo
in questa sgradita condizione.”
Wheeljack fece per obbiettare che erano stati i Decepticons ad attaccare l'Ark, ma capì che sarebbe
stato inutile. Pertanto si limitò a continuare ad ascoltare.
“Vedi, il ragazzo è un vero portento.” continuò Hallo. “Sin dal primo momento abbiamo pensato a
un modo per cavarti le informazioni che ci interessavano, dato che tu non intendevi collaborare. Poi
questo ragazzo mi ha presentato un'idea tramite suo padre...”
Hallo fece qualche passo attorno al tavolo su cui giaceva la testa di Wheeljack, portandosi al limite
del suo campo visivo. Poi si chinò e raccolse qualcosa, che però il Transformer non riusciva a
vedere bene.
“Vedi,” disse Hallo, “mi ha detto che se tu eri un robot, nella tua testa doveva esserci un computer.
Certo, estremamente più avanzato di qualsiasi altra cosa avessimo sulla Terra, ma pur sempre un
computer. E con un hard disk bello grosso, per giunta. Ma pur difettando in qualità, qui sulla Terra
eccelliamo in quantità. Abbiamo centinaia di computer, e quindi centinaia di hard disk. A questo
punto, bastava trovare nella tua testaccia qualcosa che somigliasse a una porta USB...”
Wheeljack rabbrividì. Pur non sapendo cos'era una “porta USB”, il discorso era chiaro: Hallo infatti
reggeva un cavo che dalla sua testa andava all'enorme calcolatore sulla parete, che da giorni ormai
scandiva la sua memoria.
“Già, mio caro.” disse infine Hallo, trionfante. “La tua vita per noi è come un libro aperto... anzi,
sarebbe più corretto parlare di film.”
04 – Piani d'azione
Megatron radunò la sua truppa nella stanza più grande del complesso industriale, pronto per un
importantissimo annuncio. Al suo fianco, come sempre, il solo Soundwave, muto e a braccia
conserte.
“Decepticons,” incominciò Megatron, “dopodomani sarà un grande giorno per noi.”
Megatron attese un momento prima di proseguire, assaporando la curiosità dei suoi sottoposti e
creando la giusta aspettativa.
“Dopodomani,” riprese, “stando ai dati riportati da Laserbeak nelle ultime settimane, la barriera che
circonda l'Ark verrà meno.”
Megatron osservò deliziato il fermento dei suoi uomini, che avevano già intuito cosa avrebbero
fatto in proposito.
“Dopodomani,” concluse Megatron, “i Decepticons si impadroniranno dell'Ark, e con l'Energon
raccolto finora potremo tornare finalmente su Cybertron e schiacciare una volta per tutte i miserabili
Autobots!”
Ironhide e Bumblebee si trovavano in un angolo del capannone dove risiedevano gli Autobots,
discutendo animatamente. Questo attirò un po' l'attenzione di tutti, che più o meno
indifferentemente si misero ad ascoltarli.
“Sapevamo che sarebbe successo prima o poi,” disse il capitano dell'Ark, “ma francamente speravo
che la situazione fosse un po' migliore di com'è adesso...”
“Lo so...” rispose il Minicon, “Ma non c'è davvero nulla che possiamo fare per guadagnare tempo?”
“Non saprei...” rispose Ironhide, “ho fatto numerosi viaggi con quella carretta spaziale, ma non mi
ero mai trovato in una situazione simile... e poi l'ingegnere è... era...”
Ironhide non riuscì a finire la frase. Era passato poco meno di un mese dall'incidente della centrale
elettrica, e Bumblebee non riusciva a perdonarsi per quanto accaduto a Wheeljack. Senza volerlo,
Ironhide aveva messo il dito nella piaga, poiché Bumblebee si rammaricava anche per non essere
all'altezza del suo partner in campo di scienza e tecnologia.
Un terribile silenzio calò nel magazzino, poiché tutti erano indecisi tra far finta di non aver sentito,
consolare ancora una volta Bumblebee oppure cercare di cambiare discorso. Dal canto suo, Ironhide
maledì il suo tatto di astronauta navigato, mentre la mente di Bumblebee tornò agli ultimi momenti
passati col suo compagno.
La pesante atmosfera venne interrotta da Prime, che impose la sua enorme figura fra i due,
invitandoli a rendere tutti partecipi della conversazione.
“Parlavamo del campo di forza dell'Ark.” rispose Bumblebee, felice di poter distogliere la mente
dai cattivi pensieri che la colmavano. “Come ben sai, l'energia di riserva era al limite, ma per
impedire l'accesso alla nave abbiamo eretto il campo di forza. Ora però siamo agli sgoccioli.
Dopodomani al massimo l'energia sarà insufficiente a mantenere lo schermo e le funzioni base di
Teletran-1, e il computer sarà costretto a disattivare la barriera per proteggersi da un arresto totale.”
Prime ovviamente aveva già intuito tutto, ma voleva distrarre Bumblebee, e ci era riuscito. Aveva
anche già formulato un piano al riguardo, e ora era giunto il momento di informare gli altri.
“Anzitutto,” disse “voglio che due di voi si rechino il più vicino possibile alla base per raccogliere
dati aggiornati e calcolare il momento preciso in cui la barriera cesserà di funzionare. Potete stare
certi che Megatron e i suoi si faranno vivi in quell'esatto istante.”
Tutti annuirono, e Bumblebee fece per offrirsi volontario, ma Prime lo bloccò:
“Tu no, Bumblebee. L'esercito ha già avuto a che fare con te, e potrebbe insospettirsi. Andranno
Jazz e Groove. Una volta a conoscenza del momento preciso, arriveremo lì con un po' di anticipo;
gli Autobots si apposteranno sulle alture circostanti, mentre l'equipaggio dell'Ark si disporrà in un
raggio di cinque miglia, in incognito. Non appena avvisteranno i Decepticons all'orizzonte, noi li
impegneremo in uno scontro nel deserto fuori dalla base dell'esercito: questo ritarderà l'azione dei
militari.”
Tutti convennero che era un buon piano, e anche Spike volle dare una mano. Nel tempo libero
aveva fatto tesoro degli insegnamenti di suo padre e aveva rimesso a nuovo una vecchia
motocicletta, e con essa si offrì di entrare a far parte del gruppo di sentinelle. Prime accettò solo
dopo una lunga discussione; Jazz e Groove partirono poi per svolgere il loro compito e, mentre i
due sparivano all'orizzonte, Prime prese da parte Hound mettendogli una mano sulla spalla e
dicendogli:
“Porta la tua attrezzatura speciale, ne avremo bisogno.”
Frattanto, il generale Hallo osservava soddisfatto i suoi uomini alle prese con la nuova attrezzatura.
Non era stato facile, ma erano riusciti a ricostruire buona parte della memoria recente del robot
prigioniero. Da essa avevano appreso molte cose, ma Hallo ne tenne buona parte per sé. C'erano
effettivamente due fazioni in lotta, ma secondo il generale ci si poteva fidare solo degli esseri
umani. Certo, era inquietante sapere che in un punto imprecisato del cosmo centinaia di quegli
affari erano impegnati in chissà quali attività, ma promise a se stesso che quando l'umanità li
avrebbe incontrati sarebbe stata pronta.
Non erano riusciti a scoprire come aprire l'astronave – il codice necessario era un dettaglio troppo
piccolo per essere individuato con precisione nell'enorme massa di dati analizzata – ma avevano
ottenuto un'altra interessante informazione.
L'astronave si sarebbe aperta nel giro di un paio di giorni.
Certamente gli altri robot si sarebbero presentati per riprenderla... ma era proprio quel che voleva il
generale.
Avrebbero trovato pane per i loro denti.
05 – L'attacco
Due giorni più tardi, al calare delle tenebre, gli Autobots e i loro alleati avevano raggiunto le
posizioni prestabilite.
“Hound! Brawn!” disse Prime via radio. “Preparatevi. Dovrete fornirci la copertura necessaria e
rallentare l'azione delle forze di difesa terrestri... niente vittime, mi raccomando.”
I due Autobots, posizionatisi su una vicina altura, risposero affermativamente, per poi cominciare a
montare il fucile di precisione e collegarlo a un generatore preso nell'officina e potenziato da
Bumblebee. Infine Hound si posizionò col ventre a terra, completamente immobile e pronto
all'azione.
Non dovette attendere a lungo. Nel giro di pochi minuti, Ratchet avvertì Prime di aver avvistato
l'avanguardia dei Decepticons, composta dai guerrieri volanti Dirge, Thrust, Ramjet e Scourge. Gli
Autobots li osservarono compiere una brevissima ricognizione, in seguito alla quale vennero
raggiunti da Megatron e dal resto della squadra. Prime osservò la base terrestre mentre in essa
scattavano gli allarmi, e in quel momento diede l'ordine:
“Autobots! All'attacco!”
Quando Megatron vide la carovana di veicoli correre a tutta velocità verso lui e i suoi non fu affatto
sorpreso. Sapeva che avrebbe incontrato di nuovo gli Autobots, ed era arrivato preparato.
“Decepticons!” urlò. “Distruggete una volta per tutte quegli ammassi di rottami!”
E così gli Autobots furono sommersi da una pioggia di proiettili, i più potenti dei quali provenivano
dal cannone dallo stesso Megatron in forma di carro armato M1 Abrams. Ancora una volta gli
Autobots, inferiori per numero, dovettero subire passivamente gli attacchi aerei dei Decepticons,
riparandosi dietro a delle rocce.
Starscream troneggiava spavaldo in cima a una pila di massi al fianco di Megatron, bersagliando i
nemici col cannoncino sul braccio e ridendo dei loro tentativi di nascondersi. Al suo fianco,
Devastator, Onslaught e Blast Off, trascinati da tanto entusiasmo, abbandonarono la loro copertura
per imitarlo. D'improvviso tuttavia una serie di colpi ad alta precisione li fece cadere come birilli,
uno dopo l'altro: Hound cercava ora un nuovo bersaglio nel suo mirino.
“Troppo facile.” disse questi, sorridendo.
“Starscream!” tuonò Megatron. “Maledetto imbecille! Non sottovalutare mai Optimus Prime!”
Il Decepticon si trovava ancora a terra, col torace fumante e le membra scosse da spasmi elettrici. I
suoi tre compagni stavano invece lentamente strisciando al riparo, coperti dal fuoco di Scavenger e
Shockwave.
Da quel momento, la battaglia fu in mano agli Autobots. I Decepticons in volo dovettero tornare al
fianco dei compagni perché non venissero soverchiati dall'attacco degli Autobots, perdendo così un
grande vantaggio. Frattanto Soundwave cercava il cecchino sulle alture, ma invano. Il cielo era
troppo buio e l'aria piena della polvere sollevata dallo scontro. Così fece scattare il vano sul suo
torace e ne fece uscire Ratbat, incaricandolo di neutralizzare la minaccia scivolando fra le ombre.
Nel mentre Prime ordinava ai suoi di aumentare la pressione sul nemico e, anche se non dava nulla
per scontato, aveva la sensazione che presto la battaglia sarebbe finita in favore dei suoi. In
lontananza sentiva distintamente il fucile di Hound che esplodeva un colpo dietro l'altro, e ogni
volta un Decepticon cadeva e si lamentava per il danno subito.
Poi d'un tratto, pur continuando ad udire i colpi sparati, cominciò a sentire che l'impatto dei
proiettili ad energia non proveniva più da davanti a loro, dove si trovavano i Decepticons, bensì da
dietro, in direzione della base dell'esercito.
“Gli umani hanno cominciato a muoversi.” pensò Prime.
Nello stesso momento, Prime ricevette una comunicazione da Brawn:
“Prime! Gli umani...”
La trasmissione si interruppe.
“Brawn? Hound?”
Nessuna risposta. Prime poteva solo sperare che non fosse accaduto loro nulla, poiché senza il loro
supporto avrebbe dovuto dedicare tutto se stesso allo scontro coi Decepticons.
“Maledizione!”
Brawn agitava le braccia, nel tentativo di liberarsi del fastidioso Minicon dalle sembianze di un
pipistrello che lo stava attaccando.
Hound era troppo impegnato coi nuovi avversari per poter fare qualcosa, pertanto doveva cavarsela
da solo. Nel mentre pensava:
“Se solo fossimo riusciti ad avvertire Prime...”
06 – Rappresaglia
Un potente colpo di cannone si abbatté a pochi metri dal gruppo di Prime, sollevando un gran
polverone. Proveniva dallo schieramento dell'esercito terrestre alle loro spalle, e la cosa li lasciò
sorpresi.
Non fu tanto il colpo in sé a farlo, quanto la sua natura. Nessun proiettile, nessun missile... Si
trattava di un colpo ad energia, esattamente come i loro.
Solo allora Prime rivolse la sua attenzione alle truppe terrestri: uno stormo di cinque elicotteri, due
mezzi da trasporto e tre carri armati, accompagnati da una decina di mezzi decisamente fuori del
comune. Oltre alle loro notevolissime dimensioni – tanto che ognuno di essi aveva la mole di quasi
due dei mezzi convenzionali dell'esercito – sembravano il prodotto di una tecnologia molto più
avanzata di quanto visto fino ad allora sul pianeta.
Le enormi bocche da fuoco gemelle esplodevano colpi di energia cremisi uno dopo l'altro,
producendo bagliori che facevano luccicare le fiancate, lucide come specchi. I cingoli mordevano la
polvere con facilità, avanzando inesorabili e quasi del tutto indifferenti ai colpi esplosi da Hound.
Anche Megatron, dall'altra parte del campo di battaglia, osservava stupefatto i nuovi venuti. Forse
aveva sottovalutato i terrestri.
“Soundwave!” disse. “Manda Laserbeak a raccogliere informazioni su quei mezzi e richiama
Ratbat. Dobbiamo ritirarci fintanto che gli Autobots ci fanno da scudo!”
Il generale Hallo osservava soddisfatto la battaglia da una delle torri di guardia della base che
circondava il relitto dell'Ark.
“Perfetto.” pensò. “E non hanno visto ancora niente.”
Brawn riuscì infine a liberarsi di Ratbat, scacciandolo con un colpo di gomito. Il Decepticon non
tornò alla carica, ritirandosi in tutta fretta verso i suoi alleati. Brawn fu così libero di osservare
nuovamente la situazione sul campo di battaglia.
“Come va?” chiese a Hound, intento a fornire copertura ai suoi compagni.
“Non bene.” rispose. “Quei dannati carri armati non indietreggiano di un solo passo. Ho provato
anche a colpirli direttamente, ma non hanno nemmeno un graffio.”
Brawn vide che il compagno aveva ragione, e quel che era peggio, Prime e gli altri si trovavano
stretti nella morsa dell'esercito e dei Decepticons.
Il Minicon si preparò a sfoderare la sua artiglieria per dare una mano, quand'ecco accadere
l'inaspettato. Megatron diede infatti l'ordine di ritirata e la schiera dei Decepticons sparì
all'orizzonte. Per una volta, l'Autobot fu felice di vederli fuggire via.
Mise via la pistola e si agganciò alla schiena di Hound, che dopo essere stato percorso da una
scintilla verde e azzurra, usò il suo aumentato livello di energia per dare a Prime una chance in più.
Prime osservò i Decepticons andare via, con una sensazione di rabbia mista a sollievo. Questo
rendeva il tutto più facile, ma allo stesso tempo lo frustrava sapere di essere stato a un passo dalla
vittoria. Poi però decise di concentrarsi sulla situazione corrente, ordinando ai suoi uomini di
cercare copertura dall'altro lato delle rocce.
Hound, forte di un moltiplicato volume di fuoco in seguito alla connessione col compagno, era
riuscito a far indietreggiare i mezzi convenzionali dell'esercito, ma non i nuovi carri armati. Mentre
questi ultimi si avvicinavano, Prime notò che il loro design era molto simile a mezzi di Cybertron, e
venne percorso da una sorta di brivido elettronico. Evidentemente, gli umani avevano deciso di
combattere il fuoco con il fuoco.
Hot Rod colpì con la sua arma il carro più vicino, e la luce emessa dal colpo rivelò la forma di un
abitacolo completamente trasparente e vuoto. Non ebbe il tempo di dire nulla che la schiera dei
mezzi, giunta a poche centinaia di metri, si arrestò cessando il fuoco.
Contemporaneamente, tutti i carri iniziarono una straordinaria trasformazione. I cingoli divennero
gambe, mentre i cannoni si dividevano in braccia e gli specchi sulle fiancate divenivano come le ali
di un insetto. L'abitacolo sulla sommità della torretta prese la posizione di una testa, e in breve dieci
giganti di metallo color acciaio misto al verde dell'esercito si pararono davanti agli Autobots.
Il braccio destro dei nuovi venuti terminava in una potente tenaglia a tre dita, mentre la mano
sinistra era assente per lasciare spazio a una bocca da fuoco. Infine, un altoparlante posto sotto
l'abitacolo del mezzo più vicino gracchiò con voce metallica:
“Qui squadriglia Omega Sentinel. Arrendetevi o sarete annientati.”
07 – La minaccia delle Sentinelle
Tutti gli Autobots furono come impietriti da tale trasformazione. Era dunque così semplice per gli
uomini creare un Transformer? Valeva davvero così poco la loro esistenza?
Solo dopo qualche istante realizzarono le parole che il gigantesco robot aveva loro rivolto, e che
non facevano trasparire alcuna traccia di pensiero indipendente o una personalità. Erano semplici
automi privi di una Scintilla, costrutti generati con la tecnologia carpita da loro.
Tale pensiero li tranquillizzò solo marginalmente. Queste Omega Sentinel avevano già dato prova
della loro potenza, e persino Megatron aveva preferito ritirarsi piuttosto che affrontarle. Forse Prime
odiava il leader dei Decepticons, ma ne rispettava il valore e l'abilità... e quindi questo non gli
piaceva per niente.
“Missione annullata.” disse infine con rammarico. “Apriamoci un varco e torniamo alla base. Jazz,
comunica le istruzioni all'equipaggio dell'Ark e a Spike. Hot Rod..?”
“Lo so.” rispose. “Wheelie, vieni qui: apriamo la via ai nostri amici.”
Il Minicon saltò nelle mani del Transformer, e nel mentre cambiò forma, divenendo una grossa
pistola a doppia canna. Con essa Hot Rod esplose una scarica di colpi ai piedi dei nuovi venuti,
sollevando una gran polverone e facendoli indietreggiare un poco. Hound, dalla sua postazione in
alto, intuì il piano, e fece in modo di dargli una mano.
“Autobots!” urlò Prime. “Trasformazione!”
Immediatamente tutti assunsero le loro forme alternative e seguirono Prime mentre si apriva una via
fra le gambe dei colossi metallici ancora disorientati. La carovana riuscì così a raggiungere la
strada, iniziando a percorrerla a tutta velocità mentre costeggiava la parete di un canyon. Le
sentinelle tuttavia non conoscevano sensazioni come la sorpresa, e una volta ripreso il normale
assetto fecero fuoco contro le pareti di roccia col laser ad alta potenza del braccio sinistro, una
versione potenziata di quello di Wheeljack. I raggi tagliarono la pietra come fosse stato burro, e
immensi lastroni di roccia precipitarono sugli Autobots durante la loro folle corsa. Una volta
schivati, gli ostacoli finirono per rivelarsi un inaspettato vantaggio per i mezzi in fuga: nessun
veicolo di terra dell'esercito, Omega Sentinel comprese, avrebbe mai potuto seguirli lungo quella
via. Hound e Brawn pensarono ad allontanare gli elicotteri sparando ancora qualche colpo dalla loro
postazione, prima di sfruttare la loro elevata mobilità sui terreni accidentati e dileguarsi per vie
traverse.
Prime e gli altri trovarono il gruppo di Ironhide che li attendeva alla base insieme a Spike. Subito
Ratchet e First Aid esaminarono i feriti mentre Prowl raccontò l'accaduto a chi non era presente.
Prime intanto stava facendo un personale bilancio della missione. Per la prima volta era riuscito a
mettere Megatron alle strette; inoltre, aveva riportato tutti i suoi soldati alla base sani e salvi.
Purtroppo non c'era stato nulla da fare per l'Ark, e le nuove armi dell'esercito sarebbero state
sicuramente un problema... ma al momento non poteva certamente immaginare quanto.
Anche per Megatron era tempo di bilanci. Prime era riuscito ancora una volta a umiliarlo. Come se
non bastasse, quei ridicoli esseri umani avevano sviluppato in un tempo tanto breve armi in grado di
contrastare i Cybertroniani. Soundwave stava ancora analizzando i dati riportati da Laserbeak, ma
per ora sembrava che avessero fatto un lavoro fin troppo buono.
Finora la Terra per Megatron era stata un'enorme miniera da sfruttare, del cui destino in seguito al
suo ritorno a Cybertron non poteva importargli di meno... ma ora era diverso. I suoi patetici abitanti
avevano osato sfidarlo, e non avrebbe avuto pace finché non fosse riuscito a vendicarsi.
Epilogo
La mente del generale Hallo era attraversata da pensieri più felici. La prima azione delle Omega
Sentinel si era rivelata un successo. L'astronave, finalmente aperta, era a disposizione dei suoi
scienziati, e anche se non era riuscito a distruggere un solo robot, avrebbe rimediato molto presto.
Certo, si rammaricava che la sua pazienza non fosse stata appagata: ricordava come si era dovuto
trattenere dall'agire per essere certo che tutti i robot si radunassero in un solo posto, mentre questi
scorrazzavano liberamente per gli Stati Uniti a caccia di fonti d'energia, e tutto questo con la
consapevolezza che le nuove armi erano pronte da giorni...
Ma non c'era problema.
Non c'era nessun problema.
Avrebbe avuto altre occasioni.
Dopo tutto, nei ricordi del suo prigioniero c'era l'esatta ubicazione della base dei suoi amici...
Continua...

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