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Industria e Sviluppo
ANNO VI - N. 3 luglio-settembre 2014
trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa
Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca,
Massa Carrara, Prato, Siena
DALLE TERRITORIALI
Firenze ......................................
Arezzo, Grosseto, Siena ...
Lucca, Pistoia, Prato ...........
Livorno .....................................
Massa Carrara .......................
50
52
54
56
57
CORRUPTISSIMA
RE PUBLICA
PLURIMAE LEGES
"UNA REPUBBLICA CORROTTA HA BISOGNO DI MOLTISSIME LEGGI"
SCRIVEVA TACITO NEGLI ANNALI. ERA IL 112 DOPO CRISTO
MARIANNA MADIA
Tempo di scelte: più trasparenza, meno corruzione
SIMONA BONAFÈ
Europa, luogo di opportunità e futuro
GIUSEPPE FANFANI
E’ tempo di cambiare
Nel
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MILANO
FIRENZE
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Hanno collaborato a questo
numero:
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SOMMARIO
7
EDITORIALE
La burocrazia che ostacola l’Italia
COVER STORY
8
Tempo di scelte: più trasparenza, meno corruzione
12
Europa, luogo di opportunità e futuro
14
Dal dire al fare, la strada della vera semplificazione
19
La burocrazia schiaccia le imprese
22
Pubblico e privato, è l’ora di fare squadra
24
E’ tempo di cambiare
26
Alle imprese servono certezze
27
Contro la burocrazia arriva il timer
41
Troppe leggi bloccano la ripresa
42
Burocrazia e corruzione: un legame da spezzare
43
Per una burocrazia equa e semplice
44
Basta con la burocrazia che affossa il paese
45
Oltre la burocrazia, verso le buone prassi
46
La burocrazia spegne la competitività
47
Un grande sogno: la semplicità
48
Nel mare di regole annaspa anche l’Ente locale
TERRITORIALI
50
FIRENZE
Firenze, rinnovati i vertici delle Sezioni
AREZZO
Arezzo, Grosseto e
52 GROSSETO Confindustria
Siena:
insieme
per la Toscana del sud
SIENA
LUCCA
54 PISTOIA
Lucca, Pistoia e Prato: la Toscana del nord
verso la fusione
56 LIVORNO
Il valore dell’impresa nel Bilancio di Sostenibilità
del Comparto Chimico e Petrolifero
PRATO
57 MASSA
Il manifatturiero ci salverà
CARRARA
28-34
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EDITORIALE
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 7
di Francesco Butini
La burocrazia che
ostacola l’Italia
S
i racconta che un trafelato funzionario del Regno delle Due
Sicilie un giorno fosse entrato, con somma riverenza, nella sala ove
dava udienza il re Ferdinando di Borbone portando con sé una pratica urgente.
Il re invitò il funzionario a lasciare con
calma la pratica sul tavolo così “se oggi è
urgente, domani diventerà urgentissima”.
Questa era la burocrazia borbonica, che
fino a poco più di 150 anni fa governava
l’amministrazione di quasi metà della
penisola italiana.
Sabino Cassese, uno dei massimi
esperti del diritto amministrativo italiano, nonché giudice della Corte Costituzionale, ha ricordato nel suo ultimo
saggio intitolato “Governare gli italiani”
la debolezza intrinseca dell’amministrazione dello Stato italiano, e quindi della sua burocrazia, fin dalla sua nascita
come entità unitaria.
Debolezza vissuta spesso in modo
contraddittorio, giudicandola talora
come latitante e talaltra come invadente.
Il professor Cassese nel suo libro
non cita il napoletano re Ferdinando,
bensì il sabaudo conte di Cavour, per
dimostrare come sin dall’inizio della
storia unitaria in Italia non vi sia mai
stato un disegno programmatico, compiutamente e unitariamente concepito,
dell’amministrazione del nuovo Stato
nazionale. In una lettera scritta pochi
mesi prima di diventare il Primo ministro italiano, il Primo ministro piemontese scrisse che “tutte le questioni relative
al futuro ordinamento interno non hanno
alcuna reale importanza immediata a confronto della suprema ed urgente necessità
di fare l’Italia per costituirla poi”.
La mancanza di una concezione
unitaria della burocrazia al servizio del
nuovo Stato unitario, rimandata ad un
dopo indefinito (“per costituirla poi”)
si è trascinata per generazioni, creando
così una macchina burocratica con un
vertice di comando piemontese ed un
corpo amministrativo borbonico.
Evitando accuratamente il confronto con due Stati nazionali come Francia
e Inghilterra, che hanno conseguito la
loro unità secoli prima dell’Italia, anche
il paragone con Paesi europei di travagliata storia e più recente composizione
unitaria come la Germania porta a sconsolanti conclusioni. Diceva il cancelliere
della Germania riunificata (Bismarck)
del suo collega Primo ministro italiano
(Crispi): “io avevo dietro di me lo Stato e
l’esercito, lui non aveva nulla”.
Bene: questa è storia. E l’attualità?
In tutte le analisi contemporanee
sui fattori critici per la competitività del
sistema nazionale viene evidenziato il
tema della burocrazia e dell’amministrazione pubblica, sia essa statale che
decentrata. Difficilmente si pensa all’Italia come polo d’attrazione per imprese
internazionali a causa della sua inefficienza amministrativa. La situazione
è tale che lo stesso Consiglio dell’UE,
nell’ultima raccomandazione rivolta
all’Italia per l’anno 2014, arriva a sollecitare “nell’ambito di un potenziamento
degli sforzi intesi a far progredire l’efficienza della pubblica amministrazione”,
provvedimenti al fine di “precisare le
competenze a tutti i livelli di governo”.
Come se non ci stessero capendo nulla
nemmeno loro.
Inoltre l’Unione Europea, nella cui
burocrazia la presenza italiana è spesso
isolata e non apicale, ci raccomanda di
“approvare la normativa in itinere volta a
semplificare il contesto normativo a vantaggio delle imprese e dei cittadini”.
Non solo: il paradosso italiano fatto
di leggi approvate ma non attuate per
mancanza dei relativi provvedimenti o
regolamenti è diventato un problema
tale che l’UE ci invita a “colmare le lacune
attuative delle leggi in vigore”.
Semplificare le procedure, ridurre
le autorizzazioni, standardizzare i procedimenti. Tutte cose dette e ridette per
il mondo delle imprese. In fondo, basterebbe solo farle. Con forti iniezioni di
trasparenza, per non accorgersi troppo
tardi di aver semplificato la vita anche
ai malfattori.
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 8
Tempo di scelte: più
trasparenza, meno corruzione
Marianna Madia
Dalla trasparenza un’arma contro burocrazia e corruzione. E’ tempo di regole chiare e certe
affinchè la P.A. possa davvero essere partner delle imprese. Intervista a Marianna Madia, ministro
della Pubblica amministrazione e semplificazione
di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
T
rentaquattro
anni
e un’ascesa politica
fulminante. Marianna Madia, romana, è ministro
renziano della Pubblica amministrazione e semplificazione.
Entrata in Parlamento nel 2008
nel Pd di Veltroni, è stata rieletta
nel 2013, dopo il passaggio per
le primarie nel 2012. Con Renzi
al vertice del partito, a fine 2013,
è entrata nella segreteria nazionale del Pd come responsabile
del lavoro. Il 22 febbraio 2014 è
diventata ministro, alla cerimonia di giuramento era incinta di
otto mesi.
Ministro Madia, lo scorso febbraio l’Ue ha bocciato
l’Italia sul versante corruzione: bacchettate su conflitto
d’interesse, leggi ad personam, lunghezza dei processi
e conseguente rischio prescrizione, collusioni tra politica,
imprenditoria e criminalità,
appalti truccati. Serve una
nuova e più efficace legge
anti-corruzione?
Eventualmente, quali misure dovrebbe contenere?
“Credo che la nomina di
Raffaele Cantone e della sua
squadra e l’approvazione della
parte anticorruzione del Decreto
legge di riforma della Pubblica
amministrazione (al momento
della scrittura dell’articolo all’esame del Senato, NdA) siano
una prima ed efficace risposta
di questo Governo alla tematica dell’anticorruzione. Con
amarezza abbiamo visto che in
questi mesi i fenomeni di corruzione hanno interessato proprio quelle grandi progettualità
che dovrebbero costituire l’eccellenza del nostro Paese nello
scenario globale. Le misure approvate in Parlamento, unite alla
grande competenza di Cantone
e dei consiglieri dell’Anac, co-
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
stituiscono la base per una seria
prevenzione della corruzione. Il
potenziamento dell’Anac con
l’accorpamento all’autorità di
vigilanza dei contratti pubblici
(Avcp), assieme ai nuovi poteri
di intervento e di sanzione che
all’autorità vengono attribuiti
sono un segnale concreto della serietà con la quale questo
Governo intenda affrontare la
piaga della corruzione. Assicurare la trasparenza dell’azione
pubblica significa impostare una
politica ‘a costo zero’ contro la
corruzione. Voglio sottolineare
però che la lotta alla corruzione
va condotta anzitutto sul piano
culturale con un impegno forte
delle istituzioni perché sin dalle
scuole si diffonda il valore della
cultura della legalità”.
“L’eccesso di legislazione
ha fatto sì che nei gangli del
sistema si inserisca la corruzione”. Lo ha da poco denunciato il presidente della Corte
dei Conti, Raffaele Squitieri,
citando Tacito: “Moltissime
sono le leggi quando lo Stato è corrotto”. Troppe norme
creano un selva in cui l’onesto
cittadino fatica a districarsi
e il disonesto si avvantaggia
della poca trasparenza. Occorre sopprimere le leggi inutili,
da dove bisogna partire?
“Il nostro ordinamento va
reso più semplice. Nel nostro
decreto abbiamo previsto un
rilancio della semplificazione attraverso l’adozione, per la prima
volta, di un’agenda triennale ad
essa dedicata, da concertare con
tutti i livelli di Governo e aperta
alla consultazione dei cittadini
e delle imprese. Abbiamo dei
moduli standard per le autorizzazioni edilizie il cui utilizzo va
implementato in tutti i Comuni
italiani. Abbiamo realizzato un
accordo su questo con Anci e
Regioni. Nuove misure seguiranno anche con la legge delega
come il silenzio-assenso nei pareri tra ministeri (che abbatterà
i tempi di realizzazione dei procedimenti) e la semplificazione
delle conferenze dei servizi. Un
sistema più semplice, con meno
stratificazioni di norme e livelli
di competenze, è certamente
una premessa fondamentale.
Ma le semplificazioni necessarie non vanno solo approvate,
esiste un problema enorme di
garanzia dell’attuazione. Troppe norme, anche di semplificazione, rimangono nei fatti sulla
carta. Garantire l’attuazione è il
primo terreno sul quale vogliamo impegnarci”.
Nella riforma della Pubblica amministrazione da lei
presentata è previsto l’accorpamento di uffici territoriali
quali Prefetture, Ragionerie,
Direzioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate, Archivi
notarili, Soprintendenze, Uffici scolastici, Direzioni regionali e territoriali del lavoro.
Quanti saranno tagliati? Delle
attuali 110 Prefetture (una per
provincia) quante ne rimarranno?
“Con il Ddl abbiamo previsto una delega al Governo per
riorganizzare completamente la
presenza dello Stato sul territorio. E’ un intervento che va ben
oltre la mera riduzione del numero di prefetture. Le Prefetture
sono state pensate in un’epoca e
in una dimensione amministrativa completamente differente.
Oggi crediamo che sia possibile
ripensare le Prefetture e le loro
funzioni, nell’ottica di creare nei
territori un unico ufficio, plurifunzionale, che rappresenti il
punto di riferimento per il citta-
La semplificazione
è una necessità
vitale per
le imprese,
per liberare
gli imprenditori
da oneri
troppo pesanti
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 9
dino che debba interagire con lo
Stato centrale. Nella riorganizzazione che abbiamo in mente,
cerchiamo di unire efficienza
e razionalità. Il vero obbiettivo
non è diminuire o aumentare
la presenza fisica del governo (e
pensiamo a quanto sia importante in alcune regioni colpite
dalla criminalità) ma cambiare
la qualità dei servizi che l’amministrazione offre. Dobbiamo
costruire un’amministrazione
dove la necessità di recarsi fisicamente in un ufficio diventi
l’eccezione, non la regola. E che
non chieda al cittadino duplicazioni di informazioni già in suo
possesso”.
Cosa occorre cambiare,
nell’organizzazione del lavoro dei dipendenti pubblici,
per rendere più efficiente la
macchina amministrativa?
“Nella nostra riforma le
persone rappresentano uno
degli assi fondamentali. La
Pubblica amministrazione ha
certamente bisogno di rinnovamento, anche generazionale,
ma ha anche necessità di maggiore mobilità di persone e di un
migliore interscambio di professionalità superando l’immobilismo che caratterizza troppi
nostri uffici. Rinnovamento, valorizzazione delle competenze e
maggiore mobilità sono i principi sui quali abbiamo lavorato.
Per questo abbiamo introdotto
le norme sull’abrogazione del
trattenimento in servizio, quelle
sulla semplificazione delle regole del turn over e quelle sulla
mobilità. Accanto a queste norme contenute nel Decreto legge attualmente in conversione,
con il disegno di legge delega
abbiamo proposto una profonda riforma della dirigenza: i
meccanismi di accesso, il ruolo
unico e la necessaria osmosi sia
tra i diversi livelli amministrativi,
sia con il settore privato. Infine,
sempre con il Ddl, introduciamo
una vera e propria rivoluzione
nelle politiche di programmazione assunzionale, con il superamento delle piante organiche
e l’introduzione dei fabbisogni
standard. Crediamo che la più
grande ‘azienda’ del paese debba avere le migliori risorse umane possibili, impiegate nel posto
giusto, per un tempo giusto”.
La Cgia di Mestre stima
che la burocrazia per le piccole imprese costi trenta giorni
di tempo all’anno, pari a un
tributo di dodici mila euro.
Cosa occorre fare per ridare
ossigeno alle imprese?
“Come ho detto la semplificazione è una necessità vitale
per le imprese e nel nostro programma ha un ruolo di primo
piano, sia nel Decreto legge che
nel disegno di legge con deleghe. Vogliamo liberare gli imprenditori da alcuni oneri, penso
ai diritti da versare alle Camere
di commercio, garantendo al
tempo stesso la crescita qualitativa di quegli stessi servizi. La
Pubblica amministrazione deve
essere un ‘partner’ per le imprese
che ponga regole chiare, certe e
offra servizi adeguati”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 10
L’OLIO DI
PODERE COGNO
Un prodotto artigianale di alta qualità, tutto
da gustare o da regalare ad amici e clienti.
AZIENDA
AGRICOLA CESANI
VERNACCIA E NON
SOLO
Il bianchi della tradizione locale e una vasta
proposta di rossi. Tutto nel nome dei vitigni
autoctoni. Ma dall’Azienda Cesani arrivano
anche zafferano, olio di pregio e una nuova
linea cosmetica
San Gimignano vuol dire
Vernaccia. E l’Azienda agricola
Cesani non tradisce certo le sue
radici. Anzi punta a esaltarle e a
farne una filosofia colturale, che
va oltre la scelta della agricoltura biologica, con l’utilizzazione
esclusiva di vitigni autoctoni: solo
vernaccia di San Gimignano per i
bianchi e per i rossi in prevalenza
sangiovese, ciliegiolo e colorino.
“Uno dei nostri punti fermi
- sottolinea Letizia Cesani - è
cercare di proporre sempre vini
al massimo delle caratteristiche
qualitative, ma sempre cercando
di dare delle versioni più moderne e attuali dei nostri vitigni
toscani. Se la tradizione è la nostra bussola, questo non significa
però rimanere ancorati a ogni
elemento del passato. Per esempio siamo forse l’unica azienda
della zona che usa la chiusura del
tappo di vetro per alcuni dei suoi
vini”.
Dagli anni ’50 quando è
nata, questa azienda adagiata
sui colli di San Gimignano ne
ha fatta di strada, ma è cresciuta
senza tradire la sua impostazione
familiare,“ in maniera tale di poter personalmente sovrintendere
- sottolinea ancora la signora Letizia - a tutti i processi produttivi:
dalla vigna alla commercializzazione”.
I prodotti delle cantine Cesani vengono venduti molto anche all’estero: oltre il 50% delle
bottiglie raggiunge ogni parte del
mondo: Europa, Stati Uniti, Brasile, Cina, Giappone, Australia…
Segno che nel consumatore di
qualità c’è un grande riconoscimento del valore della migliore tradizione toscana. Il buon
vino… parla ormai molte lingue.
Non a caso infatti in azienda si
fanno regolarmente corsi di degustazione e visite guidate in 3
lingue.
L’Agricola Cesani vuol dire
anche olio e zafferano. Con l’aggiunta di una idea nuova, tutta al
femminile, visto che le figlie del
titolare sono coinvolte nell’attività: una linea cosmetica a base
di olio e uva biologici. Per un approccio anche diverso al mercato.
All’inizio era il vino, poi è
arrivato “lui” l’Olio, da semplice
condimento a componente fondamentale per conferire sapore
e qualità ai piatti della tradizione
toscana. E’nata una nuova cultura
dell’olio, che insegna ad abbinarlo con i cibi come da sempre accade per il vino. A Podere Cogno,
splendido resort e azienda olearia
biologica e DOP Chianti classico,
di proprietà della famiglia Matteini, si producono tre tipi diversi di
olio: Solatio, monocultivar leccino dal gusto delicato, Campo al
Pozzo, monocultivar Coratina più
aggressivo, ed Erta China, blend
di olive con 80% di frantoio, tutti
caratterizzati dalla leggerezza e
dalla bassissima acidità, qualità
che lo rendono particolare. Analisi sul terreno hanno infatti evidenziato come il suolo e il clima
siano adatti alla produzione di un
extravergine di qualità superiore,
e come sia naturale praticare tecniche biologiche grazie all’assenza di agenti patogeni e parassitari.
Produrre olio veramente gustoso
e di alta qualità sembra facile ma
non lo è, richiede tanta competenza e cura fino al momento in
cui le olive arrivano al punto giusto della maturazione: né troppo
verdi né troppo avanti altrimenti il
sapore cambia. Allora non esistono più né il giorno né la notte, ma
solo la corsa al frantoio per non
perdere quell’ “attimo” fuggente,
e rimanere poi tutti in attesa del
momento magico, quando l’olio
comincia a defluire e la stanchezza si stempera nel profumo antico
di questo liquido prezioso.
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IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 11
QUANDO
L’OLIO RITROVA
LE SUE RADICI
Le Colline di Vinci Azienda Agricola Biologica
La storia l’azienda agricola “Le colline di Vinci” l’ha già
nel suo nome. Ma non vive di
rendita. Anzi con la storia ama
confrontarsi. Un esempio è il recupero dell’antico “Podere Diana
di Fondo”, iniziato nel 2000 con
la scelta della coltivazione con
metodo biologico e il ripristino
dell’antico oliveto. Una scommessa in nome del territorio.
“E’ stata una continua scoperta - dice la titolare Lisa Paolini
- : dalle fonti nascoste nei muri in
pietra che sostengono le terrazze,
al recupero di un migliaio di olivi
secolari e dei sentieri di un tempo. Con impegno abbiamo reso
possibile la ripresa della produzione dell’olio”. Come il recupero
di un tesoro: per la salute e per
la tavola.
“Le Colline di Vinci” è un’azienda tutta al femminile, dove
questa scelta, irreversibile e convinta, si sposa con la suggestione
delle colline del Montalbano: il
prodotto, frutto delle varietà di
olivi tipiche diVinci, della posizio-
ne e delle condizioni ambientali,
è un olio extravergine dal caratteristico profumo di frutto fresco,
amaro, piccante e dolce: ottimo
per insalate, verdure, carne e pesce.
“La qualità del nostro olio
– sottolinea Lisa Paolini – è riconosciuta da esperti cuochi di ristoranti fiorentini, e dalla Camera
di Commercio di Firenze che ci
ha premiati in occasione del ‘XV
Concorso dell’ Olio extravergine
del Montalbano’ per la produzione 2013/2014”. La ricetta? la cura
e attenzione in campo, le olive
raccolte a mano e portate ogni
sera al vicino frantoio, e poi una
frangitura a garanzia di qualità rispetto alla quantità. Se ci aggiungiamo la cura di imbottigliamento
e filtraggio, il gioco è fatto.
Oggi l’azienda ha avviato
anche l’attività agrituristica: un
nuovo tuffo nella storia di architettura e contesto rurale.
www.vinciland.it
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CONVIVIUM
UN ANGOLO DI
PARADISO ALLE
PORTE DI FIRENZE
Fermarsi un attimo, concedersi una pausa tra prodotti selezionati e un buon bicchiere di
vino: Convivium è una sorpresa
lungo il Viale Europa, nella prima
periferia fiorentina. Una colonica
del 1300, perfettamente conservata, in mezzo alle costruzioni
contemporanee; in una posizione strategica, a due passi dalle
principali località del Chianti e
dall’imbocco dell’autostrada.
È qui, all’interno di quella
che un tempo era un punto di riferimento per quei viandanti, pellegrini o mercanti che entravano
in città dall’antica Via Chiantigiana, che ha preso vita un’attività
che ha molte caratteristiche in
comune col passato; a partire
dall’estrema cura dei prodotti,
come avveniva un tempo.
Convivium gode di un’ampia cantina – che può contare oltre 200 etichette – e propone una
ricca offerta di prodotti gastronomici ricercatissimi, che è possibile
gustare nel piazzale all’aperto o
all’interno, nei confortevoli spazi, ristrutturati secondo l’antico
fascino. Sono due le possibilità
per chi sceglie di fermarsi: una
è La soluzione del Convivium,
che, all’ora di pranzo, offre piatti
gastronomici e una selezione di
primi espressi, l’altra è il ristorante
“Canto al Paradiso”, che la sera
apre anche le due sale al piano
superiore e mette a disposizione
degli avventori un menù à la carte basato su ricette toscane. Ma
non è tutto: Convivium è il posto
ideale dove fare la spesa con le
“cose buone”, oppure, se non si
è avvezzi alla cucina, lo staff offre
la possibilità di “noleggiare” uno
chef che prepara piatti a domicilio, utilizzando rigorosamente la
materia prima proveniente dagli
scaffali di questa speciale bottega
fiorentina. E se si ha voglia di portare con sé un piccolo ricordo dei
profumi e dei sapori italiani? Basta chiederlo: Convivium realizza
confezioni ad hoc che spedisce in
tutto il mondo Per non rimanere
mai a corto di emozioni.
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COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 12
Europa, luogo
di opportunità
e futuro
Serve un Europa di politiche tangibili capaci di portare ad
un rinascimento industriale. Intervista a Simona Bonafè,
europarlamentare
di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
O
norevole Bonafé, lei
è appena arrivata in
Europa, spinta da
quasi trecentomila preferenze
nella tornata che ha visto il Pd
renziano sfondare il 40 per cento dei voti. Il comune sentire,
in Italia, non è particolarmente favorevole all’Europa così
come è stata finora concepita.
Nel mirino c’è, soprattutto, la
burocrazia. Molto dell’ultima
battaglia elettorale si è giocato
sul prossimo ruolo che l’Ue dovrà avere. Qual è, secondo lei?
“L’Europa deve tornare ad
essere un luogo di opportunità e
di futuro. Un luogo di scelte politiche tangibili ispirate ad esigenze
concrete. Ne è esempio l’impostazione che abbiamo dato alla
scelta del presidente della Commissione europea, che quest’anno per la prima volta si è basata
sull’indicazione di impegni e programmi in materia economica.
Il nostro voto a Jean Claude
Juncker è stato mosso dalla priorità di rafforzare la competitività
e stimolare gli investimenti, impegnandolo nei prossimi mesi
a presentare un ambizioso pacchetto per lavoro, crescita e sviluppo che attraverso la Bei (Banca
europea degli investimenti) e il
bilancio europeo mobilizzerà fino
a 300 miliardi in tre anni.
Una delle chiavi di rilancio
dell’Ue deve essere l’industria,
attraverso un rinascimento industriale che rimetta al centro
il nostro potenziale produttivo.
Insieme al nostro governo vigileremo affinché dalle parole si
passi ai fatti. Nello specifico noi
parlamentari europei, in questa
nuova fase, dobbiamo portare a
Bruxelles le istanze dei territori
che rappresentiamo”.
Secondo una recente inchiesta del Corriere della Sera
l’Italia sfrutta poco e male i
fondi Ue. Ancora deve essere speso il sessanta per cento
dell’ultima tranche dei fondi
strutturali 2007-2013. Miliardi
di euro che rischiano di essere persi e destinati altrove
dall’Europa. In più, l’Ue ha accusato lo scorso marzo l’Italia
per irregolarità nella gestione
dei fondi comunitari. Da dove
bisogna cominciare per rimediare?
“In questi giorni il nostro
governo sta definendo con la
Commissione europea il nuovo accordo di partenariato per
la gestione dei fondi 2014/2020.
È stato individuato un percorso
per rafforzare e rendere più efficienti le amministrazioni, centrali e regionali, che gestiranno i
programmi, con una riorganizzazione delle strutture e una semplificazione delle procedure. Resta inteso che l’utilizzo pieno ed
efficiente dei fondi strutturali, per
opere e misure necessarie e da
portare a termine in tempi certi
rientra nella strategia del governo
per far ripartire il Paese”.
Uno dei motivi dell’incapacità dell’Italia di reagire alla
crisi è individuato trasversalmente nell’eccesso di leggi e
prescrizioni. A queste si aggiungono le norme europee,
che a volte entrano in dettagli
minuziosi. Bisogna ridurre il
fardello normativo? Da dove
iniziare?
“L’Europa soffre una crisi
di complicazione e burocrazia.
Troppo spesso i cittadini hanno
percepito l’Ue come una grande
e pesante macchina burocratica,
la cui attività regolatoria ha finito
per appesantire ulteriormente la
vita di persone e imprese.
È tempo di dare un forte
impulso ad una politica europea
di smart regulation: ridurre gli
oneri e gli eccessi di regolazione
che derivano dalla legislazione
europea. Reputo come neoparlamentare europea che sia anche
giunto il momento di accelerare
su un coordinamento efficace fra
attività legislativa Ue e italiana.
Intanto nel nostro Paese tutti gli
interventi del governo vanno nel
senso di sburocratizzare: dalla
riforma della P.A. al più recente
‘sblocca Italia’.
E non dimentichiamo che
la stessa riforma del Senato mira
all’eliminazione del bicameralismo perfetto, quindi a velocizzare
l’iter di approvazione delle leggi.
Le riforme sono parte di un disegno complessivo fondato su
due pilastri: da un lato la riforma
del Titolo V della Costituzione;
dall’altro una profonda riorganizzazione della struttura e del
funzionamento della macchina
dello Stato in termini di maggior
efficienza, lotta agli sprechi e al
caos amministrativo”.
Come è possibile mettere
al riparo dalla corruzione la destinazione dei fondi europei?
“Bisogna programmare un
utilizzo strategico delle risorse Ue
con i territori, come già previsto
dal ministro Del Rio. E ancora:
semplificazione e meno burocrazia nell’accesso al denaro europeo. Ma soprattutto trasparenza
e monitoraggio dei fondi erogati.
Poche azioni e regole chiare
che cambino però strutturalmente l’utilizzo dei miliardi messi a
disposizione dalla Commissione
e che i cittadini pagano di tasca
loro: su un euro di fondi, il costo
è di due in tasse. E’ necessario
prendersi la responsabilità di affrontare in modo nuovo ed efficace l’uso dei fondi per il lavoro, che
è il problema principale in questo
momento in Italia e in Europa”.
Simona Bonafè
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 13
DAYKEM
UN’INDUSTRIA
PER L’INDUSTRIA
ATELIER
LUNGARNO
STORIA DI UNA
PASSIONE
Abbiamo incontrato la Sig.
ra Rina Milano, sarta, stilista ed
interior designer che, tra le mura
del suo “Atelier Lungarno” sito
nel cuore di Firenze, dà vita a creazioni sartoriali all’insegna della
ricerca, della raffinatezza e del
gusto:
E’ un settore affascinante
quello in cui si è ritagliata il suo
spazio la Daykem: lavorare“dentro”il tessile a sostegno delle basi
stesse del comparto. “Siamo industria per l’industria”, ama dire
il CEO Gabriele Paoletti.
Gli ingredienti sono la fantasia, la tecnica, gli strumenti più
avanzati ed i processi chimici più
appropriati per trattare ogni tipo
di tessuto.“Il lavoro che facciamo
parte dai nostri studi su quasi tutti i settori del tessile, a 360 gradi.
Lavoriamo con le aziende, con
tecnici al loro interno e affianchiamo la clientela nella fabbricazione dei vari articoli, come nella
messa in opera di progetti.
Il nostro valore aggiunto è
proprio questo: un affiancamento totale alle aziende, con le quali
partecipiamo alla costruzione del
progetto, al finissaggio, al trattamento del manufatto finito”. I
nomi? Sono quelli dei gruppi industriali più in vista, grandi marche e griffes di respiro mondiale,
soprattutto nel campo dell’abbigliamento. C’è un po’ di Daykem
insomma dietro a marchi di prestigio.
Bilanci in attivo e in trend
migliorativo negli ultimi tre anni;
forte radicamento in Turchia,
Repubblica Ceca e altri mercati
europei e costante vocazione a
ricerca e innovazione.
“La nostra azienda è all’avanguardia: il nostro laboratorio
– dice ancora Paoletti - lavora,
anche con le Università, per la
promozione di nuovi processi
industriali. Uno per tutti: il FUNZ
TEX, che si avvale di prodotti
enzimatici di nuova generazione,
con meno necessità di energia e
minori emissioni di CO2”. La dimostrazione che si possono tingere lana e cotone a temperature
più basse, con un ridotto impatto
ambientale: un vero fiore all’occhiello. Ma non è l’unico dell’azienda pratese. Nel passato ci
sono state altre “ricette” di applicazione della chimica al tessile in
modo innovativo, come vari studi
di enzimi e proteasi sulla lana.
www.daykem.it
publiredazionale
« ”La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla”. Questa frase di David Hume
mi ha colpita sin dalla mia gioventù. La ricerca del dettaglio che
crea la differenza, l’armonia dei
colori che si mescolano anche in
modo “bizzarro”, mi affascinano.
Tutto questo, cerco ogni giorno
di ricrearlo nel mio lavoro, nella
costruzione di un abito che deve
esaltare le caratteristiche migliori
della persona che lo indosserà e
che deve rispettare un’alchimia
di forma e proporzione. L’abito di
sartoria propone sempre
un’interpretazione a soggetto ed è sempre magico vedere il risultato che
si adatta a chi lo indossa.
Basta una proporzione
modificata o una variazione di nuance di colore
per creare un legame “su
misura”che trasforma un
capo, nel “proprio” abito.
Riuscire ad interpretare i
desiderata dei clienti è un
dono che crea una sorta
di comunione di anime,
un rapporto, direi, intimo.
É per questo che, quasi
senza accorgermene, ho
iniziato a “vestire” case di
mie clienti proprio utilizzando questo rapporto
intimo che ti accompagna a visualizzare l’ambiente più consono.
Niente deve essere standardizzato in un mondo cosmopolita
che ci vuole sempre più uguali!
Amo la ricercatezza, da sempre
studio e mi documento per trovare spunti e dettagli, mi piace
dedicarmi ai progetti del bello e
tante volte diventa una sfida voler costruire l’abito che racconta il
sogno più bello per una sposa o il
tailleur più grintoso per una cliente in carriera. E così per le case:
mi piace vedere e riguardare le
foto del prima e dopo con le mie
clienti, spesso ridiamo insieme
perché sa…basta poco per dare
il tocco e, mi creda, il gusto fa più
del denaro!».
www.atelierlungarno.it
publiredazionale
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 14
Dal dire al fare, la strada
della vera semplificazione
Occorrono norme immediatamente operative che non si perdano nel labirinto dei regolamenti
attuativi, non producendo altro che nuova burocrazia che autoalimenta se stessa
di Sara Signorini e Claudia Peiti, società REF Ricerche, Milano
L
’agenda politica inserisce nuovamente tra
gli argomenti centrali
di riforma il tema della semplificazione. Si parte questa volta
da una modalità di concertazione, con il Governo che chiede a
cittadini e imprese di partecipare
ad una consultazione telematica.
Le risultanze, disponibili sul
sito del Governo da aprile, stanno guidando ora i passi dell’e-
secutivo con alcuni interventi
immediati in materia di semplificazione (limitazioni dell’esercizio del potere di autotutela) cui si
aggiunge una delega al Governo
per il riordino della disciplina
sulla Conferenza di Servizi.
Un argomento quest’ultimo che lascia diviso il mondo
imprenditoriale da quello della Pubblica Amministrazione.
Le Conferenze di servizi sono
state ampiamente disciplinate con lo scopo di velocizzare il
procedimento amministrativo,
ma qualcosa di fatto ancora non
funziona; motivazioni sembrerebbero poter essere ricercate
nel mancato coordinamento tra
leggi di settore, normative regionali, e prassi informali, nonché
nelle modalità di svolgimento
dei lavori.
L’attenzione alle tematiche
di semplificazione non nasce
certo da questi ultimi provvedimenti, ma vanta un passato
piuttosto articolato e non solo a
livello nazionale.
Si pensi al 2011 quando, a
livello europeo, il patto Europlus
non aveva mancato di sottolineare tra gli impegni concreti
assunti dagli stati membri la
necessità di adottare misure di
stimolo della competitività, tra-
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
ducibili concretamente anche
nelle raccomandazioni di riduzione degli oneri amministrativi
e di miglioramento del quadro
normativo.
In questo framework diventa necessario chiedersi cosa
significa semplificare. Semplificare è rendere semplice o più
semplice. Nell’ambito pubblico il
richiamo alla nozione di semplificazione viene associato a concetti di efficienza della pubblica
amministrazione e di competitività e sviluppo del Paese.
E’ evidente che i temi sollevati sia a livello europeo che
nazionale rappresentano le “tessere” di un quadro generale che
sembra a gran voce richiedere
un’attenta riflessione sulle procedure amministrative e sulle
politiche di governo pubblico,
o ancora più genericamente sul
“metodo di governare”.
Ciò che è chiaro è che una
semplificazione effettiva del sistema amministrativo italiano
richiede in prima battuta la riduzione dello stock normativo
e al contempo un riassetto della
normativa vigente (attraverso ad
esempio la predisposizione di
codici e testi unici) e di monitoraggio delle procedure attuative.
Se si vuole che la semplificazione non divenga il veicolo per
appesantire il sistema di ulteriori
oneri burocratici occorre evitare
la proliferazione indiscriminata
di nuove norme. Le nuove norme non si devono sovrapporre
a quelle in vigore ma devono
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 15
Giorgio Squinzi
Dalla relazione del presidente di Confindustria Giorgio
Squinzi all’Assemblea 2014, Roma 29 maggio
“‘Una repubblica corrotta ha bisogno di moltissime leggi’ scriveva Tacito negli Annali. Era il
112 dopo Cristo.
Sono cadute le barriere ideologiche, si sono
aperti i mercati, la rivoluzione digitale velocizza e mette in trasparenza, faremo le fatture
elettroniche. Eppure il muro invisibile di cui
scriveva Tacito è ancora lì.
Dobbiamo fare di tutto per abbatterlo.Qualsiasi disegno di policy anche illuminato e moderno non sopravvive alla giungla normativa e
abrogarle o riassumerle in testi
unici.
In secondo luogo la semplificazione effettiva del sistema amministrativo necessita
di una maggiore qualità della
regolazione e di una maggiore
attenzione a misure di liberalizzazione e semplificazione dei
procedimenti
amministrativi;
variazioni nell’ordinamento legislativo producono a cascata
alla debolezza sul piano dell’attuazione della
macchina pubblica italiana. Il muro italiano è
insidioso, è fatto di complicazione e opacità,
di tempi infiniti e di autorizzazioni che sono un
favore e non un diritto.
Secondo il servizio studi della Camera dei Deputati le leggi sono 37.000. Secondo Sabino
Cassese 150.000. Franco Bassanini si ferma
a 50.000. Io ci aggiungo anche 28.000 tra leggi e regolamenti regionali. In tutte quelle pagine prospera la corruzione”.
una mole enorme di attività amministrative, il cui costo dovrebbe essere valutato insieme all’analisi dei benefici che l’attività di
riforma comporta. E’ opportuno
essere consci che modifiche in
un settore, non solo producono
l’impatto direttamente stimato,
ma generano una serie di side
effects dal lato amministrativo.
Uno fra tanti attiene ad esempio
al necessario periodo di “rodag-
Semplificazione:
efficienza
della Pubblica
amministrazione
e competitività e
sviluppo del Paese
gio” cui sono sottoposti i destinatari della modifica normativa
e coloro che ne monitorano l’attuazione.
E’ dunque ormai conoscenza comune che “riformare un
settore/una normativa” richiede
nel breve periodo uno sforzo
amministrativo notevole che attiene sia al coordinamento con le
leggi vigenti, sia alle procedure di
attuazione ma soprattutto anche
al percorso formativo richiesto ai
soggetti che devono“implementare” ed eventualmente “sorvegliare” il rispetto della nuova
normativa e ai soggetti che sono
obbligati a rispettarla.
Nondimeno non va trascurato che a volte politiche di semplificazione possono nel breve
termine generare un sovraccarico amministrativo, attribuibile
alle attività di adattamento del
sistema alla novella legislativa: circolari esplicative, monitoraggio delle sovrapposizioni
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA...
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 16
Quando
una politica
è stata decisa
non si è raggiunto
alcun traguardo
senza una piena
attuazione
Sara Signorini
Claudia Peiti
Società REF Ricerche - Milano
Società indipendente che offre ricerca e consulenze personalizzate, organizza osservatori e attività di formazione
e affianca aziende, istituzioni, organismi governativi nei
processi conoscitivi e decisionali. www.refricerche.it
legislative, ecc. Non ci si deve
dimenticare che qualsiasi riforma nell’immediato presenta un
costo d’avviamento e prima di
porla in atto occorrerebbe quindi produrre robuste e condivise
analisi costi/benefici.
In Italia obblighi di valutazione preventiva e di verifica e
valutazione dei risultati a scadenze prefissate sono previsti
dalla Legge 246 del 2005 che individua rispettivamente queste
attività nell’analisi dell’impatto
della regolazione (AIR) e nella
verifica dell’impatto della regolazione (VIR). L’AIR è, infatti,
volta a valutare gli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sull’attività di cittadini e
imprese, mentre la VIR riguarda
la verifica periodica del raggiun-
gimento delle finalità e la stima
dei costi e degli effetti prodotti
da atti normativi su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. Le evidenze sull’utilizzo
di questi strumenti sono tuttavia
poco rincuoranti.
Bisogna evitare
interventi legislativi
“di facciata”
il cui effetto
è produrre
soprattutto
altri provvedimenti
Nel 2009 è stata emanata una direttiva con lo scopo di
assicurare una produzione normativa di qualità, richiedendo
ai ministeri proponenti, oltre
ad una relazione illustrativa,
una tecnico-finanziaria e una
tecnico-normativa, una relazione sull’analisi di impatto regolamentare. Di fatto, i ministeri
proponenti redigono questa relazione seguendo un formulario
meccanico.
A ciò si aggiunge che
nell’ordinamento italiano non
sembra ancora oggi essere entrata tra le pratiche di buon governo l’utilizzo di strumenti di
sintesi delle informazioni, dai
Libri Verdi che l’Unione europea identifica come gli strumenti
per raccogliere riflessioni, idee e
informazioni su un settore e da
utilizzare poi per procedere ad
una consultazione, ai Libri Bianchi che contengono invece le
proposte di interventi.
Oltre al ruolo cruciale delle
attività di valutazione, un altro
aspetto centrale riguarda il monitoraggio dei provvedimenti di
attuazione. Quando una politica
è stata decisa non si è raggiunto alcun traguardo se non se ne
consegue una piena attuazione.
Questo dipende da due ordini di
motivi: da un lato sicuramente
politicamente è più facile trovare consenso su un principio generale piuttosto che sui modi di
attuarlo in pratica; dall’altro lato
va evidenziata la complessità del
procedimento che spesso richiede numerosi passaggi amministrativi.
Il risultato però è che fino
al momento in cui gli atti secondari non vengono posti in essere
si è di fronte ad una disciplina
incompleta e incerta. La stratificazione di norme primarie,
secondarie, regolamenti e prassi
tendono a produrre un blocco
decisionale, come se vi fosse un
nesso perverso tra assetto normativo e prassi amministrative.
E’ necessario, quindi, lavorare su scelte immediatamente
operative che non si perdano nel
labirinto dei regolamenti attuativi, non producendo altro che
nuova burocrazia che autoalimenta se stessa.
In altre parole, bisogna
evitare interventi legislativi “di
facciata” che prima di produrre
il minimo risultato necessitino
di una lunga sequenza di provvedimenti attuativi. E questo
semplice principio potrebbe costituire una prima buona pratica
da applicare.
HRD
IL RE DEI RISULTATI, PER PROFESSIONISTI
ED IMPRENDITORI
Roberto Re, dicono che Lei
sia il Re della formazione italiana: cosa significa?
Indubbiamente, visto che Re è il
mio cognome, il gioco di parole
è facile! Ma, a parte questo, penso si riferiscano al fatto che la mia
azienda è, numeri alla mano, l’organizzazione leader in Italia nel
campo della formazione.
Forniamo a professionisti ed
imprenditori, ma non solo, strumenti molto pratici e concreti per
ottenere più risultati, per gestire
ancora meglio i propri collaboratori e clienti, per essere ancora più
efficaci nella loro comunicazione
e per gestire lo stress, ad esempio.
Facciamo un lavoro mirato
e funzionale, dopo aver fatto una
specifica analisi di cosa quella persona necessita. Un po’ come in
palestra, dove le persone allenano
il loro fisico per essere più performanti: da noi si allena la mente!
di grande prestigio, da Pirelli a
Marcegaglia, nonché con campioni olimpionici. Cos’hanno
in comunque queste categorie,
apparentemente così diverse tra
loro e come può Lei aiutare entrambi i casi?
Di fatto la risposta è molto semplice: entrambe le categorie hanno
in comune la gestione di se stessi.
Per gestire una gara importante o un’attività, con collaboratori,
clienti, soci, colleghi, mercato che
cambia e vita privata, non sono la
preparazione o le competenze a
mancare, ma è la gestione emozionale, quella di se stessi a tutto
tondo, che gioca un ruolo fondamentale: se si sa gestire la propria
mente al meglio, in contesti in cui
siamo sotto pressione, allora il gioco è fatto!
Ma occorrono strumenti,
strategia ed allenamento, in entrambi i casi.
Lei ha lavorato con nomi
eccellenti di aziende Italiane
In Italia, nonostante tutto,
ci sono tanti formatori: perché
voi avete così tanto seguito?
La nostra è senz’altro un’azienda
molto solida, con 23 anni di attività
sul campo e risultati concreti per i
nostri clienti, grazie anche alla nostra formula vincente: attenzione
al risultato finale più che al percorso da vendere.
Abbiamo un programma che
si chiama F.L.Y. ( Find The Leader
in You) presente in 13 città italiane,
(una delle quali ha sede a Firenze e
la 14esima sarà a Viareggio, da Ottobre) dove ogni settimana i nostri
corsisti acquisiscono strumenti e
strategie, e le allenano; in più ogni
cliente ha un Tutor dedicato che
guida questo processo, affinché il
risultato sia garantito. Insieme a
questo c’è una full immersion di
un week end, fatto direttamente
con me: l’ Emotional Fitness, dove
si impara proprio a gestire emozionalmente se stessi e a
capire come guidare efficacemente gli altri.
pensa che siano tutte americanate?
Innanzitutto che bisogna prima provare per giudicare. Io per
prima avevo questo pregiudizio:
penso però che la cosa che conti
veramente siano i risultati finali. Di
fatto quello che facciamo ha un taglio tutto italiano, che spesso viene
confuso con attività che prendono
in prestito solo una parte di quello
che facciamo: noi parliamo di cose
molto pratiche, tangibili, che danno risultati concreti.
Provare per credere.
Per i lettori della rivista Ies, in omaggio una consulenza personalizzata con
un Tutor di HRD.
Per info contattare Nadia Testi.
Telefono: 335 7018591, e-mail:
[email protected]
Rivolgiamo
ora
qualche domanda direttamente a Gabriella Rania, Direttrice del centro
di Firenze e di quello in
prossima apertura a Viareggio. Lei guida ogni
settimana le persone
che seguono i percorsi
in Toscana: chi si rivolge
più spesso a voi? A chi
è rivolto quello che fate?
È rivolto a persone che
hanno standard alti.
Qualunque sia il punto
di partenza, se si hanno
standard alti e quindi la
volontà di migliorare ulteriormente le proprie performance, alloraa
noi facciamo al caso loro.
Cosa risponderebbe a chi
publiredazionale
AZIENDA “LA CERBAIOLA”, MONTALCINO
QUANDO IL BRUNELLO SI METTE LO
SMOKING
di Marzio Dolfi
E’ la storia di un successo e
della voglia, ostinata, di mantenere
promesse e standard di qualità: il
Brunello Salvioni non ha bisogno
di presentazioni, perché il suo spazio nel paradiso dei vini se lo è
guadagnato negli anni. E oggi l’Azienda “La Cerbaiola” che lo produce ha gambe solide, in grado di
muoversi in ogni parte del mondo.
Il suo Brunello Docg non ha certo
necessità di operazioni di marketing: ogni anno è già venduto prima ancora di essere imbottigliato
“Si è realizzato il sogno di
mio padre – ci dice Giulio Salvioni – quello di vedere una bottiglia
con il suo vino in tutto il mondo.
E’un sogno che ho condiviso e che
sono riuscito a rendere realtà.”
Dal Brasile a Singapore,
dall’Australia al Canada, alla Cina
al Sud Africa…. Se aggiungiamo
l’Europa e gli Stati Uniti (il cliente
più fedele), per l’Italia“resta”solo il
10%. Le bottiglie targate“Salvioni”
fanno davvero il giro del mondo,
andando oltre la globalizzazione: l’ottimo vino non ha davvero
confini.
“Mio padre ha saputo vendere il suo prodotto – commenta
Alessia – e oggi per me non è
davvero una fatica occuparmi delle
vendite: sono gli importatori che ci
cercano, anzi vorrebbero di più di
quello che produciamo”.
Ma la qualità non può andare
a braccetto con la quantità. E’ una
filosofia sulla quale non si fanno
sconti in casa Salvioni. Giulio ha
trasformato con decisione un’azienda ereditata dal padre negli
anni ’70: l’ha resa moderna e l’ha
sviluppata. E ha trasmesso ai figli
la stessa determinazione e lo stesso entusiasmo. “Prima – ci dice –
seguivo io sia il lato commerciale
che agronomo, con il prezioso, decisivo, aiuto di mia moglie Mirella.
Ora ci sono i miei figli ai quali ho
passato la mano, ma che chiedono
sempre i miei consigli”.
Ad Alessia e David spetta il
compito di tenere il timone di una
rotta già tracciata. La prima segue
soprattutto il lato amministrativo,
il secondo quello tecnico e col-
turale. Ma entrambi sono a fare
tutto quello che serve: dal salire sul
trattore, a controllare le vigne, alla
cantina.
“La Cerbaiola” mantiene la
fisionomia dell’azienda familiare,
ma da sempre ha avuto con sé un
enotecnico, del Gruppo Matura,
Attilio Pagli; e da poco ha preso
dallo stesso Gruppo l’agronomo
Stefano Dini.
La culla del Brunello Salvioni
è in 4 ettari di vigne nelle colline
di Montalcino. Il cuore del vino è
proprio nel centro del paese, dove
è collocata la cantina. La scelta è
quella di puntare tutto sulla commercializzazione del vino pregiato
base e non fare riserva. Poche volte
è stato prodotto il Rosso. E non
succederà per le prossime tre annate, quando dalle cantine Salvioni uscirà ancora solo Brunello.
Una scelta “esclusiva” che ha
pagato fin dal debutto della prima annata prodotta nel 1985. Un
nuovo arrivo subito apprezzato dal
mercato e dagli esperti, che hanno
consegnato negli anni molti rico-
noscimenti all’etichetta, che ha
collezionato premi e“stelle”.
Oggi il Brunello Salvioni vuol
dire circa 10.000 bottiglie per ogni
annata. Una produzione relativamente piccola, che ha però alle
spalle un grande lavoro di selezione selle uve.“Se vogliamo fare un
prodotto di nicchia – commenta
ancora Giulio Salvioni - dobbiamo
essere consapevoli che il Brunello
è un signore in smoking e che non
può seguire mode”. E ricorda che
solo da poco l’azienda ha scelto
l’imbottigliamento e l’etichettatura automatici. Questo però senza
tradire quella che il capofamiglia
chiama la“regola delle tre p”: pazienza, pulizia, passione. Chiunque metta piede nelle cantine, o fra
i filari della vigne, de“La Cerbaiola”
si rende conto di come questo stile
di vita sia diventato una filosofia
aziendale.
www.aziendasalvioni.com
publiredazionale
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - FIRENZE
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 19
La burocrazia
schiaccia le
imprese
Poca trasparenza, tempi lunghi, costi alti, la competitività
delle imprese continua ad essere messa alla prova
di Maurizio Abbati, giornalista freelance
S
abbia nel motore delle
imprese. La burocrazia è un peso troppo
grande da trascinarsi dietro, che
rende difficile rimanere competitivi su scala mondiale a fronte
di paesi dove la libertà d’impresa è effettiva e non solo un’idea.
E L’Italia in quanto a burocrazia
non la batte nessuno, o quasi.
Secondo gli ultimi dati del Global
Competitiveness report 2014, nel
“total tax rate” l’Italia si piazza al
138° posto su 146 paesi presi in
esame. E pensare che nazioni
come Angola e Burundi si trovano al 39° e 40° posto. In quanto a
efficienza delle istituzioni siamo
al 102° posto. Nell’efficienza del
sistema giuridico per le controversie di business ci collochiamo
al 145° posto su 148 dopo paesi
quali Paraguay e di nuovo Burundi e Angola. Infine, ma non meno
sconcertante, il dato che ci pone
al 126° posto in quanto a favoritismi nelle decisioni da parte di
esponenti politici. E la situazione
non sembra tendere a migliorare,
nonostante le buone intenzioni.
“La burocrazia esercita un
peso eccessivo sulle imprese e si
ripercuote in termini di costi che
appaiono del tutto sproporzionati rispetto alla qualità dei servizi
ricevuti”. Mette a fuoco il problema Sandro Ratti, presidente
della Sezione Fiorentina Nord
di Confindustria Firenze e Risk
manager e presidente dell’organismo di vigilanza D. Lgs.231/01
di Gkn.“Da un lato infatti abbiamo la questione di una pressione fiscale non sostenibile, come
dimostrano anche le più recenti
classifiche, che vedono il nostro
paese al 138° posto in questa
speciale classifica; dall’altro lato
invece c’è l’aspetto di servizi alle
imprese inadeguati, caratterizzati da una estrema complessità e
frammentazione normativa, che
generano grande incertezza. Altro problema – prosegue Ratti – è
quello dei tempi troppo lunghi
della macchina amministrativa,
che si traducono inevitabilmente
in costi aggiuntivi per le aziende,
che proprio per questo motivo
sono anche disincentivate ad investire”.
Meno leggi e norme più
semplici dunque?
“Certo. Le imprese hanno
estremo bisogno di minore complessità e che venga avviato un
processo di omogeneizzazione
delle imposte, così da rendere
trasparenti i costi a loro carico.
In questo senso un passaggio
importante dovrebbe rivelarsi la
nascita della città metropolitana,
da cui ci attendiamo proprio una
svolta in termini di chiarezza dei
procedimenti amministrativi e di
semplificazione a livello locale,
che potrebbe tradursi in una riduzione dei tempi di attesa a proposito dell’analisi delle pratiche”.
Qual è in termini economici l’incidenza della burocrazia sulla nostra realtà economi-
ca?
“Sicuramente pesante. Pensi che secondo il Centro Studi di
Confindustria lo snellimento di
un punto percentuale della macchina amministrativa sarebbe in
grado di generare un innalzamento dello 0,9% del nostro Pil.
Risultato quanto mai prezioso in
una fase come l’attuale, in cui il
Pil è stato rivisto al ribasso e gli
indicatori evidenziano come, nonostante alcuni segnali, la ripresa ancora non si concretizzi. E’
dunque irrinunciabile riuscire ad
incidere in modo chiaro sui costi
della pubblica amministrazione”.
Parliamo di internazionalizzazione. Un altro tema caldo, specie per quanto riguarda
i servizi messi a disposizione
delle imprese.
“Internazionalizzare e differenziare è ormai strategico per
le imprese che vogliono crescere.
Purtroppo in questo senso noi
paghiamo lo scotto di una realtà
industriale caratterizzata da un
livello dimensionale medio-piccolo, che diventa un fattore di criticità quando si punta all’export.
C’è poi appunto il discorso dei
servizi. Per fortuna abbiamo molte eccellenze che vanno avanti
per conto loro, fidando solo sui
propri mezzi. Le altre realtà però
soffrono e avrebbero bisogno di
essere aiutate, cosa che non accade se non in rari casi. In questo
senso l’area industriale fiorentina
è favorita, perché ha la fortuna
di presentarsi come un territorio
assai differenziato, con aziende
di dimensioni sopra alla media, e
questo ci ha consentito di reggere
meglio di altre aree alla crisi”.
Una crisi che comunque si
è fatta sentire anche qui da noi
e che non accenna a passare.
“Inevitabilmente. In particolare per quanto riguarda alcuni settori, che sono sati falcidiati.
Quello che poi è sicuramente
cambiato è il dinamismo di impresa, che non è più lo stesso
degli anni precedenti alla crisi.
Come dimostra anche il tasso
di natalità imprenditoriale, fortemente diminuito. Per quanto
riguarda le prospettive, al momento non vediamo alcuna inversione di tendenza purtroppo,
o almeno non ci sono segnali
chiari che ci facciano pensare di
poterci mettere in tempi brevi
la crisi alle spalle. Ma dobbiamo
lavorare per costruire il nostro
futuro”.
Sandro Ratti
STUDIO LEGALE LASTRUCCI
LA SFIDA PER UNA GIUSTIZIA A MISURA
D’IMPRESA
Nel corso della propria storia
professionale lo Studio Legale Lastrucci si è specializzato in consulenze mirate nei diversi settori del
diritto civile, della contrattualistica,
del diritto tributario e del diritto
penale che ha attinenza con l’attività di impresa (tributario, urbanistico-edilizio, societario, infortuni
sul lavoro, fallimentare), con l’obiettivo di prevenire, ove possibile, l’insorgere di controversie o di
risolverle nel migliore dei modi e,
compatibilmente con i tempi della
Giustizia, il più velocemente possibile. Lo studio offre un servizio
di consulenze rivolto alle Imprese
ed ai privati per guidarli all’interno
del complesso sistema legislativo
e giudiziario, avvalendosi – oltre
all’esperienza maturata – anche
dell’attività di validi Colleghi e collaboratori, nonché di una fitta rete
di corrispondenti in Italia e nelle
principali città Europee.
E’ su questo bagaglio di esperienze che siamo andati a sollecitare una serie di riflessioni.
“Il nostro raggio d’azione è
abbastanza ampio – dice l’avvocato Marcello Lastrucci - insieme ad altri Colleghi di studio, ci
occupiamo di diversi ambiti che
hanno maggiormente a che fare
con le attività in cui sono coinvolte le imprese che operano sul
territorio, sempre ammesso che le
stesse restino in piedi - aggiunge
con amarezza - perché stiamo
seguendo anche procedimenti di
aziende che ricorrono a procedure
concorsuali, in quanto costrette a
chiudere i battenti. Questo mi sta
preoccupando sia come avvocato,
ma prima di tutto come cittadino
di Prato, che sta assistendo ad una
debacle di gran parte dell’industria
tessile, un tempo fiore all’occhiello
nel mondo”.
Ma con Marcello Lastrucci,
avvocato di provata esperienza e
Presidente della Camera Civile di
Prato, non potevamo non tastare
il polso alla sua idea di giustizia e
“provocare” qualche considerazione su quello che succede nei
Tribunali.
“Negli ultimi anni oramai
troppe volte abbiamo assistito ed
assistiamo ad interventi sulla giustizia, che vengono adottati in via
d’urgenza, spesso sotto forma di
Decreto Legge (come è avvenuto
adesso con il D.L. n. 90 / 2014) e
quindi mai attraverso una seria, organica ed approfondita riscrittura
delle norme del Codice di Procedura Civile”.
Questo, naturalmente, influisce negativamente, anche sulla vita
delle aziende che - pur perseguendo il legittimo obiettivo di una
concreta “competitività” - giungono spesso ad ottenere un provve-
dimento in epoca molto lontana
da quella auspicata, ben al di fuori
della velocità dei tempi con cui si
svolgono gli scambi ed i commerci,
specie in un mondo globalizzato,
qual è quello attuale.
“Penso alla riforma del processo societario - precisa Lastrucci - che venne introdotta con il D.
L.vo n. 5/ 2003, entrata in vigore il
1° gennaio del 2004 e che nel 2009
(con la Legge n. 69/09) è stato totalmente abolito. Questo modus
publiredazionale
procedendi non è cambiato. Basti
ricordare il Tribunale delle imprese, che fu istituito con D.L. n. 1 del
2012 e che è entrato in vigore dal
20 settembre dello stesso anno:
con tale provvedimento si sono
accentrate le competenze dei Tribunali posti nei capoluoghi di regione e di pochi altri per gestire,
assieme alla vecchia materia delle
controversie sui diritti di proprietà industriale, le liti delle società
di maggiori dimensioni, società di
capitali, che hanno ad oggetto, appunto, liti inerenti i rapporti societari e/o con gli organi della stessa:
pensiamo alle azioni di responsabilità da esperire, anche da parte
delle curatele fallimentari, verso
gli ex amministratori o verso gli ex
componenti dei collegi sindacali.
E questo, se alcune Sedi più
organizzate ha portato dei pur lievi miglioramenti, in tante altre (la
stessa Firenze, che già ha assorbito
recentemente le sezioni distaccate di Pontassieve e di Empoli è in
emergenza) non esiste un numero
tale di magistrati da poter organizzare una Sezione specializzata che
dia veramente un’accelerazione
a quel tipo di procedimenti, per i
quali è previsto - peraltro - un pagamento più elevato del contributo unificato”.
Occorre, infatti, potenziare
gli Organici e monitorare, al
contempo, quale sia l’andamento
di tale tipo di cause nei vari Fori
interessati.
Sotto altro aspetto, si è cercato di lavorare con l’introduzione
del Processo Civile Telematico, entrato in vigore (per le nuove cause)
dal 30 giugno u.s. e che entrerà a
regime anche per quelle più remote dalla fine del corrente anno. Tuttavia, anche qui occorre verificare
le Sedi che sono già pronte per
adottare il nuovo sistema e quelle che non lo sono. Con il recente D.L. n. 90/2014 , alla fine dello
scorso giugno sono state emanate
anche talune norme integrative
per l’introduzione del PCT. “Ma
l’innovazione dipende dall’organizzazione dei Tribunali – spiega
l’avvocato Lastrucci - : se non c’è
la struttura è difficile organizzare.
Con tale provvedimento abbiamo
anche assistito all’ennesimo aumento del contributo unificato che
è cresciuto di un ulteriore 15% ,
che si somma a tutti quelli che già
esistevano.
Per fare un ulteriore esempio:
già la marca da bollo per l’iscrizione a ruolo delle cause era passata
dall’inizio del corrente anno da 8
a 27 euro per ogni procedimento:
il 350% in più. Quindi stiamo assistendo a un continuo chiedere
all’utente e questo senza porre
in essere un intervento organico e generale. Ho sentito dire che
si faranno i processi in un anno:
secondo me è una pia illusione
perché non è possibile, ma è una
dichiarazione del Presidente del
Consiglio”.
Questi aumenti continui diventano dei veri e propri salassi
nelle cause anche di medio valore,
e non si associano ad un tangibile
miglioramento. In proposito è significativa l’esperienza di Prato.
“E’ una situazione che conosco bene – riprende Lastrucci – qui
è entrato in vigore il processo telematico, grazie all’impegno di taluni
magistrati, dei Cancellieri, del per-
sonale di Segreteria e, soprattutto,
del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati, che ha messo a disposizione un componente esperto in
informatica e che, insieme all’Ordine dei Dottori Commercialisti,
ha acquistato materiale hardware
(pc, stampanti, scanner), poiché
non era sufficiente quello dato in
dotazione del Ministero.
Se da un lato, insomma, si
chiede all’utente giustizia un sempre maggiore sforzo economico,
dall’altro, non si ha un ritorno in
tema di organico e di strumenti,
affidandosi all’impegno dei singoli ed è evidente che questo modus operandi non sia risolutivo dei
problemi della giustizia. Anche
per questo resto molto scettico di
fronte a tanti interventi che sono
stati e si stanno attuando”.
C’è chi ha visto l’Avvocatura
stessa un po’ostica verso i cambiamenti, ma ciò non è vero.
“Gli avvocati – dice con decisione Marcello Lastrucci – vogliono il rispetto dei diritti; è giusto anche limitare l’accesso alla giustizia
attraverso lo strumento della mediazione obbligatoria recentemente entrato in vigore o trovare altri
modi di risoluzione delle controversie, ma lo Stato deve garantire
che di fronte a una domanda giudiziale ci sia una risposta in tempi
accettabili, non come quelli a cui ci
troviamo spesso davanti, con gravi
danni e conseguenze per i cittadini”.
I tempi dei processi sono un
male endemico della nostra Giustizia e sono un limite che pesa
sulla struttura stessa del nostro
sistema produttivo. Per questo
“sempre più l’imprenditore, che
ha bisogno di strumenti rapidi
ed efficaci che lo portino ad una
risoluzione di una controversia –
commenta ancora Lastrucci - si
trova invece spiazzato e smarrito
di fronte ai tempi che vede davanti
per giungere a una sentenza”. E
cita come “importanti” la creazione di Organismi Arbitrali come la
Corte Nazionale Arbitrale che ha
creato l’Unione Nazionale delle
Camere Civili, o altri Organismi
già esistenti, in grado di mettere
in moto procedure arbitrali a costi contenuti, per arrivare ad una
decisione in tempi ragionevoli, che
possono essere di qualche mese o
al massimo di un anno.
www.studiolastrucci.it
publiredazionale
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 22
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - AREZZO, GROSSETO, SIENA
Pubblico e privato, è l’ora
di fare squadra
La crisi è un’occasione per riflettere e riformare: le norme servono, ma devono essere chiare e rigorose per tutti
di Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”
”H
o una fabbrica in Inghilterra, esportiamo
in tutto il mondo,
dalla Cina al Brasile. Sicuramente all’estero c’è una migliore
distinzione dei ruoli, quando
serve qualcosa si sa dove andare”. La vita di un imprenditore
è nelle piccole cose, la lotta alla
burocrazia è nelle piccole cose.
Apparentemente semplici, sicuramente logiche. Racconta
l’ingegner Albano Bragagni,
presidente di Tratos SpA di
Pieve Santo Stefano (Arezzo),
dove è anche sindaco, dunque
ha un quadro completo anche
sul fronte degli amministratori:
“Il pubblico funzionario si può
trovare in difficoltà con le norme variegate e contraddittorie
con cui ha a che fare: leggi che
dicono tutto e il contrario di tutto, la pluralità di interventi della
pubblica amministrazione sullo
stesso argomento... Per strada
ci sono polizia, carabinieri, vigili urbani, polizia provinciale,
anche la forestale... Il legislatore
deve cominciare a fare chiarezza
su chi fa cosa. Una volta per rinnovare i passaporti ci volevano
15 giorni, adesso in Valtiberina
c’è una stazione che se ne occupa in una mattinata. Ma bisognerebbe che il pubblico funzionario interpretasse sempre il suo
lavoro come un servizio nei confronti dell’utente e non come un
piacere che fa al povero cittadino che va lì, a cui lui si degna di
dare una risposta”.
E qui si passa a un altro
aspetto che sta a cuore agli im-
prenditori: “La burocrazia spesso dipende dalla prepotenza
del funzionario pubblico, che si
mette a cercare ostacoli invece
di permettere tutto quello che
non è vietato. In un paese civile
è una vergogna che un imprenditore se ne vada in Austria o
Svizzera perché funziona meglio la burocrazia – non in Cina
o Cambogia per un problema di
costi –. Finisce l’industrializzazione in molte zone, si faticano
a trovare pezzi di ricambio e se
il territorio sta diventando desertico non ci guadagna nessuno”. Se la burocrazia non funziona, aumentano le tentazioni
di cercare scorciatoie: “Non ho
mai avuto esempi personali che
la burocrazia si possa risolvere
corrompendo. Credo piuttosto
che ci sia la volontà di fare poco,
e la disorganicità dell’organizzazione permette di giocare
nell’equivoco, perché nessuno si
prende responsabilità”, conclude Bragagni, tornando a monte
del problema:“Lavorare sul funzionario pubblico non è complesso se chi legifera ha le idee
chiare, togliendo sovrapposizioni e potere, che è nascondersi
dietro a qualcosa che permette
di non fare niente. Ci devono
essere meno enti e meno passaggi. Le responsabilità ci devono essere, ma su un argomento
non possono legiferare in tanti”.
“Pubblico e privato devono
fare squadra ritrovare il senso
della coesione nel comune interesse; credo che questa crisi
così tanto negativa, possa essere
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - AREZZO, GROSSETO, SIENA
un’opportunità per riflettere e
riformare”.
E’ l’auspicio di Zelindo
Guidati, membro del consiglio
direttivo di Confindustria Grosseto in rappresentanza della
Montecristo Srl.”La burocrazia
scarica sulle imprese costi misurabili su più livelli. Quello
strettamente economico, per
l’impiego di risorse umane per
gli adempimenti burocratici i
cui costi si riverberano negativamente a danno della competitività, e quello psicologico/
oppressivo conseguente all’incertezza normativa, all’arroganza di talune imposizioni, alla
difficoltà ad adempiere e far valere i propri diritti, all’evidenza
quotidiana di doversi occupare
di cose completamente avulse
da ciò che dovrebbe riguardare il
fare impresa. Tirando le somme,
la propensione all’ intraprendere, in Italia, risulta compromessa
anche per l’eccesso di burocrazia”.
Ovvero la situazione in cui
rischia di prosperare la corruzione: “Non dispongo di dirette
esperienze sul tema specifico,
ma è intuibile che la corruzione trovi terreno fertile in un
contesto confuso fatto dalla regola e dal suo esatto contrario
interpretativo, tale da far corrispondere a identici comportamenti effetti differenti sul piano
pratico”. E allora forse è il caso
di partire dalla stratificazione
legislativa: “Siamo il paese del
diritto, ma purtroppo di esso
Albano Bragagni
c’è sempre meno certezza, il sovrapporsi di normative europee,
nazionali e regionali, relativi regolamenti e circolari applicative
spesso determina un quadro
incerto, si legifera sull’esigenza
del momento senza considerare
le eccezioni che possono rendere una nuova regola incerta od
inutile e spesso contraddittoria
con altre regole già in vigore.
Ma il problema – dice ancora
Guidati – non è nelle normative bensì nel nostro apparato
burocratico, spesso in grado di
prevaricare anche i politici: si ha
difficoltà a considerare le imprese un veicolo di valore economico e sociale ma piuttosto sono
quelle che inquinano, che sfruttano il lavoro, che non pagano
le tasse... Insomma, in nome di
un asserito senso dello Stato e
del pubblico, invece di supportarle con servizi di qualità ed
infrastrutture, la P.A., quasi per
punizione, gli trasferisce costi,
adempimenti, gabelle”.
Zelindo Guidati
“La maggiore penalizzazione della burocrazia ritengo
sia quello di dare prevalenza al
rispetto formale-procedurale,
dimenticandosi completamente
di quello sostanziale”. L’analisi
è di Andrea Tanzini, titolare
dell’omonima azienda di costruzioni e presidente di Ance
Siena. “L’attività della pubblica
amministrazione dovrebbe essere tesa a facilitare l’azione degli operatori ma lo stratificarsi di
norme e regolamenti rendono
spesso incomprensibili le richieste. I tempi dell’economia non
coincidono più con quelli della
burocrazia e l’effetto di tante
norme e regolamenti non è di
maggior tutela e salvaguardia
quanto viceversa il blocco delle
iniziative per incertezza operativa”.
È chiaro che una parte di
burocrazia non è evitabile: “Le
norme ci devono essere, guai a
non averle, ma devono essere
chiare per tutti, non interpreta-
Non servono
altre leggi per
semplificare,
basta applicare
bene quelle
già esistenti
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 23
Andrea Tanzini
bili, e rigorose anche nelle sanzioni per chi non le rispetta. E
questo è un elemento disincentivante per gli investimenti esteri. Anche a questa possibilità di
interpretazione legislativa, oltre
al ritardo infrastrutturale, si deve
l’arretratezza del nostro paese.
Così come è deleteria la mancanza di tempi certi nella P.A.”.
Non sempre le imprese capiscono qual è la reazione migliore: “L’imprenditore che ha
un progetto in mente utile per
la sua azienda, non può essere
frenato nell’azione dai tempi
della burocrazia; è inevitabile
che la reazione, per necessità,
sia quella di cercare scorciatoie
quando i tempi si allungano. Gli
ordini professionali sono una risorsa preziosa se di stimolo per
la messa in atto delle norme e
leggi ma non sempre rispettati”.
E dal problema si passa alla
soluzione:“Informare è una delle chiavi principali del problema:
la divulgazione delle informazioni è compito delle Associazioni. Non servono altre leggi
per semplificare, basta applicare
bene quelle già esistenti – conclude Tanzini –. La semplificazione non è riscrivere le norme
in modo diverso, ma scrivere gli
obiettivi da raggiungere, determinare gli standard della prestazione – per stimolare tutta la
filiera – dando libertà operative
di come raggiungerli: allora solo
così la competenza e capacità
professionale degli operatori
emerge”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 24
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - AREZZO, GROSSETO, SIENA
E’ tempo di cambiare
Meno burocrati e sindaci con più potere decisionale per aiutare gli imprenditori contro la burocrazia che blocca
la crescita, ma anche concentrazione di competenze per maggiore afficienza
di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
S
ono la “faccia” della
pubblica amministrazione, quella che
i cittadini possono vedere più
spesso, dal vivo: non celata e non
filtrata dalle telecamere. Sono lo
“sportello-clienti”, l’interfaccia
di un macchinario enorme –
quello della P.A. – e sembrano
quelli più arrabbiati se il sistema di cui fanno parte s’inceppa.
Perché poi, coi cittadini, devono
vedersela loro: i Sindaci.
All’interno del meccanismo
pubblico, ci sono una serie di
figure oscure, di amministratori grigi, di imbucati negli enti e
nelle partecipate, di mandarini
di livello variabile nell’enorme
scala burocratica. Ma i sindaci,
per il ruolo cruciale dei Comuni
sul territorio e per la visibilità che
hanno, non possono nascondersi. E in tempi di vacche magre, sono sempre più spesso tra
quelli che vorrebbero davvero la
semplificazione.
“Servono più responsabilità
e potere decisionale per i sindaci
e ci vorrebbero meno burocrati”.
A parlare è il sindaco di Arezzo,
Giuseppe Fanfani, nipote dello
statista Dc Amintore. Avvocato
ed ex parlamentare ulivista, è al
secondo mandato come primo
cittadino della sua città. E sulla
questione della burocrazia spiega il suo punto di vista, mettendo
il dito nella piaga della lentezza
connessa alla sovrabbondanza
di autorizzazioni nei pubblici
lavori: “Se occorre fare un’opera
bisognerebbe poterne affidare
la responsabilità ad un unico
soggetto. Il resto è un appesantimento”. E invece spesso i Comuni devono attendere il parere
di Regione, Provincia, Arpat, etc.
“Qualsiasi variante – aggiunge
il sindaco – è una difficoltà”. Poi
racconta un aneddoto:“E’ venuto
da me un imprenditore straniero.
Si è informato sulla possibilità di
realizzare un progetto innovativo, sfruttando l’energia ottenuta
dai pannelli solari, nella campagne di Arezzo, fra Civitella e San
Zeno. Aveva necessità di iniziare
i lavori entro sei mesi, ma questo
non glielo ho potuto garantire,
perché il cambio di destinazione
dei terreni che l’opera avrebbe
imposto prevedeva un iter molto lungo”. E così si rischiano di
perdere opportunità e investi-
menti sul territorio. In definitiva,
suggerisce Fanfani “ci vorrebbe
un ente che abbia tutte le competenze necessarie, che possa
essere autonomo nelle scelte”.
Emilio Bonifazi, è il sindaco – rieletto – di Grosseto. Ha
una lunga esperienza di amministratore alle spalle e non ha
dubbi: “Il problema principale
del primo cittadino è il numero
elevato di normative contraddittorie che non permettono di
dare una risposta, rapida e certa,
al cittadino”.
Secondo il sindaco grossetano, per superare l’impasse, bisogna premere sul pedale
dell’autocertificazione. “Così si
possono eliminare tante scartoffie. Ovviamente ci deve essere
responsabilità vera, se certifico
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - AREZZO, GROSSETO, SIENA
il falso sono guai”. Poi propone
una ricetta per risolvere le dispute fra amministrazioni: “Se chiedo il parere ad un altro ente su
un’opera e non arriva una risposta – che so – in trenta giorni, dovrebbe valere la regola del silenzio assenso”. E poi sciorina un
vasto campionario di lungaggini
tipicamente italiane di cui è stato testimone. Come quello della
disputa tra due Comuni nella
scelta tra un soprapasso e sottopasso, con tanto di ricorso al tribunale.“Sono passati 15 anni e i
lavori non sono ancora iniziati”.
Oppure, gli anni che ci vogliono
per approvare un piano regolatore. E mentre le cose cambiano,
con una lentezza disarmante,
cambiano molto più rapidamente le esigenze dei cittadini.“Quel
che serviva un tempo, poi diventa inutile”, argomenta Bonifazi.
Infine la testimonianza di un’opera con competenze record
“in cui sono stati coinvolti due
comuni, la Provincia, la Regione, il Genio civile, la Capitaneria di porto, l’Asl, l’Arpat e due
Soprintendenze. Come si può
pensare di snellire le procedure
in questo modo? In Austria per
una pratica edilizia c’è un foglio
A4, da noi rotoli di carta”. Infine
una constatazione. “Io non penso di essere un fenomeno, ma
un po’ d’esperienza amministrativa ce l’ho. Mi impegno a fondo
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 25
Giuseppe Fanfani
in quel che faccio e così fanno i
miei collaboratori. Purtroppo ho
la certezza di esser costretto a
lavorare 100 per ottenere 2 o 3”.
Il nuovo primo cittadino di
Siena si chiama Bruno Valentini. Ha avuto già la fascia tricolore a Monteriggioni e chiede
un cambiamento a gran voce. “I
principali ostacoli alle iniziative
imprenditoriali – dice risoluto –
sono la burocrazia e il peso della
Pubblica amministrazione. Non
tanto la pressione fiscale”. La celerità della risposte della Pubblica
amministrazione sono un fattore
decisivo per far tornare l’Italia
sui binari della crescita, anche
per attrarre investitori stranieri.
“Li mandiamo in bestia – dice
Valentini – con l’interpretazione
delle nostre norme”. Poi c’è il
tema, annoso, dello spezzetta-
Norme contradditorie non
permettono risposte rapide e certe,
e il cittadino-imprenditore paga
Emilio Bonifazi
mento delle competenze.“Come
nel caso dell’acqua: ci sono sette
o otto enti competenti, troppi. Lo
stesso avviene in campo urbanistico. Per trasformare una clinica
pediatrica ormai inutilizzata in
hotel ci vuole tanto, troppo tempo. Anni, decenni.
A Siena non abbiamo industrie, la nostra industria è il turismo. Se non possiamo costruire
alberghi è la fine.
E poi: è giusto avere sensibilità per il paesaggio, ogni opera
deve essere rispettosa dell’ambiente, della storia, della cultura.
Ma tutti gli aspetti vanno definiti
in sei mesi, non in sei anni”. E a
Siena, dove pure la tribuna dello
stadio cittadino (degli anni ‘30)
è monumento, non è facile poter avere rapide autorizzazioni.
“Sono di un’opinione – prosegue il sindaco – in un territorio
urbanizzato ci vuole più libertà,
perché ci possono essere immobili inadeguati a livello sismico
ed energetico, in campagna ma-
Bruno Valentini
gari è giusto avere una sensibilità
diversa”. Anche se poi gli eccessi
si sprecano.“Una volta – racconta Valentini – da sindaco di Monteriggioni mi bloccarono per via
della destinazione di un terreno.
Era autorizzato per ospitare un
albergo, non un bed&breakfest.
Il problema dell’urbanistica è che
è una scienza opinabile: mandare un controllo della procura
in un ufficio urbanistica è come
mandare un cacciatore in riserva.
Si troverà sempre qualcosa che
non va, le prescrizioni sono troppe e a volte in conflitto”.
Emblematico l’esempio di
un fabbricato “da demolire per
qualche centimetro di troppo del
tetto”.“La logica della burocrazia
– aggiunge Valentini – prevede
che ogni ente competente metta
bocca su un progetto. E’ il gioco
dell’oca, se non c’è accordo si
riparte da zero. Le competenze
andrebbero concentrate. Solo
così potremmo avere più efficienza e minori costi”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 26
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - LIVORNO
Alle imprese
servono
certezze
I tempi delle P.A. sono incompatibili con la crescita.
Servono procedure certe e obiettivi prefissati per
agevolare lo sviluppo economico
di Mauro Bonciani, giornalista “Corriere Fiorentino”
S
e ne parla da sempre,
ma la burocrazia, la
grande mole di leggi
e norme, le competenze intrecciate tra vari enti, restano uno
dei problemi più rilevanti per le
imprese. Un fattore che ostacola
competitività e margini di profitto, con conseguenze anche
sull’occupazione.
Lo sa bene Confindustria
Livorno, che ha anche proposte
concrete per sbloccare la situazione. “Purtroppo è cambiato
poco, nonostante i tanti annunci
e le tante riforme – spiega il direttore di Confindustria Livorno
e ad di Confindustria Livorno
Servizi, Umberto Paoletti –. Il
vero problema non è tanto la
farraginosità delle procedure ed
il fatto che ogni volta si debbano ripresentare i documenti ai
vari soggetti interessati invece
di avere un soggetto capofila che
li trasmette agli altri, quanto i
tempi spesso lunghi o lunghissimi per ottenere risposte dalle pubbliche amministrazioni;
tempi oltretutto incerti.
Paradossalmente è meglio
avere un no che attendere mesi
ed anni senza ottenere risposte,
un fatto che è incompatibile con
qualsiasi tempo dei piani aziendali. E’ incompatibile con lo sviluppo”. “Rispetto agli annunci,
alle riforme, alle assicurazioni di
velocizzazione gli effetti pratici
sono piuttosto scarsi, soprattutto
a livello governativo – sottolinea
ancora Paoletti –. Non si riesce a
far passare il concetto che occorre monitorare e far funzionare le
leggi esistenti e non produrne
sempre di nuove, con il risultato che la burocrazia alimenta se
stessa, oggi come ieri”. Ed i costi per le imprese? “Sono molto
elevati. C’è il “costo uomo”, cioè
le risorse di personale che un’azienda deve impiegare per istruire e seguire una pratica, che è
rilevante e lo è ancora di più se
poi il progetto non viene realizzato. C’è poi un costo “indiretto”
ancora più rilevante”.
Cioè?“I tempi lunghi ed incerti delle decisioni delle pubbliche amministrazioni e degli enti
di vigilanza e controllo creano
ostacoli all’attrattività dei territori, sono uno dei fattori che
fanno mettere nella black list degli investitori, soprattutto esteri,
una zona, facendogli spostare
investimenti altrove con effetti
negativi anche sull’occupazione.
Questo è uno dei fattori
della deindustrializzazione della
nostra provincia anche se abbiamo insediate 34 multinazionali
italiane o estere che occupano
6.900 persone, per un fatturato
complessivo di 5 miliardi di euro.
Un esempio? Gli investitori hanno dovuto cancellare il
progetto di un terminale gas a
Rosignano Solvay perché dopo
otto anni dalla sua presentazione non era arrivata loro alcuna
risposta… Al contrario occorre
dialogo tra livelli istituzionali, Comuni, Regione, Ministeri,
per fluidificare le procedure,
come chiediamo da tempo”. Per
Paoletti i rimedi ci sono e sono
concretizzabili. “Occorre sperimentare sui territori metodi per
coordinare imprese, enti e autorità di vigilanza sui tempi relativi
ad un obiettivo.
Ad esempio un decreto
ministeriale ha appena riclassificato le zone industriali da bonificare delle province di Massa/
Carrara e Livorno da interesse
nazionale a interesse regionale
grazie ad un’azione concertata
tra Regione, Enti locali e Associazioni degli industriali che
continuerà con un tavolo su
tempi e procedure certe: non per
eludere obblighi o costi, ma per
raggiungere appunto obiettivi
prefissati e agevolare lo sviluppo economico. Una soluzione
che può essere allargata a ogni
settore, combattendo così la
burocrazia. Servirebbe insom-
ma – aggiunge Paoletti – un
patto tra imprese e pubbliche
amministrazioni: le imprese si
impegnano ad adempiere ad
ogni obbligo e le pubbliche amministrazioni a rispettare i tempi
delle procedure indicando chi
ne è il responsabile e facendo sì
che ne risponda personalmente se non rispetta i tempi e non
comunica alle imprese eventuali
documenti carenti, evitando così
le attuali incertezze”.
Fatto che permetterebbe di
centrare un altro risultato: “Oggi
non si sa a che punto è una pratica e su quale tavolo, elemento
che purtroppo favorisce la corruzione, non solo nel settore degli
appalti.
Con le semplici riforme
che proponiamo si eliminerebbe anche questo elemento
negativo di cui sono vittime
sia le aziende che le pubbliche
amministrazioni”.
I tempi lunghi e
incerti delle P.A.
spingono i territori
nella black list
degli investitori
Umberto Paoletti
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - LIVORNO
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 27
Contro la
burocrazia
arriva il timer
Tempi e responsabili certi, per rispondere prontamente
alle richieste dell’impresa e del cittadino
di Mauro Bonciani, giornalista “Corriere Fiorentino”
C
ome cittadino e professionista ha affrontato la burocrazia,
come sindaco si prepara a farlo
dall’altra parte della barricata.
Filippo Nogarin, ingegnere
aerospaziale, 44 anni, del Movimento 5 Stelle, è il nuovo sindaco di Livorno e la lotta alla
burocrazia e la semplificazione
sono punti cardini del suo programma amministrativo.
“Sono sincero – spiega il
sindaco –, come libero professionista la cosa che mi ha dato
più noia, che meno sopporto,
nei rapporti con la pubblica
amministrazione è stato il rapporto non univoco, la perdita di
tempo e la confusione derivante cioè dal fatto che per la stessa pratica un ufficio ti chiede
una cosa, un secondo un’altra,
il terzo un’integrazione… Così
rimbalzi da un ufficio all’altro e
hai l’impressione che la pubbli-
ca amministrazione sia una entità ‘gommosa’, non favorevole
al cittadino, al libero professionista, all’imprenditore. Mi ha
sempre dato noia la mancanza
di un unico ed univoco interlocutore”.
Anche per questo Nogarin
ha voluto una delega mirata
alla semplificazione, un assessorato che si occupi anche di
questo.
“Come
amministrazione abbiamo messo subito un
focus sulla semplificazione.
L’obiettivo è lavorare su due
fronti – spiega Nogarin –: la
semplificazione della burocrazia per favorire le imprese e il
cittadino e una Pubblica amministrazione più snella e più efficiente che consenta di superare
il problema dei tempi incerti
e delle troppe richieste che
riguardano una pratica o un
progetto. Stiamo già lavorando
Semplificare:
più efficienza e
garanzie per tutti
e con tutti
Filippo Nogarin
su questi temi, ad iniziare dalla informatizzazione di alcuni
settori e dalla riattivazione del
protocollo che il Comune aveva con l’Università di Pisa per
uno sportello che aiuti, supporti, faccia da tutor ad imprese e
cittadini che vogliano usufruire di fondi europei, accompagnandoli in questi non facili
percorsi”.
Per il neo-sindaco di Livorno la scommessa ha un nome:
“La creazione di un timer certo ed univoco per ogni singolo
tipo di pratica. Vogliamo cioè
assegnare un tempo ad ogni
pratica che vada rigorosamente
rispettato e sia uguale in tutti
i casi della stessa fattispecie,
senza discrezionalità degli uffici e della macchina comunale.
Il timer – sottolinea – non
solo dà più efficienza ma è una
garanzia esterna ed interna:
esterna verso tutti i soggetti
interessati ad un progetto o ad
una pratica o ad un investimento, interna perché ci permette
di evidenziare eventuali criticità, capire perché un ufficio o un
dirigente è più lento o veloce
di altri, mostrare se esistono ad
esempio ‘scorciatoie’ in alcuni
settori ma anche adottare modelli virtuosi se questi sono già
all’interno dell’amministrazione. Tempi e responsabili certi
significa anche trasparenza, un
altro mio pallino su cui stiamo
già lavorando”.
Sapere chi fa cosa anche
come lotta alla corruzione:
“Il problema della corruzione esiste, anche in Toscana, e
mi permetto di osservare che
con il nostro timer le pratiche
saranno uguali per tutti, senza
appunto scorciatoie: sapere chi
fa cosa e in che modo ci permetterà di porre i riflettori su
eventuali incongruenze”.
Nella provincia di Livorno
il settore industriale, manifatturiero, è molto importante,
anche se ha perso peso con gli
anni. “Mi sono reso disponibile
per incontrare le multinazionali
italiane ed estere del nostro territorio ed ho avuto già incontri
con chi è presente o con investitori che vorrebbero arrivare –
spiega Nogarin –. La cosa di cui
tutti hanno più paura, la prima
preoccupazione che mi hanno
espresso, specie gli stranieri, è
proprio la troppa burocrazia,
l’entrare in situazioni incerte.
Questo aspetto è così importante che tutti mi hanno
fatto presente la loro preoccupazione e mi hanno chiesto
di fare qualcosa per affrontare la questione. Detto questo
– conclude il primo cittadino
di Livorno – io non intendo
fare percorsi preferenziali per
gli industriali, di cui capisco
le preoccupazioni, o per altre
associazioni o categorie, ma
affrontare la semplificazione
globalmente, dando a tutti più
efficienza e garanzie per tutti e
con tutti”.
SPECIALE PELLETTERIA
TOSCANA, NUMERI DA PRIMATO PER LA
PELLETTERIA
Lineapelle sbarca a Milano: quali vantaggi può portare questo spostamento, anche di date?
E cosa manca alla Toscana, la regione simbolo della pelletteria, invece, per organizzare una
manifestazione del genere? Ne abbiamo parlato con Franco Baccani, presidente della Sezione
Pelletteria di Confindustria Firenze.
Lineapelle arriva a Milano:
quali vantaggi può trarne il
settore della Pelletteria? E quali
conseguenze può avere, per le
aziende,questa nuova disposizione
temporale a settembre?
“Lineapelle torna nella sua
città natale dopo tanti anni: è una
scommessa, ma sono sicuro del
successo – afferma Franco Baccani,
che poi ironicamente continua –
però... può pormi la domanda alla
conclusione della manifestazione?
Per quel che riguarda la data di
settembre, anticipando i tempi,
Lineapelle può tornare ad
assumere il suo ruolo di luogo
decisionale per le future collezioni:
un punto di incontro fra griffe e
fornitori. Un ruolo che negli ultimi
anni aveva un po’ perso: qualcuno
partecipava più per cortesia che
per convinzione.
La Toscana può vantare il polo
del lusso fiorentino ed il distretto
conciario come quello di Santa
Croce sull’Arno, rinomato a livello
internazionale: ma cosa manca
ancora, secondo lei, alla regione
Toscana per proporre un evento di
prestigio come Lineapelle?
“Giusto per rendersi conto
di quello di cui stiamo parlando,
vorrei darle qualche dato –
risponde ancora Franco Baccani,
che elenca qualche numero per
rendere più chiara la situazione
nel suo complesso - Quello
della pelletteria fiorentina è
un settore che vale 2 miliardi e
800 milioni: 1/3 di tutto l’export
manifatturiero fiorentino. Il 16%
della pelletteria italiana destinata
al mercato estero viene prodotto
a Firenze e dintorni. È uno dei
pochissimi
settori
fiorentini
dove l’occupazione – nell’ultimo
triennio – è cresciuta ad una media
del 4,5% l’anno. A fronte di un
tasso di disoccupazione che, nello
stesso periodo, è salito dal 6 all’8%.
Stiamo parlando di un settore
produttivo, che sta trainando
la ricostruzione economica di
Firenze e che sta traghettando un
indotto importante di aziende,
che, altrimenti, avrebbero sofferto
molto di più.
Nel settore del lusso siamo
fra i primi hub manifatturieri del
mondo. E puntiamo a diventare i
primi: vogliamo essere lo scrigno
europeo della manifattura e
dell’artigianalità di lusso: una
Silycon Valley del Made in Italy,
per capacità di innovare e produrre
valore.
Non credo che alla Toscana
ed a Firenze in particolare, dove già
la moda mondiale è di casa con i
Pitti, manchi nulla per proporre un
evento come Lineapelle. In questo
momento stiamo lavorando su
altre priorità. Vede, questo settore,
da alcuni anni, è sotto-attacco.
È sotto attacco da parte della
contraffazione e dell’illegalità.
Come Sezione Pelletteria di
Confindustria Firenze stiamo
portando avanti alcune iniziative,
anche forti. Vogliamo che Firenze
e la Toscana diventino una “zona
franca”dal falso e dall’illegalità.
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SPECIALE PELLETTERIA
O.M.I.S.
STAMPI ALL’AVANGUARDIA
O.M.I.S. è un’azienda di
Calenzano (FI) che fa parte del
distretto industriale fiorentino
delle lavorazioni artigianali.
In
particolare,
O.M.I.S.
nasce negli Anni Ottanta come
un’impresa di pantografisti che,
successivamente, si è specializzata
nella progettazione e nella
realizzazione di piastre a stampare
in alluminio rivolte alla pelletteria
e al settore della gomma.
Una
storia
importante
quella di O.M.I.S. che, grazie ad
un’evoluzione pressoché continua,
si è consolidata come una delle
aziende leader del settore,
attraendo le richieste di clienti
sempre più numerosi e prestigiosi.
All’interno della moderna
sede di Calenzano, opera uno staff
tecnico specializzato che mette
giornalmente il proprio knowhow al servizio del committente di
turno per sviluppare idee e progetti,
sia dal punto di vista tecnico che
da quello dell’esecuzione degli
stampi. Infatti, a testimonianza
dell’efficacia
dell’azienda,
è
presente anche un centro di lavoro
totalmente dedicato allo sviluppo
di prototipi e campioni.
Nello specifico, da un punto
di vista tecnico, i servizi offerti da
O.M.I.S. sono i seguenti: studio e
progettazione CAD con software
di ultima generazione; lavorazioni
meccaniche tramite
centri di lavoro con campi di
fresatura 2000x3000 su lamiere non
ferrose (leghe alluminio - ottone) e
materiale plastico (plexiglass, PVC)
oppure su materiali ferrosi a bassi
spessori (ca. 3mm).
Inoltre: tra le strumentazioni
in dotazione ad O.M.I.S. : 2 centri
lavoro per grossa asportazione di
materiale 1000x500 , fino a 500mm;
1 centro di lavoro 2000x1500; 1
centro di lavoro 1000x2000.
Tra i vari prodotti realizzati
dall’azienda, invece c’è un’ampia
gamma di piastre con disegni
propri, utilizzabili per la pelle.
Sempre
relativamente
alla
pelletteria, qui vengono progettati
e costruiti anche accessori e
minuterie metalliche.
Le realizzazioni di O.M.I.S.,
destinate ad altri settori, invece
comprendono:
stampi
per
elastomeri, stampi per suole
in gomma compatta EVA e
termoplastico e stampi per materie
plastiche.
Ricerca e studio continuo
di nuove soluzioni, macchinari
all’avanguardia,
esperienza,
flessibilità e prodotto differenziato
per un’azienda che ormai è una
solida realtà.
www.omisfirenze.it
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SPECIALE PELLETTERIA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 30
STUDIO
MATILDA RICAMI
RICAMARE IL
FUTURO
RENZO BIANCHINI
DA QUI DERIVA
LA FORZA DELLA
PELLE
Cortesia ed un servizio capillare hanno
consentito alla Renzo Bianchini di rimanere,
per oltre mezzo secolo, una delle aziende
leader nella commercializzazione dei rinforzi
per la pelletteria. Grazie anche alla continua
voglia di innovarsi e di restare al passo con i
tempi.
Lo Studio Matilda Ricami è
una di quelle aziende vanto della
manualità artigianale che, grazie
a prodotti di altissima qualità, non
hanno risentito della crisi economica. Un’azienda nata nell’agosto del 1999 dalla passione del
titolare Elio Orlando e che tuttora
è in costante crescita: ad oggi,
Matilda Ricami può contare su
circa quaranta persone tra i propri
addetti ai lavori e la prospettiva è
quella di aumentare ancora.
Lo Studio opera nel settore dei ricami e dell’applicazione
di borchie e strass, lavorando su
qualsiasi tipo di tessuto, spaziando dai lavori sui tappeti a quelli
sulla pelle. Tutte le lavorazioni
vengono svolte tramite macchinari all’avanguardia, ma, ciò che
contraddistingue l’azienda, sono
le rifiniture, che avvengono rigorosamente a mano: interventi
di elevata capacità artigianale
che mettono in risalto il genuino
know – how Made in Italy, ricercato in tutto il mondo.
Una qualità del prodotto che
si coniuga, sempre, con un’estrema celerità del servizio.
Un equilibrio perfetto ottenuto grazie ad un ciclo produttivo completamente verticalizzato, con una struttura produttiva
estremamente versatile, che svolge tutte le proprie attività all’interno della sede di Empoli.
Costituito da uno staff di
figure professionali con competenze diverse e complementari,
il Laboratorio di progettazione e
ricerca di Matilda Ricami, svolge
un ruolo fondamentale per la creazione di nuove proposte, input
e soluzioni concrete, dedicate ai
propri committenti. Analisi, confronto e velocità di esecuzione:
questi sono, appunto, i capisaldi del Laboratorio che si avvale
dell’esperienza sviluppata nel
corso degli anni.
Il binomio vincente di tradizione e modernità che costituisce
il fulcro delle creazioni di Matilda
Ricami, dove passato e presente si incontrano e si intersecano,
mantenendo inalterato il fascino
dell’artigianalità italiana.
“La nostra qualità avvolge la
vostra esperienza: rinforza la tua
pelle”.
È questo lo slogan ad effetto
che sintetizza al meglio l’attività
della Renzo Bianchini, da oltre
cinquant’anni una delle aziende
leader nella commercializzazione
dei rinforzi per la pelletteria.
Non sono solo la grande
tradizione e la vasta esperienza
a rendere la Renzo Bianchini un
partner di sicuro affidamento: è
la continua voglia di rimanere al
passo con i tempi, di mettersi in
gioco e di innovarsi, ad aver mantenuto l’azienda al vertice del
proprio settore. La voglia di investire e di essere un interlocutore
su cui riporre la massima fiducia.
È passato mezzo secolo, infatti, da quando radio e giornali
sintetizzavano “Renzo Bianchini:
carta, cartone e affini”: da allora,
attraverso la continua ricerca di
nuove soluzioni e grazie alla collaborazione costante con i fornitori, i materiali più obsoleti sono
stati superati con la fornitura di
rinforzi e infustiture per pelletteria, come salpa, texon, talyn, feltrini e canapine. Ma, alla base di
tutto, al di là delle generazioni ed
oltre i cambiamenti di materiali,
per la commercializzazione dei
rinforzi è rimasta la Renzo Bianchini.
Cortesia, professionalità ed
un servizio capillare sono gli ingredienti del successo di questa
azienda che, da oltre cinquant’anni, continua a servire le più prestigiose aziende della pelletteria che
hanno bisogno di qualità per dare
maggiore resistenza alle loro opere in pelle.
www.renzobianchini.it
www.matildaricami.it
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SPECIALE PELLETTERIA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 31
AIR COLLECTION
QUALITÀ E
INNOVAZIONE
AL SERVIZIO
DELL’ALTA MODA
di Luisa Lenzi
Quando l’eccellenza manifatturiera toscana incontra i
grandi nomi della moda, i risultati
spesso e volentieri sono di ottimo
livello.
Non fa eccezione l’azienda
Air Collection di Prato, che
opera nel mondo del ricamo
realizzando creazioni elaborate
su tessuti e pellami di vario
tipo. La ditta è ancora giovane,
nata solo quattro anni fa da
un’idea scaturita da precedenti
esperienze maturate nel settore:
“La nostra azienda opera
prevalentemente nel mercato
dell’alta moda, con le grandi
firme e aziende specializzate nel
“Made in Italy”, avvalendoci di
manodopera di alta artigianalità,
oltre che di macchinari specifici”
spiegano i soci. Grazie all’ufficio
grafico stilistico, Air Collection
realizza vari generi di ricamo,
sia di tipo tradizionale che
speciale, trapunte, incisioni
laser, applicazione di paillettes:
“Abbiamo vari tipi di macchinari
industriali: le macchine multiteste
da ricamo, laser per incisioni sulla
pelle e presse termoadesive. Noi
siamo specializzati soprattutto
nella pelle e trattiamo calzature,
pelletteria e piccola pelletteria.
Inoltre abbiamo aggiunto alla
collezione, oltre ai classici ricami
come le trapunte, anche punti
speciali come punto croce, effetto
mano, applicazione di paillettes e
nastrini.”Continua Irene.
Nell’azienda in via Levi a
Prato lavorano 14 dipendenti e,
grazie a clienti numerosi e importanti, la crisi economica non ha
inciso sull’evoluzione dell’attività, che ha chiuso con un bilancio
positivo lo scorso anno e che sta
andando molto bene anche nel
2014. La formula del successo di
Air Collection è semplice: riuscire
a coniugare professionalità artigianale e nuove tecnologie, fornendo prodotti di elevata qualità
per una clientela sempre esigente
come quella dell’alta moda.
www.aircollection.it
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LEO FRANCE
LA GRANDE
TRADIZIONE DEGLI
ACCESSORI DI
QUALITÀ
Per competere con un’agguerrita concorrenza
straniera, che può contare su un costo
bassissimo della manodopera, la LeoFrance
punta al meglio della produzione, per
differenziarsi sotto il profilo della qualità
Quasi mezzo secolo di storia e di attività: la Leo France,
azienda leader nel settore degli
accessori, può infatti far risalire
le proprie origini al lontano 1966.
Nata inizialmente come
ditta individuale “Pinzauti Lorenzo”, tredici anni dopo, come
naturale evoluzione di quell’esperienza, nel 1979, fu fondata
proprio la Leo France, che ancora
oggi è guidata dai coniugi Lorenzo e Franca Pinzauti, insieme ai
figli Leonardo e Francesca.
“È la qualità dei nostri
prodotti il vero punto di forza
dell’azienda – afferma Lorenzo
Pinzauti, che poi continua – oggi
abbiamo una concorrenza spietata dai mercati stranieri, soprattutto considerando il costo bassissimo della loro
manodopera. Per questo
noi dobbiamo sempre
puntare al meglio, al top
della produzione, per poterci differenziare sotto il
profilo della qualità dei
prodotti. La nostra è infatti
un’azienda posizionata su
una fascia di alta gamma,
che collabora con partner
illustri della moda ed è
l’eccellenza della nostra
produzione che ci contraddistingue”.
La Leo France è specializzata nella produzione di accessori
per scarpe, borse, cinture e abbigliamento, come bottoni metallici, chiusure, fibbie e morsetti. Ma
non solo: la bigiotteria è un altro
dei suoi cavalli di battaglia, che
arriva a coprire circa il 50% della
produzione aziendale.
“Quello che ci gratifica è il
riuscire a soddisfare la clientela,
anche dal punto di vista creativo – conclude infine Leonardo
Pinzauti – Siamo in grado, infatti,
di mettere in pratica le idee delle
case di moda, realizzandole concretamente: noi siamo il braccio
operativo dello stilista”.
www.leofrance.com
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SPECIALE PELLETTERIA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 32
SPECIALISTI DEGLI
ACCESSORI
Come nel crogiolo avviene la fusione dei
metalli, così in questo laboratorio si uniscono
passione, artigianalità e dedizione, per
un’attività che fa da collante tra stile e tecnica
Il Crogiolo è una ditta fiorentina con un’esperienza di oltre
vent’anni nella lavorazione degli
accessori per la pelletteria. Fondata nel 1984 dai fratelli Laura,
Leonardo, Silvio e Simone Massetani, l’azienda nel 2012 ha fatto un salto di qualità importante
grazie allo spostamento nella
nuova sede di Scandicci, dove
vengono effettuate tutte le fasi
della lavorazione.
L’azienda è specializzata
anche nell’esecuzione rapida
della campionatura: i modelli
vengono realizzati a monte con
dei software CAD moderni, con
i quali si elabora a computer il
disegno dello stilista, o del modellista. Grazie a stampanti 3D,
si possono produrre prototipi
tridimensionali in materiale plastico con un’eccellente risoluzione e complessità. Il progetto
ideato si trasforma a partire dal
trafilato grezzo in un manufatto
per guarnire borse, cinture, capi
d’abbigliamento e diversi pezzi di
pelletteria, bigiotteria, oreficeria.
Gli oggetti prodotti da Il Crogiolo,
in diversi materiali, sono destinati ad ornare i prodotti dei marchi
noti dell’alta moda. L’intero processo produttivo è monitorato
costantemente attraverso strumenti di precisione per attestare
la qualità del semilavorato pezzo
per pezzo.
“Il nostro obiettivo sul lungo periodo è quello di migliorare
sempre più la nostra organizzazione, in modo da attrarre un
maggior numero di clienti. Investiamo su tecnologia e risorse
umane, puntando molto sui giovani. Con la clientela cerchiamo
di instaurare sempre una collaborazione fattiva, offrendo la nostra
costante presenza e disponibilità
a partire dalla realizzazione del
prototipo fino ad arrivare al postvendita”. Questa è la filosofia de
Il Crogiolo, nelle parole dei titolari
dell’azienda.
DOMINO SRL
FARSI IN TRE PER
L’ECCELLENZA
L’azienda “L’Artigiana” nasce nel 1976 a Malmantile (FI),
all’interno di un garage, grazie
all’iniziativa del Sig. Adriano
Giacomelli. Con il passare degli
anni e l’entrata in azienda dei figli
Emanuele e Gabriele, l’azienda
ha registrato un incremento del
manufatto e della messa in opera
passando, nei soli ultimi quattro anni, da 37 a 110 dipendenti.
Nel Settembre 2011, la famiglia
de “L’Artigiana” si è arricchita di
una nuova sorella: si tratta della
“Eden Bag’s”, una nuova azienda con sede a Scandicci (FI), nel
cuore di uno dei due distretti fiorentini della pelletteria mondiale.
L’attività di Eden Bag’s è votata
esclusivamente alla produzione,
diventando così un appoggio
strategico molto importante per
tutto il gruppo de“L’Artigiana”.
L’impresa della famiglia
Giacomelli, nel corso del tempo,
ha investito e continua ad investire molto sui reparti di modelleria, sviluppo e prototipia, con
personale specializzato, dedito
alla loro crescita. Uno dei cavalli
di battaglia de “L’Artigiana”, è la
qualità degli articoli, espressa da
un processo produttivo organizzato, ricco di sfumature e dettagli. Tutto ciò, unito all’attenzione
per la formazione interna delle
proprie risorse e ad un ambiente
lavorativo estremamente accogliente e attento alle esigenze dei
propri dipendenti, rende L’Artigiana uno dei punti di riferimento
del settore.
Ma l’evoluzione non si ferma. Nel 2011, L’Artigiana vista
l’esigenza di un modellista, reperisce sul mercato la professionalità di Adriano Dedisti, esperto
del settore che porta con sé un
prezioso bagaglio di know – how.
Nel corso di questi anni, la collaborazione tra il Sig. Dedisti ed i
fratelli Emanuele e Gabriele Giacomelli si è consolidata a tal punto che da questo connubio è nata
una terza azienda: Domino Srl.
Questa
attività
è
improntata sull’ideazione e sulla
realizzazione di borse e accessori
in pelle a marchio proprio:
“LABORATORIOTOSCANO”.
La prima collezione ha visto
la luce nel 2013 e promette di
essere una tipica espressione
dell’eccellenza Made in Italy
famosa in tutto il mondo.
[email protected]
www.ilcrogiolo.it
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SPECIALE PELLETTERIA
MISSARDI
LA FORZA DEL MADE IN ITALY
Missardi spa è un’azienda di
Montecatini Terme (PT) fondata
negli anni Ottanta come laboratorio artigianale. Negli anni, l’attività
si è progressivamente trasformata
fino ad affermarsi per ciò che è
oggi: un partner affidabile per le
più importanti griffe che operano
sul mercato internazionale.
Missardi si avvale dell’opera
di un imponente staff di lavoranti e
modellisti per realizzare capi spalla
in pelle, tessuti pregiati e pellicceria. Una conoscenza esperta dei
pellami esotici come coccodrillo,
pitone, struzzo permette a questa
azienda di realizzare manualmente capi ed accessori unici con estre-
ma cura.
Missardi è riuscita a contrastare gli ultimi cinque anni di crisi
italiana e internazionale, dedicandosi alla ricerca e all’innovazione.
Soprattutto, rivalutando ciò che
da sempre tutti i competitor internazionali del settore ci invidiano:
la manualità, l’estro, la creatività,
la sensibilità e l’arte delle nostre
maestranze totalmente italiane.
Questa opera di conservazione e
sviluppo del Made in Italy ha permesso a Missardi di crescere anno
dopo anno.
Nel 2012 l’azienda ha investito in un nuovo complesso
industriale altamente dinamico
e funzionale di quattromila metri quadri, ubicato nel comune di
Empoli (FI). Qui è stata trasferita la
produzione di pelle e tessuto mantenendo la produzione di pellicceria, cachemire, calzature, cinture,
sartoriale uomo, borse e accessori
nello stabilimento originario di
Montecatini Terme.
Tutti i processi produttivi si
svolgono all’interno dello stabilimento di Missardi: dal taglio delle pelli alla scelta dei tessuti; dalla
confezione del prodotto finito con
l’utilizzo dei più avanzati macchinari fino, soprattutto, a tutte le
fasi di lavorazione manuale. Sono
questi i pregi di un’azienda che si è
sempre distinta per la cura dei dettagli e delle rifiniture.
Negli ultimi anni, molte
aziende italiane sono scomparse
dalla scena perché hanno inseguito la politica del prezzo competitivo ed hanno trascurato quello che
avevano di più prezioso: la manualità e la sensibilità tramandate
da generazioni, dimenticandosi
l’importanza della tradizione artigianale del Made in Italy e, soprattutto, del Made in Tuscany, riconosciuta in tutto il mondo come
il fulcro italiano per la produzione
di moda e arte.
www.missardi.com
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SPECIALE PELLETTERIA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 34
CALZATURIFICIO
MUSTANG
di Luisa Lenzi
P.D. PELLETTERIA
UNA QUALITÀ MAI
BANALE
Da oltre trent’anni la P.D.
Pelletteria opera nel mondo della
pelle, con una qualità dei prodotti
realizzati che ne ha fatto uno dei
punti di riferimento nel settore.
L’azienda, sorta nel 1972 e
situata alle porte del capoluogo toscano, a Sesto Fiorentino,
prende il nome dalle iniziali dei
due soci fondatori, Paolo Puliti e
Roberto Dovico.
E’ Sandro Puliti, che adesso,
insieme a Roberto Dovico, porta
avanti la filosofia dell’azienda.
A spiegare quale sia la caratteristica che rende la P.D. Pelletteria
così appetibile sul mercato: “Può
sembrare banale, perché tutte
le aziende lo sottolineano. Ma
la nostra qualità, davvero, unita
ad un ottimo servizio, è il nostro
punto di forza. Oggi, purtroppo,
spesso assistiamo al sopravvento
del servizio sulla qualità della manifattura. Fortunatamente, non è
questo il nostro caso”.
L’azienda è specializzata
nella produzione di cinture, sia da
uomo che da donna, ma la qualità dei suoi prodotti non si ferma
qui e prosegue nella realizzazione
di borse, bracciali in pelle e altri
accessori di piccola pelletteria.
La qualità dei prodotti realizzati dalla P.D. Pelletteria comincia dall’inizio, dal punto di
partenza, con un’accurata ricerca
dei migliori pellami e di rifiniture
di qualità, tutto, rigorosamente,
made in Italy: tutti gli elementi,
infatti, utilizzati per la produzione
degli articoli in pelle, comprese
fibbie ed altri materiali lavorati,
provengono da fornitori artigianali che, come P.D. Pelletteria,
fanno, della qualità del proprio
prodotto, il loro punto di forza.
L’attenzione per la genuinità
e la nazionalità dei materiali utilizzati dona, senza ombra di dubbio,
un grandissimo valore aggiunto
agli articoli proposti dall’azienda:
la pelle è da sempre il materiale
per eccellenza, ed è tra i pochissimi che sul mercato possono vantare di rappresentare l’eleganza, la
vestibilità e, nello stesso tempo, la
stabilità nel tempo. Ed è proprio
la qualità dei materiali utilizzati
che, assieme alle scelte di design e
alla grande esperienza nel settore,
fa della P.D. Pelletteria un marchio
di assoluta affidabilità.
www.pdpelletteria.com
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Il calzaturificio Mustang
nasce a Fucecchio negli anni ’70
dalla passione per la moda e per
la creazione di scarpe di Mario
Prosperi. Negli anni l’azienda si è evoluta, tramandando e
mantenendo di generazione in
generazione la stessa professionalità e l’elevata qualità del prodotto. A Mario è subentrato il
figlio Paolo, adesso amministratore delegato della ditta. Inoltre i
locali dell’azienda sono stati ampliati: nel 1995, nella sede di via
F. Bertoncini a Fucecchio, è stato
acquistato un nuovo capannone per uno spazio complessivo
che raggiunge oggi i 2000 metri
quadrati.“Noi siamo una realtà di
25 persone – racconta Paolo Prosperi - la crisi ha picchiato duro è
vero ma la nostra azienda, devo
dire per fortuna, è molto legata al
mercato del lusso. Siamo quindi
riusciti a non avere grosse perdite
e a mantenere la produzione ad
un buonissimo livello. Facciamo
scarpe soprattutto per conto terzi,
partendo dal disegno del modello della calzatura fino alla messa
in scatola finale. I tipi di scarpa
che produciamo riguardano sia il
settore femminile che quello maschile ma con una prevalenza di
quest’ultimo. Infatti Circa il 70%
della produzione interessa scarpe
da uomo, mentre il 30% scarpe
da donna.”I modelli, tutti prodotti
nella ditta di Fucecchio che si avvale di un elevato livello di artigianalità, sono vari e seguono molto
le tendenze e l’andamento della
moda. Nel catalogo si trovano
modelli sempre nuovi, soprattutto casual e sportivo, che spaziano
dal mocassino alla sneakers, tipo
di scarpa di cui ultimamente stanno avendo sempre più richiesta.
Il Calzaturificio Mustang è e
continua ad essere un eccellente
esempio di azienda familiare, che
ha saputo adattarsi ottimamente
al cambiamento dei tempi, senza
rinunciare alla qualità.
[email protected]
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SPECIALE AIDDA
AIDDA
DONNE OLTRE LA CRISI
Associazione di donne imprenditrici e dirigenti di azienda, AIDDA è presente in Italia sull’intero
territorio nazionale, ed è affiliata dell’associazione Les Femmes Chefs d’Entreprises Mondiales.
Maria Stella Reali Bigazzi, imprenditrice fiorentina del gruppo Prosperius operante nel settore
dei servizi sanitari, è la Presidente della delegazione della Toscana.
Con Maria Stella Reali Bigazzi parliamo dei prossimi progetti
dell’AIDDA delegazione Toscana
e di cosa significhi per un’imprenditrice stare dentro l’associazione.
“E’nostro desiderio essere più presenti nelle grandi aziende e nelle
istituzioni. Attualmente abbiamo
già nostre rappresentanti all’interno della Camera di commercio,
del Cda delle Poste e del Consiglio
della Cassa di Risparmio di Firenze, ma quello che cerchiamo di fare
è di apparire sempre di più, essere richieste e partecipare per far
crescere la nostra associazione”.
Nonostante la composizione sia
interamente al femminile, l’associazione non promuove rivendicazioni di genere.“Oggi avrebbero poco senso visto che le donne
sono presenti dappertutto. AIDDA
è nata proprio nel momento in cui
la numerosa presenza delle donne
nelle imprese e nelle istituzioni
sembrava impensabile. Noi donne
abbiamo sicuramente una mente
diversa da quella dell’uomo, tendiamo ad essere molto più concrete e difficilmente rinunciamo
ad arrivare in fondo ai nostri progetti. E’ poi sicuro che la donna ha
meno possibilità dell’uomo perché
ha tantissimi mestieri: è anche
mamma, moglie, nonna … e per
progredire nel lavoro dobbiamo
necessariamente imparare a conciliare e mantenere in equilibrio
queste varie parti di noi stesse”.
Percepita come un’associazione
elitaria, oggi in AIDDA le cose
stanno cambiando. “ Fino ad ora
il gruppo era un po’chiuso, con
requisiti piuttosto rigidi per entrare, ma visto la situazione di crisi e
come va oggi il mondo questa rigidità sta diventando un po’pesante.
Anche la riflessione che stiamo facendo a livello nazionale va in direzione di una maggiore apertura e
qualche provvedimento è già stato
preso, ad esempio abbassando la
soglia del numero dei dipendenti
e del fatturato annuo necessario
per diventare socie. Certi requisiti
devono poi rimanere, ma si possono aggiungere altre categorie per
ampliare le possibilità di accesso a
imprese che possono poi crescere
ed entrare a tutti i titolo all’interno
dell’AIDDA. Occorre anche un
cambio di generazioni, da quella
delle quarantenni alle giovani delle
start up. Potremmo aiutare meglio
le giovani imprenditrici se queste
sono all’interno della nostra associazione dove sono rappresentati
tutti i settori: servizi, agricoltura,
artigianato, commercio e industria.
Naturalmente vogliamo continuare ad attirare le persone più
grandi ma penso che dovremmo
fare di più per creare occasioni di
confronto fra le esperienze delle
socie più anziane e le giovani, di
solito portatrici di idee innovative”.
Importanti occasioni di incontro
sono le tradizionali cene conviviali.
“Rappresentano l’opportunità per
comunicare fra di noi, ceniamo
insieme ma intanto ci conoscia-
mo, confrontiamo le reciproche
esperienze e ci si unisce”. Stare
nell’AIDDA, la cui sede toscana si
trova presso l’Associazione Industriali, può essere quindi un’occasione per fare rete, intesa anche
come percorso formativo per sviluppare nuove culture imprenditoriali basate sul reciproco aiuto.
Un aspetto sul quale la diversità
di genere e il senso pratico delle
donne possono fondare una sfida
importante, per affrontare al meglio mercati sempre più esigenti e
difficili da comprendere.
www.aidda.org
[email protected]
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SPECIALE AIDDA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 37
Va in scena la cucina toscana
I BALZINI
DA UNA PASSIONE
UN VINO
“COI FIOCCHI”
“Dieci anni fa ho lasciato il
mio studio professionale di consulente del lavoro a Firenze per
darmi… all’alcol”. E’ così che
Antonella D’Isanto descrive la
sua scelta di vita, che l’ha portata a diventare una produttrice di
successo nel difficile campo del
vino di pregio. Ad avere l’idea di
“inventare” l’azienda agricola “I
Balzini” è stato, più di 30 anni fa,
il marito Vincenzo. Nel 1980 l’impianto della prima vigna, e nel’87
il primo vino“I Balzini White Label”. Poi l’Azienda si è colorata di
rosa: infatti è lei ora a condurla,
con l’aiuto della figlia Diana.
Oggi la gamma dei vini, prodotti dall’azienda di Barberino Val
d’Elsa, tutti Igt per filosofia aziendale, si è moltiplicata, soprattutto
sulla scia della fantasia vulcanica
della signora Antonella: al White
e Black, si sono aggiunti il Green
e il Red, il Pink. Ogni etichetta un
colore, a comporre un progetto
dal nome intrigante “Tuscan Color”, un vero e proprio arcobaleno
di suggestioni, aromi, atmosfere.
“Produciamo per passione”,
tiene a sottolineare Antonella
D’Isanto, e chiama a testimone la
storia di una azienda non ereditata, ma fortemente voluta giorno
per giorno. “Ogni scelta dell’a-
zienda è in primo luogo dettata
dalla consapevolezza della necessità di rispettare e salvaguardare il
territorio e l’ambiente in generale.
Per questo I Balzini è una realtà
pienamente ecosostenibile. Una
scelta faticosa, ma che dà emozioni che certo il diritto non può
dare”. Nessun pentimento dunque, ma tanta determinazione e
voglia di reinventarsi. Antonella
ha puntato sulla qualità e sull’originalità del packaging. Ha attuato infatti una linea di regalistica
aziendale, “un vino coi fiocchi”;
le bottiglie dei formati speciali le
Magnum, 3 5, 6 e 12 litri, tutte in
scatole di legno, vengono confezionate in maniera originale, con
nastri di organza legati a mano
e adattati al cliente, per esempio:
nazionalità, squadra di calcio, nascite, matrimoni, festività.
Non manca certo la grinta
in questa fattoria nel cuore della
Toscana. Da qui l’85 % della produzione va in giro per il mondo,
con gli Stati Uniti in primo piano,
ma anche Europa, Hong Kong,
Giappone, Brasile (si beve I Balzini Black Label nella First class
della Tam, sui voli da Milano per
San Paolo e Rio).
[email protected]
publiredazionale
Quello che oggi è L’Osteria del Teatro è la somma di 20
anni di esperienza e di scelte fatte
con amore e competenza. Non
ci vuole molto, parlando con lo
Chef Emiliano Rossi, a capire che
per lui fare il cuoco non è un mestiere, ma il sogno di una vita. E’
la“ricetta”da cui nasce la forza di
questo ristorante, dai gusti tipici
toscani, ma anche con la voglia di
ripensare certi piatti: con tecnica
raffinata e un pizzico di creatività. E con l’occhio sempre attento
alla selezione degli ingredienti.
Se volete provare il brivido
di mangiare nelle stanze di un
antico palazzo del 500 e di aggirarvi in un menù di grande carattere e gusto, la scelta dell’Osteria
del Teatro è quella giusta. Anche
per l’equilibrio nel rapporto qualità-prezzo. E alla fine l’applauso
sarà a scena aperta.
www. osteria-del-teatro.it
publiredazionale
CORTONA
“OSTERIA DEL
TEATRO”
SPECIALE AIDDA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 38
LE BONITAS
STORIA DI UN
SUCCESSO TUTTO
ITALIANO
Quando si parla di fashion
il made in Italy non ha eguali,
ne è d’esempio Le Bonitas nella persona della sua contitolare
Elisabetta Balli Muratori, per la
quale eleganza significa soprattutto semplicità e stile, con in più
quella particolare “scintilla” che è
nascosta in ognuno di noi
Le Bonitas attualmente è licenziataria e distribuisce in tutto
il mondo le linee beach e under
wear di Blumarine e Just Cavalli,
oltre alla linea di accessori Just
Cavalli Scarves, ed ha licenze
produttive per le linee mare in-
timo di molti grandi marchi che
per ragioni di riservatezza non
possono essere citati.
E’ distributore esclusivo Per
l’Italia, est Europa e Russia dei
marchi americani Juicy Couture, Marc by Marc Jacob’s e Michael Michael Kors, inoltre di
recente ha acquisito la licenza
del marchio Emamò, brand nel
beachwear di fascia alta, acquistando anche una partecipazione
nella società che lo detiene.
www.lebonitas.it
publiredazionale
GRUPPO LA
MAGNOLIA SRL
ATMOSFERE
FAMILIARI E ALTA
PROFESSIONALITA’
Un nuovo servizio informatico consentirà ai
familiari di aggiornarsi da casa loro e in tempo
reale, sulle condizioni dei loro congiunti
La Magnolia srl. ha al suo
attivo una lunga esperienza nel
settore dei servizi agli anziani,
offerti in più strutture tutte altamente specializzate: le RSA di
Bagno a Ripoli (Villa Santa Teresa) e di Pracchia, Pt (Villa Chiara) e il Centro Diurno a Bagno a
Ripoli. La società dispone inoltre
di una Casa Famiglia, sempre a
Bagno a Ripoli. “In tutto, spiega
Franca Conte, da 35 anni coaamministratore e socio del gruppo,
ospitiamo circa 90 posti di RSA,
13 di Diurno, 8 di Casa Famiglia.
Le nostre strutture sono accreditate con la Regione Toscana e
convenzionate con ASL e Comuni”. La società è in grado di accogliere anche utenti molto gravi:
terminali, malati di Alzheimer e
pazienti psichiatrici e nonostante
le accresciute difficoltà non mancano le richieste delle famiglie.
“Ritengo indispensabile, continua Franca Conte, tenere alta la
qualità dei servizi al fine di creare motivo di scelta tra gli utenti.
Abbiamo ristrutturato le nostre
residenze adeguandole alle rigide
normative regionali e a quelle nazionali. Sono stati creati ambienti
assai avanzati tecnologicamente
e professionalmente, adatti a far
sì che gli ospiti possano sentirsi
vicini al loro contesto familiare”.
Punto di forza dell’ospitalità della
Magnolia srl, è infatti l’impegno
costante a mantenere i rapporti
con le famiglie e con la rete sociale territoriale. Inoltre, ogni residenza è avanzatissima nei servizi
informatici: primi in Toscana a
disporre di cartelle mediche informatizzate e di servizio Wi Fi Free.
www.rsavillasantateresa.it
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SPECIALE AIDDA
IL MONDO DI POLA CECCHI
IMPRENDITRICE DELLA MODA, STILISTA
ECLETTICA E CREATIVA
Nella storica Maison fiorentina GIULIACARLA CECCHI si respira un’ aria di raccolta laboriosità,
di ricerca e di ingegno rivelato nelle centinaia di abiti, oggetti e accessori moda sparsi per le
stanze dell’atelier. Atmosfere residue delle antiche botteghe artigiane, dove l’oggetto “fatto a
mano” si incontrava con l’arte. La Maison celebra quest’anno il centenario della nascita della
fondatrice con un concorso internazionale rivolto a giovani creativi della moda donna.
Entrare nell’atelier di Pola
Cecchi è come varcare la soglia di
un’altra dimensione, dove non sai
bene cosa ti aspetta. Perdi la testa
di fronte ai colori e alle forme dei
suoi abiti e intano occhieggi invitanti scaffali pieni di bijoux e ogget-
ti di design. Svoltato l’angolo della
grande sala prove illuminata da
antiche specchiere, ecco apparire
i fiabeschi cappelli usati nelle sue
sfilate che fanno capolino dall’anta
semiaperta di un armadio: fil rouge di ogni sua creazione è lo stile,
inconfondibile e apprezzato nel
mondo del lusso da una clientela
esigente e raffinata. Stilista e imprenditrice, Pola Cecchi è l’erede
della Maison fiorentina fondata
dalla madre GIULIACARLA CECCHI, maestra di moda la cui opera
si è contraddistinta per la grande
capacità di trasformazione dei
materiali e delle tecniche di lavorazione. Per celebrare la ricorrenza
del centenario della sua nascita,
che cade quest’anno, l’atelier le ha
voluto dedicare un concorso: un
modo speciale per ricordare una
donna speciale.
Il concorso internazionale è
aperto a tutti i giovani creativi e designer della moda donna, i vincitori
saranno proclamati dalla giuria entro il mese di ottobre e la cerimonia di premiazione si svolgerà il 14
novembre 2014, anniversario del
giorno della nascita della fondatrice della Maison, nel Salone De’
Cinquecento in Palazzo Vecchio. Il
concorso costituirà anche l’occasione per richiamarne alla memoria lo spirito innovativo, oltre allo
stile, alla sua grande competenze e
al rigore, qualità quest’ultima niente affatto secondaria per chi ambisce ad affermarsi in questo settore.
Pola Cecchi è una delle socie storiche di AIDDA e dall’associazione ha di recente ricevuto
il riconoscimento speciale per le
imprenditrici associate da trentacinque anni. Lo rivela con orgoglio, ne è contenta come lo è della
sua fresca laurea in Economia e
Commercio. “Dopo tanti anni di
impegno, lavoro e famiglia … famiglia e lavoro … ho sentito che
era arrivato il momento di rispolverare gli esami già dati, iscrivermi
e laurearmi!” Non cessa di stupire
Pola Cecchi mentre si muove in
questo suo mondo animato da
mille farfalle, e infatti le sorprese
non sono finite. Squilla il campanelle ed entra una cliente per la
prova. Una cliente speciale, Letizia
Giuliani, prima ballerina del Teatro
Comunale di Firenze, che danzerà
sulle note di Bizet nell’ormai tradizionale spettacolo di beneficenza a
favore dell’ANT, che si terrà in Palazzo Vecchio nel prossimo autunno. Ed ecco apparire l’abito creato
da Pola Cecchi per vestire Carmen:
rosso, impalpabile e sostenuto da
una struttura in caucciù, che nella
danza sembra prendere vita e trasformarsi in un’architettura mobile. Espressioni artistiche diverse,
fuse in un tripudio di leggerezza
… la stilista e la ballerina hanno
messo in scena l’anteprima di un
spettacolo che già si preannuncia
straordinario.
www.giuliacarlacecchi.com
Prima ballerina, Letizia Giuliani
ph. Alessandro Bornaghi, studio bmb
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SPECIALE AIDDA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 40
MARIA PACE
NEL SEGNO DELLO
STILE E DELLA
CREATIVITÀ
Un atelier nato dalla creatività e dalla fantasia
e cresciuto negli anni. Poi sono arrivate le
sfilate e la moda che fa tendenza.
Nell’atelier di Maria Pace
pret-a-porter e sartoria coesistono, come sono strettamente
legati il lavoro della stilista, la
creatività e lo spirito della bottega artigiana, tipico delle radici
fiorentine.
Le proposte dell’atelier hanno dunque un segno preciso:
dove la collezione del momento, di gusto classico, si lega con
proposte particolari e linee di tendenza. O dove si può far confezionare un abito su misura, con i
tessuti più prestigiosi come quelli
esclusivi di Valentino e Ungaro
Oggi l’azienda si è ritagliata una sua ampia e consolidata
clientela, “affezionata” al lavoro
di Maria Pace e alle sue proposte
dalle linee morbide e dallo stile
spiccato, al suo gusto nella ricerca
del tessuto, alla sua attenzione ai
particolari.
Tutto era cominciato, parecchi anni fa con qualche capo confezionato a mano e venduto alle
amiche. Un inizio pionieristico,
che ha portato nel tempo a quello che è oggi il prestigioso atelier
d’Oltrarno.
Sono arrivate le sfilate, si è
moltiplicata l’attenzione e ora i
cocktail per presentare le collezioni sono divenuti la regola di ogni
inizio stagione
“Avendo una clientela quasi
fissa – così spiega la sua filosofia Maria Pace - lavoro con un
occhio alla moda, ma nella prospettiva di vestire persone che mi
sono affezionate e di cui conosco
bene le aspettative. Del resto chi
sceglie l’atelier cerca un servizio
che va al di là del semplice rapporto commerciante-cliente”.
Nell’atelier Pace si incontrano anche proposte esclusive per
la casa, con biancheria ricamata
rigorosamente a mano, sia di
gusto moderno che tradizionale.
Oppure capi personalizzati, studiati appositamente.
[email protected]
KSTUDIO
ASSOCIATO
INVESTIRE SULLE
PERSONE FA LA
DIFFERENZA
Sara Nuzzaci, dottore commercialista revisore contabile,
socio di KStudio Associato, associazione di 400 professionisti tra
dottori commercialisti e avvocati,
associata al network KPMG, con
14 uffici dislocati nelle principali
città italiane, è il socio responsabile della sede di Firenze nonché
responsabile delle Risorse Umane e del Training di KStudio a
livello Nazionale.
In un contesto di recessione come quello che stiamo vivendo cosa dobbiamo fare per
andare oltre la crisi?
“In uno scenario globale di estrema discontinuità e complessità
come quello che stiamo vivendo – afferma la d.ssa Nuzzaci dove gli schemi competitivi sono
completamente cambiati, le vere
e grandi opportunità sono per
coloro che hanno il coraggio di
investire. Oggi la parola d’ordine
è innovare, solo se innoviamo
possiamo giocarci la partita della
crescita. E questo vale per tutti,
vale per noi professionisti, per gli
imprenditori, per il nostro Paese
e certamente anche per AIDDA.
colto gli stimoli del cambiamento
allargando la gamma dei nostri
servizi per poter affiancare l’imprenditore nel suo percorso di
sviluppo e di crescita offrendogli,
con coraggio e passione, competenze specifiche, multidisciplinari
e di alta professionalità.
Ma oggi cosa fa veramente
la differenza nel vostro lavoro?
Le posso confermare che per fare
la differenza – e oggi dobbiamo
puntare a quello - è necessario
investire costantemente sulle
nostre persone e aiutarle nella
valorizzazione del loro potenziale. I valori che oggi sempre più
ricerchiamo e coltiviamo nei nostri giovani professionisti sono la
passione nel crescere, il coraggio
d’innovare, la voglia di investire
su se stessi, sul gruppo, e quindi
sui nostri clienti. Dobbiamo credere nel valore di ognuno di noi,
e condividerlo solo così possiamo
crescere e rispondere alle sfide del
contesto nel quale operiamo.
www.kstudioassociato.it
Come si muove KStudio
Associato in questo contesto?
Da oltre 150 anni il network
KPMG è riconosciuto sul mercato dei servizi professionali per la
sua credibilità, per la sua competenza, per la sua indipendenza di
giudizio e qualità. Continuando a
coltivare il nostro“DNA”abbiamo
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COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - LUCCA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 41
Troppe leggi
bloccano la
ripresa
La semplificazione della burocrazia passa per
la semplificazione della legislazione
di Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”
L
a burocrazia non è
altro che lo specchio
della legislazione: il
fornaio (il burocrate) vende il
pane, ma la farina la procura il
fornitore (il legislatore); se è di
cattiva qualità, il pane sarà cattivo”. Gaetano Scognamiglio
è il presidente di Promo P.A.
di Lucca, fondazione di ricerca
con l’obiettivo di sostenere la
modernizzazione soprattutto
della pubblica amministrazione.
“Parliamo di lotta alla burocrazia – spiega – ma la lotta è
anche contro una legislazione
incoerente ed emergenziale,
che dunque si accavalla a se
stessa, deve cambiare le cose
fatte prima perché fatte male,
una legislazione fatta a toppe.
Prima, dunque, bisogna parlare dei difetti della legislazione:
ipertrofica, contraddittoria, tuttora emergenziale, sempre in-
“
stabile. La lotta alla burocrazia
deve comprendere la lotta alla
legislazione. In Italia abbiamo
un numero spropositato di
leggi. E’ come se in un motore
invece di cambiare un pezzo se
ne aggiungessero sempre per
farlo funzionare meglio, invece
si blocca tutto, come sta succedendo a noi ora”.
A farne le spese è soprattutto chi è più vulnerabile:
“Il nostro rapporto dell’anno
scorso ‘Imprese e burocrazia’
evidenzia che le micro e piccole imprese sono le più danneggiate da questo caos legislativo
e di riflesso burocratico – dice
Scognamiglio –. Il numero delle ‘giornate uomo’ dedicate agli
adempimenti amministrativi
è aumentato dalle 24 del 2006
alle 30 del 2013. L’incidenza
sul fatturato degli oneri per gli
adempimenti amministrativi è
salita dal 4.4 per cento nel 2006
Adempimenti
burocratici:
troppi gli oneri,
anche in risorse
umane
Gaetano Scognamiglio
al 7.5 per cento nel 2013. Invece di semplificare un adempimento, cambiandolo con una
norma spesso peggiore e fatta
da gente che non sa come funziona, bisognerebbe abolirlo.
Se passo solo la competenza da
un ufficio a un altro, io piccola
e micro impresa invece di fare
un piano di scale dovrò farne
due”.
Così si rischia di offrire il
fianco alla corruzione: “L’apparato di norme preventivo
anticorruzione spinge verso
il rigore. Ma un grande ente
del nord ha stimato che soddisfare questi requisiti costa
600mila euro l’anno. La legge
anticorruzione termina dicendo che non devono aumentare
gli oneri a carico del bilancio
pubblico, ma qualcuno deve
finanziare le operazioni connesse. Significa togliere risorse
ad altro, ai servizi, e certo non
ridurre i tempi”.
E il personale con cui si
interfacciano gli imprenditori
spesso non aiuta ad affrontare
le già evidenti difficoltà strutturali, quando non finisce per
acuirle:“Non basta una riforma
della pubblica amministrazione perché tutto cambi. Poi naturalmente la burocrazia non è
senza colpe: per il virus passato
dal legislatore ha la caratteristica di appesantire le norme già
pesanti che le arrivano. E c’è
l’assoluta incapacità genetica
di collaborare per un obiettivo
comune”.
Far funzionare la macchina non è utopia, ci sono
esempi a cui rifarsi: “Siamo
andati a studiare il modello di
Tilburg, in Olanda, dove il Comune mette a disposizione di
chi vuole aprire un’impresa un
facilitatore che lo segue nella
pratica e lo accompagna negli
uffici competenti per risolvere i
problemi. Così una città in forte recessione, perché legata al
tessile, ha attratto grandi complessi industriali”.
La complessità del problema non offusca la lucidità
nell’analisi di quello che serve:
“E’ illusorio pensare di risolvere i problemi complessi con
formule. Ci sono tre aree su cui
lavorare – conclude Scognamiglio –. Una è la formazione,
non solo giuridica ma anche
comportamentale, laddove il
budget è stato ridotto del 50
per cento.
Due, ridurre al massimo gli
ambiti di cogestione nei processi autorizzativi, la premessa
per allungare i tempi e rendere
più difficili i meccanismi.
Tre, che l’opinione pubblica sia sensibilizzata a capire che la lotta alla burocrazia
è anche lotta alla legislazione,
che in alcuni casi è di difficile
realizzazione: è da qui, a monte, che bisogna chiedere una
semplificazione”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 42
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - LUCCA
Burocrazia e
corruzione: un
legame da spezzare
Strumenti snelli e semplici, investimenti sbloccati per
far ripartire l’economia: fare si può
di Manuela Villimburgo, giornalista, collaboratrice “Il Sole 24 Ore”
È
un costo ma anche un
freno agli investimenti
e all’imprenditorialità
in genere. La burocratizzazione,
ovvero l’eccesso di regole e la loro
scarsa chiarezza, è considerata
da ogni imprenditore una delle
cause dell’arretratezza del Paese.
Succhia risorse in termini di denaro, tempo, opportunità mancate, lavoro in più per il titolare e per
gli addetti.
Come se non bastasse, c’è
anche un effetto perverso che
Stefano Varia, titolare di Varia Costruzioni e consigliere alle infrastrutture di Confindustria Lucca,
considera il più grave.
“L’eccesso di burocrazia spalanca le porte alla corruzione. Se
le norme fossero chiare, non ci
sarebbe bisogno di qualcuno che
le interpreta, sia che si tratti di
funzionari o dirigenti degli uffici
pubblici o addirittura di qualche
politico al quale chiedere aiuto
per ottenere l’interpretazione a
proprio vantaggio. E’ qui che si
apre lo spazio d’incertezza e di
arbitrio nel quale può insinuarsi
la malafede e la compravendita di
favori. Rendiamo chiare e univoche le norme e sono certo che l’80
per cento dei fenomeni di corruzione scompariranno”.
Nel suo settore, l’edilizia,
dove si verifica più fortemente
questa incertezza interpretativa?
“Pressoché a tutti i livelli e in
tutti gli iter. Prendiamo il regolamento urbanistico. Ogni Comu-
ne ne ha uno e già solo esaminandone il linguaggio ci si rende
conto della babele che un operatore deve affrontare lavorando in
più comuni.
Anche la stessa edificabilità
delle aree non è una condizione
precisa e netta come ci si aspetterebbe. Commi, cavilli, stratificazione di norme emanate negli
anni fanno sì che si aprano delle possibilità di autorizzazione,
delle ipotesi sulle quali bisogna
spendere tempo ed energia. Naturalmente senza certezze circa il
risultato”.
Eppure già da tempo la
Toscana ha semplificato le proprie norme in materia edilizia.
Non è stato sufficiente?
“Certo. Penso alla Dia, per
esempio, uno strumento snello e
obiettivamente semplice. Eppure la valenza di facilitazione che
doveva imprimere all’iter si è incagliata sul ruolo centrale che la
norma ha assegnato ai professionisti ai quali ha demandato la responsabilità dell’asseveramento.
Ecco che il problema dell’incertezza delle regole si è semplicemente spostato su di loro, i
quali procedono cauti temendo
di oltrepassare i limiti delle norme e pagarne le conseguenze.
Il problema resta: troppe regole e poco chiare.
Di fatto, gli iter d’intervento
edilizio sono lenti, i tempi non
sono certi e il nostro Paese continua ad essere agli ultimi posti in
Europa nel rilascio delle autoriz-
zazioni di inizio attività”.
Ma non c’è anche un’oggettiva complessità legata
alla tutela del territorio? Una
questione che in Toscana si fa
particolarmente delicata dato
il valore del nostro patrimonio
ambientale e paesaggistico.
Non crede?
“La tutela è sacrosanta ma
non si fa solo a colpi di divieti.
Anzi, direi che oggi un ostacolo
alla salvaguardia dell’ambiente è
più nel patto di stabilità che nelle
violazioni delle regole. Voglio dire
che se le amministrazioni pubbliche potessero sbloccare gli investimenti si riprenderebbe a fare
manutenzione del suolo e degli
edifici. E’ ormai evidente a tutti
quanto sia grave nel nostro paese
il dissesto idrogeologico, mentre,
sempre sul fronte della sicurezza
dei cittadini, consideriamo che
solo per risanare e mettere a norma scuole, strade, presidi sanitari
e carceri ci sarebbe lavoro e occu-
pazione per decenni”.
Ma l’incertezza delle regole è dovuta anche al loro eccesso, giusto? Il settore dell’edilizia ne risente?
“Esatto. Sono troppe, a getto
continuo e in perenne stratificazione, obbligando il cittadino e
l’interprete a continui rimandi invischiandolo in una rete di combinazioni di norme di cui a volte
non si arriva neppure a trovare il
bandolo.
Una sovrapposizione e complicazione in cui vanno perduti i
tentativi di introdurre iniziative
virtuose. Sto pensando alla creazione del repertorio dei materiali
edili riciclati che doveva consentire il riutilizzo di materiali inerti
nelle opere pubbliche. Il percorso
è stato avviato da anni ma col
tempo se n’è persa traccia, eppure si tratta di un provvedimento
di grande attualità in relazione
alla eco-sostenibilità dell’edilizia
di cui tanto si parla”.
I tentativi di
innovazioni
virtuose
si perdono nel
mare dei cavilli
burocratici
Stefano Varia
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - LUCCA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 43
Per una
burocrazia
equa e semplice
Le regole servono, ma devono essere poche, chiare
e certe. Così si allontana la corruzione
di Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”
L
’obiettivo è avere
procedure
chiare,
semplificate
più
possibili, accessibili da tutti,
in modo che gli non ci siano
dubbi su quello che fa l’ente”. La pubblica amministrazione è spesso vista dagli
imprenditori come la controparte nella loro lotta alla
burocrazia. Per questo appare
provvidenziale quando dagli
amministratori arrivano parole di questo tipo.
A pronunciarle Alessandro Tambellini, sindaco di
Lucca dal maggio 2012, che
spiega: “La semplificazione è
sempre stato uno dei nostri
obiettivi. Da quando siamo
entrati in Comune due anni
fa abbiamo cercato di dar vita
a un sistema che permettesse il passaggio delle pratiche
in via telematica relativa a
qualunque forma di impresa
“
economica del Comune di
Lucca d’accordo con le associazioni di categoria e gli ordini professionali, integrando
la banca dati con tutti gli enti.
Abbiamo velocizzato molto
inoltro, ricezione, istruttoria,
monitoraggio e parere conclusivo sul procedimento, da
ogni postazione di lavoro,
anche senza mai recarsi in
alcun ufficio.
Nonostante la crisi, il
numero delle pratiche istruite dal nostro Comune ogni
anno – circa 2400 – non è
diminuito. L’ultima ristrutturazione interna del personale porterà a creare un unico
settore imprese proprio per
avere in un’unica unità operativa i rapporti con le realtà
economiche e agevolarle”.
Questa sensibilità per la
semplificazione nasce anche
dall’esperienza diretta: “Ho
Serve un cambio
di mentalità, per
un’amministrazione
davvero al servizio
del cittadino
Alessandro Tambellini
incontrato in un paio di casi
imprenditori – racconta Tambellini – che hanno preferito
uscire dall’Italia e andare a
investire in altri paesi anche
molto vicini al nostro al di
là delle Alpi perché tutto è
molto più semplice. Da noi
l’ambito normativo si è stratificato nel tempo, è di difficilissima gestione e l’apparato
è conservativo”.
E’ chiaro poi che c’è anche una parte di burocrazia non negoziabile, quella
che serve per garantire che
ci siano delle regole: “Se si
parte dal presupposto che
un’amministrazione debba
garantire equità di comportamenti, sono inevitabili tutti
quei passaggi che tutelano la
legalità, come gare e appalti.
Ma anche le loro regole dovrebbero essere semplificate,
anche per non complicare i
controlli. In un ambito complicato, si vede male: e allora
si attinge agli specialisti”.
Oltre al problema strutturale, altre difficoltà nascono
in superficie, con l’interfaccia
burocratica, gli impiegati che
spesso li rimpallano da un
ufficio a un altro. “Coi nostri
dipendenti puntiamo molto sulla formazione – dice
Tambellini –: spesso serve
un cambio di mentalità, da
un’amministrazione
autoreferenziale a una che deve
rispondere ai bisogni del cittadino, altrimenti che ci sta a
fare? È pagata per quello. Il
nostro personale è qualificato e collaborativo, oggi piuttosto soffriamo di mancanza
del personale, sotto organico
per i vincoli alle assunzioni”.
E’ da certe strozzature
che nascono anche i maggiori rischi di corruzione: “Più le
norme sono complicate, difficili, più è astrusa la possibilità interpretativa, più si moltiplicano i centri decisionali e
più sorge la volontà di capire
se è possibile, come si diceva
in gergo una volta, ungere le
ruote per superare le difficoltà che molte volte appaiono
quasi insormontabili. Come
si risponde? Secondo me
facendo sì che l’accesso ai
servizi abbia percorsi chiari,
evidenti per tutti, di facile accesso, controllabili”.
La strada semplificazione parte da lontano: “A livello centrale un ottimo lavoro
dovrebbe essere il taglio, il
disboscamento, arrivare a
testi unici su vari settori, i
settori fondamentali, per fare
piazza pulita, lavorare su un
sistema: il testo unico sugli
enti locali è stato un grande
traguardo.
Nel nostro piccolo lo abbiamo fatto col regolamento
per la somministrazione, ridotto da 21 a 10 articoli”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 44
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - PRATO
Basta con la
burocrazia che
affossa il paese
Serve un cambio di mentalità anche per le imprese,
pensare insieme per agire meglio
di Paolo Vannini, giornalista freelance
M
arco
Ranaldo,
titolare dal 1990
dell’azienda
di
tessuti Pointex - oggi oltre 100
dipendenti, 80 telai elettronici
e 13mila metri quadrati di capannoni nella zona industriale
di Capalle, fra Campi Bisenzio
e Prato - non ha dubbi sui mali
della burocrazia per il mondo
delle imprese. In questa intervista a “Ies”, l’imprenditore parla
senza mezzi termini della burocrazia come una delle principali
cause che impediscono al Paese
di risollevarsi e ripartire. E che,
anzi, lo stanno definitivamente
affossando. Una visione molto
pessimistica, basata sull’esperienza vissuta in prima persona.
Signor Ranaldo quanto
pesa la burocrazia nella vita
quotidiana di un’impresa?
“Prima di tutto dovrebbe
essere chiaro che la burocrazia è
uno zaino che tutti gli imprenditori, piccoli, medi e grandi, si
stanno portando sulle spalle e
che sono costretti a correre con
questa zavorra addosso. Ormai
ci siamo abituati a sopportarne
il peso. E’ un dato di fatto che si
dà per scontato.
Nello stesso modo in cui
diamo per scontato che milioni di persone facciano due ore
di fila in auto per raggiungere,
ogni giorno, il luogo di lavoro. La burocrazia è una delle due-tre cause, insieme alla
mancanza del diritto, che non
permettono all’Italia di potersi
riprendere”.
La sua premessa non è
incoraggiante. Inutile chiederle se il Paese può ancora
permetterselo. Ci sono margini per superare i limiti
odierni?
“Il Paese non può permettersi questo fardello, che ci sta
affossando. Finora eravamo
riusciti a compensare questo
enorme limite con l’innovazione e con la grande capacità di
esportare la nostra produzione, adesso non è più così. Non
si può pensare di sopperire a
queste carenze puntando solo
sull’alta qualità, che è sì una caratteristica del nostro Paese ma
che non può essere l’unica”.
Lei pensa che esistano
cause precise? C’è un unico,
vero colpevole o le responsabilità vanno ripartite in più
soggetti, sono da ricercare in
diverse direzioni?
“La mia idea è che la politica è causa e madre di tutti i mali.
Il male principale. Se capissimo
l’importanza delle aziende, se
il sistema si mettesse a disposizione, forse un minimo di
speranza potremmo ritrovarla.
Io credo che l’imprenditore dovrebbe essere agevolato, aiutato in ogni occasione possibile,
anziché continuamente osta-
colato. Per questo servirebbe un
cambio di mentalità da parte
della politica e delle istituzioni.
E servirebbe anche nel mondo
delle imprese. Vedo come tanti
miei colleghi facciano fatica a
coalizzarsi, a pensare insieme.
C’è paura, c’è una mentalità da
superare, quella che ognuno
pensa solo per sé”.
La politica, dunque, è responsabile per aver creato un
sistema che sta letteralmente affogando le imprese. Ma
non è così dappertutto.
“No. La mia azienda e
quella di mia moglie, ‘Alma’,
insieme contano oltre 300 dipendenti. Il 50 per cento della
nostra produzione va all’estero, in oltre 47 Paesi. Questo ci
permette di vedere come si
lavora altrove. E’ un orizzonte
completamente diverso. Negli
altri Paesi, dovunque direi, in
Medio ed Estremo Oriente, negli Stati Uniti ma anche in altri
stati europei, a parte la Francia
che con l’Italia è il peggiore da
questo punto di vista, ci si pone
al servizio delle aziende, non
contro di esse. Da noi è l’esatto
contrario”.
Lei dice che serve un
cambiamento radicale, prima
di tutto una nuova mentalità,
il che comporta tempi lunghi. Ma intanto cosa si può
fare per migliorare nel breve
periodo, per attenuare quella
che lei definisce una zavorra
insopportabile?
“Ripeto, bisogna cambiare
la filosofia di fondo. A livello
locale si può intanto fare qualcosa. In base alla mia esperienza posso dire che, per esempio,
nel Comune di Montemurlo
(provincia di Prato) si registra
un atteggiamento meno ostile
verso chi fa impresa, nei limiti
che ovviamente le leggi impongono agli enti locali. I Comuni
potrebbero invertire, almeno
in parte, questa tendenza. Certo anche loro possono poco di
fronte ad un esercito ideologizzato di controllori esasperanti
– Inps, Agenzia delle entrate,
Inail eccetera – che pensano
alle aziende come votate esclusivamente a far soldi e quindi
da vessare, da sottoporre a limiti e controlli assurdi. Insomma
da penalizzare”.
Marco Ranaldo
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - PRATO
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 45
Oltre la
burocrazia, verso
le buone prassi
Semplificazione significa anche lotta alla corruzione,
per un sistema in cui fare impresa
di Paolo Vannini, giornalista freelance
L
a burocrazia è considerata, ormai unanimemente, uno dei
principali mali che affliggono
il nostro Paese. Secondo Cgia,
l’Associazione Artigiani Piccole Imprese di Mestre, il suo
costo sulle PMI è di 31 miliardi di euro l’anno.
Un fardello che l’Italia
non può più sopportare. Su
questo tema abbiamo intervistato il nuovo sindaco di Prato, Matteo Biffoni.
Sindaco Biffoni, con
quali strumenti e quali decisioni possiamo uscire da
questa impasse?
“Semplificare deve essere
la parola d’ordine, non solo
per un problema di costi che
ricadono sulle imprese, e di
conseguenza sui consumatori, ma anche su enti pubblici e
famiglie.
Matteo Biffoni
Non sempre uno snellimento degli iter burocratici
può essere fatto in maniera
veloce e senza modifiche normative complesse, ma senza
dubbio un Comune può andare incontro ai cittadini e alle
aziende con tanti piccoli miglioramenti.
A Prato, per esempio,
stiamo mettendo a punto un
sistema di semplificazione
della richiesta dei permessi
per le aziende collocate nelle aree industriali, così come
abbiamo allo studio una velocizzazione della richiesta dei
permessi sfruttando i mezzi
digitali”.
C’è un drammatico legame fra burocrazia e corruzione. La montagna di
leggi, regolamenti, interpretazioni, di fatto alimenta il
sistema corruttivo. Come si
può rompere questa spirale
perversa?
“Bisogna stare attenti a
giustificare corruzione, evasione e simili dando colpa alla
burocrazia. Un conto sono gli
‘errori’ in buona fede, i ritardi
dovuti alla necessità di adempiere a un numero spesso esagerato di procedimenti, un altro invece la corruzione.
Dobbiamo
combattere
la burocrazia per mettere in
condizioni di poter lavorare o
aprire un’attività con sempre
maggiore facilità, consapevoli
che questo premia innanzitutto i buoni cittadini”.
Il premier Renzi ha
recentemente
annunciato
“una violenta lotta alla burocrazia”. Su questo versante, il cosiddetto “sblocca
Italia” ha assunto un valore
altamente simbolico. Potrà
essere altrettanto efficace?
Non rischia di essere solo
un provvedimento “una
tantum” e avere effetti immediati ma non duraturi?
“E’ un primo passo, importante e significativo. Gli effetti devono essere immediati,
mentre per avere risultati duraturi è necessaria una revisione sostanziale dei meccanismi
che ci sono, per esempio, dietro agli appalti.
A Prato insieme a tutta
la giunta abbiamo deciso che
gli appalti futuri non tengano
conto del massimo ribasso,
ma della proposta economica
più conveniente: questo significa creare dei bandi con criteri rigorosi, risparmiare magari
un po’ meno nell’immediato
ma avere maggiori rassicurazioni sulla qualità del servizio,
soprattutto per i servizi alla
persona, ma anche sull’abbattimento dei costi di manutenzione straordinaria per quanto
riguarda il settore urbanistico
e dell’edilizia, evitare il blocco
dei cantieri a causa del fallimento dell’azienda vincitrice dell’appalto, come spesso
è avvenuto in passato. Sono
scelte politiche, più o meno
condivisibili, che però vanno
in una direzione ben precisa:
guardare non solo all’immediato, ma con una prospettiva
di risultato”.
Anche a livello comunale il peso dell’apparato
burocratico è evidente. C’è
una strada che gli enti locali possono imboccare da
subito, in attesa di riforme
strutturali?
“Innanzitutto la diffusione della cultura digitale. I
nuovi mezzi permettono di
risparmiare tempo e denaro,
eppure ancora in pochi usano
la Pec o ricorrono ai servizi on
line forniti dal Comune stesso,
finendo per fare lunghe code
agli sportelli.
Il problema è duplice: da
un lato la mancanza di un’infrastrutturazione digitale adeguata, dall’altra l’incapacità
da parte di una grande fetta
della popolazione di utilizzare
i mezzi a disposizione.
A Prato stiamo diffondendo il wi-fi in tutti gli istituti scolastici e corsi di formazione, destinati anche alle
famiglie, per implementare
la conoscenza dei servizi on
line”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 46
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - PISTOIA
La burocrazia
spegne la
competitività
Tempi certi e regole definite il primo passo verso un
vero cambiamento
di Paolo Vannini, giornalista freelance
G
uido Chiti, presidente regionale dei
Giovani industriali
toscani e già presidente dei Giovani di Confindustria Pistoia, è
l’ad della Ipac (Industria Pistoiese Articoli Casalinghi), fondata
negli anni ‘50 dal Cavaliere del
lavoro Guido Chiti (suo bisnonno), che da quattro generazioni
produce e commercializza prodotti in acciaio inossidabile per
la cucina e la tavola. Quello della
Ipac è un caso particolare, finito
anche sulle cronache della stampa locale, alcuni mesi fa, proprio
a causa di una assurda questione
burocratica.
Presidente Chiti, il suo è
un caso emblematico di burocrazia opprimente che determina, almeno in parte, le scelte
di un’impresa. Può provare a
spiegare in poche parole la sua
vicenda?
“Cinque anni fa durante
alcuni lavori di ristrutturazione
il mio architetto scoprì, in modo
causale, un condono mai chiuso
dal 1987 (!), del quale nessuno
ricordava niente (né la famiglia
né l’amministrazione comunale). Da quel momento è iniziata
un’incredibile serie di vicissitudini con uffici pubblici di ogni genere, enti, consulenti, avvocati...
Ad oggi, 5 anni dopo e il pagamento di ingenti oneri, il condono non è ancora stato concesso e
non si ha nessuna idea dei tempi
e dei modi per risolvere questa
folle questione burocratica”.
Aver vissuto sulla propria
pelle una situazione del genere cosa le fa pensare: esistono
ancora margini per liberarsi da
questo peso soffocante o l’unica strada è guardare altrove?
Nel suo caso spostandosi da
un comune ad un altro, in altri
casi abbandonando il Paese?
“Cambiare comune è solo
una soluzione provvisoria per
non poter più aspettare e dover
avere locali adeguati. Senza cambiamenti importanti nella burocrazia oggi non ci sono i margini
operativi per un imprenditore
italiano per prendere decisioni
veloci e adeguate al mercato globalizzato”.
E guardando nel senso inverso: quanto pesano i limiti
posti dall’elefantiaco apparato
burocratico italiano nei confronti di potenziali investitori
stranieri?
“Semplicemente bloccano
o almeno scoraggiano qualsiasi
investimento”.
Secondo Cgia, l’Associazione Artigiani Piccole Imprese di Mestre, il costo della
burocrazia sulle Pmi è di 31
miliardi di euro l’anno. Ha
mai pensato quanto possa pesare in termini economici per
la sua azienda?
“Impossibile calcolare il
peso economico per le Pmi, ma
sono molto più preoccupato dai
costi indiretti della burocrazia
che prima di tutto leva l’energia
vitale dell’imprenditore, la voglia di intraprendere, sposta il
focus alla risoluzione continua
di problemi che niente hanno a
che fare con la competitività delle aziende, con il valore aggiunto
dell’impresa. Serve a creare una
moltitudini di consulenti al solo
scopo di gestire le varie situazioni burocratiche. Oggi gli imprenditori spesso non parlano
di miglioramento di prodotto o
sevizio ma di soluzioni alle varie
problematiche dovute al ‘Sistema
Paese’”.
Immagino che anche lei
pensi che il nostro Paese non
può più permettersi una situazione del genere. Con quali
strumenti e quali decisioni se
ne può uscire?
“Posso dire, in base sia alle
mie esperienze imprenditoriali
sia alle mie eperienze maturate come presidente dei giovani
industriali, che la situazione è
veramente complicata. Anche
ipotizzando tutta la buona volontà e la capacità della politica a volerla risolvere (ed è solo
un’ipotesi...) sarebbe comunque
difficile. Quindi concentrerei tutti
gli sforzi su due direttrici: la prima i tempi certi, anche lunghi,
ma certi: meglio sapere che per
avere una risposta serve un periodo di tempo lunghissimo che
vivere nell’incertezza; la seconda
eliminare il più possibile l’interpretabilità di qualsiasi legge, codice, regolamento”.
C’è un drammatico legame fra burocrazia e corruzione. La montagna di leggi e
regolamenti di fatto alimenta
il sistema corruttivo. Anche
il mondo dell’impresa sente questo legame perverso e
come si dovrebbe superarlo?
“La quantità e la farraginosità del sistema normativo è
il freno principale per l’azienda
oggi e il maggior motore per la
corruzione. Se l’interpretazione
non dà certezze, se non chiarisce
fino in fondo chi opera nel modo
corretto e chi no, allora mettiamo
l’imprenditore alla pari, o molto
vicino, a chi opera in modo scorretto o almeno border line”.
Guido Chiti
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - MASSA CARRARA
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 47
Un grande
sogno: la
semplicità
Maggiore uniformità di regole è la via principale
per sostenere l’impresa
di Manuela Villimburgo, giornalista, collaboratrice “Il Sole 24 Ore”
C
he il settore dell’edilizia sia uno dei più
colpiti dalle complicazioni burocratiche è dimostrato anche dal fatto che
la normativa sconta un livello
di differenziazione a dir poco
capillare. E’ quanto sostiene
Matteo Venturi, presidente
dell’Ance di Massa.
Dove riscontrate le maggiori difficoltà sul piano delle procedure?
“Io credo che la mancanza
di uniformità sia il tema principale da affrontare. Regole ed
iter sono diversi da un territorio all’altro anche a pochi chilometri di distanza.
I regolamenti edilizi variano da Comune a Comune e
la modulistica cambia da una
Provincia all’altra: una frantumazione inaccettabile. Un
grosso scoglio per qualsiasi
Matteo Venturi
impresa che per forza di cose
non può limitarsi ad operare in
una singola area. Inoltre, sono
proprio le imprese più piccole,
vale a dire la maggioranza, a
pagarne il maggior prezzo dovendo sostenere gli stessi oneri
per commesse di importo più
contenuto”.
E’ un problema dunque
che possono risolvere gli enti
locali?
“Credo che le amministrazioni territoriali possano fare la
loro parte ma devo riconoscere
che, più in generale, manchi un
Testo Unico a livello nazionale
che armonizzi la mole di leggi che dovrebbe disciplinare il
settore. In tale ridondanza, le
imprese perdono tempo, denaro e alcune si arenano definitivamente”.
Per esempio?
“Sta durando mesi nel
nostro territorio la definizione
tecnica dell’area di rispetto per
un canale nel corso della quale
sono emersi pareri discordi che
variano anche del 100 per cento. Va da sé che un simile contesto dia spazio al contenzioso:
se la faccenda non trova unicità
di interpretazione, come evitare il ricorso amministrativo che
ovviamente genera ulteriori costi e, oltretutto, non dà certezze? Senza calcolare gli effetti
economici del tempo perso…”
Questo dei diversi enti
che hanno competenza sulla
stessa materia è un nodo che
potrebbe essere districato a
livello locale?
“Il sistema territoriale può
intervenire solo sul piano del
coordinamento. Come nel caso
degli sportelli unici. Viceversa,
è a livello centrale che si devono armonizzare le discipline.
Per esempio, oggi per il settore
dell’edilizia il sistema dei controlli coinvolge l’Inps, l’Inail, le
Asl, i Vigili del fuoco, l’Ispettorato del lavoro, la polizia provinciale, l’Arpat e così via, in
un vortice di enti verificatori
distinti”.
Con quali effetti?
“L’inflazione di norme e
di enti verificatori innalza le
probabilità di veto, anziché
concorrere all’ottenimento di
opere di qualità. Voglio aggiungere che quando la procedura
prende il sopravvento sul senso e finisce con alimentare se
stessa e moltiplicarsi, si può
entrare in spirali gravi e perverse. Basti pensare alla situazione
subita da diverse imprese che,
non riuscendo a riscuotere dalla pubblica amministrazione
in tempi ragionevoli, hanno
dovuto ritardare a loro volta il
versamento dei contributi incappando in una ulteriore sospensione dei pagamenti che
è diventata fatale per il destino
dell’impresa”.
Non si scorgono segnali
di interventi di snellimento
burocratico?
“Esiste una semplificazione che si sta cercando di attuare dall’interno. E’ quella relativa
al sistema delle casse edili che
oggi sono dieci in Toscana e
che stiamo provando a riformare con operazioni di fusione
e accorpamento. Si tratta di un
sistema che, costruito e sviluppato nel tempo, garantisce
servizi assistenziali diffusi capillarmente nel territorio: non
è certo questo l’aspetto che
s’intende rimodulare. Viceversa, si vorrebbe renderne meno
gravosi i costi sia per le imprese
che per i lavoratori e soprattutto uniformarli visto che oggi
variano da zona a zona in base
ai singoli contratti provinciali.
Anche su questo fronte la parola d’ordine deve essere l’uniformità”.
Che poi è strettamente
legata alla semplicità, giusto?
“Lavorando anche all’estero, abbiamo dovuto documentarci sulle procedure da
seguire nei diversi Paesi. Sia
che si tratti di Europa o di Stati
Uniti, ogni volta invariabilmente i nostri operatori si sono trovati ad esclamare: impossibile,
è troppo semplice!”.
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 48
COVER STORY / UNA REPUBBLICA CORROTTA... - MASSA CARRARA
Nel mare di regole
annaspa anche
l’Ente locale
Strutture più snelle, competenze che non si
sovrappongano: meno burocrazia aiuta anche i Comuni
di Manuela Villimburgo, giornalista, collaboratrice “Il Sole 24 Ore”
S
e è vero che gran
parte della ridondanza
normativa
che ha burocratizzato il paese
è dovuta al livello centrale, c’è
un’arma potente in mano agli
enti locali per semplificare e
rendere più efficiente il sistema. Alessandro Volpi, sindaco di Massa ha già provato ad
adoperarla.
Le forze sociali chiamano in causa anche i Sindaci nell’indispensabile lotta
all’eccesso di burocrazia che
affossa la competitività dei
territori. Cosa fa il comune
di Massa?
“In questo primo anno di
lavoro ho verificato un’effettiva sovrapposizione di competenze soprattutto in materia
urbanistica e ambientale dove
per ogni procedura sono chiamati ad esprimersi almeno tre
o quattro enti diversi con tempi
diversi. Prendiamo il regolamento urbanistico, strumento
cardine per il futuro di una città. Da nove mesi siamo fermi
alla fase della definizione delle
carte del rischio idraulico perché le competenze dell’Autorità di bacino al quale erano state
presentate sono state trasferite
al Distretto di bacino. Come se
non bastasse, in tale fase transitoria è competente il Genio
civile del territorio… Insomma
dopo un’indeterminatezza di
quasi un anno pare che la questione stia per sbloccarsi”.
dopodiché passa al controllo
contabile”.
Dunque l’ente locale ha
le mani legate?
“Su certi aspetti subisce.
Per esempio, la vicenda dello
scioglimento delle Province,
ormai commissariate da due
anni, imprime ritardi e incertezze su quanto di loro competenza. Finalmente, all’inizio
di luglio, la Conferenza StatoRegioni ha dato il via libera alle
Regioni e dunque speriamo
che la Toscana faccia la sua parte. Ecco, a tali livelli il Comune
può ben poco e subisce la generale incertezza fino a non sapere a chi mandare un atto per
concludere un iter”.
In quale misura avete ridotto?
“Da 17 posizioni dirigenziali siamo passati a 10, mentre
le posizioni organizzative sono
scese da 24 a 7. Una misura che
ci sembra adeguata alla dimensione di un Comune di 73mila
abitanti. D’altra parte siamo
convinti che la riforma debba
partire dall’alto, introducendo
il principio della responsabilità apicale. Pertanto, abbiamo
rivisto anche il sistema di valutazione degli apici avvalendoci
di tre professionisti esterni e
agganciando la parte variabile dello stipendio per il 55 per
cento al risultato e per il 45 per
cento alla posizione: prima le
percentuali erano, rispettivamente, del 25 e del 75”.
Invece, dove potete intervenire per semplificare?
“Certamente a livello interno. Cosa che abbiamo già
avviato semplificando la macchina, per esempio riducendo
il numero dei dirigenti e delle
posizioni organizzative. Siamo
infatti convinti che moltiplicare
i settori dell’amministrazione
significa aumentare il numero di filtri. Cosa che in linea
di principio può sembrare migliori il processo di validazione di una decisione, ma che
più comunemente determina
una forca caudina paralizzante. Meglio che una questione
sia vagliata da un’unica testa,
Altri interventi virtuosi?
“Un fronte su cui un ente
locale può agire è quello delle
procedure. Noi abbiamo informatizzato quelle in campo tributario e quelle relative
all’anagrafe. C’è da accelerare
l’informatizzazione in materia
edilizia dematerializzando gli
archivi e rendendoli consultabili dall’esterno. Il programma
è pronto e contiamo di inserire
i dati di archivio in un anno, ma
iniziando a renderne accessibili
progressivamente singole par-
ti”.
A proposito di regole che
hanno perso senso, come non
parlare del patto di stabilità
che proprio sul settore dell’edilizia ha impattato così duramente?
“Anche su questo fronte,
se il Comune lavora bene un
allentamento è possibile. Noi
quest’anno abbiamo recuperato un sblocco intorno a sei
milioni grazie al patto di stabilità verticale consentito dalla
Regione. Un ottima leva che
ci consente di sbloccare pagamenti pregressi, spese in conto
capitale e altre spese di investimento; in particolare opere
di risanamento idrogeologico,
come la riduzione del rischio di
frane o la messa a norma e in
sicurezza dei corsi d’acqua, di
cui il nostro territorio ha fortemente bisogno”.
Alessandro Volpi
POOL TREND SRL
ACCESSORI CHE EMOZIONANO
Pool Trend è un’azienda di Prato che produce sciarpe, scialli ed altri accessori: da qualche anno
l’attenzione si è spostata sul lancio del proprio marchio, Luisa Brini. Un brand che non ha
faticato ad essere riconosciuto ed apprezzato internazionalmente, anche oltre i confini europei.
Perché, come sottolineano i titolari di Pool Trend, “l’importante è emozionare il consumatore,
coinvolgerlo nei sentimenti”. E con la qualità dei prodotti Luisa Brini, non è difficile raggiungere
questo obiettivo.
zato anche oltre i confini europei,
in America ed in Oriente.
Luisa Brini offre un prodotto
efficace, dall’alto del suo elevato
contenuto qualitativo. “Attrazione
contemporanea”, come la definisce lo slogan di Pool Trend, enfatizzando bene le novità portate avanti
da linee, forme e colori, che emozionano immediatamente.
“Siamo sempre estremamente attenti all’evolversi dei trend stilistici – conclude Paolo Brini – È
fondamentale, però, al di là dei
gusti estetici, saper cogliere al volo
le esigenze dei nostri mercati di riferimento”.
www.luisabrini.it
Concepire l’accessorio come
protagonista e non più soltanto
come un complemento.
Pool Trend ha ribaltato e rivoluzionato alcuni cardini della
moda, con le sue creazioni che
ogni volta stupiscono e colpiscono il cuore del consumatore. Perché è proprio questo il nodo della
questione: “proporre un prodotto
capace di coinvolgere emozionalmente”, utilizzando le parole di
Paolo Brini, uno dei due fratelli a
capo dell’azienda.
Pool Trend è infatti un’azienda di Prato, nata nel 1996 ed oggi
guidata da Alessandro e Paolo Bri-
ni; un’azienda che produce sciarpe, scialli ed altri accessori, seguendo la grande tradizione tessile della
città laniera. È il tessuto la matrice
di tutto, qua, dove l’estetica si fonde con il comfort e la tradizione
abbraccia nuove linee e modelli.
“Le nostre produzioni si basano sulla performance dell’accessorio – ci conferma Paolo Brini
– Un prodotto deve essere confortevole oltre che esteticamente accattivante. In questo, è stato fondamentale l’utilizzo di fibre naturali
come seta e lana, ma anche come
lini e cotoni fini”.
Da qualche anno l’attenzione
aziendale si è incentrata sul lancio
del proprio marchio, Luisa Brini.
Con le premesse di qualità e attenzione al dettaglio, il brand non ha
faticato ad entrare nel “cuore” del
consumatore, emozionandolo con
linee e colori: perché, come ribadito dalle parole di Paolo Brini,“oggi
stiamo vivendo un livellamento
degli acquisti e, per convincere l’utente, bisogna coinvolgerlo. Anche
nei sentimenti”.
Il marchio Luisa Brini sta vivendo un momento molto florido, di internazionalizzazione e di
espansione verso nuovi mercati:
un brand riconosciuto ed apprez-
publiredazionale
CONFINDUSTRIA FIRENZE
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 50
Firenze, rinnovati i vertici delle Sezioni
I Presidenti: pronti ad affrontare le sfide del prossimo biennio
D
ue anni di lavoro e
obiettivi ben delineati:
i neo presidenti delle
Sezioni merceologiche di Confindustria Firenze, conoscono bene
il difficile compito che li attende
alla guida dei loro settori di riferimento; e ciascuno ha ben chiare
le proprie priorità di lavoro.
Andrea Galluzzo, presidente Sezione Abbigliamento,
paglia e cappello
“Molte nostre aziende hanno bisogno di trovare nuove possibilità per accedere ai mercati più
vivaci e sviluppare partnership
con interlocutori internazionali.
Dobbiamo fornire loro strumenti
adatti riuscire a valorizzare la storia e la qualità dei loro prodotti;
ma dobbiamo anche accompagnarle nella ricerca di risorse economiche e creative”.
Sergio Croci, presidente
Sezione Fornitori Sanitari e
Ospedalieri
“Saranno rafforzati i contatti
con l’ospedalità privata per confrontarsi sull’andamento della
sanità nella nostra regione; ma
attueremo anche un monitoraggio costante e continuo sulla situazione dei pagamenti, che negli
ultimi mesi ha subito un peggioramento. Fra le nostre priorità di
lavoro c’è anche un rapporto più
stretto con la nuova ESTAR, per
affrontare principalmente due
questioni basilari: le impostazioni
di magazzini regionali di difficile
gestione, soprattutto per i prodotti specialistici; e arrivare ad un
nuovo accordo per ottenere l’IVA
in sospensione”.
Riccardo Bartolozzi, presidente Sezione Ceramica Vetro
“Le imprese della Sezione
possono cogliere le opportunità
offerte dai mercati esteri solo se
messe in condizioni di competere. Quindi, oltre a una drastica
sburocratizzazione delle pratiche
che ci affliggono, vorremmo che il
costo dell’energia, essendo noi per primi - grossi energivori, fosse equiparato a quello dei nostri
competitor francesi o tedeschi”.
Massimo Gaiotto, presidente Sezione Farmaceutica
“Bisogna far emergere l’importanza e il valore economico e
sociale dell’industria farmaceutica per la Regione Toscana, il suo
livello d’integrazione con il territorio e la conseguente creazione
di ricchezza e di valore aggiunto”.
Gianluca Scarpellini, presidente Sezione Trasporti
“Tra le priorità c’è la creazione di una supply chain per lo
spostamento delle merci e delle persone all’interno della città
metropolitana. Un lavoro che si
svolge in parallelo al Progetto
Multinazionali, con l’obiettivo di
favorire la diffusione di best practice e la realizzazione di economie di scala per il trasporto delle
merci, oltre a quello di produrre
modelli di integrazione infrastrutturale, modale, tariffaria e
informativa per il trasporto delle
persone”.
Eduardo Di Benedetto,
presidente Sezione Energia
“Sostanzialmente abbiamo
due priorità: operare perché vengano rimossi gli ostacoli alla realizzazione delle infrastrutture necessarie ad assicurare la fornitura
di energia alle aziende e a garantire la continuità del servizio, ma
anche per consentire la necessaria liquidità del mercato garanzia
dei prezzi più bassi; supportare
lo sviluppo di strumenti normativi e finanziari volti a incentivare
gli interventi di efficientamento
energetico nelle aziende”.
Francesco Matera, presidente Sezione Case di Cura
“La priorità di lavoro che,
come Commissione, intendiamo
portare avanti al tavolo di concertazione regionale, nel quale sia-
mo presenti, è quella di definire
una cornice di contratto regionale
che dia stabilità al nostro settore, prevedendo una scadenza
contrattuale almeno triennale, a
differenza di quanto è accaduto
finora con proroghe annuali o semestrali. Proroghe che non hanno consentito alle imprese di fare
alcun programma, lasciandole
nella precarietà più assoluta”.
Beatrice Grassi, presidente
Sezione Industria Alberghiera
“Un maggiore confronto e
contatto con le amministrazioni
locali per far conoscere i problemi del nostro settore (destagionalizzazione, eventi e congressi,
lotta al sommerso). Far conoscere
agli associati del settore le opportunità di appartenere alla ‘casa
Confindustria’. E poi, una priorità
interna alla nostra Sezione: lavoro
di squadra e maggior comunicazione, con più coinvolgimento
della base associativa”.
Matteo Grossi, presidente
Sezione Servizi Innovativi e
Tecnologici
“Monitoreremo le attività
dall’Agenzia per l’Italia Digitale
per fornire a tutti i nostri associati aggiornamenti costanti sulle
novità introdotte nei sistemi informatici della Pubblica ammini-
CONFINDUSTRIA FIRENZE
strazione. Ma rafforzeremo anche
i rapporti con l’università e le
scuole, sia per favorire un’offerta
formativa adeguata ai tempi, sia
per orientare i giovani verso settori capaci di generare lavoro”
Angelo Biggioggero, presidente Sezione Alimentare
“Le nostre parole chiave
parlano per le nostre aziende e
per l’attività della nostra sezione:
Sostenibilità. Sviluppo. Squadra.
Sicurezza. Salute. Sapore”.
Benedetta Bigazzi, presidente Sezione Centri Diagnostici
“Al momento la nostra priorità è cercare di cambiare la percezione che gli utenti e le istituzioni
hanno di noi come “speculatori”
della salute e di farci riconoscere
per quello che siamo: un’alternativa di qualità al servizio pubblico
e un importante partner per lo
stesso servizio, ove questo non
sia sufficiente. Siamo da sempre
disponibili al confronto e alla collaborazione, ma pretendiamo allo
stesso tempo dignità e parità di
trattamento”.
Alberto Cipriani, presidente Sezione Legno-Arredo
“Essenzialmente tre le priorità su cui stiamo lavorando: Estero. Aumento qualità dei prodotti
e dei servizi. Superare la troppa
rigidità sulle modalità di pagamento”.
Alfredo Coltelli, presidente Sezione Metalmeccanica
“Le imprese che crescono, che creano valore/ricchezza
e occupazione, sono quelle che
innovano, che sanno migliorarsi,
mantenersi al top della tecnologia, formare il proprio personale,
competere sui mercati nazionali
e internazionali. Sono evidenti i
fattori di successo sui quali dobbiamo e vogliamo puntare: Innovazione, Formazione/Education e
Internazionalizzazione.
Un altro obiettivo importante del nostro programma sarà
Expo 2015, un’occasione straordinaria che ci permetterà di valorizzare anche le nostre eccellenze”.
Franco Baccani, presidente
Sezione Pelletteria
“Firenze e la Toscana devono
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 51
diventare una “zona franca” dal
falso e dall’illegalità. La sfida che
ci siamo posti è impegnativa. Ma
il nostro settore è sotto attacco; e
noi dobbiamo difendere le nostre
aziende, le nostre competenze e il
nostro capitale umano, perché –
per noi – l’illegalità è concorrenza
sleale, che mina alle fondamenta
la nostra competitività”.
Stefano Fani, presidente
Ance Firenze
“Fra le priorità della Sezione ci sono sia la creazione di
nuovi strumenti aggregativi di
filiera, per rispondere in maniera
più competitiva alle esigenze del
mercato, sia la creazione di iniziative in collaborazione con la
Pubblica amministrazione per il
rilancio del settore”.
Eletti anche il presidente
della Sezione Chimica, Plastica
e Gomma, Andrea Manganelli
e il presidente della Sezione Calzature, Andrea Brotini.
Benedetta Bigazzi
Andrea Galluzzo
Eduardo Di Benedetto
Alberto Cipriani
Sergio Croci
Francesco Matera
Alfredo Coltelli
Riccardo Bartolozzi
Beatrice Grassi
Franco Baccani
Massimo Gaiotto
Matteo Grossi
Stefano Fani
Gianluca Scarpellini
Angelo Biggioggero
Andrea Manganelli
IES | luglio-settembre 2014 | Pagina 52
CONFINDUSTRIA AREZZO, GROSSETO, SIENA
Confindustria Arezzo, Grosseto e
Siena: insieme per la Toscana del sud
Grande partecipazione all’Assise congiunta. Urgente il tema delle riforme, dal lavoro alla giustizia alla P.A.
O
ltre trecento imprenditori, insieme
alle autorità territoriali provenienti da tutta l’area
della Toscana del sud hanno
partecipato all’Assise di Confindustria Arezzo, Grosseto e
Siena che si è tenuta martedì
1 luglio 2014, a Siena, presso
il Palasport Mens Sana di viale
Sclavo.
“L’Italia e l’attrazione di
investimenti esteri” è stato
il tema dell’iniziativa che ha
rappresentato un momento
d’incontro fra gli imprenditori
interessati alla crescita e allo
sviluppo economico e sociale
della Toscana del sud ed importanti esponenti dell’industria e
della finanza internazionale,
per una più approfondita conoscenza della economia globale, finalizzata all’attrazione
degli investimenti.
E’ stato questo il primo
grande appuntamento per
arrivare in seguito alla formazione di un’unica territoriale
della Toscana del sud, in vista
dell’Assemblea generale che
si terrà in autunno. Le tre territoriali di Arezzo, Grosseto
e Siena rappresentano unite
circa 1.200 aziende, con più di
40.000 addetti e una capacità
di esportazione beni pari a circa 8,5 miliardi di euro.
Dopo il saluto del presidente di Confindustria Siena,
Paolo Campinoti, è intervenuto
Roberto Giuli, amministratore
delegato di Energyt.I.Group,
sponsor dell’evento, che ha
introdotto un breve video
dell’azienda. A seguire si è
tenuta la tavola rotonda alla
quale, oltre allo stesso presi-
CONFINDUSTRIA AREZZO, GROSSETO, SIENA
dente di Confindustria Siena,
hanno partecipato Eugenio
Sidoli, presidente Philip Morris Italia, Deryck Maughan,
membro CdA BlackRock, Antonella Mansi, vicepresidente
Confindustria, Fabrizio Viola,
amministratore delegato Banca MPS. Moderatore è stato
Alan Friedman, giornalista e
scrittore.
Il tema più sottolineato è
stato quello dell’urgenza delle
riforme, affinché il paese torni
ad essere competitivo e attrattivo per i capitali stranieri:
riforme del lavoro, della pubblica amministrazione, fiscale
e della giustizia.
Fisco e burocrazia sono
poi gli ostacoli che più bloccano le aziende, tempi non certi
per l’ottenimento di permessi
e un debito pubblico pesantissimo gravano sulle spalle della
ripresa.
Dal punto di vista del credito gran parte delle risorse
sono richieste per la ristrutturazione del debito mentre
ancora poche sono dirette a
investimenti e sviluppo.
Sartoria Marinaro
di Mario Sciales
Via Tornabuoni 7, 50121 Firenze
Tel./Fax: 055 215854 [email protected]
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CONFINDUSTRIA LUCCA, PISTOIA, PRATO
Lucca, Pistoia e Prato:
la Toscana del nord verso
la fusione
Le tre Associazioni confindustriali si riuniscono in Assemblea pubblica congiunta e segnano il primo passo
di un percorso di integrazione. Obiettivo: diventare una sola associazione entro il 2016
M
ontecatini Terme,
ed in particolare
lo splendido scenario del Tettuccio, ha fatto
da sfondo ad un evento che
rimarrà nella storia delle Confindustrie di Lucca, Pistoia e
Prato: l’8 luglio scorso le tre
associazioni si sono riunite in
un’Assemblea pubblica congiunta che segna il primo passo (ufficioso ma impegnativo
sul piano politico e programmatico) di un percorso che le
porterà alla fusione entro il
2016.
Territori piuttosto diversi
dal punto di vista delle spe-
cializzazioni settoriali, ma accomunati da una vocazione
manifatturiera che, pur nelle
diverse declinazioni locali, le fa
sentire vicine ed affini. Proprio
il manifatturiero, il suo valore
per la Toscana e l’Italia, le sue
potenzialità, gli ostacoli che ne
compromettono lo sviluppo
sono stati il motivo conduttore
degli interventi dei presidenti Federica Landucci (Pistoia),
Cristina Galeotti (Lucca) e Andrea Cavicchi (Prato).
In tutti una consapevolezza: che la futura associazione
sarà un soggetto forte, espressione di territori che manten-
gono viva una imprenditorialità moderna ed aperta e che
affrontano con determinazione
le difficoltà dei cambiamenti in
atto a livello globale.
Il quadro associativo cumulato delle tre associazioni
ad oggi: 1.473 aziende iscritte
che assorbono 37.687 dipendenti, in un contesto in cui le
rispettive province rappresentano insieme il 24,5% del
valore aggiunto della Toscana (28,8% nel caso del valore
aggiunto manifatturiero, dati
Istat 2011 edizione novembre
2013) e il 21,6% dell’export totale regionale in valori, per un
totale di 6,753 miliardi di euro
(2013).
Il settore manifatturiero
prevalente a Prato è il tessilemoda (inclusi gli accessori);
a Lucca a primeggiare sono il
metalmeccanico e la carta; a
Pistoia il settore tessile-moda è
il più importante a livello provinciale, il secondo è rappresentato dalla metalmeccanica,
il terzo dal cartario.
Nel complesso, il comparto della meccanica di Lucca,
Pistoia e Prato rappresenta,
insieme, il 33,3% (per numero
di imprese) di quello regionale,
ed il 20,7% degli addetti totali;
CONFINDUSTRIA LUCCA, PISTOIA, PRATO
il tessile-moda il 68% del numero di imprese per un 64%
di addetti; il cartario, oltre il
90% per entrambi i parametri.
Significative nelle tre associazioni sono anche le attività
che operano al servizio delle
imprese (servizi innovativi e
tecnologici).
Da segnalare anche specializzazioni funzionali alle
attività principali oppure legate a caratteristiche territoriali:
Pistoia esprime una significativa rappresentanza nel turismo
La prima assemblea unitaria
degli industriali di Lucca,
Pistoia e Prato si è tenuta
nella Sala Regina del Tettuccio a Montecatini Terme. E’
stato proprio il sindaco della città Giuseppe Bellandi
ad aprire i lavori; dopo di lui
il presidente di Confindustria Toscana Pierfrancesco
Pacini.
Le relazioni sono state svolte, oltre che dai presidenti
delle tre associazioni organizzatrici, dal presidente di
AIFI-Associazione Italiana
del Private Equity e Venture
Capital Innocenzo Cipolletta e dall’amministratore
delegato del Banco Popolare Pier Francesco Saviotti. A
chiudere i lavori, in rappresentanza di Confindustria,
Vincenzo Boccia nella sua
(trascinata dal polo termale di
Montecatini e Monsummano,
ma anche dal comprensorio
montano di Abetone ed Appenino Pistoiese); Lucca, per
contiguità con il settore estrattivo, vede la presenza di imprese che producono materiali da
costruzione; Prato esprime invece numeri interessanti nella
gomma, plastica e chimica. Ben
presente nei tre territori, pur ridimensionato per effetto della
grave crisi che lo ha investito
ormai da anni, il settore edile.
veste di presidente del Comitato tecnico credito e finanza. Un’assemblea quindi all’insegna dell’economia
e della finanza, con in primo
piano il supporto che il credito può fornire alla ripresa.
Tema dominante, comunque, la risposta che Lucca,
Pistoia e Prato stanno dando alle indicazioni della Riforma Pesenti, che impone
una drastica riduzione del
numero di territoriali del sistema Confindustria.
La futura associazione industriale della Toscana del
Nord non sarà però solo
una risposta dovuta alle politiche confederali ma uno
strumento per continuare a
offrire ai soci una rappresentanza più autorevole e
servizi più efficienti.
La presidente di Confindustria
Pistoia Federica Landucci:
“Pistoia viene definita ‘cerniera
della Toscana’. Cerniera che ha
senso se sta al centro dei lembi
che deve unire; altrimenti, mantenendo la metafora, i suoi denti
non terranno insieme le parti
dell’abito. Geograficamente questa posizione ci calza a pennello,
e le imprese potranno cogliere i
servizi da altre associazioni, mentre noi offriamo all’aggregazione
i nostri; e poniamo sul tavolo la
nostra poliedricità, che include
anche il turismo di livello. Quindi
con Lucca e Prato potenziamo
tutte le vocazioni che da sempre
esprimiamo”.
Il presidente dell’Unione Industriale Pratese-Confindustria
Prato Andrea Cavicchi:
“Il percorso di fusione conferma
lo spirito con cui oltre un secolo
fa fu fondata l’Unione Industriale
Pratese. Le nostre associazioni esistono per rappresentare,
affiancare e servire le imprese:
un obiettivo incompatibile con lo
spirito di campanile. L’associazione unica ci garantirà una identità
solida, una capacità di rappresentanza efficace e la possibilità di
fornire servizi efficienti. Il percorso
di fusione che abbiamo davanti
nasce da scelte consapevoli e
mature che coinvolgono profondamente la base associativa”.
La presidente dell’Associazione degli Industriali di Lucca
Cristina Galeotti:
“Fondamentale sarà la conoscenza delle basi associative:
un’Associazione è forte tanto
più la propria base associativa è
solida e partecipativa. In merito,
credo sia necessario intensificare,
da parte delle sezioni merceologiche, riunioni e iniziative
comuni al fine di dare alle imprese più occasioni per conoscersi
meglio, nella prospettiva di
unificare le sezioni stesse. Di vera
integrazione si potrà parlare solo
quando arriveremo a individuare
un’azienda in relazione non al
territorio di appartenenza ma al
settore in cui opera”.
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CONFINDUSTRIA LIVORNO
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Il valore dell’impresa
nel Bilancio di
Sostenibilità del
Comparto Chimico e
Petrolifero
Confindustria Livorno: un’iniziativa di eccellenza
da replicare in altri territori ed in altri settori
C
onfindustria Livorno
coordina da quindici
anni il Bilancio di
Sostenibilità del Comparto
Chimico e Petrolifero della
provincia di Livorno, con il
quale le aziende del Comparto
si sono impegnate a consuntivare l’andamento delle rispettive attività, traducendo in un
documento di facile lettura l’insieme di notizie, informazioni,
dati, che dimostrano il valore
aggiunto prodotto e distribuito al territorio, nel rispetto dei
principi di sostenibilità economica, sociale e ambientale, che
guidano l’agire quotidiano delle Imprese.
Obiettivo dell’iniziativa,
condiviso dalle aziende del
Comparto e dai numerosi stakeholder con i quali le Imprese
si sono confrontate nel corso
degli anni sui temi affrontati
dal Bilancio di Sostenibilità, è
di migliorare la comunicazione
verso tutti i soggetti con i quali
le aziende interagiscono, rivolgendosi ad un numero sempre
più ampio di interlocutori istituzionali e sociali, in particolare
ai giovani, alle scuole, ai loro
insegnanti e a quella comunità
civile, che è la principale destinataria delle ricadute economiche e sociali della presenza
industriale sul territorio.
Per questo, proseguendo
l’innovazione introdotta nella precedente edizione, il XV
Bilancio di Sostenibilità del
Comparto Chimico e Petrolifero è stato pubblicato sul sito
web dedicato www.bilanciochimicolivorno.it, progettato
e realizzato dagli studenti degli
Istituti Scolastici Superiori della
provincia di Livorno, che hanno
partecipato al concorso indetto
da Confindustria Livorno.
E’ fondamentale infatti
correggere alcuni pregiudizi
che talvolta riemergono nei
confronti delle attività industriali, aumentando la consapevolezza di quanto il patrimonio industriale e le Aziende
multinazionali siano strategici
per il benessere e lo sviluppo
del nostro territorio: in un periodo di forte contrazione dei
mercati e di rilevanti difficoltà
economico-finanziarie, il Comparto Chimico e Petrolifero di
Confindustria Livorno ha continuato ad investire sul territorio, anche incrementando, seppur lievemente, il numero degli
occupati.
Nel Bilancio di Sostenibilità sono riportati dati e informazioni dettagliate relativi al
valore distribuito agli occupati,
alle imprese dell’indotto, allo
Stato e agli Enti Locali in imposte e tasse. Sono quantificati gli
investimenti realizzati e quelli
previsti per l’anno in corso, gli
interventi dedicati alla formazione del personale, gli indici
degli infortuni sul lavoro ed anche il dettaglio delle emissioni
nell’ambiente.
Per questo il Bilancio rappresenta anche un valido ed
efficace riferimento per l’analisi
dell’andamento economico del
territorio e per evidenziare le
difficoltà che le imprese si trovano ad affrontare nella propria
operatività. Costituisce quindi
un’ottima occasione per dialogare, fare squadra con tutte le
Istituzioni e i soggetti interessati al consolidamento delle
attività industriali e all’attrazione di nuovi investimenti sul
territorio.
Il Comparto Chimico e
Petrolifero - che con orgoglio
possiamo annoverare fra le eccellenze nazionali nel campo
della responsabilità sociale - ha
anche il merito di promuovere
lo sviluppo di una cultura industriale, a vantaggio di tutto il sistema imprenditoriale e quindi
del territorio nel suo complesso.
Alla XV edizione del Bilancio di Sostenibilità, realizzato
con il contributo della Camera di Commercio di Livorno,
hanno partecipato le seguenti
Aziende: Costieri D’Alesio,
Costiero Gas Livorno, ENIDiv. Refining & Marketing–
Raffineria di Livorno, Ineos
Manufacturing Italia, NERI
Depositi Costieri, Prysmian
Cavi e Sistemi Italia, Solvay
Solutions Italia, Styron Italia, Toscopetrol.
Per ulteriori informazioni
visitare il sito www.bilanciochimicolivorno.it o inviare una
mail a bilanciochimicopetrolifero@confindustrialivorno.it
CONFINDUSTRIA MASSA CARRARA
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Il manifatturiero ci salverà
Intervento di Giuseppe Baccioli, presidente dell’Associazione Industriali Massa Carrara
P
ensando al mio “debutto” in questa vetrina ho preso in considerazione diversi argomenti su
cui avrei molte cose da dire o, in
alcuni casi, dei sassolini (di marmo!!!) da togliermi dalle scarpe.
Avrei potuto recitare il solito cahier de doleance, elencare le difficoltà che le imprese, qui a Massa
Carrara come nel resto del Paese,
devono fronteggiare (fisco, burocrazia, credito, ostilità, ecc.), richiamare il complicato momento
che vive il mondo delle cave nei
rapporti con le amministrazioni
locali, parlare del lavoro che manca, delle difficoltà che imprese e
famiglie affrontano. Sono però
un ottimista e ho deciso di dare
un taglio diverso al mio intervento; voglio accendere i riflettori sui
progetti che alcuni imprenditori
“coraggiosi” stanno realizzando
nel nostro territorio perché sono
convinto che “il manifatturiero
ci salverà”. Sono, infatti, un sostenitore della campagna che il
Presidente Squinzi sta portando
avanti con passione e impegno,
per creare le condizioni favorevoli
alla rinascita del settore manifatturiero, per far si che l’industria
riacquisti il ruolo di attore principale dello sviluppo.
Accanto ai settori del lapideo, della meccanica, della chimica che sono da sempre i pilastri della nostra economia, se
ne stanno affacciando di nuovi
e alcune attività tradizionali si
rigenerano e trovano nuovo vigore. Intorno a noi qualcosa sta
cambiando, si sta rimettendo in
moto un sistema che sembrava
essere sopito. Senza far torto a
nessuno, ricordo l’importanza del
polo di aziende specializzate nella meccanica per grandi moduli,
nell’impiantistica, nell’elettronica
e nella logistica che sta crescendo
insieme a Nuovo Pignone; tanti i
laboratori artistici di marmo stanno riaprendo e faranno rinverdire una storica tradizione; sempre
nella nostra provincia ha sede un’
importante società di ingegneria
ambientale, Ambiente sc., che in
questi giorni fra l ‘altro ha monitorato l’ultimo viaggio della Concordia. Vorrei soffermarmi però
su tre realtà molto dinamiche che
stanno dando impulso alla nostra economia: Nca, D’Avenza e
Iglom. Sono aziende che operano
rispettivamente nei settori della
nautica, della moda e della chimica (oli minerali lubrificanti). NCA
e’ stato acquistato nel 2012 da The
Italian Sea Group, era un cantiere pubblico non più competitivo
che stava languendo, un caso che
sembrava disperato. Nel cantiere,
ISG ha investito oltre 15 mil. di
euro riqualificandolo e facendolo
diventare uno fra i più versatili e
moderni del mediterraneo. Oggi
NCA dispone di superfici per
oltre 100 mila mq, lavora a pieni
ritmi con 200 addetti diretti e più
di 1.000 nell’indotto e sta guardando a possibili espansioni.
Il recente ingresso del gruppo Cucinelli nella D’Avenza ha
Giuseppe Baccioli
scongiurato il probabile declino
di uno straordinario brand conosciuto nel mondo per l’alta
sartoria da uomo. Brunello Cuccinelli ha rilevato know how e professionalità, per fare “rinascere”
D’Avenza e creare opportunità
anche con una scuola di sartoria
che riporterà in primo piano le
abilità manuali.
Iglom, solida società presente da oltre 30 anni sul territorio,
ha deciso di ampliare la gamma
delle sue lavorazioni acquistando
le aree lasciate libere dalla multinazionale che nel 2008 aveva
traumaticamente chiuso i battenti: 70 dipendenti ex Eaton saranno subito riassunti.
Non aggiungo altre parole
ai fatti; sono esempi concreti che
gli imprenditori sono in grado di
realizzare, se messi in condizione
di farlo. Ci sono aziende disposte
ad investire e a creare occupazione, che possono, in un ambiente
non ostile, contribuire a farci uscire da questo momento difficile.
SAURO GUERRI E LE SFIDE
IMPRENDITORIALI TRA L’EGITTO E LA CINA
VAIANO – Impegno,
passione per il proprio lavoro e
voglia di girare il mondo alla ricerca di nuove sfide. Con questo
spirito e questi ideali l’imprenditore Sauro Guerri ha dato vita nel
1994 a Progetto Lana, un’azienda
con sede a Vaiano specializzata
nel recupero degli scarti tessili. La
storia parte da lontano. È il 1973, e
per la prima volta, all’età di diciotto anni, Guerri entra in contatto
con il mondo del tessile. Ma è nel
1979, grazie alla piccola azienda
del suocero che l’imprenditore si
appassiona davvero al mestiere e
all’arte della lavorazione dei prodotti tessili. Adesso la sua Progetto
Lana, nata in compartecipazione
con il gruppo Schneider, è diventata una delle aziende leader nel
settore della produzione delle fibre
naturali per il sistema cardato e nel
recupero dei cascami tessili. Negli
anni infatti, ha costruito importanti progetti di crescita all’estero,
Cina ed Egitto su tutti.“In sostanza – spiega Sauro Guerri – quella
che noi produciamo è una fibra
rigenerata, che attraverso processi
eseguiti artigianalmente nei nostri
impianti partecipati, trova nuova
vita”. I riciclati tessili riguardano la
lana, il cachemire e le fibre naturali.
Il tutto con un occhio di riguardo
all’ambiente e all’ecosostenibilità:
“La nostra partnership con altre
aziende– sottolinea Guerri – ha
permesso di unire la riconosciuta tradizionale qualità del gruppo
Schneider con l’attenzione tutta
pratese verso il riciclo; a Prato infatti, ogni anno si lavorano più di
22mila tonnellate di stracci, e questo permette di ridurre notevolmente l’impatto della produzione
sull’ambiente”. Dal 2004 Progetto
Lana, dopo dieci anni di attività,
ha deciso di investire in Cina, con
l’acquisizione di un’importante
partecipazione nell’impianto di
carbonizzo di Fengyuan, nel distretto produttivo di Jangsu.“Quello cinese è stato un progetto difficile – racconta Guerri – ma proprio
molto stimolante, che ci permette
di produrre annualmente più di
due milioni e mezzo di chili di lana
carbonizzata di ottima qualità”.
Ma la sfida più grande è cominciata nel 2012, con un investimento importante in un impianto
di pettinatura e carbonizzo lane in
Egitto, a Sadat City. L’ennesima
sfida, che ha visto in prima linea
importanti aziende del settore tessile italiano. Tra queste la PettinaturaVerrone (che detiene il 35% delle
quote), il Gruppo Marzotto (con il
30%), la società pubblica Simest
(25%) e infine Progetto Lana di
Sauro Guerri, con una partecipazione del 10%. Per gli imprenditori
del tessile, l’Egitto rappresenta da
tempo un’isola felice dove poter
sviluppare i propri investimenti.
Non solo e non tanto per il costo inferiore della manodopera,
che pure è importante: “L’Egitto è
strategico – afferma Sauro Guerri
– soprattutto per la sua vicinanza
con il Canale di Suez, da cui passano tutte le nuove rotte delle merci
asiatiche, e da cui qualsiasi destinazione in ogni parte del mondo
è raggiungibile con pochi giorni
di navigazione; inoltre a Suez si
fermano le navi che trasportano le
lane provenienti dai paesi d’origine come Australia, Nuova Zelanda
e Sud Africa”. L’impianto egiziano,
nel quale lavorano circa 180 persone, può vantare il più grande
terrazzo industriale del mondo,
nel quale l’ asciugatura delle fibre
si ottiene con il minor stress possibile per la lana, unitamente ad un
eccellente grado di imbiancatura
naturale.
noti ormai da tempo. Tassazione
troppo elevata, burocrazia infinita
e costi del lavoro esorbitanti hanno
reso il nostro Paese sempre meno
attraente per chi vuole investire. In
un contesto del genere, Prato ha
sofferto al pari di altre realtà produttive italiane, anche se per l’imprenditore Sauro Guerri il futuro
non è così nero come potrebbe
sembrare all’apparenza: “Questa
città ha il futuro nelle proprie mani,
ma è chiaro che a queste condizioni è davvero difficile lavorare e non
è più possibile andare avanti; in
qualsiasi altro paese del mondo si
fa di tutto per attrarre gli investimenti, mentre in Italia sembra si
faccia l’opposto; industriali, sindacati e Governo devono tornare a
muoversi insieme per far si che si
rimettano i soldi nelle tasche dei
cittadini innescando un processo
di riforme che ci possa rendere più
credibili nel mondo”.
www.progettolana.com
Tra la Cina e l’Egitto però, l’imprenditore
pratese non ha perso
di vista l’Italia, “un Paese nel quale – spiega
– è sempre più difficile rimanere per fare
impresa e creare utili”.
I mali di cui soffre la
nostra economia sono
publiredazionale
SIGNORI VASCO: VIA PISTOIESE, 140 - 59100 - PRATO - 057426244
SIGNORI DUE: VIA BOITO, 33 - 59013 - MONTEMURLO - 0574791670
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