la gestione del paziente cronico nel setting della continuita
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la gestione del paziente cronico nel setting della continuita
CORSO DI AGGIORNAMENTO MEDICI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE ANNO 2012 LA GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO NEL SETTING DELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE A cura di: Dott. Gabriella Ianiro Dott. Luigi Barassi Docente di Medicina Generale Medico di Continuità Assistenziale 1 L’attuale assetto delle cure primarie prevede nuovi modelli organizzativi per la presa in carico e la continuità delle cure dei pazienti cronici nell’assistenza territoriale. Obiettivi generali: il presente progetto formativo prevede l’acquisizione di competenze in grado di favorire l’integrazione dei Medici di CA con le altre figure professionali nell’assistenza territoriale integrata, nell’ambito delle Cure Primarie. Obiettivi specifici: analizzare le novità professionali per il Medico di CA previste dai nuovi modelli organizzativi delle cure primarie; identificare le “criticità” nella presa in carico del paziente cronico da parte del Medico di CA; individuare strumenti e modalità di comunicazione con le altre figure professionali atti a garantire la continuità delle cure. 2 INDICE Gestione delle malattie croniche :…………………………………………….pagina……........4 Disease management, Chronic Care Model, Gestione Integrata della malattia, PA (Percorsi Assistenziali) Assetto delle Cure Primarie nell’assistenza territoriale ai pazienti affetti da malattie croniche: Modelli organizzativi delle cure primarie………………………………………………..10 Significato del Servizio di Continuità Assistenziale nella rete dei servizi sanitari………….13 Modalità di integrazione con il Medico di Medicina Generale “Criticità” nella presa in carico del paziente cronico da parte del medico della CA……….19 Strumenti e modalità di comunicazione con le altre figure professionali per garantire continuità delle cure ……………………………………………………………………………...21 Bibliografia…………………………………………………………………………………………23 3 GESTIONE DELLE MALATTIE CRONICHE Le malattie croniche causano nel mondo il 60% (circa 35 milioni) di tutti i decessi. Tale situazione epidemiologica ha evidentemente pesanti ricadute in termini di quantità di vita e di qualità della stessa, nonché rappresenta un grosso fardello economico per i singoli individui, le loro famiglie, i sistemi sanitari e le società. Inoltre le cure di lungo termine in comuni patologie croniche (cardiovascolari, diabete) non sempre sono erogate secondo le raccomandazioni basate sull’evidenza. Esiste la necessità di identificare con maggiore specificità, responsabilità e sinergie all’interno dei protocolli. Dalla metà degli anni ’90 diversi gruppi di ricercatori (Katon et al., 199513; Wagner et al, 199614, Von Korff et al, 199715), hanno ridefinito l’approccio alle malattie croniche spostando i modelli di cura da un approccio reattivo, basato sul paradigma “dell’attesa” dell’evento acuto, ad un approccio “proattivo”, improntato al paradigma preventivo, mirato ad evitare o rinviare nel tempo la progressione della malattia; a promuovere l’empowerment del paziente (e della comunità ) e la qualificazione del team assistenziale (sanitario e sociale). Gli strumenti di “governo clinico” individuati per tali obiettivi sono: Disease management : approccio sistemico e integrato che implica un’azione coordinata tra tutte le componenti e tra tutti gli attori del sistema assistenziale, che, seppur con responsabilità diverse, sono chiamati a sviluppare interventi mirati verso comuni obiettivi; 4 Chronic Care Model : Il CCM ha un focus più ampio del DM. Sono stati i ricercatori del MacColl Institute for Healthcare Innovation, guidati da E.H.Wagner, a sviluppare il Chronic Care Model con il supporto della Robert Wood Johnson Foundation e la rivisitazione di un panel nazionale di esperti. Il modello fu testato in vari setting assistenziali e venne quindi sviluppato attraverso un programma nazionale: "Improving Chronic Illness Care" (ICIC). Il Chronic Care Model individua in modo puntuale le variabili fondamentali che rendono possibile un approccio “sistemico” alle malattie croniche; “sistemico” in quanto muove tutte le leve organizzative ed operative per promuovere un approccio appropriato da parte degli operatori. Il presupposto di questo modello è che, per essere efficaci, efficienti e attenti ai bisogni globali dei pazienti, è necessario anche l’impegno di tutto il sistema organizzativo. Infatti, il disegno del CCM pone, in un unico quadro d’insieme, tutti quei fattori organizzativi ed operativi del sistema sanitario e della comunità che risultano predisponenti per l’azione efficace delle “persone” (gli operatori ed i pazienti) dalle cui attività scaturiscono i risultati attesi. Il Chronic Care Model, collocato nella rete assistenziale italiana, riconosce nel setting delle Cure Primarie (Medicina Generale, Pediatria di libera scelta, Medici di Continuità Assistenziale) una delle componenti fondamentali nella erogazione dei servizi sul territorio. Le Cure Primarie hanno in affido in modo peculiare la cura delle cronicità, perché esse rappresentano il segmento del SSN più vicino ( non solo concettualmente ma soprattutto fisicamente) al paziente e perché ad esse in maniera prioritaria è affidata la continuità della cura tra i diversi livelli di assistenza. 5 Modello di gestione delle patologie croniche Gli strumenti di traduzione organizzativa ed operativa del Chronic Care Model e del Disease Management sono: PA (Percorsi Assistenziali) Gestione Integrata della malattia 6 PERCORSI ASSISTENZIALI (PA) Il percorso assistenziale (PA) è un metodo innovativo utilizzato per la revisione critica ed il ridisegno degli iter assistenziali di specifici target di pazienti. Può essere definito un macroprocesso che corrisponde alla intera gestione di un problema di salute. Rispetto al percorso diagnostico terapeutico (PDT) il percorso assistenziale (PA) include anche l’assistenza alla persona per la cura di sé e per eventuali disabilità e il sostegno psicologico e sociale. La costruzione di un PA si basa sull’uso dell’iter del paziente come un tracciante che, attraversando i servizi, ne mette in evidenza il funzionamento ed i prodotti, intermedi e finali, clinici e non, erogati durante la filiera dell’iter assistenziale. L’analisi del processo assistenziale, che sta alla base della costruzione di un PA, permette di individuare gli snodi critici che hanno effetti significativi sui “prodotti” finali e di identificare le cause e le eventuali pratiche erronee o da migliorare (malpractice) che stanno alla base delle criticità rilevate. Questa tecnica analitica permette di intraprendere azioni mirate di miglioramento. I PA rappresentano strumenti utili per il concretizzarsi della gestione integrata e allo stesso tempo risultano indispensabili per costruire un disegno assistenziale adatto alle potenzialità ed ai limiti dei contesti locali, permettendo di inserire, nelle diverse tappe assistenziali, indicatori di verifica , specificamente correlati ai contributi dei diversi servizi e delle differenti figure professionali. La definizione di PA condivisi tra ospedale e territorio risulta particolarmente indicata per la gestione delle malattie croniche ad elevata prevalenza. Le patologie più frequentemente oggetto dei PA risultano essere il diabete, l’ostruzione bronchiale cronica (BPCO), l’ipertensione arteriosa, lo scompenso cardiaco. 7 GESTIONE INTEGRATA DELLA MALATTIA E’ una formula organizzativa dell’assistenza costruita sulla scorta di percorsi assistenziali condivisi che mettano in luce e valorizzino i contributi delle varie componenti e dei vari attori assistenziali lungo il continuum di cura del paziente. L’obiettivo principale della gestione integrata è quello “di ottenere un miglioramento dello stato di salute del paziente (…) di contenere/ottimizzare l’utilizzo delle risorse umane ed economiche (…) utilizzando strategie per modificare i comportamenti di pazienti e medici, da parte dei quali è spesso difficile ottenere rispettivamente un’adesione ai piani di cura e la condivisione e l’utilizzo di linee guida per la pratica clinica” Essa è, quindi, definibile come un processo assistenziale mirato al progressivo consolidarsi di una prassi di gestione condivisa tra il MMG, che è il riferimento primario del singolo paziente, e la rete di professionisti territoriali ed ospedalieri (specialisti, infermieri, medici di CA ed altre figure professionali) che entrano in gioco nell’erogazione dell’assistenza. Essa è la risposta organica a: frammentazione della cura trattamento inappropriato deviazione dalle linee guida e permette: continuità assistenziale integrazione e coordinamento tra i livelli di assistenza coinvolgimento attivo del paziente nei percorsi di cura 8 La GI implica la necessità dello sviluppo di strumenti di comunicazione stabile all’interno della rete di professionisti che assiste il paziente, sfruttando, ove possibile, le potenzialità informatiche, senza disdegnare altri strumenti e vie di comunicazione a minore impatto economico . Lo sviluppo della GI, però, impone la necessità di una comunicazione sistematica tra i diversi attori di cura e, pertanto, è necessaria l’individuazione di formule specifiche di condivisione dei dati (scheda unica, posta elettronica certificata, estrazione ed invio di dati su query, ecc.) secondo modalità e strumenti definiti a livello degli accordi regionali. Si rende necessaria, quindi, una struttura di sistema informativo adeguata, che sia effettivamente in grado di fornire i dati e le informazioni necessarie e di far circolare gli elementi di conoscenza tra le varie componenti del sistema assistenziale, rispettando i differenti bisogni informativi dei diversi attori assistenziali. La prospettiva della GI, del follow-up attivo e del “patto di cura” che da questo deriva, i cui risultati devono essere resi misurabili attraverso specifici indicatori di processo e di esito, è quella di migliorare gli out come e la qualità di vita dei pazienti, di ridurre i ricoveri impropri, di evitare il follow-up specialistico immotivato, di promuovere l’approccio multidimensionale, multi professionale e multidisciplinare, di dare centralità al paziente valorizzando pienamente le sue potenzialità. Inoltre, l’implementazione di ciascuna nuova modalità di lavoro o di integrazione tra diversi servizi/professioni va sostenuta oltre che da appositi protocolli tecnico-professionali, da un’ azione di informazione – formazione, tale da consentire a ciascun operatore di appropriarsi dei contenuti e tradurli nella pratica quotidiana. Risulta conveniente prevedere piani di formazione annuali mirati e contestualizzati ai processi di miglioramento avviati. 9 MODELLI ORGANIZZATIVI DELLE CURE PRIMARIE La necessità di potenziare la rete dell’assistenza territoriale, il governo clinico dei percorsi assistenziali, dell’integrazione (multiprofessionale, multidisciplinare e sociosanitaria), sono i temi fondanti per migliorare la qualità complessiva dell’assistenza sanitaria nel nostro paese. Nel corso degli anni, a questo proposito, si sono evolute diverse strategie di integrazione, sia di tipo informatico sia a carattere organizzativo: i modelli associativi per medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e le forme più complesse/evolute di integrazione ne sono la dimostrazione. EVOLUZIONE DELLE FORME ASSOCIATIVE DELL’ASSISTENZA PRIMARIA Nel quadro dei riferimenti normativi, va citata la legge 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale che, all’art. 48, comma 1, punto 12 stabilisce: “Gli accordi collettivi nazionali devono prevedere le forme di collaborazione fra i medici, il lavoro medico di gruppo e integrato nelle strutture sanitarie”. In seguito, il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 all’art. 8, comma 1 (in questo punto mai modificato dalle norme successive), prevede “…Detti accordi devono tener conto dei seguenti principi:… e) garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana attraverso il coordinamento operativo e l’integrazione professionale, nel rispetto degli obblighi individuali derivanti dalle specifiche convenzioni, fra l’attività dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica e della medicina dei servizi, attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo professionale e l’organizzazione distrettuale del servizio…”. 10 Un particolare rilevo assumono gli Accordi collettivi nazionali della Medicina Generale (di seguito sinteticamente riportati come ACN), che hanno aperto nuovi spazi per sperimentare modelli organizzativi innovativi per la gestione delle cure primarie, talora riprendendo e valorizzando esperienze di associazionismo o di budget realizzate in ambito locale già dagli anni ’90. Nell’ACN degli anni ‘80 (D.P.R. 8 giugno 1987, n. 289) e fino a quello approvato nel 1996 si è prevista un’unica forma associativa fra medici di medicina generale: la medicina di gruppo. L’ACN del 1996 ha individuato due forme: associazione e medicina di gruppo. Lo stesso accordo del 1996 ha previsto anche " gli accordi Collettivi regionali disciplinano la sperimentazione di forme associative ...." (DPR 314/96: capo VI articolo 71). E’ solo nell’anno 2000 che gli ACN (D.P.R. n. 270 per i medici di medicina generale; D.P.R. n. 271 per gli specialisti ambulatoriali interni; DPR n. 272 per i Pediatri di Libera Scelta) sembrano orientarsi più decisamente sulle forme associative come leve per il cambiamento, prevedendo diversi obiettivi per lo sviluppo associativo della medicina primaria. Ancora più esplicitamente, l’ACN del 23.3.2005 indica “l’esercizio della medicina generale sta superando progressivamente la caratteristica di pratica professionale individuale isolata e richiede sempre più livelli organizzativi crescenti che consentano la collaborazione fra medici di medicina generale, il supporto di professionisti non medici, l’impiego di tecnologie. Nella fase attuale, la Preintesa per gli ACN della medicina generale del 22 dicembre 2008 e gli ACN stipulati il 27 maggio 2009 (ACN 29 luglio 2009 artt.27 e 27 – bis; ACN 8 luglio 2010 art. 5, con il suo recepimento da parte della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome) , indicano esplicitamente che i medici devono operare in aggregazioni funzionali territoriali (AFT) e, nell’ambito degli accordi regionali, anche in unità complesse delle cure primarie(UCCP). 11 Si supera, pertanto, l’associazionismo come fattore eventuale e volontario, per divenire un aspetto integrante e strutturale del rapporto contrattuale tra il Medico di Cure Primarie e il Servizio sanitario nazionale. In particolare l’Art. 26 bis prevede la partecipazione obbligatoria ad una “aggregazione funzionale territoriale” della medicina generale, quale condizione irrinunciabili per l’accesso e il mantenimento della convenzione. L’art. 26 ter (requisiti e funzioni minime dell’unità complessa delle cure primarie UCCP) definisce l’obbligo, per MMG, PLS, MCA e specialisti convenzionati, a svolgere la loro attività all’interno delle UCCP. L’UCCP “opera, nell’ambito dell’organizzazione distrettuale, in sede unica o con una sede di riferimento” ed espleta le seguenti funzioni: – assicurare l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza – assistenza sanitaria di base e diagnostica di 1° livello, anche per ridurre ricorso al PS – continuità h 24, 7 giorni su 7 – impiegare strumenti di gestione che garantiscano trasparenza e responsabilità – medicina d’iniziativa e promozione della salute – integrazione sociosanitaria. L’art. 45 (compiti del medico di assistenza primaria) prevede “la tenuta e l’aggiornamento di una scheda sanitaria individuale su supporto informatico… ad uso del medico e ad utilità dell’assistito e del SSN”. L’art. 56 (collegamento con i servizi di continuità assistenziale) definisce l’opportunità di lasciare brevi note esplicative presso assistiti in particolari condizioni fisiopatologiche, affermando che “nel caso di attività in forma associativa o UCP o UTAP, i medici di continuità assistenziale hanno accesso a tutte le informazioni inerenti gli assistiti di tutta l’unità, utili al loro operato, a partire dalle schede sanitarie individuali. … Tale accesso è passivo e attivo nei limiti delle relative responsabilità professionali”. Inoltre, “tutti i medici della forma associativa hanno il dovere di tracciare il proprio intervento professionale sulla scheda sanitaria dell’assistito 12 SIGNIFICATO DEL SERVIZIO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE NELLA RETE DEI SERVIZI SANITARI (STORIA) TIMELINE 1945 Inizio della fase mutualistica repubblicana della Medicina Generale 1969 L’INAM istituisce il servizio di Guardia Medica festiva su tutto il Territorio Nazionale 1978 Istituzione del SSN ed estensione della Guardia Medica ai notturni feriali 1981 Stilato il 1° A.C.N. per la Medicina Generale 1983 Recepimento ed organizzazione della Guardia Medica Attiva in Abruzzo 1991 Istituzione del Servizio di Emergenza Sanitaria Territoriale – 118 1996 A.C.N. del 25/01/96 per la Medicina Generale (dopo un iter burocratico durato quattro anni) sancisce la trasformazione della Guardia Medica in Continuità Assistenziale 2005 Nuovo A.C.N. per la Medicina Generale ( atto di intesa n° 2272 siglato il 23/03/2005 ) ridefinisce il ruolo del Medico di Continuità Assistenziale 13 Nell’arco degli anni che vanno dal 70’ ad oggi, a dispetto delle fonti normative si è venuta a creare una sorta di dicotomia evolutiva del sistema emergenza-urgenza. Infatti se da un lato il sistema di Emergenza 118 ha subito significativi e continui impulsi innovativi, dall’altro per la Continuità Assistenziale c’è stata una vera e propria situazione di stallo e pertanto i compiti sono rimasti in definitiva gli stessi: assicurare prestazioni non differibili, vale a dire prestazioni di particolare esigenza clinica, psicologica, sociale e organizzativa che richiedono un intervento medico finalizzato ad una soluzione del caso contingente entro l’arco temporale del turno di servizio. Il Medico di Continuità Assistenziale rimaneva dunque responsabile di una copertura assistenziale non ben definita nell’ambito dell’ Emergenza-Urgenza e quindi legato ad un concetto assistenziale di Guardia Medica piuttosto che alla ricerca di un ruolo riferito alla Continuità Assistenziale nei confronti dei cittadini-pazienti in carico alle cure primarie. Tale situazione ha determinato nell’arco di questi ultimi anni, molte difficoltà operative ed organizzative nel Servizio di Continuità Assistenziale come emerso dalle risultanze delle indagini della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria in Italia che hanno mostrato l’esistenza di differenti organizzazioni nell’ambito del servizio di emergenza-urgenza nelle varie realtà territoriali del nostro Paese. Poco infatti si è prodotto nella definizione di protocolli operativi per l’attivazione della Continuità Assistenziale da parte delle Centrali Operative del 118 e nulla, o quasi , sulla definizione di processi di triage, anche telefonico, del Medico di Continuità Assistenziale rispetto alle richieste dell’utenza riferibili alla suddetta area emergenza-urgenza e dei consequenziali meccanismi di attivazione del Sistema 118. Ciò nonostante il Ministero della Salute ha commentato positivamente alcuni dati da essa pubblicati: 14 nel 2003 i medici di continuità assistenziale erano 14.383 ed assistevano una popolazione di 57.321.070 cittadini effettuando 8.939.795 visite domiciliari con un tasso di ricoveri pari al 2,4% delle visite effettuate nel 2009 i medici di continuità assistenziale erano 12.359 ed assistevano una popolazione di 60.045.068 cittadini effettuando 10.345.165 visite domiciliari con un tasso di ricoveri pari al 1,8% delle visite effettuate Il nuovo A.C.N. per la Medicina Generale nei limiti imposti dalle leggi sul decentramento amministrativo ed organizzativo della Pubblica Amministrazione (Direttiva generale del 2008 ) che trovano al massima espressione proprio in quello che concerne la sanità, cerca di dare una nuova svolta e prova a definire un L.E.A. per la Continuità Assistenziale partendo proprio dalle suddette considerazioni e ricerca i possibili meccanismi per definire un ruolo del Medico di Continuità Assistenziale tracciando i seguenti capisaldi : Responsabilità di uno specifico livello assistenziale Percorsi organizzativi con l’Assistenza Primaria Risposta Assistenziale riferita a prestazioni non differibili Appropriatezza degli interventi Linee guida nazionali e regionali sui protocolli operativi Partecipazione a processi assistenziali tipici delle cure primarie Funzioni assimilabili all’assistenza primaria nell’ambito delle forme assistenziali funzionali e/o strutturate delle cure primarie Sinergie operative di complementarietà tra Emergenza Sanitaria e l’Assistenza Primaria Appare chiaro come, nell’ambito del Territorio, venga rivalutata la figura del Medico di Continuità Assistenziale non solo per le specifiche competenze in quanto erogatore di Assistenza di Base nel periodo notturno-prefestivo-festivo, ma soprattutto come chiave di lettura di possibili sviluppi organizzativi di cui l’adesione alle forme associative nell’ambito delle Cure Primarie sono un esempio lampante. 15 PERTANTO SI RICONOSCE AL MEDICO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE UN COMPITO PROPRIO DELLE CURE PRIMARIE E CIOE’ UN PROCESSO DI ASSISTENZA CHE RIGUARDI LA PERSONA E NON IL SINTOMO O LA PATOLOGIA REALIZZANDO COSI’ UN SISTEMA SANITARIO TERRITORIALE DI REALE CONTINUITA’ ASSISTENZIALE. L’evoluzione dei nuovi scenari sociali e demografici del nostro paese ed i nuovi bisogni assistenziali accompagnata peraltro ad una diminuzione progressiva del numero dei medici di medicina generale in servizio, impongono che il medico di continuità assistenziale esca definitivamente dal modello di assistenza “ occasionale “ su pazienti sconosciuti per passare ad un modello di assistenza programmata che porti, attraverso processi di integrazione funzionale, organizzativa e relazionale con gli altri professionisti dell’ Assistenza Primaria (nell’ambito delle AFT e delle UCCP) alla presa in carico di “pazienti noti “ in piena e paritaria integrazione con i medici di assistenza che operano nelle ore diurne. 16 MODALITA’ DI INTEGRAZIONE CON IL MMG L’opportunità di una piena integrazione tra Medico di Continuità Assistenziale e MMG è sancita dall’ACN art. 56, che demanda all’ambito degli Accordi Regionali la definizione di Linee Guida che identifichino le tipologie di assistiti presso il domicilio, dei quali si ritenga di dover rendere disponibile la documentazione sanitaria necessaria per garantire una corretta assistenza da parte del MCA. L’ACN individua inoltre ulteriori aspetti: • articolo 67, comma 16: “Sono inoltre obblighi e compiti del Medico.... la segnalazione personale diretta al Medico di Assistenza Primaria che ha in carico l’assistito, dei casi di particolare complessità rilevati nel corso degli interventi di competenza...” • articolo 69, comma 3: “Il Sanitario in servizio, al fine di assicurare la continuità dell’assistenza ed un’ efficace integrazione delle professionalità operanti nel territorio, interagisce con il Medico di fiducia e con le strutture aziendali, secondo modalità da defi nirsi nell’ambito degli Accordi Aziendali”. • articolo 69, comma 4: “...il Sanitario in servizio, al fine di assicurare la continuità assistenziale in capo al Medico di libera scelta, è tenuto a compilare, in duplice copia, il modulario informativo, di cui una copia è destinata al Medico di fiducia o alla struttura sanitaria, in caso di ricovero, da consegnare all’assistito e l’altra viene acquisita agli atti del Servizio.” • articolo 69, comma 5: “La copia destinata al Servizio deve specificare, ove possibile, se l’utente proviene da altra Regione o da Stato straniero” • articolo 69, comma 6: “Nel modulo dovranno essere indicate succintamente: la sintomatologia presentata dal soggetto, l’eventuale diagnosi sospetta o accertata, la terapia prescritta o effettuata e, se del caso, la motivazione che ha indotto il Medico a proporre il ricovero ed ogni altra notizia ed osservazione che egli ritenga utile evidenziare”. •articolo 69, comma 7: “Saranno altresì segnalati gli interventi che non presentano caratteristiche d’urgenza”. 17 Al di là di quanto espressamente previsto dalla normativa, è indispensabile che MMG e MCA mettano in atto idonei strumenti di comunicazione finalizzati a consentire la continuità terapeutica dell’assistito. A maggior ragione, nel caso di paziente in condizioni critiche, l’interazione tra le due figure mediche è indispensabile e deve essere attuata preventivamente, per consentire al MCA di operare in modo integrato con MMG e gli altri operatori, così da poter diventare una risorsa importante per raggiungere l’obiettivo di assistenza domiciliare. L’integrazione è oltremodo necessaria e dovrebbe essere attuata preventivamente, al fine di evitare che l’intervento del MCA si traduca in una ospedalizzazione altrimenti evitabile, nel caso di pazienti con bisogni assistenziali complessi (ad esempio portatori di catetere, di sondini, di PEG, in alimentazione artificiale, con respiratore automatico, con lesioni da decubito, con esiti recenti di interventi chirurgici/ortopedici) o addirittura di pazienti in cure palliative. 18 CRITICITA’ NELLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO DA PARTE DEL M.C.A. CRITICITA’ STORICHE Nella nostra esperienza territoriale locale, maturata nell’ arco degli anni, riteniamo che l’approccio comportamentale del medico di continuità assistenziale sia stato condizionato dai seguenti fattori: 1. La mancanza di un vero e proprio rapporto fiduciario nella relazione medico paziente 2. L’essere considerati ancora come medici d’ urgenza e pertanto pronti a dover intervenire in un brevissimo tempo a domicilio 3. L’accesso alla documentazione sanitaria pressoché indisponibile 4. L’impossibilità di poter prescrivere esami diagnostico - strumentali o visite specialistiche Altri fattori che influenzano ed sovraccaricano il servizio e che molto spesso vengono dimenticati e/o volutamente omessi, sono correlati alla contemporanea necessità di intervento del MCA su: popolazione in regime di R.S.A. popolazione psichiatrica popolazione pediatrica popolazione tossicodipendente popolazione in regime di restrizione popolazione non residente ( universitari, turisti, lavoratori temporanei,ecc. ) richieste delle forze dell’ordine ( nei casi di arresti ,di risse, di disagi sociali, ecc.) 19 CRITICITA’ NUOVE DA SUPERARE Nelle forme organizzative da noi approcciate, ed i Nuclei di Cure Primarie ne sono l’esempio, pur mantenendo un collegamento di tipo professionale ( tracciando le varie prestazioni ) non si è mai venuto a creare questa sorta di vero feeling con il Medico di Cure Primarie e questo perché : La molteplicità dei software utilizzati dai singoli medici di MG e la conseguente creazione di server per l’interfaccia tra loro, genera la necessità di oneri aggiuntivi per i medici di Continuità Assistenziale che vi devono accedere. Ogni prestazione va effettuata dopo debito consenso scritto da parte del paziente La formazione non è stata sempre capillare e puntuale per poter permettere al Medico di Continuità Assistenziale di poter approcciare congiuntamente alle altre figure e con protocolli sempre aggiornati le principali patologie croniche, le cure palliative, l’appropriatezza prescrittiva; ciò anche in relazione alla disponibilità limitatissima di linee guida nazionali relative alla tipologia dei casi clinici gestiti dalla CA. La non disponibilità di idonei supporti informatici per la registrazione di performance in tale servizio è un’ulteriore importante barriera allo sviluppo di percorsi di verifica e miglioramento. L’approccio dovrà essere sempre più tendente alla prevenzione con una sorta di vero e proprio contratto da stipulare con il paziente preso in carico con controlli obbligatori e programmati da attuare nel tempo. Sicuramente l’approccio multidisciplinare delle patologie croniche comporterà inevitabilmente l’evidenziarsi di nuove criticità non previste. Con il nuovo assetto imposto dal Decreto del Ministro della Salute Balduzzi però, se da una parte tutto questo potrebbe essere finalmente ed ampiamente superato, dall’ altro la possibilità di poterla demandare alle nuove forme aggregative AFT e UCCP, di fatto smantella un sistema di assistenza h24 ( medici di famiglia il giorno e medici di c.a di notte e nei prefestivi – festivi ) già esistente. Pertanto, esprimendo una forte preoccupazione anche sul futuro ricollocamento dei medici di C.A., non essendo chiaro chi 20 potrebbe essere il nuovo datore di lavoro ( la regione, la asl, l’aggregazione stessa, una eventuale cooperativa ), si intuisce che tutto questo potrebbe pregiudicare nuovamente la modalità di erogazione delle prestazioni. STRUMENTI E MODALITA’ DI COMUNICAZIONE CON LE ALTRE FIGURE PROFESSIONALI PER GARANTIRE CONTINUITA’ DELLE CURE In questo percorso assistenziale condiviso diventa essenziale il modo di comunicare. Bisognerà superare sicuramente alcune difficoltà note : Uniformare i software da utilizzare ( uno sforzo a tal riguardo potrebbe essere attuato dalla regione oppure da parte di tutti medici dietro incentivi di essa). Aggirare o perlomeno snellire con normative ad hoc, da parte del garante della privacy, l’acquisizione dei dati sensibili. Utilizzare o perfezionare l’utilizzo di siti web già esistenti ( Sanità Amica ) che può permettere di seguire a distanza nel percorso diagnostico terapeutico tutti i pazienti presi in carico ovvero possibilità di accesso al Patient Summary o Documento di Sintesi Clinica del cittadino:questo strumento permette di aiutare gli interventi in emergenza fornendo un quadro degli elementi essenziali che riguardano la salute del cittadino; favorire la comunicazione, tra MMG/PdF/MCA e Medico Specialista, di tutte le informazioni sanitarie utili per la corretta valutazione del caso in esame; acquisire gli esiti di accertamenti diagnostici o strumentali, ove significativi, per una veloce sintesi dello stato di salute del paziente. Il fascicolo dovrebbe contenere: Informazioni generali relative al paziente (nome, età, …), una sintesi delle informazioni sanitarie più importanti (allergie, cure precedenti, vaccinazioni, eventi chirurgici, patologie in corso, dispositivi medicali …), una sintesi dei trattamenti in corso, informazioni relative al patient Summary stesso (ad es. quando e chi lo ha generato…). 21 Realizzare una cartella clinica informatizzata con una PW personalizzata consultabile anche direttamente in caso di urgenza. Utilizzare tecnologie sempre più sofisticate come “ sistem Ipad app “ o “ sistem android “ sempre in continuo e costante evoluzione. Tutto questo è sicuramente auspicabile, ma per l’attuazione le tempistiche non saranno sicuramente brevi. Gli oneri per la loro attuazione faranno sicuramente da ostacolo e bisognerà essere partecipi di questo cambiamento senza elemosinare il proprio contributo. Ognuno dovrà promuoversi anziché frenarsi. Tuttavia, se il comparto delle cure primarie dovrà traghettare da un sistema a bassa intensità/complessità ad uno a media complessità assistenziale o addirittura ad alta intensità, solo il perseguire l’eccellenza delle cure nel rispetto della sostenibilità del sistema permetterà di ribaltare la logica perversa che vuole prima definire i modelli organizzativi e poi centrare questi sui bisogni dei cittadini. 22 BIBLIOGRAFIA 1. Wagner E.H.: “Chronic disease care”, British Medical Journal, 328 – 2004 2. Maciocco G.: “Cure Primarie: storia e prospettive”, Prospettive sociali e sanitarie n.3, 2008. 3. Convegno Nazionale Agenas SANIT 2011 (Atti): I modelli organizzativi della medicina generale nella gestione delle patologie croniche: una proposta per l’analisi e la valutazione. 4. Roberto Antonicelli , Tommasa Maio , Silvestro Scotti - La Guardia Medica 2012Momento Medico Editore. 5. Giuseppe Noto, Roberto Raschetti, Marina Maggini – Gestione Integrata e Percorsi Assistenziali . Il Pensiero scientifico Editore. 6. David Fasoletti , Gianluca Marino – Uno sguardo nella borsa del medico di guardia – Seminario di primavera CSeRMEG – Pegognaga 16/17 Aprile 2011 7. Accordo Collettivo Nazionale / Accordo Integrativo Regione Abruzzo 8. Ministero della Salute ( sito web del Governo ). 9. Becchi M.A., Guelfi I. , Pescerelli M., Caiti O., Zurlino A., “I requisiti per lo sviluppo delle Cure Primarie”, in Agenzia Sanitaria Italiana, 2008; 20:17-21, ed anche “L’identità della Medicina di Comunità”, in Panorama della Sanità, 2008. 10. Damiani G., Venditti A., Palumbo D., Rizzato E., Guzzanti E.: Organizzazione Sanitaria,“Assistenza primaria: significato e prospettive di sviluppo organizzativo”, 2007. 23