Cos`è quel 2?

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Cos`è quel 2?
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Cos’è quel 2?
La pubblicità delle formule di proseguimento nella percezione
delle donne italiane
ADRIANO CATTANEO1, PAOLA PANI2, CLAUDIA CARLETTI2, MARGHERITA GUIDETTI3, VALENTINA MUTTI4,
CECILIA GUIDETTI5, ALESSANDRA KNOWLES6 E IL GRUPPO DI RICERCA SULLE FORMULE DI PROSEGUIMENTO*
Epidemiologo, 2Nutrizionista, SSDPT Epidemiologia Clinica e Ricerca sui Servizi sanitari, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste
Psicologa Sociale, Università di Modena e Reggio Emilia
4
Sociologa, Università di Milano Bicocca
5
Sociologa, Istituto di Ricerca Sociale, Milano
6
Biologa, SSDPT Epidemiologia Clinica e Ricerca sui Servizi sanitari, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste
1
3
Uno studio che ha ricevuto anche un’attenzione internazionale dopo la pubblicazione su Archives of Disease in
Childhood e che mette in evidenza come la comunicazione dell’industria possa tradursi in un messaggio quantomeno confondente.
I
n Italia, sebbene l’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), le Associazioni professionali e il Ministero
della Salute raccomandino l’allattamento esclusivo per sei mesi e prolungato, con alimenti complementari adeguati e sicuri, fino a due anni e oltre, o
finché mamma e bambino lo desiderano1-4, la percentuale di madri che segue
queste raccomandazioni è bassa5. Lo
stesso succede in molti Paesi industrializzati, europei e non6,7, e a livello
mondiale8. In Italia, i bassi tassi di allattamento esclusivo a sei mesi e di allattamento continuato a 1-2 anni, assieme
all’uso diffuso di latte di formula5,9, suggeriscono la necessità di una migliore
comprensione dei fattori alla base della
decisione di sostituire il latte materno
con il latte artificiale.
Diversi studi mostrano il ruolo del
marketing nel limitare i tassi di allattamento in favore dell’alimentazione con
formula10-19. Per regolamentare la promozione commerciale del latte artificiale, di altri liquidi e alimenti, e di strumenti che possano minare l’allattamento, OMS e UNICEF hanno approvato nel 1981 il Codice Internazionale
sulla Commercializzazione dei Sostitu-
Medico e Bambino 3/2016
WHAT IS THAT 2? ADVERTISEMENTS OF FOLLOW-UP FORMULA AND THEIR PERCEPTION
BY PREGNANT WOMEN AND MOTHERS IN ITALY
(Medico e Bambino 2016;35:177-182)
Key words
Infant feeding, Breast milk substitutes, Marketing, International Code, Follow-on formula
Summary
Background - In most European countries advertisements of infant formula are forbidden,
while those of follow-on formula are allowed. Recent researches carried out in Australia
and Great Britain have suggested that advertisement of toddler formula is used by the
producing industry as a line extension to promote infant and follow-on formulas.
Objectives - The objective of the study is to assess how advertisements of follow-on formulas are perceived by pregnant women and mothers in Italy.
Materials and Methods - The study was carried out in 8 cities of the North, Centre and
South of Italy and had two components: 1) a quantitative analysis of 562 self-administered questionnaires for mothers of children under 3 years of age, to explore their exposure to and perception of formula advertisements; 2) a qualitative analysis of 80 in-depth
semi-structured interviews to 80 pregnant women, in their 32-36 weeks of gestation with
no other children, on their understanding and perception of two advertisements for follow-on formulas.
Results - Asked in the self-administered questionnaires whether they had ever come across
advertisements of infant formulas, 81% of mothers reported that they had, despite the fact
that such advertisements are prohibited by law. The qualitative interviews to pregnant
women showed their inability to identify the advertised products at first glance due to the
ambiguity of the numeral 2 and the presumed age of the portrayed babies; this confusion
did not disappear after careful observation of the advertisements and reading of the text.
Conclusions - Advertisements of follow-on formulas are perceived by many pregnant
women and mothers as promoting infant formulas.
ti del Latte Materno20, seguito da numerose successive risoluzioni dell’Assemblea Mondiale della Sanità. In Ita-
lia, l’attuale legislazione sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno (Decreto del Ministero della Sa-
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nità n. 82 del 2009)21 deriva dalla Direttiva dell’Unione Europea n. 141 del
200622. Entrambe regolamentano la
commercializzazione di alimenti per
lattanti, ossia proibiscono ogni sorta di
pubblicità per il latte di formula raccomandato fino a sei mesi di età (formula
1), ma non pongono limiti alla promozione commerciale del latte di proseguimento (formula 2), consigliato tra i
6 e i 12 mesi.
Alla luce di studi svolti nel Regno
Unito e in Australia23-26, che dimostrano
quanto sia difficile per le donne incinte
e le madri distinguere la pubblicità del
latte di proseguimento o di crescita
dalla pubblicità della formula 1, abbiamo condotto questa ricerca per verificare se questo vale anche per le madri
italiane. L’obiettivo di questo studio era
valutare come la pubblicità dei latti di
proseguimento sia percepita dalle donne italiane.
METODI
Si tratta di uno studio osservazionale condotto in otto città: del Nord (Trieste, Bergamo, Milano, Carpi), del Centro (Ancona, Roma) e del Sud Italia
(Messina, Palermo), che rappresentano diverse aree geografiche del Paese
con differenti tassi di allattamento27.
La prima componente dello studio è
consistita in un’indagine quantitativa
su 562 madri di bambini di meno di tre
anni, reclutate in centri vaccinali o in
consultori familiari. La dimensione del
campione è stata distribuita equamente tra le 8 città, circa 50 per sito, a eccezione di Roma, dove sono state reclutate 200 partecipanti per compensare la dimensione della grande città e
coprirne tutte le aree. Le madri sono
state reclutate consecutivamente, dopo
aver dato un consenso informato, tra
tutte coloro che frequentavano i centri
e i consultori, ed è stato chiesto loro di
compilare un questionario anonimo,
volto a esplorar ne l’esposizione al
marketing. Il questionario comprendeva una sezione sull’esperienza della
madre nel nutrire l’ultimo figlio, una
sezione dedicata all’esposizione e alla
percezione della pubblicità di latte artificiale, e una sezione finale sui dati so-
178
cio-demografici. Alle madri sono state
poi mostrate sei immagini di latte di
formula 1, selezionate tra quelle con la
maggiore quota di mercato, ed è stato
loro chiesto se ne avessero mai visto la
pubblicità. Poiché questa è vietata dalla legge italiana, la risposta attesa
avrebbe dovuto essere negativa. Le
madri sono state poi invitate a rispondere a domande più dettagliate sull’esposizione alla pubblicità e su come ne
interpretavano i messaggi.
I dati sono stati analizzati statisticamente con SPSS e STATA. Dalle risposte alle domande di tipo chiuso e aperto sono state elaborate le principali variabili semplici e composte per indagare l’associazione tra le stesse e con altre variabili, per esempio quelle demografiche.
La seconda componente dello studio è consistita in dieci interviste qualitative semi-strutturate in ciascuna delle otto città per un totale di 80 primigravide tra le 32 e 36 settimane di gestazione che fossero in grado di sostenere una lunga e complessa intervista
in italiano. Le donne sono state arruolate, dopo consenso informato, presso
i servizi prenatali tra gennaio e giugno
2013. Le operatrici sanitarie (medici,
infermiere, ostetriche ecc.) sono state
escluse dal campione a causa della loro conoscenza del tema della ricerca. Il
colloquio tra l’intervistatore, precedentemente formato, e la gravida era incentrato su due pubblicità di latti di
proseguimento, scelte tra quelle che si
trovano nelle più diffuse riviste per i
genitori, e mirava a esplorare la percezione e la comprensione da parte della
donna dei messaggi veicolati dalla pubblicità. Tutte le inter viste sono state
registrate e trascritte integralmente
entro 48 ore dal colloquio. Le trascrizioni sono state successivamente analizzate utilizzando l’approccio della framework analysis28,29. Questo approccio
permette di identificare le tematiche
sviluppate durante l’interazione tra l’intervistatore e l’intervistata.
RISULTATI
Da un’analisi preliminare su tre delle principali riviste per genitori tra le
più lette in Italia30 è emerso che la pubblicità di alimenti per l’infanzia occupa
in generale uno spazio che va dal 24% al
26% del totale delle pubblicità presenti,
e di questo, un 7% è rappresentato da
pubblicità di latte di formula. Tra le
pubblicità dei latti artificiali, quelle della formula 2 costituiscono la maggioranza (58%), seguite da quelle del latte
di crescita per i bambini da 13 a 24 mesi (28%) e oltre i 24 mesi di età (14%).
Componente quantitativa
L’esposizione delle madri alle pubblicità
dei latti di formula
Sono stati analizzati i dati forniti da
562 madri, così distribuite: Trieste 53,
Bergamo 53, Milano 50, Carpi 50, Ancona 46, Roma 211, Messina 50, Palermo 49. Le caratteristiche delle madri
sono riportate in Tabella I. Dopo aver
osservato le 6 immagini di latte di formula 1 proposte, l’81% (455) delle madri ha dichiarato di averne visto la pubblicità. Di queste, quasi l’84% ha dichiarato di aver visto pubblicizzato latte di formula 1 Mellin, di gran lunga il
più popolare; il 52% aveva visto Nestlé, il
31% Plasmon e Aptamil, il 28% Hipp e il
25% Humana. Le madri pensavano di
averle viste in televisione (66%), riviste
(62%), cataloghi (32%), opuscoli (23%),
siti web (15%) o in occasione di fiere e
conferenze (4%).
Per quanto riguarda la percezione
della pubblicità, diversi sono i messaggi riportati dalle madri: il 69% riteneva
che la pubblicità suggerisse che il prodotto garantisce un’adeguata crescita
e sviluppo, il 56% che rinforza il sistema
immunitario, il 14% che è conveniente,
il 9% che rende i neonati sani e più felici, il 4% che migliora lo sviluppo del
cervello. Chiedendo nello specifico il
tipo di formula pubblicizzato, 297 (65%)
madri che hanno detto di aver visto la
pubblicità pensavano che si trattasse di
un prodotto da usare fin dalla nascita, il
25% da 6 mesi e il 10% da 12 mesi. Le
percentuali di madri che pensavano di
aver visto pubblicità di latte artificiale
differivano per sito ed educazione materna, ma le differenze non erano statisticamente significative. Allo stesso
modo, non vi erano differenze statisticamente significative tra madri che
avevano dato ai loro bambini latte ma-
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Cos’è quel 2?
CARATTERISTICHE DELLE DONNE INTERVISTATE
Componente
quantitativa (n=562)
%
Età
! 29 anni
30-34 anni
" 35 anni
18,8
33,3
47,9
Nata in Italia
Sì
No
88
12
Stato civile
Single
Sposata o convivente
Vedova/divorziata/separata
Titolo di studio
Media inferiore
Media superiore
Laurea o post-laurea
Occupazione
Sì
No
Allattata al seno
Sì
No
Numero di figli
1
2
>2
Allattamento figli
Sì
No
2,0
96,9
1,1
n=559
16,1
41,9
42,0
–
–
67,3
32,7
57,3
32,7
10,0
83,4
16,6
n
549
103
183
263
562
494
68
556
11
539
6
Componente
qualitativa (n=80)
%
27,5
28
44,5
n
80
22
35
23
97,5
2,5
78
2
–
–
–
–
–
–
90
234
235
6
38
56
5
30
45
–
–
542
365
177
558
320
182
56
562
469
93
75
25
60
20
72
28
57
23
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
Tabella I
MESSAGGIO PERCEPITO DEL NUMERO 2 DOPO UN PRIMO SGUARDO
E DOPO UNA LETTURA PIÙ ATTENTA DELLE PUBBLICITÀ
Dai 6 mesi
Per la seconda fase della crescita
Altre risposte
Valore aggiunto
Due tazze (solo Mellin)
Miglioramento rispetto al numero 1
Per i bambini di 2 mesi
Per i bambini di 2 anni
Non saprei
Altre
*Più ferro (solo Mellin)
Tabella II
Medico e Bambino 3/2016
A prima vista
–
35%
65%
9%
8%
8%
5%
1%
13%
21%
Dopo una attenta lettura
43%
19%
38%
4%*
14%
9%
–
–
–
11%
terno, formula, o entrambi, indicando
che l’effetto di trascinamento di un prodotto (line extension) da parte del
marketing può agire su tutte le madri,
a prescindere dalle loro esperienze di
alimentazione infantile.
Componente qualitativa
Qual è il messaggio percepito da un gruppo di donne in gravidanza se esposte alla
pubblicità dei latti di proseguimento?
Le caratteristiche delle donne gravide intervistate per questa componente
dello studio sono riportate in Tabella I.
Dall’indagine sui servizi frequentati dalle donne durante la gravidanza è emerso
che la maggior parte (59%) è seguita da
un ginecologo privato e segue un corso
di preparazione alla nascita (66%), prevalentemente in ospedale (46%) o in un
consultorio pubblico (42%).
Il messaggio percepito a prima vista
Alle donne è stato chiesto, dopo
aver dato un primo rapido sguardo (a
metà del campione è stata mostrata la
pubblicità di Mellin 2, all’altra metà
quella di Aptamil 2), che prodotto fosse pubblicizzato e di spiegare il significato del numero 2 e la presunta età del
bambino. Solo una donna ha risposto
correttamente “latte di proseguimento”, la maggior parte (33%) ha detto genericamente “latte di formula”, il 31%
genericamente “latte”, il 19% una specifica marca di latte, il 5% latte per bambini, il restante 12% ha dato risposte generiche. Nel proseguo del colloquio le
donne hanno poi dichiarato di essere
state tratte in inganno dal non chiaro
significato del numero 2 e dalla difficoltà di identificare l’età del bambino
rappresentato nelle immagini come
senz’altro di età superiore ai 6 mesi: il
65% delle donne (Tabella II) non era in
grado di comprendere il significato
corretto del numero 2.
Per quanto riguarda la presunta età
del bambino, si è evidenziato chiaramente quanto fosse difficile per queste
donne stimarne l’età corretta. La pubblicità Aptamil è stata considerata più
ambigua a causa dell’atteggiamento
della madre, della posizione del bambino (interpretato come protettivo, “in
utero”, “in uno scudo”) e della scarsità
di capelli. Il 20% delle donne riteneva,
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PRINCIPALI MESSAGGI DELLE DUE PUBBLICITÀ
DOPO UN PRIMO SGUARDO E UNA LETTURA PIÙ ATTENTA
Messaggio
principale
Simile al latte
materno*
A prima vista
Aptamil 2 Mellin 2
Messaggio
principale
39%
18%
Simile al latte
materno*
Più alta quantità
di nutrienti
0%
31%
Più alta quantità
di ferro
Salute e felicità
32%
10%
Protezione e cura
16%
0%
Buona crescita
8%
10%
Buona digestione
0%
5%
Altro
5%
26%
Dopo una attenta lettura
Aptamil 2
Mellin 2
46%
24%
0%
31%
Migliore nutrizione
13%
23%
Buona salute
e crescita
10%
2%
5%
5%
26%
15%
Buona digestione
Altro
*Adatto come sostituto, aggiunta o proseguimento
Tabella III
infatti, che il bambino ritratto avesse
tra i 2 e i 4 mesi, mentre il 39% riteneva
ne avesse tra 5 e 6 (contrariamente ai 7
mesi dichiarati sulla pubblicità); il restante 41% stimava l’età del bambino
dai 7 mesi in su. Nel guardare la seconda immagine (Mellin), il 24% delle
donne riteneva che il bambino ritratto
avesse meno di 6 mesi (3% 2-4 mesi,
21% 5-6 mesi), mentre il restante 76%
che ne avesse più di 7. In questa seconda immagine il bambino appare
con un’età meno confondente poiché
sta seduto da solo e afferra una tazza.
La Tabella III mostra i messaggi
principali delle due pubblicità così come vengono percepiti dalle donne prima e dopo aver letto i testi in esse contenuti. Le donne a cui è stata mostrata
la pubblicità Aptamil erano più propense a percepire il prodotto come simile al latte materno, mentre quelle a
cui veniva mostrata la pubblicità Mellin sono state più colpite dalla maggiore concentrazione di sostanze nutrienti. Il 55% delle inter vistate che
hanno fornito una risposta (56) ha detto correttamente che il prodotto pubblicizzato era rivolto a bambini di età
superiore a sei mesi; il 17% pensava
che i destinatari fossero bambini di
età superiore ai 12 mesi, il 13% dai 3 ai
5 mesi, l’11% dalla nascita e il 4% per
tutte le età. Per il 52% delle 46 gravide
che hanno risposto, il prodotto veniva
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ritenuto utile per le madri senza latte
materno o che non sono disposte ad
allattare, per il 24% per le madri che lavorano, per il 13% per le madri che decidono di cessare l’allattamento, e per
il 7% quando il latte materno non è sufficiente.
Il messaggio percepito
dopo un’analisi attenta della pubblicità
Dopo aver esaminato attentamente
le immagini e aver letto il testo degli
annunci, cosa che generalmente il lettore medio non fa quando guarda una
pubblicità, la comprensione delle intervistate è cambiata, come risulta dalle Tabelle II e III. Tuttavia c’era ancora una parte consistente di donne che
non era in grado di assegnare il significato corretto al numero 2. La migliore comprensione di quest’ultimo corrispondeva a una migliore identificazione del target: il 78% pensava correttamente che il prodotto fosse per
bambini di oltre sei mesi, rispetto al
55% che lo pensava prima di leggere il
testo. Invece, per il 10% delle intervistate il prodotto era rivolto a neonati
dopo lo svezzamento e per il 2% a quelli con carenza di ferro. Per il 41% delle
donne il prodotto era un supplemento
al latte materno, per il 29% un sostituto del latte materno, e per il 12% un
prodotto per le madri che avevano
smesso di allattare.
DISCUSSIONE
Il nostro studio conferma i risultati
di studi precedenti23-26,31,32: le pubblicità,
legali, di latte di proseguimento o di
crescita sono percepite da molte donne
incinte e da molte madri come pubblicità di latte di formula 1, che è invece
vietata dalla legge. Questo sembra essere vero non solo in Italia, e probabilmente in Paesi dell’Unione europea
soggetti a una legislazione simile22, ma
anche in Paesi come l’Australia, il Canada e gli Stati Uniti, che hanno imposto diverse misure intese a limitare la
pubblicità del latte di crescita32. La pubblicità delle ditte produttrici può utilizzare i limiti delle varie leggi per raggiungere comunque il loro target di
marketing anche per i prodotti la cui
promozione commerciale è vietata33.
Va osservato inoltre che l’utilità del
latte di proseguimento è discutibile: è
stato infatti ritenuto non necessario da
una risoluzione dell’Assemblea Mondiale della Sanità34 a da una più recente
presa di posizione35 in cui l’OMS sostiene che, “oltre a essere inutile, il latte di proseguimento non è adatto se
utilizzato come un sostituto del latte
materno dai sei mesi di età in poi”, e
aggiunge che “le formulazioni attuali
portano a una maggiore assunzione di
proteine e basso apporto di acidi grassi essenziali, ferro, zinco e vitamine del
gruppo B rispetto a quelli raccomandati dall’OMS per un’adeguata crescita
e sviluppo di neonati e bambini”. L’opinione che la formula di proseguimento
non sia necessaria è stata espressa anche da un gruppo di esperti coordinati
dalla Early Nutrition Academy36. Nella
relazione si afferma che “il latte di formula 1 può continuare a servire come
un sostituto del latte materno per tutta
la durata del primo anno di vita e anche oltre”. Essi aggiungono che “nel
corso del primo anno di vita, sia le formule per lattanti che le formule di proseguimento servono a sostituire il latte
materno; pertanto, la commercializzazione di entrambi i gruppi di prodotti
deve rispettare il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno”.
I risultati di entrambe le componenti del nostro studio mostrano che la
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maggior parte delle donne incinte e
delle madri hanno poca conoscenza
dei diversi tipi di formula per le diverse
età che sono disponibili sul mercato,
indipendentemente dal loro livello di
istruzione. Sono confuse dalla numerazione che appare sulle etichette, che
hanno tutte lo stesso aspetto, e dall’età
indefinita dei bambini ritratti nelle pubblicità. Anche se la loro comprensione
può aumentare dopo aver letto il testo
delle etichette e delle pubblicità, cosa
che la maggior parte delle madri probabilmente non fa, una proporzione
importante di donne continua a essere
confusa circa le indicazioni dei diversi
prodotti e tende a basarsi sul consiglio
degli operatori sanitari. I pediatri, tuttavia, così come altri professionisti, sono il target prioritario delle attività di
marketing e, basandosi su di esse, possono essere indotti a consigliare un
uso della formula non corrispondente
alle reali necessità37,38. Inoltre, la confusione creata dai messaggi pubblicitari
può diminuire la fiducia delle madri
nella loro capacità di allattare39, e quindi portare a un uso inappropriato dei
sostituti del latte materno. Questo è ancora più probabile se le madri sono indotte a ritenere che, attraverso la distribuzione di campioni di formula, pediatri e altri professionisti della salute
approvino questi prodotti.
Il nostro studio presenta alcuni limiti. Gli otto siti non sono stati scelti a caso, ma in base alla disponibilità di ricercatori interessati. Essi rappresentano,
tuttavia, diverse regioni di Italia e non
ci sono ragioni per pensare che le donne provenienti da altre regioni avrebbero prodotto risultati diversi. Le partecipanti sono state reclutate consecutivamente, non a caso, ma non c’è ragione
di pensare che le donne in gravidanza
intervistate ai servizi prenatali e le madri intervistate ai Servizi di vaccinazione non siano rappresentative di tutte le
donne in gravidanza e delle madri, in
quanto questi servizi sono quasi universali in termini di copertura. Ci sono
due eccezioni: a) a causa delle difficoltà
con la lingua, le donne e le madri migranti erano sottorappresentate (solo
circa il 2,5% del campione nel primo studio, rispetto a quasi il 15% delle nascite
registrate da donne migranti in Italia)40;
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b) a causa della lunghezza del colloquio, le donne con istruzione superiore
e interessate all’alimentazione infantile
erano sovrarappresentate (il 42% del
campione nella seconda componente
dello studio aveva un diploma di laurea,
rispetto al 16% nella popolazione generale)41. Tuttavia, un’equa rappresentanza di donne migranti e meno istruite
avrebbe probabilmente aumentato la
percentuale di intervistate confuse dalla pubblicità. Sarebbero necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio la risposta alla pubblicità delle migranti e delle donne meno istruite.
CONCLUSIONI
La nostra ricerca conferma che la
pubblicità delle formule di proseguimento, e in effetti di qualsiasi altro sostituto del latte materno, può tradursi
in una promozione come line extension
di prodotti che la legge non permette
di pubblicizzare. Questo è potenzialmente dannoso in quanto potrebbe ridurre i tassi e la durata dell’allattamento, o per lo meno frenarne la crescita. Questo tipo di messaggi pubblicitari dovrebbe, a nostro parere, essere
soggetto a requisiti e restrizioni di
gran lunga maggiori rispetto a quelle
attualmente in uso nella maggior parte
dei Paesi.
Conflitto di interesse: nessuno
*Membri del Gruppo di Ricerca
sulle formule di proseguimento
Chiara Barbiero, Claudia Carletti, Adriano
Cattaneo, Alessandra Knowles, Marcella
Montico, Paola Pani, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste; Margherita Locatelli, Stefania Conti, Edda Pellegrini,
Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo;
Valentina Mutti, Antonella Nespoli, Università di Milano Bicocca, Milano; Cecilia Guidetti, Istituto di Ricerca Sociale, Milano; Maria Enrica Bettinelli, Costanza De Gioia, Miriam Lelli, Rita Mascheroni, ASL, Milano;
Irene Cetin, Paola Pileri, Ospedale Universitario Luigi Sacco, Milano; Margherita Guidetti, Università di Modena e Reggio Emilia;
Rita Gatti, Grazia Pompilio, Valentina Ortenzi, Laura Stronati, ASL, Ancona; Angela
Giusti, Istituto Superiore di Sanità, Roma;
Antonietta Spadea, Iolanda Rinaldi, ASL Roma A, Roma; Laura Galluzzo, Patrizia Vadacca, Simona Sarta, Emilio Piccione, Università di Roma Tor Vergata, Roma; Sergio
Conti Nibali, ASL, Messina; Rosamaria Crisafulli, Roberto Conti Nibali, Francesco Corrado, Ospedale Universitario, Messina; Monica Garraffa, Maria Di Pasquale, Maria
Caterina Gallo, Associazione Le Balate, Palermo.
Indirizzo per corrispondenza:
Paola Pani
e-mail: [email protected]
MESSAGGI CHIAVE
! Le pubblicità, legali, di latte di proseguimento o di crescita sono percepite
da molte donne incinte e da molte madri come pubblicità di latte di formula 1.
! La pubblicità delle formule di proseguimento, e di qualsiasi altro sostituto
del latte materno, può tradursi in una
promozione di prodotti che la legge
non permette di pubblicizzare.
! Questo tipo di messaggi pubblicitari
dovrebbe essere soggetto a requisiti e
restrizioni di gran lunga maggiori rispetto a quello attualmente in uso nella
maggior parte dei Paesi.
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Medico e Bambino 3/2016