Secondo incontro San Vittorino

Transcript

Secondo incontro San Vittorino
IL LIBRO DI TOBIA
Il Libro di Tobia è un testo deuterocanonico, cioè iscritto nel canone alessandrino,
respinto come apocrifo da Ebrei e dalla Chiesa Riformata. E’ accolto invece nel canone
della Bibbia Cattolica. Nell’AT della Chiesa Cattolica, Tobia è incluso tra i libri storici,
successivo ai libri di Esdra e Neemia. L’uso della prima persona nella prima parte del
libro (1,3-3,6) è, ovviamente, una finzione letteraria: sono stati individuati, soprattutto
nei capp. 12-14, diversi strati di composizione, ma sicuramente la maggior parte del
testo è opera di un solo autore. In merito alla data di composizione, il testo viene
collocato intorno al III secolo a.C. Il libro può sembrare una narrazione storica con una:
cornice geografica (1,1-2); sezione cronologica (1,21-22), sezione sociale (1,8;2.2) e
sezione giuridica (5,3; 6,13).
Tob 1:1 Storia di Tobi, figlio di Tòbiel, figlio di Anàniel, figlio di Aduel, figlio di Gàbael,
della famiglia di Asiel, della tribù di Neftali. L’inizio della storia è segnato da alcuni
nomi propri e da alcune indicazioni di luoghi e di generazioni. Nell’antichità gli anni
venivano contati sulla base del regno di un determinato re; il nome di un re segna quindi
un tempo, un luogo, una generazione. La prima questione che ci poniamo allora sarà:
qual è il mio tempo, il mio luogo, la mia generazione, le nostre radici, rispetto alla fede,
di fronte a Dio? Nel contesto di fede personale, dove mi trovo? Quale stagione della mia
esistenza sto vivendo? Nei vv. 4-17 Tobi vuole dirci il suo luogo, vuole raccontarci la
sua storia, vuole farci intendere che è saldamente ancorato alla Legge. Tutta la
descrizione che Tobi fa di sé è quello di uno che sta chino sulla legge ebraica: le
elemosine, le decime, il rispetto del rituale, il tempio … In questo libro, Tobi si presenta
come “il buono”; è un giusto che ha come valori guida la verità e la legge. Si pone
essenzialmente problemi di carattere morale, come noi quando pensiamo: “se mi
distraggo a messa, commetto un peccato !”. I vv. 4-17 possono essere suddivisi in due
parti: 4-9 e 10-17. In 4-9 richiamano una situazione passata, idilliaca, dove c’era il
tempio, il mio paese, la mia terra, le mie sicurezza … c’era la religione che funzionava e
tutto andava bene. Facciamo il raffronto con la nostra vita: siamo portati a credere che se
tutti stanno al loro posto, se i gruppi funzionano, se la catechesi, la pastorale è ben
organizzata, tutto va bene. Nei vv. 10-17, dopo la deportazione in Assiria c’è una
frattura: per molti, poiché non c’è più il tempio, non c’è più religione. Tobi invece, anche
in esilio vuole continuare a seguire la verità e a praticare la legge, esattamente come noi!
Se non posso andare al tempio, rimane il rituale dei cibi; resta l’elemosina. Le opere
della Legge, di uno che va in esilio, sono: il rituale, l’elemosina e il seppellire cadaveri.
La figura di Tobi è quella di un uomo saldamente ancorato alla legge; Tobi è un uomo
“curvo sulla Legge”. Come ci si mette davanti ad uno specchi: curvi o di fronte, dritti?
Nell’antico mondo ebraico, nelle scuole rabbiniche dove si studiava la legge, gli studenti
stavano “chini”, curvi, sentivano tutto il peso e la fatica dello studio della legge, come
qualcosa che gravava, che pesava sulle loro spalle. Tobi è un israelita che ha preso sulle
spalle il peso della legge: ha preso sul serio il proprio essere moralista, sta curvo sulla
legge giorno e notte. Tobi non è un fariseo; i farisei fanno portare i pesi agli altri; loro
non portano pesi. Sono gli altri che curvano le proprie spalle sotto il peso della legge;
Tobi è uno che subisce il peso, non provoca il peso. E io? Faccio pesare il mio essere
credente? Quanto va a gravare la mia religiosità sugli altri? Aiuto gli altri a sgravarsi dai
carichi di una religiosità che diventa opprimente fino a condurli alla fuga? Tobi è un
devoto: ha assunto sulle sue spalle il peso di una legge ed adesso deve arrivare a liberarsi
di questo peso fino ad arrivare dritto, a liberarsi dai pesi oppressivi: deve iniziare il suo
viaggio! L’esito di stare curvi sulla legge sembra fallimentare: fare l’elemosina,
rispettare il rituale dei cibi, seppellire cadaveri creano le condizioni per Tobi di una
nuova punizione. Scoperto a seppellire morti, è costretto all’esilio, alla fuga. Diventa
straniero, senza diritti, certezze; è lui ora a vivere di carità, di elemosina, e non può più
compiere atti rituali. Il altre parole, è peccatore perché infrange la legge. Questa è
l’autentica logica del “ … beati voi quando vi perseguiteranno”. Questo è il frutto,
talvolta amaro, che si ottiene quando si prende seriamente sulle proprie spalle, tutto il
peso della legge. La salvezza, la felicità la vita piena vengono dalla risurrezione di
Cristo, non dal vivere la legge onestamente e scrupolosamente Il problema allora è a
quale Dio credo, a quale religiosità mi attengo; come sto di fronte alla religione; se la
mia fede è liberante o mi assilla, mi opprime.
Il vero protagonista di questo libro è Tobi: viveva nell’alta Galilea quando venne fatto
prigioniero dagli Assiri e deportato con i suoi concittadini e tutti i suoi parenti. Il testo ci
fa scoprire molte consuetudini del poplo ebreo: fra tutte le tribù d’Israele, Gerusalemme
era la sola città scelta per i sacrifici; in essa era stato edificato il tempio, sede di Dio. Il
brano nasconde tutta la polemica che emerge con forza nel secondo secolo avanti Cristo:
la storia si comprende solo alla luce della teologia della retribuzione e la storia degli
Ebrei è quella dello stato di Giuda che andarono tutti in esilio nella deportazione
babilonese del 587 a.C. Se in quello che noi chiamiamo “primo sadocismo”, che va dal
ritorno in patria degli ebrei, dopo la deportazione babilonese, fino al periodo della
restaurazione avvenuta per opera di Esra e Neemia (400 a.C.), gli elementi cardini della
religiosità ebraica erano: il Patto; la centralità del culto nel tempio che dava maggiori
poteri nelle mani dei sacerdoti del tempio a discapito della dinastia davidica che di fatto,
dopo la deportazione in Babilonia non c’era più; la prospettiva di una salvezza
universale che Malachia, Ezechiele, il Terzo Isaia evidenziano sostenendo che coloro che
hanno preso il posto degli ebrei deportati in Babilonia dovranno convivere e condividere
la terra con gli esuli quando questi rientreranno in patria. Anche l’uomo più impuro può
diventare puro per volontà di Dio. L’uguaglianza tra ebrei e non ebrei deve essere totale,
persino il sacerdozio dovrà essere aperto a questi stranieri (Is 66,20-21). In questa
prospettiva è interessantissimo Zaccaria 8,20-23: 20 Così dice il Signore degli eserciti:
«Ancora verranno popoli e abitanti di molte città. 21 Gli abitanti dell'una andranno da
quelli dell'altra e diranno: "Su! Andiamo a supplicare il Signore, a cercare il Signore
degli eserciti! Per parte mia ci vado!". 22 E verranno grandi nazioni e popoli grandi a
cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore!». 23 Così parla il Signore
degli eserciti: «In quei giorni dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno
un Giudeo per un lembo del suo mantello e gli diranno: "Vogliamo venire con voi,
perché abbiamo conosciuto che il Signore è con voi!"». Evidentissima è la prospettiva
universalistica! La situazione cambia con i “secondo sadocismo”, dove dalla teologia del
Patto si passa alla teologia della Legge; si rafforza l’idea centralista del tempio per cui
vengono condannati i riti svolti in luoghi diversi da Gerusalemme. Cambia anche il
principio della retribuzione per cui non è sempre detto che se sei buono Dio ti premia
mentre ti punisce se ti comporti male; Giobbe e il libro di Tobia ne sono un esempio.
Al Tempio, Tobi porta a Gerusalemme ogni anno la “decima” parte del tutto: primizie,
frutti, animali, bestiame … e consegna tutto ai “figli di Aronnnne”. Tobi però porta
anche a Gerusalemme la seconda “decima” e versa poi la terza “decima” alle vedove,
agli orfani e ai forestieri ogni tre anni.
In Tob 1,13: l'Altissimo mi fece guadagnare il favore di Salmanassar, diventando suo
provveditore. Deportato ia Assiria, pur non mangiando il cibo dei pagani, entra nelle
grazie del re e fa tanti soldi che deposita a Rage di Media presso Gabael, un suo parente.
La sua fortuna però cambia con la morte di Salmanassar: gli succede Sennacherib che è
tanto crudele da lasciare insepolti gli ebrei deportati. Perché con la salita di Sennacherib
questa situazione cambia, pur essendo lui un potente funzionario di coorte? Il testo ci
dirà che Tobi non potrà più tornare in Media perché le strade della Media divennero
impraticabili. Sembra una scusa poco sostenibile: o era successo che i Medi si erano
ribellati e non pagavano più le tasse, anzi ammazzavano gli inviati ed essendo lui un
esattore che operava pe le casse degli assiri, ritenne opportuno non entrare più in quelle
terre, oppure Sennacherib si era accorto che Tobi applicava “tangenti” sulle tasse al
punto da arricchirsi considerevolmente.
Tob 1,19: Senonché uno degli abitanti di Ninive andò a denunciarmi al re, che ero io che
li avevo sepolti. Mi nascosi dunque, ma quando seppi che il re era al corrente del fatto
ed ero ricercato per essere messo a morte, ebbi paura e presi la fuga. La solita spia
rivela tutto al re, per cui Tobi è costretto a fuggire; gli vengono confiscati tutti i suoi beni
ed i suoi averi.
Tob 1,21: Ma non passarono quaranta giorni che il re fu assassinato da due dei suoi
figli, i quali poi fuggirono sui monti dell'Ararat. Gli successe allora sul trono il figlio
Assarhaddon. Questi pose Achikar, figlio di mio fratello Anael, a capo di tutte le finanze
del regno con autorità su tutta l'amministrazione. Con la salita al trono del nuovo re
Assarhaddon, la sua situazione cambia in positivo; viene nominato Achikar, un suo
nipote, come funzionario del re e ciò permette a Tobia di ritornare a Ninive in possesso
dei suoi averi.