Lacerba - Presidenza della Repubblica

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Lacerba - Presidenza della Repubblica
SEGRETARIATO GENERALE
DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
BIBLIOTECA QUIRINALE
Primo Novecento
La stagione culturale delle riviste d’autore
Pablo Picasso – 1914 Pipe, verre, journal, guitare, bouteille de vieux marc (‘Lacerba’)
(Fondazione Solomon R. Guggenheim – Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)
“Lacerba”
(anni 1913/1914/1915)
Percorsi tematici
3–I
-----------------------2012
A cura di Pierpaolo Capelli
PREMESSA
Si inaugura, con questa pubblicazione dedicata alla rivista Lacerba, una
nuova serie dedicata alla spoglio delle testate storiche conservate presso la
nostra Biblioteca.
Pubblicata dal tipografo fiorentino Attilio Vallecchi, il primo numero della
rivista esce a Firenze l’1 gennaio 1913, per iniziativa di un gruppo di
intellettuali, attivi collaboratori della rivista La Voce, abbandonata per dissapori
con Giuseppe Prezzolini e la sua linea editoriale. In questa nuova avventura
editoriale Giovanni Papini si avvale della collaborazione di Ardengo Soffici,
Italo Travolato, Aldo Palazzeschi.
“Qui non si canta al modo de le rane” recita il frontespizio della rivista,
chiosando il titolo dell’opera incompiuta di Cecco d’Ascoli, astronomo e
medico mandato al rogo per eresia: nell’intendimento dei promotori la rivista
conterrà solo verità, senza edulcoramenti di alcun genere.
Verrà edita fino al 22 maggio 1915, con una periodicità quindicinale, che
diverrà settimanale nell’ultimo anno di pubblicazione.
Lo spoglio sistematico di tutti i numeri della testata e l’agile apparato
biografico dei principali collaboratori della rivista sono opera di Pierpaolo
Capelli, che ha dato vita con grande professionalità ed entusiasmo a questa
nuova iniziativa, che opportunamente si inserisce nelle attività della Biblioteca,.
Noi colleghi ci auguriamo che intenda proseguire questo progetto di spoglio
delle testate storiche della Biblioteca, anche se ormai in procinto di ritirarsi
dall’attività lavorativa, dopo numerosi anni di meritevole servizio presso il
Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica.
Lucrezia Ruggi d’Aragona
Giugno 2012
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LACERBA (1913-1915)
Lacerba Rivista di letteratura, arte e politica, che Giovanni Papini e Ardengo Soffici fondarono
a Firenze nel 1913, dopo essersi staccati da La Voce; uscì fino all’entrata in guerra dell’Italia
(1915). Ebbe carattere di violenta polemica contro l’arte e il costume borghesi, contro il
conformismo e quietismo così degli individui come dei popoli, auspicando la guerra e la
rivoluzione; ma fu polemica non tanto di idee (che erano in fondo quelle di un estremo
antitradizionalismo da un lato e di un acceso nazionalismo e interventismo dall’altro), quanto
di parole, che si spinsero alle maggiori libertà e bizzarrie (come dice già il titolo, modellato su
quello dell’Acerba di Cecco d’Ascoli), con modi decisamente futuristi. Segna infatti il momento
futurista (1), e in certo senso surrealista del vocianesimo, accogliendo fra i suoi collaboratori,
accanto a quelli più ‘di punta’ de La Voce (Dino Campana, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni,
Piero Jahier, Giuseppe Ungaretti ecc.), lo stesso Filippo Tommaso Marinetti (almeno in un
primo tempo), Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo e, fra gli stranieri, Guillaume
Apollinaire. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
Tesi assiomatica de “Lacerba”
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Chi non riconosce agli uomini di ingegno, agli inseguitori, agli artisti il pieno diritto di contraddirsi
da un giorno all’altro non è degno di guardarti.
Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio.
Le nazioni vadano in sfacelo ma crepino di dolore i popoli se ciò è necessario perché un uomo
creatore vinca e vinca.
Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e
nel loro desiderio di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c’è un
piano superiore – dell’uomo solo, intelligente e spregiudicato – in cui tutto è permesso e tutto è
legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!
Di serietà e di buon senso si fa oggi un tal spreco nel mondo, che noi siamo costretti a farne una
rigorosa economia. In una società di pinzoncheri anche il cinico è necessario.
Noi siamo inclini a stimare il bozzetto più della composizione, il frammento più della statua,
l’aforisma più del trattato, il genio mancato e disgraziato ai grand’uomini olimpici e perfetti
venerati dai professori.
Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con
ponderanza le più gravi questioni del mondo.
Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale.
Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni
idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi.
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Manifesto del Futurismo
Le Figaro - 20 febbraio 1909
1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi
vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il
salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova;
la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi
tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra
correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la
Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare
l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere
aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un
violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle
spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo
Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata
l'eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il
patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il
disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e
combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e
utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa:
canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali
moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri,
incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che
fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a
ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i
piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che
scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo
scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra
applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente
e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo
paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già
per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli
innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Filippo Tommaso Marinetti
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“Lacerba”
Articoli, prose, poesie e recensioni curate da:
Fernando AGNOLETTI, Libero ALTOMARE, Guillaume APOLLINAIRE, Francesco BALILLA
PETRELLA, Giannotto BASTIANELLI, BELLINI, BENUZZI, Mario BETUDA, Bino BINAZZI,
Umberto BOCCIONI, Umberto BOTTONE (Auro D’Alba), Paolo BUZZI, Francesco CANGIULLO,
Dino Campana, Maria CAMPIGLI, Carlo CARRA’, Enrico CAVACCHIOLI, Dinamo CORRENTI,
Bruno CURATOLO, Maria D’AREZZO, Theodor DAUBLER, Reny DE GOURMOUNT, Mario DE
LEONE, Giuseppe DE ROBERTIS, Mac DEL MARE, Anna DES PRURAUX, Arcangelo DISTASO,
Isidore Lucien DUCASSE, ELETTROCUTORE, ELETTRONE ROTATIVI (Ardengo Soffici), Bruno
FALLACI, Luigi FALLACARA, FILADRITTO, Luciano FOLGORE, Paul FORT, Roderich HELLMANN,
Max JACOB,
Piero JAHIER,
Guglielmo JANNELLI,
Piero JOCELLI, Karl KRAUS, Jules
LAFORGUE, LAZZERONI, Danilo LEBRECHT, Arrigo LEVASTI, Georg LICHTENBERG, Gian Pietro
LUCINI, Stephane MALLARME’, Filippo Tommaso MARINETTI, Nicola MOSCARDELLI, NEAL,
Friedrich NIETZSCHE, Arturo ONOFRI, Mauro PAGLAI, Aldo PALAZZESCHI, PAPA, Giovanni
PAPINI, Angelo PECORI, Giuseppe PREZZOLINI, Silvio PUCCI, Titta ROSA, Ottone ROSAI, Luigi
RUSSOLO, Antonio SANT’ELIA, Camillo SBARBARO, Filippo SCARPELLI, Curt SEIDEL, Gino
SEVERINI,
Ardengo SOFFICI, Silvio SPAVENTA, Italo TAVOLATO, Sergio TOFANO, Ugo
TOMMEI, Giuseppe UNGARETTI, Giuseppe VANNICOLA, Alberto VIVIANI, Ambroise VOLLARD
Magnelli, Alberto (1888-1971) - 1914 Map of the World and Lacerba (Magnelli Collection, Meudon, France)
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Sommario
degli articoli e degli autori
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ANNO 1 – n. 1 (1 gennaio 1913)
Giovanni Papini: Introibo
Giovanni Papini: Il giorno e la notte
Ardengo Soffici: Contro i deboli
Angelo Pecori: Razzi
Italo Tavolato: L’anima di Weininger
Aldo Palazzeschi: Il mendicante
ANNO 1 – n. 2 (15 gennaio 1913)
Karl Kraus: Aforismi
Ardengo Soffici: Cubismo e oltre (prima parte)
Giovanni Papini: I cattivi
Italo Tavolato: Giorgio Brandes – Una stroncatura
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Giovanni Papini: Jean Christophe
ANNO 1 – n. 3 (1 febbraio 1913)
Remy de Gourmont: De pas sur le sable
Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (seconda parte)
Silvio Spaventa: Difesa dello scetticismo
Aldo Palazzeschi: La bomba
Anna Gerebzova: La convenzione nell’arte
Giovanni Papini: Il significato del futurismo
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Italo Tavolato: Contro la morale sessuale
ANNO 1 – n. 4 (15 febbraio 1913)
Giuseppe Vannicola: Le varie morali
Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (terza parte)
Giovanni Papini: Le parolacce
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 1 – n. 5 (1 marzo1913)
Giovanni Papini: Il discorso di Roma
Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Anna des Pruraux: Nuit florentine
ANNO 1 – n. 6 (15 marzo1913)
Giovanni Papini: Contro il futurismo
Paolo Buzzi: La fantasia di Magdeburgo
F.T. Marinetti: Adrianopoli assedio orchestra
Luciano Folgore: Sensazione di turbine
Umberto Boccioni: Fondamento plastico della scultura e pittura futuriste
Corrado Govoni: La città morta
Carlo Carrà: Piani plastici come espansione sferica nello spazio
Aldo Palazzeschi: Una casina di cristallo
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Giovanni Papini: La risposta dei romani
Italo Tavolato: Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria
ANNO 1 – n. 7 (1 aprile 1913)
Giovanni Papini: Morte ai morti
Ardengo Soffici: Chicchi del grappolo
Aldo Palazzeschi: I fiori
Umberto Boccioni: I futuristi plagiati in Francia
Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 8 (15 aprile 1913)
Giovanni Papini: La necessità della rivoluzione
Ardengo Soffici: Movimento nella plastica futurista
Aldo Palazzeschi: Postille
Roch Grey: Un “fait diverse”
Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 1 – n. 9 (1 maggio1913)
Ardengo Soffici: Svalutazione della grandezza
Luciano Folgore: Caffè notturni
Italo Tavolato: Elogio della prostituzione
Aldo Palazzeschi: Tre diversi amici e tre liquidi diversi
Ardengo Soffici: Giornale di bordo
Corrado Govoni: Le cose che fanno la primavera
Curt Seidel: Pizzicata ad un criticastro
ANNO 1 – n. 10 (15 maggio1913)
Giovanni Papini: I cari genitori
Carlo Carrà: Da Cézanne a noi futuristi
Roch Grey: Romance - Idylle, Allumeur, Depart
Auro D’Alba: Battute d’automobile
Francesco Petrella: Contro il grazioso in musica e altro
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Italo Tavolato: Fra me e me
ANNO 1 – n. 11 (1 giugno 1913)
Anna Des Pruraux: Cremona
Giovanni Papini: Gesù peccatore
Aldo Palazzeschi: I carabinieri
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Giovanni Papini: I miei conti con Croce
ANNO 1 – n. 12 (15 giugno 1913)
F.T. Marinetti: L’immaginazione senza fili
Camillo Sbarbaro: Torbidità
Luciano Folgore: Correnti di simpatia
Ardengo Soffici: Max Jacob
Gian Paolo: Accenni
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 1 – n. 13 (1 luglio 1913)
Giovanni Papini: “LACERBA” sotto processo
Carlo Carrà: L’atmosfera d’avanguardia che prepariamo
Luciano Folgore: Città ferma-Sciopero generale
Umberto Boccioni: La scultura futurista
Luigi Russolo: Gli intonarumori futuristi-Arte dei rumori
F.T. Marinetti: Contrabbando di guerra-Parole in libertà
Dinamo Correnti: Serrature
Ardengo Soffici: Giornale di bordo-Caos (rubrica)
Auro D’alba: Postierle
Italo Tavolato: Frammenti futuristi
ANNO 1 – n. 14 (15 luglio 1913)
Italo Tavolato: Il convito non platonico
Francesco Cangiullo: Notturno inzaccherato
Francesco Balilla Pratella: Critichiamo i critici
Aldo Palazzeschi: Al dottor Carrel
Corrado Govoni: Proiezioni di città italiane-Venezia
Roch Grey: Elegie
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 15 (1 agosto 1913)
Giovanni Papini: Odiatevi gli uni cogli altri
Luciano Folgore: Fumo agli occhi
Le Comte de Lautréamont: L’hermaphrodite
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
Umberto Boccioni: Il dinamismo futurista e la pittura francese
ANNO 1 – n. 16 (15 agosto 1913)
Mac del Marle-Marinetti: Manifeste futuriste contro Montmartre
Giovanni Papini: Accidenti alla serietà
Luciano Folgore: Cena-Lirismo sintetico
Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob
Umberto Boccioni: Per l’ignoranza italiana sillabario pittorico
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 1 – n. 17 (1 settembre1913)
Carlo Carrà: La pittura dei suoni, rumori, odori-Manifesto futurista
Giovanni Papini: Il ricco come debitore
Francesco Cangiullo: Il sifone d’oro
Umberto Boccioni: Contro la vigliaccheria artistica italiana
Italo Tavolato: Frammenti
Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 18 (15 settembre1913)
Giovanni Papini: Franchezza cogli imbecilli
F.T. Marinetti: Battaglia sotto vetro vento
Luciano Folgore: Sobborgo
Max Jacob: Mademoiselle Léonie
Guillaume Apollinaire: L’antitradizione futurista
Georg Lichtenberg: Impromptus
Nicola Moscardelli: Burattinata sentimentale
Ardengo Soffici: Natura morta
Giovanni Papini: Schegge
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 19 (1 ottobre1913)
F.T. Marinetti: Il teatro di varietà-Manifesto futurista
Giovanni Papini: Freghiamoci della politica
Auro d’Alba: La cappella dei fiori
Italo Tavolato: Dalle “Giubbe Rosse”
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 20 (15 ottobre1913)
Giovanni Papini: Programma politico futurista
Giovanni Papini: La vita non è sacra
Corrado Govoni: Fotografia medianica del temporale
Carlo Carrà: Pittura passata=illustrazionismo, pittura futurista=pittura
Max Jacob: La conversion d’Emilie Cordier
Nicola Moscardelli: Spasimo
Arcangelo Distaso: Siate senza pensiero del domani
Francesco Cangiulo: Scoppio fabbrica pirotecnica
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 1 – n. 21 (1 novembre 1913)
Giovanni Papini: Marcia del coraggio
Aldo Palazzeschi: Pizzicheria
Carlo Carrà: Bisogna sopprimere gl’imbecilli nell’arte
Dinamo Correnti: Paracarri
Luigi Russolo: Conquista totale dell’enarmonismo
Roderich Hellmann: Della prostituzione
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 22 (15 novembre 1913)
Giovanni Papini: Esistono cattolici
Silvio Pucci: Risveglio
F.T. Marinetti: Dopo il verso libero, le parole in libertà
Umberto Boccioni: Scarpetta da società + orina
Francesco Cangiulo: Addio
Sergio Tofano: Villeggiatura
Mario Betuda: Sagra
Luciano Folgore: Riso
Benuzzi: Masturbazione
Alberto Viviani: Café chantant
Ardengo Soffici: Diario di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 23 (1 dicembre 1913)
Giovanni Papini: Perché sono futurista
F.T Marinetti:Correzione di bozze + desideri in velocità
Francesco Cangiullo: Finestre aperte
Corrado Govoni: Io e Milano (prima parte)
Dinamo Correnti: Mangiare
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
ANNO 1 – n. 24 (15 dicembre 1913)
F.T. Marinetti/A. Soffici/C. Carrà/G. Papini/U. Boccioni: Serata futurista
Aldo Palazzeschi: Lettere
Corrado Govoni: Io e Milano (seconda parte)
Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)
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ANNO 2 – n. 1 (1 gennaio 1914)
Luciano Folgore: Lirismo sintetico e sensazione fisica
F.T. Marinetti: Ponte
Benuzzi: Bar express
Paolo Buzzi: Volo
Ardengo Soffici: Il soggetto nella pittura futurista
Elettrocutore: La sedia elettrica-Luigi Luzzati
Francesco Cangiullo: Fumatori
Umberto Boccioni: Simultaneità futurista
Carlo Carrà: Immobilità+ventre
ANNO 2 – n. 2 (15 gennaio 1914)
Aldo Palazzeschi: Il controdolore
Gorpe: Cammina cammina
Giovanni Papini: Il passato non esiste
Giovanni Papini: Quattro begli occhi
F.T. Marinetti: Abbasso il tango e Parsifal!
Ardengo Soffici: Bicchier d’acqua
Elettrocutore: La sedia elettrica-Sem Benelli
ANNO 2 – n. 4 (15 febbraio1914)
Giovanni Papini: Il cerchio si chiude
Libero Altomare (Remo Mannoni): Il temporale
F.T. Marinetti: Dune
Carlo Carrà: Costruzione spaziale-Simultaneità di ritmi
Ardengo Soffici: Passeggiata
Bino Binazzi: Sigarette
Guglielmo Jannelli: Messina
Elettrocutore: Sedia elettrica-Luciano Zuccoli
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 5 (1 marzo 1914)
Giovanni Papini: Inno all’intelligenza
Nicola Moscardelli: La suora spasimosa
Umberto Boccioni: Il cerchio non si chiude!
Auro D’Alba: Il puro lirismo nella sensibilità futurista-simultaneità
Luigi Russolo: Grafia enarmonica per gl’intonarumori futuristi
Italo Tavolato: Bestemmia contro il giornalismo
Autori vari: Caffè (rubrica)
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ANNO 2 – n. 6 (15 marzo 1914)
F.T. Marinetti: Lo splendore geometrico e meccanico nelle parole in libertà
Giovanni Papini: Cerchi aperti
Enrico Cavacchioli: Rivoluzione
Umberto Boccioni: Moto assoluto+moto relativo=dinamismo
Carlo Carrà: La deformazione nella pittura
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 7 (1 aprile 1914)
Giovanni Papini: Il massacro delle donne
F.T. Marinetti: Onomatopee astratte e sensibilità numerica
Ambroise Vollard: Portrait de Cézanne
Mario Betuda: Looping the loop
F,T. Marinetti: Gli sfruttatori del futurismo
Nicola Moscardelli: Naufragio
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 8 (15 aprile 1914)
Giovanni Papini: Anch’io son borgese
Carlo Carrà/Ardengo Soffici: Semplicismi
Guillaume Apollinaire: Banalités
Benuzzi: Espansione
Elettrocutore: Sedia elettrica-Francesco Paolo Michetti
Auro D’Alba: I letti
Guglielmo Jannelli: Manovra di notte moderna
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 9 (1 maggio1914)
Theodor Daubler: Picasso
Giovanni Papini: Dichiarazione al tipografo
Ugo Tommei: Scultura futurista
Elettrocutore: Sedia elettrica-Augusto Novelli
Autori vari: Caffè (rubrica)
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ANNO 2 – n. 10 (15 maggio1914)
Giovanni Papini: Viva il maiale!
Bino Binazzi: La milizia di Berlicche
Luciano Folgore: Prima rappresentazione
Italo Tavolato: Frammenti
Ugo Tommei: Volata antifemminile
Bino Binazzi: Arzigogoli
Elettrocutore: Sedia elettrica-Luigi Ferderzoni
Camillo Sbarbaro: La vite
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 11 (1 giugno1914)
Giovanni Papini: Chiudiamo le scuole
Piero Jocelli: I piedi
Carlo Carrà: Vita moderna e arte popolare
Italo Tavolato: Zibaldone
Camillo Sbarbaro: La croce
Auro D’Alba: Il soggetto in poesia
Bino Binazzi: Di sulla spiaggia
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 12 (15 giugno1914)
Giovanni Papini: I fatti di giugno
Ardengo Soffici: Sul marmo
Ugo Tommei: Elegia per il povero teppista
Autori vari: Caffè (rubrica)
Francesco Cangiullo: Serata in onore di Ivonne
ANNO 2 – n. 13 (1 luglio 1914)
Giovanni Papini: Volubilità
Ardengo Soffici: Raggio
Luciano Folgore: Infinitesimi
Titta Rosa: Gonne
Carlo Carrà: Cd’archouortfé
Italo Tavolato: Cronache-ovvero il processo Tiepolo
Francesco Cangiullo: Foglie di platani
Mario De Leone: Fornicazione di automobili
Autori vari: Caffè (rubrica)
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ANNO 2 – n. 14 (15 luglio 1914)
F.T. Marinetti/C.R.W. Nevinson: Vital english art
Ardengo Soffici: Appunti sulla famiglia
Mario Campigli: Giornale +strada
Guizzidoro: Tango= cantiere della lussuria
Bino Binazzi: Il domicilio del poeta
Marinetti/Bussolo/Piatti: Gli intonarumori futuristi trionfano a Londra
Nicola Moscardelli: 3022
Elettrocutore: Sedia elettrica-Salandra
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 15 (1 agosto 1914)
Giovanni Papini: Gli amici
Antonio Sant’Elia: L’architettura futurista
Benuzzi: Bagni
Stephane Mallarme: Il demone dell’analogia
Italo Tavolato: Deploratoria in morte di Frank Ferdinand
Autori vari: Caffè (rubrica)
ANNO 2 – n. 16 (15 agosto 1914)
Giovanni Papini: Il dovere dell’Italia
Papa: La secchia rapita
ANNO 2 – n. 17 (1 settembre 1914)
Giovanni Papini: Ciò che dobbiamo alla Francia
F.T. Marinetti: Il massacro dei sottomarini
Ardengo Soffici: Per la guerra
ANNO 2 – n. 18 (15 settembre 1914)
Giovanni Papini: Contro la neutralità
Ardengo Soffici: Per la guerra
Autori vari: Caffè (rubrica)
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ANNO 2 – n. 21 (15 ottobre 1914)
Giovanni Papini: Chi non la vuole
Giuseppe Prezzolini: Il Paese è responsabile
Ardengo Soffici: Per la guerra
Fernando Agnoletti: Viva l’esercito
Italo Tavolato: Vogliamo la guerra
Ugo Tommei: O la guerra o la rivoluzione
Mauro Pagliai: Doveri
ANNO 2 – n. 22 (1 novembre 1914)
Giovanni Papini: L’antitalia
Ardengo Soffici: Sulla barbarie tedesca
Italo Tavolato: “Sangue viennese”
Maria D’Arezzo: La guerra, la civiltà e la giustizia
Friedrich Nietzsche: Accuse contro i tedeschi
Arcangelo Distaso: L’Italia sotto l’Austria
Fernando Agnoletti: Canto per Trento e Trieste
D’Angelo: La pubblica opinione!
Fernando Agnoletti: L’ultimo austricante
Tullio Garbari: Il Trentino
ANNO 2 – n. 23 (15 novembre 1914)
Giovanni Papini: Il nostro impegno
Giannotto Bastianelli: Le tre metamorfosi della musica tedesca
Ardengo Soffici: Sogni e risvegli d’Italia
Bino Binazzi: La badia del buon sollazzo
Arcangelo Distaso: La rivoluzione non evitata
Luciano Folgore: I retroscena
Dino Campana: Sogno di prigione
Ottone Rosai: Il salotto di ricevimento
ANNO 2 – n. 24 (1 dicembre 1914)
Bino Binazzi: E non parliamo di guerra
Neal: L’idealismo e la sua guerra intestina
Fernando Agnoletti: Si dice, si fa
Ugo Tommei: Drammi
Luigi Fallacara: Noia
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ANNO 3 – n. 1 (3 gennaio 1915)
Giovanni Papini: Il Re
Ardengo Soffici: Vomito
Aldo Palazzeschi: Varietà
Fernando Agnoletti: Colpi di pungolo
ANNO 3 – n. 2 (10 gennaio 1915)
Giovanni Papini: Senatus mala bestia
Corrado Govoni: L’albergo del pellegrino
Ardengo Soffici: Accomodamenti
Ugo Tommei: Un-due un-due
Carlo Carrà: A proposito di futurismo
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
ANNO 3 – n. 3 (17 gennaio 1915)
Giovanni Papini: L’eroe tedesco
Bino Binazzi: Recentissime
Ardengo Soffici: La vittoria della Germania
Fernando Agnoletti: Spinte
Catalano: Primavera in cammino
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
Giuseppe Prezzolini: Risposta a Carrà
ANNO 3 – n. 4 (24 gennaio 1915)
Giovanni Papini: Il gentile terremoto
Ardengo Soffici: Intorno alla Russia
Aldo Palazzeschi: Equilibrio
Carlo Carrà: Sul passatista Prezzolini
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ANNO 3 – n. 5 (31 gennaio 1915)
Giovanni Papini: Malumore
Nicola Moscardelli: Osteria
Ardengo Soffici: Tir’ e molla
Piero Jahier: Non sappia la tua sinistra
Giannotto Bastianelli: La natura morta in musica
Camillo Sbarbaro: Capstan
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
Ugo Tommei: Epiloghi
Piero Jahier: Pane, primo e ultimo avviso
ANNO 3 – n. 6 (7 febbraio 1915)
Giovanni Papini: I Ministri
Giuseppe Ungaretti: Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto-Epifania
Ardengo Soffici: Breve risposta ad un tedescante
Bruno Curatolo: Natura
Luigi Fallacara: La fiera di Natale
Neal: Pericolo russo o tedesco?
Italo Tavolato: Zibaldone
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
ANNO 3 – n. 7 (14 febbraio 1915)
Palazzeschi/Papini/Soffici: Futurismo e manirettismo
Nicola Moscardelli: Tre-Valzer
Fernando Agnoletti: Al Re, a Salandra, a Sonnino
Danilo Lebrecht: Decorazione
Luigi Fallacara: Grottesco
Ardengo Soffici: Chiodi nella zucca
Giovanni Papini: Fuori i tedeschi
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
23
ANNO 3 – n. 8 (21 febbraio 1915)
Giovanni Papini: Fiorentinità
Luigi Fallacara: Azzurro
Ardengo Soffici: Accenni
Ugo Tommei: Epiloghi
Papini/Soffici/Cavalli: Marinettismo
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
ANNO 3 – n. 9 (28 febbraio 1915)
Giovanni Papini: Intervista con Salandra
Corrado Govoni: Lode del perfetto amore
Ugo Tommei: Italiani
Bino Binazzi: Dichiaramento per la bella Italia
Giuseppe Ungaretti: Diluvio-Cresima
Guillaume Apollinaire: Quelconqueries
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
ANNO 3 – n. 10 (7 marzo 1915)
Giovanni Papini: I deputati
Ardengo Soffici: Taccuino
Luigi Fallacara: Bordello
Arcangelo Distaso: Il soldato italiano
Giuseppe De Robertis: Zuccheriera
Aldo Palazzeschi: Rubrica-Spazzatura
ANNO 3 – n. 11 (13 marzo 1915)
Giovanni Papini: Vergogna
Max Jacob: Poèmes
Ardengo Soffici: Noia
Giuseppe Ungaretti: Le suppliche
Ardengo Soffici: Marinettismo
Ugo Tommei: Epiloghi
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
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ANNO 3 – n. 12 (20 marzo 1915)
Giovanni Papini: Le cinque guerre
Bellini: A Luigi di Savoia
Stephane Mallarmé: Conflitto
Aldo Palazzeschi: Primavera
Arcangelo Distaso: Il merdaio italiano
ANNO 3 – n. 13 (27 marzo 1915)
Giovanni Papini: L’intelligenza francese
Gino Severini: Siamo tutti preti
Luigi Fallacara: La gioia
Jules Laforgue: Grande complainte della città di Parigi
Ardengo Soffici: Semi
Arturo Onofri: Guerra
Ugo Tommei: Epiloghi
ANNO 3 – n. 14 (3 aprile 1915)
Paul Fort: Le grand evènement
Piero Jahier: Parola d’ordine
Ardengo Soffici: Simultaneità liriche
Bruno Fallaci: Note di soldato
Titta Rosa: Via/Sabato
Maria D’Arezzo: Ad una giovinezza
Arrigo Levasti: La debolezza di Bismarck
Giovanni Papini: Spurghi e resti
ANNO 3 – n. 15 (10 aprile 1915)
Giovanni Papini: Supplica a Franz
Ardengo Soffici: Taccuino
Ugo Tommei: Re d’Italia
Filippo Scarpelli: Il cuore di Firenze, ahi
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
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ANNO 3 – n. 17 (24 aprile 1915)
Elettrone Rotativi: Adampetonismo (prima parte)
Bino Binazzi: Rifioriture
Giovanni Papini: Fucilate
ANNO 3 – n. 18 (1 maggio 1915)
Giovanni Papini: Abbasso la critica
Corrado Govoni: Vergogna
Elettrone Rotativi (Ardengo Soffici): Adampetonismo (seconda parte)
Nicola Moscardelli: Gomitolo-Tramonto-Parole
Fernando Agnoletti: 27 aprile
ANNO 3 – n. 19 (8 maggio 1915)
Giovanni Papini: I Mille e lo Zero
Ardengo Soffici: Similtaneità liriche
Giuseppe Ungaretti: Poesie
Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)
Filadritto: Storielle senza punta (prima parte)
Lazzeroni: Un uomo di spirito
ANNO 3 – n. 20 (15 maggio 1915)
I Redattori: Ultimo appello-Guerra
Giovanni Papini: Giolitti
Ardengo Soffici: Sulla soglia-La buona guerra
Bellini: Agli ufficiali
Nicola Moscardelli: Poesie
Luigi Fallacara: Gorgo
Filadritto: Storielle senza punta (seconda parte)
ANNO 3 – n. 21 (22 maggio 1915)
Giovanni Papini: Abbiamo vinto
Aldo Palazzeschi: Evviva questa guerra
Luciano Folgore: Giornate romane
Ugo Tommei: Donne
Ugo Tommei: Carrà
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Serge Férat (1879-1958) - Lacerba, circa 1913-1914
The Haba & Alban Roussot Collection
27
28
“Lacerba”
Note biografiche dei principali
Autori , Collaboratori, Saggisti e
Poeti i cui scritti sono pubblicati
sulle pagine della rivista
(nella foto-da sinistra a destra)
Luigi Russolo, Carlo Carrà, Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini
Esponenti illustri del Futurismo e della rivista “LACERBA”
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FERNANDO AGNOLETTI
Nato a Firenze da Vincenzo il 6 marzo 1875, giovanissimo combatté in Grecia con i volontari
garibaldini (1897). Tornato in patria iniziò la carriera di pubblicista, usando talvolta lo
pseudonimo di "Calandrino". Lettore d'italiano presso l'università di Glasgow, vi fondò, il 21
gennaio 1909, la rivista bilingue La riscossa latina, che durò fino ai primi del 1910.
Dopo il suo ritorno a Firenze collaborò a La Voce, per la quale scrisse le sue pagine più fresche,
poi raccolte nel volume Dal giardino all'Isonzo, edito dalla rivista nel 1917 (la seconda
edizione pubblicata a Firenze nel 1937, a cura del figlio Braccio, contiene un poscritto con
cenni biografici sull'autore). Lasciò La Voce per seguire Papini, quando questi fondò la rivista
Lacerba.
Interventista, nel 1915 andò in guerra volontario; poi nel '19 fu tra i primi aderenti del fascio
fiorentino, presiedette la sezione fiorentina dell'Associazione combattenti e diresse fogli di
ispirazione fascista (Noi; L'Aratro). Coprì in seguito numerose cariche nel partito fascista, per
il quale scrisse l'A.B.C. del giovane fascista (Firenze 1931). Morì a Firenze il 25novembre 1933.
Aveva pubblicato, inoltre, Il bordone della poesia (Firenze 1921), e curato l’ edizione degli
scritti del poeta contadino Giovanni Bellini, caduto in guerra, con il titolo di Arciviaggio
(Firenze 1921). (tratto da: Dizionario Biografico degli Italiani-Treccani.it)
LIBERO ALTOMARE (Remo Mannoni)
Libero Altomare (nome d'arte voluto da Marinetti per Remo Mannoni, 1883-1966) iniziò la sua
carriera letteraria nell'alveo dannunziano: con una piccola raccolta di versi stampata in proprio
nel 1908, Rime dell'Urbe e del Suburbio, e una rivista letteraria Primo Vere che non ebbe
successo.
La sua seconda raccolta, Procellarie, stampata nel 1909 e inviata a Marinetti, gli aprì invece le
porte di 'Poesia' (la splendida rivista di Marinetti) e gli fruttò l'invito a entrare nel movimento
futurista. Alcune sue creazioni furono lette in occasione delle serate futuriste, sin da quella al
Politeama Rossetti di Trieste (12 gennaio 1910) e del Teatro Lirico di Milano (15 febbraio
1910). Fu proprio Altomare a presentare Umberto Boccioni, che aveva conosciuto a Roma, a
Marinetti e agli altri futuristi. Tra il 1910 e l'entrata in guerra dell'Italia Altomare partecipò
attivamente alla vita del movimento, fondando il gruppo romano.
Nel 1920 portò a Fiume gli aiuti raccolti a Roma. Fortemente critico nei confronti del regime
fascista si allontanò dal Futurismo quando la convergenza con il regime gli parve accentuarsi.
Fu tuttavia tra i primi a ritornare su quel periodo, con toni sereni, nel dopoguerra proprio con
un volumetto Incontri con Marinetti e il Futurismo nel quale colpisce la testimonianza
sull'arruolamento del giovane poeta e l'entusiasmo che Marinetti sapeva infondere accordando
fiducia, elargendo principeschi inviti, offrendo prospettive e costruendo progetti. L'opera
contiene alcuni esempi delle lettere che Marinetti inviava ai giovani che reclutava per la prima
pattuglia di futuristi. (tratto da: La Biblioteca delle Avanguardie' delle Edizioni d'Orfeo)
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GUILLAUME APOLLINAIRE
Pseudonimo dello scrittore Guillaume-Apollinaris-Albertus de Kostrowitsky (Roma 1880 Parigi 1918). Nato da un italiano e da una nobildonna polacca, ma di cultura francese, visse
l'esperienza letteraria della Francia dagli ultimi anni del sec. 19º fino alla prima guerra
mondiale, cui partecipò valorosamente. Le sue poesie giovanili si collocano nel quadro
dell'ultimo simbolismo: così Le Bestiaire ou Cortège d' Orphée (1911) e le poesie che,
pubblicate sparsamente, furono raccolte poi nel volume Calligrammes (1918).
Dal senso musicale della parola passò a coltivare il valore suggestivo delle associazioni che la
parola può evocare e inaugurò la lirica in cui assumono importanza massima le immagini e le
cose. In tal modo fu condotto a iniziare nella poesia il cubismo, il sintetismo o simultaneismo e
il surrealismo. La sua influenza si avverte in tutti i movimenti svoltisi nella letteratura francese
dal 1905 al 1920 circa. Della sua opera non voluminosa si ricordano, oltre ai libri citati, Alcools
(1913, poesie), Le poète assassiné (1916, romanzo), Les mamelles de Tirésias (1917),
dramma surrealista). Amico di Braque, di Picasso e degli altri cubisti, partecipò attivamente al
loro movimento come critico d'arte. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
GIACOMO BALLA
Pittore italiano (Torino 1871 - Roma 1958). Si formò a Torino e a Roma, dove si trasferì nel
1893, in un ambito culturale partecipe del socialismo umanitario e del positivismo scientifico,
affrontando tematiche come il paesaggio urbano e le condizioni umane (ciclo Dei viventi,
1902-1905), in un linguaggio che trae elementi dal verismo, dal liberty e dal
neoimpressionismo.
Artista maturo e affermato, nel 1910 firmò, con i suoi allievi Boccioni e Severini, il Manifesto
dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista, ma il suo più originale
contributo iniziò dal 1912 con la serie di studî sul movimento (dal Dinamismo di un cane al
guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Gal., alle serie sulla "velocità d'automobile", sul "volo
di rondine", ecc.) e sulle "compenetrazioni iridescenti". L'interesse per la forma pura e
soprattutto per il colore sfociarono in ricerche di rigorosa astrazione. Partecipò intensamente
alle manifestazioni futuriste, creando e interpretando azioni sceniche, disegnando vestiti,
costumi, mobili, progettando complessi plastici. La sua posizione critica nei confronti del
secondo futurismo, latente a metà degli anni Venti, si accentuò all'inizio degli anni Trenta,
portandolo a un isolamento e a un ripiegamento su una ricerca di figurazione naturalistica.
(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
31
UMBERTO BOCCIONI
Pittore, scultore, scrittore d'arte (Reggio di Calabria 1882 - Verona 1916). Fu dal 1901 a
Roma, dove da G. Severini e G. Balla fu avviato alla conoscenza della pittura francese
contemporanea. Dopo un breve soggiorno a Parigi e in Russia, si stabilì a Milano (1907), dove
la sua pittura subì l'influenza dei divisionisti. Con C. Carrà, L. Russolo, G. Balla e G. Severini
firmò (1910) il manifesto dei pittori futuristi, e di quel movimento fu il teorico e il maggiore
esponente artistico. A Parigi (1911) incontrò P. Picasso e G. Braque, e da quel momento tutta
la sua ricerca si rivolse alla composizione della forma nello spazio per effetto del movimento,
al dinamismo, all'espressione plastica degli "stati d'animo" (Gli addii; Quelli che restano;
Quelli che vanno, 1911, New York, Museum of modern art). Del 1912 è il suo Manifesto tecnico
della scultura futurista, del 1914 l'importante scritto Pittura scultura futuriste. Di questo
periodo sono le sue esperienze nel campo della plastica (L'Antigrazioso, 1912). Le scarse
opere realizzate tra il 1914 e il 1916 indicano tuttavia un ritorno a figurazioni realistiche
(Ritratto di Busoni, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Fu fervente interventista e
volontario di guerra nel 1915. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
UMBERTO BOTTONE (Auro D’Alba)
Nacque a Roma il 14 marzo 1888. Amico di Sergio Corazzini ed esordì con una raccolta di
poesie, Lumi d'argento (Roma 1905), alla quale seguì, Corde ai fianchi (Roma 1910). Nel 1912
venne a contatto con i futuristi, inviando a Marinetti alcune liriche, che furono da questo
declamate al Teatro Dal Verme di Torino. Le opere del Bottone ispirate al futurismo sono due
"sintesi teatrali" (firmate con lo pseudonimo Auro d'Alba, che il Bottone userà anche
successivamente): I carri e Il cambio (in Teatro futurista sintetico, Milano 1916) e Baionette
(Milano 1915), raccolta di poesie, alcune delle quali già apparse su Lacerba, in cui, accanto a
liriche dal carattere più decadentista che futurista, sono presenti anche originali e vivaci
composizioni di parole in libertà. Nel 1916, pubblica le “Canzoni della guerra” (Milano 1916),
in cui l'aggressivo nazionalismo futurista si stemperava in un sentimentalismo edulcorato.
Decorato con una medaglia d'argento e una croce di guerra, nel dopoguerra si unì ai seguaci di
Mussolini e collaborò al Popolo d'Italia. Successivamente fu membro del primo direttorio del
fascio romano di combattimento. Nelle opere pubblicate tra il 1920 e il 1930 non manca un
nucleo di originale di poesia, uno spontaneo ed ingenuo amore per la vita espresso, nei
momenti migliori, in modi vivi e fantastici, quasi fiabeschi; ma troppo spesso questi motivi
vennero distorti e soffocati o da sollecitazioni esterne o dall'esigenza di adeguarsi a modelli
letterari che non gli erano consentanei. La facilità nel verseggiare, di cui il Bottone fu
naturalmente dotato, gli impedì di elaborare un linguaggio personale. Alla fine della seconda
guerra mondiale fu internato in un campo di concentramento; dopo la liberazione collaborò a Il
Popolo di Roma e dal 1947 al 1965 all'Osservatore romano della Domenica sotto lo
pseudonimo di Benigno. Morì a Roma il 15 aprile del 1965. (tratto da: Dizionario Biografico degli
Italiani-Treccani.it)
32
PAOLO BUZZI
Scrittore (Milano 1874 - ivi 1956). Esordì con una poetica ancora legata al classicismo
leopardiano e carducciano (Rapsodie leopardiane, 1898), ma attratto dal movimento futurista,
ne divenne uno degli esponenti più serî e significativi (fu, tra l'altro, critico letterario della
rivista Poesia fondata nel 1905 da Marinetti). Pubblicò molti volumi di liriche (Aeroplani, 1909;
Versi liberi, 1913; Il poema dei quarant'anni, 1922; Canti per le chiese vuote, 1930; Poema del
golfo di Napoli, 1937; Atomiche, 1952; ecc., e il volume antologico Selecta, 1898-1954, 1955),
prose, lavori teatrali e alcuni romanzi (fra cui Gigi di purità, 1927, ispirato a San Luigi
Gonzaga). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
DINO CAMPANA
Poeta (Marradi 1885 - Castel Pulci, Firenze, 1932). Figlio di un maestro elementare, rivelò
presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Dopo il liceo a Faenza, frequentò corsi di
chimica all'università di Bologna e a Firenze. Ma, incapace di adattarsi alla normalità (per le
sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni
psichiatriche), preferì viaggiare (l'Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un
avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare
una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912-13) su fogli goliardici a
Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913-14) i circoli fiorentini della Voce e di
Lacerba. Andato smarrito il manoscritto di prose e di versi che aveva presentato a Papini e
Soffici per un giudizio (ritrovato tra le carte di Soffici nel 1971, fu pubblicato in ed. anastatica:
Il più lungo giorno, 1973), ricompose i testi a memoria e li pubblicò a sue spese presso un
tipografo di Marradi (Canti orfici, 1914). Dopo una turbolenta relazione con S. Aleramo (191617), di cui resta la testimonianza del carteggio (Lettere, 1958) e altri viaggi finì i suoi giorni
nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di
poesie, di prose liriche e di frammenti (2a ed. ampliata, a cura di Bino Binazzi, 1928; 5a ed.,
con aggiunta di scritti sparsi o inediti, a cura di E. Falqui, 1960), un impressionismo paesistico,
affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A.
Rimbaud (soprattutto quello delle Illuminations), suo poeta prediletto insieme con Baudelaire.
Discontinua come risultati poetici, nutrita degli echi di una educazione letteraria che include
Carducci e D'Annunzio, Nietzsche, il decadentismo francese e il futurismo giocoso di un
Palazzeschi, l'opera di Campana, per l'intensità visionaria, per la lirica suggestione del suo
linguaggio analogico, ha avuto largo influsso sulla poesia italiana successiva, in particolare su
quella ermetica, e, per l'indicazione, che vi si è scorta, di radicale opposizione agli istituti
letterari, sulle generazioni di poeti formatesi dopo gli anni Sessanta. Ancora da ricordare:
Taccuinetto faentino (post., 1960) e Fascicolo marradese inedito (post., 1972). (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
33
FRANCESCO CANGIULLO
Scrittore e giornalista italiano (Napoli 1888 - Livorno 1977); tra i più fervidi seguaci del
movimento futurista, propugnò, con Filippo Tommaso Marinetti, il "teatro a sorpresa".
Della sua esperienza futurista ha scritto nel volume Serate futuriste (1930; nuova ed. 1961),
ove aneddoti, memorie, fatti sono raccolti con vivacità e gusto.
Autore di parecchi libri di versi, di poemi "paroliberi", di sintesi teatrali e, in collaborazione
con E. Petrolini, del "grottesco" in un atto Radioscopia (1917). Nelle pagine di Addio mia bella
Napoli (1955), paesaggi e figure di vita partenopea sono rievocati con sottile nostalgia. (Tratto
da: Enciclopedia Treccani on line)
CARLO CARRA’
Pittore italiano (Quargnento 1881 - Milano 1966); dal 1939 al 1952 professore nell'Accademia
di Brera, una delle figure più eminenti dell'arte italiana del Novecento.
Nel 1909 con V. Boccioni, L. Russolo e F. T. Marinetti a Milano redasse il manifesto dei futuristi;
nel 1916 fu, con Giorgio De Chirico, il creatore della pittura metafisica; nel 1919 fu, con M.
Broglio, alla testa del gruppo "Valori Plastici"; nel 1926 fece parte del gruppo "Novecento". Fu
così tra i protagonisti dell'arte italiana nel primo e nel secondo venticinquennio del secolo,
mantenendo in ogni fase un'aspirazione all'equilibrio classico che lascia comprendere la
direzione da lui presa dopo il 1919 e che ha sostenuto permanentemente la sua feconda attività.
Malgrado le giustificazioni nazionalistiche date alla sua pittura, la critica vi ha scoperto rapporti
con la pittura francese anche nel periodo del "Novecento" volto a ritrovare, dopo il pittoricismo
impressionista e lo spregiudicato avanguardismo futurista, un esplicito contatto con la
tradizione e una concreta coscienza del valore della forma. Carrà, pur avendo affrontato temi
monumentali, ha soprattutto prediletto paesaggi di austera semplicità, in cui talvolta la ricerca
di volumi, che muove da Cézanne, s'incontra con inaspettati riecheggiamenti della pittura
italiana del Trecento.
Tale problematica si riflette anche nell'opera di Carrà come scrittore e critico d'arte
(Guerrapittura, 1915; Pittura metafisica, 1919; Giotto, 1924; Il rinnovamento delle arti in Italia,
1945. Molti testi editi e inediti, sono stati raccolti in “Tutti gli scritti”, 1978). (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
34
GIUSEPPE DE ROBERTIS
Critico letterario italiano (Matera 1888 - Firenze 1963); professore di letteratura italiana (dal
1939) nell'università di Firenze, dove si era trasferito giovanissimo. Formatosi nell'ambiente
vociano, in una sorta di ideale sodalizio con Renato Serra, fu direttore della "seconda" Voce
(quella letteraria: 1915-1916), e, più tardi, redattore di Pègaso (1929-33) e di Pan (1934-35),
riviste dirette da U. Ojetti; nel secondo dopoguerra collaborò al settimanale Tempo.
Tutta la sua attività critica, dedicata in prevalenza alla letteratura italiana moderna e
contemporanea (Saggi, 1939; Scrittori del Novecento, 1940; Studi, 1944; Saggio sul Leopardi, n.
ed. 1946; Primi studi manzoniani, 1949; Altro Novecento, 1962; Scritti vociani, 1967, a cura di
E. Falqui; Studi II, 1971), è volta a sottolineare, quasi nei modi di una lettura o commento, i
valori stilistici e tonali del testo poetico per cogliere il farsi della poesia attraverso i varî
momenti compositivi d'essa: onde il rilievo dato allo studio delle varianti, preponderante
rispetto all'inquadramento storico.
Curò anche edizioni e commenti di classici; notevole, specialmente, quello ai Canti leopardiani.
(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
LUIGI FALLACARA
Poeta e scrittore italiano (Bari 1890 - Firenze 1963). Insegnante di lettere, per lunghi anni, a
Firenze. Dopo una giovanile esperienza nelle file dell'avanguardia poetica (fu collaboratore di
Lacerba), fece parte del gruppo fiorentino del Frontespizio.
La sua poesia, rispondendo sempre più a un'ispirazione religiosa, si venne accostando al gusto,
e ai modi, dell'ermetismo (Poesie d'amore, 1937; Notturni, 1941; Le poesie, 1952; Celeste
affanno, 1956; Il mio giorno s'illumina, 1957; Il più della vita, 1961; Il frutto del tempo, 1962).
Le poesie del Fallacara hanno avuto due edizioni: Poesie inedite, a cura di L. Fallacara e O.
Macrì, Padova 1970; Poesie (1914-1963), a cura di O. Macrì, Ravenna 1986 (edizione critica
delle liriche edite e di quelle inedite, con uno Studio biografico e critico e una Bibliografia della
critica). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
35
LUCIANO FOLGORE
Pseudonimo dello scrittore italiano Omero Vecchi (Roma 1888 - ivi 1966). Esordì come poeta
futurista (Il canto dei motori, 1912; Ponti sull'Oceano, 1914; Città veloce, 1919); ma la sua
vena umoristica e satirica ha dato il meglio di sé nelle parodie dei più noti poeti contemporanei,
e in versi e versetti quasi estemporanei, di una pungente, ma sempre garbata, estrosità (Poeti
controluce, 1922; Poeti allo specchio, 1926; Il libro degli epigrammi, 1932, n. ed. 1955; Il libro
delle favole, 1956; Il libro delle parodie, 1965; ecc.). Ha scritto anche novelle, romanzi, e
qualche lavoro per il teatro. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
CORRADO GOVONI
Poeta italiano (Tamara, Ferrara, 1884 - Lido dei Pini, Roma, 1965). Poeta dai toni accesi e
dall'ostentazione verbale, ma al tempo stesso di una tristezza disincarnata ed elusiva, percorse
con originalità il complesso universo che si andava muovendo intorno alla "nuova poesia", sorta
nella prima quindicina del XX secolo, attraversando Pascoli e D'Annunzio, ma soprattutto
partecipando direttamente al movimento futurista e facendo tesoro delle esperienze simboliste
e tardo-simboliste in chiave impressionistica e crepuscolare. Un'ampia antologia delle sue
Poesie (1903-59) ha curato G. Ravegnani (1961). Fece, da giovane, l'agricoltore e anche il
commerciante; costretto a un modesto impiego, a Roma, visse lontano dal mondo letterario, pur
appartenendovi in pieno per la copiosità di una produzione che, nella costante fedeltà ai propri
motivi ispiratori, seppe trovarsi in sintonia con le correnti più vive del tempo. Pascolismo e
dannunzianesimo confluiscono in misura egualmente larga nel suo originario crepuscolarismo
(Le fiale, 1903; Armonia in grigio et in silenzio, 1903; ecc.). Donde una certa affinità del Govoni
col futurismo (Poesie elettriche, 1911; L'inaugurazione della primavera, 1915; ecc.), e l'aspetto
di filastrocche o "litanie liriche" che hanno i suoi versi (Il quaderno dei sogni e delle stelle,
1924; Brindisi alla notte, 1924; ecc.). Migliori tuttavia i momenti in cui egli riesce a contenere
tanta esuberanza e prolissità entro forme di canzonetta popolareggiante o vagamente
epigrammatiche (Il flauto magico, 1932; Canzoni a bocca chiusa, 1938; Pellegrino d'amore,
1941; Preghiera al trifoglio, 1953; Patria d'alto volo, 1953; Manoscritto nella bottiglia, 1954;
Stradario della primavera, 1958). Un'intonazione nobilmente elegiaca presiede invece ad
Aladino (1946), compianto di un suo figlio trucidato alle Fosse Ardeatine. Il Govoni scrisse
anche prose liriche (La santa verde, 1919), novelle e romanzi, sempre di un autobiografismo
riversantesi in immagini e colori. Postuma (1966) è apparsa La ronda di notte. (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
36
MAX JACOB
Scrittore, poeta e pittore francese (Quimper 1876 - Drancy 1944). Originario della Bretagna, che
gli ispirò la raccolta di poesie La côte (1911), partecipò alla nascita del cubismo e del
surrealismo.
Nei suoi scritti si alternano momenti d’ironico e amaro umorismo a momenti di inquieto
misticismo. La sua personalità è apparsa sconcertante per la sua maschera di satanismo e di
santità che caratterizza, con improvvisi balzi dalla prosa al verso, dal burlesco al serio, tutta la
sua opera (Saint Matorel, 1911; Les ceuvres burlesques et mystiques de Frère Matorel, 1912; Le
cornet à dés, 1917; La défense de Tartuffe, 1919; Cinématoma, 1920; Le Laboratoire Central,
1921; Le Terrain Bouchaballe, 1923; Méditations religieuses, 1945; ecc.).
Di origine israelita, Jacob si convertì pubblicamente al cattolicesimo (1915), ritirandosi a vita
cenobitica a Saint-Benoît-sur-Loire.
Morì in un campo di concentramento tedesco. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
PIERO JAHIER
Scrittore italiano (Genova 1884 - Firenze 1966). Appartenne al gruppo della Voce, in cui portò il
lievito e il rigore morale della sua origine valdese.
Combattente nella prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini, diresse un giornale di
trincea, L'Astico (1918), e curò una raccolta di Canti di soldati (1918).
La sua opera è strettamente autobiografica: di un'autobiografia che non è solo ricordo, ma
esame di coscienza e giudizio di sé, della società e della vita. Pertanto, sia che rievochi le sue
prime esperienze d'impiegato (Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi,
1915), o la sua travagliata adolescenza (Ragazzo, 1919), o i giorni di guerra (Con me e con gli
alpini, 1919) in lui alla commozione si accompagna l'ironia, ai toni elegiaci quelli oratorî e
profetici (un poco al modo di P. Claudel o di Ch.-P. Péguy): unificati, specie nei racconti di
Ragazzo, da un calore lirico che dà alla sua prosa scorciata, anacolutica, sintatticamente ardita,
un ritmo di canto, risolventesi talora in versi (i quali, insieme con altri, nati indipendentemente
dalle prose, sono raccolti nel volume Poesie, 1964). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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DANILO LEBRECHT (Lorenzo Montano)
Pseudonimo dello scrittore Danilo Lebrecht (Verona 1893 - Glion-sur-Montreux 1958). Fece
parte del gruppo della Ronda, e il suo romanzo Viaggio attraverso la gioventù (1923) resta
notevole documento di quel gusto per una prosa fra narrativa e critico-lirica. Scrisse alcune
raccolte di poesie e si interessò alla prosa del Seicento e del Settecento italiano, in particolare
di L. Magalotti (1924). Rifugiatosi, in seguito alle discriminazioni razziali, in Inghilterra, diresse
a Londra (1943-46) Il mese, rassegna della stampa internazionale, che ebbe larga diffusione,
dopo la liberazione, anche in Italia. Tornato in patria, raccolse in volume (Carte nel vento.
Scritti dispersi, 1956; A passo d'uomo e altri ritagli, 1957; Pagine inedite, post., 1960) numerosi
suoi scritti in prosa e in versi, di varia data. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
GIAN PIETRO LUCINI
Scrittore italiano (Milano 1867 - Breglia, Plesio, 1914). Complessa e contraddittoria figura di
transizione tra Ottocento e Novecento, dalla scapigliatura lombarda si avvicinò al futurismo, da
cui si staccò poi clamorosamente. Fu narratore, poeta, critico, sempre animato da acume
satirico e impeto polemico. Tra le opere: il romanzo Gian Pietro da Core (1895); i versi di
Revolverate (1909); il saggio Ragion poetica e programma del verso libero (1908).
Figlio di un eroico garibaldino, cominciò assai giovane l'attività letteraria, spinto da F.
Cameroni; laureatosi in legge a Pavia (1892), investì quasi tutte le sue sostanze nella
fondazione di una casa editrice, iniziativa che si risolse in un disastroso fallimento. Il dissesto
economico e la grave malattia, che lo consumò di giorno in giorno fino alla morte, travagliarono
la sua esistenza, angosciata anche da una perenne inquietudine spirituale; antimilitarista,
socialista e anarchico per temperamento, non aderì a nessun partito per una sorta di sdegno
aristocratico.
Dal romanticismo della scapigliatura lombarda (fu ammiratore e studioso di C. Dossi: L'ora
topica di C. D., 1911), approdò al futurismo, tramite il dannunzianesimo, al quale, pur
intendendo ribellarsi (Antidannunziana, 1914), in verità lo univa l'amore sensuale della parola.
Più tardi si staccò apertamente e clamorosamente dai futuristi (Come ho sorpassato il
futurismo, 1913). Poeta (Revolverate, 1909, con prefazione di F. T. Marinetti; La solita canzone
del Melibeo, 1910), narratore (Gian Pietro da Core, 1895; Le indiscrezioni di Trilby, 1913, e i
racconti Vigilie d'amore, 1910), critico (importante, anche per le anticipazioni, l'ampia
"proposta" sul verso libero nel volume Ragion poetica e programma del verso libero, 1908),
scrittore di filosofia e di politica, ben si riflette in lui, anche negli eccessi, la parabola e
l'inquietudine della sua generazione. La figura di Lucini è stata recentemente rivalutata,
individuandone aspetti di precursore delle neoavanguardie. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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FILIPPO TOMMASO MARINETTI
Scrittore italiano (Alessandria d'Egitto 1876 - Bellagio 1944). Compì gran parte dei suoi studi a
Parigi e si affermò dapprima come poeta in lingua francese (La conquête des étoiles, 1902;
Destruction, 1904; La ville charnelle, 1908). Nel 1905 fondò a Milano la rivista Poesia, di un
gusto ancora fra simbolista e liberty, nella quale diede largo spazio a molti poeti d'avanguardia
italiani e francesi bandendo, fra l'altro, nel 1905, la celebre Inchiesta internazionale sul verso
libero, ove non poneva per la prima volta, come è stato erroneamente affermato, il problema
dell'uso del verso libero, ma ne pubblicizzava la struttura e la fisionomia aprendo su di esso un
ampio dibattito; nel 1905 pubblicava, sempre in francese, la tragedia satirica in quattro atti Le
Roi Bombance, opera assai notevole anche se non risponde a quegli intenti sociali che Marinetti
si era proposto. Nel 1909, con un "manifesto" apparso sul Figaro di Parigi, diede vita al
movimento futurista; nel 1910 pubblicò, in francese e in italiano, il romanzo Mafarka il futurista,
che suscitò clamorose polemiche, e nel quale è già in atto la poetica delle "parole in libertà",
che, perseguendo l'immediatezza e il dinamismo dell'espressione, esaspera fino al
meccanicismo onomatopeico il dannunziano "amor sensuale della parola". E l'opera successiva,
in prosa o in versi, di Marinetti, malgrado certi impeti lirici (cfr. Zang Tumb Tumb, 1914;
L'alcova d'acciaio, 1921; Novelle colle labbra tinte, 1930; Spagna veloce e toro futurista, 1931;
L'Aeropoema del Golfo della Spezia, 1935), è piuttosto turgida oratoria e azione politicoletteraria (di via via scemante efficacia), che non, come pur vorrebbe, arte liberatrice,
all'avanguardia d'un rinnovamento totale. Pertanto le sue cose più importanti restano i
"manifesti" del primo periodo, alcuni dei quali (come quelli sul teatro di varietà, sul teatro
sintetico, ecc.) ricchi di spunti, intuizioni e precorrimenti. Interventista (Guerra sola igiene del
mondo, 1915), e combattente della prima guerra mondiale, Marinetti fu accanto a Mussolini
dalle origini del fascismo alla Repubblica di Salò, esaltandone le imprese guerresche. Fece parte
dell'Accademia d'Italia. Parte dell'opera edita e inedita è raccolta in Teoria e invenzione
futurista (1968) e La grande Milano tradizionale e futurista (1969), a cura di L. de Maria, che ne
fornisce una convincente sistemazione storica. Nel 1971 sono apparse Poesie a Beny, liriche
scritte in francese (1920-38) per la moglie Benedetta. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
NICOLA MOSCARDELLI
Scrittore (Ofena 1894 - Roma 1943); esordì giovanissimo su La Voce e Lacerba; combattente del
1915-18 venne decorato al valore. Fu poi critico letterario e collaboratore di varî giornali. La sua
copiosa produzione, che comprende raccolte di liriche (Abbeveratoio, 1915; Tatuaggi, 1916;
Gioielleria notturna, 1918; La mendica muta, 1920; L'ora della rugiada, 1924; Le grazie della
terra, 1928; Il canto della vita, 1939, ecc.), prose poetiche (L'aria di Roma, 1931, ecc.), racconti
e romanzi (Vita vivente, 1923; Il sole dell'abisso, 1931; La vita ha sempre ragione, 1934, ecc.),
saggi critici e morali (Anime e corpi, 1932; L'altra moneta, 1933; Dostoievski, 1935, ecc.) è
ispirata a motivi che, passando da un crepuscolarismo d'origine pascoliana, dopo una breve
parentesi futurista, a un misticismo vagamente cristiano, si elevano, nei momenti migliori, a un
sentimento lirico della sofferenza umana. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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ARTURO ONOFRI
Poeta ambizioso e fecondo, Onofri partì da una formazione pascoliana e dannunziana, ma sfiorò
anche il crepuscolarismo e le esperienze dei primi vociani. Al tempo stesso mirò a recuperare le
forme del linguaggio tradizionale per ricavarne significati religiosi, profondi e positivi, per
affermare la forza della voce poetica, la sua capacità di entrare in contatto con i valori più
autentici della natura e della storia. Fondò e diresse la rivista “Lirica” (1912-13), che rivelò
alcuni giovani notevoli scrittori operanti a Roma: collaborò a “La Voce” di De Robertis (dove
espresse in modi personali una poetica della liricità e del frammento) e ad altre riviste e
giornali, anche con scritti critici, di singolare acume, come quelli (1916) riuniti nel volume
postumo Letture poetiche del Pascoli (a cura di G. Comi, pref. di E. Cecchi, 1953). (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
ALDO PALAZZESCHI
Pseudonimo dello scrittore Aldo Giurlani (Firenze 1885 - Roma 1974). Palazzeschi ha
manifestato il suo estro fin dall'esordio come poeta crepuscolare e nell'effimera adesione al
futurismo. Ha attraversato l'esperienza dell'avanguardia d’inizio secolo e in seguito la ripresa
delle avanguardie degli anni Sessanta con una inconfondibile giocondità, enigmatica e
inafferrabile. Si dedicò alla letteratura dopo aver frequentato una scuola di recitazione insieme
a Moretti di cui divenne grande amico e assunse lo pseudonimo di Palazzeschi dal cognome
della nonna. Dopo essere stato costretto all'esperienza militare, visse nel dopoguerra una vita
appartata e solitaria, rimanendo estraneo al fascismo e impegnandosi in un'attività di narratore,
che gli guadagnò i favori del pubblico. Collaborò dal 1926 al Corriere della sera. Visse a Firenze
fino al 1950, anno in cui si trasferì a Roma. Nel 1957 gli fu consegnato dall'Accademia dei Lincei
il premio internazionale Feltrinelli per la letteratura; nel 1960 gli venne conferita dall'università
di Padova la laurea in lettere honoris causa. Esordì come poeta crepuscolare (I cavalli bianchi,
1905; Lanterna, 1907; Poemi, 1909). Effimera fu la sua adesione al futurismo (L'incendiario,
1910). Palazzeschi ben presto trovò più adeguata espressione nella prosa: la quale, d'altro
canto, da quella ancor diafana di Riflessi (1908; poi raccolto, insieme ai successivi Il codice di
Perelà e La piramide, con il titolo Allegoria di novembre, in Romanzi straordinari, 1943), a
quella narrativamente più nutrita e complessa delle opere successive (Il re bello, 1921; Stampe
dell'800, 1932; Sorelle Materassi, il suo libro più famoso, 1934; Il palio dei buffi, 1936; I fratelli
Cuccoli, 1948; Bestie del '900, 1951; Roma, 1953; Il buffo integrale, 1966; Il doge, 1967;
Stefanino, 1969; Storia di un'amicizia, 1971). Altre opere di Palazzeschi: Due imperi... mancati
(1920); Tre imperi... mancati (1945); Scherzi di gioventù (1956); Ieri, oggi e... non domani
(1967), che riunisce i suoi elzeviri; e una serie di poesie «della vecchiaia» (Viaggio
sentimentale, 1955; Cuor mio, 1968; Via delle cento stelle, 1972), vivide peraltro - come i
racconti di questo stesso periodo. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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GIOVANNI PAPINI
Scrittore italiano (Firenze 1881 - ivi 1956). Papini fu parte viva del movimento letterario,
filosofico e politico, che ai primi del Novecento promosse da Firenze lo svecchiamento della
cultura e della vita italiana. Tra i fondatori delle riviste “Leonardo” (1903) e “Lacerba” (1913),
concepì la letteratura come «azione» e diede ai suoi scritti un tono oratorio e dissacrante. Tra
le opere più note si ricordano: l'autobiografia Un uomo finito, il saggio Stroncature, le prose
liriche Giorni di festa (1918). Nel 1903, già fornito di una cultura superiore agli studi scolastici
compiuti, fu fondatore con G. Prezzolini e altri amici (1903) di “Leonardo” (nella quale scrisse
con lo pseudonimo di Gian Falco), rivista vivacemente combattiva, che divenne presto uno dei
più notevoli organi di reazione al positivismo filosofico e letterario in nome dei valori dello
spirito, divulgatore in Italia di contemporanei movimenti filosofici stranieri, quali l'intuizionismo
francese del Bergson e il pragmatismo anglo-americano del Peirce e del James, promotore
infine dello svecchiamento della cultura italiana, in nome di un'individualistica e sognatrice
concezione della vita e dell'arte. Redattore per qualche tempo del Regno di E. Corradini;
direttore, nel 1912, della “Voce”, fondato da Prezzolini con l'intento di farvi collaborare gli
uomini e le dottrine più rappresentative a una rieducazione morale, politica, artistica
degl'Italiani; fondatore (1913), con A. Soffici, di “Lacerba”, che rappresenta il momento della
sua adesione al futurismo. Con l'entrata in guerra dell'Italia - in favore della quale “Lacerba”
sostenne una fierissima battaglia - il gruppo fiorentino si disperde, non senza aver agitato
vecchi e nuovi problemi della cultura, diffuso la conoscenza di movimenti filosofici e artistici
forestieri, e rivelato alcune notevoli figure di scrittori e di artisti.
Studioso di filosofia e di religione, critico e polemista, narratore e poeta, la costante della sua
personalità è data dall'attivismo, dal volontarismo, che lo indusse a farsi divulgatore fra i primi
in Italia del pragmatismo, e poi a passare da questa ad altre filosofie, sempre insoddisfatto
perché vi cercava il segreto per diventare giudice sicuro del bene e del male, una sorta di
demiurgo o di uomo-dio. Il suo volontarismo romantico e decadente lo portò a concepire la
letteratura come «azione» e a dare ai suoi scritti un carattere da «giudizio universale (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
FRANCESCO BALILLA PRATELLA
Compositore (Lugo 1880 - Ravenna 1955). Studiò a Pesaro con P. Mascagni e A. Cicognani. Fu,
tra i futuristi, uno dei più attivi esponenti e, insieme con L. Russolo, il più prestigioso
teorizzatore delle idee musicali del movimento. Autore di musiche teatrali, vocali e vocalistrumentali, svolse un'intensa attività di etnografo, raccogliendo e pubblicando canzoni e danze
popolari italiane. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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GIUSEPPE PREZZOLINI
Scrittore italiano (Perugia 1882 - Lugano 1982). Autodidatta, si trasferì giovanissimo a Firenze.
Amico di G Papini e animatore con lui del “Leonardo” con lo pseudonimo di Giuliano il Sofista,
collaboratore fino al 1905 del nazionalista “Il Regno” di E. Corradini, facendosi nel primo
propugnatore di un orientamento filosofico antirazionalistico e misticheggiante, nel secondo
sostenitore del movimento nazionalista e specialmente dei diritti della borghesia contro il
socialismo. Verso il 1908 aderì alla filosofia idealistica di Croce, mentre si accostava con più
larga comprensione e qualche simpatia al socialismo sindacalista. In questa nuova posizione
ideale nel 1908 fondò il settimanale “La voce”. Nel movimento vociano Prezzolini rappresentò
l'elemento coesivo delle varie tendenze che vi confluivano dimostrandosi critico intelligente,
propagatore instancabile di notizie e d'idee in ogni campo della cultura. Partecipe del dibattito
culturale del primo Novecento, si accostò al pragmatismo, al modernismo cattolico, a Bergson,
all'idealismo crociano, ma anche al socialismo sindacalista, per approdare poi a un
conservatorismo scettico (si veda il suo Codice della vita italiana, 1921), in cui si riflettono il
disprezzo della politica contingente e la difesa di una posizione intellettuale che vuol essere
insieme aristocratica e vicina al senso comune. Diviso tra l'ammirazione per Mussolini e il rifiuto
dei metodi fascisti, si allontanò dall'Italia e, dopo alcuni anni a Parigi, si stabilì a New York
(1929) come direttore della Casa Italiana della Columbia University e insegnante presso la
medesima università. In questi anni pubblicò diversi scritti e proseguendo nel contempo
un'intensa collaborazione con giornali e periodici italiani. Anche gli ultimi anni, dopo il rientro in
Italia (1961) e il trasferimento a Lugano (1968), furono occupati da una varia produzione
saggistica. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
OTTONE ROSAI
Pittore e scrittore (Firenze 1895 - Ivrea 1957). Inizialmente vicino alle tematiche futuriste,
dopo la Prima guerra mondiale, alla quale prese parte, nell'ambito di un più ampio ritorno
all'ordine che caratterizza la pittura italiana di quegli anni, si avvicinò alla costruttività
cezanniana senza mai tralasciare la tradizione toscana. Dopo l'accademia di belle arti di Firenze,
aderì al futurismo (1913-14), esperienza, questa, sulla quale innestò un proprio senso realistico
paesano, colto nei suoi aspetti più semplici e quotidiani, che affondava le radici nella tradizione
toscana ottocentesca (Piazza del Carmine, 1922, Firenze, Galleria d'arte moderna; L'omino di
sagrestia, 1922-23, Torino, Galleria d'arte moderna; I filosofi, 1929, Milano, Galleria d'arte
moderna). Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi
pervasi di luce e scene di vita popolare che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi
impasti cromatici, temi già trattati. Una vena polemica e popolareggiante, vicina ai modelli di
Soffici e del primo Papini, caratterizza anche la scrittura di Rosai: collaboratore di “Lacerba” e
del Selvaggio, pubblicò ricordi della prima guerra mondiale (Il libro di un teppista, 1919; Dentro
la guerra, ed. integrale su rivista 1932. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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LUIGI RUSSOLO
Pittore (Portogruaro 1885 - Cerro Laveno 1947). Si dedicò fin da giovanissimo a studî musicali.
A Milano, dal 1901, frequentò l'ambiente artistico che ruotava intorno alla rivista Poesia,
cominciando a interessarsi anche di pittura. Non si conoscono sue opere pittoriche anteriori al
1909 (Autoritratto, 1909, Milano, Galleria civica d'arte moderna), anno in cui conobbe Boccioni
e Carrà. Con questi firmò nel 1910 il “Manifesto dei pittori futuristi”, tuttavia fino al 1912 le sue
opere risentono ancora della poetica divisionista e simbolista (La rivolta, 1911, L'Aia,
Gemeentemuseum; Case+luce+cielo, 1912, Basilea, Kunstmuseum). Prevalsero poi i suoi
interessi musicali: nell'ambito della poetica futurista scrisse L'arte dei rumori (1916) ed eseguì
concerti con nuovi strumenti, gli "intonarumori", costruiti da lui stesso. Partecipò alla prima
guerra mondiale, rimanendo mutilato e scosso nel suo equilibrio mentale. Dal 1918 al 1930
visse a Parigi, dove si dedicò allo studio delle filosofie orientali e in particolare dello yoga (nel
1938 pubblicò Al di là della materia). Riprese anche a dipingere quadri d'intonazione tra
ingenua e surrealista. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
ANTONIO SANT’ELIA
Architetto (n. Como 1888 - m. in guerra, a Monfalcone, 1916). Dopo il conseguimento, a Como,
del diploma di capomastro edile (1905), seguì i corsi dell'Accademia di Brera (1909-11) e nel
1912 si laureò in architettura a Bologna. Fin dalla produzione di disegni del 1911, da cui ancora
traspare la lezione di O. Wagner e della Secessione viennese, S. inizia a sviluppare una propria
ricerca formale sempre più attenta ai processi di industrializzazione sensibili all'uso dei nuovi
materiali edilizi (cemento armato, ferro, vetro, ecc.). Critico nei confronti del classicismo
accademico e dell'art nouveau che dominavano il linguaggio architettonico italiano del periodo, i
suoi disegni mostrano, di contro, una caratteristica presenza dinamica di linee oblique, forme
ellittiche, torri di distribuzione e smistamento del traffico, strade su più livelli, in un ricercato
rapporto tra le soluzioni volumetrico-spaziali degli edifici e la città. Ipotesi progettuali che
trovarono una dimensione teorica nei due manifesti pubblicati nel 1914: il primo, intitolato
“Messaggio”, fu scritto come presentazione dei suoi disegni in occasione della mostra a Milano
del gruppo Nuove Tendenze (fondato nel 1912 con l'architetto M. Chiattone e altri letterati e
artisti); il secondo è il “Manifesto dell'architettura futurista” con cui Sant’elia si colloca
decisamente all'interno del movimento futurista di cui faceva parte dal 1912. La sua attività fu
interrotta dallo scoppio della guerra. Pur avendo costruito poco, egli rimane tra le figure di
rilievo dell'architettura italiana del secolo 20º in sintonia con le linee di sviluppo del Movimento
moderno. Le sue due sole opere realizzate sono la villa Elisi a San Maurizio sopra Como (1911) e
il monumento ai caduti realizzato sempre a Como, sulla base di un suo disegno del 1914, da G. e
A. Terragni (1931-33). Una notevole quantità di disegni prodotti negli anni 1913-14 danno
comunque corpo alla sua ideale visione della città. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
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CAMILLO SBARBARO
Scrittore (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967). Lavorò come impiegato e quindi come
insegnante; negli ultimi anni si dedicò allo studio dei licheni. Collaboratore di Riviera ligure e
della Voce, esordì con i versi di Resine (1911) e Pianissimo (1914), che per il lirismo
autobiografico, rispecchiano il gusto del frammentismo; a tale gusto Sbarbaro rimase fedele
nelle successive raccolte di prose liriche (Trucioli, 1920; Liquidazione, 1928; Trucioli seconda
serie, 1948, in cui confluiscono, con varianti, anche testi dei due volumi precedenti; Fuochi
fatui, 1956; Scampoli, 1960; Gocce, 1963; Quisquilie, 1967) e di versi (nuova stesura di
Pianissimo, pubblicato nel 1954 insieme con la stesura del 1914; Rimanenze, 1955; Primizie,
1958). Il suo senso smarrito, disamorato o piuttosto disancorato della vita, la dolente coscienza
dell'aridità che sembra preludere a Montale, trovano felice espressione soprattutto in paesaggi
e nature morte. Da ricordare anche la sua attività di traduttore (da Euripide, Flaubert, Stendhal,
ecc.). Postumi sono usciti, tra l'altro, L'opera in versi e in prosa (a cura di V. Scheiwiller e G.
Lagorio, 1985) e Trucioli dispersi (a cura di G. Costa, 1986). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
GINO SEVERINI
Pittore (Cortona 1883 - Parigi 1966). A Roma dal 1899, conobbe U. Boccioni e G. Balla che lo
introdusse alla tecnica divisionista. Stabilitosi nel 1906 a Parigi (dove trascorse, con intervalli,
la maggior parte della sua vita), Severini entrò in contatto con i circoli dell'avanguardia artistica
e letteraria legandosi, in particolare, a Pablo Picasso, A. Modigliani, M. Jacob e P. Fort. Tra i
firmatari del primo “Manifesto della pittura futurista” (1910), Severini svolse un importante
ruolo di collegamento tra l'ambiente parigino e il gruppo futurista (nel 1912 collaborò con F.
Fénéon all'allestimento della mostra Les peintres futuristes italiens). Dopo un soggiorno in
Italia (1913-14), tornato a Parigi, egli portò avanti, accanto a dipinti che interpretano in modi
cubo-futuristi la guerra, una serie di opere ispirate all'orfismo (Mare=Ballerina, 1913-14,
Venezia, Fondazione Guggenheim) e al cubismo sintetico (Zingaro che suona la fisarmonica,
1919). Nel 1921 pubblicò il saggio Du cubisme au classicisme che sancì la sua adesione a una
figuratività piena e cristallina, preannunciata da opere quali Maternità (1916, Cortona, Museo
dell'Accademia etrusca). Con un intenso lavoro di elaborazione teorica, in sintonia con le
posizioni espresse dal gruppo di Valori plastici, al quale aveva aderito nel 1919, Severini giunse
alla definizione di calibrati ritmi compositivi nei quali temi desunti dalla commedia dell'arte,
ritratti e nature morte con frammenti dell'antico, appaiono immersi in atmosfere metafisiche di
luce mediterranea. Dagli anni Venti, segnati anche da una crisi religiosa culminata nel 1923 con
la piena adesione al cattolicesimo, Severini tese ad abbandonare la pittura di cavalletto per
dedicarsi alla decorazione murale, trattando con grande talento decorativo l'affresco e il
mosaico. Stabilitosi dal 1946 a Meudon, tornò all'astrazione geometrica, recuperando con
grande equilibrio decorativo tematiche e modi d'ispirazione cubista (decorazioni per il Palazzo
dei congressi a Roma, 1953). Oltre a scritti sull'arte contemporanea, pubblicò i volumi
autobiografici Tutta la vita di un pittore (1946) e Temps de l'effort moderne”. (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
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ARDENGO SOFFICI
rittore e pittore (Rignano sull'Arno 1879 - Forte dei Marmi 1964); lasciò presto le scuole per
studiare liberamente pittura; dal 1903 al 1907 visse a Parigi; tornato in Italia, fu tra i principali
collaboratori della Voce e fondò (1913), con Papini, “Lacerba”. Interventista e combattente
della guerra 1915-18, fu collaboratore, dalla fondazione, del Popolo d'Italia e convinto
sostenitore del fascismo; nel 1939 fu nominato accademico d'Italia. Soffici passò per varie
esperienze d'avanguardia, dal futurismo al cubismo, facendosene via via acceso banditore, per
poi ripiegare, nel primo dopoguerra, su quelle posizioni tradizionali di cui, in fondo, il suo
temperamento sanamente provinciale e il suo gusto arguto di toscano avevano sempre sentito
la nostalgia. Come scrittore, dopo l'autobiografia trasposta di Ignoto toscano (1909) e quella
ingenuamente donchisciottesca di Lemmonio Boreo (1911), Soffici trovò nelle impressioni, nei
ricordi, nei paesaggi, nei rapidi bozzetti e ritratti di Arlecchino (1914), Giornale di bordo (1915),
La giostra dei sensi (1919), la sua congeniale misura di frammentista lirico, innamorato,
nonostante certo pessimismo, della vita e della natura e portato a "posar le parole come il
pittore i colori". E queste doti di ritrattista e paesista sono presenti anche in altre sue opere, da
Kobilek (1918) e La ritirata del Friuli (1919), notevolissimi libri di guerra, ai Ricordi di vita
artistica e letteraria (1930), al Taccuino di Arno Borghi (1933), alle quattro parti
dell'"autoritratto" L'uva e la croce (1951), Passi tra le rovine (1952), Il salto vitale (1954), Fine
di un mondo (1955). Le sue opere di poesia sono state invece raccolte in 7 volumi (1959-68);
tra le pubblicazioni postume si ricordano le Lettere a Prezzolini (1988). La produzione pittorica
di Soffici corrisponde a quella singolare posizione, da lui assunta nel campo letterario e critico,
di anticonformismo, non mai drastico, però, rispetto alla tradizione. Cézanne è, fra i maestri di
Parigi, quello il cui insegnamento è stato per lui il più fecondo, tanto da riaffiorare di volta in
volta nei suoi quadri migliori. Si ricordano Casa colonica della collezione M. Rimoldi a Cortina
d'Ampezzo, Campi arati e Campo con pagliaio nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
GIOVANNI TITTA ROSA
Pseudonimo dello scrittore e critico letterario Giovanni Battista Rosa (Santa Maria del Ponte,
L'Aquila, 1891 - Milano 1972). Giovanissimo collaborò a varie riviste (da Lacerba a Riviera
ligure); trasferitosi nel primo dopoguerra a Milano, fu redattore e collaboratore di giornali e
periodici. Tanto nelle sue poesie (Plaustro istoriato, 1919; Alta luna, 1935, ecc., poi raccolte in
Poesie d'una vita, 1956) quanto nei racconti e nelle prose (Il varco nel muro, 1931; Paese con
figure, 1942; Niobe e il pittore, 1953) una vena lirica e idillica s'innesta su modi che risentono di
un originario naturalismo. Come critico, ha saputo conciliare i postulati del crocianesimo con le
esigenze della nuova letteratura (Invito al romanzo, 1930; Aria di casa Manzoni, 1946, n. ed.
1954; Secondo Ottocento, 1947; Poesia italiana del Novecento, 1953). Di particolare interesse
la raccolta di articoli e saggi critici Vita letteraria del Novecento (3 voll., 1972). (Tratto da:
Enciclopedia Treccani on line)
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GIUSEPPE UNGARETTI
Poeta italiano, nasce ad Alessandria d'Egitto, l'8 febbraio 1888, da genitori lucchesi. Frequenta
l'École Suisse Jacot e si forma sui classici francesi: Baudelaire e Mallarmé soprattutto. Stringe
amicizia con Enrico Pea e i fratelli Thuile; con Kavàfis e Zervos (il gruppo di "Grammata"). Nel
1912 Ungaretti migra a Parigi e si lega ai futuristi italiani a Parigi. Le sue prime poesie
appariranno nel 1915 su Lacerba. Nel 1914 rientra in Italia. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a
Udine nel 1916. Finita la guerra, pubblica Allegria di naufragi, presso Vallecchi, 1919. Si
trasferisce a Roma nel 1921 e poi nel 1936 si stabilisce a San Paolo del Brasile, ove gli è stata
offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana presso l'università. Nel 1942 rientra in Italia,
ove è nominato titolare della prima cattedra di Letteratura italiana contemporanea presso
l'università di Roma. Dai lutti privati e collettivi nasce l'esperienza del Dolore, 1947. Dalla
vicenda di barbarie della seconda guerra mondiale sorge più alta l'esigenza di raccogliere, nella
meditazione dei classici, la memoria della dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le
mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di Blake, della Fedra di Racine,
delle poesie di Gongora e Mallarmé, dell'Eneide e delle Favole indie della genesi. Potrà così
compiersi il viaggio e l'ultima 'mira': La Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960;
rielabora poi, 'a lume di fantasia', le prose d'arte e di viaggio: Il Deserto e dopo, 1961. Raffinato
esercizio di autoesegesi e di poetica sono le quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia
University, New York, sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2 giugno 1970.
(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)
Gino Severini- Nature morte au journal Lacerba (adagp, Paris 2010- Photo Yves Bresson)
-Musée d’Art Moderne de Saint-Etienne Metropole-
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Riproduzioni di alcune tele “futuriste”
dipinte dai collaboratori di
“LACERBA”
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Giacomo Balla: Trasformazioni, forme, spiriti 1912-collezione Slifka, New York
Umberto Boccioni - Dinamismo di un ciclista, 1913- Collezione Gianni Mattioli
(Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)
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Carlo Carrà-Acrobata, 1914 - collezione privata, Bergamo
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Ottone Rosai - Zang-Tumb-Tumb, 1914 - Collezione Jucker
(Civiche Raccolte d'Arte, Museo del Novecento,Milano)
Luigi Russolo - Solidità nella nebbia, 1912 - Collezione Gianni Mattioli
(Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)
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Gino Severini - Espansione sferica della luce, 1913-1914 - Utica (NY), Monson William Proctor Institute
Ardengo Soffici - Natura morta (Piccola velocità), 1913 – Collezione Jucher)
(Milano, Civiche Raccolte d’Arte, Muso del Novecento)
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