Ospedale a Bissau targato Poliambulanza
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Ospedale a Bissau targato Poliambulanza
LA CITTÀ GIORNALE DI BRESCIA MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2012 Storia&Storie Ospedale a Bissau targato Poliambulanza Il primario Giovanni Morandi, medici, infermieri e tecnici della clinica bresciana impegnati per la rifondazione del nosocomio in Guinea. Anche un reparto di Pediatria T utto comincia con il PCO, Poliambulanza Caritatis Operae in Burundi e Kiremba. 40 anni di dedizione delle suorine ancelle dei miracoli, le Ancelle della Carità. Il prof. Giovanni Morandi, dice, «si aggiunge» a questa storia con un blocco operatorio nell’ospedale quasi sparito a Bissau, in Guinea. Nel 2006, un suo collaboratore, il dott. Augusto Barbosa, lo aveva pregato di dare un’occhiata alla sua terra tragica. L’ospedale, nato per la pediatria, adesso non era più nulla. Si sono detti: «Diamoci sotto. Intanto dividiamo la chirurgia dalla pediatria». Il diavolo sputa sull’Africa e gli Angeli, appena hanno tempo, asciugano lo sconcio del diavolo umano. Così parte la storia del prof. Giovanni Morandi e degli altri della Poliambulanza e dintorni. Si può dire anche così. Giova ripetere. Un giorno una suora bresciana, coltivando le anime dell’Africa, scruta l’abbandono di un ospedale della Guinea Bissau. Un giorno, un medico bresciano visita quello stesso ospedale fatiscente e chiede aiuto ai colleghi per fondare una difesa della vita, un blocco operatorio e una base pediatrica. Un giorno gli euro raccolti nel cuore dei bresciani diventano un milione e l’ospedale è cresciuto, i bambini possiedono il loro ospedale e le sale chirurgiche funzionano come si deve. Dal 2006 al 2012 sono passati soltanto pochi anni, la vita dei bambini è sacralmente allungata, malaria tifo colera tubercolosi, ogni tanto, sono agli arresti domiciliari, i bresciani, di nuovo, si distinguono per serietà e umanità. Tutto comincia con le suore Ancelle della Carità, base militare delle forze armate della solidarietà, Poliambulanza, Italia, Brescia. Noi siamo qui per una di queste storie confortanti. Ripetiamo per la ragione che storie belle, in tempi brutti, vanno imparate a memoria. Un pizzino di miracolo viene consegnato a un medico della Guinea Bissau che lavora alla Poliambulanza, lui lo consegna al prof. Giovanni Morandi e con il dott. Valentino Prandini si comincia a macinare l’esercito dei buoni per portare un blocco operatorio a Bissau nell’ospedale messo originariamente in piedi da padre Ermanno Battisti. Il prof. Morandi risponde sì. Un uomo con il viso buono e i modi di una volta, pazienti ed efficaci: «Partiamo nel 2006, 15 giorni a Bissau. Le donne e gli uomini si danno il cambio, riusciamo a crescere l’ospedale per operare e a rinforzare la parte pediatrica. Nel prossimo novembre visiteremo di nuovo quelle terre disperate». Ascoltiamo le parole del prof. Morandi, ammiriamo l’entrata in punta di piedi del dott. Barbosa e del dott. Prandini. Riflettiamo sulle nostre miserie nel cuore fisico della Poliambulanza. La sanità è carità, la salvezza-salute e nei flussi sanguigni, nelle sale dove adesso si opera, dove si assume plasma e si dona, dove si lotta tra la vita e la morte e dove la convalescenza si inse- Medici bresciani in prima linea Giovanni Morandi primario alla Poliambulanza dia e batte ore rinate si costruisce un ponte per svenare la tragedia, per sciogliere i grumi dell’egoismo. Qui alla Poliambulanza di Brescia, tra corridoi bianchi e celesti, poltroncine in metallo su cui la schiena spende un rilassamento apparentemente maggiore, si accede, per primo, al valore fondante della carità. Siamo qui per registrare generosità umane doverose, se la coscienza richiama il dovere, altrimenti si rimane muti da noi e si muore a 3 mila chilometri, in Guinea Bissau. Il nostro silenzio di egosimo è la loro morte prematura. Alla Poliambulanza, la storia di un rapporto cristiano tra la nostra salute-salvezza e la salutesalvezza dei fratelli della Guinea Bissau, dicevamo, cresce sulle fondamenta delle Ancelle della Carità, passa ai testimoni laici, si mescola con nomi di altri sacerdoti, transita per capitani di industria nostri e sacerdoti, (Donati, Ghidini, Albertini, Bianchi, monsignor Mingotti...), nel cuore del Rotary Vittoria Alata e si aggancia a medici, infermieri, tecnici sempre della Poliambulanza e di altri ospedali. È la rete fitta e sempre misteriosa delle bontà nascoste di donne e di uomini. Dovremmo alzarle e metterle in cima alla pagina, altrimenti rischiamo di crederci diavoli per tutta la parte di noi e non un poco santi. Ascoltiamo l’Africa di Bissau. Lotte tribali, sangue, Aids distribuito di madre in figlio. «Andiamo laggiù - dice il prof. Morandi - due o tre volte l’anno. Siamo diverse squadre di medici, infermieri, tecnici. Siamo uniti nella partita con gli ospedali di Oporto, Padova, Valencia. Ogni mese noi abbiamo una missione per i bambini però ci riguarda di più la chirurgia degli adulti. Sono impegnate con noi le Onlus di Rho e Rimini». Inutile ricordare che tutto è gratuito. Ogni anno parte un grande container. Tra poco volerà in Guinea Bissau un’autolettiga grazie ai volontari di Rezzato. Non sono niente 150mila euro di questi tempi? E cosa sono 150mila euro per il popolo della Guinea Bissau? Il prof. Giovanni Morandi e i suoi seguono la strategia maggiore, insegnare agli altri, rimandare a casa gli africani diventati medici in Europa e a Brescia. Riportarli, con le garanzie totali di sicurezza e soddisfazione morale e materiale, davanti alle loro case, a curare i cuori e le arterie che conoscono meglio, simili alle loro, larghe uguali e con lo stesso poco colesterolo. Infine, un colpo di fortuna, se si può usare il termine fortuna nell’oscurità che si schiarisce un pochino, ogni tanto, in quest’Africa nord occidentale. «Il nostro direttore generale - dice il prof. Morandi - è diventato ministro della sanità. Faremo in fretta a chiedere sostegno logistico, quella parte piccola e possibile, non ci viene in mente di battere cassa.- La cassa è bresciana e ha sempre espresso un ottimo rumore». Ci chiediamo insieme al nostro fotografo Pierre Putelli e al nostro amico-accompagnatore Evaristo Loda, già pro sindaco di Orzivecchi, quale sia il movente di questa umanità rinascente. Forse il movente è la stessa umanità: far del bene è umano, far del male è disumano. Certo, in questi tempi in cui lo squilibrio imperversa, anche il male gli fa da spalla e laggiù, allora, il sangue scorre a fiumi, l’ospedale rischia di essere ferito. La generosità bresciana cannoneggia con professioni e preghiere, danari e progetti sociosanitari gli avamposti disumani di Bissau. Tra un poco il personale africano prenderà il posto nella corsia africana. Intanto, i professionisti dello sport calcistico insegnano a tirare palla a Bissau. Qui sotto vi raccontiamo brevemente quest’altra storia. Tonino Zana E se Cesare Prandelli venisse in Africa con noi? Floccari e Coppola fonderanno una scuola di calcio laggiù. La telefonata al Cittì L e corsie e gli ambulatori della Poliambulanza curano il corpo e curano le relazioni. Perciò, marcare a uomo un calciatore per inviarlo in Africa a insegnare calcio, nello stesso luogo dove si cerca di fabbricare e far funzionare un ospedale diventa automatico. Medici e calciatori, infermieri e mediani si incroceranno sullo stesso aereo diretto a novembre su un campo della Guinea Bissau. «Posso dire degli atleti Floccari e Coppola - sospira con aria segreta il prof. Morandi -; sono in campo per formare una scuola di calcio laggiù. Noi pensiamo alla costruzione del campo...». Ci scambiamo gli indirizzi e scatta un altro clic. La solidarietà e il recupero dell’equilibrio è anche in un semplice clic. Morandi è originario di Rodengo ed ora suo figlio ha sposato una signora orceana, la dott. Daniela Ferrari, figlia di Giuseppe, lui e il fratello Antonio agricoltori ottimi a Barco di Orzinuovi. E nel citare la convergenza su Orzinuovi, vuoi che non salti fuori Cesare Prandelli, orceano con bicicletta nera in viaggio verso la nostra piazza, ogni volta che può. Ci ricordiamo che il cittì ha un animo grande, che viene dalla profonda normalità e conosce il passo della sofferenza. Ci ricordiamo che pure in Africa, con sua figlia Carolina, cura una fondazione per alimentare educazione. Ci ricordiamo che la vita è spesso normalissimamente composta da un colpo di telefono e una voglia di rispondere, nonostante tutti gli impegni. E che un sogno prandelliano e morandiano può farsi anche per la comune notizia a far del bene. Che bello sarebbe, prof. Morandi, portare Cesare a vedere l’ospedale e un migliaio di bambini a Bissau, con Floccari e Coppola. Magari proprio un giorno di novembre. Io non ho il numero di Cesare, ma i miei colleghi dello sport, sì. Glielo giro. Lei chiami. Difficile che Cesare non si inginocchi davanti a un bambino malato. Non è un ricatto. Si sta al mondo così, anche in una triangolazione strana tra un chirurgo, un giornalista e un cittì. Tutta gente di paese. Magari in viaggio, (ognuno paga il suo), a novembre, verso Bissau. Chissà. zana 15