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bersaglio principale di François è il sistema universitario francese che però nelle pagine di Houellebecq pare sprovvisto di studenti, esami e professori: non se ne parla mai, se non in via indiretta e molto marginale. Solo il rettore, Rediger, uno dei principali coprotagonisti del libro, è descritto in modo tridimensionale e di lui sappiamo cosa pensa, a cosa mira, che vive in una zona esclusiva di Parigi, quante mogli ha e così via. Gli altri sono appena comparse. François non ha saputo mantenere contatti con i genitori: viene a sapere del decesso della madre da un telegramma ricevuto dal Comune del villaggio dove lei muore e viene sepolta nella fossa comune; ma di questa mamma è tutto ciò che sappiamo, e poco di più ci viene detto del padre. Il protagonista non ha figli, non ha saputo costruirsi una relazione con l’unica donna che ha portato a letto più di una volta, Myriam, di cui ci viene detto solo che è ebrea, giovane (bravissima nella fellatio, naturellement) e che deve seguire i genitori quando questi scelgono di emigrare in Israele. Facile, per un uomo così, decidere di passare dal suo inane quasi-ateismo alla conversione all’islam, che in cambio gli offre la poligamia – con tanto di matrimoni arrangiati con spose giovanissime e silenziose – e un cospicuo aumento salariale o una ricca pensione anticipata. Qui veniamo alla seconda grave pecca di Sottomissione: le donne, che, in questo romanzo, non esistono nemmeno in forma di macchietta. Nella Francia di Sottomissione non esistono le donne intellettuali, non esistono le donne professoresse d’università, non esistono le femministe, le scrittrici, le politiche, le studentesse, le militanti di sinistra o di destra, le giovani, le vecchie. Rien. Le donne non esistono. Le pochissime che compaiono sono figure mute, invisibili, che non hanno la possibilità di dire la loro riguardo all’arrivo di un regime che le mette di punto in bianco fuori dal mercato del lavoro, sotto un burqa o altri veli, e le relega alla funzione di apparato riproduttivo silente. Qualche recensore generoso sostiene che questo sia un elemento voluto dell’autore, quasi la sua indiretta indicazione di chi può salvare oggi l’Occidente: le donne appunto. In tutta onestà, valutando come Houellebecq tratteggia in modo sessista e vacuo le pochissime figure femminili che compaiono nei suoi libri, si può dubitare che questa sia la sua intenzione. Può darsi che Houellebecq non abbia importanti legami col mondo femminile, ma questa non è una scusa per uno scrittore vero: le donne di Francia nella realtà non sono così come Houellebecq le descrive e qui evapora tutto il verosimile di un romanzo che invece vorrebbe essere distopico e di fantapolitica. Prossimo appuntamento Michel Houellebecq (pseudonimo di Michel Thomas) è nato nella colonia francese di Réunion nel 1956. Suo padre, guida d’alta montagna, e sua madre, medico anestesista, si disinteressano molto presto a lui, dopo la nascita della sorellastra. Cresciuto fino a sei anni in Algeria viene affidato dai genitori stessi alla nonna paterna, Henriette Houellebecq, una comunista, della quale adotta il cognome. Scopre Lovecraft a 16 anni. Dopo aver frequentato a Parigi il liceo Chaptal, nelle classi di preparazione per la Grand École, si iscrive alla facoltà di agraria nel 1975, dove fonda la poco fortunata rivista letteraria Karamazov, per la quale scrive qualche poesia. Lavora alle riprese di un film dal titolo Cristal de souffrance e consegue la laurea in agraria nel 1978. Subito dopo si iscrive all'École nationale supérieure Louis-Lumière - sezione cinema, che abbandona nel 1981. Lo stesso anno nasce suo figlio Étienne. Affronta in seguito un periodo di disoccupazione, e un divorzio che gli provoca una forte depressione. Inizia a lavorare come informatico nel 1983 presso la Unilog, dove resterà tre anni. Questo diventerà poi fonte di ispirazione per Estensione del dominio della lotta, il suo primo romanzo, pubblicato nel 1994. In seguito passa a lavorare all'Assemblée nationale. Verso la metà degli anni Ottanta inizia a frequentare gli ambienti letterari parigini, pubblica le prime poesie e collabora con varie riviste. Le sue due prime raccolte di poesie, edite nel 1991, passano comunque inosservate. In esse sono già percepibili tutti i temi che verranno trattati in seguito: la solitudine esistenziale e la denuncia del liberalismo, che opera fin nell’intimità degli individui. Ancora nel 1991 pubblica un saggio su Lovecraft. Il romanzo Le particelle elementari (del 1999) lo fa conoscere in Francia e nel mondo, anche per lo schiamazzo mediatico legato all’esclusione del suo autore dalla rivista letteraria Perpendiculaire, della quale faceva parte, a causa di “idee ambigue”. Nel 2001 viene processato per islamofobia a causa sue prese di posizione sulla religione musulmana. Vince la causa, ma poi lascia la Francia. Del 2005 è il romanzo La possibilità di un'isola (in Italia edito da Bompiani): la pubblicazione è preceduta in Francia da una massiccia promozione pubblicitaria e da numerose polemiche, in particolare per l'approccio al tema della clonazione umana. Ciò nonostante, le vendite sono inferiori al previsto (300.000 copie vendute contro le 400.000 attese). Dal romanzo lo stesso Houellebecq trae un film uscito nelle sale francesi nel 2008, senza successo. Risposato, dopo aver vissuto in Irlanda per parecchi anni, Houellebecq vive attualmente in Spagna, all’interno del Parco naturale Cabo de Gata - Nijar. Col romanzo La Carta e il Territorio ha vinto il premio Goncourt nel 2010. Nel 2015 è la volta di Sottomissione, la cui edizione italiana è ancora una volta di Bompiani. Houellebecq ci racconta di una Francia del 2022 circa, nella quale alle elezioni presidenziali si presenta anche un partito islamico guidato da un certo Ben Abbes. Questi è descritto come un moderno Richelieu: un politico scaltrissimo, che capisce come è più opportuno presentarsi all’elettorato francese in modo da vincere le elezioni. E infatti, il suo partito riesce per pochi voti ad arrivare secondo al ballottaggio (il primo partito, nel romanzo, è stabilmente quel Front National di Marine Le Pen che i sondaggi di oggi, del mondo reale, danno in forte ascesa). Dinanzi alla scelta fra quello che appare come “il moderato” Ben Abbes o la neofascista Le Pen, i due grandi partiti laici di Francia alla fine scelgono di appoggiare Ben Abbes e così il partito islamico vince le elezioni. La distopia fino a questo momento è verosimile e fa rabbrividire chiunque sia laico o di tendenze moderate. I problemi sorgono sul piano letterario e della logica. Sottomissione immagina che la Francia, sotto Ben Abbes, diventi senza grandi contrasti e in poco tempo un paese musulmano. La storia è narrata in prima persona da François, un professore di Lettere della Sorbona, specialista di J.K. Husymans, scrittore decadente che si convertì in tarda età al cattolicesimo. Husymans è a sua volta metafora sin troppo dichiarata di questo epocale crollo dell’impero occidentale. François è un uomo senza qualità ma la sua pecca è di risultare uno stereotipo che respira: il classico intellettuale francese di mezza età, ateo ma non troppo, di sinistra ma non troppo e tanto annoiato e snob nei confronti anzitutto della sinistra annoiata e snob, qui rappresentata da un Partito Socialista vuoto e scialbo e da un giornale, Libèration, che François compra “per disperazione”. Il protagonista, mentre tutto intorno a lui crolla, pare tuttavia impegnato solo a tenere a bada un’andropausa precoce navigando su YouPorn per trovare video di pompini maestosi – descritti con pennellate degne del peggior D’annunzio – o trovare donne che gli lecchino i coglioni, raffinatezza descritta con cura e amore in tre punti diversi in un romanzo di 250 pagine. François è un uomo solo. Parla male di tutti, ma non sa descrivere niente e nessuno (e questa è colpa della penna di Houellebecq, non di François). Il