Houellebecq, l`Islam e l`Europa: no, noi editori non siamo stati vili

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Houellebecq, l`Islam e l`Europa: no, noi editori non siamo stati vili
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CULTURA
Corriere della Sera Sabato 14 Marzo 2015
Premio Strega
L’outsider Marina Mizzau
professoressa candidata
da Eco e Guglielmi
Un’outsider allo Strega, ma con due
presentatori importanti. Il termine ultimo per
la presentazione dei libri in gara è il 3 aprile,
ma sono già una decina le candidature certe.
L’ultima pervenuta è quella di Marina Mizzau
(foto), autrice di Se mi cerchi, non ci sono
(Manni), presentato da Angelo Guglielmi e
Umberto Eco. Docente universitaria (a
Bologna ha insegnato fino al 2009
Psicologia della comunicazione, è stata
presidente del Dams) Mizzau è autrice di
saggi sui temi della comunicazione e delle
tecniche narrative, oltre che di due romanzi.
La sua candidatura si aggiunge a quella di
Elena Ferrante, lanciata da Roberto Saviano
e Serena Dandini (Storia della bambina
perduta, e/o) che ha occupato il dibattito
nelle ultime settimane. Ma tra i nomi già certi
sono anche Mauro Covacich con La sposa
(Bompiani), Fabio Genovesi con Chi manda
51
le onde (Mondadori), Nicola Lagioia con La
ferocia (Einaudi), Wanda Marasco con Il genio
dell’abbandono (Neri Pozza), Clara Sereni
con Via Ripetta 155 (Giunti), Marco
Santagata con Come donna innamorata
(Guanda), Paolo Zardi con XXI Secolo (Neo
Edizioni). Mentre Feltrinelli sceglierà, come di
consueto, all’ultimo, torna in gara anche
l’editore Newton Compton con Non sono un
assassino di Francesco Caringella.
Il romanzo «La via oscura», Feltrinelli
Replica a Ernesto Galli della Loggia su «Sottomissione»
Partorire in Cina
è un po’ morire:
l’odissea di Ma Jian
Houellebecq, l’Islam e l’Europa:
no, noi editori non siamo stati vili
di Marco Del Corona
Il volume
C’
è un cattivo per eccellenza, un villain
che in Cina dalla cronaca si è insediato nella narrativa di oggi: il funzionario corrotto, ottuso e spietato. E
i più feroci tra i feroci sono i funzionari chiamati a far rispettare la legge per il controllo
delle nascite, capaci dunque di vessazioni inumane, aborti all’ottavo mese, infanticidi. È così
anche per il nuovo romanzo di Ma Jian, La via
oscura (Feltrinelli), dove la caccia alla partoriente e alla puerpera costringono il settantaseiesimo discendente di Confucio, il maestro
di paese Kongzi, e la moglie Meili, in attesa di
un secondo figlio non autorizzato, a fuggire
dal villaggio ancestrale. Dal muscolare iperrealismo iniziale discende un’odissea dolorosa. La
coppia scappa con la prima figlia sullo Yangtze, il fiume che è arteria della Cina e della sua
civiltà, tentando di scampare
ai raid dei poliziotti.
I tre vivono in una barca,
ma Meili è fermata e perde in
modo atroce il bambino, che
il marito desidera ardentemente per perpetuare la stirpe
dell’antenato filosofo. PeripeMa Jian (1953)
zie varie, altra fuga in Guanvive a Londra: La gdong, la provincia del boom
via oscura è edito economico. La famigliola si
da Feltrinelli con sistema in una cittadina dove
la traduzione
lavoratori migranti smantelladall’inglese di
no apparecchiature elettroniKatia Bagnoli
che in un ambiente inquina(pp. 393, e 19)
tissimo. Nasce un’altra bimba,
ma anche lei svanirà. Altre
vicissitudini, benché Kongzi e Meili riescano
persino ad assaggiare schegge di benessere.
Il finale porta all’estremo la piega oniricofantastica che progressivamente s’impossessa
della narrazione, dove al tema principale (la
politica del figlio unico e gli abusi connessi,
già al centro di Le rane del «Nobel» Mo Yan)
s’affiancano altri nodi della Cina degli anni
Duemila (disparità economiche, violenza del
potere, disastro ecologico, discriminazione
sessuale, ma anche il peso della tradizione
confuciana). E però la vena simbolica, come
nel precedente Pechino è in coma, è decisiva:
Kongzi è appunto un erede di Confucio, il villaggio di Meili si chiama Nuwa come la dea
delle nascite, lo Yangtze rimanda ovviamente
alle radici della vita, le acque putrescenti dei
capitoli finali paiono una trasfigurazione infernale del liquido amniotico. Autore letto nel
mondo, ma non in Cina (è il destino degli esuli), Ma Jian avverte: partorire è un po’ morire,
venire al mondo è percorrere la «via oscura».
leviedellasia.corriere.it
 Sul «Corriere
della Sera» ieri
l’editorialista
Ernesto Galli
della Loggia ha
criticato
l’assenza della
parola «Islam»
nella quarta di
copertina e nel
risvolto del
romanzo di
Michel
Houellebeq
Sottomissione
 Uscito in
Francia da
Flammarion,
Sottomissione
(traduzione di
Vincenzo Vega,
pagine 252,
e 17,50) in
Italia è
pubblicato da
Bompiani, di
cui Elisabetta
Sgarbi, che qui
replica a Galli
della Loggia, è
direttore
editoriale
 Un colloquio
tra lo scrittore
e Stefano
Montefiori è
diventato
Contro la
responsabilità,
ebook de «la
Lettura», il
supplemento
culturale del
«Corriere»
© RIPRODUZIONE RISERVATA
C
aro Direttore,
trasecolo alla lettura
dell’articolo di Galli della Loggia sul «Corriere
della Sera» di ieri. Ho sempre
pensato che fosse persona acuta e moderata.
Evidentemente sbagliavo.
Riflettendo, qualche tempo
fa, della Loggia aveva scritto un
editoriale sul «Corriere», sull’impossibilità, da parte degli
europei, di pensare alla «guerra».
Scriveva: «Gli europei sono
incapaci di pensare alla loro sicurezza innanzi tutto perché
sono ormai incapaci di pensare
alla guerra» (16 febbraio 2015);
e, ben prima di «Charlie Hebdo», scriveva: «(…) virtuale impossibilità per noi di pensare e
di fare la guerra, (…) quella in
cui si muore» (28 luglio 2014).
Dunque, ieri, Galli della Loggia ha accusato l’editore Flammarion (guidato da Teresa Cremisi) e Bompiani di viltà (sic!)
per la rimozione della parola
«Islam» dai paratesti del romanzo.
Cercherò di difendermi, nei
limiti del possibile, da un’accusa tanto veemente.
Il titolo del romanzo traduce
la parola Islam. Ma questo, della Loggia, lo sa. Eppure lo rimuove.
Ed è un peccato che lo rimuova.
Sottomissione è parola di
grande impatto (un titolo geniale, mi lasci dire, per un romanzo che infatti ha venduto
200 mila copie in Italia e 500
mila in Francia, più di qualsiasi
altro romanzo dell’autore), dalla connotazione molto complessa: rimanda a un atto di
servilismo, ma anche a una dinamica erotica (in Sottomissione è ampiamente citato Histoire d’O) e, appunto, traduce
la parola Islam (che significa
abbandono, volontaria sottomissione, direbbe l’amico Pietrangelo Buttafuoco).
Nominare la parola Islam
nella bandella avrebbe immediatamente dato al lettore la
sensazione di un romanzo contro l’Islam. (Interpretazione,
«Storia incredibile ma vera» del 1833 (editore Viglongo)
L’ira di Da Ponte a New York
Librettista
di Pierluigi Panza
L’
 Lorenzo Da
Ponte (nato
Emanuele
Conegliano,
1749 -1838) fu
tra l’altro il
librettista de Le
nozze di Figaro,
del Così fan
tutte e del Don
Giovanni di
Mozart. Morì a
New York
infaticabile ricostruzione della
straordinaria vita di Lorenzo Da
Ponte, librettista di Mozart, iniziata da Lorenzo della Chà una ventina
d’anni fa, si arricchisce oggi della ristampa, in edizione critica, dell’ultimo
suo libello. È la Storia incredibile ma vera (Viglongo editore, pp. XXXVI-222, e
22), scritto pubblicato da Da Ponte a 84
anni nel 1833 a New York.
Dopo innumerevoli sforzi per diffondere in America la conoscenza della letteratura e dell’opera lirica italiana, Da
Ponte era riuscito a farvi giungere la
compagnia d’opera Giacomo Montresor, che finì tra le mani, poco affidabili,
del cavaliere milanese Vincenzo Rivafinoli. Come sempre, Da Ponte si trova
così alle prese con un avversario interno
che, questa volta, è il Rivafinoli. Il quale,
il 18 novembre 1833, al debutto della
compagnia con La gazza ladra di Rossini, vieta a Da Ponte di vendere i 6 mila
libretti d’opera fatti da lui stampare per
rientrare dalle spese sostenute. In risposta, Da Ponte prese carta e penna e
denunciò con forza la disonestà di questo strano personaggio che era riuscito
a mandarlo in rovina, ma non a «rimuoverlo dal cuore» dei suoi amatissimi allievi della Columbia, dove aveva fondato
la prima scuola d’italiano in America.
La seconda parte della Storia incredibile si apre con un ricordo della Malibran e due poesie d’occasione. Al testo è
allegata anche la riproduzione anastatica del Catalogo di Libri italiani... di A. e
L. Da Ponte pubblicato nel 1830 che presenta la biblioteca che era riuscito a ricostituire a New York.
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Lo scrittore Michel Houellebecq è nato sull’isola di Réunion 59 anni fa (Afp)
peraltro, che sarebbe stata avvalorata dai passati rapporti di
Houellebecq con questa religione, ai tempi della pubblicazione del romanzo Piattaforma, nel 2001, in settembre, alla
vigilia dell’attentato alle Twin
Towers — altra fatale coincidenza rabdomantica dell’autore).
E sarebbe stato difficile spiegare, nello spazio della bandella, l’articolata interpretazione
del rapporto con l’Occidente
che sorregge Sottomissione.
Mi spiace per della Loggia
(che forse non ha letto il romanzo), ma Sottomissione non
è un romanzo islamofobo e non
è un romanzo contro l’Islam.
Houellebecq non ha le stesse
ossessioni di della Loggia e ha
scritto un grande romanzo contro l’Europa e l’Occidente, incapaci di essere all’altezza di se
stessi e della loro storia: e questo è appunto il contenuto della
bandella italiana e della quarta di copertina francese.
Un altro paio di osservazioni:
su romanzi così importanti, di
autori così importanti il Direttore della casa editrice scrive i
paratesti con l’autore; e forse sì,
Michel aveva timore che il romanzo venisse equivocato, interpretato in modo semplicistico come una accusa o un dileggio dell’Islam, cosa che, ripeto,
non è, come Houellebecq stesso ha sostenuto nell’intervista
rilasciata a Stefano Montefiori
sul «Corriere della Sera».
Timore ben fondato, d’altra
parte, se persino della Loggia ci
accusa di non aver voluto creare dispiacere ai musulmani:
«per paura di dispiacere a chi è
meglio non dispiacere».
Infine, per quanto riguarda
l’utilizzo delle parole viltà e codardia, della Loggia ricorderà
che Houellebecq ha perso degli
amici nella redazione di «Charlie Hebdo»; tra gli amici che
Houellebecq ha perso, uno è
Bernard Maris, il quale aveva
pubblicato in settembre un
saggio da Flammarion, che
Bompiani, ha proposto ai lettori italiani, con una fascetta
molto esplicita, proprio dopo
l’attentato (questo a proposito
dell’accusa di viltà); io personalmente sono andata in televisione a parlare del saggio di
Bernard Maris e del romanzo di
Houellebecq, quando lui, sotto
scorta, non poteva uscire dalla
Francia.
Non abbiamo alcun motivo
di nasconderci all’Islam, perché dell’Islam non abbiamo paura. E non ne siamo neppure
ossessionati.
Consiglio inoltre a della Loggia un altro libro, sempre pubblicato da Bompiani, di Tahar
Ben Jelloun: Questo è l’Islam
che fa paura. E questo è il titolo, non una frase nella bandella.
Elisabetta Sgarbi
Direttore Bompiani
e i redattori
della Bompiani
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