L`avventura delle idee
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L`avventura delle idee
ITA TU RA G E it ION Z ffe. U a c B l I tea TR ocra DIS s . w ww Numero centoquattro – Aprile 2015 Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra L’EDITORIALE L’avventura delle idee di Salvatore Veca pochi giorni dall’apertura dell’ Esposizione universale, devo confessare che l’avventura di idee che ha coinvolto negli ultimi anni i grandi temi di Expo 2015 è stata affascinante e paradigmatica. Il fascino deriva dal coinvolgimento di centri di ricerca nel mondo e di istituzioni accademiche nel confronto delle idee a proposito delle dimensioni plurali che i contenuti e le implicazioni di “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” chiamano in causa. Il paradigma che si è venuto via via mettendo a fuoco è quello di un approccio sistemico e multidimensionale alle grandi e radicali questioni della nutrizione in un mondo globalizzato e attraversato da severe contraddizioni e ingiustizie, tanto quanto da opportunità luminose. Penso alla complessa esperienza dei lavori di Laboratorio Expo della Fondazione Feltrinelli che con Società Expo ha costruito a partire dal 2013 una sorta di Accademia multidisciplinare, immersa in una rete di ricerca globale. E ha messo a fuoco le dimensioni della sostenibilità A proposito di un recente libro. Riflessioni sul rapporto con l’Islam dopo Charlie Hebdo FONDAZIONE SARTIRANA ARTE FONDART RENDE OMAGGIO A GHINZANI MELOTTI INCONTRA BOZZOLA GIORGIO FORNI Alle pagine 3-4-5 LA COMUNICAZIONE EFLuciano Musselli FICACE ALLE PAGINE 6-7-8 GAIA VICENZI A pagina 2 (Continua a pagina 2) la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30 Pagina 2 Numero centoquattro - Aprile 2015 Tra le forme di ricchezza di cui disponiamo, il “capitale relazionale” è sicuramente un patrimonio importante. Dalle relazioni con gli altri nascono tesori che sono elemento essenziale del benessere. L’uomo è “animale sociale”; ma è anche vero che la socialità, per essere foriera di benessere, deve essere fonte di positività, vissuta come costruttiva, serena. Le “abilità interpersonali” sono annoverate tra le abilità di vita - le così dette life skills - ovvero quelle competenze cognitive, emotive e relazionali che rendono possibile affrontare con efficacia le richieste del mondo quotidiano. L’assertività è una di queste, ovvero la capacità di esprimere se stessi, in modo autentico, senza provare disagio, ritenendo ugualmente importante il diritto dei nostri interlocutori di comunicare essi stessi le proprie idee. di Gaia Vicenzi el mio libro “La comunicazione Efficace” (ed. Dissensi), propongo una serie di esercizi pratici per imparare a comunicare con gli altri rispettando loro ma anche noi stessi, con l’obiettivo ultimo di sentirci soddisfatti di noi, del nostro modo di pensare, del nostro modo di fare, del nostro modo di vivere nella società. Tra le abilità che sono necessarie per rendere le relazioni interpersonali di qualità, vi sono la capacità di iniziare un discorso, di intervenire in esso quando già avviato e di concluderlo quando il tempo o l’interesse a disposizione sono mancanti. Avere a disposizione una serie di “strategie” per mettere a punto questi tre importanti momenti della conversazione aiuta a vivere serenamente la stessa e la sua conduzione. È anche importante sapere formulare critiche costruttive e non distruttive, così come è assolutamente necessario saper gestire le critiche, accogliendo con serenità quelle che riteniamo vere, ma gestendo con altrettanta calma quelle che consideriamo infondate. Contraltare delle critiche sono i complimenti: farli e riceverli richiede ugualmente un’abilità. Spesso dire cose positive ci imbarazza, nella paura che il commento gradevole sia letto con finalità strumentali e adulatorie. Vero è che è ugualmente difficile (se non di più), ricevere apprezzamenti: spesso tendiamo a sminuirli e a minimizzarli. L’effetto di una costante, esplicita sottovalutazione dei rinforzi che riceviamo dall’esterno porta i nostri L’EDITORIALE (Continua da pagina 1) in rapporto al fare cibo, alla connessione fra cibo e culture, alle ineguaglianze dei titoli e nell’accesso al cibo, all’energia e al bene comune dell’acqua nella gran città del genere umano, in cui da pochi anni, per la prima volta nella storia del pianeta, la popolazione urbana ha superato la popolazione rurale. Mi piace ricordare, in proposito, che la prima idea di Laboratorio Expo mi fu suggerita qualche anno fa da Roberto Schmid, quando lavoravamo insieme interlocutori a diminuirne l’emissione, impoverendoci e privandoci della possibilità di avere feedback su quanto facciamo. È ugualmente un’abilità quella di sapere fare domande che aiutino l’altro ad aprirsi, così come è una capacità quella di comprendere i limiti in cui fermare le proprie richieste. Un’importante dogma che può essere utile ricordare quando ci troviamo nella necessità di chiedere qualcosa è quello di pensare di poter chiedere quasi tutto purché sia riconosciuto all’altro il diritto di dirci di no. Infatti, anche il “dire di no” senza sentirsi in colpa è una competenza che va appresa ed esercitata. Infine, qualche pagina sottolinea l’importanza dell’ascolto e della capacità di gestire il silenzio, nelle infinite sfaccettature che esso può avere. all’avvio dell’esperienza dello IUSS. Penso al lavoro di ricerca di molti giovani delle nostre Università e al confronto fra idee e prospettive, fra teorie, esperienze, pratiche e agenda con i loro colleghi senior e junior di Università e Istituti di tutto il mondo. Il Patto della scienza, che emerge da quasi tre anni di lavoro, è l’esito di questa avventura di idee, affascinante e paradigmatica. E costituisce una delle tessere del mosaico della Carta di Milano, la legacy immateriale di Expo 2015 a Milano. Un documento di global citizenship che, muovendo dalla convinzione secondo cui il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale, chiede un’assunzione Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra Editore Associazione “Il giornale di Socrate al caffè” (iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale) Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected] Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002 I PUNTI SOCRATE Il libro si conclude con due capitoli su due specifiche forme di comunicazione: la comunicazione efficace mentre si parla in pubblico e l’assertività adattata ai messaggi di Facebook, Whatsapp e all’utilizzo del cellulare. Così apro il capitolo sul parlare in pubblico: Se nella conversazione in coppia o in piccoli gruppi il pensiero “che cosa penserà di me chi mi ascolta?” è ticchettante, nei discorsi pubblici lo stesso pensiero è assordante. In effetti, lo scoglio principale da superare quando occorre esprimere le proprie idee davanti a un uditorio ampio è l’ansia. Ansia di non saper dire le cose, ansia di dire cose sbagliate, ansia di dire cose non interessanti. La buona notizia, in questi casi, è che l’ansia è gestibile e nelle righe di questo libro offro qualche spunto per imparare come. di responsabilità condivisa nei confronti degli impegni per l’obiettivo di un mondo senza fame. Impegni che coinvolgono donne e uomini, cittadini di questo pianeta, la società civile, le imprese e che chiamano in causa la responsabilità delle istituzioni, dai livelli nazionali al livello internazionale e transnazionale. Penso a un semestre Expo, in cui l’agorà si trasformi in uno spazio pubblico globale per il confronto delle idee, per la discussione pubblica, per la partecipazione e la divulgazione dei grandi temi al centro della ricerca. E, Quanto all’ultimo capitolo, quello sull’assertività nei nuovi social media, il punto principale che sottolineo è che è necessario avere regole di “buona educazione” nella gestione di tali mezzi di comunicazione. Qualcuno ha provato a stilare un galateo di Internet per insegnare a “stare in rete” con eleganza. Io aggiungo a questi spunti alcune riflessioni su certi comportamenti che andrebbero evitati e su certi altri che andrebbero appresi e sui quali, invece, c’è ancora poca dimestichezza. Nel leggere il mio libro, trovando in esso strumenti pratici per rendere più efficace la propria comunicazione, vorrei potesse arrivare chiara l’idea di come, imparando a comunicare meglio, si impari anche a vivere meglio. soprattutto, mi sembra non solo importante ma in certo senso doveroso pensare a Expo come al terminus a quo di una ricerca che miri agli obiettivi, difficili ma ineludibili, di un futuro più degno di lode, di un futuro sostenibile perché equo. I cantieri dell’Expo delle idee sono sempre in corso e proseguono dopo l’Expo. Questo non è un optional. È un must, dettato dalla semplice responsabilità intellettuale e civile. Salvatore Veca L’avventura delle idee Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè Aprile 2015 - Numero centoquattro Pagina 3 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE ALBERTO GHINZANI, scultore di fama internazionale e direttore della Permanente di Milano, è mancato il 5 aprile scorso nel capoluogo lombardo. Era nato a Valle Lomellina nel 1939. Il ricordo di GIORGIO FORNI Da sinistra: MEMORIALE, STELE, ARMADIO DELLA MEMORIA; una delle acqueforti in Di noi per dopo; SPILLE, PAGINA BIANCA. Qui sotto: FIGURA CHE SI INOLTRA. i sono stato con Marco Savio («è bravo come Vandrasch ..., ma più economico», Alberto diceva) per fotografare alcune opere pronte per la mostra di Bellinzona, inaugurata pochi giorni prima della scomparsa dell’amico. Alberto era in ansia per lo spazio imponente da affrontare, anche con sculture di grandi dimensioni. Il grande non era la sua cifra più congeniale, proprio come per Melotti, guarda il caso, occasione di questi ricordi su Socrate. Ho insistito per alcune pose di lui autore sovrapposto, quasi in trasparenza, sui suoi lavori. Immagini belle, nel casino grande dello studio, pieno di opere da terminare, materiali grezzi, colori, bozzetti su fogli appiccicati con pezzi di nastro alle pareti. Appunti. Atmosfera creativa nel capannone illuminato dal sole al tramonto che entrava dalle vetrate sulla campagna lomellina. Mi ricordava una foto dello studio di Giacometti. Ancora non a caso. Alberto cercava dei poster e cataloghi di sue mostre passate per il nostro archivio in aggiornamento/integrazione … e un disegno da dedicarci, compenso per le riprese fotografiche appena fatte. Dediche affettuose che leggo su altre carte mentre le appendo a parete. A Loriana e me sposi, per i nostri 60 anni, per il matrimonio di Ginevra, ai nipotini (ad ognuno il suo ...). La piccola incisione per gli auguri del natale 1981, da primo presidente del nostro Centro Studi ... Tutti segni di un rapporto di amicizia e lavoro comune per la promozione della cultura visiva nei nostri luoghi. Ma con l’accento emozionale e partecipativo di … uno di famiglia. Storia per accenni di oltre trent’anni di strette relazioni e collaborazioni a progetti discussi e vissuti insieme. PAOLA CASATI MIGLIORINI Perito della Camera di Commercio di Pavia dal 1988 C.T.U. del Tribunale di Pavia Perizie in arte e antiquariato Valutazioni e stime per assicurazioni Inventari con stima per eredità Consulenza per acquisti e collezioni Perizie a partire da 100 Euro TRAVACÒ SICCOMARIO (PAVIA), VIA ROTTA 24 TEL. 0382 559992 CELL. 337 353881 / 347 9797907 www.agenziadarte.it - email: [email protected] Viaggi, scorribande in luoghi improbabili (chiesette abbandonate, cappelle di cimiteri ...) alla scoperta di pezzi di passato dimenticato e negletto. Sculture o affreschi da documentare e restaurare, siti da segnalare, itinerari da costruire. Reti, appunto, tra enti e luoghi, da unire in percorsi di conoscenza. Alberto era questo e altro. Un’anima poetica, anche nella scrittura, meno nota delle espressioni plastiche per le quali è amato e apprezzato. Di noi per dopo è il titolo di 12 acqueforti con altrettante piccole note poetiche a fronte, stampate a Udine con Corrado Albicocco, appena tornate da una mostra alla Biblioteca Nazionale di Minsk. Altri fogli appendo, tutti venati da una sottile malinconia esistenziale che sottende a tutto il suo lavoro. Anche in forme tangenti al filone principale, nei gioielli, fusi dalla cera persa con gli orafi di Valle e Sartirana, che furono la miccia di innesco alla nascita della nostra collezione di ornamenti d’artista. Con il coinvolgimento di Melotti, ecco un altro intreccio, di Arnaldo Pomodoro e Benevelli, Consagra, Uncini e Maestri, quali Staccioli e Cavaliere, Bozzola (altro intreccio), idea sposata da un altro grande amico, Luciano Soletti, che non c'è più. Come Ivo Misani, sponsor generoso della prima mostra realizzata con i prototipi appena fusi (sotto l’occhio vigile del sempre presente Notaio Ugo Reitano). La chiamammo “disegnare l’oro” e avemmo Ornella Vanoni come madrina ... Potrei continuare, tanti sono gli spunti e le occasioni da approfondire, ancora per molto. Ma il racconto (lo dicevano Chatwin e altri che la sapevano lunga ...) non spegne la pena. Solo affievolisce, diluendoli, l’amarezza e il rimpianto. SPORTELLO DONNA INCUBATORE D’IMPRESA START UP/INNOVAZIONE/CREATIVITÀ Non cercare lavoro, crealo Un nuovo progetto per il 2015: PAVIA PER EXPO, chiamaci e unisciti a noi Expo è una grande opportunità per il nostro territorio PAVIA, via Mentana 51 [email protected] - 366 2554736 Pagina 4 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE 2 ○ NELLE FOTO I GESSI DI FAUSTO MELOTTI: 1 - 3B, 1978 (27,5x42,5) 2 - 13B, 1981 (26x23,5) 3 - 16B, 1974 (33x24) 4 - 19E, 1974 (26x24) 5 - 24B, 1973 (33x24) 6 - 30B, 1977 (26x24) 7 - 32B, 1977 (26x24) 3 ○ 1 ○ 4 ○ bbiamo anticipato ai giorni delle feste pasquali l’ultimo ciclo di presentazioni a Sartirana con un intreccio tra la ricerca di Bozzola e le opere, da tempo non esposte, di Fausto Melotti. Si rincorrono quindi sulle pareti le lastre incise e i dipinti anni ‘50 del Maestro di Galliate con le acqueforti (tirate in via Giannone dal grande Franco Sciardelli, altro amico appena scomparso) e le tempere, delicate e progettuali, dell’antico proprietario del castello. Di Melotti sono in mostra anche una serie di gessi dipinti (anni ‘60) e una piccola selezione di sculture, multipli in ottone, acquisite nel tempo direttamente dal Maestro o dalla figlia Marta. Ritorno atteso, questo delle opere di Melotti, da una lunga serie di presentazioni in Turchia e Libano, poi in molti Paesi sudamericani. Sempre con immenso successo. Ritorno felice e a un tempo mesto, quasi a segnare un destino, se leggiamo gli accadimenti. Con Alberto Ghinzani preparavo la grande antologica di Melotti che inaugurammo nei giorni della scomparsa del Grande Maestro, qu trent’anni fa. E mentre nei giorni sc aprivo le casse giunte da oltreocea con gli ottoni filiformi e musicali, tintinnanti di catenelle e campanel per riallestirli e iniziare la stagione giunge la notizia della morte di Alb Che aspettavo nei giorni delle vaca pasquali, dopo l’apertura della sua grande mostra a Bellinzona. Per criticare e suggerire, modificare o aggiungere, come era solito fare. In occasione dei lunghi e fantastici an vivace e intensa gara a chi le progettava … più belle/impossibili/difficili ... Invece Alberto non è venuto. di Giorgio Forni 5 ○ 6 ○ 7 ○ uasi corsi no, llini, … berto. anze n ogni nni di Pagina 5 8 ○ 9 ○ NELLE FOTO LE SCULTURE DI FAUSTO MELOTTI: 8 - I pendoli; 9 - Scultura 26; 10 - Cubo alfabeto; 11 - I magnifici sette; 12 - Il giudizio di Paride; 13 - Le nuvole; 14 - La luna al sole; 15 - Tema e variazioni n° 20; 16 - Tema e variazioni n° 6; 17 - Il triangolo; 18 - Insonnia FONDAZIONE SARTIRANA ARTE 10 ○ 11 ○ 12 ○ Costringendomi a smontare di notte la sala di Scanavino per dedicare a Lui, ad Alberto assente, una sorta di felice e sontuosa sala di commiato. Non una celebrazione, un ricordo vibrante, piuttosto. Con le sue opere su carta, le sue Lomelline , i muri, le porte, i ponti , le incisioni e le piccole sculture, i disegni, i gioielli. Un bronzo tra tutti. Quello che Alberto chiamò “Figura che si inoltra” … , nell’ombra. Allusione di sapore egizio /etrusco a un viaggio dell’anima. Che oggi ha preso concretezza. Senza ritorno. 13 ○ FAUSTO MELOTTI (foto Ugo Mulas) 15 ○ 16 ○ 17 ○ 14 ○ 18 ○ Pagina 6 Numero centoquattro - Aprile 2015 UNO SCRITTORE, UN’OPERA, UN’EPOCA Uno scrittore intellettualmente libero, un romanzo e l’ipotesi della presa di potere dell’Islam in Francia. Come è noto a tutti, al nuovo libro di Michel Houellebecq è toccato il triste destino di raggiungere la fama non per la padronanza della lingua e la maestria narrativa del suo Autore, ma per la strage compiuta da terroristi islamisti presso la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo il giorno stesso della sua uscita nelle librerie francesi. Già nell’ultimo decennio del secolo scorso Houellebecq si è affermato come una delle voci più originali della letteratura francese contemporanea. Narratore sempre in bilico tra la descrizione precisa della realtà - quasi anatomica nei suoi momenti di crudo realismo -, l’analisi della solitudine esistenziale e della tristezza dell’homo urbanus contemporaneo (frustrato, anaffettivo o addirittura oltre i limiti della psicosi, come ne Le particelle elementari e La carta e il territorio), la fantasia e la fantascienza (fantabiologia compresa, come ne La possibilità di un’isola), nel suo lavoro più recente lo scrittore ha applicato le sue doti a un esperimento nel quale i temi consueti si intrecciano con la fantapolitica. Houellebecq è oggi divenuto celebre, anche presso il vasto pubblico, per una ipotesi che nessuno, fra gli scrittori odierni, aveva neppure osato concepire. Nel 2022 la sfida (la vera e propria lotta, anzi, se si considera il contesto di violenza e di degrado sociale che costituisce lo scenario del romanzo) per le Presidenziali vede protagonisti Mohammed Ben Abbes, leader carismatico di un partito espressione della Fratellanza Mussulmana, e Marine Le Pen, a capo del Fronte Nazionale. Per quanto sia a capo di una formazione di minoranza, grazie alle lotte interne fra i partiti del “fronte repubblicano” (PS e UMP) Ben Abbes riesce a diventare l’ago della bilancia. Le sinistre e il centro-destra, infatti, pur di non consegnare la vittoria al Front e alla sua visione vicina ai movimenti identitari nazionalisti scelgono di appoggiare il candidato A proposito di un recente libro una religione lontana dal suo contesto sociale per ironizzare sulla società della sua epoca. Qui, invece, ci troviamo di fronte alla descrizione, peraltro angosciosamente ambigua sul crinale fra la fotografia PER L’OCCIDENTE Riflessioni sul rapporto con l’Islam dopo Charlie Hebdo di Luciano Musselli islamico. Ben Abbes è un politico capace e avveduto: assegna la presidenza del Consiglio dei Ministri a un vecchio politico centrista e cattolico, François Bayrou (un personaggio tratteggiato con toni caricaturali) e promuove una islamizzazione di fatto del Paese, condotta passo dopo passo, facendo estrema attenzione a non forzare i margini sempre più ampi di tolleranza della nazione francese. Il tutto mentre gli ultimi ebrei, compresa la giovane amata dal protagonista (sulle cui capacità amatorie Houellebecq indugia spesso), lasciano la Francia. Sugli aspetti narrativi tornerò in seguito. Come si è detto, l’opera ha avuto purtroppo vastissima risonanza per il fatto che il giorno della sua presentazione ha coinciso con la terribile strage di Parigi, in cui ha perso la vita quasi l’intera redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. L’evento reale ha ingenerato un clima di straniamento, già vaticinato da alcune tetre descrizioni che si trovano nel romanzo, dove peraltro si racconta di una Parigi in preda ai prodromi di una guerra civile, taciuti per comodità dai mass media. La presa di potere islamica, anche per effetto della capacità di controllo della nuova élite sui correligionari delle banlieu, fa immediatamente cessare tale stato di violenza mai riconosciuta, riconducendo la vita francese a una normalità solo apparente. Un clima quasi da «cronaca di una morte annunciata», dunque, che conferma gli spunti che già emergono da altre opere contemporanee di ben diversa impostazione argomentativa e ideologica. Ne offrono due ottimi esempi Le suicide français di Éric Zemmour (Albin Michel, Paris 2014, pp. 502) e L’identità infelice, di Alain Finkielkraut (Guanda, Parma 2015, pp. 191), che affronta anche il tema del pericolo rappresentato dalle periferie delle città, oramai islamizzate e di fatto ingovernabili. Quanto alla letteratura precedente, una ipotesi di conformazione ai precetti coranici di una nazione occidentale si trova solo in un’opera dell’inizio del Novecento. Ne L’osteria volante (The flying inn, 1914), Gilbert Keith Chesterton immagina che dei ricchissimi plutocrati islamici ottengano dal Governo di Sua Maestà che vengano messe al bando tutte le bevande alcoliche, in ossequio alla sharia. Alcuni personaggi, strampalati e coraggiosi, dichiarano allora guerra a un simile divieto. Essi si spostano di continuo, sfuggendo alle autorità con l’aiuto di nuovissime carrozze automobili, sulle quali hanno installato capienti botti di birra con cui irrigare la resistenza al nuovo regime: l’osteria volante, insomma. Ma si trattava, all’epoca, delle ironie di un intellettuale dalla nota vena umoristica, che si serviva del divieto esotico di IMPRESA CALISTI PAVIA 1928-2015 TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO DI EDIFICI E MONUMENTI STORICI dell’oggi e l’ipotesi sul domani, dell’abdicazione ai propri principi da parte di una odierna democrazia laica. Una democrazia nata dall’illuminismo, che muore di inedia e carenza di valori di fronte alle (rozze, se si vuole) ma incrollabili certezze religiose veicolate da folle sempre più vaste di fedeli, nell’acquiescenza silenziosa di una società quasi completamente laicizzata, ormai talmente frammentata e individualista da risultare politicamente irrilevante. Grazie alle liti feroci tra la destra identitaria e la sinistra multiculturale e terzomondista (tra il partito del sé e il partito dell’altro, direbbe Finkielkraut), l’evento che aleggia su tutta la prima parte del romanzo prende finalmente forma, e la cosa più inquietante per il lettore è che, a questo punto, non si tratta più di un trauma per il protagonista o per la sua società: è anzi un evento, (Continua a pagina 7) Aprile 2015 - Numero centoquattro Pagina 7 NELLE FOTO - In prima pagina La moschea di Parigi. A pagina 6 in alto Michel Houellebecq ritratto da Filippo Pellini (www.rivistastudio.com); sotto La copertina dell’edizione italiana Sottomissione edita da Bompiani. Qui sopra, a sinistra lo scrittore francese Joris Karl Huysmans (1848-1907); a destra Bataille de Poitiers di Charles de Steuben (1788-1856). A pagina 8 La copertina del numero di Charlie Hebdo dedicata a Houellebecq. (Continua da pagina 6) ancora una volta, assorbito in una apparente normalità. MICHEL HOUELLEBECQ Prima di addentrarci nel romanzo è opportuno chiederci chi sia, e quale sensibilità manifesti, l’autore di un’opera così significativa per la sua capacità di toccare i nervi scoperti della nostra società. A nessuno dice niente il nome di Michel Thomas, nato nell’isola della Réunion nel 1956. Houellebecq è infatti il cognome della nonna materna dello scrittore. Dopo la crisi coniugale dei genitori, Michel fu affidato alla nonna normanna, della quale in seguito decise di assumere il nome di famiglia. Il trauma dell’abbandono segnerà il giovane con un marchio di infelicità e carenze affettive, destinate ad accrescersi per effetto di un lavoro non gratificante, prima nel campo della sua laurea in agraria e poi in ambito informatico (situazioni trasposte in Estensione del dominio della lotta). Un margine indelebile di solitudine, di difficoltà relazionale e comunicativa; stati d’animo che pervadono sia le sue poesie che i suoi romanzi. Opere, come si è detto, che spesso hanno per palcoscenico gli scenari in cui tali tematiche emergono con maggiore evidenza: la metropoli, un futuro prossimo e al tempo stesso incombente, post-moderno o addirittura post-umano. Il trauma dell’abbandono torna puntualmente anche in Soumission, dove il narratore descrive con freddezza e distacco la morte dei suoi genitori: la sepoltura solitaria della madre e la sorprendente scoperta di una seconda vita del padre, fino ad allora completamente ignorata. Le difficoltà umane di Houellebecq, a un certo punto, sembravano in parte appianate. Con i lauti proventi dei suoi primi libri, infatti, egli ha potuto abbandonare il suo insoddisfacente lavoro. Esse riappaiono però bruscamente a causa di un processo intentatogli, su istanza di alcune associazioni islamiche e antirazziste, per una definizione sprezzante nei confronti dell’Islam, che lo scrittore aveva dato in una intervista in occasione della diffusione del suo romanzo Plateforme (2001). Anche se assolto nel merito, lo scrittore è stato fatto oggetto di ostilità e minacce (che gli sono valse, anche prima degli eventi del gennaio scorso, una vita sotto scorta). Lascia Parigi e vive a lungo in Irlanda e in Spagna. Le sue vicende biografiche entrano così a fare parte, ancora più profondamente, della sua opera, con raccolte di riflessioni (La ricerca della felicità) o in visionari racconti. In Lanzarote Houellebecq fa di se stesso il protagonista della narrazione; ne La carta e il territorio giunge addirittura a immaginare e descrivere il proprio assassinio da parte di un personaggio che ha tutta l’aria di rappresentare le sue ossessioni letterarie e umane. L’influsso della fantascienza, secondo un filone che risale a Howard Phillips Lovecraft (al quale egli ha dedicato anche un saggio), è evidente nella sua opera, così come l’ascendente dei classici ottocenteschi, che gli ispirano accuratissime descrizioni, e anche - a mio avviso - quello di Albert Camus (il Camus de L’étranger). Nei suoi libri, ormai oggetto di culto, vanno annoverati anche componimenti poetici, a ricordare che Houellebecq, ora tornato (non si sa quanto stabilmente) a Parigi, inizia la sua carriera letteraria come poeta e continua tutt’oggi lungo questo filone artistico. Nelle sue poesie più recenti si può cogliere un ripensamento delle sue tematiche esistenziali e forse persino un riavvicinamento alla sensibilità religiosa. Anche sotto questo profilo, dunque, il protagonista di Soumission esprime i tratti autobiografici in fieri del suo creatore. Associazione Amici dei Musei Pavesi L’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pavesi propone per il mese di aprile le seguenti iniziative culturali: SABATO 9 MAGGIO - Visita alla mostra “Il Palma. Una prima mondiale” Bergamo - GAMeC e ai pittori coevi nell’Accademia Carrara SABATO 16 MAGGIO - PERCORSI IN PAVIA ANTICA: Palazzo Mezzabarba a cura di Jessica Maffei - Ritrovo in piazza Municipio, ore 10,30 VENERDÌ 22, SABATO 23, DOMENICA 24 MAGGIO - Visita a Trieste e dintorni Informazioni presso la segreteria di Santa Maria Gualtieri il martedì e il giovedì dalle ore 16.30 alle ore 18.00 - email: [email protected] IL LIBRO Il libro qui presentato, Soumission (Flammarion 2015, o Sottomissione, nella buona traduzione italiana edita da Bompiani) ripete il suo titolo dal significato letterale della parola Islam. Sottomissione morale e sociale al volere di Allah, in quel caso; sottomissione prima ancora che all’Islam - a una realtà incombente e annichilente, nel caso della vicenda raccontata. È la storia di un uomo e della sua nazione, la Francia, a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del secolo in cui viviamo. Il protagonista di Sottimissione è, come in altri romanzi di Houellebecq, un uomo a cui il successo professionale non ha portato soddisfazioni durature e che nella propria vita riconosce essenzialmente un susseguirsi di vuoti. Professore universitario di letteratura francese, François (si può forse individuare un intento allegorico nella scelta del nome?) racconta la sua vicenda umana in un mélange di apatia, rassegnazione e indeterminati sussulti di rigenerazione destinati a cadere nel nulla. La sua vicenda umana si rapporta in continuazione con la persona e l’opera di Joris Karl Huysmans, lo scrittore simbolo del decadentismo francese che, alla fine dell’Ottocento, fece uscire il romanzo dal solco del verismo e del naturalismo con À rebours. Il rapporto fra François e Huysmans, fra lo studioso e l’oggetto del suo studio, è un tratto ricorrente del volume e ripercorre in un elaborato gioco di rimandi il rapporto fra i due personaggi, fra le rispettive opere e tra le due società che essi rappresentano. All’inizio del romanzo si descrive la vita del protagonista, dedito agli studi, al cibo, all’alcool e a scostanti relazioni sessuali. Prima studente di lettere alla Sorbona, poi maître de conference, grazie alla sua lodatissima tesi su Huysmans diviene professore in un’altra Facoltà parigina. A un certo punto della sua vita appare Myriam, una giovane e bellissima ragazza ebrea che per un poco scuote François dall’apatia esistenziale. Nel frattempo lo scenario politico e sociale si trasforma, senza che nessuno sembri accorgersene. Si assiste a una lotta sotterranea tra i fautori dell’identità francese e gli islamici; l’esito del conflitto viene suggerito ben presto dalla crescita progressiva (come nell’odierna Turchia di Erdogan) del numero di donne e anche di studentesse velate. A questo fanno da contorno avvenimenti strani, ancora più inquietanti perché lasciati in sordina da una tacita e diffusa accettazione: controlli degli accessi alle aule da parte di islamici, pur cortesissimi; la progressiva emigrazione degli ebrei (un’ipotesi che si limita ad accentuare il processo oggi realmente in corso in Francia), compresa la focosa amante del nostro professore. Nel frattempo l’estrema destra del Front National sembra incitare e preparare la guerra civile contro gli islamici, un trauma ritenuto ormai indispensabile per salvare il potere politico e la laïcité tramite l’uso dell’esercito, ancora formato da giovani identitari. La sinistra, fiaccamente guidata da un sempre più svuotato e distante presidente Hollande, persevera invece nei suoi ritualismi democratici senza più sostanza o credibilità. A questi ultimi epigoni della Quinta repubblica si contrappone, come si è detto, Mohammed Ben Abbes, fautore di un modello islamista dalle sembianze moderate. Sotto le insegne (Continua a pagina 8) Pagina 8 (Continua da pagina 7) dell’economia sociale di mercato e di una transizione ai valori tradizionali dell’Islam, che promettono di sanare anche le ferite aperte del modello di vita occidentale e secolarizzato, il partito di Ben Abbes si afferma non soltanto per effetto dell’accresciuto numero di elettori mussulmani, ma anche grazie alla sostanziale acquiescenza di una società francese che non sembra più intenzionata a perpetuare il proprio modello culturale. I mussulmani, fermati un millennio prima da Carlo Martello a Poitier, cercano la loro rivincita. Non a caso il protagonista, a un certo punto, compie un viaggio verso questa città, per ritrovare gli ultimi brandelli del cattolicesimo medioevale a Rocamadour. François vive questa esperienza come un turista straniero che si rechi in luoghi remoti e culturalmente estranei; qui per ironia, o meglio per quello che André Breton avrebbe definito humour nero - attende in un isolamento quasi mistico l’annuncio della vittoria del partito islamico. A un certo punto sembra quasi che, davanti alla Madonna Nera, il suo animo venga toccato dalla conversione, ma è un tentativo inutile. Malgrado i suoi desideri e i suoi aneliti, tutto muore, dentro di lui, come prima di allora erano morte le relazioni sentimentali e i rapporti umani con amici e colleghi. Nel frattempo gli islamisti occupano silenziosamente le periferie, per poi insediarsi, nel pieno rispetto della legalità formale, al potere. All’elezione segue il silenzio. Nulla sembra più accadere e, plasticamente, pare che cali una cortina di ferro tra il presente e l’immediato passato. François coglie il primo segno delle mutate condizioni soltanto quando riceve dalla sua Università una proposta di congedo, in quanto non mussulmano, con condizioni favorevolissime. Tornato a Parigi, si vede poi affidare la cura dell’edizione critica dell’opera di Huysmans per la celebre collana Pléiades, che gli viene dal nuovo rettore della Sorbona. L’Università erede della tradizione cristiana e medievale ora è stata simbolicamente trasformata nella prima università islamica di Francia per volontà dello stesso Ben Abbes. Il rettore Rédiger, convertito all’Islam e fornito perciò di una splendida casa e di giovanissime mogli, propone a François una cattedra, con altissimo stipendio e ogni altro benefit di rango riconosciuto dalla nuova religione della République, con giovani mogli annesse. L’atto di sottomissione del protagonista, all’esito di una narrazione ancora più sconvolgente proprio in quanto condotta con distacco, a questo punto non risulta più essere né un gesto spontaneo né un gesto coartato. È solo un atto di rassegnazione completa, un’abdicazione liberatoria che Numero centoquattro - Aprile 2015 tuttavia ha il prezzo della rinuncia a se stessi. Una rinuncia tanto meno gravosa, in realtà, proprio in quanto ciò che richiede è di lasciare una esistenza poco o nulla definita, slegata da affetti, convinzioni morali o etiche. Quello che il protagonista ottiene in cambio della rinuncia a intrattenere relazioni irregolari con le studentesse - che poi puntualmente lo lasciavano quando «incontravano d’Oltralpe. Ma sono osservazioni che non scalfiscono l’importanza allegorica dell’opera. L’Europa fa da contorno alla vicenda ed è pronta a seguire l’esempio della sua prima nazione, come già fece al tempo di Napoleone (ed è, questa del mutamento epocale che taglia le radici con il passato, un’idea che Houellebecq aveva già esposto nel preambolo a Le particelle elementari). Ben Abbes, l’applicazione di questo secondo divieto non ha avuto sempre vita facile. Il già ricordato libro di Finkielkraut spiega con ricchezza di argomentazioni filosofiche e sociali il significato centrale di questi provvedimenti. Dal punto di vista sociale, le cose si fanno più sfumate. Sia la moschea di Parigi, con il suo storico rettore Danil Boubaker, che il Conseil du Culte Musulman hanno condannato senza mezzi qualcuno» - è una situazione economicamente e affettivamente solida; giovani donne che si sentiranno onorate di dividere il suo letto; la stima della comunità di riferimento; un aiuto, in fondo, a costruire su basi estrinseche quell’amore di sé che fino a quel momento egli si era negato o non era stato capace di raggiungere. Gli si offre, insomma, la chance d’une deuxième vite, sans grand rapport avec la précédente. François commenta, laconico: Je n’aurais rien à regretter. Così si conclude, con l’abbandono dell’ultima larva dell’ideale laico di vita, ridotto a consumismo e solitudine, il libro tutto centrato sulla Francia e su Parigi. Una visuale alla francese, come è stato ben notato da Gian Arturo Ferrari, come se null’altro di veramente importante esistesse al mondo oltre alle peculiarità della sfera etica e sociale infatti, si intravede già come il nuovo imperatore; fa entrare nell’Unione Europea non solo la Turchia ma anche Algeria, Tunisia ed Egitto. È il futuro di un’Euroarabia che fonde in sé, nella visione dello scaltro presidente, i fasti dell’Impero Romano e la rivelazione dell’Islam. termini l’attacco a Charlie Ebdo. Tuttavia la stampa francese ha riportato molti casi di alunni di origine mussulmana che, nei temi e nelle discussioni in classe, hanno difeso apertamente la strage e i suoi autori. Da un lato si è trovato il coraggio, si spera non effimero, di stampare il numero successivo del settimanale in milioni di copie, di fronte a una strage che ha assunto una valenza censoria di una violenza e di una gravità con pochi precedenti nella storia. Dall’altro lato, la manifestazione indetta a Parigi a favore della libertà e della laicità rimarrà un episodio importante, ma non sembra avere indotto una concreta volontà di rivisitare le politiche delle nazioni europee nei confronti dei fenomeni di estremismo religioso. La destra nazionale, che con un gesto di debolezza e divisione si è deciso di lasciare fuori dalla SOUMISSION LA REALTÀ FRANCESE E I VALORI DELL’EUROPA Fin qui l’autore e il suo libro. Ma che rapporto ha quest’opera con la realtà francese di oggi? Se si assume come punto di vista quello dell’ordinamento giuridico, direi piuttosto poco. La Francia è il primo Paese che, nel 2004, ha proibito alle studentesse islamiche di portare il velo a scuola, così come in generale altri “segni religiosi ostensivi”. Nel 2010 ha inoltre posto in essere il generale divieto di indossare il velo integrale, anche se manifestazione del “fronte repubblicano”, si spinge invece a concepire apertis verbis la réimmigration, vale a dire la pratica di rinviare nei Paesi d’origine gli immigrati non intenzionati a integrarsi pienamente nel tessuto sociale ospitante. Una soluzione oggi adottata solo in caso di comportamenti socialmente gravi, nei confronti di soggetti sospettati di terrorismo o in caso di persistenza nella coabitazione poligamica. La strage di Parigi ha avuto un effetto di rilievo anche negli ambienti liberal-radicali che si richiamano al retaggio dell’illuminismo, ponendo in maggior rilievo anche presso tali studiosi e opinionisti la necessità di tutelare i valori repubblicani a livello del dibattito pubblico e della coscienza sociale, pur senza usare necessariamente leggi o mezzi straordinari. Nell’interpretazione di altri autori, orientati a destra, la strage e gli altri recenti attentati sarebbero la prova eclatante di una strategia di destabilizzazione messa in atto per assoggettare la Francia e l’Occidente in generale all’Islam. Un’operazione colposamente facilitata dalla politica terzomondista e autolesionista delle sinistre e dei liberal-radicali, colpevoli di un “tradimento” della République e della svendita dei suoi valori fondativi. Soumission si è inserito con la perentorietà dell’atto artistico in questo dibattito. Sia la stampa francese che quella straniera, e italiana in particolare, riconoscono ad Houellebecq il merito di aver messo il dito sulla piaga e di aver ribadito una verità evidente ma così scomoda da venire spesso rimossa dalla coscienza collettiva: che il modello di civilisation francese non funziona più, nel senso che ha cessato di comunicare i valori occidentali e illuministici agli immigrati, in particolare a quelli di fede islamica. Soprattutto nelle periferie, dove queste comunità formano ormai un corpo sociale distinto e ostile (lo dimostrano ormai dieci anni di recrudescenze periodiche delle sommosse nelle banlieu con slogan islamisti), pronto nelle sue frange più estremizzanti a lanciarsi in imprese all’estero o anche all’interno del Paese. Il volume di Houellebecq, in questo senso, più che una descrizione dell’inevitabile è una provocazione bellissima e salutare. È un messaggio forte, che ci invita a riappropriarci di valori, quelli dei diritti umani e fondamentali, che oggi soffrono proprio a causa della tendenza ad abusarne e a darli per scontati. Per la loro tutela, dunque, vi è bisogno di un risveglio di consapevolezza e della testimonianza forte, anche sul piano del diritto e delle istituzioni, di chi in questi valori intensamente crede, sia egli di impostazione religiosa, agnostica oppure atea. Luciano Musselli