L`avventura delle idee

Transcript

L`avventura delle idee
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Numero centoquattro – Aprile 2015
Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca
Direttore responsabile Sisto Capra
L’EDITORIALE
L’avventura
delle idee
di Salvatore Veca
pochi giorni
dall’apertura
dell’
Esposizione
universale,
devo
confessare
che
l’avventura di
idee che ha coinvolto negli
ultimi anni i grandi temi di
Expo 2015 è stata
affascinante e paradigmatica.
Il fascino deriva dal
coinvolgimento di centri di
ricerca nel mondo e di
istituzioni accademiche nel
confronto delle idee a
proposito delle dimensioni
plurali che i contenuti e le
implicazioni di “Nutrire il
pianeta. Energia per la vita”
chiamano in causa. Il
paradigma che si è venuto via
via mettendo a fuoco è quello
di un approccio sistemico e
multidimensionale alle grandi
e radicali questioni della
nutrizione in un mondo
globalizzato e attraversato da
severe contraddizioni e
ingiustizie, tanto quanto da
opportunità luminose. Penso
alla complessa esperienza dei
lavori di Laboratorio Expo
della Fondazione Feltrinelli
che con Società Expo ha
costruito a partire dal 2013
una sorta di Accademia
multidisciplinare, immersa in
una rete di ricerca globale. E
ha messo a fuoco le
dimensioni della sostenibilità
A proposito
di un
recente
libro.
Riflessioni
sul
rapporto
con
l’Islam
dopo
Charlie
Hebdo
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
FONDART
RENDE OMAGGIO A
GHINZANI
MELOTTI
INCONTRA
BOZZOLA
GIORGIO FORNI
Alle pagine 3-4-5
LA COMUNICAZIONE EFLuciano
Musselli
FICACE
ALLE PAGINE
6-7-8
GAIA VICENZI
A pagina 2
(Continua a pagina 2)
la Feltrinelli a Pavia,
in via XX Settembre 21.
Orari:
Lunedì - sabato 9:00-19:30
Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30
Pagina 2
Numero centoquattro - Aprile 2015
Tra le forme di ricchezza di cui disponiamo, il “capitale
relazionale” è sicuramente un patrimonio importante.
Dalle relazioni con gli altri nascono tesori che sono
elemento essenziale del benessere. L’uomo è “animale
sociale”; ma è anche vero che la socialità, per essere
foriera di benessere, deve essere fonte di positività,
vissuta come costruttiva, serena. Le “abilità
interpersonali” sono annoverate tra le abilità di vita - le
così dette life skills - ovvero quelle competenze cognitive, emotive e
relazionali che rendono possibile affrontare con efficacia le richieste del
mondo quotidiano. L’assertività è una di queste, ovvero la capacità di
esprimere se stessi, in modo autentico, senza provare disagio, ritenendo
ugualmente importante il diritto dei nostri interlocutori di comunicare essi
stessi le proprie idee.
di Gaia Vicenzi
el mio libro “La
comunicazione
Efficace” (ed.
Dissensi),
propongo una serie di esercizi
pratici per imparare a comunicare
con gli altri rispettando loro ma
anche noi stessi, con l’obiettivo
ultimo di sentirci soddisfatti di noi,
del nostro modo di pensare, del
nostro modo di fare, del nostro
modo di vivere nella società.
Tra le abilità che sono necessarie
per rendere le relazioni
interpersonali di qualità, vi sono la
capacità di iniziare un discorso, di
intervenire in esso quando già
avviato e di concluderlo quando il
tempo o l’interesse a disposizione
sono mancanti. Avere a
disposizione una serie di “strategie”
per mettere a punto questi tre
importanti momenti della
conversazione aiuta a vivere
serenamente la stessa e la sua
conduzione.
È anche importante sapere
formulare critiche costruttive e non
distruttive, così come è
assolutamente necessario saper
gestire le critiche, accogliendo con
serenità quelle che riteniamo vere,
ma gestendo con altrettanta calma
quelle che consideriamo infondate.
Contraltare delle critiche sono i
complimenti: farli e riceverli
richiede ugualmente un’abilità.
Spesso dire cose positive ci
imbarazza, nella paura che il
commento gradevole sia letto con
finalità strumentali e adulatorie.
Vero è che è ugualmente difficile
(se non di più), ricevere
apprezzamenti: spesso tendiamo a
sminuirli e a minimizzarli. L’effetto
di una costante, esplicita
sottovalutazione dei rinforzi che
riceviamo dall’esterno porta i nostri
L’EDITORIALE
(Continua da pagina 1)
in rapporto al fare cibo, alla
connessione fra cibo e culture, alle
ineguaglianze dei titoli e nell’accesso
al cibo, all’energia e al bene comune
dell’acqua nella gran città del genere
umano, in cui da pochi anni, per la
prima volta nella storia del pianeta, la
popolazione urbana ha superato la
popolazione rurale. Mi piace
ricordare, in proposito, che la prima
idea di Laboratorio Expo mi fu
suggerita qualche anno fa da Roberto
Schmid, quando lavoravamo insieme
interlocutori a diminuirne
l’emissione, impoverendoci e
privandoci della possibilità di avere
feedback su quanto facciamo.
È ugualmente un’abilità quella di
sapere fare domande che aiutino
l’altro ad aprirsi, così come è una
capacità quella di comprendere i
limiti in cui fermare le proprie
richieste. Un’importante dogma che
può essere utile ricordare quando ci
troviamo nella necessità di chiedere
qualcosa è quello di pensare di
poter chiedere quasi tutto purché
sia riconosciuto all’altro il diritto di
dirci di no. Infatti, anche il “dire di
no” senza sentirsi in colpa è una
competenza che va appresa ed
esercitata.
Infine, qualche pagina sottolinea
l’importanza dell’ascolto e della
capacità di gestire il silenzio, nelle
infinite sfaccettature che esso può
avere.
all’avvio dell’esperienza dello IUSS.
Penso al lavoro di ricerca di molti
giovani delle nostre Università e al
confronto fra idee e prospettive, fra
teorie, esperienze, pratiche e agenda
con i loro colleghi senior e junior di
Università e Istituti di tutto il mondo.
Il Patto della scienza, che emerge da
quasi tre anni di lavoro, è l’esito di
questa avventura di idee, affascinante
e paradigmatica. E costituisce una
delle tessere del mosaico della Carta
di Milano, la legacy immateriale di
Expo 2015 a Milano. Un documento
di global citizenship che, muovendo
dalla convinzione secondo cui il
diritto al cibo è un diritto umano
fondamentale, chiede un’assunzione
Il giornale di Socrate al caffè
Direttore Salvatore Veca
Direttore responsabile Sisto Capra
Editore
Associazione “Il giornale di Socrate al caffè”
(iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale)
Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia
0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected]
Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia
Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia
Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002
I PUNTI SOCRATE
Il libro si conclude con due capitoli
su due specifiche forme di
comunicazione: la comunicazione
efficace mentre si parla in pubblico
e l’assertività adattata ai messaggi
di Facebook, Whatsapp e all’utilizzo
del cellulare.
Così apro il capitolo sul parlare in
pubblico: Se nella conversazione in
coppia o in piccoli gruppi il pensiero
“che cosa penserà di me chi mi
ascolta?” è ticchettante, nei discorsi
pubblici lo stesso pensiero è
assordante. In effetti, lo scoglio
principale da superare quando
occorre esprimere le proprie idee
davanti a un uditorio ampio è
l’ansia. Ansia di non saper dire le
cose, ansia di dire cose sbagliate,
ansia di dire cose non interessanti.
La buona notizia, in questi casi, è
che l’ansia è gestibile e nelle righe
di questo libro offro qualche spunto
per imparare come.
di responsabilità condivisa nei
confronti degli impegni per l’obiettivo
di un mondo senza fame. Impegni che
coinvolgono donne e uomini, cittadini
di questo pianeta, la società civile, le
imprese e che chiamano in causa la
responsabilità delle istituzioni, dai
livelli nazionali al livello
internazionale e transnazionale.
Penso a un semestre Expo, in cui
l’agorà si trasformi in uno spazio
pubblico globale per il confronto delle
idee, per la discussione pubblica, per
la partecipazione e la divulgazione dei
grandi temi
al centro
della ricerca.
E,
Quanto all’ultimo capitolo, quello
sull’assertività nei nuovi social
media, il punto principale che
sottolineo è che è necessario avere
regole di “buona educazione” nella
gestione di tali mezzi di
comunicazione. Qualcuno ha
provato a stilare un galateo di
Internet per insegnare a “stare in
rete” con eleganza. Io aggiungo a
questi spunti alcune riflessioni su
certi comportamenti che
andrebbero evitati e su certi altri
che andrebbero appresi e sui quali,
invece, c’è ancora poca
dimestichezza.
Nel leggere il mio libro, trovando in
esso strumenti pratici per rendere
più efficace la propria
comunicazione, vorrei potesse
arrivare chiara l’idea di come,
imparando a comunicare meglio, si
impari anche a vivere meglio.
soprattutto, mi sembra non solo
importante ma in certo senso
doveroso pensare a Expo come al
terminus a quo di una ricerca che miri
agli obiettivi, difficili ma ineludibili, di
un futuro più degno di lode, di un
futuro sostenibile perché equo. I
cantieri dell’Expo delle idee sono
sempre in corso e proseguono dopo
l’Expo. Questo non è un optional. È
un must, dettato dalla semplice
responsabilità intellettuale e civile.
Salvatore Veca
L’avventura delle idee
Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè
Aprile 2015 - Numero centoquattro
Pagina 3
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
ALBERTO GHINZANI,
scultore
di fama internazionale
e direttore
della Permanente
di Milano, è mancato
il 5 aprile scorso
nel capoluogo lombardo.
Era nato a Valle Lomellina
nel 1939.
Il ricordo
di GIORGIO FORNI
Da sinistra: MEMORIALE, STELE, ARMADIO DELLA MEMORIA; una delle acqueforti in Di noi per dopo; SPILLE, PAGINA BIANCA. Qui sotto: FIGURA CHE SI INOLTRA.
i sono stato con
Marco Savio («è bravo
come Vandrasch ...,
ma più economico»,
Alberto diceva) per
fotografare alcune
opere pronte per la
mostra di Bellinzona, inaugurata
pochi giorni prima della scomparsa
dell’amico. Alberto era in ansia per
lo spazio imponente da affrontare,
anche con sculture di grandi
dimensioni. Il grande non era la sua
cifra più congeniale, proprio come
per Melotti, guarda il caso,
occasione di questi ricordi su
Socrate. Ho insistito per alcune pose
di lui autore sovrapposto, quasi in
trasparenza, sui suoi lavori.
Immagini belle, nel casino grande
dello studio, pieno di opere da
terminare, materiali grezzi, colori,
bozzetti su fogli appiccicati con
pezzi di nastro alle pareti. Appunti.
Atmosfera creativa nel capannone
illuminato dal sole al tramonto che
entrava dalle vetrate sulla
campagna lomellina. Mi
ricordava una foto dello studio di
Giacometti. Ancora non a caso.
Alberto cercava dei poster e
cataloghi di sue mostre passate
per il nostro archivio in
aggiornamento/integrazione … e
un disegno da dedicarci,
compenso per le riprese
fotografiche appena fatte.
Dediche affettuose che leggo su
altre carte mentre le appendo a
parete. A Loriana e me sposi, per i
nostri 60 anni, per il matrimonio
di Ginevra, ai nipotini (ad ognuno
il suo ...). La piccola incisione per
gli auguri del natale 1981, da
primo presidente del nostro
Centro Studi ... Tutti segni di un
rapporto di amicizia e lavoro
comune per la promozione della
cultura visiva nei nostri luoghi.
Ma con l’accento emozionale e
partecipativo di … uno di famiglia.
Storia per accenni di oltre trent’anni
di strette relazioni e collaborazioni a
progetti discussi e vissuti insieme.
PAOLA CASATI MIGLIORINI
Perito della Camera di Commercio di Pavia dal 1988 C.T.U. del Tribunale di Pavia
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Viaggi, scorribande in luoghi
improbabili (chiesette
abbandonate, cappelle di
cimiteri ...) alla scoperta di pezzi
di passato dimenticato e
negletto. Sculture o affreschi da
documentare e restaurare, siti
da segnalare, itinerari da
costruire. Reti, appunto, tra enti
e luoghi, da unire in percorsi di
conoscenza. Alberto era questo e
altro. Un’anima poetica, anche
nella scrittura, meno nota delle
espressioni plastiche per le quali
è amato e apprezzato. Di noi per
dopo è il titolo di 12 acqueforti
con altrettante piccole note
poetiche a fronte, stampate a
Udine con Corrado Albicocco,
appena tornate da una mostra
alla Biblioteca Nazionale di
Minsk. Altri fogli appendo, tutti
venati da una sottile malinconia
esistenziale che sottende a tutto
il suo lavoro. Anche in forme
tangenti al filone principale, nei
gioielli, fusi dalla cera persa con gli
orafi di Valle e Sartirana, che furono
la miccia di innesco alla nascita
della nostra collezione di ornamenti
d’artista. Con il coinvolgimento di
Melotti, ecco un altro intreccio, di
Arnaldo Pomodoro e Benevelli,
Consagra, Uncini e Maestri, quali
Staccioli e Cavaliere, Bozzola (altro
intreccio), idea sposata da un altro
grande amico, Luciano Soletti, che
non c'è più. Come Ivo Misani,
sponsor generoso della prima
mostra realizzata con i prototipi
appena fusi (sotto l’occhio vigile del
sempre presente Notaio Ugo
Reitano). La chiamammo “disegnare
l’oro” e avemmo Ornella Vanoni
come madrina ...
Potrei continuare, tanti sono gli
spunti e le occasioni da
approfondire, ancora per molto. Ma
il racconto (lo dicevano Chatwin e
altri che la sapevano lunga ...) non
spegne la pena. Solo affievolisce,
diluendoli, l’amarezza e il rimpianto.
SPORTELLO DONNA INCUBATORE D’IMPRESA
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Non cercare lavoro, crealo
Un nuovo progetto per il 2015:
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Expo è una grande opportunità per il nostro territorio
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Pagina 4
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
2
○
NELLE FOTO I GESSI DI FAUSTO MELOTTI:
1 - 3B, 1978 (27,5x42,5)
2 - 13B, 1981 (26x23,5)
3 - 16B, 1974 (33x24)
4 - 19E, 1974 (26x24)
5 - 24B, 1973 (33x24)
6 - 30B, 1977 (26x24)
7 - 32B, 1977 (26x24)
3
○
1
○
4
○
bbiamo anticipato ai
giorni delle feste
pasquali l’ultimo ciclo di
presentazioni a
Sartirana con un
intreccio tra la ricerca di
Bozzola e le opere, da
tempo non esposte, di
Fausto Melotti.
Si rincorrono quindi sulle pareti le lastre
incise e i dipinti anni ‘50 del Maestro di
Galliate con le acqueforti (tirate in via
Giannone dal grande Franco Sciardelli,
altro amico appena scomparso) e le
tempere, delicate e progettuali,
dell’antico proprietario del castello.
Di Melotti sono in mostra anche una
serie di gessi dipinti (anni ‘60) e una
piccola selezione di sculture, multipli in
ottone, acquisite nel tempo
direttamente dal Maestro o dalla figlia
Marta.
Ritorno atteso, questo delle opere di
Melotti, da una lunga serie di
presentazioni in Turchia e Libano, poi in
molti Paesi sudamericani. Sempre con
immenso successo.
Ritorno felice e a un tempo mesto,
quasi a segnare un destino, se leggiamo
gli accadimenti.
Con Alberto Ghinzani preparavo la
grande antologica di Melotti che
inaugurammo nei giorni della
scomparsa del Grande Maestro, qu
trent’anni fa. E mentre nei giorni sc
aprivo le casse giunte da oltreocea
con gli ottoni filiformi e musicali,
tintinnanti di catenelle e campanel
per riallestirli e iniziare la stagione
giunge la notizia della morte di Alb
Che aspettavo nei giorni delle vaca
pasquali, dopo l’apertura della sua
grande mostra a Bellinzona. Per
criticare e suggerire, modificare o
aggiungere, come era solito fare. In
occasione dei lunghi e fantastici an
vivace e intensa gara a chi le
progettava … più
belle/impossibili/difficili ...
Invece Alberto non è venuto.
di Giorgio Forni
5
○
6
○
7
○
uasi
corsi
no,
llini,
…
berto.
anze
n ogni
nni di
Pagina 5
8
○
9
○
NELLE FOTO LE SCULTURE DI FAUSTO MELOTTI:
8 - I pendoli; 9 - Scultura 26;
10 - Cubo alfabeto; 11 - I magnifici sette;
12 - Il giudizio di Paride; 13 - Le nuvole;
14 - La luna al sole; 15 - Tema e variazioni
n° 20; 16 - Tema e variazioni n° 6;
17 - Il triangolo; 18 - Insonnia
FONDAZIONE
SARTIRANA
ARTE
10
○
11
○
12
○
Costringendomi a smontare di notte la
sala di Scanavino per dedicare a Lui, ad
Alberto assente, una sorta di felice e
sontuosa sala di commiato. Non una
celebrazione, un ricordo vibrante,
piuttosto. Con le sue opere su carta, le
sue Lomelline , i muri, le porte, i ponti ,
le incisioni e le piccole sculture, i
disegni, i gioielli.
Un bronzo tra tutti. Quello che Alberto
chiamò “Figura che si inoltra” … ,
nell’ombra. Allusione di sapore egizio
/etrusco a un viaggio dell’anima.
Che oggi ha preso concretezza.
Senza ritorno.
13
○
FAUSTO MELOTTI
(foto Ugo Mulas)
15
○
16
○
17
○
14
○
18
○
Pagina 6
Numero centoquattro - Aprile 2015
UNO SCRITTORE, UN’OPERA, UN’EPOCA
Uno scrittore intellettualmente libero,
un romanzo e l’ipotesi della presa di
potere dell’Islam in Francia. Come è
noto a tutti, al nuovo libro di Michel
Houellebecq è toccato il triste destino
di raggiungere la fama non per la
padronanza della lingua e la maestria
narrativa del suo Autore, ma per la
strage compiuta da terroristi islamisti
presso la redazione del settimanale
satirico Charlie Hebdo il giorno stesso
della sua uscita nelle librerie francesi.
Già nell’ultimo decennio del
secolo scorso Houellebecq si è
affermato come una delle voci
più originali della
letteratura francese
contemporanea.
Narratore sempre in
bilico tra la
descrizione precisa
della realtà - quasi
anatomica nei suoi
momenti di crudo realismo -,
l’analisi della solitudine
esistenziale e della tristezza
dell’homo urbanus
contemporaneo (frustrato,
anaffettivo o addirittura oltre i
limiti della psicosi, come ne
Le particelle elementari e La
carta e il territorio), la fantasia
e la fantascienza
(fantabiologia compresa, come
ne La possibilità di un’isola),
nel suo lavoro più recente lo
scrittore ha applicato le sue
doti a un esperimento nel
quale i temi consueti si
intrecciano con la
fantapolitica.
Houellebecq è oggi divenuto
celebre, anche presso il vasto
pubblico, per una ipotesi che
nessuno, fra gli scrittori
odierni, aveva neppure osato
concepire. Nel 2022 la sfida
(la vera e propria lotta, anzi,
se si considera il contesto di
violenza e di degrado sociale
che costituisce lo scenario del
romanzo) per le Presidenziali
vede protagonisti Mohammed
Ben Abbes, leader
carismatico di un partito
espressione della Fratellanza
Mussulmana, e Marine Le
Pen, a capo del Fronte
Nazionale. Per quanto sia a
capo di una formazione di
minoranza, grazie alle lotte
interne fra i partiti del “fronte
repubblicano” (PS e UMP) Ben
Abbes riesce a diventare l’ago
della bilancia. Le sinistre e il
centro-destra, infatti, pur di
non consegnare la vittoria al
Front e alla sua visione vicina
ai movimenti identitari
nazionalisti scelgono di
appoggiare il candidato
A proposito di un recente libro
una religione lontana dal suo
contesto sociale per ironizzare
sulla società della sua epoca.
Qui, invece, ci
troviamo di fronte
alla descrizione,
peraltro
angosciosamente
ambigua sul crinale
fra la fotografia
PER L’OCCIDENTE
Riflessioni sul rapporto con l’Islam
dopo Charlie Hebdo
di Luciano Musselli
islamico. Ben Abbes è un
politico capace e avveduto:
assegna la presidenza del
Consiglio dei Ministri a un
vecchio politico centrista e
cattolico, François Bayrou (un
personaggio tratteggiato con
toni caricaturali) e promuove
una islamizzazione di fatto del
Paese, condotta passo dopo
passo, facendo estrema
attenzione a non forzare i
margini sempre più ampi di
tolleranza della nazione
francese. Il tutto mentre gli
ultimi ebrei, compresa la
giovane amata dal
protagonista (sulle cui
capacità amatorie
Houellebecq indugia spesso),
lasciano la Francia. Sugli
aspetti narrativi tornerò in
seguito.
Come si è detto, l’opera ha
avuto purtroppo vastissima
risonanza per il fatto che il
giorno della sua
presentazione ha coinciso con
la terribile strage di Parigi, in
cui ha perso la vita quasi
l’intera redazione del
settimanale satirico Charlie
Hebdo. L’evento reale ha
ingenerato un clima di
straniamento, già vaticinato
da alcune tetre descrizioni
che si trovano nel romanzo,
dove peraltro si racconta di
una Parigi in preda ai
prodromi di una guerra civile,
taciuti per comodità dai mass
media. La presa di potere
islamica, anche per effetto
della capacità di controllo
della nuova élite sui
correligionari delle banlieu, fa
immediatamente cessare tale
stato di violenza mai
riconosciuta, riconducendo la
vita francese a una normalità
solo apparente.
Un clima quasi da «cronaca di
una morte annunciata»,
dunque, che conferma gli
spunti che già emergono da
altre opere contemporanee di
ben diversa impostazione
argomentativa e ideologica.
Ne offrono due ottimi esempi
Le suicide français di Éric
Zemmour (Albin Michel, Paris
2014, pp. 502) e L’identità
infelice, di Alain Finkielkraut
(Guanda, Parma 2015, pp.
191), che affronta anche il
tema del pericolo
rappresentato dalle periferie
delle città, oramai islamizzate
e di fatto ingovernabili.
Quanto alla letteratura
precedente, una ipotesi di
conformazione ai precetti
coranici di una nazione
occidentale si trova solo in
un’opera dell’inizio del
Novecento. Ne L’osteria
volante (The flying inn, 1914),
Gilbert Keith Chesterton
immagina che dei ricchissimi
plutocrati islamici ottengano
dal Governo di Sua Maestà
che vengano messe al bando
tutte le bevande alcoliche, in
ossequio alla sharia. Alcuni
personaggi, strampalati e
coraggiosi, dichiarano allora
guerra a un simile divieto.
Essi si spostano di continuo,
sfuggendo alle autorità con
l’aiuto di nuovissime carrozze
automobili, sulle quali hanno
installato capienti botti di
birra con cui irrigare la
resistenza al nuovo regime:
l’osteria volante, insomma.
Ma si trattava, all’epoca, delle
ironie di un intellettuale dalla
nota vena umoristica, che si
serviva del divieto esotico di
IMPRESA CALISTI
PAVIA
1928-2015
TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO
DI EDIFICI E MONUMENTI STORICI
dell’oggi e l’ipotesi sul
domani, dell’abdicazione ai
propri principi da parte di
una odierna democrazia laica.
Una democrazia nata
dall’illuminismo, che muore
di inedia e carenza di valori di
fronte alle (rozze, se si vuole)
ma incrollabili certezze
religiose veicolate da folle
sempre più vaste di fedeli,
nell’acquiescenza silenziosa di
una società quasi
completamente laicizzata,
ormai talmente frammentata
e individualista da risultare
politicamente irrilevante.
Grazie alle liti feroci tra la
destra identitaria e la sinistra
multiculturale e
terzomondista (tra il partito
del sé e il partito dell’altro,
direbbe Finkielkraut), l’evento
che aleggia su tutta la prima
parte del romanzo prende
finalmente forma, e la cosa
più inquietante per il lettore è
che, a questo punto, non si
tratta più di un trauma per il
protagonista o per la sua
società: è anzi un evento,
(Continua a pagina 7)
Aprile 2015 - Numero centoquattro
Pagina 7
NELLE FOTO - In prima pagina La moschea di Parigi. A pagina 6 in alto Michel Houellebecq ritratto da Filippo Pellini (www.rivistastudio.com);
sotto La copertina dell’edizione italiana Sottomissione edita da Bompiani. Qui sopra, a sinistra lo scrittore francese Joris Karl Huysmans (1848-1907);
a destra Bataille de Poitiers di Charles de Steuben (1788-1856). A pagina 8 La copertina del numero di Charlie Hebdo dedicata a Houellebecq.
(Continua da pagina 6)
ancora una volta, assorbito in
una apparente normalità.
MICHEL HOUELLEBECQ
Prima di addentrarci nel
romanzo è opportuno
chiederci chi sia, e quale
sensibilità manifesti, l’autore
di un’opera così significativa
per la sua capacità di toccare
i nervi scoperti della nostra
società.
A nessuno dice niente il nome
di Michel Thomas, nato
nell’isola della Réunion nel
1956. Houellebecq è infatti il
cognome della nonna
materna dello scrittore. Dopo
la crisi coniugale dei genitori,
Michel fu affidato alla nonna
normanna, della quale in
seguito decise di assumere il
nome di famiglia. Il trauma
dell’abbandono segnerà il
giovane con un marchio di
infelicità e carenze affettive,
destinate ad accrescersi per
effetto di un lavoro non
gratificante, prima nel campo
della sua laurea in agraria e
poi in ambito informatico
(situazioni trasposte in
Estensione del dominio della
lotta). Un margine indelebile
di solitudine, di difficoltà
relazionale e comunicativa;
stati d’animo che pervadono
sia le sue poesie che i suoi
romanzi. Opere, come si è
detto, che spesso hanno per
palcoscenico gli scenari in cui
tali tematiche emergono con
maggiore evidenza: la
metropoli, un futuro prossimo
e al tempo stesso incombente,
post-moderno o addirittura
post-umano. Il trauma
dell’abbandono torna
puntualmente anche in
Soumission, dove il narratore
descrive con freddezza e
distacco la morte dei suoi
genitori: la sepoltura solitaria
della madre e la sorprendente
scoperta di una seconda vita
del padre, fino ad allora
completamente ignorata.
Le difficoltà umane di
Houellebecq, a un certo
punto, sembravano in parte
appianate. Con i lauti
proventi dei suoi primi libri,
infatti, egli ha potuto
abbandonare il suo
insoddisfacente lavoro. Esse
riappaiono però bruscamente
a causa di un processo
intentatogli, su istanza di
alcune associazioni islamiche
e antirazziste, per una
definizione sprezzante nei
confronti dell’Islam, che lo
scrittore aveva dato in una
intervista in occasione della
diffusione del suo romanzo
Plateforme (2001). Anche se
assolto nel merito, lo scrittore
è stato fatto oggetto di ostilità
e minacce (che gli sono valse,
anche prima degli eventi del
gennaio scorso, una vita sotto
scorta). Lascia Parigi e vive a
lungo in Irlanda e in Spagna.
Le sue vicende biografiche
entrano così a fare parte,
ancora più profondamente,
della sua opera, con raccolte
di riflessioni (La ricerca della
felicità) o in visionari racconti.
In Lanzarote Houellebecq fa
di se stesso il protagonista
della narrazione; ne La carta
e il territorio giunge
addirittura a immaginare e
descrivere il proprio
assassinio da parte di un
personaggio che ha tutta
l’aria di rappresentare le sue
ossessioni letterarie e umane.
L’influsso della fantascienza,
secondo un filone che risale a
Howard Phillips Lovecraft (al
quale egli ha dedicato anche
un saggio), è evidente nella
sua opera, così come
l’ascendente dei classici
ottocenteschi, che gli ispirano
accuratissime descrizioni, e
anche - a mio avviso - quello
di Albert Camus (il Camus de
L’étranger).
Nei suoi libri, ormai oggetto di
culto, vanno annoverati
anche componimenti poetici,
a ricordare che Houellebecq,
ora tornato (non si sa quanto
stabilmente) a Parigi, inizia la
sua carriera letteraria come
poeta e continua tutt’oggi
lungo questo filone artistico.
Nelle sue poesie più recenti si
può cogliere un ripensamento
delle sue tematiche
esistenziali e forse persino un
riavvicinamento alla
sensibilità religiosa. Anche
sotto questo profilo, dunque,
il protagonista di Soumission
esprime i tratti autobiografici
in fieri del suo
creatore.
Associazione Amici dei Musei Pavesi
L’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pavesi propone per il mese di aprile
le seguenti iniziative culturali:
SABATO 9 MAGGIO - Visita alla mostra “Il Palma. Una prima mondiale”
Bergamo - GAMeC e ai pittori coevi nell’Accademia Carrara
SABATO 16 MAGGIO - PERCORSI IN PAVIA ANTICA: Palazzo Mezzabarba
a cura di Jessica Maffei - Ritrovo in piazza Municipio, ore 10,30
VENERDÌ 22, SABATO 23, DOMENICA 24 MAGGIO - Visita a Trieste e dintorni
Informazioni presso la segreteria di Santa Maria Gualtieri il martedì e il giovedì
dalle ore 16.30 alle ore 18.00 - email: [email protected]
IL LIBRO
Il libro qui
presentato,
Soumission
(Flammarion
2015, o
Sottomissione,
nella buona
traduzione
italiana edita
da Bompiani)
ripete il suo
titolo dal significato letterale
della parola Islam.
Sottomissione morale e
sociale al volere di Allah, in
quel caso; sottomissione prima ancora che all’Islam - a
una realtà incombente e
annichilente, nel caso della
vicenda raccontata. È la
storia di un uomo e della sua
nazione, la Francia, a cavallo
tra il secondo e il terzo
decennio del secolo in cui
viviamo.
Il protagonista di
Sottimissione è, come in altri
romanzi di Houellebecq, un
uomo a cui il successo
professionale non ha portato
soddisfazioni durature e che
nella propria vita riconosce
essenzialmente un
susseguirsi di vuoti.
Professore universitario di
letteratura francese, François
(si può forse individuare un
intento allegorico nella scelta
del nome?) racconta la sua
vicenda umana in un mélange
di apatia, rassegnazione e
indeterminati sussulti di
rigenerazione destinati a
cadere nel nulla. La sua
vicenda umana si rapporta in
continuazione con la persona
e l’opera di Joris Karl
Huysmans, lo scrittore
simbolo del decadentismo
francese che, alla fine
dell’Ottocento, fece uscire il
romanzo dal solco del verismo
e del naturalismo con À
rebours. Il rapporto fra
François e Huysmans, fra lo
studioso e l’oggetto del suo
studio, è un tratto ricorrente
del volume e ripercorre in un
elaborato gioco di rimandi il
rapporto fra i due personaggi,
fra le rispettive opere e tra le
due società che essi
rappresentano.
All’inizio del romanzo si
descrive la vita del
protagonista, dedito agli
studi, al cibo, all’alcool e a
scostanti relazioni sessuali.
Prima studente di lettere alla
Sorbona, poi maître de
conference, grazie alla sua
lodatissima tesi su Huysmans
diviene professore in un’altra
Facoltà parigina. A un certo
punto della sua vita appare
Myriam, una giovane e
bellissima ragazza ebrea che
per un poco scuote François
dall’apatia esistenziale. Nel
frattempo lo scenario politico
e sociale si trasforma, senza
che nessuno sembri
accorgersene. Si assiste a una
lotta sotterranea tra i fautori
dell’identità francese e gli
islamici; l’esito del conflitto
viene suggerito ben presto
dalla crescita progressiva
(come nell’odierna Turchia di
Erdogan) del numero di
donne e anche di studentesse
velate. A questo fanno da
contorno avvenimenti strani,
ancora più inquietanti perché
lasciati in sordina da una
tacita e diffusa accettazione:
controlli degli accessi alle
aule da parte di islamici, pur
cortesissimi; la progressiva
emigrazione degli ebrei
(un’ipotesi che si limita ad
accentuare il processo oggi
realmente in corso in
Francia), compresa la focosa
amante del nostro professore.
Nel frattempo l’estrema destra
del Front National sembra
incitare e preparare la guerra
civile contro gli islamici, un
trauma ritenuto ormai
indispensabile per salvare il
potere politico e la laïcité
tramite l’uso dell’esercito,
ancora formato da giovani
identitari. La sinistra,
fiaccamente guidata da un
sempre più svuotato e
distante presidente Hollande,
persevera invece nei suoi
ritualismi democratici senza
più sostanza o credibilità.
A questi ultimi epigoni della
Quinta repubblica si
contrappone, come si è detto,
Mohammed Ben Abbes,
fautore di un modello
islamista dalle sembianze
moderate. Sotto le insegne
(Continua a pagina 8)
Pagina 8
(Continua da pagina 7)
dell’economia sociale di
mercato e di una transizione
ai valori tradizionali
dell’Islam, che promettono di
sanare anche le ferite aperte
del modello di vita occidentale
e secolarizzato, il partito di
Ben Abbes si afferma non
soltanto per effetto
dell’accresciuto numero di
elettori mussulmani, ma
anche grazie alla sostanziale
acquiescenza di una società
francese che non sembra più
intenzionata a perpetuare il
proprio modello culturale.
I mussulmani, fermati un
millennio prima da Carlo
Martello a Poitier, cercano la
loro rivincita. Non a caso il
protagonista, a un certo
punto, compie un viaggio
verso questa città, per
ritrovare gli ultimi brandelli
del cattolicesimo medioevale a
Rocamadour. François vive
questa esperienza come un
turista straniero che si rechi
in luoghi remoti e
culturalmente estranei; qui per ironia, o meglio per quello
che André Breton avrebbe
definito humour nero - attende
in un isolamento quasi
mistico l’annuncio della
vittoria del partito islamico. A
un certo punto sembra quasi
che, davanti alla Madonna
Nera, il suo animo venga
toccato dalla conversione, ma
è un tentativo inutile.
Malgrado i suoi desideri e i
suoi aneliti, tutto muore,
dentro di lui, come prima di
allora erano morte le relazioni
sentimentali e i rapporti
umani con amici e colleghi.
Nel frattempo gli islamisti
occupano silenziosamente le
periferie, per poi insediarsi,
nel pieno rispetto della
legalità formale, al potere.
All’elezione segue il silenzio.
Nulla sembra più accadere e,
plasticamente, pare che cali
una cortina di ferro tra il
presente e l’immediato
passato.
François coglie il primo segno
delle mutate condizioni
soltanto quando riceve dalla
sua Università una proposta
di congedo, in quanto non
mussulmano, con condizioni
favorevolissime. Tornato a
Parigi, si vede poi affidare la
cura dell’edizione critica
dell’opera di Huysmans per la
celebre collana Pléiades, che
gli viene dal nuovo rettore
della Sorbona. L’Università
erede della tradizione
cristiana e medievale ora è
stata simbolicamente
trasformata nella prima
università islamica di Francia
per volontà dello stesso Ben
Abbes. Il rettore Rédiger,
convertito all’Islam e fornito
perciò di una splendida casa
e di giovanissime mogli,
propone a François una
cattedra, con altissimo
stipendio e ogni altro benefit
di rango riconosciuto dalla
nuova religione della
République, con giovani mogli
annesse.
L’atto di sottomissione del
protagonista, all’esito di una
narrazione ancora più
sconvolgente proprio in
quanto condotta con distacco,
a questo punto non risulta
più essere né un gesto
spontaneo né un gesto
coartato. È solo un atto di
rassegnazione completa,
un’abdicazione liberatoria che
Numero centoquattro - Aprile 2015
tuttavia ha il prezzo della
rinuncia a se stessi. Una
rinuncia tanto meno gravosa,
in realtà, proprio in quanto
ciò che richiede è di lasciare
una esistenza poco o nulla
definita, slegata da affetti,
convinzioni morali o etiche.
Quello che il protagonista
ottiene in cambio della
rinuncia a intrattenere
relazioni irregolari con le
studentesse - che poi
puntualmente lo lasciavano
quando «incontravano
d’Oltralpe. Ma sono
osservazioni che non
scalfiscono l’importanza
allegorica dell’opera. L’Europa
fa da contorno alla vicenda ed
è pronta a seguire l’esempio
della sua prima nazione,
come già fece al tempo di
Napoleone (ed è, questa del
mutamento epocale che taglia
le radici con il passato,
un’idea che Houellebecq
aveva già esposto nel
preambolo a Le particelle
elementari). Ben Abbes,
l’applicazione di questo
secondo divieto non ha avuto
sempre vita facile. Il già
ricordato libro di Finkielkraut
spiega con ricchezza di
argomentazioni filosofiche e
sociali il significato centrale di
questi provvedimenti.
Dal punto di vista sociale, le
cose si fanno più sfumate. Sia
la moschea di Parigi, con il
suo storico rettore Danil
Boubaker, che il Conseil du
Culte Musulman hanno
condannato senza mezzi
qualcuno» - è una situazione
economicamente e
affettivamente solida; giovani
donne che si sentiranno
onorate di dividere il suo
letto; la stima della comunità
di riferimento; un aiuto, in
fondo, a costruire su basi
estrinseche quell’amore di sé
che fino a quel momento egli
si era negato o non era stato
capace di raggiungere. Gli si
offre, insomma, la chance
d’une deuxième vite, sans
grand rapport avec la
précédente. François
commenta, laconico: Je
n’aurais rien à regretter.
Così si conclude, con
l’abbandono dell’ultima larva
dell’ideale laico di vita, ridotto
a consumismo e solitudine, il
libro tutto centrato sulla
Francia e su Parigi. Una
visuale alla francese, come è
stato ben notato da Gian
Arturo Ferrari, come se
null’altro di veramente
importante esistesse al
mondo oltre alle peculiarità
della sfera etica e sociale
infatti, si intravede già come il
nuovo imperatore; fa entrare
nell’Unione Europea non solo
la Turchia ma anche Algeria,
Tunisia ed Egitto. È il futuro
di un’Euroarabia che fonde in
sé, nella visione dello scaltro
presidente, i fasti dell’Impero
Romano e la rivelazione
dell’Islam.
termini l’attacco a Charlie
Ebdo. Tuttavia la stampa
francese ha riportato molti
casi di alunni di origine
mussulmana che, nei temi e
nelle discussioni in classe,
hanno difeso apertamente la
strage e i suoi autori. Da un
lato si è trovato il coraggio, si
spera non effimero, di
stampare il numero
successivo del settimanale in
milioni di copie, di fronte a
una strage che ha assunto
una valenza censoria di una
violenza e di una gravità con
pochi precedenti nella storia.
Dall’altro lato, la
manifestazione indetta a
Parigi a favore della libertà e
della laicità rimarrà un
episodio importante, ma non
sembra avere indotto una
concreta volontà di rivisitare
le politiche delle nazioni
europee nei confronti dei
fenomeni di estremismo
religioso. La destra nazionale,
che con un gesto di debolezza
e divisione si è deciso di
lasciare fuori dalla
SOUMISSION
LA REALTÀ FRANCESE
E I VALORI DELL’EUROPA
Fin qui l’autore e il suo libro.
Ma che rapporto ha
quest’opera con la realtà
francese di oggi?
Se si assume come punto di
vista quello dell’ordinamento
giuridico, direi piuttosto poco.
La Francia è il primo Paese
che, nel 2004, ha proibito alle
studentesse islamiche di
portare il velo a scuola, così
come in generale altri “segni
religiosi ostensivi”. Nel 2010
ha inoltre posto in essere il
generale divieto di indossare
il velo integrale, anche se
manifestazione del “fronte
repubblicano”, si spinge
invece a concepire apertis
verbis la réimmigration, vale a
dire la pratica di rinviare nei
Paesi d’origine gli immigrati
non intenzionati a integrarsi
pienamente nel tessuto
sociale ospitante. Una
soluzione oggi adottata solo in
caso di comportamenti
socialmente gravi, nei
confronti di soggetti sospettati
di terrorismo o in caso di
persistenza nella coabitazione
poligamica.
La strage di Parigi ha avuto
un effetto di rilievo anche
negli ambienti liberal-radicali
che si richiamano al retaggio
dell’illuminismo, ponendo in
maggior rilievo anche presso
tali studiosi e opinionisti la
necessità di tutelare i valori
repubblicani a livello del
dibattito pubblico e della
coscienza sociale, pur senza
usare necessariamente leggi o
mezzi straordinari.
Nell’interpretazione di altri
autori, orientati a destra, la
strage e gli altri recenti
attentati sarebbero la prova
eclatante di una strategia di
destabilizzazione messa in
atto per assoggettare la
Francia e l’Occidente in
generale all’Islam.
Un’operazione colposamente
facilitata dalla politica
terzomondista e
autolesionista delle sinistre e
dei liberal-radicali, colpevoli
di un “tradimento” della
République e della svendita
dei suoi valori fondativi.
Soumission si è inserito con la
perentorietà dell’atto artistico
in questo dibattito.
Sia la stampa francese che
quella straniera, e italiana in
particolare, riconoscono ad
Houellebecq il merito di aver
messo il dito sulla piaga e di
aver ribadito una verità
evidente ma così scomoda da
venire spesso rimossa dalla
coscienza collettiva: che il
modello di civilisation
francese non funziona più,
nel senso che ha cessato di
comunicare i valori
occidentali e illuministici agli
immigrati, in particolare a
quelli di fede islamica.
Soprattutto nelle periferie,
dove queste comunità
formano ormai un corpo
sociale distinto e ostile (lo
dimostrano ormai dieci anni
di recrudescenze periodiche
delle sommosse nelle banlieu
con slogan islamisti), pronto
nelle sue frange più
estremizzanti a lanciarsi in
imprese all’estero o anche
all’interno del Paese.
Il volume di Houellebecq, in
questo senso, più che una
descrizione dell’inevitabile è
una provocazione bellissima e
salutare. È un messaggio
forte, che ci invita a
riappropriarci di valori, quelli
dei diritti umani e
fondamentali, che oggi
soffrono proprio a causa della
tendenza ad abusarne e a
darli per scontati. Per la loro
tutela, dunque, vi è bisogno
di un risveglio di
consapevolezza e della
testimonianza forte, anche
sul piano del diritto e delle
istituzioni, di chi in questi
valori intensamente crede, sia
egli di impostazione religiosa,
agnostica oppure atea.
Luciano Musselli