Tra il dire e il “fare” rispunta la Robin tax per le rinnovabili

Transcript

Tra il dire e il “fare” rispunta la Robin tax per le rinnovabili
 19-30/2013 4
Terra e Vita
[ PRIMO PIANO ]
n. 29-30/2013
[ POST INCENTIVI ] La disposizione, contenuta in un recente decreto, mette a rischio i nuovi investimenti
Tra il dire e il “fare” rispunta
la Robin tax per le rinnovabili
Estesa anche
[ DI TOMMASO BARBETTI ]
agli impianti
C
i eravamo lasciati in clima post elettorale, freschi di una Strategia
energetica nazionale appena
pubblicata dal governo Monti
ricca di buoni propositi energetici, chiedendoci che direzione
avrebbe assunto il nuovo governo in materia di energia.
In effetti la SEN, al dì la delle
questioni di metodo relative alla
condivisibilità politica di un documento pubblicato da un governo già dimissionario, non
sembrava affrontare in maniera
incisiva le tematiche principali
del settore energetico e delle
fonti rinnovabili, quali la crescita apparentemente incontrollata
delle bollette, la difficile convivenza tra fonti rinnovabili e fonti convenzionali in un mercato
elettrico sempre più gramo (siamo tornati ai consumi di un decennio fa: nel primo semestre
2013 la domanda è diminuita
del 3,9% rispetto all’anno precedente) o la direzione che dovrà
assumere in futuro la crescita
dell’energia verde, ricordando
che gli incentivi al fotovoltaico
sono già terminati e nel giro di
12 mesi termineranno anche
quelli per eolico, biomasse e
idroelettrico.
Essendo molte delle tematiche in gioco ormai indifferibili,
il gravoso compito si è poggiato
sulle spalle del governo Letta, il
cui sussulto principale è stato
fino ad oggi rappresentato dal
cosiddetto “decreto del fare”
(Dl. n. 69/2013 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”), contenente anche numerose disposizioni relative al
mondo dell’energia.
All’interno del “decreto del
fare” solo uno dei macro-temi
citati in precedenza (la riduzione delle bollette) trova spazio:
tuttavia, a dispetto dell’enfasi
con cui la disposizione è stata
comunicata, l’entità della riduzione che si va a disporre è piuttosto marginale, essendo pari a
550 milioni di euro all’anno o, in
altri termini, a poco meno di 15
euro/anno per famiglia. Curioso anche che tale risparmio sia
stato ottenuto eliminando una
porzione della componente A2
(che copre i costi del decomissioning nucleare) della bolletta
elettrica, che dal 2005 era stata
distratta dalla sua funzione originaria per confluire direttamente nelle casse dello Stato,
rappresentando così, a tutti gli
effetti, un’impropria tassazione
inserita nella bolletta elettrica.
Ma si sa, ogni tassa che
scompare riappare spesso sotto
mentite spoglie: ecco dunque
che, proprio per compensare il
mancato gettito derivante dalla
riduzione della A2, ricompare,
in forma assai più estesa, la Robin tax. Per chi si fosse perso le
puntate precedenti, si tratta di
un’addizionale del 10,5% all’Ires originariamente destinata,
alimentati a fer
con un fatturato
superiore
a 3 miliardi
tra gli altri, ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili
con un fatturato superiore a 25
milioni di euro (poi divenuti
10), attualmente sotto giudizio
di compatibilità costituzionale
per i propri profili discriminatori (colpisce infatti solo il settore
dell’energia).
Orbene, nell’attesa della sentenza della Consulta, si è ritenuto di dover estendere l’applicazione della Robin tax, che ora
colpirà tutti gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con un
fatturato superiore a 3 miliardi:
non saranno più solo i grandi
impianti a dover pagare dunque, ma anche iniziative di dimensioni più contenute, come
gli impianti eolici di taglia superiore a 10-12 MW, le centrali a
biomasse di potenza almeno pari a 2-3 MW, i parchi fotovoltaici
di potenza superiore ai 5-8 MW
(a seconda del tipo di incentivo
percepito). È altrettanto evidente come tale misura andrà a colpire non solo impianti che godono di incentivi sin troppo generosi, ma anche le nuove
iniziative, sviluppate sotto il
nuovo regime di incentivazione
con sussidi assai ridotti, in cui il
ritorno economico, ottenuto
mediante la ricerca di efficienza
sulla produzione e sull’approvvigionamento, verrà messo in
seria discussione.
Per il resto, salvo il tristemente consueto aumento delle
accise, una lodevole revisione
dell’incentivo CIP6 e un non
meglio chiarito proposito di ridurre gli incentivi sui bioloquidi, non c’è molto altro da segnalare nel “decreto del fare”.
E il futuro dei sistemi di incentivazione alle fonti rinnovabili? Non una parola, anche se
l’impressione, sempre più solida, è che la stagione degli incentivi sia ormai definitivamente
alle spalle.
E la guerra di posizione tra
rinnovabili e cicli combinati, o il
futuro della generazione distribuita? Niente, salvo qualche
estemporanea uscita del ministro dello Sviluppo economico,
sensibile forse più al tema della
crisi del termoelettrico che non a
quello del nuovo paradigma decentralizzato di produzione dell’energia.
Insomma, i temi caldi del settore rimangono per il momento
a sbollentare, in attesa di qualcuno che inizi a maneggiarli. Si
poteva “fare” di più?
n
L’autore è partner eLeMeNS
www.lmns.it