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Energia rinnovabile, in stallo decreto
sui nuovi incentivi. Produttori: “Da
governo totale disinteresse, settore a
rischio”
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Economia
Le aziende attendono dalla fine del 2014 l'aggiornamento delle
misure in favore delle fonti diverse dal fotovoltaico, dall'eolico
alla geotermia. Coordinamento Free: "Per colpa di questo ritardo
il 2015 è stato un anno flop come numeri di nuove installazioni".
E i posti di lavoro sono diminuiti dai 37mila del 2012 a 26mila
di Elena Veronelli | 1 febbraio 2016
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ECONOMIA & LOBBY
Rinnovabili, decreto su nuovi
incentivi in stallo Aziende contro
governo
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CRONACA
Codice abbonamento:
Il 2015 non è stato un anno brillante per le energie rinnovabili.
Da una parte i dati sulla nuova potenza installata e sulla produzione
sono in calo, dall’altra si è creato un vuoto normativo a causa del
ritardo del governo nell’approvare il decreto con i nuovi incentivi
alle fonti diverse dal fotovoltaico. Il provvedimento doveva essere
pronto a fine 2014 ma ancora non vede la luce. Gli operatori lo
aspettano da tempo, preoccupati degli effetti negativi che questo
vuoto sta producendo al settore: rallentamento della crescita del
numero degli impianti rinnovabili, aziende costrette a fuggire
all’estero o a chiudere e drastico calo degli occupati.
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Il lungo iter del decreto e lo stop di Bruxelles - I tre ministeri
coinvolti – Sviluppo economico, Ambiente e Politiche Agricole –
hanno trovato un accordo su una bozza solo a settembre 2015.
Dunque quasi un anno dopo. Il testo è stato poi trasmesso
all’Autorità per l’energia e alla Conferenza unificata che
hanno dato i loro pareri, in base ai quali il governo ha apportato
alcune modifiche. Ora è al vaglio della Commissione europea,
che deve certificare la compatibilità delle norme con le linee guida in
materia di aiuti di Stato. Indiscrezioni dicono però che Bruxelles
sarebbe orientata a chiedere modifiche, eventualità che
rallenterebbe ulteriormente l’iter del provvedimento. In generale, il
fine del decreto nelle intenzioni dell’esecutivo è sostenere la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (non
fotovoltaiche) attraverso la definizione di incentivi e di modalità di
accesso semplici. Il tutto per promuovere l’efficacia, l’efficienza e la
sostenibilità degli oneri di incentivazione nell’ambito degli
obiettivi della Strategia energetica nazionale.
I nodi del testo e i tempi troppo stretti - Ci sono però almeno
due macigni che incombono sulle buone intenzioni. Il primo è
relativo ai tempi: il provvedimento riguarda lo sviluppo di impianti
per gli anni 2015 e 2016. Anche se entrasse in vigore
immediatamente la sua validità sarebbe limitata a meno di 12 mesi.
“Un tale atteggiamento da parte delle istituzioni è scandaloso e
sintomatico del totale disinteresse per temi di notevole urgenza,
come l’ambiente e i cambiamenti climatici, che rende vana ogni
parola spesa in occasione della COP21 di Parigi”, commenta
l’Associazione Nazionale Energia Vento (Anev). Sulla stessa
linea il presidente di Anie Rinnovabili, Emilio Cremona: “E’
necessario che sia data subito la possibilità alle imprese delle
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rinnovabili di presentare progetti che possano accedere ai pochi
sistemi incentivanti rimasti. Oggi sono bloccati tutti quei progetti
che possono iscriversi ai registri o partecipare alle aste previste dal
nuovo decreto”.
Il 2015 “anno flop” per consumi di energia da fonti
Anie
Codice abbonamento:
vigore vige il vecchio metodo di calcolo con il rischio che il tetto di
spesa di 5,8 miliardi venga raggiunto prima (a fine anno mancavano
solo 33 milioni). In questo caso, gli incentivi verranno sospesi. Le
conseguenze pratiche, spiega Barbetti, in realtà sarebbero
trascurabili: non si fermerebbero gli incentivi ma ci potrebbe essere
un breve stop and go e si dovrebbe fare un aggiornamento al nuovo
decreto. Si andrebbe però a incidere sulla fiducia degli investitori.
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Senza decreto il tetto di spesa sarà raggiunto prima - Il
secondo problema, anch’esso legato ai tempi, riguarda più
specificatamente il tetto degli incentivi da assegnare: il testo lo fissa
a 5,8 miliardi di euro l’anno, introducendo al contempo un
nuovo metodo di calcolo che mette indietro al contatore. Ma, spiega
l’analista Tommaso Barbetti di eLeMeNS in una intervista
rilasciata a Qualenergia.it, finché il provvedimento non entra in
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rinnovabili - Sta di fatto che i numeri parlano chiaro e mostrano
come già il 2015 sia stato un anno nero per il settore. Dai dati Terna
relativi al 2015 emerge che in Italia, a fronte di una crescita dei
consumi di energia elettrica (la prima in tre anni), per le
rinnovabili c’è stato un calo del 9% rispetto al 2014. Ben oltre 11
miliardi di chilowattora in meno rispetto al 2014 sono stati generati
dalle fonti rinnovabili nel 2015. L’unica fonte con il segno più è il
fotovoltaico, che è aumentato dell’1,5%, dopo quattro anni di
decrescita. Per il Coordinamento Free il 2015 è stato quindi “un
anno flop”: “Da una parte il governo italiano, per bocca del ministro
Galletti, ha chiesto di limitare a 1,5 gradi (invece che a 2) l’aumento
massimo della temperatura terrestre, dall’altro gli imprenditori
eolici, geotermici, idroelettrici e da biomasse non possono
realizzare gli impianti che questi obiettivi contribuirebbero a
raggiungere”, dice l’associazione, “perché lo stesso esecutivo non
emana da oltre un anno un decreto interministeriale che definisce le
date per le aste competitive per la realizzazione di impianti da
rinnovabili”.
Quanto all’eolico, secondo i dati Anev sono solo 295 i megawatt di
nuova potenza installata in Italia nel 2015. Con gravi ripercussioni
sul mondo del lavoro. Le aziende del settore secondo
l’associazione sono infatti costrette a fuggire all’estero o a chiudere,
con il risultato che si è passati da circa 37mila occupati nel 2012 a
34mila nel 2013, 30mila nel 2014 e 26mila nel 2015.
di Elena Veronelli | 1 febbraio 2016
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pubblica più alta pro-capite:
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