Rassegna Stampa

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE INDUSTRIALI PRIVATI GAS E SERVIZI ENERGETICI
Rassegna stampa
10 Marzo 2015
Piazza Luigi di Savoia 22 – 20124 Milano – Tel. 027381079 – Fax 02733342 – [email protected] – www.assogas.it
Sommario
Sommario
IL SOLE 24 ORE .................................................................................................................................... 2
Altolà di Londra all'oligarca russo Fridman .................................................................................... 2
CORRIERE DELLA SERA ....................................................................................................................... 2
Bollette dell’elettricità e del gas più semplici e intuitive entro pochi mesi grazie alla
«Bolletta 2.0» ....................................................................................................................................... 3
ITALIA OGGI ........................................................................................................................................ 4
Gas , i conti in tilt ................................................................................................................................ 4
MF......................................................................................................................................................... 4
Ilva è in pole per i tubi del Tap ........................................................................................................ 4
Valotti: meno finanza per A2A ........................................................................................................ 5
EniMed punta sull'Isola ...................................................................................................................... 5
PHOTON – N.2 – FEBBRAIO 2015 ....................................................................................................... 6
Petrolio, meglio a buon mercato .................................................................................................... 6
STAFFETTA QUOTIDIANA .................................................................................................................... 7
L'interesse fa l'unione (energetica) ................................................................................................. 7
Robin Tax, dubbi e soluzioni Assonime sulla sentenza .................................................................. 7
Capacity market, contraria la Svizzera .......................................................................................... 8
Reverse charge Gdo, Confindustria ricorre alla Ue ..................................................................... 8
Acsm Agam: cala a 5,5 mln utile netto 2014 ................................................................................ 9
QUOTIDIANO ENERGIA ...................................................................................................................... 9
Ilva, Taranto Energia in amministrazione straordinaria ................................................................. 9
Reverse charge Gdo, Confindustria ricorre alla Ue ................................................................... 10
Assolombarda conclude la riorganizzazione .............................................................................. 10
Remit, registro operatori al via il 17 ............................................................................................... 10
Valotti (A2A): “Cavo Italia-Montenegro ancora strategico” ................................................... 11
Robin tax e bilanci 2014, i rilievi di Assomine ............................................................................... 11
South Stream, la Bulgaria va avanti .............................................................................................. 11
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Sommario
IL SOLE 24 ORE
Da scaramuccia a caso internazionale. Il governo britannico vuole bloccare l'acquisto dei
giacimenti del Mare del Nord: teme l'impatto delle sanzioni e l'espansione strategica di Mosca
Altolà di Londra all'oligarca russo Fridman
Leonardo Masiano
Viene da Leopoli, bastione del nazionalismo ucraino, terra ancora in odore di Polonia cara ai
cattolici. Forse è per questo che l'ebreo Mikhail Fridman, oligarca della prima ora, navigato
abbastanza per nascere con Eltsin e sbocciare con Putin, ha poco o nulla a che fare con le terre
dove batte con passione il cuore europeo dell'Ucraina. Business is business e lui il business preferisce
farlo da Mosca anche a costo di diventare involontario oggetto di un nuovo capitolo dell'eterno
grande gioco anglo-russo, lontano dagli scacchieri dell'Asia centrale, disteso ormai fra le acque
del Mare del Nord. La lite fra Mikhail Fridman e il governo britannico rischia di trasformarsi da
scaramuccia a caso internazionale, con Donwing Street schierata contro l'ultima creatura
dell'oligarca per tutelare il petrolio di casa. Pronta, soprattutto, a giocare d'anticipo nella certezza
che le cose, fra Mosca e il blocco occidentale, siano destinate a peggiorare con un'ulteriore
stretta alle sanzioni che potrebbero colpire energia e capitali privati. Il premier David Cameron lo
ha detto senza equivoci in un'intervista al Wall Street Journal. «La Russia non può permettersi - ha
scandito - di stracciare una parte importante delle regole internazionali continuando ad avere
accesso ai mercati internazionali, alla finanza internazionale, al sistema internazionale«. Il che vuole
dire: per Londra, Mosca è sul ciglio dell'abisso, l'attende un destino da pariah del mondo, non
troppo diverso da quello imposto all'Iran. Risposta dura, dunque, all'escalation ucraina e al paso
doble che il Cremlino continua a danzare fra i tavoli di Minsk e i cannoneggiamenti nel Donbass.
Le parole del primo ministro chiariscono i contorni di un contrasto complesso che incrocia
l'interesse economico e il bastone politico, nell'inestricabile intreccio anglo-russo. Tutto nasce dalla
holding Letter1 creata da Fridman con i miliardi incassati dalla vendita della sua quota in Tnk-Bp.
Target del nuovo veicolo sono asset delle telecomunicazioni e, sotto il cappello di L1Energy con
10miliardi di dollari di capitale a disposizione, asset dell'energia. A presiedere quest'ultima, l'oligarca
ha piazzato un Lord inglese. Non un qualsiasi Pari del Regno, ma Lord Browne, storico numero uno
di Bp e grande nemico di Fridman ai tempi di Tnk. Screzi del tutto risolti se il tycoon di Leopoli ha
voluto proprio l'ex boss di Bp alla testa della sua nuova impresa. Una scelta che implica la
necessità strategica di aver un solido network di contatti in Gran Bretagna come quelli che Lord
Browne può garantire. Un'esigenza che è divenuta ora un imperativo. Nel primo, significativo deal
L1Energy ha messo sul tavolo 5 miliardi di euro per rilevare dai tedeschi le attività di Rwe Dea, che
opera in gas e petrolio e che controlla decine di pozzi nelle acque britanniche del Mare del Nord.
Il niet questa volta lo ha pronunciato Londra pretendendo la vendita a terzi degli asset off shore. E
lo ha fatto per bocca del ministro dell'energia, Ed Davey, secco nel dare otto giorni a Mikhail
Fridman: entro metà della prossima settimana deve accettare di vendere o spiegare perché si
oppone. La reazione dell'oligarca è stata esplosiva con l'esplicita minaccia di trascinare il governo
inglese in causa. Londra giustifica sé stessa annunciando di temere che sanzioni prossime venture
sulla Russia possano bloccare la produzione, in una riedizione di quanto accaduto a Rhum, in Iran.
David Cameron, come abbiamo visto, è andato più in là facendo capire che essendo Londra
favorevole a una nuova stretta contro la Russia, si deve tutelare...da se stessa. Fonti raccolte dal
Financial Times vanno più là, denunciando il timore inglese dell'espansione russa in aree petrolifere
strategiche. In altre parole a muovere Londra non sarebbe solo la preoccupazione per l'impatto di
future sanzioni sull'operatività dei pozzi di Rwe-Dea (garantiscono il 4% della produzione di gas del
Regno), ma la paura di una campagna russa per fare incetta di asset dell'energia che la "caduta"
del barile rende più vulnerabili a possibili takeover. La vicenda non è il frutto di un'impuntatura di Ed
Davey, ma il prodotto di una decisione del National security council presieduto da David Cameron
e composto anche da rappresentanti della Difesa. Scelta strategica e di sicurezza nazionale,
quindi, nonostante mister Fridman sia un privato imprenditore e non la longa manus del Cremlino.
Ma queste "sottigliezze" rischiano di non trovare più spazio quando ritornano i fantasmi della guerra
fredda.
CORRIERE DELLA SERA
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Sommario
Luce e gas: le bollette cambiano dal 1° settembre
Bollette dell’elettricità e del gas più semplici e intuitive entro pochi mesi grazie alla «Bolletta 2.0»
Roberto Rizzo
Dal 1° settembre consumatori domestici e le piccole aziende riceveranno le nuove bollette e
potranno così comprendere in maniera chiara e immediata quanto costa loro l’energia che
consumano. Sedici associazioni di utenti temono un aumento delle bollette domestiche pari a
circa il 20% con l’abolizione del mercato tutelato senza prima stabilire regole e dare informazioni
chiare agli utenti. La decisione di introdurre la nuova bolletta è stata presa dall’Autorità per
l’energia per favorire la trasparenza nei confronti dei clienti e le modalità finali sono state
approvate lo scorso ottobre dopo un percorso di consultazione che ha coinvolto le imprese, i
consumatori e le loro associazioni. Grazie a questa iniziativa sarà anche più semplice confrontare
fra di loro le offerte dei venditori presenti sul mercato, visto che le regole per la realizzazione della
nuova bolletta si applicheranno allo stesso modo a tutte le aziende venditrici. Tra il momento della
definizione della nuova bolletta e l’obbligo del suo utilizzo sarà passato un lasso di tempo di quasi
un anno: questo per consentire ai fornitori di adeguarsi alle nuove norme. La tariffa elettrica non
aumenterà più progressivamente in base ai consumi. È questo, in sostanza, l’obiettivo cui vuole
arrivare l’Autorità per l’energia con un documento messo in consultazione e che propone una
rivoluzione delle bollette a partire da gennaio 2018. La bolletta conterrà un unico foglio su cui, per
mezzo di semplici diagrammi a colori e termini di facile comprensione, verranno mostrati gli
elementi essenziali di spesa e di fornitura dell’energia. Prima di tutto compariranno le informazioni
di base della fornitura energetica: la situazione dei pagamenti, i consumi, i dati anagrafici del
cliente e la spesa da pagare. Verrà poi mostrato in modo chiaro come è suddivisa la spesa in base
alle diverse voci. Nel caso della bolletta elettrica le voci saranno: la spesa per l’energia (l’attuale
«Servizi di vendita»), l’Iva, le imposte, la spesa per il trasporto dell’energia e la gestione del
contatore (l’attuale «Servizi di rete»), gli oneri di sistema (indicati in modo esplicito, mentre oggi
sono inclusi nei «Servizi di rete»). Negli oneri di sistema ricadono tra l’altro le sovvenzioni per le fonti
rinnovabili e la dismissione delle vecchie centrali nucleari. Sarà mostrato chiaramente il costo
medio unitario in euro/kWh (elettricità) o euro/metro cubo standard (gas) dell’energia acquistata
e il totale da pagare. Nella nuova bolletta il venditore dovrà esporre sia il totale dei consumi
indicato dal contatore, sia quanto consumato tra una lettura effettiva e l’altra. Per totale dei
consumi si intende il numero scritto sul contatore che rappresenta tutti i consumi fin dalla sua
installazione. Per un consumatore è importante avere entrambi i valori per verificare che i consumi
fatturati siano proprio quelli effettivi Quello delle letture è un tema strettamente legato alle
cosiddette «code di fatturazione», su cui l’Autorità probabilmente interverrà a breve per fare in
modo che quanto pagato dal cliente finale sia solo ed esclusivamente ciò che è stato
effettivamente consumato. Spesso, infatti, nelle bollette compare la voce «Consumo stimato», che
rappresenta il consumo stimato dal fornitore per il periodo che intercorre fra la data dell’ultima
lettura e la data di pagamento della fattura. l cliente che volesse una spiegazione più dettagliata
dei macro-costi potrà richiedere al suo fornitore, ad esempio tramite Internet, un quadro di
dettaglio. In questo modo si sposeranno due esigenze diverse: l’esigenza di chi vuole una bolletta
semplice da leggere e quella di chi desidera sapere in dettaglio quali sono le diverse voci che
compongono la bolletta (sono oltre 30 quelle della bolletta elettrica). L’Autorità per l’energia
pubblicherà un glossario contenente le definizioni dei principali termini utilizzati, mentre ai venditori
verrà chiesto di pubblicare una guida alla lettura sempre aggiornata che descriva in maniera
dettagliata le voci. Saranno più chiari anche i casi dei ricalcoli, cioè i conguagli, che verranno
mostrati in un apposito riquadro. La nuova bolletta potrà agevolare il consumatore che vuole
confrontare fra loro le offerte commerciali delle aziende sul mercato dell’energia, ma già oggi
l’Autorità per l’energia fornisce un valido supporto tramite il «TrovaOfferte», un servizio gratuito
disponibile sul sito dell’Autority. Il servizio richiede per prima cosa l’inserimento di una serie di dati,
come il Cap dell’utenza elettrica, il proprio consumo annuo, la tipologia di offerta alla quale si è
interessati. Si ottiene così una schermata che elenca il dettaglio delle offerte attive nella nostra
città e che rispondono alle caratteristiche da noi indicate. Si tratta di uno strumento utile per
iniziare a valutare le offerte, basato comunque su dati auto-dichiarati volontariamente dagli
operatori nella loro responsabilità. Successivamente, è quindi opportuno analizzare in dettaglio le
offerte commerciali prima di sottoscrivere un eventuale contratto.
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Sommario
ITALIA OGGI
Assonime precisa i riflessi dell'incostituzionalità
Gas , i conti in tilt
La Robin tax cade sui bilanci. Secondo una tesi: addizionale Ires anche per il 2015
Valerio Stroppa
La Robin tax manda in tilt i conti delle aziende del settore petrolifero ed energetico. Con
l'approvazione dei bilanci 2014 sempre più imminente, gli operatori non sanno come comportarsi
alla luce della dichiarazione di incostituzionalità del prelievo operata dalla Consulta con la
sentenza n. 10/2015. Il dubbio è se pagare o meno il saldo della Robin tax per il 2014. Secondo
un'interpretazione più rigorosa, l'addizionale Ires risulterebbe dovuta addirittura anche nel 2015. I
diversi orientamenti sono stati esaminati da Assonime nella circolare n. 5/2015, che chiede «un
tempestivo intervento dei competenti organi posto che nella generalità dei casi le imprese si
apprestano ad approvare il bilancio 2014». Lo scorso 11 febbraio, infatti, la Corte costituzionale ha
bocciato la Robin tax, introdotta dal dl n. 112/2008 a carico delle imprese del settore petrolifero ed
energetico con ricavi superiori a 3 milioni di euro e un reddito imponibile sopra i 300 mila euro (si
veda ItaliaOggi del 12 febbraio 2015). La decisione dei giudici delle leggi ha fatto salvi però i
rapporti pregressi. Una scelta dettata, oltre che dall'esigenza di certezza del diritto, anche dalla
salvaguardia dei conti pubblici, oggi garantita dall'articolo 81 della Costituzione. La declaratoria di
incostituzionalità ha effetto solo a partire dal 12 febbraio 2015, giorno successivo alla pubblicazione
della sentenza in Gazzetta Ufficiale. La dottrina, commentata da Assonime, propone tre diverse
soluzioni. Nella prima non si renderebbe dovuto il saldo della Robin tax per l'anno 2014, «ferma r i m
a n e n d o l'intangibilità dei versamenti in acconto effettuati per il 2014». La seconda ipotesi
contempla il versamento anche del saldo relativo al 2014, poiché «si tratta di un onere relativo a un
periodo d'imposta per il quale l'obbligazione tributaria risulta specificatasi nel presupposto e nel
quantum» (prima, quindi, della pronuncia di incostituzionalità). Secondo un'ulteriore tesi, infi ne, la
Robin tax sarebbe applicabile anche in relazione alle annualità per le quali ricorrano al 12 febbraio
2015 i relativi presupposti applicativi. In tal caso, le imprese pagherebbero anche quest'anno,
qualora nel 2014 si fossero verificate le condizioni di fatturato e reddito richieste dalla legge. A
prescindere dall'interpretazione prescelta, l'abrogazione della Robin tax pone pure un problema di
gestione delle eventuali eccedenze già maturate dai contribuenti. Poiché con l'abrogazione del
tributo non sarà più possibile la compensazione verticale (Robin tax su Robin tax), Assonime
auspica «che sia consentito ai contribuenti di utilizzare le eccedenze quanto meno in
compensazione con l'Ires, senza il limite quantitativo dei 700 mila euro o, rendendo ancor più
immediato lo smobilizzo del credito in esame, in compensazione anche con le altre imposte». Le
criticità sulla Robin tax sono però anche di natura contabile. Nel bilancio d'esercizio gli effetti
colpiscono le imposte anticipate o differite che sorgono a causa del temporaneo disallineamento
dei valori civilistici e fiscali. Senza la maggiorazione impositiva del 6,5% l'aliquota Ires torna alla
misura ordinaria (27,5%). Ma tale variazione, intervenuta nel periodo intercorrente tra la data di
chiusura dell'esercizio e quella di approvazione del bilancio, «pone un dubbio in merito
all'individuazione dell'aliquota di cui si deve tener conto ai fi ni dell'iscrizione delle citate poste
contabili (Dta e Dtl)», conclude Assonime. Un problema che, sottolinea la circolare, «sta suscitando
dubbi interpretativi anche presso le società di revisione».
MF
Ilva è in pole per i tubi del Tap
Francesco Colamartino
L'Ilva è ben posizionata per una maxicommessa da 450 milioni di euro, relativa al progetto Trans
Adriatic Pipeline (Tap). La società che lo gestisce, basata a Baar in Svizzera, ha confermato la
pubblicazione entro maggio dei primi due bandi di prequalificazione per la tratta sottomarina, che
dovrebbe attraversare l'Adriatico per 105 chilometri fino a Melendugno in Puglia, dove il gas
dell'Azerbaigian dovrebbe approdare alle reti di Snam Rete Gas. Il primo bando riguarda
progettazione, fornitura, costruzione e installazione della tratta sottomarina e include opere di
ingegneria civile su entrambi gli approdi, ispezione dei fondali e pre-collaudo. Interessata a questo
bando, secondo quanto anticipato da MF-Milano Finanza, sarebbe Saipem. Il secondo bando, in
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Sommario
tre lotti, riguarda la fornitura di tubi lineari e rivestimenti sottomarini. E qui, secondo quanto risulta a
MF-Milano Finanza, spunta fuori il nome dell'Ilva. L'acciaieria tarantina, fra i cui commissari c'è
anche Piero Gnudi, sarebbe pronta ad accaparrarsi non solo la commessa per i tubi offshore dei
tre lotti, ma anche quella per le condotte onshore dei tre lotti in Grecia e Albania. L'operazione,
secondo fonti vicine all'azienda, dovrebbe valere circa 450 milioni. Anche se fonti vicine al Tap
dicono che, in totale, ciascun lotto offshore dovrebbe valere 100-150 milioni, mentre i lotti onshore
dovrebbero aggirarsi intorno a 800 milioni. Il concorrente di Ilva più accreditato per ottenere la
commessa dovrebbe essere il gruppo franco-indiano Arcelor Mittal. Il Tap ha una compagine
azionaria tutta europea con Bp, Socar e Statoil, ciascuno con il 20% del capitale, Fluxys (grande
alleata di Snam) al 19%, Enagas al 16% e Axpo al 5%. Tra le priorità del consorzio c'è il possibile
raddoppio della capacità a 20 miliardi di metri cubi di gas l'anno entro il 2020. Dopo che la crisi in
Ucraina ha portato all'interruzione dei lavori per il gasdotto South Stream, la Commissione Ue ha
varato un nuovo piano energia che sottolinea l'importanza del Corridoio Sud. Il Tap, che
attraverserà Albania e Grecia prima di arrivare in Italia, ne rappresenta solo una parte. Si ricollega
infatti poi in Turchia al Tanap, controllato da Istanbul, e quindi all'Scp, che attraversa Georgia e
Azerbaigian fino al Mar Caspio.
Valotti: meno finanza per A2A
Maria Elena Zanini
L'incontro con la commissione Partecipate del Comune di Milano, in seduta congiunta ieri con la
commissione Bilancio, è stata l'occasione per il presidente di A2A Giovanni Valotti per fare il punto
sulle linee guida del piano industriale 2015-2019 che sarà approvato dal cda della multiutility il
prossimo 9 aprile. Il presidente ha parlato di una serie di obiettivi realistici e ambiziosi: «Nel nuovo
piano industriale prevediamo una redditività e un tasso di crescita costante e consistente nei
cinque anni. Ci sarà un aumento significativo degli investimenti, una riduzione del debito e un
rilancio della politica dei dividendi». Sul tema del debito è intervenuto anche l'amministratore
delegato di A2A, Valerio Camerano, il quale ha sottolineato che «nei nove mesi del 2014 i costi si
sono ridotti di 50 milioni rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente». Secondo Valotti il
prossimo sarà un piano di cambiamento, ma allo stesso tempo realistico: «Contiene la visione sul
futuro della società, il ponte che collega l'A2A di oggi a quella che diventerà in futuro». Soprattutto
sarà un piano con meno finanza, a parte quella funzionale «a fare industria e a riavvicinare
l'impresa al territorio». Sotto il profilo azionario Valotti ha rimarcato la necessità che l'azienda
lombarda continui a rimanere nelle mani degli enti pubblici, ma «vedremo in futuro in che modo
riusciremo a farlo, ragionando sulle quote». Al momento i Comuni di Milano e di Brescia detengono
insieme il 50% più due azioni della multiutility, dopo il recente collocamento del 5% sul mercato. Il
presidente ha anche parlato del Montenegro, ricordando che la società è in trattativa per
rinegoziare l'accordo per i prossimi cinque anni con Epcg, principale utility dei Balcani di cui A2A
detiene il 41,75%. La scadenza per decidere che cosa fare è il 31 marzo, ma molto probabilmente,
se non si troverà un accordo, ci sarà una proroga delle tempistiche. «Abbiamo posto alcune
condizioni chiare al Montenegro, che non ci ha detto no ma siamo consapevoli che si tratta di
condizioni impegnative. L'obiettivo per noi è che ci sia un ritorno dell'investimento».
Nei prossimi 4 anni previsto un investimento di 1,8 miliardi
EniMed punta sull'Isola
Presentato il piano di intervento. Per Ragusa 6 milioni per sette nuovi pozzi esplorativi e di ricerca di
gas. Si spera anche per indotto
Gianni Marotta
Nei prossimi 4 anni Eni investirà un miliardo 800 mila euro in Sicilia grazie al protocollo denominato
«Gela» firmato il 6 novembre dello scorso anno con il ministero dello Sviluppo economico e la
Regione siciliana. Attraverso la sua consociata EniMed, il colosso energetico sarà attivo sui territori
di Gela e Ragusa dove verranno effettuati gli investimenti. Mentre verranno razionalizzati in termini
di efficienza produttiva i giacimenti di gas localizzati nelle aree di Gagliano, in provincia di Enna, e
di Bronte, in provincia di Catania. Per il Ragusano in particolare, Enimed opererà con ben 7 nuovi
pozzi esplorativi e di ricerca di giacimenti di gas per i quali la società è già in possesso di tutte le
autorizzazioni e dei relativi permessi. Gli investimenti nel territorio ibleo per i nuovi pozzi di metano
sono quantificati in 6 milioni 200 mila euro sulla base del protocollo che Eni ha già messo a punto e
che è stato presentato nei giorni scorsi nella sede di Confindustria Ragusa dal presidente e
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Sommario
amministratore delegato di Enimed Sicilia, Massimo Barbieri. Un incontro al quale hanno
partecipato anche tanti rappresentanti delle aziende dell'indotto. Per Gela il piano previsto è
quello di riconvertire la raffineria di idrocarburi in una raffineria verde per la produzione di green
diesel, cioè biocarburante a elevata sostenibilità ambientale prodotto da olio vegetale. Alla
raffineria sarà affiancato un nuovo polo logistico per la distribuzione dei biocarburanti. Per quanto
concerne invece il metano, Enimed si è impegnata a realizzare uno studio di fattibilità per la
creazione di un'infrastruttura di stoccaggio e di trasporto di gas naturale liquido (gpl) e compresso
(cng) che potrebbe essere impiegata per i rifornimenti di mezzi marittimi e terrestri. Inoltre, l'azienda
realizzerà un impianto di produzione di lattici naturali con il conseguente sviluppo di una filiera
agricola per la coltivazione del guayule, la pianta vegetale dalla quale estrarre la gomma
naturale. Tutti questi interventi verranno realizzati grazie a un apposito Accordo di programma tra
Stato e Regione siciliana che sarà susseguente al riconoscimento di Gela come «area di crisi
industriale complessa», così come richiesto dallo stesso presidente della Regione, Rosario Crocetta.
Enimed effettua attività di ricerca e produzione di idrocarburi in tutta l'isola ed è titolare di 14
concessioni di coltivazione per complessivi 137 pozzi di cui 11 in terraferma e 3 su piattaforma in
mare collegati a otto impianti di trattamento olio e gas. Ogni anno riesce a estrarre 6,8 milioni di
barili di idrocarburi liquidi e gassosi. «Grazie a questo piano la società punta a mantenere immutati
gli attuali livelli occupazionali», ha detto Barbieri, «e vi saranno ricadute benefiche per l'intera
economia regionale». «A fronte di tali investimenti», ha dichiarato il presidente di Confindustria
Ragusa, Enzo Taverniti, «importanti potrebbero essere gli sviluppi economici e occupazionali anche
per l'indotto ragusano, e pertanto, su richiesta degli associati, e grazie alla disponibilità di Enimed,
abbiamo programmato per le prossime settimane un secondo incontro, durante il quale verrà
presentato il processo di qualifica e di accreditamento da seguire per diventare fornitori di Eni».
Nell'ultimo anno il valore complessivo delle royalties (ad aliquota 20%) ha sfiorato i 55 milioni di
euro, distribuiti tra Regione (18,3 milioni) e Comuni in cui ricadono le estrazioni (36,6 milioni). Ma con
i nuovi accordi presi a Roma la Regione dovrà accontentarsi di un'aliquota più bassa (10%) sulle
royalties con introiti più ridotti.
PHOTON – N.2 – FEBBRAIO 2015
Petrolio, meglio a buon mercato
Anne Kreutzmann, CEO PHOTON Publishing GmbH
A dire la verità, questa affermazione è difficile da condividere, per lo meno in prima battuta. Per
anni il settore delle rinnovabili ha pensato di poter competere col petrolio per via del fattore «Peak
oil», definito come il punto in cui l'estrazione di petrolio, che diviene sempre più raro, raggiunge il
suo massimo. Una volta raggiunto il picco, la sua scarsità dovrebbe logicamente portare
all'aumento dei prezzi, come anche del carbone e del gas naturale. Al netto di altri fattori
economici e geopolitici, l'energia derivante da queste risorse diventerebbe allora così cara da
aumentare la competitività delle rinnovabili. Questo non succederà. E se succedesse, sarebbe un
disastro per il clima. Cosa significano prezzi alti per il petrolio e il gas? Che i consumatori sono
disposti a spendere molto per i combustibili fossili, che le trivellazioni continuerebbero a lungo per
individuare nuovi giacimenti, e che queste resterebbero economicamente convenienti,
nonostante diventino sempre più care per via delle difficoltà tecniche. Questo scenario
porterebbe a estrarre e bruciare tutto il patrimonio di petrolio e gas del pianeta, scaricandone la
CO2 nell'atmosfera. Il cambiamento climatico non si ferma in questo modo. Se vogliono contribuire
a fermare il collasso ecologico, le rinnovabili devono trovare un'altra strada: devono diminuire di
prezzo, e il loro volume deve crescere in modo esponenziale. Quando il loro massiccio utilizzo sarà
in grado di spingere al ribasso il mercato globale del petrolio, del gas e del carbone, solo allora
l'estrazione si fermerà. Prezzi elevati per il fossile da una parte mostrano che le rinnovabili sono già
competitive, ma dall'altra certificano l'alta domanda di petrolio, di gas e di carbone, e giustificano
le estrazioni. Per questa ragione gli alti prezzi del petrolio non aiutano le rinnovabili, ma le
ostacolano. La competizione tra fossili e rinnovabili sarà vinta da queste ultime quando nessuno più
acquisterà le prime a basso prezzo, perché le rinnovabili avranno un prezzo ancora inferiore. Le
rinnovabili a basso prezzo, non le fossili alle stelle sono la speranza di preservare le risorse del
pianeta, preparando il terreno a uno storico cambio di paradigma. Quando le rinnovabili saranno
disponibili in abbondanza e a basso prezzo, i leader del pianeta «scaricheranno» i combustibili
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Sommario
fossili. In un primo momento questo potrebbe significare una tassa sulla CO2 che spinga i
combustibili tradizionali fuori dal sistema, ma si potrebbe arrivare anche a un divieto vero e proprio,
consentendo magari un utilizzo limitato per utilizzi industriali (ad esempio dell'industria chimica), a
condizione che i combustibili in questione siano utilizzati per intero prima di essere smaltiti, e che il
carbonio non sia più disperso nell'atmosfera. Proprio questo - la rapida e totale diminuzione delle
emissioni di CO2 - è l'obiettivo finale. Chi punta sull'aumento del prezzo del petrolio per vedere
l'affermazione delle rinnovabili, punta sul cavallo sbagliato. Un cavallo troppo lento.
Dimentichiamo spesso che limitare il riscaldamento globale a due gradi, un limite considerato
universalmente non valicabile, non ci esclude da conseguenze climatiche catastrofi che.
Semplicemente, gli scienziati del clima ci dicono che il collasso climatico sarebbe «piuttosto
improbabile». Alcuni scenari prevedono che rimarrebbe un buon 33 per cento di possibilità che
effetti catastrofi ci si verifichino anche rispettando il limite dei due gradi. Le conseguenze sono
note: anche un lieve aumento di temperatura potrebbe provocare effetti stravolgenti come lo
scarico di metano dal permafrost, che avrebbe un devastante impatto climatico: da quel
momento in poi non ci sarebbe più ritorno, e la temperatura continuerebbe a salire anche se tutte
e industrie del pianeta smettessero istantaneamente di emettere gas serra. Perseguire uno scenario
col 33 per cento di possibilità di collasso climatico è come giocare alla roulette russa con due
proiettili nella rivoltella. Per questo motivo le rinnovabili devono diventare ancora più economiche,
per competere non solo con prezzi del petrolio che in futuro potranno tornare elevati, ma anche
con quelli estremamente bassi di questi mesi (anche se pochi anni fa gli stessi prezzi sarebbero stati
definiti «piuttosto alti»).
STAFFETTA QUOTIDIANA
L'interesse fa l'unione (energetica)
La Svizzera chiede soluzioni "internazionali" sul mercato elettrico
Magari non sarà il più grosso ma tra gli ostacoli di rilievo incontrati in questi anni dall'integrazione
dei mercati energetici europei uno si chiama Svizzera. Un Paese fondamentale per l'energia del
Vecchio continente, sia per la posizione geografica di cerniera sia per il rilievo della sua produzione
elettrica, e nel contempo snodo problematico per la sua non appartenenza alla Ue, unita a una
certa difficoltà per i suoi vicini a istaurare un dialogo su diversi temi. L'Italia lo ha sperimentato su più
aspetti, dall'allocazione della capacità sui gasdotti, all'import elettrico, al market coupling, alle
garanzie di origine sull'energia rinnovabile (questione messa definitivamente fuori gioco nelle
scorse settimane dalla Corte Ue). L'essere la Svizzera “un mondo a sé” ha fatto spesso capolino tra i
motivi di rinvii e/o stalli decisionali. Suona quindi positivo che per la prima volta l'amministrazione
svizzera per l'energia, insieme all'intero arco delle imprese di settore elvetiche, abbiano deciso
spontaneamente di partecipare alla consultazione tedesca sulla riforma del mercato elettrico. Un
dibattito di rilievo non solo nazionale ma inevitabilmente anche europeo per l'ampiezza dei temi
trattati. Una decisione forse obbligata, considerato che, diversamente da altri casi, stavolta
l'evoluzione del market design immediatamente fuori dai confini svizzeri può avere conseguenze
dirette (anche negative) sul sistema e gli operatori del Paese. Che possono e vogliono giocare un
ruolo di primo piano, per dirne una, nell'esportazione di energia e servizi di flessibilità, e per i quali
può fare una bella differenza se nei maggiori mercati vicini c'è o no un capacity market, e di che
tipo. Problemi e aspirazioni del resto che hanno ben in mente diversi altri Paesi, sia favorevoli (Italia)
che contrari (Austria) ai meccanismi di capacità, e che guardano all'evoluzione futura del sistema
soppesando i potenziali vantaggi e svantaggi. Una delle conseguenze, non può che far piacere, è
che stavolta è Berna a auspicare una approccio condiviso e sovranazionale nelle scelte.
Robin Tax, dubbi e soluzioni Assonime sulla sentenza
Urgenti istruzioni Amministrazione finanziaria su bilanci 2014
Con una circolare del 6 marzo firmata dal direttore generale Stefano Micossi, l'Assonime
(l'associazione fra le società italiane per azioni) prende spunto dai dubbi di rilevante ordine
applicativo che la sentenza della Corte Costituzionale sulla Robin Tax sta sollevando tra gli associati
per illustrare le soluzioni interpretative che sono state prospettate, auspicando un tempestivo
intervento dei competenti organi posto che nella generalità dei casi le imprese si apprestano ad
approvare il bilancio 2014 e altre lo hanno già approvato. Partendo dalla questione dell'efficacia
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Sommario
temporale della sentenza sulla quale i dubbi riguardano non solo l'individuazione del momento a
decorrere del quale la Robin Tax non produce più alcun effetto sotto il profilo fiscale ma la natura
prettamente civilistica concernente la rilevazione della fiscalità differita. Dubbi sui quali l'Assonime
ha già sollecitato i competenti organi dell'Amministrazione finanziaria a fornire quanto prima
opportune istruzioni, se del caso anche in via normativa. Dubbi e interrogativi già manifestati
dall'avv. Livia Salvini alla Staffetta all'indomani della pubblicazione della sentenza
Capacity market, contraria la Svizzera
Posizione comune di governo e imprese sul green paper tedesco: sì a market coupling con
Germania e Italia, concorrenza alla pari tra strumenti di flessibilità
Le imprese elettriche, i gestori di rete e le istituzioni svizzere competenti in materia di energia sono
intervenute nel dibattito aperto dal governo della Germania sul futuro del suo mercato elettrico
tedesco. In un position paper comune (v. allegato) firmato dall'Ufficio Federale dell'Energia (Ufe),
dalla Commissione Federale dell'Elettricità (ElCom), dal gestore della rete nazionale Swissgrid e
dalle degli operatori delle reti di trasmissione Swisselectric, che comprende Axpo, Alpiq e BKW, e di
quelle di distribuzione Dsv, gli stakeholder elvetici hanno preso posizione tra le altre cose a favore di
una ottimizzazione dell'attuale modello di mercato energy only e contro la creazione di un
mercato della capacità. Si tratta della prima volta in cui attori svizzeri del mercato dell'energia
presentano una presa di posizione collettiva in risposta a una pianificazione del mercato
dell'energia elettrica di un Paese europeo, un contributo che i firmatari intendono più in generale
rivolto alla pianificazione del nuovo mercato europeo. “Per integrare al meglio, dal punto di vista
tecnico, economico e ambientale, la crescente produzione di energia eolica e solare nel mercato
europeo dell'energia elettrica, sono necessarie soluzioni internazionali senza misure che distorcano
il mercato”, scrivono gli svizzeri. I meccanismi di capacità, notano i firmatari, “presentano il rischio
di ulteriori distorsioni dei prezzi e di perdite in termini di benessere, con possibili ripercussioni anche
all'estero”. Al contrario un'ottimizzazione dei mercati energy only, opzione preferita anche dal
governo tedesco nel suo libro verde, ha il vantaggio di garantire una “formazione dei prezzi
efficiente a seconda delle carenze del mercato”. “Decisivi per il successo”, proseguono i firmatari,
sono invece i mercati aperti e il commercio internazionale che possono contribuire alla
sincronizzazione di offerta e domanda tra le diverse zone di prezzo grazie a condizioni di
produzione e consumo complementari”. “Un market coupling internazionale esteso alla Svizzera
potrebbe aumentare la liquidità dei mercati e quindi limitare posizioni dominanti sul mercato”.
Dovranno poi essere “prese in considerazione tutte le opzioni di flessibilità inclusi potenziamento
della rete e stoccaggio di calore (...) la pianificazione del mercato sia internazionale e priva di
discriminazioni in modo che tutte le opzioni di flessibilità siano disponibili in un regime di
concorrenza tecnologicamente neutrale e indipendente dalla posizione geografica”. In
quest'ottica le imprese e l'amministrazione elvetica evidenziano che “il parco di centrali elettriche
flessibile della Svizzera è perfettamente adatto per le sfide future poste a livello europeo e
soprattutto nella Germania meridionale. L'elevata capacità delle centrali svizzere ad
accumulazione con pompaggio può contribuire in maniera decisiva all'integrazione nel mercato
delle rinnovabili, ridurre i picchi di prezzo e aumentare la sicurezza. Il market coupling della
Germania con la Svizzera e l'Italia permetterebbe di accrescere ulteriormente l'efficienza e di
aumentare la liquidità sul mercato comune”. Infine, scrivono i firmatari, “la Svizzera deve essere
maggiormente coinvolta nell'elaborazione delle misure di garanzia di stabilità della rete in Europa:
la capacità di produzione svizzera di energia elettrica per coprire i picchi di carico è tale da
permettere alla Svizzera di offrire all'Europa una potenza flessibile nelle ore di maggior carico a
fronte di importazioni nei periodi di minor carico”.
Reverse charge Gdo, Confindustria ricorre alla Ue
Oggi Confindustria ha presentato ufficialmente alla Commissione europea una denuncia contro il
meccanismo del reverse charge per il versamento dell'Iva relativa alle forniture nei confronti di
supermercati, ipermercati e discount alimentari. La misura, ricorda Confindustria, è stata introdotta
con la Legge di Stabilità 2015, non è ancora operativa ma è al vaglio degli organi comunitari per
l'eventuale autorizzazione. Le imprese italiane “sono molto preoccupate – si legge in una nota di
viale dell'Astronomia - perché se la misura venisse autorizzata produrrebbe pesanti conseguenze
finanziarie per tutti i fornitori della Grande Distribuzione Organizzata, considerata la mole di crediti
Iva che matureranno”. Il sistema produttivo è già notevolmente esposto dagli altri meccanismi di
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reverse charge e di split payment introdotti con la Legge di stabilità: per cui è necessario
incrementare la soglia di compensazione dei crediti Iva fino a 1 milione di euro e assicurare fondi
adeguati per i rimborsi. L'Italia è nota per i tempi lunghi con cui effettua i rimborsi dei crediti Iva tanto da essere oggetto di una apposita procedura di infrazione – e il meccanismo di inversione
contabile rischia di acuire i ritardi nell'erogazione dei rimborsi, a scapito dell'effettiva neutralità del
funzionamento dell'imposta sul valore aggiunto, con effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e
sui loro piani di investimento futuri. Con la denuncia preventiva presentata oggi “Confindustria
vuole suonare un campanello d'allarme e segnalare alla Commissione europea le forti
preoccupazioni delle imprese per le conseguenze che la misura potrebbe provocare sul sistema
produttivo”.
Acsm Agam: cala a 5,5 mln utile netto 2014
La multiutility lombarda Acsm Agam ha chiuso il 2015 con ricavi totali pari a 220 milioni, in flessione
rispetto ai 260 del 2013, un Mol di 36,8 milioni che si confronta con i 44,9 milioni dell'esercizio
precedente e un utile netto in calo a 5,5 milioni (7,4 mln nel 2013). L'indebitamento finanziario netto
risulta in linea rispetto al 2013 e si attesta a 137,5 milioni (137,9 mln a fine 2013). Il Cda di Acsm
Agam proporrà all'assemblea degli azionisti la distribuzione di un dividendo lordo di 0,035 euro per
azione rispetto a 0,045 euro dell'esercizio precedente. L'attività Vendita Gas nel 2014 ha registrato
ricavi pari a 148 milioni in riduzione rispetto al 2013 (195,6 milioni di Euro) a seguito della significativa
flessione dei volumi venduti. I ricavi dell'attività Vendita e Trading Energia Elettrica sono stati pari a
15 milioni (13,2 milioni il valore riferito al 2013), grazie allo sviluppo dell'attività commerciale. I ricavi
della business unit Reti Gas ammontano a 38,8 milioni, in incremento dell' 8% rispetto al 2013, per
effetto della nuova gestione, iniziata dal mese di luglio 2013 delle reti di 14 Comuni appartenenti
alla Comunità Montana del Triangolo Lariano. La business unit Reti Idriche nel 2014 presenta ricavi
pari a 14,6 milioni, in aumento rispetto al valore registrato nel 2013 (14,3 mln) per effetto
principalmente di incrementi tariffari relativi alla distribuzione acqua nell'area di Como. L'attività
Cogenerazione e teleriscaldamento ha prodotto, nel 2014, ricavi per circa 17,8 milioni, in calo
rispetto al 2013, per la riduzione dei quantitativi di energia termica e di energia elettrica venduti. I
ricavi dell'attività Gestione Calore ammontano a 9,4 milioni in netta flessione rispetto al 2013. Nel
2014 i ricavi dell'attività Termovalorizzazione dei rifiuti (Ambiente) sono pari a 9,9 milioni (11,3 mln nel
2013). Infine l'attività dell'impianto di erogazione del metano per autotrazione ha registrato ricavi
per un importo pari a circa 0,9 milioni in decremento rispetto all'esercizio precedente (1,1 mln)
riconducibile ad un fermo impianto.
QUOTIDIANO ENERGIA
Ilva, Taranto Energia in amministrazione straordinaria
Il 6 luglio l’esame del passivo della società che possiede due centrali da 1.000 MW complessivi.
Intanto, sindacati all’attacco su Vado Ligure e San Filippo del Mela
Dopo la controllante Ilva, anche Taranto Energia finisce in amministrazione straordinaria. Il relativo
decreto Mse, approvato lo scorso 20 febbraio e pubblicato ieri in G.U., nomina gli stessi tre
commissari straordinari dell'Ilva, ossia Piero Gnudi, Corrado Carrubba e Enrico Laghi. Giovedì 5
marzo, intanto, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza, in conseguenza
"dell'impossibilità da parte di Taranto Energia di ottenere il pagamento degli ingenti crediti
concorsuali maturati nei confronti della controllante ed unica cliente". L'adunanza per l'esame del
passivo è fissata per il 6 luglio 2015. Taranto Energia controlla due centrali situate all'interno dello
stabilimento siderurgico Ilva: Cet2 (un turbogas da 480 MW) e Cet3 (Ccgt cogenerativo da 564
MW). Restando in tema di crisi aziendali, da segnalare le iniziative dei sindacati in merito alle
centrali Tirreno Power di Vado Ligure (QE 2/3) e Edipower di San Filippo del Mela. Nel primo caso,
Filctem-Cgil, Flaei-Cisl e Uiltec hanno scritto ai vertici della ex Genco e delle società controllanti
(GdfSuez Energia Italia, Sorgenia, Hera e Iren) chiedendo un "incontro urgente" finalizzato a definire
una posizione comune da portare al tavolo della Presidenza del Consiglio. Passando a San Filippo,
le tre sigle confederali hanno proclamato uno sciopero per venerdì 13 marzo, esprimendo anche
"forte preoccupazione" per il destino della centrale di Brindisi Nord, sempre di Edipower.
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Reverse charge Gdo, Confindustria ricorre alla Ue
Imprese preoccupate per gli effetti che potrebbe avere su liquidità e piano di investimenti
Confindustria ricorre ha presentato oggi una denuncia alla Commissione europea contro il
meccanismo del reverse charge per il versamento dell'Iva relativa alle forniture nei confronti di
supermercati, ipermercati e discount alimentari. La misura è stata introdotta con la Legge di
Stabilità 2015, non è ancora operativa ma è al vaglio degli organi comunitari per l'eventuale
autorizzazione. Le imprese italiane, sottolinea una nota, "sono molto preoccupate perché se la
misura venisse autorizzata produrrebbe pesanti conseguenze finanziarie per tutti i fornitori della
Grande distribuzione organizzata, considerata la mole di crediti Iva che matureranno". L'Italia,
continuano gli industriali, "è nota per i tempi lunghi con cui effettua i rimborsi dei crediti Iva - tanto
da essere oggetto di una apposita procedura di infrazione - e il meccanismo di inversione
contabile rischia di acuire i ritardi nell'erogazione dei rimborsi, a scapito dell'effettiva neutralità del
funzionamento dell'imposta sul valore aggiunto, con effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e
sui loro piani di investimento futuri". Il contrasto a ogni tipo di evasione fiscale "deve essere
perseguito con fermezza (…), tuttavia, l'introduzione di fattispecie di reverse charge ulteriori rispetto
alle ipotesi elencate dalla direttiva Iva deve essere valutata con estrema cautela e può essere
consentita - come prevede la normativa comunitaria - solo in presenza di rischi di frode
ampiamente documentati. Non è questo il caso delle forniture alla Grande distribuzione
organizzata". Dal 1° gennaio il meccanismo di reverse charge si applica anche alle operazioni
interne aventi a oggetto gas, energia elettrica e certificati.
Assolombarda conclude la riorganizzazione
La nuova articolazione in gruppi, sezioni e filiere
Assolombarda si riorganizza. Sull'onda del processo avviato dalla riforma Pesenti di Confindustria,
l'associazione (che rappresenta circa 5.000 imprese sul territorio regionale) ha completato la nuova
articolazione dei suoi diciotto gruppi merceologici in gruppi, sezioni e filiere. Il percorso è stato
avviato il 5 giugno 2014, quando l'Assemblea generale di Assolombarda ha approvato la
riorganizzazione. Ultima tappa le recenti assemblee elettive, tra il 25 gennaio e il 26 febbraio 2015,
che hanno definito le rappresentanze dei nuovi undici gruppi (a loro volta articolati in sezioni), attivi
già dopo questa fase elettiva. Tra gli altri, la presidenza del gruppo energia è andata a Giovanni
Milani, a.d. di Syndial. La riorganizzazione prevede infine delle filiere, pensate come aggregazioni
trasversali rispetto ai gruppi, formate da imprese che guardano allo stesso mercato. Attualmente
sono sei: oil & gas, agroalimentare, auto motive, life sciences, largo consumo, turismo. Secondo
Aldo Fumagalli Romario, vice presidente rapporti istituzionali, organizzazione e sviluppo di
Assolombarda "si tratta, di fatto, non solo di una riorganizzazione strutturale ma anche culturale.
Questa nuova struttura ha, infatti, il pregio di avvicinare ancora di più e meglio le imprese alla vita
associativa, valorizzando i momenti di rappresentanza, networking e business". Più nel dettaglio,
"l'appartenenza a un gruppo non sarà più solo dettata dall'applicazione contrattuale ma sarà
l'azienda, in base alle proprie necessità, a scegliere il gruppo del quale entrare a far parte. Dunque
un tassello importante del nostro Piano strategico per 'far volare Milano' attraverso le nostre
imprese", conclude Fumagalli Romario.
Remit, registro operatori al via il 17
La delibera dell’Autorità che recepisce il Regolamento Ue (in vista anche due seminari)
Partirà il 17 marzo prossimo il registro nazionale degli operatori di mercato previsto dal
Regolamento Ue n. 1227/2011. Lo ha stabilito l'Autorità per l'Energia tramite la delibera 86/2015 che
istituisce ufficialmente il registro, disponendo la sua integrazione con l'Anagrafica operatori e i suoi
successivi aggiornamenti a cura del direttore Osservatorio vigilanza e controlli. Al Registro devono
iscriversi tutti i soggetti che concludono sui mercati all'ingrosso dell'energia transazioni da segnalare
all'Acer ai sensi dell'articolo 8 del Remit. Come noto, il Regolamento Ue stabilisce regole per vietare
pratiche abusive capaci di influenzare i mercati dell'energia all'ingrosso e istituisce un monitoraggio
da parte dell'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori dell'energia (Acer) in collaborazione con
le autorità nazionali di regolamentazione. Il regolatore italiano ha anche organizzato due seminari
a Milano (il 26 marzo) e Roma (il 9 aprile) per informare gli operatori sulle modalità e sui tempi di
iscrizione al registro, sulle conseguenze della mancata iscrizione, nonché per fornire chiarimenti
sull'attuazione della disciplina Remit.
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Valotti (A2A): “Cavo Italia-Montenegro ancora strategico”
Il presidente torna sulla questione dopo le dichiarazioni di ieri
Il cavo tra Italia e Montenegro rimane strategico. A sottolinearlo è il presidente di A2A, Giovanni
Valotti, che ha voluto puntualizzare il senso delle dichiarazioni rilasciate ieri alla Commissione
partecipate del Comune di Milano. "Seppur in un contesto di mercato differente rispetto a quello
di qualche anno fa - ha sottolineato in una nota - la realizzazione dell'Interconnessione elettrica tra
Italia e Montenegro rimane di primaria importanza nella direzione di un mercato energetico
europeo sempre più ampio e concretamente integrato". In merito al cavo, va ricordato che
parlando di recente alla commissione Attività Produttive della Camera, anche il vice ministro dello
Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti ha ribadito la validità del progetto, malgrado il
probabile ritardo di 2 anni "con un rischio massimo fino a 3 anni" rispetto alla scadenza originaria
del 2017, in particolare per i problemi autorizzativi con la Croazia. Per finanziare l'opera, Terna ha
deciso di ricorrere alla procedura Interconnector, sondando anche la possibilità di ottenere
finanziamenti Ue.
Robin tax e bilanci 2014, i rilievi di Assomine
Dopo la sentenza della Consulta tre le strade per acconti e saldi dovuti dalle imprese
"La declaratoria di incostituzionalità della Robin Hood tax sta sollevando non pochi dubbi di
rilevante ordine applicativo" e dunque si chiede "un tempestivo intervento dei competenti organi",
visto che "nella generalità dei casi le imprese - petrolifere ed energetiche - si apprestano ad
approvare il bilancio 2014". A spiegarlo è Assomine (associazione fra le società italiane per azioni),
attraverso la circolare 5/2015 relativa alla sentenza della Corte costituzionale che, come ormai
noto, non è retroattiva ma ha effetto dal 12 febbraio (giorno successivo alla pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale). Proprio su questo aspetto Assomine pone dei dubbi "nell'attuazione in concreto
di questa decorrenza sia di ordine fiscale - relativi all'individuazione del momento a decorrere dal
quale la tassa non produce più alcun effetto - sia di natura prettamente civilistica concernenti la
rilevazione della fiscalità differita". Nel primo caso sono state prospettate tre diverse soluzioni
interpretative della sentenza. La prima opzione è che gli operatori non debbano versare il saldo sul
2014 della tassa, ma senza poter vantare crediti per gli acconti, poiché "la declaratoria di
incostituzionalità impedisce comunque che la norma cancellata dall'ordinamento possa
continuare ad essere applicata dopo tale pronuncia". Quindi, "dovrebbe porre nel nulla tutti gli
adempimenti relativi alla tassa che si manifesteranno successivamente al 12 febbraio 2015". La
seconda tesi, invece, intende dovuto anche il saldo della Robin tax relativo al 2014 perché,
secondo questa interpretazione, "la declaratoria di incostituzionalità non produce alcun effetto in
ordine agli adempimenti relativi ai periodi d'imposta chiusi anteriormente al 12 febbraio e ciò a
prescindere dal comportamento tenuto al riguardo dai contribuenti". In ultimo l'opzione peggiore
per i contribuenti. La tassa "si renderebbe dovuta in relazione ai periodi d'imposta per i quali
ricorrano al 12 febbraio 2015 i relativi presupposti applicativi". In particolare, tenuto conto che la
Robin tax colpiva i soggetti che operavano nel settore petrolifero ed energetico, "qualora nel
periodo d'imposta precedente avessero conseguito un volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro
e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro, secondo quest'ultima tesi la tassa risulterebbe
dovuta anche per il 2015 qualora ricorrano nel 2014 i citati presupposti applicativi". Infine la
circolare ricorda come ci siano problemi sulla gestione delle eventuali eccedenze già maturate
dai contribuenti: non potendo compensarle con la tassa abrogata, Assomine propone di farlo
almeno con l'Ires.
South Stream, la Bulgaria va avanti
Gara per la sezione offshore del gasdotto
Apparentemente incurante della cancellazione del progetto South Stream decisa dalla Russia lo
scorso dicembre, nonché del fermo richiamo dell'Unione europea ai Paesi che hanno firmato con
Mosca gli accordi intergovernativi per il gasdotto, il ministero dello Sviluppo regionale di Sofia ha
lanciato una gara per la sezione offshore della condotta nelle acque territoriali bulgare.
Il bando precisa che la gara si riferisce alla preparazione di una metodologia che servirà a
determinare le compensazioni ai proprietari dei terreni e alle popolazioni locali dell'area di Pasha
Dere, punto di approdo previsto del South Stream nei pressi di Varna. Le offerte dovranno essere
presentate entro il prossimo 9 aprile.
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