la peste a quinzano

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la peste a quinzano
[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
LA PESTE A QUINZANO
relatrice: Rita Scaglia - Scuola Elementare “ Alessandro Manzoni”
Quinzano d’Oglio (Bs)
Motivazioni
L’inizio del lavoro di ricerca su documenti locali è scaturito, innanzitutto, dal mio personale
interesse per la storia e per l’archeologia e, successivamente, dalla partecipazione al corso di
didattica del territorio organizzato dal CSA di Brescia nell’anno scolastico 2003\2004.
Si trattava, per noi insegnanti di vari ordini di scuola, di individuare alcuni filoni di ricerca storica
da poter essere proposti a livello didattico.
Per Quinzano ho pensato che si poteva partire con un argomento non ancora setacciato dagli storici
locali, cioè l’epidemia di peste del 1630.
E’ un tema non legato ad un determinato ambiente, ma è fruibile anche per altri ambiti territoriali
poiché in tanti paesi della bassa esistono chiesette o cappelle che ricordano i morti della peste del
1630 ( Gavatino ad Alfianello, San Pietro a Verolavecchia…). La Chiesetta dei Morti abbandonati
sorge a poca distanza dalla scuola, è meta di passeggiate a breve raggio e la via che vi conduce si
chiama “Morti del Lazzaretto”. All’interno della cappella sono esposte in una teca dei resti di
scheletri che attirano la curiosità dei bambini. La curiosità di capire gli avvenimenti e le
trasformazioni avvenuti nel territorio in un determinato tempo, facendo leva sulla curiosità un po’ “
noir ”, ha spinto insegnanti e bambini a porsi le domande fondamentali per una ricerca di
significato : chi? dove? come? quando? perché?
Parlo di “insegnanti e bambini” perché ritengo che affrontare un tema storico partendo dal territorio
metta in gioco anche la competenza dell’insegnante a “imparare con” i propri alunni, a costruire
insieme un tratto di “conoscenza condivisa”.
“L’insegnante deve prendere coscienza che il territorio non è interessante perché è vicino,
l’interesse si costruisce, si crea; non è semplice, anzi è complesso perché l’esperienza stessa
dell’uomo è complessa, va scelta come punto di partenza e va organizzata; si possono trovare una
quantità notevole di contenuti ai quali attribuire significato, di concetti per organizzare la
molteplicità dei dati; si devono proporre esperienze di lavoro che abbiano un senso”
E’ stato un lavoro di tipo modulare che si è protratto sul lungo periodo (1348-1630) ed è stato
affrontato con un approccio multidisciplinare.
Indicazioni didattiche
Il lavoro si è protratto per circa tre mesi ed ha coinvolto le insegnanti del modulo per la parte
relativa a lingua italiana, educazione all’immagine, scienze e religione.
Dal punto di vista dell’organizzazione e della realizazzione del progetto occorre sottolineare che i
bambini, fin dalla prima classe, lavorano con la metodologia del Cooperative Learning e quindi le
proposte didattiche sono rivolte ai gruppi.
E’ stato importante utilizzare gli strumenti informatici (Internet) per la ricerca di informazioni di
carattere scientifico, es. sito americano di Atlanta per le malattie infettive ( www.cdc.gov ) per
avere informazioni e dati recenti sulla diffusione della peste oggi, sui farmaci che la possono curare,
sulla prevenzione da attuare. Utilizzando il motore di ricerca Google abbiamo trovato spunti per le
fonti a livello italiano sulle pagine web dell’istituto tecnico Pacinotti di Mestre
(www.itispacinotti.ve.it) , sono state fatte ricerche nel campo della storia della medicina per
ricavare semplici informazioni sull’uso di determinati composti galenici.
Ci siamo avvalsi della consulenza indiretta di studiosi locali che fanno riferimento al Gruppo
Archeologico Fiume Oglio (GAFO) di Quinzano d’Oglio e a Terra & Civiltà con sede a
Verolavecchia, perché abbiamo tratto parecchie informazioni dagli articoli di loro pubblicazione.
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Progetto
1) Uscita sul territorio e visita alla chiesetta dei Morti Abbandonati
2) Osservazione dell’edificio, ricerca di informazioni indirette e dirette (lapidi, iscrizioni,
affreschi, resti)
3) Problematizzazione ed elaborazione di ipotesi:
- quale distanza dal centro abitato oggi \ ieri?
- che cos’era il lazzaretto? Dove sorgeva? A cosa serviva?
4) Realizzazione di fotografie digitali
5) Ricerca e studio di carte topografiche antiche per capire fin dove arrivava il centro abitato
6) Lettura di una fonte storica tratta da uno scrittore medico quinzanese G. Planerio
“Descrizione della peste del 1529”
7) Analisi della fonte, discussione,individuazione di elementi veri, verosimili e fantasiosi.
8) Estrapolazione delle notizie principali : cause, tempo del contagio, comportamento degli
uomini e degli animali, conseguenze
9) Rappresentazione tramite disegno
10) Confronto con altre fonti : la peste nei Promessi Sposi: il lazzaretto, il contagio di Don
Rodrigo, la madre di Cecilia; alcuni consigli del medico bolognese T. Del Garbo
nell’epidemia del 1348 a Bologna; gli ordinamenti della città di Pistoia del 1348 per evitare
il diffondersi del contagio;
11) Osservazione di opere pittoriche e scultoree presenti nelle chiese del paese:
- pala dell’altare di Sant’Anna nella parrocchiale, realizzato come ex voto per la fine della peste
del 1630 analisi degli elementi del territorio presenti ed oggi mancanti(Mulino della porta e
porta di accesso al castello)
- dipinto nella chiesa di San Giuseppe raffigurante il paese visto dal campanile del convento dei
frati zoccolanti, distrutto nel 1810 dai francesi: confronto con la carta topografica attuale e
rilevazione elementi tutt’ora presenti per capire l’estensione del paese
- la statua lignea di San Rocco nella chiesa omonima: analisi dell’abbigliamento tipico del
pellegrino (mantella corta, bastone, bisaccia, conchiglia); intervista al curato sul culto d San
Rocco, protettore degli appestati
12)Analisi e discussione sulle pratiche religiose (processioni, messe per l’intercessione, ecc.) e
l’assembramento della gente come una delle cause della diffusione della malattia
13)Lettura ed analisi dei verbali del Consiglio Comunale di Quinzano del 1630: la gestione
dell’emergenza sanitaria da parte dei Deputati alla Sanità
14)Ricerca di ipotesi sull’origine della peste: dai documenti del tempo agli studi moderni : il
batterio Yersinia pestis
15)Le malattie contagiose di oggi: l’aids (conosciuta come la peste del 2000), la febbre
emorragica; collegamento interdisciplinare con scienze riguardo alla prevenzione delle malattie;
conoscenza dei tre tipi di peste : polmonare, setticemica e bubbonica, sintomi, cure, diffusione
nel mondo.
16)Sintesi generale delle informazioni e costruzione di un quadro sinottico a mappa concettuale
17)Lavoro di costruzione e revisione dei testi; acquisizione digitale dei disegni; realizzazione
dell’ipertesto ( presentazione Power Point)
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Attività proposte
Laboratorio polisensoriale dello “Speziale”: traendo spunto dalle
indicazioni del medico T. Del Garbo del 1348 i bambini hanno portato
a scuola tutte le spezie ed erbe aromatiche recuperabili ed alcuni pestelli
Hanno toccato, guardato, annusato, assaggiato le spezie come il
chiodo di garofano, la noce moscata, il pepe; hanno poi pestato varie
spezie e creato alcuni miscugli (attenzione ai bambini allergici).
(A lato : medico al tempo della peste del 1630: nella maschera a forma
di becco venivano introdotte spezie ed erbe aromatiche)
Laboratorio di Paleografia: sono state effettuate delle fotocopie, poi
ingrandite in formato A3 del verbale del 7 aprile 1630. Ogni gruppo,
munito di lente di ingrandimento, doveva cercare di decifrare alcune
parole
E’ interessante far notare l’uso delle abbreviazioni e delle sigle per
velocizzare la verbalizzazione della seduta da parte del notaio
(segretario comunale). È opportuno far rilevare che la lingua non è
statica, ma subisce dei cambiamenti nel tempo: analisi della diversa
grafia di certe parole ( per mancanza o abbondanza di doppie, assenza di apostrofo, di accento…)
Laboratorio della carta e della scrittura : è un laboratorio progettato, ma che non è stato
realizzato per problemi di tempo, poiché è stata data la precedenza al laboratorio di informatica.
Innanzitutto per creare della carta mettere in ammollo con acqua della carta igienica che si sfalda e
si riduce in poltiglia facilmente.Successivamente prendere la pasta e metterla su di una rete
metallica per farla sgocciolare, poi pressarla con un mattarello e lasciarla asciugare.La carta così
ottenuta è molto porosa e poco resistente: gli antichi maestri cartai la immergevano in colla di
animale per garantirne la resistenza alle piegature e per evitare l’assorbimento dell’inchiostro.
Gli antichi scrivani usavano la penna
d’oca, affilandone la punta con un temperino.
Si può provare a recuperare qualche penna ed affilando e tagliando verticalmente la punta, come
si vede nei pennini delle stilografiche e scrivere qualche parola.Il bambino può facilmente rendersi
conto della difficoltà nel mantenere una scrittura continua e senza macchie di inchiostro.Nei registri
da me visionati in questi mesi si vede chiaramente il marchio delle cartiere dove venivano prodotti
i vari fogli: se si osservano in controluce si vede la filigrana, un particolare disegno ed anche i segni
dei fili di rame verticali ed orizzontali che formavano la maglia metallica ( filoni e vergelle).
Laboratorio di informatica: è il laboratorio di routine del nostro modo di lavorare, poiché come
modulo abbiamo fatto la scelta dell’adozione alternativa dei libri di testo e quindi è prassi stampare
un
fascicolo
o
preparare
un
cd
rom
al
termine
di
un
progetto.
E’ stato realizzato per tale presentazione lo story board; i bambini hanno lavorato in coppia al
computer completando una- due diapositive per gruppo
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
MATERIALI UTILIZZATI (editi ed inediti)
Analisi dei verbali del Consiglio Comunale degli anni 1628-1630
Il Consiglio comunale di Quinzano d’Oglio, già negli anni 1628-29, si era preoccupato di
preservare la salvezza della propria comunità non solo dalla peste, ma anche dalle scorrerie dei
soldati mercenari che in quel tempo portavano distruzione e saccheggio nei paesi della provincia.
La peste, come nelle invocazioni religiose ( A bello, a fame, a peste libera nos Domine) di solito
non
arrivava
da
sola,
ma
era
preceduta
da
carestia
e
da
guerra.
Una lapide in cotto alla cappella dice:
“QVI FAME, QVI BELLO
QVI TANDEM A PESTE
FUERE / AEDICULAM
GRATI COMPOSVERE
DEO / AC MEMORES
CARORVM, QVORUM HIC
OSSA [quiescunt] /
HAC PIETATE COLVNT,
QV°S COLVERE [PR]IVS/
MILLE ET SEXCENTENO
TERDENO AT[que] [teru]NO
VRBANO OCT[avo]
MVNUS AGENTE
PETRI – 1633”
( testo e traduzione tratta dall’articolo di T. Casanova “ Nuove prospettive per la storia locale”:
Diamo la traduzione dei versi, dal Gandini attribuiti ai colti sacerdoti fratelli Manenti:
“Coloro che alla fame, alla guerra e infine alla peste sono scampati, riconoscenti hanno edificato
questa santella in onore di Dio; e ricordando i loro cari, le cui ossa qui riposano, onorano con questo
atto di pietà coloro che da vivi hanno onorato. Nell’anno 1633, sotto il pontificato di Urbano VIII”.)
Leggiam, inoltre, negli atti del Consiglio Comunale del 25 settembre 1629:
“Essendo necessario per comando publico et anco per proprio nostro interesse| far fortificationi
per potersi diffendere da ogni improuiso| assalto di inimici massime essendosi approssimate a
questi confini| gente straniere. Percio l’andera parte che siano eletti huomini| n° dieci del corpo di
questo Consiglio li quali preser suffi|ciente n° di guastatori et operarij a servar tutte le bocche|
delle contrate a torno il Castello…”
Nel verbale del 29 novembre 1628 si intuisce che il clima sociale nel paese si stava deteriorando
poiché i poveri erano angariati dal dazio sulla macina del grano.
Il Consiglio comunale decide allora di far distribuire il miglio, che rischiava di andare a male, del
Sacro Monte di Pietà, un organismo laico, gestito dal Comune per venire incontro alle fasce sociali
più deboli nei periodi di carestia.
Nei momenti di emergenza, come in caso di attacco nemico o di malattia contagiosa, i consiglieri
dovevano deliberare velocemente senza convocare il consiglio:
“…Et per che nelle presenti turbolenze e maneggi d’arme occorre molte volte alli consoli
deliberar improvisamente molte cose e far delle spese che non si può radunar il consiglio speciale
che vengano poi detti huomini ripresi e rimproverati.Perciò l’andera parte che sia datta authorità
alli sindici e consoli presenti et a quelli che di tempo in tempo saranno di deliberar quel tanto li
parera utile a questo publico spendere anco del denaro di questa comunità ne bisogni(…) per sino
alla summa di scudi quaranta.” ( Consiglio dell’11 ottobre 1629)
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
I consiglieri comunali addetti al compito di “supervisori sanitari”erano chiamati Deputati alla
Sanità e non erano nominati con carattere di stabilità.
Si provvedeva infatti alla loro nomina volta per volta, in occasione della necessità del momento:
in pratica, quando si manifestava o si temeva che potesse manifestarsi la peste.
“Et nel presente Conssiglio: è sta proposto di far eletione. di doi Deputati. alla sanita per | conseruare
questa Terra Illesa da mal contagioso però chi | uole che sij fatta detta: eletione. metti in bianca, et chi non |
uole metti in negra dandoli però liberta à quelli che | saranno eletti di fare tutto quello che à loro
piaceranno, | et parerano esser il meglio per saluezza di questa Terra | quali Deputati. hanno osato prima: |
[...] ||[c. 51rv]
Et sono sta eletti l’Infrascritti per il mese corente per quindeci | giorni - quali sono sta estratti à sorte - quali
sono utsupra. |
Don. Alberto Guadagno
Don. Scipione Basello
et per altri quindeci giorni
(Consiglio comunale del 29 giugno 1630)
Don. Gabriel Sora
Don. Giouanni: Battista Grena
Si provvedeva allora ad istituire dei lazzaretti per l'
isolamento degli ammalati, a reclutare il
personale necessario per il loro funzionamento, ed a porre un servizio di guardia alle porte cittadine
per controllare se coloro che volevano entrare provenissero da territori non infetti, come doveva
essere documentato da una "fede di sanità" rilasciata dal luogo d'
origine.
In prossimità delle porte si trovava un addetto a fare le fede cioè alla compilazione delle "fedi di
sanità" (certificazioni), per le persone e per le merci che dovevano uscire di città, ed al controllo di
questi documenti presentati da chi voleva entrare.
Le merci, introdotte venivano "purgate", ossia disinfettate, con metodi empirici - ovviamente,
mancando in quei tempi le cognizioni batteriologiche, non si poteva eseguire una disinfezione
scientificamente impostata - ed analogo trattamento veniva riservato alle lettere, a mezzo di
"profumi", fumigagioni con sostanze varie, spesso contenenti zolfo. Per ottenere la disinfezione
delle lettere anche all'
interno, senza violare con la loro apertura il segreto epistolare, si provvedeva
con appositi arnesi con punte di ferro a praticare vari buchi, che dovevano permettere a ai profumi
di penetrare.
“Et perche è necessario serrar la Terra accio siamo preseruati | dal mal contagioso et metter li rastelli nelle
strade | publice, et metterli una bona guarda conforme li | ordini: delli Illustrissimi: et Eccellentissimi:
SSignori: Rettori di Brescia et insieme | delli Molto: Illustri: Deputati: della sanita per tanto è statto
proposto | di far serar in tutto, et per tutto eccetuato la guarda | delli Guerini, et quella di Santa: Maria et
quella della rassega | et à Santo: Roccho, ma in queste contrate sudette: si faccino mettere | li rastelli et
non lasciar passar alcuno: se non hauera | la fede authentica ||
E piu è statto proposto di far eletione: di doi Deputati: | alla Sanita et furno elletti Messer Dominico
Castelnouo | et Don. Alberto Guadagno. |
E piu è statto proposto di uendere della mestura per | pagar molti debiti che ui sono del Comune,
et cosi chi | uole che sij uenduta metti in bianca, et chi | non uole metti in negra dando liberta alli
spettabili: | Sindici di uenderla tutto quello che potra et tutto | quello che detti: spettabili: Sindici
faranno. questo Consiglio | l’hauera per ratho e’ fermo la parte fù presa a tutte balle ||”
(Consiglio comunale del 7aprile 1630)
E’ possibile farsi un’idea di cosa fossero i rastelli vedendo un dipinto conservato nella chiesa di
San Giuseppe a Quinzano, in cui si individuano chiaramente le principali chiese e le relative
contrade.
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
La terminologia per indicare questi
funzionari era molto varia: "Presidenti sopra
la
Sanità","Signori
della
Sanità"
Conservatores Sanitatis”in altre zone del
Nord e centro Italia.
Si tenga presente che con il termine di
"peste" si intendeva in quei tempi qualsiasi
malattia infettiva epidemica; quindi non
solo la peste propriamente detta, ma anche
altre malattie, come il tifo petecchiale, il tifo
addominale e simili, che si trasmettevano
con facilità da un paese all'
altro.
Tra i documenti conservati si trovavano,
naturalmente,
anche
quelli
relativi
all'
amministrazione del denaro occorrente per le spese sostenute per far fronte all’epidemia.
“ E perche cosi per mantenimento: delle pouere persone Infette, o sospette | di mal contagioso serrate
nelle loro case, et per altre occorrenti | spese ui è necessaria summa di danaro sia però datta authorita |
anzi comissione: al Massaro: sopra. qual si uoglia pretesto | ritardar detto: pagamento: in pena ad arbitrio
del Conssiglio: | però à chi piace la parte metti in bianca, et à chi non l’ha | piace nella negra leuata la
parte fù ottenuta con balle | affermatiue: numero: 26 non ostando una di negatiue: ||”
(Consiglio comunale del 25 agosto 1630)
“Et nel presente Conssiglio: è sta proposto di far eletione. di duoi Deputati: alla | sanita per occasione delli
presenti sospetti quali habbino authorita, | et liberta di spendere in tutto quello faranno bisogno, | et di piu
pigliar denari imprestito ouero pigliarli anco | ad’ ogni interesse secondo sara il bisogno et mettere tutti ||
quelli ordini che à detti. Deputati. pareranno, et piaceranno…”
(Consiglio comunale del 25 luglio 1630)
Questi ufficiali avevano, infatti, poteri effettivi, anche coercitivi, specialmente nei periodi di
contagio in atto. Se necessario, intimavano anche dei bandi, che dovevano essere eseguiti, anche
con minaccia di pene gravi e multe.
“ Et nel presente Conssiglio: è sta proposto di far eletione. di doi Deputati. alla sanita per | conseruare
questa Terra Illesa da mal contagioso però chi | uole che sij fatta detta: eletione. metti in bianca, et chi non |
uole metti in negra dandoli però liberta à quelli che | saranno eletti di fare tutto quello che à loro
piaceranno, | et parerano esser il meglio per saluezza di questa Terra | quali Deputati. hanno osato prima:
| (Consiglio comunale del 29 giugno 1630)
“A quali Deputati: hanno datto anco authorita di far tutte quelle prouisioni | che stimeranno necessarie con
promessa di hauerle rathe, e | ferme come fatte dal presente Conssiglio:, e’ se per essercitar il loro | carico
fossero quoquo modo molestati de Iure uel de facto | sia tenuta questa Comunita alla lor diffesa oltrache se
occoresse | per obedienza delli ordini: da detti: Deputati: stabiliti ualersi della forza | siano obbligati li
sindici, e’ Consoli con quel numero: d’Huomini | che à loro parerà far essi obedir li trasgressori con |
leuarli
le pene, et
con altri
espedienti
secondo
ricercara
|
il
bisogno
…
(Consiglio Comunale del 25 agosto 1630)
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Per chi volesse proporre il laboratorio di carta&scrittura ho ricercato nel web alcune informazioni
che possono essere utili per una prima infarinatura sull’argomento.
La carta come materia scrittoria fu scoperta, secondo la tradizione, nell'
Impero cinese all'
inizio del
II secolo d. C. e venne a sostituire i supporti tradizionali che erano legno, bambù e seta.
Fuori dalla Cina la carta arrivò, pare, nell'
anno 751, quando gli Arabi, catturati due fabbricanti di
carta cinesi, impiantarono a Samarcanda la loro prima fabbrica di carta.
Da lì la conoscenza si diffuse presto in tutto il Medioriente: in Assiria, Siria, Armenia, Persia ed
Egitto. La carta araba, fatta con stracci e amido, giunse in Marocco, e quindi in Spagna nel X
secolo.
La carta che giunse in Europa dalla Cina era fatta di vegetali e stracci e non era particolarmente
pura; in seguito si sperimentarono diversi tipi realizzati con vari materiali che la resero più chiara e
stabile.
In Italia essa giunse solo nel XII secolo, prima in Sicilia, poi a Genova e Venezia.
La prima cartiera italiana fu impiantata a Fabriano nel 1276, a questa ne seguirono altre.
I cartai italiani, che divennero tra i più noti nel mondo, introdussero l'
uso della filigrana quale
marchio di denominazione d'origine: un'
impronta (simbolo diverso per ogni fabbrica e per
ogni periodo) osservabile in controluce sul foglio di carta, che si otteneva tramite l'
inserimento
del disegno nella struttura metallica a telaio intorno alla quale si formava il foglio di carta.
Nel Medioevo si maceravano e si impastavano stracci lavati e sfilacciati, prima in un marcitoio
pieno di acqua dove gli stracci si ammorbidivano e disfacevano, poi con i pestelli( pila idraulica
a magli multipli ) azionati da forza idraulica, che li riducevano in una pasta compatta ed
uniforme ( l'
acqua è sempre stata un elemento indispensabile per l'
attività delle cartiere, sorte
spesso in prossimità di fiumi)
La pasta così ottenuta era posta in tini in cui venivano immersi i telai rettangolari fatti di fili
metallici intrecciati (vergelle e filoni) con disegnata, al centro, la filigrana.
Le forme ricavate erano messe ad asciugare l'
una sull'
altra separate da dei feltri che dovevano
assorbire l'
acqua residua.
L'
asciugatura definitiva avveniva con la stesura dei fogli su uno stenditoio. Perché la carta così
ottenuta potesse accogliere l'
inchiostro senza assorbirlo, i fogli venivano ricoperti da uno strato di
colla animale che si lasciava asciugare; infine ogni foglio veniva lisciato con un particolare
processo detto calandratura.
Dal XIX secolo la carta non venne più prodotta con stracci, ma
con il legno che la rese più acida e quindi più instabile.
Oggi la maggior parte della carta prodotta per i nostri fabbisogni
viene ottenuta dal cotone in fiocco, direttamente acquistato
dall'
industria tessile.
Dal secolo XII la carta divenne in tutta Europa, supporto
principale di scrittura, ma ancora nel secolo XIII l'
imperatore
Federico II ne vietò l'
uso ai notai nei documenti pubblici che
dovevano essere scritti in pergamena, supporto senz'
altro ancora
più duraturo.
La tradizione fu difficile da modificare: i documenti prodotti dalle
cancellerie, e ancora conservati nei nostri archivi, continuarono ad
essere scritti in pergamena fino al secolo XVII. La carta dunque
non venne utilizzata inizialmente per usi diversi da quelli librari o
di spicciola amministrazione.
Gli strumenti scrittorei che venivano utilizzati, prima dell'
invenzione della penna a sfera e di tutto
ciò che è venuto dopo erano il calamo (una cannuccia vegetale dalla punta tagliata obliqua e divisa
a metà) e in seguito, a partire dal IV secolo, la penna d'
oca che poteva essere tagliata in molti modi
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
diversi per ottenere tratti di diverso spessore.
Senz'
altro la grande e rapida diffusione della carta si legò, soprattutto in alcune regioni d'
Italia tra
cui la Toscana, alla crescita della borghesia mercantile che utilizzò la carta come supporto per le sue
scritte quotidiane: per tenere i conti dei traffici, della bottega, per scrivere i ricordi di famiglia, per
realizzare copie di opere letterarie dei grandi autori che andavano ad arricchire le biblioteche
private.
La carta diviene così - soprattutto grazie a questo nuovo ceto sociale che si stava impadronendo
della scrittura, fino ad allora strumento di pochi, ecclesiastici e uomini di potere - il supporto per
eccellenza che ancora non ha trovato un degno sostituto.
Nella nostra epoca la carta è divenuta insostituibile e viene utilizzata per tutti i tipi di
documentazione, anche di grande valore documentario: i documenti cartacei sottoscritti dai nostri
capi di Stato seguono una precisa normativa secondo la quale la carta utilizzata deve essere prodotta
seguendo particolari procedimenti che assicurino termini di conservazione molto lunghi.
Testo rielaborato tratto dal sito del
di San Miniato (Pi)
“Museo Didattico sulla civiltà della scrittura”
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
FONTI UTILIZZATE
Riportiamo i consigli del medico bolognese T. Del Garbo, testimone oculare dell'epidemia del
1348 .
“...Ancora si vuole ogni dì bagnare la casa overo camere ove l'uomo sta con aceto fortissimo o con
acqua rosata, overo solo con aceto chi non avesse acqua rosata ... Ancora nel tempo del caldo si
deve l'uomo spesso lavare con l'aceto o con l'acqua rosata o solo con aceto chi non avesse acqua
rosata ... E dèsi guardare di none entrare in quella camere dove sia alcuno infermo, e ancora dove di
fresco sia stato infermo. E dèsi guardare di none approssimarsi a tali infermi, però che , è '
l lor alito
velenoso, per mezzo del quale l'aria della camera diventa putrida e infetta. Per li preti e pe'notai
dico, che innanzi ch'eglino entrino nella camera, facino uscia e finestre aprire, acciò che si rinnovi
l'aria.E lavinsi le mani con l'aceto o con l'acqua rosata, e la faccia allato al naso e alla bocca. E
buono sarebbe innanzi ch'eglino entrasseno, tenere in bocca due granella di gherofani. E quando il
prete ode la confessione faccia ogni gente uscire di camere ac, acciò che non riceva l'aria sua; ... e
quando escie di camere, da capo si lavi con l'aceto, o acqua rosata allato al naso e alla bocca, overo
tenghi in mano la spugna bagnata nell'aceto, e odorila spesso, e tenga i garofani in bocca. E
prendonsi o tre o cinque o due, o una al dì ... La ricetta di esse pillole è questa, cioè brettonica e
propinella, di ciascuna oncia mezza, poi camedrios ancia una, e tritinsi minutissimamente come
polvere che si usa nel male degli occhi. Poi ricette mirra eletta oncie due, aloepatico oncia una e
mezza, croci, broli armetrici, di ciascuno drama mezza. E queste due cose si crivellino e
espolverezzandosi e con acqua di vita e buglioso, nella quale stiamo uno dì e una notte disolute, le
polvere delle dette erbe si colano e faccinsi pillole.”
Proposta didattica: facciamo leggere il testo ai gruppi, chiedendo loro di sottolineare le parole di
cui non conoscono il significato e di scrivere il significato generale del brano. Ogni gruppo espone
le proprie difficoltà e la propria ricerca di significato. Ne seguirà la discussione circa i termini
specifici delle erbe citate ( brettonica, camedrios,broli armetrici…) poiché sconosciute ai più:
l’unica spezia conosciuta è “il chiodo di garofano”.(vedi Laboratorio dello “Speziale”).
Si possono riscrivere in forma semplice tali consigli: es. lavarsi con aceto o acqua di rosa,
disinfettare la casa con tale liquidi, aerare la stanza dove c’è un malato prima di entrare.
In più: Leggi la descrizione dell’abbigliamento di un medico del XVII secolo e disegnalo
“Il medico indossava una tunica nera lunga fin ai piedi, calzava delle scarpe appuntite; le sue mani
erano difese da guanti dello stesse colore, lunghi quasi fino ai gomiti; in testa, sotto il cappello a
falda larga, teneva una maschera, che lo proteggeva completamente fino sulle spalle, con un lungo
becco appuntito in cui metteva erbe aromatiche e spezie. Non si avvicinava ai malati e li toccava
solo con una lunga bacchetta.”
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Gli ordinamenti giuridici attuati nella città di Pistoia in occasione della peste
“Nel nome di Cristo amen. Questi sono gli ordinamenti e le provvisioni fatte e composte da alcuni
sapienti uomini popolari della città di Pistoia, eletti e incaricati dai signori Anziani e dal
Gonfaloniere di Giustizia della detta città di tutelare la salute umana, di reprimere e di prevenire le
diverse pestilenze che possano aggredire il corpo umano. E sono stati scritti da me, Simone di
Bonaccorso, notaio ed ora notaio e scriba degli stessi sapienti , incaricato della loro scrittura
nell'
anno 1348. In primo luogo i detti sapienti stabilirono, affinchè no vi fisse occasione alcuna di
cintagio dell'
infermità dilagante dei territori intorno a Pistoia, che nessun cittadino o abitante del
contado o del distretto della città, di qualunque condizione, stato o autorità, possa recarsi nelle città
di Pisa e di Lucca e nei loro contadi e distretti. E che nessuno possa altrimenti da questi luoghi
venire o tornare nella città di Pistoia o nel suo distretto o contado, sotto pena di una multa di
cinquecento lire di denari. E che nessun cittadino o abitante del contado o del distretto pistoiese osi
accogliere persone provenienti dai detti luoghi e che i custodi alle porte non ne permettano
l'
ingresso in città sotto pena del pagamento di dieci lire di denari, di cui dovrà rispondere il
responsabile della custodia della porta, dalla quale è avvenuto l'
ingresso. Tuttavia è consentito agli
abitanti di Pistoia recarsi nelle città di Pisa e di Lucca e farne ritorno, con esplicita autorizzazione
ottenuta dal consiglio del popolo cittadino, scritta dal notaio degli Anziani e dal Gonfaloniere di
Giustizia.”
Proposta didattica: analisi e comprensione del testo
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Cosa saranno gli ordinamenti giuridici?
Da chi sonostati composti? Per quale motivo?
Chi li ha scritti? In che anno? In quale città ci troviamo?
Quali erano le regole da rispettare?
Quali erano le multe per chi trasgrediva gli ordini?
Sapete individuare di quale forma di governo si parla? Da che cosa lo capite?
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Descrizione della peste del 1529
da G. Planerio Quinziano “ Breve descrizione della patria” Venezia 1584
“ Accrebbe le nostre disgrazie ancora, la peste, che l’anno successivo alla morte di mio padre,
aveva invaso quasi tutta l’Italia : in quella circostanza anche mia madre, colpita dal morbo, la
perdetti; tutti i nostri beni di casa si estinsero per i furti, le rapine e gli incendi.
Cominciò in estate la peste, e in autunno, si intensificò: l’aveva preceduta una diffusa carestia e le
insistenti piogge, nell’estate afosissima, avevano contaminato dapprima l’atmosfera, poi il fisico
degli animali e di tutti i viventi. Da qui una repellente pestilenza ben presto seguì: anzitutto febbri
insistenti, quindi pustole infette; il contatto con gli ammalati e il servizio domestico intorno a loro
diffondevano il morbo. Così trascurati ed abbandonati dai vicini per paura, privi di qualunque
assistenza, morivano in ogni dove: ecco allora funerali ogni giorno e la morte faccia a faccia.
Ma anche quanti assistevano gli ammalati, procurandogli da mangiare e da bere, afferrati dalla
violenza di quel male, morivano insieme con loro. Dovunque, di giorno e di notte, si udivano
lamenti: alla fine, per l’assuefazione alla peste, gli animi si erano esasperati a tal punto che non si
udiva più alcun lutto di sopravvissuti, e addirittura, c’era chi, proprio accanto alle salme in
decomposizione, mangiava, beveva, dormiva.
I cadaveri, poi, venivano rimossi senza mesto corteo e non deposti ciascuno nel proprio sepolcro,
ma in fosse scoperte, alla rinfusa, rovesciati uno sull’altro, senza che li si coprisse di un pur sottile
strato di terra, e mandavano un orribile e fetido odore, impestando di quel sentore pestilenziale
perfino il cielo ed ogni specie di animali terrestri e volatili.
E, siccome i becchini non bastavano a seppellirli, giacevano per strada, insepolti, e agli occhi dei
moribondi, che potevano aspettarsi analoga fine,offrivano un tremendo e lugubre spettacolo; qua e
là salme occultate: ci furono di quelli che in casa propria seppellirono i corpi dei loro.
Si videro persino colombe o rondini che, volando in alto per sfuggire a quel fetore di marcio,
soffocarono lassù presso le nubi e caddero, poi, a terra stecchite. Ma anche il bestiame, soprattutto i
buoi, si schiantavano sotto l’aratro con un forte muggito. Cessava ormai anche il destriero di
mordere le briglie schiumanti e di nitrire rampando e , contratto in sé il male, si abbatteva.
I cani, affetti da rabbia,senza un latrato, si avventavano contro i padroni. Perfino le pecore, tra tutte
le bestie le più miti ed utili, con il latte consunto dalla peste nelle mammelle, spiravano nel mezzo
dei prati. Il pastore, allora, bruciava la lana infettata dai liquami malsani.
Quella pestilenza inquinò fiumi, pozzi e fonti saluberrime, tant’è che le acque, che prima agli
infermi, se ne bevevano, recavano salute, in seguito, corrotte dal morbo, gli infliggevano morte.”
Proposta didattica: analisi e comprensione del testo
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Qual è il titolo del libro da cui è tratta la fonte?
Dove e quando è stato pubblicato?
Chi è l’ autore?
Individuate il periodo di inizio della peste e di possibile fine: cosa si può ipotizzare?
Quali sono i sintomi descritti? Di quale tipo di peste si tratta?
Esistevano delle fosse comuni? Da che cosa lo deducete?
Secondo voi il racconto è tutto vero o lo è solo in parte? Scrivi le affermazioni che ti
sembrano esagerate.
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[La peste a Quinzano - analisi di fonti di vario genere relative alle epidemie di peste (1348-1630)]
Bibliografia per l’insegnante
Bordino Chiattella, EUROPEI A CONFRONTO, Sei 1993.
Giorgio Cosmacini, STORIA DELLA MEDICINA E DELLA SANITA'IN ITALIA, Laterza 1987
J Delumeau, LA PAURA IN OCCIDENTE, Sei 1979.
A.Manzoni, I PROMESSI SPOSI
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