Fig. 3 - Università degli Studi di Parma

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Fig. 3 - Università degli Studi di Parma
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
Dipartimento di Diritto, Economia e Finanza Internazionale
Pietro A. Vagliasindi
Economia del benessere, mercati
concorrenziali ed esternalità.
Indice
PAGINA
1. EFFICIENZA ED EQUILIBRIO DEI MERCATI COMPETITIVI IN EQUILIBRIO GENERALE E PARZIALE ......1
2. I DUE TEOREMI FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE. ...................................................3
3. LA VALUTAZIONE DEL BENESSERE COLLETTIVO, EQUITÀ E “BLISS POINT” ........................................4
4. BENI PUBBLICI ED ESTERNALITÀ: MERCATO ED INTERVENTO PUBBLICO............................................7
5. I LIMITI DEI TEOREMI FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE. ..................................... 10
A. Individui razionali: informazioni, esternalità ed incentivi ....................................................... 10
B. Informazioni e conseguenze sul mercato .................................................................................... 12
C. Separazione efficienza / equità .................................................................................................... 15
6. CENNI SUL SECOND BEST..................................................................................................................... 16
1. Efficienza ed equilibrio dei mercati competitivi in equilibrio generale e parziale
L’economia del benessere - che prende il nome dal noto contributo di Pigou - rappresenta
un’analisi di tipo esclusivamente normativo. Essa si propone di comparare situazioni economiche
alternative, dal punto di vista del benessere sociale, e si basa su alcuni giudizi di valore che è utile
rendere espliciti. Secondo la visione individualista, gli individui sono razionali (e gli unici giudici
delle loro sensazioni) e le preferenze collettive derivano semplicemente dall’aggregazione di quelle
individuali.
Due criteri giocano un ruolo fondamentale: l’efficienza (che implica secondo Pareto il
raggiungimento di una situazione nella quale non è possibile aumentare il benessere di alcun
individuo a scapito degli altri) e l’equità (ad esempio in relazione ad un criterio di distribuzione
equilibrata delle risorse tra gli individui).
Per il momento, come fatto in precedenza, focalizzeremo la nostra attenzione sull’efficienza per
esaminare se vi siano criteri diversi che presiedono all’allocazione dei beni privati.
In quel che segue, mostreremo l’efficienza del mercato ipotizzando imprese e consumatori identici
semplificando il problema ed evitando questioni di equità e redistribuzione. Illustreremo brevemente
in termini intuitivi le condizioni di equilibrio economico generale di un’economia concorrenziale
(fig.3 in alto), soffermandoci sull’analisi di equilibrio parziale, che considera l’equilibrio di un
singolo mercato e.g. quello del bene X (fig.3 in basso) o un singolo produttore (fig.4).
In generale ipotizzeremo che: (1) la domanda di un bene diminuisce all’aumentare del prezzo, (2)
i livelli di benessere U del consumatore sono rappresentati da curve di indifferenza (contenenti
panieri di consumo indifferenti tra loro) e (3) le variazioni del benessere (U*-U°) sono pari alle
variazioni del surplus netto. Tale misura, l’area compresa tra la curva di domanda ed il prezzo
P°P*E, indica la disponibilità a pagare (oltre la spesa sostenuta P*X*) per poter acquistare la
quantità di equilibrio X*.
Intuitivamente, in un’economia perfettamente concorrenziale, data la frontiera della produzione (i
livelli massimi producibili di Y corrispondenti a diversi livelli di X) l’equilibrio si colloca dove il
benessere dei consumatori è massimo. Il consumatore tipo, potendo scegliere tra le curve di
indifferenza U* e U° (i.e. le combinazioni X,Y associate a livelli di utilità decrescenti col ridursi
della quantità dei due beni U* > U°) si colloca sulla curva più elevata, che consente maggiori
consumi e benessere. Egli preferisce le combinazione (X*, Y*) appartenente alla frontiera della
produzione ed alla curva di indifferenza U*, perché, il benessere diminuisce passando a curve quali
U° (< U*) più vicine all’origine.
Nel grafico superiore di fig.3 è rappresentata tale situazione. La frontiera della produzione t
(curva di trasformazione) indica le combinazioni massime dei beni (X, Y) che possono essere
prodotte utilizzando le risorse disponibili di capitale K e lavoro L. La sua inclinazione TMT il tasso
marginale di trasformazione fra Y ed X, indica a quante unità di Y deve rinunciare l’intero sistema
economico per ottenere un’unità addizionale di X. TMT è pari al rapporto tra i costi marginali dei
due beni CmgX/CmgY, dal momento che il costo marginale di Y (CmgY) per il numero di unità
sottratte (TMT) deve essere esattamente compensato dal costo marginale dell’unità aggiuntiva di X
(CmgX). In pratica, il TMT misura il costo di opportunità di X; i.e. il prezzo relativo in termini di Y
PX/PY per l’economia. Per ogni combinazione (X*,Y*), profitto e ricavo dei produttori sono
1
massimi quando il prezzo relativo di X è eguale al costo marginale relativo. Infatti, la retta di
isoricavo (lungo la quale il ricavo del settore produttivo è costante I* = CmgXX* +CmgYY* = PXX
+PYY) con inclinazione PX/PY è tangente alla curva di trasformazione.
Le curve di indifferenza (U*, U°) che contengono le combinazioni dei due beni (X, Y) associati
allo stesso livello di utilità (U* > U°). La loro pendenza TMS è il tasso marginale di sostituzione fra
Y ed X; ossia le unità di Y che il consumatore scambia con un’unità di X senza modificare l’utilità.
In generale, disponendo di una data somma I* = PX X* + PY Y*, il consumatore può consumare
tutti i panieri X,Y al di sotto dell’isospesa I* = PXX +PYY (vincolo di bilancio con pendenza pari al
rapporto tra i prezzi PX/PY). L’equilibrio implica la tangenza tra curva di indifferenza e vincolo di
bilancio (isospesa I*). In pratica dati i prezzi di mercato, il consumatore sceglie la combinazione
meno costosa. Tale condizione che vale per tutti i consumatori (identici per ipotesi) e indica
l’efficienza nel consumo TMS = PX/PY. L’equilibrio competitivo implica costi marginali = prezzi e
quindi TMT=TMS (ovvero CmgX/CmgY = PX/PY), ovvero l’efficienza complessiva del sistema;
rappresentata in fig. 3, in presenza di un consumatore tipo, dalla tangenza tra curva di
trasformazione e curva di indifferenza. In pratica, dato il rapporto tra i prezzi, i produttori
massimizzano il profitto ed i consumatori il loro benessere o surplus. In corrispondenza a tale
situazione, in ogni mercato (fig 3 in basso) abbiamo l’equilibrio tra domanda del consumatore (D =
PX) ed offerta dei produttori (S = Cmg) - che eguaglia prezzo e costo marginale.
Y
t
I
Fig. 3
U*
P’x
Px
E
Y*
C, p
U°
X
P°
P*
C mg
E’
Fig. 4
E*
x*
x’
X(L,K)=X* Isoquanto
S = Cmg
E*
K*
D = PX
O
K
CA
X*
X
E*
wL+rK = C*
L*
Isocosto
wL+rK = C’
L
In concorrenza ogni impresa prende per dato il prezzo e la massimizza i profitti eguagliando il
costo marginale al prezzo di mercato PX = Cmg, vedi fig 4 in alto. Producendo un’unità in meno (in
più) rinucerebbe a parte dei profitti PX - Cmg > 0 (incorrerebbe in perdite PX - Cmg < 0). Ciò
implica: PX/PY = Cmg(X)/Cmg(Y) = TMT ovvero la tangenza tra curva di trasformazione e
isoricavo. Inoltre, con entrata libera il profitto è nullo, ovvero il costo medio CA è pari al prezzo.
Infatti un prezzo più elevato non sarebbe di equilibrio; ad es. in corrispondenza a P’X avremo un
profitto positivo (P’XPX E*E’ pari al surplus del produttore) che facendo entrare nuove imprese
ridurrebbe il prezzo.
In fig 4 in basso sono, infine, raffigurati l’isoquanto (combinazioni dei fattori (L, K) che
producono l’output x*) e l’isocosto (combinazioni dei due fattori (L, K) con costo C eguale dati i
2
prezzi dei fattori w ed r). I costi sono minimizzati dalla tangenza tra isoquanto (con pendenza TMST
tasso marginale di sostituzione tecnica tra lavoro L e capitale K) ed isocosto (la cui pendenza è pari
al rapporto dei prezzi w/r). Ciò implica l’efficienza nella produzione TMST(X) = w/r = TMST(Y).
Con un solo tipo di consumatore avremo un unico ottimo paretiano raggiunto dall’equilibrio dei
mercati competitivi, mentre in presenza di consumatori differenti avremo infiniti ottimi paretiani.
2. I due teoremi fondamentali dell’economia del benessere.
Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere afferma che (ove si verifichino una
serie di condizioni) il mercato operando in concorrenza perfetta è in grado, senza alcun intervento
pubblico, di pervenire all’ottimo paretiano.
Come abbiamo visto, essendo i costi minimizzati, si ha la tangenza tra isoquanto (con pendenza
TMST) ed isocosto (con pendenza pari al rapporto dei prezzi dei fattori, per ipotesi w ed r). Da ciò
segue l’efficienza nella produzione TMST(X) = w/r = TMST(Y).
L’equilibrio del consumatore implica, invece, la tangenza tra curve di indifferenza (con pendenza
TMS) e vincolo di bilancio (con pendenza pari al rapporto tra i prezzi PX/PY). Essendo ciò valido per
tutti i consumatori otteniamo TMS(A) = TMS(B) = PX/PY, la condizione di efficienza nel consumo.
La massimizzazione dei profitti di un’impresa price-taker implica che il costo marginale di ogni bene
sia pari al prezzo di mercato. Da tali condizioni segue PX/PY = CM(X)/CM(Y) = TMT, ovvero il
rapporto tra i costi marginali pari al tasso marginale di trasformazione è pari al rapporto tra i prezzi.
Infine, essendo il rapporto dei prezzi lo stesso per tutti i consumatori ed i produttori avremo TMT =
TMS(A) = TMS(B) ovvero la condizione di efficienza complessiva del sistema.
Le principali condizioni, che devono necessariamente verificarsi in contemporanea, perché
l’ottimo possa essere raggiunto attraverso i meccanismi di mercato sono, in termini operativi: 1) la
salvaguardia delle reali preferenze personali, 2) l’ottima distribuzione di consumi e investimenti nel
tempo, 3) assenza di rischio ed incertezza su gusti e tecnologie, 4) input ed output perfettamente
divisibili, 5) l’esistenza e la completezza dei mercati concorrenziali (con fattori perfettamente mobili
e non specifici, libertà di entrata, beni omogenei, perfetta informazione), 6) assenza di esternalità nel
consumo e nella produzione, 7) produttività decrescenti e rendimenti di scala non crescenti.
La semplice lettura del precedente elenco mostra come sia difficile pensare di raggiungere
l’ottimo affidandosi unicamente ai meccanismi di mercato. In appendice B approfondiremo alcune
delle ragioni che possono portare al fallimento del mercato.
Trascurando per il momento tale problema nel seguito vedremo come, in presenza di consumatori
differenti tra loro, partendo da differenti distribuzioni delle risorse iniziali disponibili si giunge a
diversi punti di ottimo sulla frontiera del benessere, con indubbie conseguenze in termini di equità.
Quando abbiamo individui differenti si pone infatti il problema di come misurare e confrontare
guadagni e perdite dei differenti individui.
3
Y
t
U
A
a
U
A
2
Y
E
E
E
A
U
c
C
B
U
b
U
X
2
X
B UB
In termini intuitivi, ponendo all’interno della frontiera t una scatola di scatola di Edgeworth in
corrispondenza ad una data dotazione iniziale dei beni, ponendo Y sulle ordinate ed X sulle ascisse e
capovolgendo il grafico relativo al consumatore B in corrispondenza alle quantità totali dei beni,
possiamo disegnare le funzioni di utilità dei due consumatori. Data la disponibilità iniziale dei beni,
possiamo esaminare l’efficienza complessiva del sistema, che implica che il costo di opportunità di
X sia eguale per imprese e consumatori TMT = TMSA = TMSB. Altrimenti vi sarebbero difformità
tra i costi opportunità dei consumatori e del sistema produttivo.
Per affrontare il problema in termini di benessere individuale notiamo come ad ogni punto della
frontiera di produzione sia possibile associare diverse allocazione efficienti nel consumo dei due
beni (X=XA+XB e Y=YA+YB) fra i due consumatori (A e B). Abbiamo quindi infinite
combinazioni efficienti dei livelli di utilità che possono essere rappresentate dalla frontiera del
benessere. Ponendo sugli assi le utilità, questa curva è ottenuta dal diagramma precedente, rilevando
i livelli di utilità di A e B corrispondenti alle allocazioni pareto ottimali come il punto E si ottiene la
grande frontiera del benessere, che considera i punti di ottimo paretiano per cui valgono
contemporaneamente tutte le condizioni di efficienza.
Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere assicura la possibilità di giungere
a qualsiasi situazione di ottimo, modificando opportunamente la distribuzione iniziale delle risorse
disponibili, con trasferimenti personalizzati in somma fissa (lump sum). In tal modo non si alterano i
prezzi relativi e non si distorcono le scelte degli operatori. È così possibile separare, teoricamente, il
problema dell’efficienza e quello dell’equità interpersonale.1
Partendo l’analisi dal presupposto che le utilità individuali non sono comparabili, resta aperto il
problema di come confrontare in termini di benessere collettivo le diverse possibili situazioni,
ovvero: a) quelle che sono sulla grande frontiera delle utilità (ovvero gli ottimi paretiani) e b) quelle
al suo interno. Un ovvio candidato sarebbe il semplice criterio di miglioramento paretiano. In
generale tuttavia molte situazioni risultano non comparabili in tal modo.
3. La valutazione del benessere collettivo, equità e “bliss point”
Per poter valutare in concreto i diversi stati del mondo raggiungibili dal sistema economico misto
(dove il benessere può aumentare per alcuni e diminuire per altri) anche interni alla grande frontiera
delle utilità (essendo spesso gli strumenti dell’autorità pubblica imperfetti) è necessario disporre di
strumenti in grado di fornire risposte precise in casi non comparabili in termini miglioramento
1
Ciò presuppone, naturalmente, la perfetta conoscenza delle funzioni di utilità di tutti gli individui e grandi capacità operative
nell’applicare imposte e sussidi non distorsivi.
4
paretiano. A tal fine Kaldor ed Hicks propongono il criterio di compensazione. In pratica, tra due
situazioni sarebbe socialmente preferibile quella in cui gli operatori avvantaggiati sono in grado di
compensare pienamente tutti coloro che subiscono delle perdite, pur restando in una posizione
migliore di quella di partenza. Questo criterio non ha in generale implicazioni redistributive perchè il
compenso non deve necessariamente essere pagato, basta la possibilità astratta di compensare coloro
i quali sono danneggiati dal passaggio dalla situazione M alla N (che nel nostro esempio è
socialmente preferibile). Infatti, poichè la situazione N si trova sulla curva dei contratti che
corrisponde ad esempio al punto N’ sulla frontiera delle possibilità produttive con la compensazione
è possibile raggiungere tutti i punti sulla frontiera delle utilità n e quindi anche il punto C che
rappresenta un miglioramento paretiano rispetto a M.
Come evidenziato da Scitovsky tuttavia è possibile anche una situazione paradossale dove M sia a
sua volta socialmente preferibile ad N sulla base del criterio di compensazione. Ciò si verifica ad
esempio quando M si colloca su di una frontiera delle utilità m che passa al di sopra di N e
comprende quindi punti che rappresentano un miglioramento paretiano rispetto a N. Per ovviare a
tale paradosso è stato proposta una doppia applicazione del criterio volta ad escludere che il
compenso potenziale dei danneggiati sia in grado di bloccare lo spostamento. Tuttavia, anche se così
si amplia la confrontabilità degli stati del mondo non si è in grado di valutare problemi redistributivi
essendo i punti sulla n considerati socialmente indifferenti rispetto ad N. Non si effettuano confronti
interpersonali; ad es. un forte aumento di benessere per A può compensare una piccola riduzione di
benessere per 3.
Y
t
U
M'
Y2
M
n
°
1
Y
a
N'
a
U
°
M
C
Ub
°N
U
X1
b
a
U
N °
X
2
X
m
U
b
Prescindendo dai teoremi di impossibilità (che esamineremo successivamente) è utile discutere,
sulla scorta del contributo di Bergson del 1938, le conseguenze di diverse possibili funzioni del
benessere collettivo (SWF simili a quelle di utilità ma funzione dei diversi stati del mondo). Il
benessere sociale W(Ua, Ub) ha come base le valutazioni individuali Ui(Xi, Yi, ...) ed è crescente in
termini di benessere individuale ∂W/∂Ui>0; soddifa quindi al criterio paretiano, ma permette anche
di scegliere tra l’insieme degli ottimi paretiani. Infatti introduce comparazioni interpersonali
esplicite; rispetto alle diverse situazioni (1, 2, ...) esiste un ordinamento delle preferenze che rispetta
le usuali condizioni: riflessività, transitività etc. Data una funzione (ed i relativi giudizi di valore)
5
possiamo studiarne le implicazioni utilizzandola anche per analisi costi-benefici a fini di politica
fiscale; resta il problema di chi formula la SWF che affronteremo in seguito.
Partiamo da b la SWF di tipo utilitarista-benthamita W = Σi Ui (nello spazio bidimensionale W =
Ua + Ub) dove l’obiettivo è massimizzare la somma delle utilità individuali; ovvero raggiungere “la
massima felicità del più grande numero di persone” come dice Bentham. Essa dà luogo a curve di
indifferenza rettilinee b con inclinazione dUa/dUb = dy/dx = -1 ed in teoria sarebbe distributivamente
neutrale poichè nel valutare un aumento di utilità non considera se chi ne gode parta da un benessere
basso od elevato (rispetto alla media). Se invece si assegna un peso maggiore all’incremento di
utilità dei soggetti svantaggiati la curva di sarà convessa verso l’origine.
Al limite se seguendo Rawls intendiamo massimizzare il livello di utilità del soggetto più
svantaggiato W = mini (Ui) = min (Ua, Ub) avremo delle curve di indifferenza r con un angolo di 90°
quando Ua = Ub (lungo la bisettrice del primo quadrante). In sostanza la funzione ralwsiana
considera solo il benessere del soggetto con utilità minima ignorando la posizione di tutti gli altri
componenti della collettività. Così facendo essa contrasta con il principio di miglioramento paretiano
quando l’individuo indifferente è il più svantaggiato. Nel contempo tale curva è neutrale in termini
egualitari poichè non considera negativamente un aumento di utilità che allontana un soggetto dalla
situazione Ua = Ub, ma attribuisce ad essi un peso nullo.
Una situazione intermedia rispetto alle funzioni di indifferenza sociali di Bentham e Rawls è data
dall’iperbole equilatera n che mantiene costante il prodotto dei livelli di utilità. Essa corrisponde al
criterio di massimizzare W = Πi Ui = Ua Ub il prodotto delle utilità proposto da Nash che assegna
agli incrementi di utilità di un individuo il prodotto dei livelli di utilità degli altri soggetti che
compongono la collettività.
Il livello di massimo benessere si raggiunge quando la curva di indifferenza sociale è tangente
alla grande frontiera del benessere. Non è infatti possibile in questo caso giungere a livelli di utilità
superiori. Nel caso in cui la frontiera sia strettamente convessa (concava verso l’origine) e
simmetrica rispetto alla bisettrice, tutti i criteri danno luogo ad una distribuzione egualitaria.
Alternativamente, in assenza di convessità ed in presenza di una forte asimmetria i punti di tangenza
si differenziano. Si noti come nel caso rappresentato sia possibile collocarsi nel tratto tra RB tra il
massimo di Rawls e Bentham, come anche la funzione benthamita possa comportare una
redistribuzione al più svantaggiato e come la distribuzione egualitaria E non sia un ottimo in base
alle precedenti funzioni del benessere.
U
a
b
n
U
r
a
n
r
e
b
E
E
Ub
R
N
B
U
b
6
Diverso è il grado di diseguaglianza risultante dalle diverse impostazioni (minore con Rawls e
maggiore con Bentham). Se tuttavia la collettività è in parte egualitarista ed assegna anche un peso
negativo alla differenza di benessere tra gli individui in valore assoluto Ua - Ub allora anche punti
nel tratto ER (ed al limite E) potrebbero in teoria risultare ottimali.
E’ tuttavia interessante notare come i punti nel tratto ER ed in quello precedente non facciano
parte della grande frontiera del benessere, infatti il benessere di entrambi gli individui decresce a
sinistra di R. Ne segue che sia il criterio del benessere rawlsiano r che quello egualitarista e a
differenza (degli altri due e delle normali funzioni del benessere) possono violare il criterio di
miglioramento paretiano e quindi partono da giudizzi di valore differenti. La teoria della giustizia ed
del contratto sociale dovute a Rawls infatti non sono interamente compatibili con l’impostazione
welfarista che sposa le premesse del liberalismo classico.
Ritornando infine al caso standard di funzione del benessere collettivo (escludendo sia r che e) si
noti come l’ottimo sociale oltre ad essere allocativamente pareto efficiente soddisfi le condizioni di
equità interpersonale. In pratica, l’inclinazione della funzione del benessere collettivo –
(dW/dUb)/(dW/dUa) (pari al rapporto tra i pesi che essa attribuisce ai due individui) è eguale al
rapporto tra le utilità marginali degli individui (dUa/dRa)/(dUb/dRb). Vale quindi l’eguaglianza tra le
utilità marginali sociali del reddito o ricchezza R (ossia il prodotto dell’utilità marginale privata per
il peso che la funzione del benessere collettivo attribuisce all’individuo) per tutti gli individui. La
collettività deve essere quindi indifferente, al margine, tra allocare un’unità addizionale di reddito ad
A o B. Infatti, trasferendo nel punto di ottimo un’unità infinitesimale di reddito da B ad A il
benessere collettivo deve quindi restare invariato. Ciò implica che il guadagno (dW/dUa)(dUa/dRa)
sia pari alla perdita (dW/dUb)(dUb/dRb) in termini di benessere sociale. Naturalmente vi sono
conseguenze redistributive diverse a seconda dei giudizi di valore impliciti nella SWF ed emergono
problemi di comparabilità delle preferenze.
4. Beni pubblici ed esternalità: mercato ed intervento pubblico.
In quel che segue mostreremo come in presenza di beni pubblici (e di esternalità) i meccanismi di
mercato non risultino efficienti dal punto di vista allocativo, ricorrendo ad una semplice analisi di
equilibrio parziale.
Consideriamo un bene pubblico, anche ammesso che il bene sia escludibile ed esistano operatori
privati disposti a produrlo ed offrirlo sul mercato, il costo della fornitura ad un individuo aggiuntivo
avrebbe costo nullo. Non sarebbe quindi ottimale l’esclusione. Se il consumo del bene pubblico è
eguale per tutti gli individui il beneficio marginale può essere diverso e quindi i prezzi non possono
essere eguali ma devono essere diversificati e pari ai benefici marginali. Quindi, con un prezzo unico
il mercato è inefficiente, salvo casi particolari.
Questo ragionamento può essere illustrato confrontando domanda ed offerta nel caso di bene
privato e pubblico. Si noti infatti come le domande dei beni privati D si sommino orizzontalmente, in
corrispondenza di un dato prezzo, e le pseudo-domande del bene pubblico PD si sommino
verticalmente, in corrispondenza di date quantità.
Nel caso del bene pubblico (a differenza di quello privato in condizioni di concorrenza perfetta)
infine il consumatore avrebbe convenienza a comportarsi strategicamente da free-rider (specie se non
è possibile l’esclusione). In pratica potrebbe non rivelare correttamente le proprie preferenze per
7
addossare ad altri una maggior parte del costo, rendendo così molto difficolosa una corretta
attribuzione dei prezzi personalizzati.
PD
CM
PD
D
CM
a+b
C
M
E
k
{
kb
a+b
D
E
k=p
b
PD
b
D
D
PDa
a
Ya
G*
a
Yb
{
{
k
CM
G
Y*
Y
La conseguente impossibilità di applicare un prezzo volontario richiede la riscossione coattiva del
tributo. Questo aspetto legato alla problematica della domanda di beni pubblici, costituisce la critica
più devastante agli schemi volontaristici dell’equilibrio finanziario. Ciò che rileva in questa sede è
l’impossibilità per il mercato di risolvere il problema e quindi la non applicabilità dei teoremi
fondamentali del benessere a questo caso.
Ma il bene pubblico è solo un caso estremo di esternalità. Esiste un problema di esternalità
quando il consumo o la produzione di dati beni comporta costi o benefici per individui diversi dai
loro consumatori o produttori. Queste esternalità tecnologiche, che modificano le possibilità
tecniche di produzione e consumo, non devono essere confuse con quelle monetarie che influenzano
unicamente i prezzi. Un esempio tipico di esternalità negativa nella produzione è l’inquinamento. In
questo caso, in assenza di vincoli normativi o sociali, il produttore privato tiene conto solo dei propri
costi privati di produzione CPmg. Ne segue una sovrapproduzione del bene rispetto ai costi sociali
CSmg (somma di quelli privati CPmg e di quelli esterni causati a individui diversi dal produttore
CEmg).
Per semplificare l’esposizione possiamo supporre che l’emissione sia proporzionale al livello
produttivo E = e Q. Per far sì che il livello di produzione coincida con Q* (quello ottimo dal punto di
vista della collettività) è necessario che il produttore sostenga i costi dell’esternalità CEmg(Q*), ad
esempio con un’imposta pari a CEmg(Q*).
D
CSmg
CPmg
CPmg+CEmg(Q*)
CEmg
} CEmg(Q*)
Q*
Qp
Q
8
In tal modo il costo esterno sarebbe internalizzato ed al limite il danneggiato potrebbe essere
risarcito del danno subito. Lo stesso risultato viene raggiunto se il produttore riceve un sussidio
unitario di pari entità CEmg(Q*) purché non produca quantità maggiori di Q*. In quest’ultimo caso,
tuttavia, lo Stato dovrà finanziare tale sussidio attraverso imposte addizionali su altri beni e/o servizi,
opportunità che si rivelerà più difficoltosa in assenza di imposte in somma fissa e comporterà un
costo aggiuntivo in termini di distorsione del sistema economico.
Si noti come, l’analisi precedente presupponga informazioni complete su costi e benefici,
funzioni difficili da quantificare da parte dell’autorità. Mantenendo tale presupposto, Coase mostra
come un effetto esterno (nel consumo o nella produzione) non richieda necessariamente un
intervento correttivo tipo imposte-sussidi a là Pigou.
Il mercato sarebbe in grado di risolvere il problema una volta assegnati i diritti su tutte le risorse
ad uno degli utilizzatori (in questo caso al produttore che inquina, o al danneggiato
dall’inquinamento), di modo che il costo esterno venga internalizzato. Se viene riconosciuto il diritto
ad inquinare, il danneggiato sarà indifferente tra offrire un importo unitario di pari entità CEmg(Q)
purché questa riduca le quantità prodotte al di sotto di Q. Tale importo sarà vantaggioso per
l’impresa per quantità maggiori od eguali a Q*. Viceversa, se si riconosce il diritto del danneggiato
esso dovrà essere rimborsato di un importo pari CEmg(Q) e il produttore non avrà alcun incentivo a
produrre quantità maggiori di Q*. Naturalmente, le due possibilità non sono indifferenti dal punto di
vista distributivo, ma solo da quello allocativo (ovvero dell’efficienza). Inoltre, nella realtà si può
ridurre l’inquinamento anche senza modificare la produzione attraverso adeguati investimenti
tecnologici (ad es. in depuratori). Questi hanno però di norma costi marginali differenti e sorge il
problema di ottimizzarli nel loro complesso. Seguendo il suggerimento di Coase è stato proposto
l’uso di diritti trasferibili (assegnati inizialmente dallo Stato) e la creazione di un mercato per il loro
scambio tra le imprese. Alcune imprese potrebbero così emettere esternalità in misura maggiore alla
loro dotazione iniziale acquistandoli sul mercato, ma nel complesso l’esternalità sarebbe vincolata al
livello totale ottimo assegnato inizialmente. In presenza di informazioni complete è indifferente
operare con imposte a là Pigou o con i diritti trasferibili. Tale risultato è noto come teorema di
Coase.
Per illustrarlo, consideriamo il caso di due imprese (x e y) aventi costi marginali di riduzione
delle emissioni inquinanti E differenti e chiediamoci quale sia la sua riduzione ottimale per
l’economia.
Costi
CM y
CMSE
CM x
TE*
B
D
C
F
A
CM x+y
E*/2 G Ey
Ex
E* H
E
Sia inizialmente l’emissione complessiva sarebbe pari a 0E = 0G + 0H, quando il costo privato
di emissione è nullo. Si tratta di un livello superiore a quello ottimo 0E*, risultante dall’incontro tra
0
9
costo marginale dell’esternalità per la collettività CMSE e della sua riduzione per l’economia CMx+y
= CMx + CMy (somma dei costi delle imprese x e y). Imporre un’imposta unitaria TE* o assegnare
un ammontare complessivo di diritti trasferibili pari a 0E* avrà come risultato un’emissione da parte
delle imprese pari rispettivamente a 0Ex ed 0Ey o una valutazione del diritto sul mercato pari a TE*
(=CMx = CMy). Invece, con diritti non trasferibili, equiripartiti tra X e Y (come in fig.) non si
raggiunge l’allocazione ottima, dato che non si eguagliano i costi marginali CMx ≠ CMy.
I problemi maggiori del teorema di Coase sono di natura pratica e dipendono dal fatto che
ipotizza conoscenze complete e trascura: (a) i costi della negoziazione tra le parti (che sono in
generale crescenti al crescere degli operatori economici interessati), (b) il costo per lo Stato di
amministrare e far rispettare i diritti, (c) la presenza di comportamenti strategici e (d) il problema
redistributivo e delle distorsioni (dovuti a mercati imperfetti e l’esistenza di imposte).
In presenza di informazione imperfetta le soluzioni private e pubbliche non ottengono gli stessi
risultati. L’intervento pubblico è probabilmente auspicabile quando non sono soddisfatti i requisiti
presupposti dal teorema di Coase. Possiamo partire proprio da questo teorema per riformulare una
teoria dell’intervento pubblico correttivo dei risultati conseguiti da mercati imperfetti o incompleti.
5. I limiti dei teoremi fondamentali dell’economia del benessere.
Finora abbiamo però semplificato problemi informativi che difficilmente possono essere trascurati
nel mondo reale in cui operano gli agenti economici (individui, imprese e autorità) ed incidono
pesantemente sulle scelte pubbliche. È perciò utile presentaremo le informazioni come problema
economico, in modo da introdurre con una descrizione informale i problemi di base. In particolare
esporre perché i costi informativi siano frequentemente associati con problemi di esternalità (e beni
pubblici) come incidano sul benessere sociale e come da questi sorgano fondamentali problemi di
fallimento del mercato e le modalità con le quali possono essere affrontati.
A. Individui razionali: informazioni, esternalità ed incentivi
L’economia postula l’esistenza di comportamenti individuali razionali nel mercato per spiegare
come siano determinati prezzi e quantità di equilibrio. Un individuo “razionale” prende sempre le
decisioni giuste, i.e di solito, le decisioni che bisognerebbe prendere ove si fosse in possesso di tutte
le informazioni rilevanti. In mercati perfettamente competitivi, produttori e consumatori,
confrontandosi con prezzi esogeni hanno gli incentivi corretti per massimizzare il loro profitto e/o il
loro livello di utilità. In presenza di informazioni perfette la pressione dei mercati competitivi risolve
il problema degli incentivi economici necessari per minimizzare i costi e massimizzare i benefici
dell’attività economica (teorema della mano invisibile). Dati i prezzi, le imprese (gli individui)
massimizzano il profitto (l’utilità), il che implica la minimizzare i costi.
A costo di annoiare il lettore, riprendiamo nuovamente il funzionamento degli incentivi privati in
un economia di mercato. Supponiamo che N consumatori con utilità u = aq - q2/2 e quindi domanda
u’(q) = p = a - q - entrambe espresse in funzione del consumo di q (figura 1A) - abbiano di fronte un
prezzo di mercato p° eguale ai costi marginali e medi (β=MC=AC). Comprando q°=a-p° ogni
consumatore massimizza il suo surplus netto o rendita (l’area Ap°E°) S = aq-q2/2-pq. Si indichi
con ∆x=x’-x° la variazione di una variabile generica, un prezzo più alto p’ riduce il surplus
dell’area p’p°E°E ovvero di ∆S = ∆p q° + ∆p ∆q/2; dove ∆p∆q/2 (pari all’area E’BE°) è la perdita
secca del surplus netto del consumatore quando il prezzo è sopra il costo marginale e p’p°DE’ la
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rendita estratta dal produttore con potere monopolistico.
Un produttore che si confronta con il prezzo p° in un mercato competitivo produce Oq°, ma il
produttore con potere monopolistico, confrontandosi con la domanda aggregata Aq, eguaglia in D
costi marginale MC e ricavi marginali MR, vendendo qm al prezzo pm, con un profitto (surplus del
produttore area pmp°EM) Π = pm qm - β qm. Il benessere sociale W = Π + S (la somma del surplus
del produttore e consumatore Ap°C) è massimizzato in un mercato competitivo (dove il prezzo p°
eguaglia i costi marginali) e ridotto (di MEC) ad Ap°EM in un mercato monopolistico.
Si noti come con MC =AC costante il benessere sociale eguagli la rendita netta dei consumatori
W = S. In figura 1B, con MC crescente il surplus del produttore è p°BC in competizione perfetta e
pmp°EM in monopolio (con una perdita di surplus netto dei produttori p°BFC). Il valore di W è: W°
= p°BFC + Ap°C e Wm = ApmM + pmp°EM.
Fig. 1A
Fig. 1B
A
p
A
p = a - q = a - Q/N
E’
pm ’
p = a-2q
p°
O
p
MC=AC
D
q’ ’
E°
β
M
p°= β
E
B
MR
q°
pm
q
MC
C
AC
F
D
qm
q°
q
Ragionamenti simili valgono in un mondo incerto con informazioni simmetriche. Grazie a von
Neumann, gli economisti hanno iniziato a comprendere il comportamento in incertezza che è
divenuto uno dei problemi più interessanti dell’economia. Arrow e Debreu hanno esteso la validità
del teorema della mano invisibile; tenendo conto dell’incertezza, del tempo (ed anche delle
esternalità) in modelli di equilibrio generale quando esistono i necessari mercati competitivi. Questi
modelli di equilibrio generale concorrenziale non sono però in grado di risolvere i problemi generati
da informazioni asimmetriche.
In un mondo incerto, un individuo razionale dovrebbe prima prendere la decisione giusta circa
cosa apprendere e poi cosa scegliere, in base al livello di conoscenza raggiunto. Quest’analisi è
adeguata in situazioni dove il costo di ottenere ed usare informazioni è parte essenziale del problema.
Pagando i costi di ricerca si riduce l’incertezza, migliorando in media i risultati delle decisioni; dato
che a maggiori risorse investite nella ricerca corrispondono informazioni migliori. La regola corretta
è dedicare risorse alla ricerca finché un euro addizionale investito nella ricerca di informazioni è
uguale al valore del relativo aumento marginale nell’utilità attesa da tale investimento.
Consideriamo il caso della ricerca di un impiego. Molte persone cercano un buon lavoro. Più a
lungo lo cercano, migliore in media sarà l’opportunità di lavoro che trovano. La strategia razionale è
continuare a cercare finché ci si aspetta di guadagnare di più da un supplemento d’indagine di quanto
questo costi. La disoccupazione dovuta a tale ricerca rappresenta una frazione del saggio di
disoccupazione totale. Un aumento dei sussidi alla disoccupazione tende ad aumentare il saggio di
disoccupazione, poiché abbassa il costo di essere disoccupato, mentre si cerca un lavoro. Meno costa
continuare nell’attività di ricerca, più paga farne.
Uno dei costi di comprare un bene è il costo di acquisire informazioni circa cosa si compra. In
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alcune situazioni i costi d’informazione sono inclusi nei costi di produzione e consumo di beni, e
così il costo di acquisire informazioni è incluso nell’analisi, come tutti gli altri costi. Tutti noi
compriamo informazioni: guardando la televisione, leggendo periodici specializzati o, come state
facendo, seguendo corsi universitari. Ma nessuno ha il tempo per conoscere tutti gli argomenti o
divenire un esperto in tutte le discipline.
I costi informativi sono spesso associati ai problemi di esternalità e fallimento del mercato. Ecco
perché produciamo spesso informazioni per noi stessi, invece di rivolgerci al mercato. Questo crea
un problema di efficienza. Infatti, un fallimento del mercato è un problema di efficienza piuttosto
che di equità. I beni pubblici non sono un problema solo perché qualcuno ottiene ciò che altri
pagano. Le esternalità non sono solamente sbagliate perché ingiuste; anche se sovente qualcuno ne
soffre e qualcuno ci guadagna ingiustamente. Il problema cruciale e realmente inevitabile è invece
l’inefficienza. Per chiarire quanto detto, si considerino, ad esempio, 1000 individui identici che, con
le loro auto, inquinano la stessa aria che respirano. In termini di beneficio netto non c’è iniquità.
Ognuno guadagna dall’utilizzo della propria auto ed dall’inquinare, ma ci perde dal respirare aria
inquinata. Tuttavia, poiché ogni persona sopporta solamente lo 0,10 percento dell’inquinamento che
genera, ognuno inquina al di sopra del livello efficiente e tutti, come risultato, stanno peggio.
È facile mostrare come ciò sia equivalente all’effetto di un sussidio s su un dato bene, in un
mercato competitivo con costi marginali costanti β = 10 e domanda p-s=a-q=20-q; quando ognuno
riceve in termini di sussidio esattamente quanto paga in imposte T = s q. Ricordando che il surplus
del consumatore è S = u - pq - T con u = a q - ½q2, è possibile calcolare le quantità q*, qs e il
surplus massimizzato S*, Ss quando il livello dei sussidi è nullo s=0 o ad es. pari a due s=2. Come
nel caso delle esternalità il consumatore finisce peggio, non perché è più povero ma perché sta
comprando una quantità eccessiva del bene sussidiato, partendo da una sottovalutazione del costo del
bene sussidiato. In assenza di sussidi, dall’eguaglianza tra prezzo e costo marginale p=β=10
otteniamo la quantità ottima q* = a-β= 10 e quindi il surplus del consumatore S = aq-½q2-pq =
200-50-100 = 50. Introducendo il sussidio s=2, dall’eguaglianza tra prezzo più sussidio e costo
marginale p + s = β = 10 otteniamo il prezzo netto ps = 8 e la quantità di equilibrio qs = a + s - β =
12 e quindi un minor surplus del consumatore Ss = a q - ½ q2 - p q - T = 240 - 144/2 - 96 - 24 = 48.
Una valutazione dei costi induce ad un errore di valutazione con conseguenze negative in termini di
benessere sociale.
Il problema di base, anche con i beni pubblici, è quindi che gli agenti economici non percepiscono
correttamente gli incentivi: nessuno paga e nessuno ottiene il bene, anche se questo vale più di quel
che costerebbe produrre. Le norme giuridiche e di comportamento sono promosse culturalmente e
sono sviluppate col tempo. Plasmando grandemente società e comportamenti, possono aiutare a
risolvere questi problemi. Tuttavia, quantomeno nel breve periodo è importante riconoscere il ruolo
degli incentivi privati nel motivare i comportamenti.
B. Informazioni e conseguenze sul mercato
Possiamo chiederci a questo punto, cosa rende le informazioni un bene difficile da produrre e
vendere sul mercato. Il problema è che è difficile proteggere i diritti della proprietà di un produttore
di informazioni. Se vendo una macchina, chi la compra può rivenderla solo rinunziando al suo uso.
Se fornisco un’informazione, sovente posso usare l’informazione e renderne partecipi tutti (amici e
vicini). Questo rende difficile per chi produce informazioni venderle per il loro intero valore. Lo
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stesso problema si manifesta con cd e file musicali, e-libri, programmi e software per computer. I
diritti di proprietà intellettuale possono essere pensati come un qualche genere di informazione. Le
informazioni sono quindi in parte un bene pubblico e, perciò sono sotto-prodotte.
Invece di comprare informazioni sulla qualità di beni da qualcuno che si specializza nel produrre
tali informazioni, spesso contiamo sul nome di una marca e su altri metodi indiretti (spesso
imperfetti) di valutare la qualità. In sostanza, il nome della marca rappresenta un genere di capitale
informativo. Ci può essere una migliore quantità disponibile da un produttore ignoto, ma il costo di
determinare che sia effettivamente di una quantità migliore può essere più grande dei probabili
risparmi. Non solo pensiamo che il prodotto di marca sia stato di buona qualità nel passato, ma
crediamo che vi sia un incentivo a mantenere la qualità nel presente e futuro, in modo da non
distruggere il valore della marca stessa.
Se compriamo solamente una volta o due all’anno un particolare prodotto, troviamo difficile
giudicare quale produttore sia il migliore. Dettaglianti di marca (catene o supermercati) risolvono
questo problema. Essi non producono cio che vendono ma lo selezionano. Comprando spesso
qualcosa da loro, è facile giudicare se “in media” trattino merci di buona qualità rispetto al prezzo.
La loro attività è imparare quali prodotti siano validi. Vendendoli con il loro marchio, vendono
implicitamente informazioni. Non rivelando il nome del produttore, prevengono la possibilità che
qualcuno rivenda le informazioni ad altri che comprerebbero la stessa marca in un altro negozio ad
un prezzo scontato. Tutto ciò che si può dire ad altri è comprare da quel dettagliante.
Ora ci si permetta di considerare il mercato di macchine usate. Il miglior modo di scoprire se una
macchina è un bidone è guidarla per un anno o due. Il venditore di una macchina usata ha fatto così;
ma non i potenziali acquirenti. Per semplificare la nostra analisi, supponiamo che vi siano solamente
due generi di macchine: quelle buone ed i bidoni e due generi di persone: venditori ed acquirenti.
Ogni venditore ha una macchina che è interessato a vendere se può realizzare un prezzo ragionevole.
La metà dei venditori ha macchine buone; l’altra metà ha bidoni. Ad ogni acquirente piace comprare
una macchina, se trova il prezzo ragionevole. Al contrario degli acquirenti, i venditori sanno
esattamente che genere di macchina possiedono.
Acquirenti e venditori, preferiscono le buone macchine ai bidoni. Ogni venditore valuta un bidone
4,000 € e una buona macchina 8,000 € ed è disposto a venderla ad ogni prezzo superiore di questa
valutazione. Gli acquirenti valutano i bidoni 5,000 € e le buone macchine 10,000€, e sono disposti ad
acquistare ad ogni prezzo inferiore a tali valutazioni. In equilibrio tutte le macchine dovrebbero
essere vendute - i bidoni tra € 4,000 e € 5,000, le buone macchine tra € 8,000 e € 10,000. C’è tuttavia
un problema. Gli acquirenti non possono stabilire, ad un costo ragionevole, se una macchina sia
effettivamente buona o sia un bidone. I venditori lo sanno, ma nessuno di loro ha modo di
trasmettere l’informazione, in quando è nell’interesse dei venditori, per chiedere un prezzo
maggiore, dire che la macchina è buona. Quindi, ogni acquirente in realtà sta partecipando ad un
gioco d’azzardo - comprando una lotteria con una data probabilità di trovare una buona macchina ed
una di trovare un bidone. Le probabilità sono 50 a 50, poiché la metà delle macchine sono bidoni.
Quindi, se gli acquirenti sono neutrali rispetto al rischio, offriranno non più della media dei valori
dei due tipi di macchine ovvero 7,500 €. A questo prezzo, i proprietari dei bidoni saranno contenti di
vendere, ma quelli di buone macchine lasceranno il mercato. Gli acquirenti comprendono questa
logica e ne traggono le conseguenze. Una macchina offerta al prezzo di mercato di 7,500 € non ha
una probabilità del 50 percento di essere buona, ma è certamente un bidone, dato che i proprietari di
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buone macchine rifiuteranno la migliore offerta che gli acquirenti sono disposti a fare. Gli acquirenti
prendendo questo fatto in considerazione, riducono di conseguenza le offerte sotto 5,000 €. Tutte le
macchine valgono più per gli acquirenti che per i venditori, ma solamente i bidoni possono essere
venduti.
Questo è un risultato inefficiente. Una soluzione possibile sarebbe, per il venditore con una buona
macchina, offrire una garanzia, forse di ricomprarla un anno più tardi per il prezzo di acquisto meno
il noleggio di un anno, se l’acquirente decide che la macchina è un bidone. Tuttavia, la condizione
della macchina dopo un anno dipende solo parzialmente dalla condizione odierna. Su ciò incide
indubbiamente il trattamento del nuovo proprietario. Nel mondo reale, come in questo caso, i
problemi di informazioni asimmetriche e di corretti incentivi tendono spesso una volta cacciati dalla
porta a rientrare dalla finestra.
Anche questo caso il fallimento del mercato dovrebbe essere interpretato in termini di efficienza,
piuttosto che di equità. Il costo maggiore della selezione avversa non è dopotutto, che alcune persone
comprino bidoni, credendo di comprare una buone auto. Il costo è che alcune macchine non sono
vendute, anche se in teoria sarebbe possibile e vantaggioso venderli.
In particolare, il teorema fondamentale del non decentramento (di Greenwald e Stiglitz) mostra
come l’asserzione che lo Stato non possa fare meglio del mercato sia falsa nel contesto di mercati
con scambio imperfetto di informazioni. L’intervento correttivo dello Stato, in questi mercati dove
prevalgono elementi di tipo assicurativo e/o di eterogeneità qualitativa dei prodotti, diviene un fatto
sistematico, ed una condizione di base per un funzionamento più efficiente del mercato.
Assumiamo che anche il governo abbia informazioni imperfette e debba sostenere costi di ricerca
o di informazione ed esaminiamo l’asimmetria informativa relativa alle caratteristiche qualitative dei
beni. Ad es. la qualità di un prodotto non é nota in situazioni di moral hazard con azione nascosta
(ad es. se lo sforzo del venditore non è osservabile), o adverse selection (ad es. se la caratteristica
del bene è un’informazione privata) quando gli acquisti non sono ripetuti nel tempo. Per fornire un
efficace intervento pubblico è utile distinguere innanzitutto tre tipi di beni: 1) “search goods”,
quando il consumatore conosce la qualità prima dell’acquisto, o viene garantito (warranty goods); 2)
“experience goods”, se il consumatore apprende la qualità dopo l’acquisto; 3) “credence goods”,
quando la qualità resta sconosciuta (che per semplicità trascuriamo).
Nel caso dei search goods anche se talvolta la presenza di informazione asimmetrica può risultare
nel completo fallimento del mercato (non vi è commercio anche se sono possibili scambi
vantaggiosi) non è sempre necessario un intervento regolamentatore esterno. Infatti, i problemi
possono essere efficacemente attenuati dalla presenza di garanzie, che servono da assicurazione per
gli acquirenti segnalando la qualità del prodotto, o dall’effetto reputazione (del venditore).
Considerando il problema della qualità eterogenea con experience good, se le autorità hanno
informazioni migliori sulla qualità dei prodotti ed esprimono preferenze collettive si rientra nella
casistica dei beni meritori. Assumiamo quindi che l’autorità abbia le stesse informazioni del
consumatore. I risultati di un intervento pubblico potrebbero essere ottenuti seguendo l’impostazione
di Coase con validi contratti privati che prevedano e regolino anticipatamente ed esaustivamente
tutte le possibili evenienze. Questi tuttavia, per essere efficienti, richiedono informazione perfetta e
assenza di costi negoziali. In presenza di informazione imperfetta e qualità eterogenea, un equilibrio
(privato) non solo non é Pareto-efficiente, ma neppure Pareto-efficiente-vincolato, cioè efficiente
data la struttura informativa, essendovi delle esternalità che non possono essere corrette. Ad es. i
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clienti più informati producono esternalità positive e l’intervento pubblico può far crescere il
benessere, riducendo il costo privato dell’informazione. L’intervento pubblico può quindi migliorare
l’allocazione di mercato.
Questo è un caso particolare del teorema fondamentale del non decentramento (di Greenwald e
Stiglitz), che indica come un’allocazione efficiente vincolata delle risorse sia conseguibile dal
mercato solo applicando un appropriato schema correttivo imposte-sussidi. In sostanza, dato un
equilibrio privato esiste un vettore di tasse/sussidi che lascia inalterato il livello di utilità dei
consumatori ed accresce le entrate dello Stato. Poiché nella realtà non esiste un insieme completo di
mercati, le conoscenze degli operatori sono imperfette, l’informazione è costosa ed esistono molti
elementi di assicurazione, il teorema del non decentramento suggerisce che si possono spesso
ottenere miglioramenti paretiani con l’intervento pubblico.
C. Separazione efficienza / equità
Soffermiamoci sul significato dei due teoremi fondamentali. In pratica, dal primo teorema
fondamentale dell’economia del benessere discende che l’equilibrio di un’economia perfettamente
concorrenziale è un’allocazione “pareto-efficiente”. Il secondo teorema fondamentale dell’economia
del benessere, mostra come sia possibile raggiungere all’interno di un sistema privato perfettamente
concorrenziale anche l’obiettivo di equità interpersonale, applicando strumenti di intervento che non
alterino il funzionamento dei mercato, come i trasferimenti a somma fissa (“lump sum”).
Si realizza così una separazione tra efficienza ed equità, nel senso che i due obiettivi possono
essere perseguiti con due strumenti distinti: utilizzando l’economia competitiva per conseguire
l’efficienza e servendosi di trasferimenti a somma fissa per raggiungere l’equità.
Da un lato però, date le imperfezioni delle economie private contemporanee, resta il problema di
individuare gli strumenti in grado di eliminare il problema delle esternalità e di favorire la
realizzazione di un sistema economico con mercati completi e perfettamente competitivi. La
presenza di economie di scala e di scopo e la non perfetta informazione degli operatori privati (che
genera condizioni di asimmetria informativa tra compratori ed acquirenti) sono tra le più importanti
ragioni teoriche che impediscono ai mercati di funzionare. In particolare dall’asimmetria informativa
derivano due fattispecie che risultano particolarmente rilevanti nel modificare l’efficienza operativa
di vari mercati (ad es. quelli assicurativi): azzardo morale (moral hazard) e selezione avversa
(adverse selection).
Ad es. nel contesto del mercato assicurativo, l’azzardo morale può consistere nel fatto che chi si è
totalmente assicurato è, proprio per questo, meno incentivato ad evitare il verificarsi dell’evento
oggetto dell’assicurazione, di quanto non sarebbe in assenza di copertura assicurativa. Da ciò deriva
che i rischi, per i quali il moral hazard rappresenta un problema molto rilevante, non vengono
completamente coperti da società di assicurazione private. L’equilibrio del mercato privato,
ammesso che esista, non è più quindi efficiente.
La selezione avversa dipende invece dal fatto che, data la distribuzione di probabilità del
verificarsi di un determinato evento all’interno di una certa popolazione di individui, gli individui
che corrono il rischio più elevato tendono ad assicurarsi e elevano il rischio medio sopportato
dall’assicuratore. Ne segue un aumento dei premi e la rinuncia ad assicurarsi da parte degli individui
meno rischiosi.
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Inoltre, la presenza di poteri monopolistici può comportare problemi di inefficienza allocativa (P
> Cmg) e produttiva (incentivi insufficienti alla riduzione dei costi ed all’innovazione). Come
vedremo in seguito tali problemi, che riducono la rilevanza pratica del primo e del secondo teorema
fondamentale, possono essere risolti o quantomeno alleviati alternativamente con il ricorso a forme
di regolamentazione o di competizione nel mercato, dato che spesso questi strumenti possono essere
parzialmente in conflitto tra loro.
Dall’altro lato, nella realtà i cittadini dispongono di informazioni private che non sono note alle
autorità pubbliche, che si trovano in condizioni di asimmetria informativa. È quindi meramente
teorica la possibilità di utilizzare i trasferimenti a somma fissa per raggiungere obiettivi di equità.
Venendo meno la possibilità da parte dello Stato di attuare meccanismi di redistribuzione di tipo
lump sum sono introdotte nel sistema economico forme di distorsione, che implicano perdite in
termine di benessere sociale. Lo Stato non si finanzia attraverso il ricavato della vendita di beni sul
mercato, ma tramite le imposte che acquisisce tramite un meccanismo che poggia sulla coazione. Da
tale potere coattivo sorgono alcuni vincoli (anche di natura giuridica) all’attività pubblica, assieme
ad una sorta di “responsabilità fiduciaria” nei confronti dei cittadini-contribuenti.
In pratica, lo Stato spesso non è in grado di attuare le politiche ottimali (di first best), date le
informazioni imperfette (in merito alle caratteristiche intrinseche degli agenti ed ai costi opportunità
delle varie alternative) e l’obbligo del rispetto di dati vincoli giuridici e di equità.
Bisogna poi considerare anche le altre difficoltà che incontra lo Stato quale organizzazione
economica. Come vedremo i meccanismi di acquisizione delle informazioni si basano sui messaggi
inviati dai componenti della collettività, ma questi soggetti sono spesso indotti ad operare
stategicamente nel loro interesse inviando falsi messaggi.
Inoltre, data la distinzione tra cittadini (beneficiari) e manager pubblici (che esercitano il potere
discrezionale), questi ultimi non potendosi avvantaggiare degli incrementi di valore derivanti dalla
loro attività, possono porre in atto meccanismi di appropriazione che generando perdite di efficienza
riducono il benessere collettivo. Infine, nell’ambito della politica redistributiva del settore pubblico,
può prevalere l’azione di gruppi di interesse che riescono a catturare gli operatori pubblici (se non
efficacemente controllati e/o incentivati) persuadendoli a fornire particolari trattamenti di favore,
compromettendo le finalità equitative dello Stato e creando notevoli costi economici per la
collettività.
L’asimmetria informativa fornisce quindi una spiegazione teorica dell’impossibilità di applicare
alcuni strumenti redistributivi in un contesto di first best. Fallisce quindi, per gli effetti distorsivi che
genera, il secondo teorema dell’economia del benessere. Essendo la distinzione tra strumenti idonei a
perseguire gli obiettivi allocativi e distributivi superata, si crea un trade-off efficienza-equità.
6. Cenni sul second best.
L’impossibilità di effettuare trasferimenti di tipo lump sum implica inoltre una situazione di
second best, nella fornitura di beni pubblici e nella regolamentazione della produzione privata. Il
problema si trasforma allora nella scelta di strumenti distorsivi ottimali, con cui alterare il
comportamento degli agenti al fine di conseguire un’allocazione ottima ma di second best,
ricorrendo ad una rinnovata teoria del benessere in un contesto di informazione imperfetta.
In parte abbiamo già evidenziato alcune conseguenze dell’impossibilità di utilizzare trasferimenti
lump sum condiderando gli ottimi paretiani vincolati, ovvero la frontiera non convessa e fortemente
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asimmetrica, generata redistribuendo attraverso un’imposta distorsiva sul reddito. Quando dei
vincoli limitano il funzionamento del sistema economico e/o l’intervento pubblico raggiungere
alcune delle condizioni di ottimo paretiano non implica necessariamente un aumento di benessere.
Ad esempio se in un mercato a causa della presenza di poteri monopolistici il prezzo è maggiore del
costo marginale imporre negli altri mercati l’eguaglianza prezzo costo marginale non è la soluzione
ottima anche quando possibile. Più vantaggiosa, in termini di benessere, è la soluzione dove vale
l’eguaglianza tra rapporto tra prezzi e tra costi marginali, in quanto evita di distorcere le scelte degli
operatori economici. Tale situazione è rappresentata nelle prime due figure a sinistra.
Partendo dalla eguaglianza TMS e rapporto tra i prezzi (tutti unitari per ipotesi) l’ottimo consiste
in equi consumo dei tre beni. L’incontro delle rette nel triangolo equilatero (dove i segmenti tangenti
ai tre lati hanno sempre somma pari all’altezza) nel baricentro indicano tale condizione. Le curve di
indifferenza all’interno del triangolo sono dati da cerchi concentrici aventi quindi il massimo nel
baricentro. Supponiamo ora che il sistema economico sia vincolato ad un rapporto tra i prezzi tra X e
Z indicato dalla retta YB’. Rispettare alternativamente una delle altre condizioni di ottimo XA o ZC
ci porta alle soluzioni E’ o E” che danno un livello di utilità inferiore alla E° dove nessuna delle
condizioni di first best è rispettata.
Questo è in pratica il messaggio derivante dalla teoria del second best: le condizioni di first best
valgono solo se realizzate contemporaneamente su tutti i mercati, (ii) realizzate in modo parziale non
conducono necessariamente al massimo benessere vincolato, i.e. ad un ottimo paretiano vincolato.
Tuttavia le indicazioni di first best possono comunque tornare di notevole qualche utilità se
ignoriamo la direzione nella quale si verifica la distorsione (TMS-TMT) che dal massimo benessere
W* può portarci alternativamente in W’ o in W”. Nel seguito supporremo come usale che il
benessere diminuisca in modo crescente al crescere della distorsione (i.e. allontanandosi dal punto di
ottimo; pari rispettivamente a 0 per F*, a B per F’ ed a C per F”). In generale una deviazione a destra
(rispetto al first best) in A con un benessere W’ (che ci conduce in B e quindi a W’) è ottima solo se
la funzione del benessere di second best è F’ e non F”. Se non sappiamo quale sia la situazione
effettiva è meglio non discostarsi da 0 ed accettare un benessere pari a W° (inferiore a W*) piuttosto
che rischiare di ottenere W^.
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