Lo Yoga della Libertà

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Lo Yoga della Libertà
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Indice
Lo Yoga della Libertà
Lo Yoga come Controllo della Mente e del Sé (quarta parte )
Terapia Yogica delle Malattie Comuni: Miopia e Presbiopia
Musica e Kirtan
Antar Mouna
Ajapa Dharana
Hasta Mudra Pranayama
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Lo Yoga della Libertà
Tratto da Swami Satyananda Saraswati, “Bhakti Yoga Sagar”, ed.
Shivananda Math, Fort, Munger, Bihar, India
Per chiunque voglia aver successo nello yoga, così come nella vita, i
risultati personali raggiunti e la prosperità non sono sufficienti. Per ottenere il successo, sono richiesti solo tre elementi: impegno, dedizione
e devozione a quello che è oltre se stessi. Se non saremo capaci di sviluppare queste tre qualità nel nostro yoga e nella nostra vita, non potremo mai trovare soddisfazione né appagamento. Il vero successo non
si misura dallo status, dalla situazione economica, né da alcun raggiungimento personale, ma da quanto uno è capace di offrire agli altri
nel momento del bisogno, per il loro sostegno e per l'eliminazione del
loro dolore.
L'uomo non è un'isola o un'unità separata fine a se stessa. Siamo
tutti parte integrante di questo mondo, di questo vasto universo. Siamo
nell'universo e l'universo è in noi. Nessuno è in alcun modo diverso da
un altro. Tutti siamo costituiti dalla stessa coscienza ed energia, dagli
stessi cinque elementi. Tutti respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua, mangiamo lo stesso cibo, camminiamo sulla stessa terra.
Tutti proviamo le medesime emozioni e pensiamo gli stessi pensieri.
Allora, cos’è che ci fa sentire diversi l'uno dall'altro? La nostra illusione riguardo al sé, il nostro senso di individualità, di importanza individuale, di egocentrismo, che impediscono la nostra visione di totalità, di unione con l'umanità e con l'intera creazione. Quando saremo
liberi? La libertà non è una merce che possa essere acquistata politicamente, socialmente o professionalmente. La libertà è una comprensione di se stessi in relazione agli altri, la parte in relazione all'intero.
Mai saremo liberi finché non impareremo a condividere con gli altri.
C'è sempre qualcuno che ha meno di noi, non conta quanto poco noi
abbiamo. Ci sono migliaia di modi per condividere la nostra conoscenza, le capacità, le abilità, l'esperienza, la fiducia, la fede, il denaro,
la proprietà, il cibo, gli abiti, i libri, le idee.
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Non è accumulando e arricchendoci che diventiamo liberi. Diventiamo liberi dando agli altri ciò che abbiamo. Le differenze nei modi e
nelle forme della nostra condivisione sono la misura della nostra libertà, della nostra capacità di realizzare Dio. Per Dio io non intendo il
Padre Santo che vive da qualche parte in alto nel cielo, ma la divinità
che risiede in noi e in tutti gli esseri, senzienti e non, in eguale misura.
Non c'è alcuna utilità nel costruire per noi stessi. Tutte queste accumulazioni diventano la nostra schiavitù, il nostro limite. Esse ci
mantengono rinchiusi lontano dalla realtà superiore, dalla visione della totalità. Più diamo più grandi diventiamo, perché impariamo a vedere noi stessi negli altri. La loro sofferenza diviene la nostra sofferenza
e la loro gioia la nostra gioia.
Una vita di acquisizioni egoistiche e di soddisfazioni materiali non
merita di essere vissuta né di morire per essa. Al suo termine cosa avremo che sia ancora nostro? Niente. Né il denaro, né gli averi, né le
proprietà, né la casa, né l’automobile, né il lavoro, né i rapporti personali, né gli amici potranno mai lasciare questa vita con noi. L'unica
cosa che verrà con noi l'ultimo giorno saranno i nostri karma, le nostre
azioni, siano esse positive o negative, egoistiche o altruistiche, e
nient’altro.
Questo è il motivo per cui in questa vita è molto importante porsi
sempre nella prospettiva di trovare delle opportunità per dare, servire
e contribuire in qualche modo al benessere e al miglioramento di
qualcun altro. Questo è il modo per ottenere felicità, appagamento e
trascendenza, in questa vita e nella vita a venire. Con ogni azione positiva rimuoviamo i legami di dieci anni di azioni negative. Diventiamo più luminosi, più giovani, più sani e più vitali.
Cos'è che ci rende cupi, vecchi, malati e oppressi? La causa non è
esterna; sono le nostre limitazioni interiori che ci legano ad una visione della vita ristretta ed egoistica. Questa è la causa di tutte le nostre
sofferenze. Per eliminare la nostra sofferenza dobbiamo rimuovere i
nostri limiti. Dobbiamo vivere per aiutare e servire gli altri e non noi
stessi. Dobbiamo andare oltre i nostri familiari più stretti e i nostri bisogni personali e sviluppare un'identità più ampia che comprenda l'intera umanità, l'intera creazione, l'intero cosmo. Questa è libertà, non
una qualsiasi ideologia politica, sociale o religiosa.
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Al giorno d'oggi, nei paesi occidentali, le persone hanno dimenticato lo spirito in cui lo yoga giunse loro inizialmente da questa terra.
Hanno costituito proprie federazioni e associazioni di yoga, ed eretto
alti steccati intorno ad esse. Ciascuno di loro dice: "Questo è il nostro
yoga. Nessun altro yoga è permesso qui. Impara il nostro metodo, insegna nel nostro modo o vattene". Così troviamo yoga britannico, yoga francese, yoga greco, yoga tedesco, yoga svedese, yoga italiano,
yoga giapponese, yoga statunitense, ma questi non sono gli yoga che
io insegno né che ho mai insegnato.
Ho insegnato solo uno yoga, quello che conduce alla libertà. Tutti
gli altri sono sentieri di schiavitù. Vi prego di non pensare che io stia
parlando contro qualsiasi insegnante o istituzione di yoga, ma sento
che l'attuale concetto e indirizzo dello yoga debbano cambiare. Lo yoga deve essere unificato, liberato da ideali separati, lotte di potere e
limitati concetti di successo spirituale.
Gli atteggiamenti devono cambiare, le barriere devono crollare, così che possa emergere un nuovo yoga. Questo sarà lo yoga dell'unità,
del dare, condividere ed elevarsi, come una squadra. Come organi e
parti di un corpo, dobbiamo lavorare insieme in uno sforzo coerente e
concordato per servire l'umanità, condividere la nostra conoscenza, i
nostri doni, le nostre capacità, la nostra fatica, per il bene comune, per
un mondo migliore.
Quando saremo capaci di vedere la malattia, la disarmonia e l'angoscia degli altri come nostra, e di iniziare ad alleviarla ed eliminarla
con i nostri sforzi uniti, allora il nostro yoga avrà bisogno di un unico
vessillo. Chiamatelo libertà, chiamatelo mukti, chiamatelo beatitudine.
Se siamo impegnati in un qualsiasi tipo di yoga per uno sviluppo, conoscenza ed evoluzione personale, quello yoga non ci aiuterà. Alla fine dovremo lasciarlo e cercare un altro sentiero.
Le strade del mondo sono molte, ma la strada verso Dio, lo spirito,
la divinità, è una. Dedicarsi all'innalzamento degli altri, vedere gli altri
in se stessi e se stessi negli altri; questo è lo yoga finale. Non c'è nessun altro modo per trasformare la nostra visione limitata ed egocentrica in una visione cosmica. Questa è la via e questo è lo yoga per il
prossimo secolo - chiamatelo "yoga della libertà".
Non c'è alcun bisogno di sprecare il tempo praticando altri yoga. La
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vita non ha abbastanza giorni, ore e minuti per mettere in atto tutte le
buone azioni che devono essere fatte per equilibrare le cattive azioni
che sono state fatte in precedenza. In questa nascita abbiamo l'opportunità di servire i poveri e gli oppressi offrendo cibo, abiti, denaro,
medicine, libri, giocattoli, strumenti da lavoro, materiale edilizio, biciclette, mucche, vitelli, ed altre cose che possono aiutare ad eliminare il
dolore dalla vita degli individui, famiglie e comunità.
Questo è il mio sentiero, e questo è lo yoga che desidero propagare
per il prossimo secolo per il benessere di tutta l'umanità e per il più alto successo dello yoga. Non c'è altro nirvana, nessun'altra illuminazione. Questo è il sentiero per la libertà.
Non è mia intenzione insultare o offendere il punto di vista, il concetto o la pratica di yoga di nessuno. Tuttavia, dobbiamo tenere a
mente che gli yoga espressi nel ventesimo secolo erano adatti ai bisogni e all'evoluzione dell'umanità di quel periodo. La forma di yoga,
perciò, era limitata all’autodisciplina, all'introspezione e al miglioramento individuale.
Ora lo yoga sta facendo un altro passo avanti. Si sta espandendo oltre i confini personali, egoistici e ristretti della pratica, degli insegnamenti e degli ideali individuali per includere un ampio spettro di devozione, dedizione e partecipazione integrale all'emancipazione umana.
Questo non è un mio ordine. È stato deciso da forze che sono oltre
di me. Non ci sarà altro modo per evolversi attraverso lo yoga. Tutti,
alla fine, dovranno abbattere le loro diverse barriere e insegne ed iniziare a lavorare insieme in un unico, coerente sforzo per elevare e liberare l'umanità da ogni forma di privazione e degradazione.
La miseria degli altri è la nostra miseria. Liberare qualcun altro dalla sua miseria è la nostra libertà, la nostra felicità e il nostro appagamento. Per non parlare della liberazione d'intere famiglie, comunità,
stati, nazioni e mondi. La libertà è infinita per quelli che camminano
nella luce di questo yoga, che intraprendono il sentiero del dare e condividere, che dedicano il loro tempo e il loro denaro all'elevazione degli altri.
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Lo Yoga come Controllo della Mente e del Sé
(quarta e ultima parte)
Satsang di Swami Niranjanananda Saraswati
Bad Konig (Germania) 28 ottobre 1995
Le vritti
Questa mattina abbiamo parlato delle cinque vritti. La prima è la conoscenza. Nel pratyahara la vritti della conoscenza è compresa nella
sua giusta prospettiva. Io ti vedo come una persona, guardo il tuo corpo, il tuo vestito, la tua pettinatura, il tuo fisico, e c’è un’accettazione
totale di questa immagine, non c’è negazione. C’è consapevolezza,
anche se tu fossi mio avversario, anche se fossimo in conflitto o ci
scontrassimo l’uno con l’altro. Ma che cosa si scontra realmente? Il
tuo corpo con il mio? No. Ci scontriamo a causa delle situazioni. Potremmo scontrarci a causa di alcune situazioni o incompatibilità di
certe cose tra noi. Ma questo è un livello differente che non dovrebbe
fermarmi dal negarti totalmente o dall’accettarti totalmente. La conoscenza è tale cosa. Guardiamo una persona, ne conosciamo la struttura
fisica, la personalità, conosciamo l’espressione della persona - espressione che può essere quella di un amico o quella di un avversario, non
c’è problema - l’espressione deve essere riconosciuta. Conosciamo il
potenziale della persona, conosciamo l’intera persona. Questa è la conoscenza. Questo succede attraverso l’estensione della consapevolezza, l’estensione della percezione.
Passiamo ora alla seconda vritti, la falsa conoscenza. La falsa conoscenza è un’idea concepita, che può non essere necessariamente vera.
È come se un vostro amico sostenesse che Swami Niranjan è una pessima persona. Voi non mi avete mai visto, ascoltate il vostro amico e
vi create un’impressione mentale che io sia una pessima persona. E se
per caso sentite che io sto venendo nella vostra città o nel vostro paese
o a casa vostra, allora direte: “No, io non voglio avere niente a che fare con quella persona”. Non succede questo molte volte? Veniamo influenzati e ci creiamo una nostra impressione personale mentale senza
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considerare qual è la realtà. Questa è una vritti, la falsa conoscenza.
Così è il riconoscimento della percezione interiore o di un’idea interiore in pratyahara, che ci permette di sviluppare la consapevolezza
della realtà e non delle idee immaginate. Ma il concetto di realtà deve
essere basato su di una consapevolezza più profonda e più elevata.
Dopo aver lavorato con le nostre idee rispetto a qualche cosa, rispetto
a noi stessi, rispetto alla nostra natura, rispetto alle altre persone, rispetto alla nostra filosofia, col divenire consapevoli interiormente del
processo mentale, possiamo discriminare tra il falso e il vero. Così lo
sviluppo di viveka è il prodotto di pratyahara. La capacità di discriminare tra il vero e il falso è il prodotto di pratyahara nel senso che ci
permette di penetrare nell’osservazione, di conoscere la verità effettiva e quindi accettarla.
Poi passiamo al livello di dharana, dove dobbiamo lavorare con altre due vritti, la terza, la vritti del conflitto, e la quarta, la vritti delle
impressioni, la memoria. Quando abbiamo sviluppato la consapevolezza della discriminazione, allora iniziamo ad osservare le aree di
conflitto. Perché facciamo esperienza del conflitto nella vita, sia esso
intellettuale, emotivo, sociale, nella situazione familiare o nei rapporti
personali? Cerchiamo di vedere qual è in realtà il nostro ruolo in relazione alla situazione che crea conflitto. Potete essere contenti di sentire che la maggior parte dei conflitti può essere facilmente gestita introducendo la consapevolezza nel vostro coinvolgimento e partecipazione. Siete d’accordo? Così la gestione della terza vritti è molto semplice.
Poi in dharana lavoriamo con la quarta vritti, la memoria. La memoria è la mente sottile. Il conflitto è la mente manifesta. Così dopo
che abbiamo affrontato la superficie della mente manifesta, andiamo
più in profondità nel regno della memoria. Nel regno della memoria si
riconoscono le tre memorie e le loro espressioni esterne: l’impressione
genetica, l’impressione culturale, l’impressione spirituale, sotto forma
di memorie molto profonde e intense, le quali si manifestano in forma
di samskara e che possono alterare il nostro comportamento, la nostra
partecipazione e percezione del mondo. In meditazione certe persone
fanno anche esperienza del ricordo di molti eventi che sono loro accaduti o che hanno scosso la loro vita fin dalla prima infanzia o a partire
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da altri momenti che avevano dimenticato. Così l’aspetto di dharana sviluppando la consapevolezza, la concentrazione e quindi identificando le aree della nostra personalità - è la forma di psicoterapia dello
yoga. La gestione della memoria e la gestione del conflitto sono la
psicoterapia yogica, attraverso cui le energie che sono espresse e gli
stati di consapevolezza che si manifestano nella vita sono in armonia
reciproca.
Quindi arriviamo allo stato di dhyana, che gestisce l’ultima vritti nidra, che vuol dire disconnettere la consapevolezza. Uso il termine
consapevolezza, non mente. Nello stato di dhyana c’è la disconnessione della consapevolezza dalle normali esperienze sensoriali esterne
quotidiane che creano un cambiamento nelle espressioni della nostra
mente e del nostro comportamento. Nello stato di dhyana c’è disconnessione della consapevolezza dalle esperienze esterne sensoriali,
mentali che inducono la nostra personalità ad esprimersi in una maniera predeterminata. Questa è la gestione della quinta vritti, cambiare la
programmazione genetica, culturale e spirituale, e fare esperienza della completezza interiore.
Così nello stato di dhyana avviene la reale trasformazione della
personalità e della coscienza umana, dove nuovi orizzonti di percezione, di creatività e di espressione si aprono al praticante. Dhyana diviene una via per esprimersi al meglio nella vita e non per sedersi con gli
occhi chiusi. Ecco perché all’inizio, questa mattina, ho citato quello
che Paramahamsaji dice a proposito di dhyana: "È un fuggire dentro
alla vita. Consente una totale partecipazione alla vita con una consapevolezza che è adeguatamente armonizzata e sintonizzata. Questa
consapevolezza, rappresentando lo stato di coscienza in evoluzione,
conduce verso la perfezione. Questo è il processo di meditazione che
possiamo cercare di sviluppare dedicandovi cinque minuti il mattino e
cinque minuti alla sera ogni giorno. Ci vorrà del tempo, non c’è dubbio, ma penso che sarà più veloce del vostro sforzo di praticare la meditazione per tre ore ogni giorno”.
Così quello che dovremmo cercare di fare, ogni qualvolta sia possibile, è seguire una routine di pratica di hatha yoga, di asana, di pranayama, di pratiche di purificazione, perché sono anch’esse necessarie
per armonizzare e purificare il corpo e risvegliarne le energie. Ma
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quello che è certo e che dovremmo stabilire come regola di vita lo stare con noi stessi cinque minuti al mattino e cinque minuti alla sera.
Non potete dire di non avere tempo per fare ciò. Avete un sacco di
tempo specialmente in bagno. Quello è un posto molto piacevole per
meditare. In ogni caso cosa fate lì? Invece di leggere una rivista, invece di pensare a qualche cosa, semplicemente lasciate che il naturale
processo del corpo elimini le impurità e voi eliminate le impurità della
mente. Da un lato escono le impurità fisiche, dall’altro escono le impurità mentali. Una buona combinazione. Perlomeno parlo per la mia
esperienza personale. Talvolta a causa della quantità di lavoro, quello
è un posto ideale per trovare la calma. Ed è un posto dove trovate
sempre tempo. Quindi non adducete come scusa il tempo per stare
cinque minuti con voi stessi di mattina e di sera. Sono sicuro che farete molto cammino.
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Terapia Yogica delle Malattie Comuni
Miopia e Presbiopia
Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”, edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
«Gli occhi sono lo specchio dell’anima e rivelano molto della nostra
vera natura. Contemporaneamente la vista è il nostro senso più prezioso. Facciamo affidamento sugli occhi per una grande percentuale delle
nostre informazioni concernenti il mondo esterno e la nostra comprensione della vita».
La frase «Vedi che cosa intendo?» implica che gran parte delle nostre funzioni mentali fa affidamento sulla vista. Allo stesso tempo è
stato riferito dagli yogi che essi non hanno bisogno degli occhi per vedere, essendo capaci di conoscere nei dettagli, attraverso strati superiori di coscienza, eventi che avvengono a grandi distanze dal loro
corpo fisico. La vista è, in verità, una cosa misteriosa.
Struttura dell’occhio
L’occhio è l’unica parte del cervello che si proietta all’esterno del cranio, la scatola ossea che protegge il cervello. La parte bianca
dell’occhio è chiamata sclera. Centralmente essa diventa trasparente
ed è chiamata cornea. Dietro alla cornea c’è l’iride, che conferisce
all’occhio il suo colore caratteristico. Il centro dell’iride è un foro
chiamato pupilla che permette alla luce di passare all’interno
dell’occhio. L’iride si contrae e si dilata costantemente per regolare la
quantità di luce che arriva all’occhio. Dietro alla cornea c’è il cristallino che adegua la nostra vista alla distanza. L’interno dell’occhio è
riempito con un fluido. La luce passa attraverso il cristallino e cade
sulla parete interna posteriore dell’occhio, chiamata retina. La retina
ha dei recettori sensoriali specializzati chiamati bastoncini e coni che
reagiscono all’ombreggiatura, al bianco e nero ed al colore. Le immagini proiettate sulla retina passano attraverso il nervo ottico alla parte
posteriore (occipitale) del cervello. Il cervello integra le immagini
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provenienti da entrambi gli occhi. Avendo una visione binoculare, due
occhi che focalizzano un oggetto, possiamo apprezzare profondità e
distanza, dimensione e rapporti spaziali. Sempre più vediamo che la
vista è veramente un miracolo della creazione.
Miopia e presbiopia
Il cristallino è situato al centro dell’occhio ed è responsabile della curvatura dei raggi di luce che entrano così da farli convergere sulla retina e quindi stimolare le cellule nervose a produrre una chiara ed accurata rappresentazione dell’immagine vista. Il processo di curvatura
della luce è chiamato rifrazione. Se il cristallino non riesce a focalizzare la luce esattamente sulla retina, la rappresentazione è confusa, e
questo è chiamato errore di rifrazione. Ciò può verificarsi anche perché la forma dell’occhio, da una sfera quasi perfetta, si altera allungandosi o accorciandosi. I seguenti errori di rifrazione sono i più comuni:
1. Miopia, in cui il cristallino è troppo spesso e l’immagine cade corta
sulla retina, con conseguente inabilità a focalizzare oggetti distanti.
Questo è più comune tra i giovani.
2. Ipermetropia (presbiopia) che è l’opposto della miopia. È più comune negli anziani.
3. Astigmatismo che è causato da variazioni e diseguaglianze nel cristallino.
Queste distorsioni delle funzioni dell’occhio sono così comuni al
giorno d’oggi che non riusciamo neanche a pensare che si possano
correggere in altro modo se on con gli occhiali. I nostri capelli cadono,
i denti devono essere estratti, la pelle raggrinzisce, gli occhi hanno bisogno degli occhiali. Diamo per scontati questi segni di invecchiamento, senza realizzare neanche per un momento che ci sono modi per
correggere certe forme di errori di rifrazione, specialmente quelli tra i
giovani.
Le esperienze di molte persone smentiscono l’idea che i problemi
degli occhi siano inevitabili e incurabili, e lo yoga sta giocando un
ruolo importante in questa rivoluzione.
Aldous Huxley, il famoso scrittore, a sedici anni era quasi cieco per
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una «keratite punctata», una condizione causata dall’opacità della cornea e peggiorata da presbiopia e astigmatismo.
Dopo alcuni mesi di esercizi speciali per gli occhi era in grado di
leggere senza occhiali e senza sforzo.
Il dottor William Bates era un oftalmologo che visse all’inizio di
questo secolo e che presentò un metodo rivoluzionario di rieducazione
visiva. Come giovane dottore, Bates non credeva che gli occhiali fossero l’unica risposta. Quarant’anni di ricerche diedero come risultato
una tecnica raffinata che si è dimostrata efficace in molti casi. Egli
sviluppò la teoria che una visione deficitaria fosse il risultato dello
sforzo di vedere a causa di stress emotivi e mentali, piuttosto che essere ereditaria, ed ideò dei metodi che includono la scansione, esercizi e
un metodo di rilassamento simile allo yoga nidra. Attraverso le sue
tecniche si verificano sprazzi di visione che aumentano in chiarezza e
durata nel corso del tempo, finché la nitidezza sostituisce l’immagine
sfocata.
Per capire come ciò può avvenire abbiamo bisogno di sapere un po’
di più sulle cause dei difetti degli occhi.
La causa basilare
Il cristallino è controllato dai muscoli ciliari che aggiustano la vista
per oggetti lontani e vicini. Quando guardiamo oggetti vicini si ha una
contrazione di questi muscoli, che causa un ispessimento del cristallino aumentando il suo potere. Quando guardiamo a distanza l’occhio
normale sistema i muscoli ciliari in una frazione di secondo. Questo
adeguamento avviene con incredibile precisione per darci
un’immagine costantemente nitida del mondo.
Nella miopia i muscoli ciliari sono costantemente contratti, in spasmo, impedendo al cristallino di adattarsi ad oggetti lontani. Lo spasmo è causato dallo sforzo per vedere. Per esempio la miopia è molto
comune nei giovani studenti che si sforzano costantemente mentre
leggono, forzando così i muscoli ciliari a contrarsi per periodi di tempo eccessivamente lunghi.
Il problema non è leggere, ma lo sforzo per leggere e capire, lunghe
ore, fatica, e uno stile di vita poco sano e squilibrato. Molti studenti
vivono in un mondo di oggetti vicini ed i loro occhi «dimenticano»
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come adattarsi alle lunghe distanze.
Questa può essere una delle ragioni per cui la miopia è così comune
nei giovani.
Lo sforzo per vedere o leggere, o per qualsiasi altro uso degli occhi,
è spesso accompagnato dallo sforzo degli altri muscoli facciali, della
fronte, delle tempie, delle mascelle e anche del collo e delle spalle. La
miopia e gli altri difetti degli occhi ricadono quindi nella categoria
delle tensioni generali mentali ed emotive e possono essere considerati
come disturbi psicosomatici.
Un altro interessante aspetto della tensione facciale e degli errori di
rifrazione è il fatto che dimentichiamo di battere le palpebre e questo
enfatizza lo sforzo. Battere le palpebre è vitale per mantenere gli occhi
umidi e sani e per proteggerli da oggetti estranei, come polvere, dita,
ecc.. Allo stesso tempo il battere le palpebre riposa momentaneamente
gli occhi. Quando ci sforziamo, anche il meccanismo di battere le palpebre ne soffre. Un esercizio interessante è sedersi e battere le palpebre consapevolmente alcune volte per sperimentare il suo effetto sullo
stato di tensione all’interno degli occhi.
Sicuramente il più comune errore rifrattivo degli anziani è
l’ipermetropia. Quando gli anni passano molti muscoli si indeboliscono e così è difficile per i muscoli ciliari contrarsi sufficientemente per
permettere al cristallino di adattarsi agli oggetti vicini. È anche abbastanza comune che per un certo tempo gli occhi miopi diventino normali prima che sopraggiunga l’ipermetropia. Molte persone si trovano
nella situazione di essere incapaci di focalizzare oggetti sia vicini sia
lontani e aver bisogno di lenti bifocali, la lente superiore per la distanza e quella inferiore per leggere.
Non c’è bisogno di ricordare che un controllo medico è essenziale
per escludere patologie tali come diabete, ipertensione, arteriosclerosi
o nefrite, che possono anche essere cause comuni di disturbi alla vista.
Correggere l’errore
Un metodo evidente per correggere la tensione e la debolezza dei muscoli rifrattivi dell’occhio è di avviare una serie di esercizi inizialmente per rilassare e quindi rafforzare non solo i muscoli stessi, ma anche
il nostro controllo su tali muscoli. Allo stesso tempo dobbiamo lavora13
re sulle tensioni generali del nostro corpo. Questo è un metodo di approccio al problema più sensato degli occhiali che tendono a immobilizzare il difetto dell’occhio e impedire il suo ritorno alla condizione
di normalità. Non dovremmo diventare dipendenti dagli occhiali o non
saremo più capaci di vedere senza di essi.
Insieme agli esercizi per gli occhi è necessario uno stile di vita che
stimoli la salute. La dieta dovrebbe essere semplice, leggera, priva di
raffinazioni e trasformazioni artificiali e da prodotti chimici. Nella
dieta dovrebbero essere inseriti, specialmente per i bambini piccoli,
vitamina A, proveniente da sostanze contenenti carotene giallo, come
carote e albicocche, vitamina B2, l’aminoacido essenziale triptofano
presente nel latte, e cibi contenenti vitamina C.
Asana
I seguenti esercizi neutralizzano la tensione oculare e ci insegnano
l’uso corretto di tutti i nostri muscoli oculari. Essi aiutano a rimuovere
le distorsioni del cristallino e dell’occhio stesso, e dovrebbero essere
inseriti nel nostro modello abituale di vita. Il capitolo del libro “Asana
Pranayama Mudra e Bandha” (Edizioni Satyananda Ashram Italia) e
intitolato “Esercizi per gli occhi” è una guida completa per la salute
degli occhi e per le patologie menzionate in questo capitolo, così come
per molte altre condizioni degli occhi. Essi possono essere praticati in
qualsiasi momento della giornata, tutti o in parte. Per esempio, strofinare intensamente le mani e poi coprire gli occhi con il palmo della
mano può essere praticato ogni volta che sono stanchi o quando vi
sentite affaticati. Gli esercizi agiscono sia sui muscoli ciliari interni sia
sui muscoli esterni che muovono gli occhi. Coprire con le mani gli occhi, guardare di lato, lontano e vicino, esercita particolarmente i muscoli ciliari.
Shambhavi mudra, che è presente nella serie suddetta, è di per se
stesso un potente elemento per canalizzare le energie praniche e psichiche. Esso stimola agya chakra, il terzo occhio, e stimolando questo
centro di consapevolezza intuitiva superiore ci permette di penetrare
all’interno di quei fattori molto potenti a livello sia mentale sia psichico che sono le cause primarie degli errori rifrattivi. Esso rilassa la tensione stimolando il centro ottico che è un potente generatore delle on14
de alfa, quelle onde che sono associate al rilassamento. Le onde alfa
sono generate semplicemente incrociando gli occhi. Shambhavi mudra
ci porta a stati meditativi e risveglia la visione interiore, la consapevolezza della dimensione spirituale.
Anche coprire gli occhi con le mani dopo averle strofinate è un esercizio rilassante, che produce onde alfa, in cui il calore generato dallo sfregamento dei palmi è utilizzato per calmare gli occhi. Contemporaneamente fissiamo l’infinito spazio scuro di chidakasha, avendo la
sensazione che i nostri occhi si stiano fondendo e stiano rilassando tutte le loro tensioni. Lo stesso effetto rilassante può essere ottenuto sedendosi ad occhi chiusi di fronte al sole che sorge o che tramonta. Si
sentiranno i raggi del sole penetrare profondamente negli occhi percependo una sensazione molto piacevole. In entrambi gli esercizi evitate
qualsiasi concentrazione. Semplicemente guardate fisso e permettete a
tutte le tensioni di sciogliersi.
Mentre praticate l’esercizio con i palmi delle mani è utile sistemare
un cartoncino con un numero o qualche simbolo scritto sopra, ad uno
o due piedi (cm.30,5 o 61) di fronte al viso. Mentre avete gli occhi coperti, mentalmente visualizzate in modo chiaro il simbolo, come se lo
vedeste molto chiaramente e assolutamente non sfocato. Dopo alcuni
minuti spostate le mani, aprite gli occhi e fissate delicatamente il simbolo che dovrebbe apparire abbastanza chiaramente per alcuni secondi
prima che le vecchie abitudini muscolari si riaffermino. Questo, dopo
un certo periodo, rieducherà i muscoli.
Sirshasana e sarvangasana sono utili per stimolare la circolazione
negli occhi: surya namaskara e surya bheda pranayama eliminano le
tensioni fisiche, stimolano pingala nadi, ci forniscono ulteriore energia
fisica aiutando così a stimolare la salute di tutto il corpo.
Hatha Yoga
Neti kriya agisce direttamente sui sistemi olfattivo e oculare, influenzando tutte le strutture del viso attraverso l’attività nervosa riflessa. È
una pratica particolarmente calmante e piacevole così come enormemente utile. Un medico professionista ha riferito che si è dimostrata
utile persino nel trattamento del tracoma, un’infezione degli occhi che
spesso porta alla cecità.
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Neti è utile in tutte le patologie oculari, così come per il mal di testa, i disturbi neurologici, tosse, influenza e così via. Esso agisce su
agya chakra e risveglia il prana nell’area facciale, riducendo in tal
modo le tensioni in tutta la muscolatura facciale così come nell’intero
complesso corpo/mente.
Amaroli giova agli occhi specialmente quando dell’urina fresca e
centrale, che può essere diluita secondo le necessità individuali, viene
versata direttamente negli occhi. Si può anche praticare neti con
l’urina (diluita con acqua). Se la pratica con amaroli dovesse essere
difficile, si può sostituire con acqua fresca.
Trataka è un kriya yogico molto potente che è utile specialmente
per la miopia. Se la vostra visione migliora quando socchiudete gli occhi, o quando guardate attraverso il piccolo buco ottenuto piegando le
prime due dita della mano, allora trataka su una macchia nera produrrà
un immenso beneficio. Trataka è il modo migliore per sradicare
l’abitudine di sforzarsi e sbarrare gli occhi, sostituendola con
l’abitudine ad un delicato e controllato fissare. Esso agisce sull’intero
sistema ottico e stabilizza il turbolento e vagante fluire della mente
nevrotica e ansiosa.
Sappiamo che nell’ansietà e nella tensione mentale gli occhi vagano e sono instabili. In alcuni casi l’individuo non può guardare dritto
negli occhi la persona con cui sta parlando.
Le tensioni mentali sono la causa di base di molti disturbi agli occhi, agendo sulla muscolatura sia interna che esterna dell’occhio. Stabilizzando lo sguardo si riducono le tensioni e l’irrequietezza della
mente e della muscolatura. La pratica di trataka ha un’influenza molto
potente su molti livelli della nostra personalità.
Una forma modificata o adattata di trataka è chiamata «fissazione
centrale». L’occhio normale forma immagini intorno al punto centrale
della retina chiamato macula lutea o «macchia di luce». Il resto del
campo visivo è vago e meno definito. Possiamo divenire consapevoli
di questo processo soprattutto leggendo o scrivendo. Mentre leggete
cercate di mantenere la vista proprio sotto alla riga che stiamo leggendo. Mentre gli occhi si spostano da una parte all’altra siate consapevoli che la parola più vicina al punto di «fissazione centrale» appare più
distinta delle altre. Mentre scrivete siate consapevoli della punta della
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penna dove la chiarezza è maggiore, e siate consapevoli del resto della
pagina. Questo tende ad espandere il campo visivo, così da poter accogliere non solo l’area centrale ma anche gli spazi esterni meno definiti. Si genera il rilassamento.
Rilassamento
Yoga nidra è uno dei metodi di rilassamento più scientifici finora concepiti. Agisce ai livelli più profondi del nostro essere, riducendo quelle tensioni che causano la maggior parte delle malattie e dei problemi
della nostra vita. Trattando direttamente i problemi degli occhi possiamo dedicare più tempo lavorando sugli occhi e sulla struttura facciale durante la rotazione della consapevolezza nel corpo. Durante la
consapevolezza del respiro il suo movimento dovrebbe essere percepito nella regione facciale o come se entrasse e uscisse da agya chakra,
muovendosi su di una linea retta da bhrumadhya, il centro tra le sopracciglia, al retro della testa. È anche molto utile il movimento del
respiro nelle narici, che sale fino a unirsi al centro tra le sopracciglia e
scende attraverso i due passaggi conici delle narici.
La combinazione dei metodi citati è un approccio potente per rimuovere errori rifrattivi, riottenere una vista normale e risvegliare la
visione interiore ed una consapevolezza intuitiva superiore.
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Musica e Kirtan
Tratto da: “Sankirtan”, ed. Satyananda Yoga Ashram, Mangrove
Mountain, Australia
La musica è Nada Yoga. Le differenti note musicali hanno le loro corrispondenti nadi, o canali sottili, in connessione con i chakra; la musica fa vibrare queste nadi, le purifica e risveglia il potere psichico e spirituale che dorme in esse.
Swami Sivananda
La musica è il mezzo per esprimere le emozioni. La musica suscita
amore e infonde speranza. Ha innumerevoli voci e strumenti. La musica è nei cuori di tutti gli uomini e donne.
Swami Sivananda
La musica conforta, calma e rallegra le persone quando sono afflitte.
Conforta le persone sole e angosciate. La musica rimuove le preoccupazioni, gli affanni e le ansietà. Vi fa dimenticare il mondo. L’uomo
desidera la musica per rilassarsi ed elevarsi.
Swami Sivananda
Il kirtan non può essere compreso con l’intelletto perché è connesso
principalmente con la personalità emozionale dell’individuo. Le emozioni sono strumenti molto potenti poiché con l’intelletto non potete
andare molto in profondità, non potete realizzare la vostra coscienza,
potete sì conoscere molte cose ma non ne potete fare esperienza. È la
differenza fra conoscenza ed esperienza.
Swami Satyananda
Il kirtan non è solo un’esplosione emozionale, piuttosto diviene il
mezzo attraverso cui c'immergiamo profondamente nelle nostre emozioni e facciamo esperienza della nostra espansione interiore.
Swami Niranjan
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Antar Mouna
Tratto da Swami Satyananda Saraswati, “Meditations from the Tantras”, edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Trascrizione di una Lezione Completa di Antar Mouna
Nei numeri scorsi del periodico Yoga abbiamo pubblicato i primi
quattro stadi della pratica di Antar Mouna. Presentiamo ora il quinto e
ultimo stadio.
Stadio 5: Questo è il quinto gradino di antar mouna. Guardate dentro di
voi. Consapevolezza dello spazio interiore, consapevolezza dello spazio
interiore, consapevolezza dello spazio interiore.
Siate consapevoli di chidakasha - siate consapevoli dello spazio interiore, siate consapevoli dello spazio interiore senza colore e senza
forma della vostra psiche, e poi siate consapevoli dei pensieri.
Se pensate qualche pensiero, se arriva un pensiero nella mente,
cancellatelo, allontanatelo, immediatamente, senza rifletterci sopra.
Mantenetevi assolutamente attenti, nel senso che se arriva un pensiero alla mente, immediatamente lo allontanate.
Non riflettete sopra al pensiero, non riconoscetelo per niente.
Un pensiero arriva, e voi subito allontanatelo. Questo è lo stadio
dove si pratica l’assenza di pensiero.
Ogni pensiero che arriva in chidakasha, ogni pensiero che si manifesta da dentro di voi - e si manifesterà - deve essere cancellato.
E se al posto di pensieri a livello cosciente si manifestano forme o
visioni, allora dovrete usare un metodo differente, e questo è il metodo di dissolvere la forma nell’assenza di forma.
Qualche volta guardate nello spazio interiore e lo spazio è privo di
colore e forma. Ma in certi casi delle forme, come sogni o come visioni, sicuramente non idee o immaginazioni naturali ma forme nitide emergono alla superficie della coscienza.
E mettiamo che l’immagine sia un uccello, o una donna, o un albero, o un paesaggio, immediatamente dovreste cercare di dissolverla,
come se una goccia d’acqua fosse fatta cadere sulla tela dove avete
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fatto un disegno. Troverete che in un momento tutto il disegno, tutta l’opera d’arte si è dissolta.
Dunque, in questo stadio ci sono due differenti sadhana.
Uno è che divenite consapevoli dello spazio interiore.
Divenite consapevoli dello spazio interiore, e se arriva qualche idea
in forma di pensiero o immaginazione semplicemente ve ne sbarazzate. Cercate di mantenere uno stato di assenza di pensieri. Cercate
di mantenere uno stato di assenza di pensieri restando consapevoli
di un solo pensiero che è «non devo avere alcun pensiero».
Questo è lo stato reale di silenzio interiore in cui ogni pensiero che
cerca di manifestarsi alla superficie interiore della coscienza è immediatamente eliminato, non lo si lascia manifestare, non lo si lascia manifestare.
E le forme e le visioni che affluiscono alla superficie della coscienza devono essere adeguatamente e appropriatamente dissolte nel
chidakasha senza forma che è nel vostro sé psichico, che è la vostra
personalità psichica.
“Non voglio alcun pensiero, non voglio alcun pensiero, non voglio
pensare ad alcun pensiero”. Solo un pensiero, solo un pensiero deve
essere lasciato nella vostra coscienza, e questo unico pensiero è
“Non devo avere alcun pensiero”.
Il primo stadio del silenzio interiore, parlando in generale, è divenire consapevoli delle esperienze sensoriali con assoluta indifferenza
e con l’attitudine del testimone.
Il secondo stadio è lo spontaneo andare e venire del processo del
pensiero.
Il terzo è pensare volontariamente, riflettere volontariamente, e eliminare volontariamente i vostri pensieri.
Il quarto è l’espressione dei pensieri spontanei e la loro eliminazione volontariamente.
Il quinto è l’assenza del processo del pensiero, ogni pensiero che
emana dalla coscienza deve essere immediatamente eliminato.
Non dovreste lasciare che la mente pensi alcun pensiero, e se la
mente cerca di farlo, semplicemente eliminatelo.
Questo è il perfetto silenzio interiore.
Ora aprite gli occhi e rilassate il corpo.
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Ajapa Dharana
Tratto da Swami Niranjanananda Saraswati, “Dharana Darshan”, edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Introduzione
La parola japa può essere definita come la continua ripetizione di un
mantra. Quando il suffisso «a» è posto all’inizio, implica che il processo di ripetizione del mantra diviene spontaneo. Così, ajapa è la ripetizione continua del mantra e dharana è concentrazione focalizzata.
Ajapa dharana è quindi una forma di concentrazione unidirezionale
sulla ripetizione spontanea del mantra. Japa si trasforma in ajapa negli
stadi di dharana in cui il mantra ripete se stesso spontaneamente, senza
alcuno sforzo. Come la concentrazione diviene sempre più focalizzata
su japa, l’intero essere di una persona inizia a pulsare con il mantra.
Japa richiede lo sforzo continuo, cosciente di ripetere il mantra verbalmente o mentalmente e di far scorrere i grani del mala, mentre ajapa non richiede alcuno sforzo. Si dice che japa proviene dalla bocca,
laddove ajapa proviene dal respiro e dal cuore. Japa è la pratica preliminare di ripetizione del mantra e ajapa è il perfezionamento di questa
pratica.
Sadhana vedico
Il sadhana di ajapa è antico quanto le Upanishad. In certe Upanishad
yogiche, come la Yogashiksha, potete trovare certi passaggi e stanze
che dichiarano che il respiro entra con il suono So ed esce con il suono
Ham. Questo è il Gayatri ajapa che il jiva ripete continuamente. Valmiki fu iniziato da Narada allo “Ulta Nama” che è un vero e proprio
ajapa. Anche ora coloro che seguono il Nirguna Panth (sampradaya)
come Radhaswami Panth, Kabir Panth, ecc., praticano ajapa. Anche
gli antichi saggi praticavano ajapa.
Anche Gandhi scrisse che il nome dovrebbe essere ripetuto
dall’interno del cuore, non dalla bocca. Quando il nome proviene dalla
bocca è chiamato japa. Un santo musulmano, mentre parlava di ajapa,
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disse: “Io faccio esperienza della quarta dimensione della coscienza” e
aggiunse: “Questa consapevolezza di Ham inizia da nabhi chakra.
Quando sale, si capovolge. Così voi producete Ham da nabhi chakra.
Quando è stato completato, allora lo capovolgete in So. Ora diviene
Hamso”.
Anche nella Bhagavad Gita c’è un chiaro riferimento ad ajapa japa.
Si dice: “Alcuni fondono prana in apana, altri apana in prana, e altri
ancora il prana nel prana. Prana è il respiro che entra, apana il respiro
che esce. So rappresenta prana, Ham rappresenta apana. Così alcuni
aspiranti fondono prana con apana, ad esempio congiungono So con
Ham che diventa Soham. Altri aspiranti congiungono apana con prana, ad esempio congiungono Ham con So, che diventa Hamso. Ci sono altri sadhaka che congiungono prana con prana, di cui verrà trattato
successivamente.
L’importanza di ajapa dharana
Nella Gita vi è ancora un riferimento ad ajapa. Si dice: “Dopo aver bilanciato prana e apana che si muovono nella regione nasale, lasciate
che il flusso di inspirazione ed espirazione nelle narici sia uguale in
lunghezza e durata”. Questa pratica di ajapa è stata illustrata negli shastra come viloma ajapa. È una pratica completa in se stessa e attraverso di essa si può accedere ai reami spirituali anche senza l’aiuto di un
guru. Nella pratica perfetta di trataka uno ottiene la visualizzazione interiore dell’oggetto su cui sta meditando. ma dopo di ciò il percorso è
chiuso. Così non potete raggiungere lo stato di samadhi da soli senza
l’aiuto di altre pratiche yoga. Avete bisogno di un guru che vi dica
qual è la pratica successiva. Nel caso di ajapa, invece, non avete bisogno di un guru.
Vi sono alcune pratiche yoga che rendono la mente introversa e
conducono verso una sospensione automatica del respiro. La difficoltà
è che gli aspiranti divengono estroversi dopo un breve tempo perché la
capacità dei loro polmoni non è adeguata. Questa difficoltà è sentita
da molti aspiranti. Nella pratica di ajapa japa, invece, questa difficoltà
è eliminata grazie alla continua rotazione del respiro. In secondo luogo la serie di ajapa dharana è completa in se stessa e, attraverso di essa, si può direttamente avere l’esperienza del samadhi. Per raggiunge22
re samadhi, in tutte le altre pratiche di yoga, si deve controllare il respiro. Quando il respiro è sospeso, ha luogo kumbhaka. Invece, per
tutto il tempo della pratica di ajapa japa, il respiro rimane continuo e
anche in samadhi non si modifica.
Nelle Upanishad si dice che si dovrebbe praticare anahad japa, una
forma di japa che non finisce mai. Japa deve essere protratto
all’infinito. Noi non conosciamo alcun mantra così, tuttavia è necessario un metodo per ripetere il mantra in modo tale che non abbia fine.
Questo si ottiene attraverso la pratica di ajapa japa quando il mantra è
armonizzato con il processo del respiro e così la sua consapevolezza
continua per tutto il tempo.
Swara e sushumna
Nelle Upanishad c’è una parabola che riguarda due uccelli, uno nero e
uno bianco, che erano legati a un paletto con due corde. Essi cercarono molte volte di volare, ma ogni volta dovettero tornare indietro poiché erano legati. Alla fine si stancarono e si addormentarono in pace
vicino al paletto. Questa spiegazione si riferisce a ida e pingala. Il
flusso della narice destra corrisponde a pingala, o surya nadi, e il flusso della narice sinistra corrisponde a ida, o chandra nadi. Il funzionamento alternato di ida e pingala ci tiene lontani dalla nostra coscienza
interiore. Finché lavorano in modo alternato non si può raggiungere il
samadhi. È solo quando i due uccelli (ida e pingala) sono stanchi e si
ritirano nel loro centro, ad esempio il cuore o il Sé, che sushumna si
sveglia e il processo di meditazione diviene automatico.
Secondo lo swara yoga, quando entrambe le narici funzionano in
maniera uguale, ciò indica che sta fluendo sushumna. In quel momento si dovrebbe lasciare da parte ogni attività mondana e meditare. È
un’esperienza comune che talvolta la meditazione è splendida perché
c’è armonia nell’intero sistema. Quando sushumna non funziona, tuttavia non potete concentrarvi, neanche sforzandovi. Così è importante
che il funzionamento di ida e pingala sia armonizzato attraverso la
meditazione su di esse, in modo da rendere possibile a sushumna di
aprirsi.
Per fermare la catena dei pensieri, dovete osservare il respiro. Dovete vedere il movimento del respiro in maniera cosciente. Durante a23
japa dovete avere una completa e incessante consapevolezza di quello
che state facendo. Lasciate che la coscienza sia continua come un rivolo d’olio che non s'interrompe a metà. Ciò è chiamato swadhyaya.
Qui swadhyaya non vuol dire studio delle scritture. Vuol dire consapevolezza continua di quello che state facendo.
Consapevolezza del respiro
Il primo punto di ajapa japa è la consapevolezza del respiro naturale.
Voi respirate 15 volte ogni minuto, 900 volte in un’ora e 21.600 volte
in 24 ore, ma non siete mai consapevoli di ciò. Siete consapevoli di
ogni altra cosa eccetto che del processo più vitale. Respirare è la chiave della vita ed è anche la base di dharana e della meditazione.
Il secondo punto è la consapevolezza delle quattro differenti dimensioni del respiro che sono:
1. naturale
2. più profondo del naturale
3. rilassato
4. sospeso.
Potete osservare queste quattro dimensioni da soli quando andate a letto. Quando vi sdraiate il vostro respiro diviene naturale. Con la sonnolenza, il respiro naturale diventa più profondo. Come vi addormentate,
il respiro diviene molto rilassato e si può sentire un leggero russare.
Qualche volta, durante il sonno profondo, il respiro viene sospeso,
causando il vostro immediato risveglio.
Queste stesse quattro dimensioni del respiro avvengono anche durante la meditazione. Se vi concentrate sul respiro naturale per
mezz’ora o più senza fare sforzi di nessun tipo, troverete che esso diviene sempre più profondo. Alla fine diverrà molto rilassato e si sentirà un debole suono come il russare nella gola. Nella meditazione molto profonda avviene anche la sospensione del respiro. Durante
l’inspirazione o l’espirazione, il respiro si ferma per mezzo minuto o
per un minuto.
Movimento del respiro
Il terzo punto di ajapa japa è la consapevolezza del movimento del re24
spiro mentre fluisce attraverso il corpo. Per esempio, divenire consapevoli del movimento naturale del respiro dall’ombelico alla gola durante l’inspirazione e dalla gola all’ombelico durante l’espirazione.
Dopo uno o due minuti troverete che la dimensione del respiro è cambiata. Lo sentirete divenire più profondo del normale, mentre sale e
scende.
Allora potete praticare la circolazione del respiro attraverso ogni
parte del corpo: stomaco, torace, la sommità del capo, ecc.. Potete anche combinare il movimento del respiro con differenti forme, come un
triangolo, un quadrato, un esagono, una circonferenza. Immaginate
due triangoli che s'intersecano in anahata, uno verso il basso e uno
verso l’alto, e cercare di renderli uno con il movimento del respiro.
Il movimento del respiro può essere praticato in ogni modo possibile, ma il più importante è la consapevolezza del respiro attraverso i
passaggi psichici. Vi sono un infinito numero di passaggi psichici nel
corpo, ma il più importante è sushumna nadi, nel midollo spinale. Gli
altri passaggi psichici principali sono il passaggio frontale e i passaggi
di ida e pingala.
Passaggio psichico
Il quarto punto in ajapa japa è il passaggio psichico. Secondo la fisiologia yogica il prana fluisce attraverso 72.000 nadi o passaggi pranici.
Nadi vuol dire flusso o corrente. Tra le 72.000 nadi attraverso cui fluisce il prana, dieci sono le principali, e tre quelle di maggiore importanza. Di queste tre, una è la chiave. Questa è conosciuta come sushumna, che fluisce lungo il canale centrale del midollo spinale. Le
altre due sono situate a sinistra e a destra di sushumna. Sono chiamate
ida, quella mentale, e pingala, quella vitale. Sushumna è responsabile
della consapevolezza spirituale. Ida dirige tutte le funzioni mentali e
pingala dirige tutte le funzioni vitali. In tal modo queste tre nadi controllano tutte le funzioni del corpo.
Ida, pingala e sushumna hanno inizio in muladhara chakra, nel perineo, che è situato a metà tra l’ano e l’organo sessuale negli uomini e
nella cervice nella donna. Da muladhara queste tre nadi continuano fino all’osso sacro e salgono lungo la il midollo spinale fino ad agya
chakra, situato dietro al centro tra le sopracciglia. Ida e pingala termi25
nano qui, ma sushumna continua fino a sahasrara, il chakra più alto alla sommità del capo, dove ha luogo la liberazione o moksha. Così sushumna è il canale attraverso cui ha luogo il risveglio spirituale. Per
questo è il passaggio psichico principale.
Suono psichico
Il quinto punto in ajapa japa è il suono psichico o mantra che è integrato con il respiro. Quando inspirate, il respiro spontaneamente produce il suono So, e quando espirate, il respiro produce il suono Ham.
La cosa più importante è che il respiro e il mantra divengano un’unica
cosa. All’inizio siete consapevoli del respiro che fluisce dentro e fuori.
Ma successivamente, quando integrate il mantra con il respiro, i due
diventano uno - Soham. Mentre respirate lungo il passaggio psichico,
dovete divenire consapevoli del movimento del respiro combinato con
il movimento del potente suono Soham.
Questo procedimento purifica le nadi. Quando il mantra si risveglia
nel respiro, tutto il corpo si ricarica. Le tossine psichiche vengono eliminate e i blocchi nelle nadi, che sono la fonte principale dei disturbi
fisici e mentali, vengono rimossi. Il suono psichico, il mantra Soham,
dovrebbe risvegliare i passaggi psichici e permeare tutte le particelle
del corpo. Sushumna è atma, la coscienza superiore. Quando sushumna inizia a vibrare, la consapevolezza del sé diviene attiva. Quando ida
comincia a vibrare la forza mentale diviene attiva. Quando pingala
comincia a vibrare, il prana o forza vitale diviene attiva e l’energia
fluisce attraverso il sistema dell’individuo, fino ad estendersi al di là
del corpo fisico.
Risveglio di sushumna
Quando sushumna inizia a vibrare con l’aiuto della concentrazione sul
prana, mentre il respiro e il mantra salgono e scendono, vi è un risveglio dei più alti reami della coscienza. Allora si producono suoni interiori o psichici, che sono chiamati nada. Nell’immobilità della dimensione interiore, s'inizia a sentire un suono di campana, di conchiglia, di
flauto, di tamburi, una musica celestiale, il rombo del mare, lampi e
tuoni. Non uno ma molti suoni possono essere sentiti. Anche altre e26
sperienze interiori hanno luogo in nuove e differenti dimensioni che
indicano che i karma e i samskara iniziano a essere eliminati, risolti
simbolicamente.
Quando il risveglio di sushumna ha luogo con l’aiuto di mantra
shakti, avviene in modo simbolico l’eliminazione del karma. Questo
ha come risultato l’emergere di suoni interiori e di esperienze fantastiche. Sentite musica e vedete colori, animali, simboli, ecc.. Allo stesso
tempo, potete sentire che gli orizzonti si allontanano sempre più da voi
e il vostro corpo si espande come se fosse stato riempito d’aria fino a
scoppiare.
Queste e molte altre esperienze piene di significato, prive di significato, rilevanti, irrilevanti, strane e ordinarie avvengono. Tutte emergono dalla vostra coscienza più profonda. Appartengono tutte a voi.
Le avete acquisite in questa vita o le avete ereditate dai vostri genitori
assieme alle molecole del DNA.
Ajapa dharana è la base per kundalini yoga. Con questa pratica inizia la vera concentrazione, o dharana. Quando ajapa dharana è perfezionata e pienamente realizzata, la mente diviene totalmente concentrata. In questo modo dhyana, o meditazione spontanea, fiorisce.
Nei prossimi numeri del periodico pubblicheremo i primi quattro stadi della
pratica di ajapa dharana.
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Hasta Mudra Pranayama
Tratto da: Swami Niranjanananda Saraswati, “Prana, Pranayama, Prana Vidya”, edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Hasta Mudra Pranayama
Le quattro tecniche descritte utilizzano particolari posizioni delle mani
conosciute come hasta mudra o mudra della mano.
I mudra sono tecniche sottili, e i loro effetti possono non essere
immediatamente percepibili nel corpo fisico se non ci sono consapevolezza e sensibilità. Essi influenzano direttamente i polmoni, ossigenando i lobi inferiori, medi e superiori ed indirettamente altri organi
vitali. Anche la stimolazione dei pancha vayu è correlata a ciascuna di
queste pratiche.
Queste tecniche sono descritte anche come pranayama terapeutici
poiché si ritiene che curino vari disturbi di specifiche aree del corpo.
Tutti e quattro dovrebbero essere praticati insieme, nella sequenza
mostrata benché, per scopi curativi, necessiti essere applicata solo la
pratica attinente al caso specifico.
Tecnica 1: Chin Mudra Pranayama
Sedete in vajrasana, o in qualsiasi altra posizione che tenga la colonna vertebrale eretta.
Ponete le mani sulle cosce in chin mudra, con i palmi rivolti verso
l'alto.
Con entrambe le narici aperte, inspirate, quindi trattenete il respiro,
espirate, poi trattenete il respiro fuori, con un ritmo complessivo di
1:1:2:1.
Praticando una respirazione di durata confortevole continuate per
27 cicli.
Benefici: questo pranayama ossigena i lobi inferiori dei polmoni e
stimoli la regione sotto l'ombelico, la regione di apana vayu. Il suo
effetto terapeutico si ha nella regione inferiore dell’addome.
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Tecnica 2: Chinmaya Mudra Pranayama
Sedete in vajrasana, o in qualsiasi altra posizione che mantenga la
colonna vertebrale eretta.
Ponete le mani in chinmaya mudra, i palmi sulle cosce rivolti verso
il basso.
Respirate con kumbhaka ad un ritmo di 1:1:2:1.
Non forzate.
Continuate per 27 cicli.
Benefici: chinmaya pranayama ossigeni i lobi centrali dei polmoni.
L'energia pranica è diretta all'area tra l'ombelico e la gola, la regione di samana e di prana vayu. Si ritiene che sia di beneficio per tutti
i disturbi dei polmoni
Tecnica 3: Aadi Mudra Pranayama
Sedete in vajrasana o in qualsiasi altra posizione adatta.
Mettete le mani in aadi mudra sulle cosce, con il dorso delle mani
rivolto verso l'alto; non stringete troppo il pollice.
Respirate allo stesso ritmo di prima, 1:1:2:1.
Continuate per 27 cicli.
Benefici: aadi mudra pranayama ossigena i lobi superiori dei polmoni,
muovendo l'energia pranica verso il collo e la testa, la regione di
udana vayu. Viene indicato come utile per la cura di mal di testa,
emicrania, mal d’orecchie, ecc.
Tecnica 4: Brahma Mudra Pranayama
Sedete in vajrasana, o in qualsiasi altra postura adatta.
Praticate brahma mudra con le nocche delle mani unite e i pollici
lontani dal corpo.
Praticate il pranayama allo stesso ritmo, 1:1:2:1.
Continuate per 27 cicli.
Benefici: il beneficio di brahma mudra pranayama è una generale rivitalizzazione di tutto il corpo attraverso la stimolazione di vyana vayu.
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Questo completa i pranayama dei quattro mudra. Se potete praticare
ciascuno di essi per 27 cicli, avrete eseguito i 108 cicli della pratica
completa.
Chin Mudra
Gli indici di entrambe le mani sono piegati con la punta collocata alla
radice del pollice. Le altre tre dita devono essere dritte ma rilassate. Le
mani sono sulle ginocchia con i palmi rivolti verso l’alto.
Chinmaya Mudra
La posizione del pollice e dell’indice rimane la stessa come in chin
mudra. Piegate le tre dita tese in modo che le punte tocchino o siano
rivolte verso il palmo. Le mani sono sulle ginocchia con i palmi verso
l’alto o verso il basso.
Aadi Mudra
Piegate il pollice nel palmo della mano, poi lentamente avvolgete ogni
dito sul pollice formando un pugno. Mettete le mani sulle ginocchia
con i palmi verso l’alto o verso il basso.
Brahma Mudra
Piegate i pollici all’interno della mano e piegate le dita sopra i pollici.
Ponete il dorso delle mani sulle cosce e portate le nocche delle mani in
contatto. Il lato delle mani dalla parte dei pollici è esterno rispetto al
corpo; le unghie sono visibili; il lato delle mani dalla parte dei mignoli
è vicino al corpo. Ponete le mani unite contro il corpo all’altezza
dell’osso pubico.
Pe le immagini dei mudra e dei pranayama fare riferimento al testo
Prana, Pranayama, Prana Vidya pubblicato in italiano dalle Edizioni
Satyananda Ashram Italia.
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