Sabina De Luca, Direttore Generale Dipartimento

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Sabina De Luca, Direttore Generale Dipartimento
Sabina De Luca, Direttore Generale Dipartimento per le Politiche di Sviluppo,
Ministero dello Sviluppo Economico∗
Il Quadro Strategico Nazionale e le “tre Italie”
Il Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 è lo strumento di inquadramento nazionale
delle politiche di sviluppo cofinanziate dai fondi strutturali che, per scelta unica nel
panorama europeo e che l'Italia ha voluto compiere autonomamente, orienta non solo le
risorse comunitarie, ma anche le risorse della politica regionale nazionale, cioè quelle
che derivano dal FAS, Fondo Aree Sottoutilizzate.
Le caratteristiche fondamentali di questo impianto sono nate dalla consapevolezza della
necessità di unificare le due fonti ed i diversi strumenti di intervento sul territorio,
per massimizzarne gli effetti. Questa scelta della unitarietà della programmazione ha
comportato una prima, fondamentale, decisione sancita dalla Legge finanziaria 2007, e
che è stata quella di dare un orizzonte settennale al Fondo aree sottoutilizzate, in
coerenza con il ciclo di programmazione dei fondi strutturali.
Lo stesso Quadro Strategico ha poi sviluppato, tanto nella definizione della strategia di
intervento, quanto nella individuazione delle modalità attuative e di governance, le
soluzioni atte ad assicurare l’unitarietà effettiva della programmazione, salvaguardando,
laddove necessario, la specificità dei diversi strumenti.
Una prima specificità è quella che vede i fondi strutturali diretti a tre aree obiettivo.
Il primo obiettivo è la “Convergenza” per le Regioni in ritardo di sviluppo, ovvero quelle
Regioni il cui PIL pro-capite è inferiore al 75% della media comunitaria. Si tratta delle
quattro Regioni: Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, più la Basilicata in phasing-out
statistico, che presenta un livello di PIL pro-capite superiore alla suddetta soglia in
conseguenza della diminuzione del PIL medio europeo dopo l'allargamento dell'UE con
l'ingresso dei nuovi Stati membri.
Il secondo obiettivo è: Competitività Regionale e Occupazione (CRO), che riguarda
tutte le altre Regioni non ricomprese nell’area “Convergenza”.
Il terzo obiettivo è la Cooperazione Territoriale, che riguarda programmi comuni che
Regioni di diversi Stati membri realizzano assieme per affrontare tematiche comuni e
fare scambi di esperienze. Questo obiettivo pur non essendo molto consistente dal punto
di vista finanziario ha un significato molto rilevante dal punto di vista dell'integrazione
europea, poiché consente di valorizzare il potenziale competitivo regionale e locale
frenato dall’esistenza di confini amministrativi.
La prima osservazione che vorrei fare è che per questo ciclo di programmazione, mentre
abbiamo una chiara identificazione concettuale dell'obiettivo Convergenza, non abbiamo
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Si riporta l’intervento ed a seguire le slide della Dr.ssa De Luca.
più un'identificazione univoca dal punto di vista concettuale, della mission dell'obiettivo
Competitività, nel quale è ricompresa la maggior parte delle Regioni Italiane. Tra il 1996
ed il 2006 l’Italia, infatti, ha visto uscire 3 milioni di abitanti dall'Obiettivo 1, contribuendo
così in misura significativa alla complessiva riduzione del numero di Regioni in ritardo di
sviluppo verificatasi a livello europeo. Tuttavia, come emerso chiaramente nell'analisi
che abbiamo fatto all'interno del Quadro Strategico Nazionale, le dinamiche di
sviluppo economico e sociale sono fortemente differenziate a livello territoriale e
non sono adeguatamente rappresentate dall'appartenenza alle due aree obiettivo.
Infatti, una peculiarità del tutto italiana è che all’interno dell'obiettivo Competitività sono
ricomprese assieme sia Regioni fra le più sviluppate dell’UE, sia Regioni appena uscite
dall'obiettivo Convergenza, ma che non hanno ancora consolidato condizioni di sviluppo
stabili e durature. L'area CRO si presenta, quindi, disomogenea, ed è perciò
fondamentale nella programmazione degli interventi individuare le caratteristiche e le
opportunità specifiche dei singoli territori target e la loro condizione relativa.
A differenza della programmazione comunitaria, la politica regionale nazionale mantiene
invece il suo riferimento al Mezzogiorno, in considerazione non solo delle specifiche
finalità di riequilibrio economico e sociale cui è destinato il FAS, ma soprattutto delle
potenzialità comuni, che, come vedremo più avanti, il Mezzogiorno può efficacemente
valorizzare solo attraverso una politica di “area”.
Fatte salve queste specificità e le diverse condizioni di ammissibilità che ne derivano per
i diversi strumenti di intervento, è stata costruita una strategia di intervento unitaria per
tutto il Paese.
L’analisi condotta nel QSN ha portato infatti, ad individuare i fattori strutturali di ritardo
che sono comuni a tutto il Paese pur presentandosi con intensità differente nei diversi
contesti territoriali:
1)
inadeguata qualità del capitale umano;
2)
scarsa innovazione imprenditoriale;
3)
inadeguatezza dei servizi di pubblica utilità;
4)
scarsa efficienza del mercato dei capitali.
Per quanto riguarda il capitale umano, l’attenzione va rivolta innanzitutto
all'istruzione: tutte le indagini internazionali convergono nel mostrare che gli studenti
italiani hanno un significativo ritardo nei livelli sia di conoscenza, sia di competenza.
Questo ritardo nazionale è frutto però di una forte differenziazione territoriale fra le
diverse macro aree del Paese. A fronte dei buoni risultati del Nord, si registrano infatti
carenze molto gravi al Sud (dove oltre uno studente su cinque, in matematica, e uno su
sette, in lettura, è incapace di affrontare con sufficiente grado di padronanza i compiti
più elementari e di routine), a causa principalmente di un contesto economico sociale e
territoriale peggiore rispetto non solo al nord ma anche al centro.
Tuttavia oltre al divario nord-sud, un altro elemento di differenziazione, meno conosciuto,
evidenziato dal “Quaderno Bianco sulla Scuola” frutto della collaborazione tra il Ministero
dell’Istruzione e il Ministero dell’Economia riguarda i risultati insoddisfacenti delle Regioni
del centro: in questo caso sono i problemi interni di governo della scuola a determinare il
ritardo osservato.
Per quanto riguarda la scarsa innovazione, questo è un problema che accomuna tutto il
Paese, che presenta performance molto al di sotto degli obiettivi posti dalla Strategia di
Lisbona per l’intera U.E. per tutti gli indicatori rilevanti.
Quanto ai servizi di pubblica utilità i ritardi più gravi si concentrano nelle regioni
dell’obiettivo Convergenza, ma si estendono anche alle Regioni del Mezzogiorno incluse
nell’obiettivo “Competitività”.
Infine, l'ultimo fattore di freno, la scarsa efficienza dei mercati di capitali, misurata
sull’intensità creditizia, riguarda il sud, nel suo complesso, pur risultando particolarmente
accentuato nelle Regioni Convergenza. Se invece guardiamo al capitale di rischio, il
ritardo è comune a tutto il Paese: in tutte le Regioni si registra una dimensione ancora
molto esigua del mercato di riferimento.
Nel complesso, quindi, le analisi effettuate fanno emergere una situazione articolata in
cui:
−
sono soprattutto le Regioni del Mezzogiorno (sia Convergenza, sia Competitività) a
manifestare le maggiori difficoltà su quasi tutte le dimensioni considerate;
−
per alcune dimensioni, tuttavia, la graduatoria fra Regioni non rispecchia la
graduatoria in termini di PIL pro-capite;
−
per alcuni temi emergono elementi problematici che accomunano tutto il Paese e
segnalano la rilevanza dell’analisi condotta a livello nazionale;
−
per molti aspetti le evidenze statistiche segnalano la necessità di andare oltre
l’analisi di macro area e macrobiettivo territoriale.
Sulla base di queste analisi sono state delineate le indicazioni fondamentali per la
proposta strategica:
1)
costruire una strategia unitaria per l'intero Paese;
2)
determinare l'intensità dell'intervento nelle diverse aree del Paese in relazione
alla diversa intensità dei fattori strutturali, di ritardo e al modo con cui essi
dispiegano i loro effetti.
3)
mantenere il sud come area target della politica regionale nazionale, nella
consapevolezza che non si tratta più di un’area omogenea sotto il profilo
dell'arretratezza, quanto di un’area che ha delle opportunità comuni di sviluppo che
solo attraverso soluzioni strategiche condivise potranno essere valorizzate;
4)
calibrare in modo molto fine, all'interno degli strumenti di programmazione
operativa, le strategie, in modo da prendere in considerazione le singole
caratteristiche e le peculiarità dei territori target.
Nell’ambito di queste direttrici fondamentali è stata attribuita grande rilevanza agli
obiettivi di Lisbona, in coerenza con la riforma della politica di coesione comunitaria
2007-2013, che noi stessi abbiamo orientato, sulla base di una impostazione che vede
la competitività delle Regioni al centro della politica di coesione. Non solo riteniamo non
ci sia tensione tra competitività e coesione, ma siamo anzi convinti che la coesione
rappresenta uno strumento formidabile per migliorare la competitività dell'Unione
Europea nel suo complesso, perché offre l'opportunità anche ai territori che sono in
ritardo di valorizzare il loro potenziale inutilizzato e accedere a condizioni competitive
migliori.
Inoltre, abbiamo ricevuto dalla Commissione Europea una forte sollecitazione per la
promozione dell'efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili: si tratta di
una grandissima opportunità che intendiamo valorizzare in chiave di sviluppo attraverso
l’attivazione di nuove filiere produttive che incorporano innovazione tecnologica.
Abbiamo anche fissato ex-ante le risorse che all’interno delle aree obiettivo verranno
destinate a tali finalità: per l'obiettivo competitività abbiamo deciso di destinare
all'energia il 12% delle risorse complessive (8% dell’obiettivo Convergenza).
Infine, l’elemento più qualificante del Quadro risiede nella scelta di adottare un
meccanismo premiale per le Regioni del Mezzogiorno (dove, come si è detto, si
concentrano i più gravi ritardi nell’offerta dei servizi essenziali) vincolato al
conseguimento di risultati verificabili nella qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Gli ambiti prescelti (qualità dell’istruzione, rifiuti, acqua e servizi di cura per i bambini e la
popolazione anziana) scaturiscono direttamente dalle analisi effettuate, e segnalano i
servizi dove occorre raggiungere condizioni di accesso più eque, essendo nella maggior
parte dei casi ambiti dove il divario con il centro nord è molto forte e alimenta
l’arretratezza del Mezzogiorno.
Le risorse destinate a questa nuova premialità sono pari a 3 miliardi di euro; la loro
attribuzione è condizionata al raggiungimento dei valori obiettivo di 11 indicatori che
misurano la qualità e la disponibilità dei servizi offerti. A questo meccanismo premiale
partecipano tutte le Regioni del Mezzogiorno e il Ministero della Pubblica Istruzione (per
l’ambito di competenza). Sono previsti due step di verifica: il primo al 2009, con il quale
si misura il miglioramento rispetto alla situazione attuale (distanza colmata); quello finale
al 2013 per la verifica del raggiungimento dei target prefissati.
Attraverso questa nuova premialità si è voluto dare un chiaro segnale di orientamento
della programmazione al conseguimento di risultati finali, misurati in termini di
miglioramento degli standard di vita dei cittadini.
E’ con questo obiettivo che si deve quindi misurare il confronto politico-sociale sulla
politica regionale ed è ancora su questo obiettivo che le Amministrazioni scommettono la
credibilità della propria politica.
Vorrei infine chiudere ricordando un tratto peculiare e unificante del Quadro Strategico
Nazionale, derivante dalla scelta di due programmi interregionali, “Energie rinnovabili e
Risparmio energetico” e “Attrattori naturali, culturali e Turismo”. Due programmi in cui le
Regioni assieme individuano una strategia unificante, con il contributo e la
collaborazione delle amministrazioni centrali per una politica di area su tematiche al
cento delle strategie di sviluppo 2007-2013.
Questo nuovo approccio comporta un lavoro particolarmente impegnativo, come in tutti i
casi in cui si produce innovazione, ma riteniamo che possa indurre quel salto di qualità
richiesto dagli ambiziosi obiettivi che ci siamo dati.
A seguire si riportano le slide della Dr.ssa De Luca