Shut In - Persinsala.it

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Recensioni cinema e film | Persinsala.it Michele Parrinello
5 dicembre 2016
Doppia recensione di Shut In, pellicola diretta da Farren
Blackburn.
La notte è buia e piena di sbadigli
di Michele Parrinello
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Naomi Watts non è una ragione sufficiente per vedere Shut in. Il thriller di
Blackburn infatti è noioso, inconcludente e privo della minima tensione. Il
colpo di scena telefonato e incoerente affossa definitivamente le sorti di
una pellicola da dimenticare.
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Mary è una psicologa specializzata nel trattamento di turbe infantili e
giovanili. Il suo studio è adiacente alla dimora in cui vive, nelle profondità
boscose del New England, da quando il figliastro è rimasto in stato
vegetativo in conseguenza a un incidente stradale in cui il marito ha perso
la vita.
Quando uno dei bambini che ha in cura si rifugia da lei per sfuggire a un
destino in un istituto per ragazzini sordomuti, Mary non riesce a trattenerlo
con sé. Presa dai sensi di colpa, però, intraprende la sua ricerca, mentre
fenomeni al limite del paranormale cominciano a perseguitarla e a
infestare la casa in cui vive.
Shut In può essere preso a paradigma di tutto ciò che un film di genere
non dovrebbe essere e delle strade che, approcciandosi alla realizzazione
di un prodotto figlio dell’intrattenimento a dimensione del brivido, non
andrebbero intraprese.
Il primo spunto di riflessione non può che essere fornito dalla mossa di
marketing che più dovrebbe saltare all’occhio del potenziale spettatore: la
scelta di un’attrice nota e talentuosa da sbandierare in testa alla locandina
come sinonimo di potenziale qualità. Naomi Watts ha dimostrato di essere
una caratterista solida e performante fin dal suo scabroso exploit targato
Lynch, e anche in quest’occasione si strugge d’impegno, ci mette la faccia
e il corpo, ma il suo apporto non è sufficiente a tenere a galla la zattera
della credibilità e a gonfiare le vele della tensione.
Le cause concomitanti sono molteplici e si possono ricondurre a tutti gli
aspetti del ventagli produttivo: la regia di Farren Blackburn si lascia
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andare allo sporadico virtuosismo (giochi di specchi, punti di vista
ricercati) per vivacizzare la tendenza soporifera che aleggia fin dalle
primissime battute, ma finisce per planare nella speranza di un goffo
atterraggio piuttosto che far volare l’immaginazione o il raccapriccio.
La messa in scena tenta di accumulare tensione per sottrazione ma le
situazioni in cui si ritrova la malcapitata Mary rasentano la stupidità e
vengono affossate dall’estensivo ricorso a un repertorio trito e ritrito fatto
di apparizioni a cavallo tra realtà e allucinazione, incubi tangibili e scare
jumps comandati da archi dissonanti.
Il colpo di scena rivelatore si intuisce fin dal principio e il suo sviluppo
lascia esterrefatti per banalità, incoerenza e inattendibilità medica, oltre
che abbandonare lo spettatore a languire nella distaccata indifferenza.
Non c’è una scena che brilli per originalità o efficacia e la pellicola finisce
per (ri)pescare a piene mani dall’immaginario orrorifico (quello vero),
spesso riducendosi al limite del plagio (Shining scopiazzato in almeno tre
situazioni), dello scimmiottamento e della comicità involontaria.
Shut in non segue la traccia della distruttiva paranoia della sua
protagonista, forse l’unica che avrebbe potuto salvare il film, e si ritrova a
non avere niente da aggiungere a quanto già espresso centinaia di volte
da thriller analoghi e in generale da dire o da trasmettere. È incoerente,
noioso e telefonato nei suoi interminabili novanta minuti. L’unico vero
brivido in grado di generare è quello che corre lungo la schiena all’atto
dell’acquisto del biglietto.
Ingegnoso l’espediente in un film “già visto”
di Laura Silvestri
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Maine, Stati Uniti. Una psicologa infantile tenta di rimettere in piedi la sua
vita dopo l’incidente che ha ucciso il marito e ridotto il figliastro in stato
vegetativo. La scomparsa di Tom, uno dei suoi giovani pazienti, dà luogo a
una serie di eventi che la porteranno a dubitare della sua stessa lucidità
mentale.
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Una madre disperata. Un adolescente su una sedia a rotelle. Un bambino
scomparso. Sono questi gli elementi portanti del thriller drama diretto da
Farren Blackburn, il regista inglese già al comando di film come Hammer
of the Gods e episodi di numerose serie tv, tra cui gli acclamati Marvel’s
Daredevil, The Fades – per il quale nel 2012 vince un BAFTA TV Award,
l’equivalente inglese degli Emmy – e lo speciale di Natale di Doctor Who.
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Con una sceneggiatura di Christina Hodson, il film che vede protagonista
Naomi Watts (The Impossible, Mulholland Drive) non riesce a colpire
nel segno.
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Nonostante l’intensità interpretativa dei più giovani attori, Charlie Heaton
(Stranger Things) e Jacob Tremblay (Room), la pellicola utilizza tutti i
cliché del genere, senza però aggiungere elementi caratterizzanti freschi e
originali, correndo quindi il rischio di risultare poco accattivante e sapere
di “già visto”. A partire dal luogo isolato, una casa su un lago – le riprese si
sono alternate tra Québec e British Columbia – passando per lo stato
indefinito tra sogno, allucinazione e realtà della protagonista, sembra di
assistere a un “taglia e cuci” di più illustri predecessori.
La storia, specialmente dopo l’introduzione del personaggio di Tremblay,
genera, sì, empatia nello spettatore, ma non abbastanza da fargli
dimenticare di essere davanti a uno schermo. Per quanto ci provi, l’effetto
desiderato non si manifesta.
Ingegnoso invece l’espediente delle sessioni terapeutiche via Skype tra
Mary (Watts) e il suo psicologo, interpretato da un notevole Oliver Platt
(The Ticket, Frank and Cindy), che aggiunge gravità alla pellicola.
In definitiva, un’opera che trova nel cast più che nella realizzazione
tecnica il suo punto di forza, ma che manca degli elementi fondamentali
per diventare un caposaldo del genere.
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Titolo originale: Shut In
Nazionalità: Stati Uniti d’America
Anno: 2016
Genere: Thriller
Durata: 91′
Regia: Farren Blackburn
Interpreti: Naomi Watts, Oliver Platt, Charlie Heaton, David Cubitt, Jacob Tremblay
Sceneggiatura: Christina Hodson
Produzione: Ariel Zeitoun, Claude Leger, Christina Habler, Transfilm, EuropaCorp, Lava Bear Films,
Transfilm International
Distribuzione: Notorious Pictures
Fotografia: Yves Belanger
Costumi: Odette Gadoury
Montaggio: Baxter Maryline Monthieux
Musiche: Nathaniel Mechaly
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Nelle sale italiane da giorno 7 Dicembre 2016
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