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OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA DELL’UNIONE EUROPEA
GENNAIO - FEBBRAIO 2016
AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2016
a cura di MARIA NOVELLA MASSETANI
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
nella causa C – 428 / 14
DHL Express (Italy) S.r.l. e a. / Autorità Garante della Concorrenza e del mercato
e a.
La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia rientra
nell’ambito della concorrenza.
Il regolamento n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 ha lo scopo di garantire
un’applicazione uniforme delle regole della concorrenza negli Stati membri attraverso
un meccanismo di cooperazione tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della
concorrenza, detto European Competition Network (d’ora in poi ECN). Il suddetto ECN
ha adottato un programma-modello di clemenza.
In Italia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM) ha
scelto un modello che prevede un sistema di clemenza , secondo cui l’ autorità garante
della concorrenza esonera dal pagamento dell’ammenda le imprese che denunciano la
propria partecipazione ad un’intesa, sempre che sia la prima a fornire informazioni
idonee e a consentire, quindi, l’accertamento di una violazione delle regole della
concorrenza. La finalità consiste nel promuovere l’individuazione di comportamenti
illeciti, incoraggiando i partecipanti alle intese a denunciare.
L’AGCM ha stabilito che diverse imprese avevano partecipato a un’intesa nel settore
dei servizi di trasporto internazionale di merci su strada da e per l’Italia. Avendo la
Schenker presentato per prima la domanda di clemenza, non è stata condannata ad
alcuna ammenda. Le altre imprese, però, ritenendo ingiusta la decisione, propongono
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ricorso al Consiglio di Stato che si rivolge alla Corte di Giustizia per interpretare il
diritto europeo in materia.
I giudici comunitari ricordano la propria giurisprudenza, affermando che gli strumenti
adottati, tra cui il programma di clemenza di cui si tratta, dall’ECN non hanno effetto
vincolante nei confronti delle autorità nazionali garanti della concorrenza, ciò
indipendentemente dalla natura di tali autorità. I programmi di clemenza dell’Unione e
degli Stati membri coesistono in modo autonomo. Il diritto dell’Unione non osta a un
regime nazionale di clemenza che consenta di accettare la domanda semplificata
d’immunità da parte di un’impresa, qualora quest’ultima abbia presentato
parallelamente alla Commissione non una domanda d’immunità totale, bensì una mera
domanda di riduzione di ammende. In conclusione il diritto nazionale può prevedere che
un’impresa, che non sia la prima a depositare una domanda d’immunità presso la
Commissione e che possa unicamente beneficiare dinanzi a quest’ultima di una
riduzione di ammende, possa presentare una domanda semplificata all’ autorità garante
nazionale.
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
nella causa C – 515 / 14
Commissione / Cipro
La fattispecie concreta, oggetto della pronuncia, si occupa della normativa di Cipro che
prevede che un dipendente pubblico, di età inferiore ai quarantacinque anni, che si
dimette dal proprio impiego nella funzione pubblica cipriota per esercitare un’attività
lavorativa in uno Stato membro diverso da Cipro o una funzione nell’ambito di
un’istituzione comunitaria o di un’altra organizzazione internazionale, percepisce
unicamente una somma forfettaria e perde i diritti alla pensione. Diversamente, invece,
è previsto per i dipendenti pubblici che continuano a lavorare a Cipro, che lasciano il
loro impiego nella funzione pubblica per esercitare altre funzioni pubbliche a Cipro.
Il diritto comunitario, ai sensi del Trattato all’art 45, paragrafo 1, garantisce la libera
circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione: i lavoratori migranti beneficiano
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della totalizzazione di tutti i periodi assicurativi affinché sia garantita l’unità della loro
carriera in materia di previdenza sociale.
La Corte di Giustizia adita afferma che i lavoratori migranti non devono perdere i diritti
alle prestazioni di previdenza sociale e nemmeno subire una riduzione dell’importo
delle stesse per il fatto di aver esercitato il diritto alla libera circolazione, previsto dal
Trattato. La normativa di Cipro pregiudica l’esercizio del diritto dei dipendenti pubblici
del loro diritto alla libera circolazione e costituisce un ostacolo alla libera circolazione
dei lavoratori. Tale disciplina è idonea a impedire ai dipendenti pubblici di lasciare il
loro Stato di origine per accettare un impiego in un altro Stato membro: condiziona
direttamente l’accesso dei dipendenti pubblici ciprioti al mercato del lavoro negli Stati
membri diversi da Cipro. La normativa nazionale può costituire un ostacolo giustificato
ad una libertà fondamentale qualora sia dettata da motivi di ordine economico che
perseguono uno scopo di interesse generale. Le autorità nazionali, qualora adottino un
provvedimento in deroga al principio comunitario devono provare, caso per caso, che
tale provvedimento sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo. In conclusione,
la normativa cipriota sui diritti a pensione, che svantaggia i lavoratori migranti rispetto a
coloro che non si spostano da Cipro, è contrario al diritto comunitario.
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
nella causa C – 601 / 15
J. N. / Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie
La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia prende inizio
dal fatto che un uomo ha presentato più volte domanda d’asilo nei Paesi Bassi che sono
state sempre respinte, fino a che all’ultimo rifiuto lo Stato ha intimato di lasciare
immediatamente l’Unione Europea ed è stato posto in stato di trattenimento.
Il giudice nazionale si interroga sulla validità della direttiva 2013/33 del parlamento
europeo e del consiglio del 26 giugno 2013, che autorizza il trattenimento di un
richiedente asilo quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine
pubblico.
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La Corte di Giustizia interpellata afferma che la misura del trattenimento risponde ad un
obiettivo di interesse generale, d’altra parte la tutela della sicurezza nazionale e
dell’ordine pubblico contribuiscono parimenti alla tutela dei diritti e le libertà altrui.
Tenuto conto dell’importanza del diritto alla libertà e della gravità dell’ingerenza che
una misura di trattenimento costituisce, la Corte afferma che le restrizioni all’esercizio
di tale diritto devono operare entro limiti dello stretto necessario. La possibilità di
trattenere un richiedente asilo è subordinata al rispetto di condizioni che riguardano la
durata delle detenzione che deve essere la più breve possibile.
Il rigoroso inquadramento cui è soggetto il potere riconosciuto alle autorità nazionali
competenti è garantito dall’interpretazione delle nozioni di sicurezza nazionale e di
ordine pubblico. Quest’ultima nozione presuppone, oltre che perturbazione dell’ordine
sociale, l’esistenza di una minaccia reale attuale e sufficientemente grave nei confronti
di un interesse fondamentale della società.
La nozione di pubblica sicurezza comprende la sicurezza interna ed esterna di uno Stato
membro. Quindi il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici
essenziali e la sopravvivenza della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi di
rapporti internazionali possono ledere la pubblica sicurezza.
I giudici comunitari affermano, inoltre, che dal dovere di lealtà degli Stati membri e
dalle esigenze di efficacia discende che l’obbligo per gli Stati membri di procedere
all’allontanamento deve essere adempiuto con la massima celerità. La Corte rileva che,
autorizzando gli Stati membri ad adottare misure di trattenimento per motivi di
sicurezza nazionale o di ordine pubblico, la direttiva non è in contrasto con il livello di
protezione offerto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo che permette il
trattenimento di una persona contro la quale è in corso un procedimento di espulsione.
La validità della direttiva 2013/33 nella misura in cui è inquadrata al fine di soddisfare i
requisiti di proporzionalità, non può essere rimessa in discussione.
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Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
nella causa C – 299 / 14
Vestische Arbeit Jobcenter Kreis Recklinghausen / Jonna Garcia Nieto e a.
Nella presente sentenza la Corte di Giustizia richiama e conferma il proprio
giurisprudenziale, secondo cui uno Stato membro può escludere da alcune prestazioni
sociali i cittadini di altri Stati membri durante i primi tre mesi di soggiorno.
Ad un padre e un figlio spagnoli vengono negate le prestazioni di sussistenza tedesche
per i primi tre mesi del soggiorno in Germania.
La direttiva in materia 2004/38/CE del parlamento europeo e del consiglio del 29 aprile
2004 dispone che i cittadini dell’Unione hanno diritto di soggiornare in un altro Stato
membro fino a tre mesi, senza altre condizioni oltre al possesso di un documento di
identità in corso di validità. Atteso che, durante tale periodo gli Stati membri non
possono pretendere che i cittadini dell’Unione possiedono sufficienti mezzi di
sussistenza e un’assicurazione malattia personale, la direttiva consente di negare a tali
cittadini la concessione di ogni prestazione di assistenza sociale durante i primi tre mesi
di soggiorno: ciò per tutelare l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale
degli Stati membri.
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