Esercizi sui condizionali indicativi
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Esercizi sui condizionali indicativi
Esercizi sui condizionali indicativi soluzioni Sandro Zucchi 2009-10 Primo esercizio (i tre barbieri) Il problema Lewis Carroll, in un articolo pubblicato su Mind del 1894 dal titolo “A logical paradox”, racconta questa storia. Nel suo villaggio ci sono tre barbieri: Allen, Brown, e Carr. I tre barbieri hanno una bottega che gestiscono secondo questa regola: in ogni momento almeno uno di loro deve essere in bottega. Un giorno, lo zio Jim e lo zio Joe si dirigono verso la bottega dei tre barbieri portando con loro il nipote Charles. Lo zio Jim spera che Carr sia in bottega e che sia lui a raderlo, in quanto Brown è maldestro e Allen ha la mano poco ferma da quando ha avuto la febbre. Veniamo a sapere inoltre che, causa di questa febbre, Allen è assai riluttante ad andare in giro solo, e quindi, quando è fuori, porta sempre Brown con sé. Ora, lo zio Joe, sentendo il desiderio espresso dallo zio Jim, afferma che Carr è certamente in bottega e, per dimostrare che ha ragione, produce l’argomento seguente: Dal momento che almeno uno dei barbieri deve essere in bottega, osserva lo zio Joe, è chiaro che (1) se Carr è fuori, allora se Allen è fuori, Brown non è fuori. Inoltre, dal momento che quando è fuori, Allen porta sempre Brown con sé, è vero che 1 Metodi formali per filosofi (2) 2 se Allen è fuori, Brown è fuori. Dunque, conclude lo zio Joe, (3) Carr non è fuori. La conclusione (3) segue dalle premesse (1)-(2), secondo lo zio Joe, in quanto, se supponiamo che le premesse siano vere e la conclusione falsa, arriviamo a una contraddizione, ovvero dobbiamo concludere che sia (2) che (4) sono veri: (4) se Allen è fuori, Brown non è fuori. Lo zio Jim è poco convinto che (4) contraddica (2), e la discussione procede fino a che zii e nipote arrivano alla bottega dei barbieri. Carroll non ci dice chi hanno trovato nella bottega. Ma afferma di aver ragione di credere che il ragionamento dello zio Joe sollevi un problema reale per la teoria dei condizionali e conclude con l’augurio che “alcuni dei lettori di Mind interessati alla logica aiuteranno a chiarire queste curiose difficoltà.” Il compito Dà una mano a Lewis Carroll: 1. Assumi che i condizionali indicativi siano condizionali materiali (mantieni questa assunzione nel corso di tutto l’esercizio) e rappresenta gli enunciati (1)-(4) in LP. 2. Rispondi ora alla domanda: la conclusione (3) è implicata dalle premesse (1)-(2)? 3. Se hai risposto “no” alla domanda 2, descrivi un contromodello che rende vere le premesse e falsifica la conclusione. 4. Se hai risposto “si” alla domanda 2, mostra che la conclusione è derivabile dalle premesse in LP(NAT). 5. Ha ragione lo zio Joe a sostenere che (1)-(2) e (5) implicano (2) e (4)? (5) Allen è fuori Metodi formali per filosofi 3 6. Se hai risposto “si” alla domanda 5, mostra che la congiunzione della rappresentazione in LP di (2) e (4) è derivabile in LP(NAT) dalla rappresentazione di (1)-(2) e (5). 7. Se hai risposto “no” alla domanda 5, descrivi un contromodello che rende vere le premesse e falsifica la conclusione. 8. Ha ragione lo zio Joe a sostenere che (2) e (4) sono incompatibili? 9. Se hai risposto “si” alla domanda 8, dà una tavola di verità che mostra che la congiunzione di (2) e (4) non è soddisfacibile. 10. Se hai risposto “no” alla domanda 8, dà una tavola di verità che mostra che la congiunzione di (2) e (4) è soddisfacibile. Le risposte p: Carr è fuori q: Allen è fuori r: Brown è fuori (1) se Carr è fuori, allora se Allen è fuori, Brown non è fuori. (1)’ p ⊃ (q ⊃∼ r) (2) se Allen è fuori, Brown è fuori. (2)’ q ⊃ r (3) Carr non è fuori. (3)’ ∼ p (4) se Allen è fuori, Brown non è fuori. q ⊃∼ r Se i condizionali indicativi sono condizionali materiali, la conclusione (3) non è implicata dalle premesse (1)-(2). Infatti, (1)’ e (2)’ sono vere e (3) falsa nelle valutazioni ν1 e ν2 : ν1 (p) = 1 ν1 (q) = 0 ν1 (r) = 1 ... ν2 (p) = 1 ν2 (q) = 0 ν2 (r) = 0 ... Metodi formali per filosofi 4 Se i condizionali indicativi sono condizionali materiali, lo zio Joe ha ragione a sostenere che (1)-(2) e (5) implicano (2) e (4). Ecco la derivazione: 1. p ⊃ (q ⊃∼ r) P 2. q⊃r P 3. p P 4. Prova: (q ⊃ r) ∧ (q ⊃∼ r) DD 5. q⊃r R, 2 6. q ⊃∼ r 7. (q ⊃ r) ∧ (q ⊃∼ r) ⊃E, 3, 1 ∧I, 5, 6 Tuttavia, se i condizionali indicativi sono condizionali materiali, lo zio Joe ha torto a sostenere che (2) e (4) sono incompatibili. Infatti, q ⊃ r e q ⊃∼ r sono entrambe vere se q è falso. Nota storica La soluzione al paradosso basata sull’assunzione che i condizionali indicativi sono condizionali materiali è contenuta in una nota di Johnson (1894) pubblicata su Mind. Russell in The principles of mathematics (1903) propone la stessa soluzione (sezione 19, nota 1): The principle that false propositions imply all propositions solves Lewis Carroll’s logical paradox in Mind, N. S. No. 11 (1894). The assertion made in that paradox is that, if p, q, r be propositions, and q implies r, while p implies that q implies not-r, then p must be false, on the supposed ground that “q implies r” and “q implies not-r” are incompatible. But in virtue of our definition of negation, if q be false both these implications will hold: the two together, in fact, whatever proposition r may be, are equivalent to not-q. Thus the only inference warranted by Lewis Carroll’s premisses is that if p be true, q must be false, i.e. that p implies not-q; and this is the conclusion, oddly enough, which common sense would have drawn in the particular case which he discusses. Notate che, in questo passaggio, Russell usa il termine “implication” per riferirsi all’implicazione materiale. Metodi formali per filosofi 5 Secondo esercizio (una prova dell’esistenza di dio) Edgington (1986) cita questo argomento (l’esempio è di W. D. Hart): Se dio non esiste, non è vero che, se prego, le mie preghiere saranno esaudite. Non prego. Dunque, dio esiste. Rispondi alle domande seguenti: 11. L’argomento è valido se i condizionali indicativi sono condizionali materiali? 12. Se hai risposto “no” alla domanda 11, descrivi un contromodello che rende vere le promesse e falsa la conclusione. 13. Se hai risposto “si” alla domanda 11, deriva la conclusione dalle premesse in LP(NAT). 14. Secondo te, l’argomento è valido in italiano? 15. La tesi che i condizionali indicativi sono condizionali materiali implica che dio esiste? (Motiva la risposta). Le risposte La risposta alla domanda 11 è si. Ecco la derivazione in LP(NAT): 1. ∼ p ⊃∼ (q ⊃ r) P 2. ∼q P 3. Prova: p ∼I 4. ∼p Ass 5. ∼ (q ⊃ r) 6. q∧ ∼ r ∼⊃, 5 7. q ∧E, 6 8. ∼q ⊃E, 4, 1 R, 2 L’argomento è citato nella letteratura come un chiaro esempio di argomento invalido in italiano (le premesse sembrano più ragionevoli della conclusione) e dunque viene ritenuto un controesempio alla tesi che i condizionali indicativi sono condizionali materiali. Metodi formali per filosofi 6 Non è chiaro come il sostenitore di questa tesi può spiegare il fatto che l’argomento sembra invalido in italiano. Si noti, tuttavia, che la morale di questo esempio non è che l’esistenza di dio segue dalla tesi che i condizionali indicativi sono condizionali materiali (questa sarebbe certamente una conseguenza sorprendente e un po’ imbarazzante per i sostenitori della tesi). Il materialista dei condizionali può infatti obiettare che la prima premessa dell’argomento è falsa (per quale ragione, dovremmo sostenere che o dio esiste oppure prego e le mie preghiere non sono esaudite? Anche se dio non esistesse, potrei pregare e le mie preghiere potrebbero essere esaudite). Se la prima premessa è falsa, l’argomento non è fondato e dunque non ci permette di concludere che dio esiste (anche se i condizionali indicativi sono condizionali materiali). Terzo esercizio (robustezza) Considera di nuovo i condizionali (3) e (4): (3) Se New York è in Nuova Zelanda, allora 2+2=4. (4) Se New York è negli Stati Uniti, allora la Seconda Guerra Mondiale è finita nel 1945. 12. Questi condizionali sono robusti rispetto al loro antecedente? La risposta Se i condizionali indicativi sono condizionali materiali, (3) è equivalente a (23). La probabilità di (23) (e dunque di (3)) è alta in quanto sappiamo che i due disgiunti sono veri. Inoltre, se venissimo a sapere che New York è in Nuova Zelanda, la probabilità di (23) (e dunque di (3)) rimarrebbe alta in quanto sappiamo che il secondo disgiunto in (23) è vero. Dunque, il condizionale (3) è robusto relativamente al suo antecedente. (3) Se New York è in Nuova Zelanda, allora 2+2=4. (23) New York non è in Nuova Zelanda o 2+2=4. Se i condizionali indicativi sono condizionali materiali, (4) è equivalente a (24). La probabilità di (24) (e dunque di (4)) è alta in quanto sappiamo che il secondo disgiunto è vero. Inoltre, anche sapendo che New York è negli Stati Uniti, la probabilità di (24) (e dunque di (4)) rimane alta in quanto sappiamo che il secondo disgiunto in (24) è vero. Dunque, il condizionale (4) è robusto relativamente al suo antecedente. Metodi formali per filosofi 7 (4) Se New York è negli Stati Uniti, allora la Seconda Guerra Mondiale è finita nel 1945. (24) New York non è negli Stati Uniti o la Seconda Guerra Mondiale è finita nel 1945. Dunque, la condizione di robustezza non è sufficiente a spiegare l’apparente falsità di questi enunciati.