Raimondo di Sangro: il Principe delle meraviglie tra arte

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Raimondo di Sangro: il Principe delle meraviglie tra arte
Raimondo di Sangro: il Principe delle meraviglie tra arte, storia e leggenda
di LAURA FANO
Matilde Serao diceva “tutte le superstizioni sparse nel mondo sono raccolte in Napoli e
ingrandite, moltiplicate ..
”
Ed è proprio nella città partenopea che si conclude la singolare storia di un uomo mirabile, nato
a tutto osare : Raimondo di Sangro, detto Principe di Sansevero, muore la sera del 22 marzo
1771 “
per malore
cagionatogli dai suoi meccanici esperimenti
”. Come per ogni buon “mago” che si rispetti, sulla morte del Principe c’è un alone di mistero: si
crede che abbia voluto sfuggire alla morte.
Secondo una leggenda napoletana, infatti, “ò Prencipe”
, durante i suoi interminabili esperimenti alchemici, avrebbe scoperto un elisir prodigioso,
capace di ridare vita ai cadaveri. Volendolo sperimentare su sé stesso, diede ordine ad un suo
servo, di cui si fidava ciecamente, di tagliare il suo corpo a pezzi e di collocarli in un baule, al
cui interno si sarebbe dovuto svolgere il procedimento di rinascita, con metalli nobili
opportunamente dosati.
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Alcuni parenti, però, incuriositi da quello strano contenitore entro il quale pensavano forse di
trovare oggetti preziosi, vincendo le resistenze del servo, aprirono il baule prima che si
completasse l’opera di ricomposizione. Tra il terrore dei presenti, il corpo del principe venne
fuori con gli organi ancora soltanto parzialmente collegati tra loro: l’elisir non aveva completato
l’opera di ricostruzione. Rapidamente, dopo un urlo di dolore sovraumano, quella larva di corpo
si disfece e i vari pezzi ricaddero nel baule. Nel sarcofago, comunque, il corpo del Principe non
c'è, né si è mai trovato. Qualcuno, chissà quando e perché, lo ha trafugato.
Chi ha visitato Napoli almeno una volta nella vita sa che è una città magica, esoterica,
anarchica e teatrale. Il luogo dove le contraddizioni si armonizzano e convivono in un continuo
fermento di creatività e ingegno. Oltre alla pizza, al mandolino e a Pulcinella è stata la capitale
di un regno florido e mecenate di arte e cultura; terra zeppa di vicoli infestati da spettri e piazze
dove tutti i colori del sole, del mare e del cielo dipingono un incredibile numero di scorci, tra
chiese neoclassiche e barocche ricche di miracoli, edicole votive e palazzi nobiliari popolati da
misteri e leggende. Camminando per vie del centro antico, dietro ogni angolo sbucano teste di
morto, scarabattole, ori, marmi, affreschi, spettri e leggende.
Le stesse origini di Napoli affondano in una serie di miti. Al centro di tutti, quello della sirena
Partenope, che, affranta per l'astuzia di Ulisse sfuggito al potere del canto delle sirene, si
sarebbe suicidata, e il suo corpo sarebbe andato alla deriva fino ad incagliarsi sugli scogli
dell'isoletta di Megaride, dove oggi svetta il Castel dell'Ovo .
La storia del Principe di San Severo fa parte delle leggende e storielle napoletane, come
quella del
munaciello che appartengono di diritto a coloro
che a Napoli ci sono nati e cresciuti. Ma chi era questo ricco signore che, anziché dedicarsi ai
tipici passatempi della nobiltà dell’epoca, scelse di immergersi nella lettura di testi alchemici e di
chiudersi per ore nel suo studio a effettuare esperimenti mai tentati prima? Perché trasformò
una semplice cappella di famiglia in una sorta di Rennes le Château? A Napoli c’è chi ancora
chi, armato di corno, fa i debiti scongiuri quando sente il suo nome, poiché la sua sconfinata
vivacità intellettiva lo portò ad alcune azioni deprecabili per arrivare alle mete che si era
prefissato. Le cose che la Cappella Sansevero conserva tutt’oggi, cui è indissolubilmente legata
la figura del Principe, sono testimonianze che lasciano sgomenti quei turisti che accettano di
scendere a dare un’occhiata.
Raimondo di Sangro VII principe di Sansevero nacque, nel secolo del trionfo delle scienze e
della ragione, da una ricca famiglia di proprietari terrieri pugliesi. Trasferitosi a Napoli, tra
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alambicchi e le pile di libri alchemici, fu uomo eccentrico dalle idee rivoluzionarie. Filosofo,
astronomo, poeta, massone, scrittore, guerriero, mecenate, inventore, mago, scienziato,
alchimista, Raimondo venne ammonito e scomunicato nel 1750 da papa Benedetto XIV. Un
precursore dei tempi, uno scienziato pazzo, un genio, uno stregone malvagio. Il personaggio
più misterioso del settecento italiano, tuttora circondato da rispetto e timore reverenziale da
parte dei suoi stessi concittadini che Benedetto Croce definì “
l’incarnazione napoletana del dottor Faust
”.
Per alcuni un mago, per altri un genio. Un personaggio che è riuscito a legare l'arte al mistero.
Un uomo troppo moderno per il suo tempo. E per questo suo modo di essere pagò il prezzo che
il destino gli aveva assegnato.
Pare, addirittura, che Cagliostro, durante il suo processo, disse di aver appreso alcune pratiche
da un principe di Napoli amante della chimica, ma non possiamo appurare se si trattasse o
meno di Raimondo, dato che gli atti del processo sono ben custoditi dal Vaticano.
Uomo colto e letterato, Raimondo fu indubbiamente un grande innovatore. Tra le stravaganti
invenzioni del Principe, ne troviamo tantissime e di diverso tipo. Da opere di ingegneria, all' alc
himia
con la trasformazione di pietre in gemme. Da orologi che calcolano le fasi lunari, a medicine e
desalinatori. I rumorosi laboratori sotterranei di Palazzo Sansevero, che non tacevano neanche
di notte e gettavano sinistri bagliori, le sensazionali invenzioni che ne sortivano, meravigliando
chi le osservava, dovevano accendere la fervida fantasia popolare dei napoletani, e in
particolare di coloro che abitavano negli angusti vicoli del centro antico.
Amava stupire i suoi contemporanei con carrozze anfibie che si spostavano sull’acqua,
lampade perpetue, stoffe impermeabili, quadri tridimensionali. La sua natura progressista non si
smentì neppure nel campo dell'arte militare: scrisse un manuale di esercizi per la fanteria,
trattati sulle fortificazioni e nel 1744 si distinse valorosamente nella battaglia di Velletri contro gli
Austriaci.
Un genio maledetto che, stando alla leggenda nera fece uccidere due suoi servi per
imbalsamarne stranamente i corpi e riuscì persino a trasformare la materia piegandola al suo
volere, come testimonierebbe quel Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino che giace esanime
nella Cappella Sansevero e che fece tanto rodere il Canova; una della più belle chiese del Sud
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Italia, meta immancabile di turisti e appassionati di esoterismo, i cui lavori costrinsero il principe
ad indebitarsi rovinosamente fino alla sua morte: Sul capolavoro del Sanmartino, poi, è sorta
quella che è probabilmente la più diffusa e la più inossidabile delle leggende, secondo cui il
principe avrebbe “marmorizzato” attraverso un procedimento alchemico il velo del
Cristo
e accecato l’ autore dell’opera affinché egli “non eseguisse mai per altri così straordinaria
scultura”.
Nonostante abbia tolto il disturbo da oltre due secoli, ogni volta che a Napoli si sente
pronunciare il nome di Raimondo De Sangro, la gente si fa il segno della croce, quasi avesse a
che fare con un diavolo. Del resto non si può dire che Raimondo di Sangro, Principe di San
Severo, abbia lasciato un bel ricordo di sé. Di lui la gente racconta che fosse una specie di
stregone, un alchimista diabolico che faceva rapire poveri disperati i cui corpi dovevano servire
per i suoi turpi esperimenti, un castrafanciulli senza Dio che nessun potere, neanche quello del
re, riusciva a controllare. Qualcuno arrivò a dire che aveva ucciso sette cardinali con le cui ossa
e pelle avrebbe fatto altrettante orribili seggiole.
Perciò, se vi addentrate nel vicolo dove è ubicato il palazzo del principe di Sangro, prestate
attenzione: pare che di notte si odano ancora oggi passi e i tintinnii di speroni, rumori notturni, il
frastuono degli zoccoli dei cavalli della carrozza del principe, lungo la via Francesco de Sanctis,
nelle notti di luna nera. Mentre nella notte di Natale si intravedono le fiammelle delle candele dai
finestroni della Cappella Sansevero e si sente musica sacra proveniente da un organo.
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