La vocalità femminile nel repertorio musicale salentino. Flavia Gervasi

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La vocalità femminile nel repertorio musicale salentino. Flavia Gervasi
La vocalità femminile nel repertorio musicale salentino.
Note etnomusicologiche ad un fenomeno culturale di massa.
Flavia Gervasi
Fino alla fine degli anni Settanta del secolo passato l'area del Salento, ascrivibile a un modello di società rurale, rappresentava ancora un
exemplum di civiltà il cui ambiente naturale povero e austero si prestava
particolarmente alla diffusione della poesia orale, come se la povertà dei
mezzi di sussistenza, precludendo qualsiasi altra forma di espressione,
concentrasse sulla voce umana le energie di un'intera comunità. A questo proposito Paul Zumthor, tra i più autorevoli studiosi di tradizioni orali, sostiene:
Non c'è dubbio che la voce costituisca nell'inconscio umano una
forma archetipica: immagine primordiale e creatrice, al tempo
stesso energia e configurazione di tratti che predeterminano, attivano e strutturano in ciascuno di noi le esperienze primarie, i sentimenti, i pensieri'.
Attraverso la propria vocalità il gruppo sociale ha modo di affermare la
sua volontà di esistere, mentre le donne — costrette in una società di tipo
arcaico a vivere una condizione subalterna — utilizzano la voce come strumento privilegiato per tutelare e garantire la loro "presenza" nel gruppo.
Anche in Salento quella profonda volontà di "esserci" ha prodotto,
per opera di una lenta, ma inesorabile sedimentazione, un copioso repertorio di canti femminili: nenie, lamentazioni funebri, musiche rituali, filastrocche e canti di lavoro. Queste forme di espressione legate all' oralità hanno rappresentato e raccontato per secoli la vita delle donne del
Sud ai tempi di quella che oggi si potrebbe definire da un punto di vista
storico-culturale 1' "epopea della civiltà contadina". Di contro, l'avvento,
tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, di nuove e più avanzate forme di sussistenza ha diffuso, nell'idea dei suoi protagonisti, una
generale volontà di rimuovere quel passato tristemente assimilabile a fattori emarginanti di arretratezza, di miseria e di disagio, soprattutto fem-
Cfr. P. ZUMTHOR, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Bologna, Il Mulino, 1984 pp. 8-9.
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minile. Paradossalmente, in coincidenza con questo cruciale periodo storico, le problematiche del recupero e della documentazione di repertori
di tradizione orale in via di estinzione sono ritornate a preoccupare gli
studiosi e i ricercatori. L'etnomusicologo Diego Carpitella che, già nell'estate del '59 si era occupato — insieme all'équipe organizzata dallo
storico delle religioni Ernesto De Martino — di registrare e filmare a più
riprese il rituale coreutico-musicale del tarantismo e un considerevole
numero di canti e musiche tradizionali del Salento 2 , pensa, a più di vent'anni di distanza, a un ritorno "sul terreno" per verificare lo stato di conservazione del repertorio musicale salentino. In questa seconda tappa
(1982), l'etnomusicologo intrattiene scambi importanti con gli studiosi
locali al fine di suscitare in loro l'interesse verso questioni che forse allora potevano apparire ancora embrionali, ma che con il tempo si sono
dimostrate foriere di conseguenze quanto mai inaspettate. In una intervista rilasciata nell'estate del 1982 Carpitella si esprimeva in questi termini a proposito della situazione che aveva trovato in Salento a vent'anni
e più di distanza dalla prima missione di ricerca:
Per quanto concerne la continuità spezzata da varie cause, proprio
quella parte di tradizione legata ai riti ed alle cerimonie ancora
esistenti fino a vent'anni fa, è inutile nasconderlo, è finita. Mentre è rimasta una continuità musicale che può diventare apprendimento organizzato della tradizione orale e del repertorio della cultura contadina 3 .
Da quel momento, in seguito a un lungo e complesso processo di consapevolezza di un'identità storico-culturale — riverberatasi negli anni so-
Con il titolo di Raccolta 48 si indicano le registrazioni effettuate per conto del
CNSMP (Centro Nazionale Studi di Musica Popolare) dall'equipe di Ernesto De
Martino (Diego Carpitella è il responsabile delle registrazioni) dal 26 giugno al 3
luglio 1959; con il titolo di Raccolta 53 si indicano le registrazioni effettuate per
conto del CNSMP dal solo Carpitella presso la sede RAI di Bari con musicisti terapeuti di Nardò e nell'area salentina tra il 6 e il 16 giugno 1960; con il titolo di
Raccolta 55 si indicano le registrazioni effettuate per conto del CNSMP ancora una
volta dal solo Carpitella nella località di Torrepaduli di Ruffano (Le) in occasione
della festa notturna di San Rocco il 15 agosto 1960.
3 Cfr. M. AGAMENNONE (a cura di) Musiche tradizionali del Salento. Le registrazioni di Diego Carpitella e Ernesto De Martino (1959-1960), Roma, Squilibri,
2005, p. 25.
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prattutto al di fuori degli ambienti scientifici — quel repertorio di suoni e
di storie è diventato l'oggetto di un interesse diffuso da parte delle nuove generazioni che, intorno ad esso, hanno prodotto un singolare quanto
problematico fenomeno di folk revival.
Trasformatisi con il progresso economico quei contesti sociali tradizionalmente accompagnati dai canti e estintasi la malattia presunta o reale che scatenava secondo cicli regolari il culto del tarantismo, si è risvegliata nell'immaginario comune l'idea del ricorso alla musica come
esperienza aggregante di una nuova ritualità. In questa generale consapevolezza si sono moltiplicate in tutto il territorio — con echi di portata
internazionale — nuove situazioni di riproposta in chiave moderna della
tradizione: dal proliferare di gruppi musicali con stime che raggiungono
l'ordine delle centinaia nel solo Salento ai festival estivi di richiamo internazionale (uno per tutti: "La notte della Taranta"); dalle pubblicazioni agli innumerevoli progetti discografici e relative performance, sino
agli ultimi affannosi tentativi di proporre nuove ricerche etnografiche
per fissare su supporto digitale ciò che ancora non era stato rintracciato
e opportunamente conservato. Si sono moltiplicate, forse anche rispetto
alla tradizione documentata, le voci femminili "morse dal mitico ragno".
Fenomeni di tale portata socio-culturale dovrebbero interessare gli studiosi non già in quanto processi "derivati da", ma in quanto manifestazioni attuali caratterizzate da una nuova dimensione contestuale che genera
espressioni musicali simili, ma non identiche. In particolare, un approccio
etnomusicologico, atto a rilevare precisi moduli ritmici, melodici, estetici
e cinetici del canto e della musica in questione, sarebbe di supporto allo
studio socio-antropologico per comprendere il significato delle espressioni orali di nuovo conio rispetto a quelle tradizionali, queste ultime oggetto in passato di valutazioni più generali di enorme valore storico 4
Per avere un'idea del livello attuale di coinvolgimento in questa vor.
4
Cfr. a questo proposito il saggio di D. CARPITELLA in appendice a La terra del
rimorso (1961) di E. DE MARTINO, L'esorcismo coreutica-musicale del tarantismo
pp. 335-372 e gli studi condotti da S. BIAGIOLA rispettivamente sulle ninna nanne e
le lamentazioni funebri: Per una classificazione della musica folklorica in Italia.
Studio sulle ninna nanne, "Nuova Rivista Musicale Italiana", 1989, XXIII/1-2, pp.
113-140; Per uno studio sul lamento funebre in Italia, 1996, "EM Annuario degli
Archivi di Etnomusicogia dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia".
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ticosa ondata di revival si legga un passo dell'intervista rilasciata da Enza Pagliara, forse la più apprezzabile voce femminile del "neo-folk" salentino, ad una rivista musicale che si occupa di world music:
Un canto permette di andare molto lontano nel tempo: anche se
non vivo nell'ambito sociale nel quale è stato composto un brano
come La Fontanella, ci sono alcune esperienze dell'essere femminile che rimangono comuni a tutte le epoche. Al giorno d'oggi
non esistono più le occasione per cantare che esistevano nel passato, ma la forza che genera un canto tradizionale è un qualcosa
con cui si deve necessariamente continuare a confrontarsi 5 .
Una simile considerazione dovrebbe allertare gli studiosi. A tutt'oggi
manca — nonostante gli innumerevoli affiliati al "neo-tarantismo" e il
gran numero di ricercatori interessati alla musica salentina — uno studio
sistematico di tipo analitico e con finalità tassonomiche sia della produzione femminile di tradizione sia di quella legata alle più recenti riproposte. A questo riguardo, oltre alle già citate raccolte di De Martino e Carpitella, peraltro recentemente in parte pubblicate con un ampio commento critico dell'etnomusicologo Maurizio Agamennone 6 , è stata da poco rimasterizzata anche la raccolta di registrazioni effettuate nei territori della
cosiddetta grecía salentina da Alan Lomax e Diego Carpitella tra il 12 e
il 28 agosto 1954 — all'epoca conservata e catalogata sotto la denominazione di Codice 24 7 — nonché due altrettanto importanti ricerche effettuate da studiosi locali, Luigi Chiriatti e Brizio Montinari, negli anni Settanta e edite tra il 2000 e il 2002 da "Edizioni Aramirè" (Lecce). Si tratta certamente di un materiale considerevole per avviare un progetto di analisi
musicologica considerato il gran numero di espressioni musicali tutte "al
femminile" in esse contenute: canti narrativi, filastrocche, canti di lavoro,
pizziche tarantate e persino interi repertori — dalle ninne nanne alle lamentazioni funebri — di esclusivo appannaggio delle donne. Per quanto ri-
Cfr. F. PATRUNO Una voce del Salento. Intervista a Enza Pagliara, "World Music Magazine", 2005, XV/74, pp. 12-13.
6 Cfr. M. AGAMENNONE (a cura di) Musiche tradizionali del Salento, cit.
7 Le registrazioni allora effettuate da Lomax è Carpitella sono state di recente
portate su CD e pubblicate con il titolo Italian Treasury: Puglia: Salento, a cura di
Goffredo Plastino, The Alan Lomax Collection, Rounder Records, Cambridge,
Mass., 2002.
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guarda, invece, le produzioni più recenti di certo non mancano i lavori
discografici, né tanto meno le possibilità di registrare una voce femminile che si cimenti nell'esecuzione di canti tradizionali salentini o di loro rifacimenti in chiave moderna (techno, reggae, hip hop, ecc.).
Da un primo superficiale ascolto, emerge con grande evidenza che gli
eventi performativi, nonché le specifiche modalità di esecuzione vengono
influenzati dalla funzione che quei canti svolgono negli specifici contesti
sociali. In tal senso è, a mio avviso, indispensabile una analisi etnomusicologica dei fatti musicali, considerando che già nei documenti storici si
osserva che il trattamento delle musiche sembra essere, ad esempio, assai
più mobile nella terapia del tarantismo rispetto alla danza, in quanto la musica nel primo caso deve rispondere a precise leggi di "adattabilità" se vuole suscitare gli effetti terapeutici per i quali viene somministrata. Nella musica da ballo, invece, viene richiesta una disposizione ritmica regolare, per
assecondare il movimento più composto dei danzatori. Inoltre, è interessante comparare il differente livello di coinvolgimento emotivo rilevabile
ascoltando le registrazioni delle stesse musiche (pizziche tarantate) effettuate da Carpitella durante una terapia domiciliare — a contatto con la tensione e la sofferenza psichica proprie del rito — rispetto a quelle realizzate
negli studi radiofonici della RAI di Bari su richiesta degli stessi informatori 8 . A questo proposito Agamennone commenta:
[.. .] nelle registrazioni in studio si coglie immediatamente un andamento diverso: un passo più stabile, meno esposto a bruschi e
intensi incrementi di energia sonora, una riduzione drastica del ricorso ai nervosi processi di accelerazione dei disegni ritmici già
segnalati altrove, [.. .] una pulsazione leggermente più lenta, una
rassicurante prevedibilità dell'evento; insomma una allure più suadente, che, all'orecchio, non pare affatto subordinata all'urgenza
drammatica del rito e, piuttosto, sembra rinviare all'atmosfera
della festa e della danza di intrattenimento: in ambito locale, con
denominazione più generica, il ballo della festa veniva definito
semplicemente pizzica, oppure — iterazione eloquente! — pizzica
pizzica, con l'abbandono del riferimento diretto al ragno e al rito,
che invece connotava la denominazione locale della musica di
danza per la terapia (pizzica tarantata) 9 .
Ascolta CD 1/tr. 18 e 19 allegato a M. AGAMENNONE (a cura di ), Musiche tradizionali del Salento, cit.
9 Ivi, p. 43.
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Più in generale sarebbe opportuno tracciare una griglia di riferimento capace di contenere tutte le caratteristiche peculiari dei campioni vocali presi in esame, appartenenti sia al repertorio tradizionale che non, riservandosi di aggiungere alle voci indicative sotto elencate eventuali altri riferimenti ricavati nel corso delle analisi:
qualità materiali delle voci e modalità di emissione rilevate effettuando
un'analisi di spettro
a) timbro; b) ampiezza; c) altezza; d) registro;
caratteristiche estetiche legate alle specifiche scelte melodiche
a) utilizzo di micro-intervalli; b) ricorrenza di uno o più intervalli in
particolare; c) prevalenza del modo maggiore rispetto al minore o viceversa; d) utilizzo di scale particolari (pentatoniche, esatonali, eptafoniche, ecc.); e) ricorrenza di cromatismi;
3. caratteristiche ritmiche
a) regolarità o irregolarità degli accenti metrici; b) utilizzo di sincopi;
e) utilizzo di contrattempi; d) utilizzo e reiterazione di particolari configurazioni ritmiche; e) utilizzo di micro-varianti rispetto a modelli
reiterati; f) utilizzo di ostinati; g) utilizzo di un ritmo isometrico; h)
utilizzo di un andamento ritmico non censurabile;
4. caratteristiche metriche
a) utilizzo di metri ricorrenti; b) utilizzo di una metrica libera; c) utilizzo di versi eterometrici; d) utilizzo di rime in modo regolare; e)
utilizzo di rime in modo irregolare; f) utilizzo delle cosiddette zeppe
a fini metrici
Il fine di questo tipo di analisi musicale è quello di ricavare un modello comparativo capace di contenere una disposizione sinottica degli
exempla presi in esame e di rilevare eventuali relazioni tra gli aspetti formali legati alla voce e all'esecuzione e particolari aspetti connessi agli
specifici contesti (rituali, lavorativi, domestici, spettacolari, commerciali) di produzione. È possibile ipotizzare che peculiari caratteristiche simili quanto divergenti dei documenti presi in esame siano portatrici di
un significato socio-culturale più ampio da valutare in base agli esiti delle analisi e ai contesti di riferimento. Si tratta solo di un possibile percorso metodologico elaborato per cercare di capire come e perché un fenomeno culturale possa oggi diventare fenomeno di massa.
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