Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del

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Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del
Valerio Salone
Strategic Workforce Planning:
costruire la forza lavoro del futuro
Il presente articolo si pone l’obiettivo, collegandosi ai più significativi contributi della
letteratura sull’argomento e alle esperienze
recenti di costruzione di modelli di Strategic Workforce Planning, di affrontare i
seguenti temi:
- Fornire il quadro dell’evoluzione concettuale e operativa dello Strategic Workforce
Planning e le motivazioni della crescente
rilevanza e attenzione a questo processo
all’interno delle organizzazioni;
- discutere i vantaggi che l’adozione dello
Strategic Workforce Planning ha prodotto nelle realtà che lo hanno adottato
in maniera più convinta e significativa;
- descrivere il contesto in rapida evoluzione delle practice adottate ai fini della
implementazione dello Strategic Workforce Planning, esponendone i principi
metodologici e applicativi, l’evoluzione
delle prassi e del livello di adozione e gli
ostacoli alla sua diffusione;
- Sintetizzare gli insegnamenti appresi
nell’adozione e implementazione dello Strategic Workforce Planning nelle
esperienze di significative realtà internazionali;
- analizzare l’impatto dello Strategic
Workforce Planning sul ruolo e lo status organizzativo della funzione HR.
L’autore
• Valerio Salone, Principal di Mercer e Responsabile dell’area “Strategic Workforce Analytics and Planning”
Premessa
R
iuscite a immaginare un’impresa che non sia in
grado di articolare quali segmenti di clientela
portano maggiore valore? O indicare di quante risorse finanziarie abbia bisogno per effettuare gli investimenti richiesti dal proprio piano industriale?
Ovviamente non sembra possibile concepire organizzazioni complesse che non siano in grado di farlo.
Nella realtà operativa pressoché tutte le imprese investono infatti significative quantità di tempo, energia e attenzione manageriale a pianificare accuratamente il futuro
dei loro prodotti, mercati e risorse finanziarie, ma un numero ancora molto limitato applica tecniche di strategic
planning alla risorsa cui il loro stesso senior management
fa stabilmente riferimento come vera e ultima fonte del
vantaggio competitivo: le persone.
Molte organizzazioni sembrano, nella sostanza, accettare
passivamente di lasciar determinare il profilo futuro del-
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la loro workforce dall’effetto congiunto delle loro attuali
prassi operative interne e dei trend sociali e normativi
esterni.
Detto in altri termini queste organizzazioni rinunciano
a pianificare (il che, spesso, corrisponde al rinunciare a
‘comprendere’ e, quindi, guidare) e si auto-impediscono
di adottare così qualsiasi programma o azione sulla
propria forza lavoro che non sia ‘tattico’, ‘reattivo’ e di
breve periodo.
L’inconveniente è rappresentato dal fatto che il combinato dei trend interni ed esterni determina un percorso di
evoluzione del profilo della workforce che molto spesso
non è quello in grado di condurre l’organizzazione a operare con efficacia nel futuro contesto di business.
È infatti abbastanza ovvio che servono persone per attuare la strategia di business, tuttavia molte imprese non
hanno piani strategici sulla propria workforce futura e
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
non hanno così la possibilità di fornire risposte strutturate
alle seguenti domande:
- Quali ruoli sono critici per attuare i piani di business?
- Di quali persone abbiamo bisogno per raggiungere i
nostri obiettivi?
- Abbiamo complessivamente le competenze in termini qualitativi e quantitativi per attuare la strategia?
- Quali sono i temi strategici sui quali spendere il nostro budget e concentrare i nostri investimenti sulle
persone?
Molte organizzazioni percepiscono tale gap, ma non hanno un framework – e quindi gli strumenti – che permetta
loro di prevedere e agire per modificare tale ‘futuro’.
Il framework che può guidare le organizzazioni nel fornire una risposta a queste domande, riconciliando così il
futuro inerziale della workforce con quello desiderato è lo
Strategic Workforce Planning (SWP).
Scenario esterno ed evoluzione della disciplina
dello Strategic Workforce Planning
Il fatto che notizie e resoconti delle pagine economiche
siano concentrati ormai da tempo, non solo in Italia,
ma anche in molti altri paesi, sui crescenti tassi di
disoccupazione, sulle ristrutturazioni in corso e sulle
decisioni delle imprese di riduzione della propria forza
lavoro tendono a oscurare il fatto che per molte imprese
(anche di paesi in crisi) siano presenti, in parallelo alle sfide
sopra descritte, significative pressioni di natura contraria
che risiedono nel trovare forza lavoro nelle quantità e
qualità adeguate.
Ad esempio molte imprese che operano anche fuori dei
confini nazionali e, a maggior ragione, quelle che operano
su scala multi-continentale o globale si trovano a dover
gestire contemporaneamente situazioni contradditorie:
eliminazione di ‘mestieri’ e riduzione di personale in
alcuni paesi, impossibilità di inseguire i tassi di crescita
del business a causa delle carenze di forza lavoro in altri
paesi. Inoltre, pur essendo evidente la rilevanza che ha
nel contesto attuale prestare una forte attenzione ai costi,
è altrettanto rilevante notare che per molte imprese i
processi di razionalizzazione e ristrutturazione vanno
spesso di pari passo con progetti e iniziative di M&A
e di ingresso in nuovi mercati. Ne consegue che molte
organizzazioni si trovano allo stesso tempo ad assumere
in alcune aree di business o mercati, gestire le ridondanze
di personale in altri e ricollocare e fare re-skilling su altri
ancora.
Ulteriore evidenza che ridurre alla sola, pur urgente e
rilevantissima, ristrutturazione e riduzione della workforce
le sfide che si presentano davanti alle imprese sia riduttivo
viene dall’analisi dei trend globali sull’evoluzione
della domanda e offerta di forza lavoro, che appaiono
evidenti in tutta la loro criticità appena se ne esaminano
i numeri.
Anche trascurando il caso eclatante della Cina (che
secondo stime recenti dovrebbe avere, nonostante i
massicci sforzi nel rafforzamento del sistema educativo,
un gap negativo al 2020 di 23 milioni di c.d. collegeeducated workers rispetto a quelli necessari per soddisfare
la domanda di forza lavoro) le stesse economie avanzate
(che includono Europa e Stati Uniti) avranno bisogno al
2020 da 16 a 18 milioni di lavoratori con titolo di studio
avanzato più di quelli che il mercato del lavoro sarà in
grado di offrire (un gap che ammonta a ben l’11% del
totale della domanda di forza lavoro). Le stesse economie
del sud Europa avranno 3,5 milioni di lavoratori con
titolo di studio avanzato meno di quelli necessari. (Dobbs,
Lund, Madgavkar, 2012)
Allo stesso tempo il complesso delle economie avanzate
avrà al 2020 un eccesso di offerta di lavoratori con
livelli bassi o medi di scolarità rispetto a quella che il
mercato del lavoro sarà in grado di assorbire stimato
in un intervallo che va da 32 a 35 milioni, trend che si
aggraverà in particolare nelle economie del sud Europa
per le quali circa il 16% dei complessivi 50 milioni di
lavoratori a basso e medio livello di scolarità non sarà in
grado di essere assorbito dal mercato del lavoro. (Dobbs,
Lund, Madgavkar, 2012)
Ma quelle sopra delineate non sono le uniche sfide che si
presentano di fronte alle imprese nell’attuale contesto:
- molte imprese sono giunte alla recessione in possesso
di una configurazione della propria workforce
caratterizzata da un eccesso di ruoli manageriali,
amministrativi e ‘impiegatizi’ e spesso non abbastanza
ruoli professionali, tecnici o di front end commerciale,
pagando anni di politiche di resourcing e gestionali
spesso scollegate dalle reali esigenze di business e sono
intenzionate a non ripetere l’errore nel futuro;
- le operazioni di M&A hanno in molti casi fallito nel
creare valore, spesso a causa di una cattiva gestione
dell’integrazione post fusione o acquisizione. Molte
imprese stanno allora lavorando anche qui per non
ripetere gli errori del passato e dotarsi, sin da ora, di
una piattaforma in grado di supportarle in eventuali
operazioni analoghe che dovessero perseguire nel
futuro al fine di raggiungere i target di crescita imposti
dai piani strategici;
- le imprese hanno affrontato molte delle sfide di
flessibilità e costo del lavoro facendo ricorso a contratti
di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato
(circostanza che caratterizza non solo le imprese
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italiane, essendo il tema dei c.d. contingent workers
trasversale alle imprese di pressoché tutti i paesi
avanzati), salvo scoprire che il ricorso a tali tipologie
di lavoratori è diventato indispensabile e che non vi è
nessuna entità o strumento all’interno dell’impresa in
grado di garantirne una gestione integrata e orientata
strategicamente verso obiettivi di business e che non
consista solo nel ridurre il costo medio del lavoro;
- continua il trend di spostamento di persone da ruoli di
back office a ruoli c.d. customer-facing con le conseguenti
necessità di azioni e programmi di re-skilling e upskilling;
- l’engagement dei dipendenti è stato messo a dura
prova durante la crisi, anche a causa del modo in cui
sono stati gestiti gli impatti sulle persone;
- i ruoli manageriali, usuale sbocco di carriera, sono in
riduzione, con conseguente necessità di ripensamento e
gestione delle aspettative dei dipendenti che ‘premono’
per avere sbocchi professionali e retributivi;
- i cambiamenti demografici, accentuati dall’evoluzione
legislativa che, modificando i requisiti pensionistici,
sta allungando la permanenza in azienda della
popolazione stanno generando – in particolare in
Italia – un cambiamento epocale per le strategie
gestionali delle imprese.
Ridurre le sfide operative delle imprese alla sola necessità di
razionalizzare la forza lavoro appare quindi semplicistico.
Le sfide presenti sono molto più numerose e questo rende
il contesto operativo estremamente complesso da due
punti di vista.
In primo luogo le sfide e i trend sopra delineati si stanno
spesso presentando contemporaneamente, rendendo i
gap tra obiettivi di business e profilo della workforce che
tali obiettivi dovrebbe perseguire più ampio che mai e, in
molti casi, destinato ad ampliarsi notevolmente in ipotesi
di scenari ‘inerziali’ (cioè senza modifiche nelle strategie
volte a modificare la configurazione della forza lavoro).
In secondo luogo le sfide e i trend sopra delineati
si presentano in modo da rendere necessarie scelte
apparentemente contradditorie, in quanto, ad esempio,
non è inusuale ormai incontrare organizzazioni che:
- stanno contemporaneamente avendo surplus di forza
lavoro in un’area e carenze in un’altra;
- sanno di avere risorse limitate a disposizione per
interventi di rewarding e contemporaneamente hanno
significative necessità di trattenere e motivare risorse
critiche;
- devono segmentare la forza lavoro al fine di adottare
politiche mirate sui singoli segmenti, ma devono
contemporaneamente tenere alto l’engagement di
tutto il personale;
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- hanno bisogno di maggiore performance e
produttività, ma non hanno risorse sufficienti per
avviare iniziative che vadano in tale direzione;
- hanno bisogno di una cultura organizzativa integrata
e orientamenti gestionali comuni, ma puntano anche
a valorizzare la diversità.
Un riscontro della presenza delle situazioni apparentemente contraddittorie sopra citate emerge dall’analisi dei
dati (The Boston Consulting Group and World Federation of People
Management Associations, 2012, “Creating people advantage”) sul
numero delle imprese che si trovano in situazioni non di
semplice ‘ristrutturazione’ (cioè di surplus della workforce
e conseguenti azioni di riduzione), ma di ‘trasformazione’
(cioè di contemporanea presenza di azioni di riduzione
della workforce in specifiche geografie, business o mercati
e di piani di assunzioni e sviluppo della workforce in
altri). Infatti, su base globale, il 52% delle imprese con
più di 2.000 dipendenti sta attuando un percorso di
‘trasformazione’ (nel significato sopra delineato), dato
che cresce fino al 60% nel caso delle imprese europee,
a fronte rispettivamente di un 13% su scala globale e un
11% a livello europeo che hanno in corso operazioni di
‘ristrutturazione’.
In estrema sintesi la complessità e gravità delle sfide sopra
descritte rende evidente come senza interventi efficaci su
tali fenomeni, a rischio non è la Workforce Strategy, ma
la Business Strategy.
Il vero tema critico è che le imprese ‘intuiscono’ la gravità
e profondità dei fenomeni sopra delineati, ma spesso non
sono in grado di ‘misurarli’. Comprendono infatti che
debbano esserci delle azioni che, se adottate nei tempi
giusti e con il corretto anticipo, possano, se non eliminare
gli impatti dei fenomeni sopra delineati, almeno mitigarne
il rischio, ma non sono in grado di definire programmi
che integrino e correlino logicamente tra loro tipologia
di azioni, quantità di investimenti richiesti, variabili sulle
quali agire e miglioramenti ottenibili.
I fattori di complessità e incertezza sopra descritti si
traducono pertanto in un’accresciuta difficoltà nel
garantire una valutazione rigorosa degli impatti sulla
workforce delle scelte di business e stanno rendendo
pressoché impossibile governare l’evoluzione della
forza lavoro nel medio-lungo periodo basandosi sugli
strumenti e sui set informativi in uso. L’effetto finale
è spesso una rinuncia a pianificare e un rifugiarsi in
un approccio tattico e reattivo alle scelte sulla forza
lavoro.
È su questo contesto (e in risposta a esso) che si sta
innestando tuttavia l’evoluzione che molte organizzazioni
stanno facendo verso l’adozione di modelli di intervento
sistemici sulla forza lavoro che si è sostanziata nella
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
esplosione dello Strategic Workforce Planning come
nuova practice operativa.
Le organizzazioni più evolute si sono infatti rese conto
di come la necessità di ‘gestire’ contemporaneamente i
trend sopra descritti renda evidente l’assenza di strumenti
in grado di fornire un quadro al contempo sistemico e
puntuale di come tali forze finiscano per impattare sulla
forza lavoro della specifica impresa.
Maturata tale consapevolezza ed essendo evidente che
la strumentazione a loro disposizione non era in grado
di permettere di affrontare con efficacia e in coerenza
con i business plan definiti le sfide sopra delineate, per tali
imprese la ricerca di uno strumento adeguato è diventata
inevitabile e lo Strategic Workforce Planning è risultato
essere la soluzione a tali esigenze.
L’evoluzione concettuale e operativa dello Strategic Workforce Planning
L’esplosione di progetti di SWP, soprattutto tra le grandi
imprese multinazionali – in quanto le prime a essere
impattate dai fenomeni prima descritti e quindi anche
le prime a rendersi conto delle conseguenze sulle loro
strategie di business della rinuncia a gestirli dotandosi di
strumenti efficaci – e la popolarità crescente e diffusione
progressiva dello SWP lo hanno anche fatto etichettare
come l’ultima ‘moda manageriale’.
Ma, date le circostanze attuali in cui lo SWP si innesta,
il business case che lo sostiene diventa difficilmente
attaccabile: se si pensa all’ampiezza, varietà e rilevanza
crescente di situazioni contraddittorie e scelte difficili che
le imprese si trovano ad affrontare nel gestire la propria
workforce appare evidente il razionale di business che
spiega l’affermarsi dello SWP. Il dibattito dovrebbe quindi
concentrarsi piuttosto sull’analizzare perché così poche
organizzazioni, a fronte della complessità delle situazioni
che sono chiamate a gestire, lo hanno già adottato e sono
ancora ferme ad approcci tradizionali e reattivi.
Secondo una definizione ormai comunemente accettata
lo Strategic Workforce Planning può essere classificato
come “la capacità da parte delle imprese di identificare, sulla base
della propria business strategy, offerta e domanda di ruoli e skills, sia
attuali che future, e di determinare la soluzione ottimale che permetta
di coprire i gap identificati in termini di qualità, quantità, timing
e location della workforce” (Spehrer-Patrick, Pennington,
Louw, 2011).
Il Workforce Planning si sostanzia pertanto in un insieme
di processi volti a permettere di analizzare domanda e
offerta di persone rispetto alle esigenze di una specifica
organizzazione, a definire gli scenari di cambiamento nel
tempo di tali domanda e offerta e a impostare i relativi
piani di intervento.
Lo SWP è quindi l’equivalente del business planning applicato alle persone ed è una componente fondamentale
della business strategy. È tuttavia una delle practice di più
recente evoluzione, il che può condurre a confusione riguardo sia al suo significato sia, conseguentemente, al suo
ruolo e rilevanza all’interno delle organizzazioni.
La necessità di definire in maniera puntuale lo SWP deriva anche dal fatto che il termine ha assunto significati
diversi in diverse organizzazioni e che spesso Headcount
Planning, Headcount Optimization, Operational Workforce Planning, Headcount Budgeting, Strategic Workforce Planning sono utilizzati senza distinzione.
Tale confusione anche nominalistica ha condotto a
generare un’osservazione frequentemente ascoltata in
molti contesti aziendali secondo la quale lo SWP è una
prassi nota e adottata da decenni e quindi ormai un
processo tradizionale e consolidato nella maggior parte
delle imprese.
Sia la ricerca più recente sul tema che l’esperienza Mercer
suggeriscono altrimenti. È infatti corretto affermare che la
maggior parte delle imprese conduce forme di headcount
planning, ma non processi di SWP in senso stretto.
Infatti il Workforce Planning (WP) che era una volta
spesso confuso con la ‘pianificazione degli organici’
e aveva uno scopo limitato alla identificazione degli
overhead o, nei casi più evoluti, al calcolo del gap tra
offerta e domanda di forza lavoro interna sta diventando
un processo sempre più sofisticato e in grado di
generare forecast multipli collegati agli scenari strategici
e di permettere alle aziende di adattare coerentemente
la propria workforce e rispondere con rapidità a
cambiamenti nei piani e nelle strategie di business sia di
breve che medio-lungo periodo.
Il Workforce Planning ‘strategico’ è, quindi, una cosa
diversa e va distinto dal Workforce Planning ‘tradizionale’, in quanto è un processo sistemico di riflessione strategica che permette a un’organizzazione di esplorare il
futuro, valutare le opzioni disponibili, definire obiettivi e
puntare a definire la workforce futura in grado di permettere il raggiungimento degli obiettivi di business stabiliti.
Ha senso quindi esplorare, visto il grado di confusione
esistente sul reale significato e valenza operativa dello
SWP, oltre alla definizione, anche l’evoluzione recente del
WP e della sua configurazione metodologica.
La metodologia e il processo di
Strategic Workforce Planning
Lo SWP, nella sua essenza, aiuta le organizzazioni a
riconciliare alcune delle contraddizioni implicite nello
sforzo di creare e mantenere nel tempo la workforce di
cui hanno bisogno per gestire e sviluppare il business,
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Valerio Salone
Immagini articolo
“Strategic Workforce
Planning.
la forza lavoro
del futuro”Salone
- formato bitmape
permettendo
di coprire
treCostruire
fondamentali
aree
di Valerio
di livelli
di performance
competenza. L’analisi interna
va però estesa anche al lato domanda (internal demand), esaminando quindi la direzione che l’organizzazione intende
prendere a seguito dei piani strategici, isolando i fattori che impattano direttamente sulle caratteristiche attese della workforce. L’analisi
puntuale dei business plan è cruciale a tale scopo così come cambiamenti nei processi, adozione di
nuove tecnologie, nuove modalità
di organizzazione del lavoro, ecc.
L’analisi esterna riguarda invece
sia l’esame di quale sarà la configurazione dell’offerta di workforce
sul mercato (external supply) in termini di qualità (skill, competenze,
valori), quantità e di come sia altre
aziende sia le politiche pubbliche
e istituzioni che formano le persone possano influenzare l’offerta
quali-quantitativa di forza lavoro
di interesse, sia l’analisi dei possibili sbocchi per la propria workforce
Figura 1 - Le domande chiave al centro del Workforce Planning
attuale e futura (external demand).
Lo SWP è un framework flessibile in quanto, al pari del
business planning, non esiste un approccio ‘one size fits all’
2. Definire il profilo attuale della workforce
allo SWP. Quanto riportato di seguito in termini metodoPrima di poter pianificare qualsiasi intervento è rilevante
logici va quindi letto e interpretato come un menu e non
conoscere puntualmente quali sono i contributi più rilecome una prescrizione: ogni organizzazione potrà infatti
vanti e strategici richiesti alla forza lavoro e quali sono
analizzare la propria situazione e scegliere il processo più
le caratteristiche della workforce che tali contributi deve
adatto ad applicare lo SWP al proprio contesto.
fornire.
Da questo punto di vista, vi sono quattro fondamentali
Questo richiede in primo luogo la comprensione dei prochiavi in ogni workforce plan, ma il processo può e deve
cessi e la conseguente articolazione e raggruppamento
essere personalizzato sulle esigenze e la realtà operativa di
logico dei contributi organizzativi che i piani di business
ogni specifica organizzazione.
richiedono all’organizzazione di svolgere e, successivamente, l’individuazione degli insiemi di ruoli che sono
1. Comprendere il contesto
logicamente collegati tra loro sulla base, appunto, del
Il passo preliminare e particolarmente critico in ogni initipo di contributo che forniscono all’organizzazione. Dal
ziativa di SWP, in quanto in grado di influenzare tutti
punto di vista operativo questo si traduce nella segmengli step futuri, è la comprensione del contesto nel quale
tazione organizzativa della workforce (individuazione dei
la specifica organizzazione si troverà a operare, di quali
workforce segments rilevanti), i cui criteri di profilazione defattori e trend sia interni sia esterni stanno influenzando
vono ovviamente essere scelti in funzione della specifica
il futuro dell’organizzazione e di come questo influenzerà
realtà aziendale.
la configurazione della workforce.
Esempi di workforce segments possono essere i tecnici di maQuesto richiede di analizzare in primo luogo i fattori innutenzione di uno specifico stabilimento, la forza vendita
terni che definiscono stato attuale ed evoluzione di mededicata alla clientela corporate in una specifica country
dio-lungo periodo del profilo della forza lavoro. L’analisi
o regione o i professionals di corporate finance a livello
interna riguarda ovviamente il lato offerta (internal supply)
globale.
e quindi il profilo della forza lavoro in termini anagrafici,
La seconda dimensione da analizzare riguarda l’identidi genere, di collocazione geografica, di tipo di contratto,
ficazione dei segmenti di workforce più rilevanti ai fini
indagine: quantità, qualità e collocazione della forza
Fig. 1 – Le domande chiave al centro del Workforce Planning lavoro
(figura 1).
MERCER
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Valerio Salone
dei business plan. Questo richiede all’organizzazione di
riconoscere esplicitamente che alcuni segmenti di forza
lavoro sono più rilevanti di altri in quanto più critici per
l’attuazione della business strategy. Uno degli scopi dello SWP è infatti prioritarizzare e focalizzare le azioni sui
segmenti di popolazione più rilevanti per l’attuazione della strategia e, conseguentemente, distrarre risorse da quei
ruoli che non forniscono un contributo strategico.
Svolta l’analisi dal lato domanda di workforce, è richiesto
di analizzare anche la componente offerta di workforce,
al fine di individuare quale è il livello di copertura della
forza lavoro sia rispetto ai requirements organizzativi (quale
lavoro viene richiesto all’organizzazione di svolgere) sia
rispetto ai segmenti di workforce critici. Vi possono essere diverse dimensioni sulla base delle quali impostare la
segmentazione della workforce dal lato offerta e questo
richiede di individuare le caratteristiche dell’attuale forza
lavoro in termini sia di parametri tradizionali (età anagrafica, generazione di appartenenza, competenze e skills,
localizzazione geografica, genere, ecc.), sia di parametri
più sofisticati (motivazioni, fase del ciclo di vita, career
drivers, livelli di performance, ecc.) sia di classificazioni
create ad hoc in funzione di specifiche esigenze.
3. Creare una vista del profilo futuro della workforce
La creazione del profilo futuro della workforce ha come
obiettivo quello di determinare i bisogni dell’organizzazione alla data futura scelta come target di analisi (e, in
logica dinamica, lungo l’intero periodo di piano che conduce a tale stato finale), considerando tre possibili caratterizzazioni di tale scenario futuro:
A. Una prima caratterizzazione è quella che, estrapolando i trend attuali partendo dalle serie storiche, permette
di identificare il c.d. scenario inerziale o “no change future
state” (Chapman, 2005), cioè una proiezione del profilo
della workforce nel caso in cui le attuali prassi e trend (sia
interni sia esterni di mercato del lavoro o contesto operativo più generale) dovessero restare stabili nel periodo
di piano.
Il passaggio che porta alla definizione del “no change future
state” è di cruciale importanza in quanto fornisce all’organizzazione un quadro e una rappresentazione tangibile
di come sarà la workforce del futuro in permanenza degli
attuali trend e practice interne e assume, da questo punto
di vista, una duplice importanza.
In primo luogo questo esercizio di scenario planning,
frequentemente utilizzato anche nella pianificazione
strategica (Roxburgh, 2009), può aiutare a individuare
se emerge una configurazione del profilo inerziale della
workforce incompatibile (ad esempio a causa della erosione di skill critiche o capabilities strategiche, di elevati tassi
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di turnover che generano uscite dall’impresa di specifiche
professionalità, dell’ageing della popolazione, ecc.) con
l’attuazione efficace della business strategy, generando
così il ‘caso’ per mettere all’attenzione del management
la necessità di impostazione di un workforce plan per sanare i gap rilevati.
Infatti, dato che non ci si può aspettare che il management delle imprese possa essere interessato a discutere
di soluzioni a problemi dei quali non è consapevole, in
quanto non si è in grado di renderglieli evidenti, costruire
rappresentazioni efficaci dei problemi che possono nascere da un “no change future state” e delle conseguenze sull’attuazione della strategia è l’unico modo per attirare la loro
attenzione sul Workforce Plan.
In secondo luogo il “no change future state” fornisce il
benchmark di riferimento per misurare gli effetti degli action plan che l’applicazione dello SWP contribuirà a generare, volti a modificare il profilo della workforce al fine
di farlo convergere vero il profilo atteso. È infatti rispetto
al “no change future state” che viene poi misurato il successo
delle azioni messe in campo per costruire la “targeted wokforce”.
B. Ovviamente la pianificazione che estrapoli i trend passati proiettandoli nel futuro è utile, ma ha i suoi limiti se
non viene integrata con la valutazione di scenari alternativi che incorporino sia eventi esterni prevedibili (ma
non ancora emersi) sia azioni o eventi interni pianificati
o prevedibili.
Questo conduce alla necessità di elaborare scenari futuri alternativi che considerino trend o evoluzioni esterne
prevedibili con impatto sulla workforce, nonché ipotesi di
scenari di profilo della workforce basati sugli impatti prodotti da politiche e programmi innovativi interni.
Questa è la fase dello scenario planning applicato alla
workforce che prova a descrivere il futuro esplorando la
probabilità di verificarsi e l’impatto di eventi e fattori che
sono in grado di modificare il profilo della forza lavoro e
porta a costruire scenari multipli in logica “what if”.
C. La terza componente della costruzione del profilo futuro della workforce è l’identificazione, in stretta correlazione con la business strategy, del profilo della forza lavoro futura attesa o desiderata in quanto coerente con la
necessità di attuazione della strategia (c.d. “targeted workforce”). La “targeted workforce” è il profilo della forza lavoro che
la business strategy richiede e che il complesso delle azioni del workforce plan deve permettere all’organizzazione
di raggiungere e costruire ed è descritta e rappresentata
utilizzando le stesse logiche di segmentazione utilizzate
per costruire il profilo attuale della workforce.
Grazie all’identificazione del suo “targeted future” l’organizzazione sarà così in grado di identificare i gap tra la
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
proiezione futura della workforce e la workforce attesa in
modo da generare il piano d’azione volto a coprire tali
gap.
dettagliata delle caratteristiche attuali e future della workforce e la mette in grado di identificare più efficacemente le azioni, politiche e programmi volti ad agire sul profilo atteso della forza lavoro, identificando gli impatti di
4. Sviluppare un action plan volto a coprire i gap tra worciascuna azione e potendo conseguentemente stimare e
kforce ‘inerziale’ e desiderata
motivare il valore apportato da tali azioni all’organizzaTutto l’effort analitico realizzato finora conterebbe ben
zione.
poco a meno di non investire tempo nella identificazione
Il risultato finale deve essere la stesura di un action plan
delle azioni più appropriate per risolvere le criticità e cocomplessivo volto a definire come l’organizzazione intenprire i gap identificati.
de agire per garantirsi una workforce futura coerente con
A tale riguardo l’aspetto principale da considerare è che
le necessità strategiche.
il
c.d.
“no
change
future
state”,
cioè
il
profilo
della
workforce
‘fondamentali’
sopra
descritti
sono tradotti
Immagini articolo “Strategic Workforce Planning. Costruire la forza Ilavoro
del futuro”- dello
ValerioSWP
Salone
- formato
bitmap
che l’organizzazione avrà a disposizione nel futuro preso
nella prassi operativa in un processo del quale si riporta
in considerazione può differire, in maniera più o meno
in figura 2 un esempio sintetico tratto dalle esperienze
sostanziale,
dal
c.d.
“targeted
future
state”,
cioè
dalla
conapplicative Mercer.
Fig. 2 ‐ Il processo di Strategic Workforce Planning figurazione che la workforce dovrebbe avere per rispon-
Figura 2 - Il processo di Strategic Workforce Planning
dere appieno ai bisogni aziendali, così come espressi nel
business plan.
È opportuno
quindi che l’impresa, una volta che il profilo
MERCER
target della workforce sia stato definito, proceda a identificare i gap tra profilo attuale (“no change future state”) e
desiderato (“targeted future state”) e impostare di conseguenza il piano d’azione volto a coprire tali gap, identificando
anche le conseguenze per l’organizzazione se un determinato gap non venisse coperto.
Ne consegue che le tipologie di azioni inserite nel workforce plan debbano riguardare tutte le leve in grado di
modificare il profilo della workforce e tutti i relativi processi: selezione, work design, promotions, sviluppo e costruzione delle skill, competenze, performance management, rewarding, ecc.
La costruzione, in un percorso strutturato e integrato,
delle quattro componenti sopra delineate permette all’organizzazione di sviluppare una rappresentazione molto
Il processo di Strategic Workforce Planning richiede
una fase di setup preliminare volta fondamentalmente
alla definizione dei requisiti indispensabili per la riuscita
del progetto che vanno dalla configurazione attesa del
processo di workforce planning, al grado di maturità che
si vuole raggiungere nel primo sforzo implementativo, ai
ruoli che è indispensabile coinvolgere, alla definizione di
un piano realistico di implementazione.
A valle del setup iniziale, nella fase di Strategic Setting
si sviluppa lo Strategic Alignment, al fine di individuare
quali sono le “focus areas”, le priorità di business e gli
obiettivi strategici che il processo di SWP deve prendere
in considerazione e si provvede alla definizione della
architettura della workforce, cioè dei workforce segments in
cui essa è articolata.
A questo punto il processo prevede la vera e propria
workforce analysis volta a determinare i gap potenziali
tra domanda e offerta di workforce sulla base di uno
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Valerio Salone
spettro di possibili scenari e a identificare quali sono i
rischi connessi a tali gap e scenari.
Nella fase di Workforce Solution Design si sviluppano
le possibili soluzioni per coprire i gap o mitigarne i
rischi, definendo puntualmente quali soluzioni hanno la
priorità maggiore, qual è il business case per le soluzioni
identificate, quanto realizzabile, costosa e rischiosa è
la loro realizzazione e l’orizzonte temporale previsto.
I diversi scenari analizzati, i gap evidenziati e i relativi
rischi vengono normalmente riportati in un Workforce
Report, mentre il Workforce Plan contiene la descrizione
del piano d’azione sulla forza lavoro, degli impatti che da
esso si attendono e delle misure per la sua attuazione e il
monitoraggio del suo successo.
Chiarito a questo punto il significato dello SWP, la sua
configurazione metodologica e la sua distinzione rispetto
ad altre forme di pianificazione della forza lavoro ci si
può dedicare a esplorare i contributi che lo strumento, se
adottato nella sua configurazione più evoluta, può fornire
alle organizzazioni che lo adottano.
Vantaggi dell’adozione
dello Strategic Workforce Planning
Che i temi connessi allo sviluppo di una workforce
adeguata a permettere alle organizzazioni di perseguire
le proprie strategie siano una delle priorità del top
management emerge chiaramente da pressoché tutte le
analisi e survey effettuate al riguardo.
Tale circostanza può apparire in contraddizione con
parte del dibattito attuale (soprattutto nel contesto italiano
ed europeo) che raffigura le imprese come concentrate
pressoché esclusivamente sui processi di ristrutturazione
e riduzione degli organici, ma è evidente se si analizza
quanto invece emerge dall’elenco delle priorità strategiche
(e grado di rilevanza) che gli stessi CEO ed Executive
citano, sia con riferimento alle scelte di breve periodo
su produttività e performance che con riferimento al
perseguimento, nel medio e lungo periodo, degli obiettivi
di crescita e innovazione.
Numerose recenti indagini confermano tale livello di
attenzione allo human capital da parte del top management delle imprese. Ben il 58% degli executive e il
70% dei senior executive, secondo una recente survey (McKinsey, 2010) ritiene che costruire le capabilities
necessarie all’impresa per raggiungere i propri risultati
di business sia una delle prime tre priorità strategiche
(e addirittura il 90% lo mette tra le prime 10 priorità).
Un’altra recentissima indagine (The Conference Board,
2012) ha riscontrato che i top executives intervistati
ritengono lo human capital una sfida strategica per le
loro organizzazioni seconda solo all’innovazione. Inoltre
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Giugno/luglio 2013
oltre i due terzi dei corporate directors, interrogati in una
recente indagine sui temi della governance (McKinsey,
2011) riguardo a verso quali temi vorrebbero vedere
riorientato il tempo impiegato dai loro Board, citano il
talent management come tema prioritario.
Inoltre è ormai accertato che le decisioni che le organizzazioni prendono sul capitale umano e quindi sulla conseguente coerenza del profilo della workforce rispetto ai
piani strategici dell’impresa hanno un impatto diretto su
variabili di business fondamentali quali produttività, innovazione e sviluppo di prodotto e quindi possono favorire o impedire il complessivo successo dei piani di business
adottati. La correlazione tra capabilities nella gestione dei
principali processi e practice Hr e la performance delle
imprese è stata accertata da studi (The Boston Consulting
Group and World Federation of People Management Associations, 2012, From capability to profitability) che hanno
riscontrato che la performance (espressa in termini di
crescita dei ricavi e margini di redditività) delle imprese
con elevati livelli di efficacia nella gestione dei principali
processi Hr risulta superiore a quella delle imprese meno
efficaci su tali temi. Nel caso di alcune practice le imprese
più efficaci sui temi Hr risultavano avere tassi di crescita
dei ricavi superiori fino a 3,5 volte e margini superiori fino
a 2 volte rispetto a quelli delle imprese meno efficaci.
Un’altra ricerca (Guthridge, Komm, 2008), focalizzata
sulle società multinazionali, ha individuato una
analoga correlazione tra le dimensioni del global talent
management e la performance economica (espressa
in termini di EBITDA per FTE): il terzo delle imprese
appartenenti al segmento con i livelli più efficaci nelle
complessive practices di gestione del capitale umano
risulta avere livelli di profittabilità per dipendente
superiore del 39% rispetto a quelle collocate nel segmento
con le practices meno efficaci.
Infine, pur essendo innegabile che la crisi e la recessione
non rendano agevole o naturale attivare in via prioritaria iniziative di riflessione sull’evoluzione strategica e di
lungo periodo della forza lavoro, è tuttavia vitale, anche
in periodi di recessione, che le organizzazioni assumano
una vista strategica e di lungo periodo che guidi anche
le loro decisioni di breve sulla workforce, nonostante le
pressioni a focalizzarsi sui risultati immediati e su risposte
‘emergenziali’ siano ancora più forti che in periodi di ciclo economico ordinario. A tale riguardo ulteriori recenti
studi dimostrano infatti (Linder, McCarthy, 2008) che le
aziende vincenti escono da una recessione accentuando la distanza dai concorrenti, sulla base proprio delle
decisioni che sono state in grado di prendere durante la
recessione.
Accertata quindi la rilevanza della necessità di gestione
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
strategica della workforce nelle intenzioni di CEO e del
top management delle imprese, la correlazione tra efficacia delle practices sul capitale umano, i risultati di business e la rilevanza del mantenere un orientamento strategico e di lungo periodo nelle scelte sulla workforce anche
durante una crisi, emerge in maniera altrettanto evidente
che lo SWP è spesso citato come lo strumento chiave per
il perseguimento di tali obiettivi strategici.
Una recentissima survey (The Conference Board and
McKinsey, 2012) indica che lo SWP è considerato tra
le prime tre priorità correnti sullo human capital dal
48% e tra le prime tre priorità future dal 53% delle 517
organizzazioni intervistate.
Un’altra recente ricerca (Harris, 2011) svolta tra 720 organizzazioni di varie dimensioni, settori e paesi e volta a
identificare le Hr practices più diffuse tra le organizzazioni in possesso delle c.d. High-Impact Hr Functions riporta
al secondo posto, tra tali practices, il Developing advanced
workforce planning capabilities e ha valutato che le organizzazioni che hanno sviluppato e adottato tali practice hanno
uno score complessivo in termini di efficacia, efficienza
e allineamento al business dei processi Hr superiore del
28%, in media, rispetto alle organizzazioni che non li
adottano.
Lo SWP è posizionato secondo un’altra indagine (The
Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, Creating people advantage) come uno dei tre temi Hr (su un totale di 22) ritenuti
di più elevata importanza futura dalle organizzazioni
(anche se, contemporaneamente, classificato con la più
bassa capacità, da parte delle organizzazioni stesse, di
essere attuato con efficacia).
La necessità per le imprese di dotarsi di strumenti evoluti
e integrati di analisi e pianificazione della forza lavoro
è evidente anche se si analizzano i dati sullo stato di
copertura da parte delle organizzazioni di alcune delle
componenti basilari cruciali per una gestione efficace
della workforce. Infatti ben il 52% delle organizzazioni
afferma (The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012,
Creating people advantage) di non essere in possesso di una
classificazione della workforce in job families, il 68% di
non essere in possesso di modelli di analisi dei bisogni di
workforce (in termini di domanda e offerta) nel medio
termine e l’85% nel lungo termine. Infine il 68% non è
in grado di misurare i gap di workforce a livello di job
families e il 52% non allinea il recruiting a quanto emerge
dai piani sulla forza lavoro.
Lo SWP si sta quindi configurando, dati anche i gap sopra evidenziati, come strumento indispensabile per la gestione strategica della worforce sia con riferimento alle
scelte di breve sia al governo della sua evoluzione in linea
con gli obiettivi strategici nel medio e lungo periodo.
Con riferimento alle scelte di breve periodo lo SWP permette, in momenti come quello attuale in cui tutte le organizzazioni hanno avviato programmi di riduzione del
costo complessivo del lavoro e impostato politiche selettive sugli investimenti sulle persone, di indirizzare i tagli
di costo verso le aree e i temi a minor rischio di impatto
negativo sul valore dell’impresa e gli investimenti verso
quelle che maggiormente contribuiscono a creare valore.
Inoltre fa in modo che anche i tagli di costo siano realizzati sulla base di un corretto set informativo che permetta
di valutarne non solo gli impatti di breve, ma anche e soprattutto le conseguenze di lungo periodo, permettendo
così di prendere decisioni ‘informate’.
Infatti, purtroppo, molte organizzazioni prendono decisioni sullo human capital – dai tagli di costo alle ristrutturazioni della forza lavoro, ecc. – senza partire da una
chiara visione e rappresentazione di quale debba essere
la configurazione della forza lavoro ai fini del successo dei
piani strategici o di quali impatti tali decisioni producano
sulla capacità futura della forza lavoro di incidere sui risultati di business. È lecito affermare che non esistono altri ambiti aziendali in cui sono prese decisioni di impatto
analogo in assenza di set di informazioni adeguati.
Volendo spostare l’attenzione non più al taglio dei costi, ma agli investimenti sullo human capital, gli stessi
programmi di talent development sono spesso sviluppati sulla base della tradizione, di decisioni ‘intuitive’ o di
presunte best practices, senza nessuna specifica analisi e
rappresentazione dei cambiamenti che tali programmi
devono avere ai fini del successo di business. O, se tale
rappresentazione esiste, è espressa con linguaggio Hr e
senza dati analitici che leghino le azioni agli impatti sul
business. Ci si dimentica così che, dato che i processi e le
iniziative di talent development dovrebbero avere come
obiettivo primario quello di costruire e dare forma alla
workforce, la prima domanda da porsi dovrebbe essere
“trasformare in cosa”?
Volendo quindi effettuare una categorizzazione dei
contributi che lo SWP è in grado di fornire (sia a contenuto
strategico che più strettamente di supporto a decisioni di
breve) la si può articolare essenzialmente nelle seguenti
tipologie (sicuramente non esaustive, ma rappresentative
degli usi dello SWP che le imprese stanno già facendo):
- comprendere gli impatti sulla forza lavoro dei
diversi scenari previsti dalla strategia di business e
valutare se le caratteristiche della workforce possono
permettere l’attuazione della strategia aziendale nei
singoli scenari esaminati e individuare quali azioni e
interventi sono necessari per il riallineamento delle
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Valerio Salone
workforce characteristics alla strategia o, meglio, alle
diverse opzioni strategiche.
La rilevanza e il contributo che lo SWP può dare a
tale riguardo sono confermate da recenti indagini
(The Conference Board and McKinsey & Company,
2012) secondo le quali il 76% delle organizzazioni
ha verificato un contributo positivo dello SWP
nell’accrescere la capacità di soddisfare le crescenti
richieste di legare l’evoluzione attesa del profilo della
workforce alla business strategy.
- Permettere di allineare strategie Hr e strategie di
business e definire conseguentemente la strategia
sullo human capital dell’azienda, fornendo la base
analitica e di dati che è spesso stata rimproverata
essere l’elemento mancante nelle Hr strategy adottate
dalle imprese. Circostanza questa che ne ha spesso
determinato l’abbandono o il rifiuto da parte della
linea in quanto non ritenute in grado di collegare
chiaramente, grazie a una base analitica adeguata, le
azioni sul capitale umano ai risultati di business.
In questo senso lo SWP si sta candidando ad andare
a ricoprire il ruolo che la Hc strategy ha aspirato,
nel periodo di sua maggiore diffusione, ad assolvere,
di framework unificante sia tra le diverse azioni e
processi human capital sia tra il contributo richiesto
a Hr e il business.
- Permettere – come conseguenza del punto precedente – ai responsabili della funzione Hr, che devono navigare tra una moltitudine di priorità (che richiedono
tutte attenzione e risorse) di selezionare quelle in grado di generare il valore più elevato. Lo SWP è infatti il
processo che può permettere di prioritizzare e focalizzare risorse e attenzione sui programmi e azioni che
possono generare il maggior valore (inteso qui non in
termini intuitivi o come slogan, ma ‘numerici’) per
l’organizzazione.
Che sia presente la necessità di una più puntuale
misurazione del collegamento tra investimenti sul
capitale umano ed esigenze di business è testimoniato,
ad esempio, dal fatto che solo un quarto degli executive
che mettono la costruzione delle ‘capabilities’
necessarie all’impresa tra le primarie priorità
strategiche (McKinsey, 2010, Building organizational
capabilities) ritiene gli attuali programmi di training
messi in campo dalle imprese efficaci a tale scopo e
solo l’8% afferma di avere a disposizione gli strumenti
per misurarne l’impatto. Inoltre il 34% cita la carenza
di una visione e obiettivi chiari tra gli ostacoli principali
alla costruzione delle ‘capabilities’ di cui l’impresa ha
bisogno e il 22% l’assenza di metriche credibili.
Lo SWP, se efficacemente implementato, è lo strumento
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in grado di ripristinare la correlazione tra programmi
Hr e impatto sul business e porta allineamento e
rigore nei programmi e nelle azioni Hr. Una delle
considerazioni che emerge più frequentemente
nelle organizzazioni giunte a uno stadio ‘maturo’ di
adozione dello SWP è infatti che senza lo SWP esse
potrebbero svolgere le ‘giuste’ azioni e programmi e
persino essere “best in class” nelle relative practices,
ma i loro programmi e practices potrebbero non essere
in sincronia con le priorità di business o orientate a
produrre i miglioramenti della performance richiesti
dal business.
Permettere di valutare, grazie a una solida base
analitica, gli impatti del complessivo capitale
umano sui risultati, modellizzando le conseguenze
di specifiche azioni di miglioramento e dotandosi
conseguentemente di strumenti per valutare il
progresso, la coerenza e l’efficacia delle azioni human
capital rispetto a specifici obiettivi di business.
Citando un articolo di The Economist su “human capital and the crisis” (The Economist., 2009) che si chiedeva appunto, con riferimento alle riduzioni di organico
richieste dalla recente crisi, “but will the axe be wielded
wisely?”, molte decisioni di job cutting continuano infatti a essere basate su obiettivi di breve, senza una
comprensione piena degli effetti di medio-lungo periodo sulla complessiva competitività dell’impresa.
Permettere di analizzare gli impatti di trend generali
come quello dell’ageing workforce e di individuare in
anticipo le connesse strategie di gestione.
Analizzare gli impatti di singoli job o segmenti di
popolazione sui risultati di business e delineare, come
conseguenza, i segmenti di workforce più rilevanti ai
fini dell’attuazione delle strategie aziendali.
Gestire il rischio sul capitale umano individuando le
più efficaci strategie di mitigazione.
Pur essendo fuori dallo scopo del presente articolo
analizzare le possibili risposte a livello di sistema
economico e istituzionale nel suo complesso alle sfide
di costruzione della workforce necessaria ad assicurare
i richiesti livelli di crescita e produttività, è necessario
tuttavia evidenziare che le riflessioni e gli sforzi effettuati
da singole imprese nella costruzione di una forza lavoro
adeguata agli obiettivi strategici si collocano all’interno di
riflessioni analoghe che stanno prendendo piede a livello
di interi settori produttivi o addirittura di interi paesi.
L’essenza della sfida che si presenta davanti alle economie
nazionali nella costruzione di workforce adeguate ai trend
globali in atto è efficacemente sintetizzata in un recente
report (McKinsey Global Institute, 2012) che, dopo aver
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
analizzato i trend sulla complessiva domanda e offerta
di forza lavoro per le più rilevanti economie nazionali
costruendo proiezioni fino al 2030, giunge ad affermare
che, “nel caso in cui gli attuali trend persistano – e, in assenza di
un massiccio sforzo globale volto ad accrescere le skills della forza
lavoro, è probabile che questo avvenga – vi saranno troppo pochi
lavoratori dotati delle competenze avanzate necessarie a guidare
un’economia ad alta produttività e troppo poche opportunità di lavoro
per i lavoratori low-skills”. E successivamente “la dimensione
dei gap suggerisce che risposte di tipo ‘business as usual’ non saranno
sufficienti a prevenire conseguenze negative per milioni di lavoratori
sia nelle economie avanzate che in quelle in via di sviluppo”.
Proprio per rispondere a tali trend cominciano a riscontrarsi i primi casi di applicazione di framework di SWP
non più solo a livello di singola organizzazione o impresa,
ma all’intero ambiente competitivo nel quale le imprese
di un settore o di una specifica regione o paese operano.
Un esempio di tale applicazione è stato quello realizzato da Mercer per il settore energetico canadese (Mercer,
2010) chiamato, nel corso degli ultimi anni, a confrontarsi con un elevato numero di sfide in contemporanea.
In particolare il boom degli ultimi anni e la scoperta di
nuovi rilevanti giacimenti di petrolio e gas hanno portato
contemporaneamente a una necessità di ri-dislocazione
di personale verso le regioni nei quali si trovavano i nuovi
giacimenti, a una necessità quantitativa molto rilevante
di nuove risorse (ca. 50.000 nel corso di soli 4 anni), al
bisogno di dotarsi in tempi rapidi delle nuove skills richieste dalle caratteristiche tecniche dei nuovi giacimenti e al
dover sostituire progressivamente una parte significativa
della workforce, vista l’elevata maturità anagrafica della
forza lavoro.
Mercer ha realizzato pertanto uno SWP a livello di settore, per complessive 181 imprese, volto a permettere di individuare strategie di risposta ai gap di workforce prodotti
dagli eventi sopra descritti e che rischiavano di mettere in
seria difficoltà la possibilità di raggiungere gli obiettivi di
crescita e di sfruttamento delle opportunità di business
che si presentavano per le imprese del settore.
Altri esempi di tali approcci ‘macro’ allo SWP hanno riguardato altri settori produttivi, come il settore minerario
australiano, il settore delle utility elettriche e del gas americane o il settore dei servizi IT indiano.
Cominciano inoltre a essere presenti applicazioni dello
SWP a livello di interi paesi, come nel caso della Finlandia che lo ha applicato per affrontare il tema dell’ageing
workforce. In tale ambito Singapore ha senz’altro il più
avanzato e coordinato sistema di SWP condotto a livello
paese in quanto conduce, tramite il suo Ministry of Manpower, il piano d’azione nazionale volto all’accrescimento della produttività e competitività della workforce, con
l’obiettivo di contribuire a mantenere il paese attrattivo
a livello globale per gli investimenti esteri (basti segnalare, a tale riguardo, che il suo PIL è cresciuto nel solo
2010, anno di recessione o di riduzione della crescita per
la maggior parte delle economie, del 14.5%).
Non stupisce pertanto che il World Economic Forum in un
suo recente report (World Economic Forum, 2011) arrivi a
suggerire come raccomandazione, non più solo alle singole imprese, ma anche ai governi, l’introduzione di iniziative di SWP a livello nazionale volte a rispondere ai “global
talent risks” prodotti dai macrotrend sopra delineati.
I livelli di ‘maturity’ dello Strategic Workforce
Planning
Gli stadi che permettono di fornire i contributi sopra
delineati sono ovviamente quelli più avanzati in termini
sia di solidità che maturità dello SWP. La maggior parte
delle imprese (anche se molte e sempre più numerose si
stanno avviando lungo tale percorso) è tuttavia ancora
lontana da tale stadio di evoluzione.
La disciplina del Workforce Planning si è infatti evoluta
nel corso del tempo e in maniera particolarmente rapida
negli ultimi anni, sia in termini di sofisticatezza dei tool e
modelli utilizzati sia in termini di grado di adozione.
Tale evoluzione ha portato tuttavia a una coesistenza,
all’interno di diverse organizzazioni, di modalità e approcci molto diversi, spesso erroneamente classificati tutti
come Workforce Planning o, addirittura, come SWP, generando confusione sul vero significato della metodologia e su quale livello di ‘maturità’ delle prassi adottate è
necessario per ottenere i vantaggi che il vero SWP può
apportare alle organizzazioni.
Dalle analisi svolte sullo sviluppo del Workforce Planning
emerge che esso ha avuto un’evoluzione attraverso diversi
livelli di maturity e che le diverse imprese possono trovarsi
a diversi stadi del percorso.
Al fine di aiutare le imprese ad acquisire consapevolezza
su quanto è necessario per far evolvere tale practice al
loro interno, sono stati quindi sviluppati dei maturity models
(Laurano, 2009; The Conference Board, 2009; SpehrerPatrick, Pennington, Louw, 2011). Il loro scopo è permettere alle organizzazioni di identificare il posizionamento
lungo i diversi stadi di evoluzione (definiti in termini di
prassi chiave del Workforce Planning adottate, allineamento con la strategia di business e grado di aggiornamento e coerenza interna del processo di Workforce
Planning) e le best practices necessarie per crescere lungo la scala di maturità e, una volta stabiliti degli specifici
obiettivi, avviare iniziative volte a dotarsi di un modello
di Workforce Planning più sofisticato (in figura 3 viene
riportata una rappresentazione sintetica dei maturity levels,
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Valerio Salone
Immagini articolo “Strategic Workforce Planning. Costruire la forza lavoro del futuro”- Valerio Salone - formato bitmap
ispirata
alla letteratura sopra citata e alla prassi operativa
Fig. 3 – I Maturity Levels del Workforce Planning sull’argomento).
WP includendo sia tool di workforce analytics sia costruzione di scenari.
Figura 3 - I Maturity Levels del Workforce Planning
Livello 1 – Headcount planning
A tale livello di maturità vi è una configurazione
MERCER
tradizionale del workforce planning che è guidato da esigenze
contabili, amministrative e budget, e può essere classificato
sostanzialmente come un ‘headcount planning’.
Lo sforzo di analisi e pianificazione è focalizzato sugli headcount attuali e il suo output è in genere uno staffing plan che
rappresenti i dati di copertura dei ruoli/posizioni presenti
nell’organizzazione e la relativa gap analysis di breve periodo. Le analisi svolte e i report prodotti sono tipicamente
di tipo statico e con un orizzonte temporale generalmente
annuale.
Le organizzazioni posizionate su questo livello di maturità del processo di WP non sono quindi in grado di allineare il processo di WP con la strategia aziendale e con
gli altri processi di acquisizione e sviluppo delle risorse e
mancano di una chiara comprensione di come coprire i
gap quali-quantitativi di medio e lungo periodo tra domanda e offerta di risorse.
Livello 2 – Workforce analytics
Al livello successivo il Workforce Planning, spinto dalla
necessità aziendale di chiarezza riguardo ai diversi
segmenti in cui è articolata la forza lavoro e di maggiore
comprensione delle dinamiche del mercato del lavoro sia
esterno sia interno, della workforce mobility e della offerta e
domanda di professionalità, evolve e innesta sulle analisi
base svolte sugli headcount un approccio più dinamico al
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Giugno/luglio 2013
Tipicamente a questo livello si va quindi oltre l’headcount
planning tradizionale, incrementando la capacità ana-2
litica del processo, creando estrapolazioni dei dati sulla
workforce dai trend passati e puntando a individuare le
relazioni più significative tra le variabili analizzate.
Le analisi svolte a tale livello si focalizzano tipicamente
su dati quantitativi e includono l’analisi delle relazioni
tra dati e variabili chiave quali costi, turnover e performance. A questo livello il WP, soprattutto quando include
nell’analisi elementi come i profili di competenza e le skills della workforce, è in grado di permettere alle organizzazioni di correlare i risultati del WP con gli altri processi
di talent development e resourcing.
Livello 3 – Strategic workforce planning
A questo stadio, il workforce planning diventa strategico.
Ha senso tuttavia a questo punto, visto l’abuso che si fa
del termine (non solo con riferimento al workforce planning), definire puntualmente cosa lo rende effettivamente
‘strategico’.
Partendo dall’assunto che una delle cose più importanti che è richiesta a ogni organizzazione è pianificare per
il futuro, va segnalato che vi sono due approcci radicalmente diversi per farlo: uno operativo e uno strategico.
Entrambi sono necessari per pianificare la workforce, ma
servono diversi bisogni.
La modalità strategica, di cui lo strategic workforce planning è lo strumento attuativo, assicura che la workforce
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
strategy sia allineata con il piano strategico. L’approccio
strategico deve prevedere quindi un framework sistemico che guidi le organizzazioni nel valutare e analizzare
l’impatto di trend interni ed esterni che impattano sulla
forza lavoro, nel definire puntualmente lo stato attuale
della workforce, nell’esplorare i possibili stati futuri e nel
delineare un piano d’azione volto a definire e creare la
struttura attesa della forza lavoro che sia in grado di attuare la strategia di business in un orizzonte tipicamente
di 3-5 anni.
La modalità tattica od operativa (che si avvale invece di strumenti di workforce planning c.d. operational
o OWP), pur partendo dal piano operativo dei diversi
business e funzioni organizzative, ha un altro obiettivo:
formare la base informativa per le decisioni operative e
di breve periodo sulla workforce (con un orizzonte tipicamente compreso tra 6 mesi e 1 anno). Ovviamente, come
i piani operativi di business sono sviluppati in coerenza
con il piano strategico, così anche l’OWP deve essere collocato nel contesto più ampio dello SWP.
Un esempio di articolazione integrata di Workforce Planning strategico e operativo può venire dal caso del piano
di assunzioni annuale che delinea nell’OWP le fasi e i
momenti delle attività di selezione da sviluppare in coerenza con le date di previsto inserimento di risorse in
funzione dei bisogni organizzativi, delle mobilità interne,
delle dimissioni. Tali azioni devono però essere collocate
all’interno del complessivo SWP che delinea le strategie
di make or buy di medio-lungo periodo per i diversi segmenti di popolazione.
Lo SWP delinea quindi come output finale un profilo della workforce futura attesa che genera un piano d’azione
di medio-lungo periodo, con obiettivi chiari e target ben
definiti che deve tradursi necessariamente, al fine di essere attuato, in un OWP che prevede appunto le azioni
di resourcing, formazione, mobilità, ecc. da attuare per
condurre la workforce a convergere verso tale profilo.
Volendo fare riferimento ai maturity level, in ciascuno degli
stadi di maturità il workforce planning può essere allineato alla business strategy, anzi ‘dovrebbe’ esserlo sempre
(come sopra argomentato anche il workforce planning
operativo, pur se con un focus di breve periodo, supporta infatti l’attuazione della strategia). Ciò che differenzia
il workforce planning che si configura come ‘strategico’
dagli altri approcci non è quindi l’allineamento alla strategia, quanto altri quattro fondamentali elementi.
In primo luogo, lo SWP, a questo stadio di maturità, prevede un allineamento con il piano strategico ed è quindi
tanto un processo di business planning quanto un processo di workforce planning.
Le organizzazioni posizionate su questo livello integrano
infatti il WP con i processi di business e financial planning
e con la strategia aziendale nel suo complesso. Il compito
del workforce planning strategico è tradurre la business
strategy in workforce priorities che, a loro volta, danno forma
alla Hr strategy.
In secondo luogo, cambia il processo attraverso il quale
il workforce planning è condotto e gli interlocutori con i
quali viene sviluppato. In sintesi il processo deve prevedere un coinvolgimento diretto dei senior business leaders.
Il workforce planning strategico è infatti configurato in
maniera tale da supportare i processi decisionali del senior management ed essere un input informativo per
guidare decisioni di business e per valutare sia come variazioni nelle caratteristiche della forza lavoro impattano
sulla performance organizzativa sia la conseguente realizzabilità di specifiche componenti del business plan.
Negli approcci più efficaci di SWP infatti, ancor prima
di cominciare ad analizzare i dati sulla workforce e procedere all’elaborazione dei ‘numeri’, il team che guida
la costruzione del workforce plan è coinvolto in sessioni
di dialogo con i business leader riguardo alla strategia
aziendale, alle implicazioni per la forza lavoro dell’adozione della strategia definita e alle opzioni da valutare per
mettere a disposizione dell’impresa la workforce adatta a
garantirne l’attuazione.
Il dialogo che si sviluppa non è tuttavia a una sola via,
ma duplice: il team che guida la costruzione del WP sviluppa una più profonda conoscenza del business e della
sua evoluzione, mentre i business leader sviluppano una
maggiore sensibilità a considerare le implicazioni sulla workforce delle opzioni strategiche e di come queste
opzioni possano generare necessità di adeguamento del
profilo complessivo della forza lavoro.
In sintesi, alla base del workforce planning strategico c’è
la conversazione tra lo SWP leader o chi conduce il processo di SWP e i senior business leader. Questa conversazione ha due scopi:
- il primo è aiutare lo SWP leader a comprendere la
direzione strategica del business e il set di opzioni (e
relative incertezze) che la forza lavoro potrà essere
chiamata ad attuare
- il secondo è aiutare i business leader a pensare all’articolazione e alle caratteristiche attuali e future della
forza lavoro e, conseguentemente, alle workforce implications della strategia di business, al fine di evitare sorprese che possano impedirne l’attuazione.
In breve lo SWP è un processo a due vie di formazione
reciproca: i business executive ‘insegnano’ a chi conduce
il processo di costruzione dello SWP la business strategy,
le assumptions sottostanti, il contesto competitivo, mentre
lo SWP leader “insegna” ai business executive ad anticiGiugno/luglio 2013
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Valerio Salone
pare i requirements organizzativi e di workforce capabilities e a utilizzare i dati del workforce plan a supporto del
processo decisionale.
La conversazione generata dallo SWP nella prassi operativa viene quindi normalmente articolata in tre parti:
la prima verte sulla strategia di business e la tipologia e
varietà di rischi e opportunità che il business deve essere
pronto ad affrontare o sfruttare. La terza verte sulla workforce. In mezzo deve essere attivata una conversazione
sulle organizational capabilities, cioè su come l’impresa intende attuare la sua strategia di business e di quali capacità organizzative ha bisogno per cogliere le opportunità di
business, superare i rischi e battere la concorrenza.
Questa seconda parte della conversazione permette di
evitare sia allo SWP leader che ai business executive di
focalizzarsi prematuramente sulla workforce. Inoltre
identificare le organizational capabilities amplia lo spettro di
possibili soluzioni da considerare: revisione della struttura
organizzativa, reingegnerizzazione dei processi, job redesign, outsourcing, knowledge management, ecc.
In terzo luogo, per potersi collocare su questo livello (e
quindi qualificare come ‘strategico’ il workforce planning)
il workforce plan deve avere come target i segmenti di
forza lavoro che hanno il maggior impatto strategico (ad
esempio, ruoli mission critical, ruoli pivot, ruoli con skills
difficilmente reperibili e/o riproducibili, ecc.).
Le organizzazioni che operano su tale livello di maturity
devono quindi essere in grado di segmentare la propria
workforce in base all’impatto che i diversi segmenti hanno
sulla corporate strategy, il che implica la costruzione di
una comprensione condivisa tra Hr e i business leader
dei segmenti di popolazione prioritari nonché delle skills
e ruoli critici per i piani strategici.
Il focus dello SWP non è ovviamente sulle skills o competenze dei singolo, bensì sulle capabilities complessive
dell’organizzazione e dei suoi segmenti di workforce o,
detto in altri termini, su ciò che l’organizzazione deve essere collettivamente in grado di fare per permettere l’attuazione della strategia.
La segmentazione della workforce, ma soprattutto la valutazione della criticality dei segmenti individuati rispetto
alla strategia aziendale è il requisito chiave di ogni processo di WP che voglia definirsi strategico. Come recenti
ricerche hanno evidenziato (Bersin & Associates, 2009) è
infatti in crescita la polarizzazione dei segmenti di popolazione aziendale in termini di contributo ai risultati, il
che conduce un limitato numero di ruoli a impattare in
maniera determinante sui risultati organizzativi, lasciando ai restanti segmenti di workforce uno scarso contributo al business value.
Infine il workforce planning strategico prende atto del
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Giugno/luglio 2013
fatto che le organizzazioni hanno bisogno allo stesso
tempo di viste direzionali ampie e dettagli granulari sui
fenomeni e quindi punta a focalizzarsi su scenari generali
piuttosto che sui dettagli. I dettagli giungono dopo, quando si passa alla definizione dell’operational workforce planning
che traduce operativamente quanto sviluppato nello strategic workforce plan.
Livello 4 – Human capital planning (HCP)
Una volta assicurata la copertura dei requisiti che il
workforce planning strategico richiede, la sfida per le
organizzazioni è assicurare una governance nel tempo
del processo, al fine di garantire il mantenimento
dell’efficienza ed efficacia dei processi di planning e
il collegamento con la business strategy. La copertura
di questo ulteriore requisito porta le organizzazioni al
successivo livello di ‘maturity’: lo human capital planning
(HCP).
Questa definizione può generare confusione, in quanto
spesso è utilizzata come sinonimo di SWP. Lo HCP include infatti tutti gli elementi dello SWP e, al pari dello
SWP, si muove a un livello e con un focus alto e punta alla big picture più che ai dettagli. Tuttavia si distingue
dallo SWP in quanto diventa un processo ricorrente che
integra sistematicamente lo strategic business planning e
l’Hr strategy.
Le funzioni di pianificazione, finance e marketing effettuano infatti regolari revisioni e forecast almeno trimestrali, se non mensili, dei fenomeni da esse monitorati.
Perché non applicare allora la stessa logica ai fenomeni
che riguardano la forza lavoro? Il workforce planning,
a tale livello di maturità, prevede quindi una revisione
periodica volta ad assicurare che il piano strategico sulla workforce sia allineato con la complessiva strategia di
business e, nel caso, adattato o integrato quando le condizioni di contesto interno o esterno mutano.
La costituzione di un centro di expertise è normalmente
prevista dalle organizzazioni collocate su questo livello di
maturità. Tale centro di expertise ha lo scopo di garantire
una governance complessiva del processo, il monitoraggio
costante del suo allineamento con la business strategy e il
dialogo continuativo con le funzioni coinvolte.
Lo HCP diventa così una fonte di business intelligence
stabile per l’organizzazione e, oltre che essere alimentato
dalla strategia di business e dal decision making strategico,
ne diventa un input informativo. Lo SWP diventa la
‘decision science’ dello human capital e quindi “un coerente
e logico punto di vista riguardo a come connettere le risorse umane al
successo strategico” (Boudreau, Ramstad, 2007).
Nel suo stadio più evoluto e ‘maturo’ lo HCP non è quindi
più solo influenzato e guidato dalla strategia di business,
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
ma diventa un input per la strategia sulla quale incide
fornendo dati, analisi e insights a supporto della presa di
decisioni, non solo sulle persone, ma anche sul business,
in particolare in quelle organizzazioni nelle quali l’esito
di operazioni strategiche è strettamente connesso alle
complessive capabilites organizzative della workforce.
Lo HCP quindi non solo fornisce un piano sulla workforce coerente con la strategia di business, ma ne monitora
l’attuazione e ne corregge la rotta in parallelo all’evoluzione della business strategy.
Nonostante gli evidenti contributi alla complessiva efficacia del sistema azienda dell’adozione di strumenti di
workforce planning ai suoi più elevati stadi di maturità
vi è tuttavia ancora un gap molto evidente tra il numero
di organizzazioni che hanno maturato la consapevolezza
della necessità dello SWP e coloro che effettivamente lo
hanno adottato e attuato. Ha senso quindi fare il punto
anche sulle ragioni che ancora ostacolano l’adozione
dello SWP.
Sfide e ostacoli per l’adozione dello strategic
workforce planning
Come è evidente a chiunque si occupi di impresa, non
è pensabile un’organizzazione moderna che non abbia
un’idea precisa di quali sono i clienti o segmenti di mercato o di clientela più rilevanti e profittevoli, sui quali concentrare i propri sforzi strategici e operativi. Come è allora
possibile immaginare che le stesse organizzazioni che investono tempo, risorse e denaro in sforzi strutturati e sofisticati di pianificazione su questi aspetti accettino invece di
non essere in grado di descrivere di quali persone hanno
bisogno per l’attuazione della propria strategia?
Le organizzazioni e il top management sono consapevoli
del fatto che le persone sono cruciali ai fini dell’attuazione della strategia di business, quindi una domanda chiave
riguarda il perché lo SWP non è – o non è ancora – un
processo usuale come il financial plan annuale, il piano di
marketing o la review periodica del business plan. Detto
in altri termini: perché spesso il solo workforce plan che
si vede è il budget annuale sul numero di dipendenti o,
nella migliore delle ipotesi, la mappatura dei programmi
ed azioni HR che si ritengono – spesso solo intuitivamente
– collegati alla strategia di business?
Il primo elemento da considerare è che essere consapevoli
della indispensabilità dello SWP e rendere operativo un
processo efficace di SWP sono due attività ben diverse,
come dimostrano le analisi e ricerche sul grado di diffusione dello SWP (Laurano, 2009) secondo le quali il 92%
delle organizzazioni intervistate dichiarava di avere una
qualche forma di workforce planning, ma solo il 21% era
in possesso di un processo collegato alla strategia azien-
dale e orientato al lungo periodo in grado di evidenziare
i bisogni di risorse e l’offerta disponibile e impostare un
piano coerente volto a coprire il gap tra i due. Inoltre il
grado di adozione di questa practice è ancora difforme
tra le imprese: a fianco di organizzazioni che hanno inserito il workforce planning come parte integrante dei loro
processi di business planning, il 67% lo conduce ancora
solo in occasione di specifici e significativi eventi aziendali, quali operazioni di M&A, cambiamenti nella strategia
aziendale, operazioni di re-localizzazione o di entrata su
nuovi paesi e mercati.
Ha senso quindi chiedersi perché – contrariamente a
quanto apparirebbe logico – lo SWP non è un processo
presente in molte organizzazioni, quali sono le ragioni che
ne ostacolano l’adozione e, soprattutto, cosa si può fare al
riguardo.
Una prima fondamentale ragione è l’assenza sia di esperienza che di riferimenti metodologici e operativi. Anche
le organizzazioni che hanno maturato consapevolezza
della necessità di modificare e affinare il loro approccio
alla pianificazione e gestione della workforce, data la loro
ancora scarsa esperienza sul tema e le difficoltà operative
che l’adozione di modelli di SWP sofisticati comporta, si
trovano spesso in una forma di impasse operativa e non
sanno letteralmente ‘da dove iniziare’.
Date le scarse informazioni e la limitata esperienza sul
tema da parte delle imprese che volessero attivare una tale
iniziativa, non deve stupire che la prima difficoltà segnalata sia quindi l’assenza di un riferimento metodologico. Le
prime due sfide operative citate (Laurano, 2009) dalle organizzazioni intenzionate ad adottare il Workforce Planning sono, per il 36% delle imprese “la mancanza di una
metodologia ben definita” e, per un altro 36%, “l’assenza di tool
e tecnologie” a supporto. Se non bastasse, un ulteriore 27%
cita come ostacolo “l’incapacità di correlare la business strategy
con i workforce requirements”.
Un ulteriore elemento che emerge da recenti analisi
(The Conference Board, 2012) e che rafforza l’esigenza
per le imprese di dotarsi di una metodologia solida per
implementare lo SWP è che, a fronte della consapevolezza
della priorità dello SWP tra le azioni e i programmi da
avviare, solo il 27% delle imprese che segnala lo SWP
tra le prime tre priorità tra i temi human capital si sente
fiduciosa della effettiva efficacia e successo delle azioni e
sforzi implementativi messi in campo in tale area, segnale
della insicurezza che anche le imprese che sono consapevoli
dell’urgenza e priorità dell’adozione di modelli di SWP
hanno ancora in tale area per carenza sia di esperienza
che di competenze e metodologie.
Una seconda rilevantissima ragione è il fatto che la maggior parte delle organizzazioni opera ormai stabilmente
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Valerio Salone
nel cosiddetto crisis mode, reagendo cioè alle pressioni competitive o alla crisi facendo downsizing del proprio personale, bloccando le assunzioni, ecc. e tornando ad assumere
e a fare investimenti sulle persone appena il ciclo economico dà segnali di ripresa, in un ciclo di estremi che è non
solo costoso, ma anche destabilizzante per la forza lavoro aziendale. Detto in altri termini molte organizzazioni
non conoscono, non avendolo mai sperimentato, un altro
modus operandi per gestire la propria workforce e sono
quindi restie a sperimentare nuovi approcci che li allontanino da routine operative consolidate, pur se non sempre
efficaci.
Un terzo ostacolo è rappresentato dall’insufficiente focus
sul futuro delle organizzazioni e del management. Lo
SWP spinge infatti per sua stessa natura a orientare l’attenzione organizzativa sul futuro e trova quindi un altro
grande ostacolo nel mindset consolidato aziendale che tende invece a essere focalizzato sul ‘qui ed ora’ e a mantenere i propri piani d’azione e programmi in linea con l’orizzonte temporale di maggior confort, cioè il presente o, al
massimo, il periodo di budget. Programmare e prepararsi
a gestire il futuro non è spesso percepito come parte delle
‘accountabilities’ prioritarie da parte dello stesso management aziendale.
Tale ostacolo è risultato presente anche nelle organizzazioni che hanno adottato con successo lo SWP. Ma le
esperienze di successo hanno anche dimostrato che tale
fenomeno era sintomo di un errore nell’approccio: si era
puntato al target manageriale sbagliato. La proposta di
riflessione sui temi dello SWP può infatti essere funzionale solo se ‘punta’ al livello manageriale in possesso della
visione e del focus sul futuro e in grado di percepire il collegamento degli esiti del workforce planning con le proprie accountabilities, che sono appunto quelle di garantire
il mantenimento di una capacità operativa della società
in grado di permetterle di attuare i piani di business e la
complessiva strategia aziendale.
Connesso al punto precedente è l’ulteriore ostacolo, che
anche imprese sofisticate ed evolute hanno dovuto affrontare e superare nel percorso di adozione dello SWP, legato
alla loro difficoltà a ‘quantificare’. Il cuore dei business plan
sono i numeri in essi presenti che, oltre che dare evidenza
e chiarezza quantitativa su come i principi della strategia
si traducono in risultati, sono organizzati secondo modelli
consolidati da decenni nelle prassi aziendali.
Nel mondo del business è difficile far passare modelli che
non abbiano una solida base empirica e che soprattutto
non siano in grado di quantificare impatti e risultati (un
ostacolo che ha spesso impedito l’accettazione e diffusione
di altri strumenti Hr, ad esempio la Hc strategy).
Le organizzazioni non hanno però una storia significativa
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di applicazione di approcci quantitativi ai temi della workforce e vedono quindi questo come un ostacolo all’applicazione dello SWP. Tale ostacolo (che è reale e rilevante)
è stato superato, nelle organizzazioni che hanno adottato
con successo lo SWP, solo grazie alla incorporazione dei
principi e metodi del workforce analytics&metrics che aiutano
a dare focus quantitativo ai principi e programmi contenuti nel workforce plan.
Lesson learned tratte dalle esperienze di implementazione
È quindi evidente che definire un modello di SWP, pur
presentando significative sfide, non risolve di per sé anche
le difficoltà connesse alla sua implementazione.
Tuttavia, dato che dall’osservazione delle esperienze
attuative emerge che il tipo di sfide che le organizzazioni
devono affrontare è simile, le evidenze e le lessons learned
evidenziate dalla ricerca e dalla prassi applicativa più
recente forniscono i seguenti spunti e suggerimenti utili per
le organizzazioni che fossero intenzionate ad affrontare lo
sforzo implementativo.
A. Lo sviluppo dello strategic workforce plan è un processo
data driven che richiede capacità e strumenti analitici che
permettano di costruire set di dati coerenti e accettati in
modo da poterli utilizzare concretamente a supporto delle
scelte sulla workforce.
Una delle osservazioni emerse dall’osservazione dell’evoluzione dei progetti di implementazione dello SWP
dagli sforzi iniziali e dai progetti pilota fino ai gradi più
elevati di maturità è che lo SWP richiede di poter gestire
e analizzare significative quantità di dati e correlarli a
obiettivi strategici di business. Infatti la piena realizzazione
dello SWP consiste nel fornire, grazie ad analisi sofisticate
dei dati sulla forza lavoro e sui business plan, indicazioni
puntuali su come la strategia di business (o i diversi
scenari strategici) si trasmettono alla workforce strategy,
permettendo di modellizzare grado di realizzabilità e
costi dei diversi scenari prefissati e, nelle applicazioni più
evolute, persino stabilire quali fattori e caratteristiche della
forza lavoro sono legati causalmente ai principali risultati
di business.
L’evoluzione dello SWP è, in questo senso, parte di una
evoluzione più ampia che va sotto il nome di big data,
riguardante la sovrabbondanza e disponibilità di dati e
degli strumenti informatici che permettono di raccoglierli
e analizzarli, un trend che ha condotto The Economist
ad affermare che “i dati stanno diventando il nuovo materiale
base del business: un fattore della produzione che si affianca al
capitale e al lavoro” (The Economist, 2010). Un’evoluzione
che la disciplina del workforce analytics&metrics sta
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
progressivamente intercettando e applicando ai temi
riguardanti il capitale umano.
L’attuale crescente evidenza dello SWP tra le prassi
manageriali in maggiore espansione si collega infatti anche
all’avvento delle nuove tecnologie di modellizzazione dati,
già applicate con successo in ambiti quali il supply chain
management o il marketing e che si stanno dimostrando in
grado di permettere alle imprese di analizzare i dati (spesso
già esistenti) sulla propria workforce, correlandoli tra loro
al fine di identificare i legami logici tra caratteristiche
della forza lavoro e risultati di business, orientando così i
processi di presa di decisioni strategiche sulle persone.
B. I dati e la capacità di analizzarli sono importanti,
tuttavia il nodo cruciale dello SWP non sono i ‘numeri’,
ma le domande cui si vuole rispondere e quanto si migliora
la capacità dell’organizzazione di fornirvi risposta.
Le componenti base dello SWP, come precedentemente
illustrato, sono infatti sostanzialmente costanti nelle diverse
esperienze realizzative: stimare la domanda di workforce,
stimarne l’offerta, valutare i gap (in positivo o negativo) e
definire il piano per la loro gestione. Quello che cambia,
tuttavia, sono le dinamiche della workforce e le sfide
specifiche cui lo SWP è chiamato a dare una risposta e
che variano in funzione della natura del business, dei tipi
di contributi che il business richiede alla forza lavoro, dei
requisiti di competenze e skills, dell’ambiente competitivo,
delle dinamiche del mercato del lavoro, ecc.
Dato il numero di variabili in gioco, uno dei rischi che
si corrono è quindi raccogliere grandi quantità di dati e
produrre report dettagliati, ma privi di insights realmente
utili e mirati sulle variabili più significative.
La sfida per coloro che sono impegnati nella costruzione
e gestione dello SWP è rappresentata pertanto non solo
dall’analizzare grandi quantità e varietà di dati storici
e prospettici, ma anche e soprattutto dall’identificare
le rappresentazioni statistiche più efficaci e rivelatrici
e nell’identificare e dimostrare – tramite tali analisi – le
interazioni delle caratteristiche della workforce con gli
aspetti organizzativi e di contesto oltre che con la strategia
di business.
Fare tutto questo richiede di cogliere l’essenza dei fenomeni,
non perdersi nella quantità di dati da analizzare, essere
selettivi e arrivare spesso a escludere la maggior parte dei
fattori ed elementi analizzati, sapendo identificare i dati e
le correlazioni più significativi.
A tale riguardo si riscontra che nelle migliori esperienze
applicative dello SWP viene dedicato uno sforzo particolare alla produzione di ‘mappe visive’ studiate per far
comprendere i fenomeni tramite rappresentazioni (elaborate utilizzando strumenti di infographics) chiare, dinamiche
e interattive degli impatti che le decisioni di breve potranno avere sui risultati di lungo periodo.
C. Il livello di maturità del processo di WP verso il quale
si vuole convergere determina il grado di miglioramento
della complessiva efficacia e impatto dei processi Human
Capital che ci si può attendere.
Molte organizzazioni non hanno un processo di workforce planning, mentre altre lo utilizzano, ma a diversi livelli
di sofisticatezza o maturità. Una recente ricerca (Harris,
2011) ha riscontrato che anche se solo il 36% delle organizzazioni adotta practices di workforce planning a livello
avanzato (posizionate cioè sui due più elevati livelli di maturità), tali organizzazioni hanno anche i più elevati livelli
di impatto dei processi Hr.
Inoltre il 69% delle organizzazioni che non sono considerate e valutate come ‘high-impact’ sui processi human
capital conducono solo headcount plans o addirittura non
hanno nessun processo di planning della workforce. La
stessa indagine ha evidenziato inoltre che le high-impact Hr
organizations è due volte più probabile che adottino modelli
avanzati di workforce planning e che più del 58% di queste organizzazioni si colloca su uno dei due più elevati livelli di maturità, quando invece la forma predominante di
workforce planning tra le organizzazioni non high-impact è
lo standard headcount planning.
D. Definire il case for SWP è frequentemente una delle sfide principali ai fini della costruzione del consenso intorno
ai progetti di implementazione di modelli di SWP.
Molte persone all’interno delle organizzazioni riconoscono infatti a prima vista che lo SWP è una iniziativa utile,
ma il vero tema è come farla emergere tra le numerose
iniziative, temi e urgenze che affollano l’agenda dei decision makers aziendali. Una strategia comune praticata da
organizzazioni che hanno avviato e attuato con successo
progetti di SWP è chiedersi: dove siamo diretti se continuiamo lungo l’attuale percorso e con le attuali prassi e
programmi sulla workforce? In altre parole sviluppare una
vista di come la workforce sarà in un determinato futuro
se l’organizzazione continua ad operare come al momento attuale (il cd ‘no change future state’) e verificare se qualche
trend interno o esterno può generare una crisi rilevante
per l’organizzazione è un ingrediente indispensabile per
richiamare l’attenzione del management, generare il necessario senso di urgenza e spingere a fornire il necessario
supporto all’adozione di modelli di SWP.
E. Il risultato cui inevitabilmente conduce lo SWP è la
segmentazione della workforce. È quindi opportuno che le
imprese che intraprendono progetti di implementazione
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dello SWP siano preparate a gestirne le conseguenze in
termini di impossibilità per il futuro di continuare ad
adottare piani generici e non mirati sui segmenti critici.
Che sia infatti chiamata segmentazione, differenziazione
o altro, identificare le componenti critiche della workforce
e prestare attenzione particolare alla gestione di tali segmenti, è una chiara priorità dello SWP.
Come è stato correttamente affermato “così come la differenziazione è al centro delle strategie di business di successo, così è
anche al centro delle strategie sulla workforce efficaci. I sistemi Hr
e di gestione della workforce devono essere differenziati per i ruoli e
le persone che forniscono contributi strategici” (Huselid, Becker,
Beatty, 2005).
Strategic workforce planning e ruolo della funzione Hr
Un’ulteriore sfida, alla quale ha senso dedicare una specifica trattazione, è quella che riguarda il ruolo e lo status
della funzione Hr quando è chiamata ad avere un ruolo
guida nella implementazione dello SWP.
È infatti evidente come una diretta conseguenza in tali casi
dell’adozione di un approccio al Workforce Planning allineato agli obiettivi di business sia l’accesso della funzione
Hr alla c.d. ‘seat at the table’. Tuttavia, anche se la maggior
parte delle organizzazioni riconosce il valore dello SWP,
una obiezione frequentemente ascoltata dal top management delle imprese è che molte funzioni Hr non hanno
ancora le competenze tecniche e il business acumen necessari
per disegnare e implementare tale processo.
Le caratteristiche dello SWP sottopongono infatti le funzioni
Hr a una sfida significativa che va peraltro a concentrarsi
su due dei riconosciuti punti deboli della funzione: capacità
di comprensione del business e competenze analitiche e di
padronanza dei numeri, nessuna delle due componente
significativa dei tradizionali skills set della funzione né uno
dei suoi punti di forza riconosciuti.
Con riferimento al primo requisito emerge chiaro dalla
trattazione fatta finora come una delle implicazioni dello
SWP e necessità imprescindibile per una sua efficace attuazione è attivare una conversazione sulla direzione strategica del business e le conseguenze sul profilo della workforce. Le osservazioni che emergono dalle esperienze di
implementazione più complete e significative evidenziano
come, essendo la base essenziale dello SWP il ‘dialogo’ con
i business leader al fine di comprendere appieno la strategia
di business e le implicazioni per la workforce strategy,
senza una comprensione piena sia dei driver operativi che
di quelli finanziari ed economici da parte di chi guida lo
sforzo implementativo dello SWP non è pensabile passare
da uno stadio ‘iniziale’ a uno ‘maturo’ dello SWP.
Chi viene incaricato di occuparsi di SWP deve quindi es-
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sere in grado di comprendere il business, le sue sfide, i suoi
‘numeri’. Fare questo porta gli Hr fuori della loro ‘comfort
zone’, in quanto richiede conoscenze e skills che normalmente non sono tipiche delle funzioni Hr (e nemmeno richieste nei loro attuali requisiti di ruolo).
La percezione interna alle organizzazioni vede infatti
ancora dei significativi gap nella capacità della funzione
Hr di interpretare l’evoluzione del business e correlare
a tale evoluzione i propri programmi e azioni. Indagini
svolte al riguardo (Guthridge, Kom, Lawson, 2008),
evidenziano come il 58% dei manager di linea ritengano
che la funzione Hr non abbia le capabilities per sviluppare
programmi allineati agli obiettivi del business, a fronte
di solo il 25% dei componenti della funzione Hr che ha
analoga percezione.
Riguardo al secondo requisito, l’esperienza e le conoscenze Hr tradizionali, pur se rilevanti, sono messe in secondo
piano nello SWP. Il focus è infatti non tanto sulle classiche
technicalities Hr quanto invece sul supportare i business
executive nel costruire un quadro integrato e analitico della workforce attuale e futura e nel comprendere le implicazioni sulla forza lavoro delle strategie aziendali.
Da questo punto di vista le funzioni Hr continuano
purtroppo ancora a fare ampio affidamento su analisi e
report tradizionali/standard, con focus su dati storici e
sviluppati su base continuativa più che su analisi ad hoc ed
elaborate grazie a modelli predittivi. Da una recentissima
survey Mercer svolta a livello EMEA (Metrics and analytics:
patterns of use and value in EMEA, Autumn 2012) e che ha visto coinvolti sia Hr executives che Hr professionals emerge
che ben il 97% delle organizzazioni utilizza reportistica Hr
tradizionale, ma solo il 26% ha adottato in qualche misura
modelli predittivi (e soltanto l’8% su base non occasionale).
La riflessione di fondo è pertanto che anche se non è
richiesto a chi viene chiamato a occuparsi di SWP in
ambito Hr di diventare un analista o uno statistico, la
capacità, efficacemente sintetizzata nel termine statistical
literacy (Wired, 2010), sia di produrre sia di rappresentare
e spiegare al resto dell’organizzazione le correlazioni più
significative tra risultati di business e caratteristiche attuali
ed evolutive della workforce è essenziale.
Le stesse direzioni Hr hanno ormai maturato consapevolezza della presenza di questo gap: solo il 7% degli human
capital executive (IBM Institute for Business Value, 2010))
afferma che la propria funzione Hr è efficace nell’utilizzare
strumenti e logiche di workforce analytics per prendere
decisioni sul capitale umano della propria società e alla
domanda su quali fossero gli ostacoli più evidenti alla adozione del workforce planning avanzato, più del 26% delle
funzioni Hr intervistate ha citato ‘workforce metrics and
analytics’ (Harris, S. The value of advanced workforce planning
Strategic Workforce Planning: costruire la forza lavoro del futuro
capabilities, 2011), evidenza di una percezione, anche da
parte delle funzioni Hr stesse, della loro ancora scarsa
competenza nel padroneggiare e governare sistemi dataintensive e di una carenza di analytic skills.
La percezione di questi gap spesso rende gli stessi professionals Hr scettici riguardo allo SWP, in quanto, soprattutto se – come accade spesso – non hanno confidenza
con i metodi quantitativi, pensare di dover passare dalle
decisioni o valutazioni tipicamente destrutturate e ‘istintive’ a valutazioni basate sull’analisi di dati richiede uno
sforzo molto rilevante.
Tutto questo pone una questione molto seria alle funzioni
Hr che sempre più spesso vedono lo SWP come un’opportunità per guadagnare la ‘seat at the table’, cioè un ruolo al
tavolo delle decisioni strategiche sul business, per il quale
però non sono ancora attrezzate operativamente in termini di competenza e skills.
Il tema non è nuovo, anzi è una costante pressoché di tutte
le ricerche, indagini e survey fatte nel corso degli ultimi
anni, che la progressiva adozione dello SWP farà emergere ulteriormente e rendere di immediata evidenza.
La capacità della funzione Hr di trasformarsi in partner
strategico del business è infatti una delle aree nelle quali è
rilevata la più significativa differenza (si veda, ad esempio,
al riguardo The Boston Consulting Group and World Federation of People Management Associations, 2012, Creating people advantage) tra la percezione che ha di tale capacità
la funzione Hr stessa e quella che ha il business. E questa
disparità è rimasta sostanzialmente inalterata nel corso
degli ultimi anni.
Trattandosi nel caso dello SWP di un processo che riguarda temi Hr, ma che ha connotazioni strategiche e
di business molto rilevanti, la funzione Hr sarà quindi di fronte a un bivio: o sarà in grado di cavalcare il
trend e sfruttarlo per accreditarsi al tavolo delle decisioni strategiche, dimostrando di poter essere la funzione che è in grado di governare la riconciliazione che lo
SWP richiede tra evoluzione del business e implicazioni
sulla workforce o si vedrà sottrarre tale opportunità da
altre funzioni (tipicamente il business planning o la linea) venendo chiamata solo in qualità di comprimario e
solo nel momento della attuazione sulla workforce delle
azioni e programmi definiti.
Le direzioni Hr storicamente non hanno avuto o hanno
sentito di non avere sufficiente credibilità, conoscenza del
business e fiducia per avviare un confronto sulla strategia
di business con i senior executive. La progressiva adozione
ed estensione dello SWP le metterà quindi alla prova e
chiederà loro di saper superare tale difficoltà, correndo
altrimenti il rischio di veder gestire da qualcun altro la
S&O
dimensione strategica della workforce.
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