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Robert L. Leahy
SE PERDI IL LAVORO
NON PERDERE LA TESTA
COME SOPRAVVIVERE
ALLA DISOCCUPAZIONE
ECLIPSI
SE PERDI IL LAVORO NON PERDERE LA TESTA
Come sopravvivere alla disoccupazione
Traduzione italiana di:
Keeping your head after losing your job
Traduzione ed editing: Andrea Pioli
Videoimpaginazione: Gesp srl
Copyright ©
2013
Robert L. Leahy, PhD
Through Nabu International
Literary Agency - www.nabu.it
In conjunction with D4EO
Literary Agency
www.d4eoliteraryagency.com
Copyright ©
2015
Eclipsi srl
Via Mannelli, 139
50132 Firenze
Tel. 055-2466460
www.eclipsi.it
ISBN: 978-88-89627-32-7
I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di
adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i micro-film e le
copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.
A mio fratello Jim, che è sempre presente
SOMMARIO
L’autore
IX
Ringraziamenti
XI
Introduzione
1
1.
Guardare diversamente la propria situazione
5
2.
Avere il diritto di provare emozioni negative
e la capacità di cambiarle
23
3.
Agire
43
4.
Costruire la propria autostima
61
5.
Non restare intrappolati nei pensieri
83
6.
Perché proprio a me? Sentirsi una vittima
o accrescere il proprio potere?
97
7.
Occuparsi del denaro
115
8.
Aiutarsi a vicenda (per partner e famiglie)
145
9.
Smetterla di preoccuparsi e vivere il presente
177
10.
Uscire dal proprio guscio
205
11.
Prendersi cura di se stessi
231
12.
Continuare ad esercitarsi in futuro
261
L’AUTORE
Il dr. Robert Leahy, dottore di ricerca presso la Yale University
e direttore dell’American Institute for Cognitive Therapy (www.CognitiveTherapyNYC.com), ha ottenuto una borsa di studio postdottorato presso la Medical School dell’Università della Pennsylvania, sotto la direzione del fondatore della terapia cognitiva Aaron
Beck. È stato presidente dell’Association for Behavioral and Cognitive
Therapies, dell’International Association of Cognitive Psychotherapy e
dell’Academy of Cognitive Therapy, nonché direttore dell’American
Institute for Cognitive Therapy (NYC) e professore di psicologia clinica al Weil-Cornell University Medical School. È presidente onorario a vita dell’associazione della New York City Cognitive Behavioral Therapy Association e socio fondatore dell’Academy of Cognitive
Therapy; inoltre, ha conseguito il premio Aaron T. Beck per il suo
eccezionale contributo allo sviluppo della terapia cognitiva.
Dal 1998 al 2003 è stato Associate Editor del Journal of Cognitive
Psychotherapy, ed è attualmente Associate Editor dell’International
Journal of Cognitive Therapy. È membro di numerosi comitati scientifici e tiene conferenze sulla terapia cognitivo-comportamentale,
ed è spesso relatore invitato presso le università di tutto il mondo.
È autore di 21 libri sulla terapia cognitiva e i processi cognitivi,
tra cui Treatment Plans and Interventions for Depression and Anxiety Disorders; Overcoming Resistance in Cognitive Therapy; Bipolar
Disorder: A Cognitive Therapy Approach; Cognitive Therapy Techniques; Roadblocks in Cognitive-Behavioral Therapy; Psychological
Treatments of Bipolar Disorder; Contemporary Cognitive Therapy;
The Therapeutic Relationship in the Cognitive Behavioral Psychotherapies e The Worry Cure, che è stato tradotto in 12 lingue, è
stato scelto dal Month Club, dal Literary Guild e da numerosi altri
club del libro, ha ricevuto apprezzamenti da parte del New York
Times e - infine - è stato selezionato dalla rivista Self come uno
degli 8 migliori libri di auto-aiuto di tutti i tempi. I suoi ultimi
2 libri più famosi sono Anxiety-Free: Unravel Your Fears before
They Unravel You e Beat the Blues Before They Beat You: How to
Overcome Depression.
Altri suoi libri recenti sono Emotion Regulation in Psychothera-
py: A Practitioner’s Guide, la seconda edizione di Treatment Plans
and Interventions for Depression and Anxiety Disorders e Treatment
Plans and Interventions for Bulimia and Binge-Eating Disorder.
Cura una collana di libri pubblicata dalla Guilford Press (Treatment Plans and Interventions for Evidence-Based Psychotherapy).
I suoi libri sono stati tradotti in 18 lingue e sono utilizzati in
tutto il mondo nella formazione dei terapeuti cognitivo-comportamentali.
RINGRAZIAMENTI
È decisamente difficile - ma proverò comunque a farlo - rendere giustizia alle molte persone verso le quali nutro un debito di
gratitudine. Vorrei iniziare ringraziando i molti pazienti, amici,
familiari e vicini che hanno condiviso con me le loro storie sul
come far fronte alla disoccupazione. Sono infatti le loro voci e le
loro esperienze che ho scelto di descrivere nello scrivere questo
libro. Per quanto spesso le persone disoccupate si sentano marginalizzate, dimenticate e impotenti, le loro storie e i loro esempi
di coraggio e perseveranza possono rappresentare una fonte di
speranza per gli altri. Non posso esimermi dal riconoscere quanto sia stato ancora una volta prezioso il lavoro dei miei colleghi
dell’Istituto americano per la terapia cognitiva di New York City
(www.cognitivetherapynyc.com), i quali sono stati così gentili da
permettermi di condividere con loro le idee sottese alla genesi di
questo libro e le cui intuizioni ed esperienze trovano rispondenza in ogni teoria valida. Un ringraziamento speciale va a Dennis Tirch e a Laura Oliff, che hanno continuato a istruirmi e
a supportare il nostro lavoro comune. Ringrazio anche Poonam
Melwani, la mia assistente editoriale e alla ricerca, che si è dedicata infaticabilmente ai diversi progetti sui quali abbiamo lavorato. Sono grato ai molti colleghi e tutor che ho avuto in Nord
America, compresi Brad Alford, Aaron Beck, Judy Beck, David
Burns, Tom Borkovec, David A. Clark, Frank Dattilio, Allison
Harvey, Steve Hayes, Stefan Hoffman, Steve Holland, Steve Hollon, Sheri Johnson, Thomas Joiner, Marsha Linehan, Chris Martell, Lynn McFarr, Lata McGinn, Dean McKay, Cory Newman,
Art Nezu, Christine Nezu, Susan Nolen-Hoeksema, Christine
Purdon, John Riskind, Kelly Wilson, Terry Wilson e molti altri
ancora. Scrivere è un’impresa solitaria che però, paradossalmente,
riflette le voci di molti. Grazie ancora a tutti. Ringrazio anche
i molti colleghi britannici che, nel corso degli anni, mi hanno
informato e influenzato: David M. Clark, Christopher Fairburn,
Melanie Fennell, Paul Gilbert, Emily Holmes, Warren Mansell,
Costas Papageorgeo, Roz Shafran, Adrian Wells, Mark Williams
e, naturalmente, il mio caro amico Philip Tata. Sono onorato di
aver partecipato, nel corso di molti anni, alle conferenze tenute
dall’Associazione Britannica di Psicoterapia Cognitivo-comportamentale, così come a svariati convegni europei e mondiali nel
corso dei quali ho avuto la fortuna di conoscere i miei colleghi
internazionali. Ringrazio il mio editor Lynn Price, che mi è stato
enormemente d’aiuto e Bob Diforio, che per molti anni è stato
il mio scrupoloso, esperto, saggio ed eccellente agente. La sua
dedizione a questo lavoro - e a ciò che esso rappresenta - è stata
ben più grande del dovuto. Ti ringrazio ancora una volta, Bob,
per la tua amicizia e per il tuo aiuto. Sono inoltre grato a mio
fratello Jim, che è sempre presente, generoso e saggio. È e a lui
che dedico questo libro. Infine, devo riconoscere come le parole
siano insufficienti a esprimere la gratitudine che nutro verso mia
moglie Helen, che è come il vento che muove le mie ali.
INTRODUZIONE
Oggigiorno stiamo senza dubbio vivendo un periodo di crisi
economica, che determina un accresciuto senso di urgenza per
chi è disoccupato e fa incombere lo spettro della disoccupazione
su quelli che stanno attualmente lavorando. Occorre ricordare,
tuttavia, che c’è sempre stato e sempre ci sarà un considerevole
numero di persone disoccupate e che molti di coloro che hanno
al momento un’occupazione sono stati disoccupati in passato o
sono destinati a perdere il lavoro in futuro.
La disoccupazione è un fatto della vita. Mi rendo conto che
per te, che sei disoccupato, sia una magra consolazione, ma è
fondamentale che tu capisca che non sei il solo. Ho potuto constatare di persona come la disoccupazione possa demoralizzare e
mortificare anche la migliore delle persone e come essa diventi
spesso un’esperienza di vita che il soggetto conduce in solitudine. Questa, però, non è la maniera giusta di vivere il problema.
Sopravvivere alla disoccupazione è possibile e, per quanto possa
apparire improbabile al momento, è anche possibile trasformarla
in un periodo positivo della propria vita.
In che modo? Rendendosi conto che, per quanto non si sia
potuto evitare ciò che ci è successo, spetta a noi gestire adeguatamente il periodo che stiamo vivendo. Non sottovalutare l’importanza del prenderti cura di te stesso in questo momento di difficoltà: la disoccupazione aumenta il rischio di andare incontro a
problemi di salute mentale, a una riduzione della qualità di vita
2
Se perdi il lavoro non perdere la testa
e del benessere fisico; in pratica, aumenta il rischio di bere fino
allo stordimento, di cadere nella depressione, di sviluppare stati
ansiosi e di ricorrere al suicidio.
Una prospettiva poco confortante, lo riconosco, ma che sottolinea l’importanza di utilizzare tutte le capacità che si hanno - e
di acquisirne di nuove - per adattarsi alla situazione contingente.
Questo libro è stato pensato per aiutarti a farlo. Il suo scopo è
quello di illustrare gli strumenti psicologici utili ad affrontare al
meglio il proprio periodo di disoccupazione. Non si tratta di un
libro su come trovare lavoro, su come aver successo nei colloqui
o su come scrivere un curriculum vitae, ma di qualcosa di ben più
importante. Esso, infatti, aiuterà te e i tuoi familiari a reagire nel
modo più efficace durante quello che potrebbe essere il periodo
di vita più difficile che dovrai mai affrontare. Dal momento che,
nel corso degli anni, ho trattato molte persone disoccupate e ho
avuto familiari e amici che hanno dovuto affrontare la disoccupazione, gran parte di questo libro è basato su ciò che essi mi hanno
insegnato riguardo a ciò che è utile e non è utile fare in questo
momento di difficoltà. Per quanto possa essere un periodo difficile, ci sono cose che puoi imparare che ti aiuteranno ad affrontarlo più produttivamente, e a condurre un’esistenza migliore una
volta trovato lavoro. Puoi pensare “tutto ciò mi sta accadendo”
oppure “ho intenzione di far accadere le cose”, ovvero puoi essere
passivo o attivo; puoi semplicemente attendere un nuovo lavoro
o assumere il controllo della tua vita e trasformare quest’ultima
nel tuo lavoro. Spetterà a te gestire adeguatamente la difficoltà
di trovarti in una fase di transizione tra il tuo ultimo lavoro e il
prossimo. Nei miei molti anni di professione come psicoterapeuta, ho scoperto come molte delle strategie proprie della terapia
cognitivo-comportamentale (Cognitive Behavior Therapy - CBT)
si siano dimostrate utili per i pazienti che dovevano fronteggiare
la disoccupazione. In ogni parte di questo volume faccio riferimento alle teorie e alle tecniche della CBT, una forma di psicoterapia che sottolinea l’importanza di cambiare il proprio modo
di pensare (“cognizione”) e di comportarsi. Non si tratta di un
processo eccessivamente lungo: non ti chiederò, ad esempio, di
esaminare la tua infanzia. Certamente ti occorrerà un po’ di tempo per perfezionare le tecniche apprese, ma sta di fatto che ogni
Introduzione
3
capitolo di questo libro ti mostrerà semplici strategie che potrai
utilizzare immediatamente per sentirti meglio e agire nel migliore
dei modi. Troverai inoltre esercizi che ti aiuteranno a concentrarti
sui suggerimenti e sulle tecniche da me descritti. Puoi scegliere
di completarli utilizzando il modello apposito oppure puoi utilizzare un taccuino. Non c’è dubbio che la disoccupazione rappresenti un periodo sfortunato e difficile (e, per un gran numero
di persone, il momento di vita più arduo mai affrontato), ma
mantenendo la calma e imparando a fronteggiarlo al meglio si
può imparare a condurre un’esistenza migliore una volta trovato
lavoro. La disoccupazione è un momento in cui possono dischiudersi nuove priorità e significati, e in cui è possibile riscoprire
quel che veramente conta per noi stessi.
1
GUARDARE DIVERSAMENTE
LA PROPRIA SITUAZIONE
Hai perso il lavoro e probabilmente stai sperimentando emozioni
confuse e dolorose, consapevole che questo è uno dei periodi peggiori della tua vita. Andare a casa a raccontarlo ai tuoi familiari è
stata l’esperienza più difficile che tu abbia mai avuto. Ti senti imbarazzato, senti di averli delusi, senti che il mondo ti sta crollando
addosso. Non devi più uscire di casa per andare al lavoro e stai
seduto da solo, mentre le ore, i giorni e le settimane interminabili si
trascinano una dopo l’altra. Non hai nessun posto dove andare.
Ti soffermi sulla tua situazione e ti rendi conto di non aver mai
pensato che una cosa del genere sarebbe potuta capitarti. Ti trovi
da solo con i tuoi pensieri e con le tue emozioni, non sapendo
quando uscirai da questa situazione, non sapendo se troverai mai
un lavoro di tuo gradimento. Ti preoccupi della tua situazione finanziaria e di cosa i tuoi amici e la tua famiglia potrebbero pensare,
e provi vergogna nel dire agli altri che non stai lavorando. Ti senti
arrabbiato, confuso, ansioso e depresso e, a volte, ti chiedi se ciò
che ti è accaduto sia vero. Tuttavia, è importante che ti ricordi che
non sei il solo.
Ti suggerisco di pensare a questo periodo come a un periodo di
transizione, ovvero come a un momento della tua vita che si frappone tra il tuo ultimo lavoro e il prossimo.
NON SEI IL SOLO
Per comprendere come altri abbiano affrontato quest’esperienza,
6
Se perdi il lavoro non perdere la testa
considereremo adesso i casi di alcune persone che hanno
attraversato le stesse difficoltà che stai attraversando tu in questo
momento.
Claire aveva lavorato nella sua azienda di marketing durante
gli ultimi sei anni ed era convinta di star svolgendo un buon
lavoro. Ma gli affari hanno cominciato ad andare male, le
persone a investire meno nel marketing e gli uomini d’affari a
temere per le condizioni dell’economia. Per un po’ la situazione
non è stata rosea, poi le cose sono precipitate e Claire è stata
licenziata. Disoccupata da quattro mesi, costretta a vivere da sola,
preoccupata per la propria situazione economica, sentendosi
fallita e arrabbiata per il trovarsi in quella situazione complicata,
Claire si è sentita sempre più scoraggiata.
Ed, padre di tre figli, ha lavorato per più di 15 anni in
un’azienda, ma ne è stato estromesso a causa della nuova
concorrenza nel settore. Privo di laurea e con ben pochi risparmi,
ha incassato una bella liquidazione per andarsene (non aveva altre
alternative). Utilizzando il reddito accumulato in un paio d’anni,
ha dovuto progettare cosa fare per prendersi cura della propria
famiglia. Sapeva di non essere il solo a trovarsi in quella situazione,
giacché molti dei suoi amici e familiari avevano perso il lavoro nel
corso degli anni, cadendo nell’isolamento o nell’alcolismo. Ed,
contrariamente a loro, ha deciso di fare qualunque cosa occorresse
affinché le cose prendessero il verso giusto. Oggi svolge diversi
lavori part-time (come tagliare l’erba, guidare lo scuolabus locale
e riparare computer), nessuno dei quali è ben pagato ma che,
sommati assieme, gli permettono di sopravvivere e di contribuire
al bilancio familiare. A sessant’anni suonati, ha una forma fisica
migliore di quella di molti trentenni. Mi ha confidato, tra le altre
cose, di sentire il dovere di lavorare continuamente.
Tom ha lavorato per oltre 25 anni in un’azienda, che però
ha dovuto effettuare tagli e lo ha licenziato. Avendo sofferto
di depressione in passato, si è rivolto a me per avere un aiuto
e qualche consiglio su come reagire. Nei due mesi trascorsi
prima di venire da me, è stato spesso seduto in casa a riflettere su
quanto fosse ingiusto quel che gli era capitato, su come si sentisse
imbarazzato e su come fosse preoccupato di non potersi prendere
cura della propria famiglia. Si sentiva triste e tendeva a isolarsi,
Guardare diversamente la propria situazione
7
ma abbiamo cominciato a lavorare assieme per cambiare le cose.
Gli ho suggerito di considerare il periodo che stava vivendo come
una fase di transizione tra il suo ultimo lavoro e quello successivo,
di non sprecare l’occasione per volgere ogni cosa verso il meglio e
di stilare un progetto da seguire.
Abbiamo descritto tre storie, ma ne incontrerai molte altre
nella lettura di questo libro. La tua potrebbe essere simile, ma
più probabilmente differente. Ci sono decine di milioni di storie
di persone che sono state o sono attualmente disoccupate. Ogni
persona reagisce alla disoccupazione a modo proprio, spesso
utilizzando gli stessi stili adattivi utilizzati per far fronte ad altri
eventi di vita negativi. Paradossalmente, per quanto vi siano alte
probabilità di imbattersi nella disoccupazione a un certo punto
della propria vita lavorativa - o che vi si imbatta il proprio partner
- nessuno ci ha preparato ad affrontare questo momento della
vita così comune e complicato. Non esiste un corso universitario
chiamato “Fondamenti della disoccupazione” che tu possa seguire,
sebbene molte persone laureate siano destinate, prima o poi, a
vivere un periodo di disoccupazione. Forse ti sembrerà di essere
una persona differente da quella che eri perché sei disoccupato,
ma in realtà sei lo stesso di prima, ed è bene che ti renda conto
che ciò che è accaduto a te può accadere a chiunque.
Daremo adesso un’occhiata a quanto la disoccupazione
sia diffusa, in modo che tu ti renda conto che non sei il solo.
Successivamente, esamineremo i lati negativi dell’essere
disoccupati, in modo che tu comprenda come sia necessario agire
per fare i conti con questo momento di difficoltà.
La disoccupazione può compromettere la tua salute, la tua
autostima e le tue relazioni familiari, e può anche aumentare il
rischio di cadere in depressione. È importante, pertanto, che tu
faccia tutto quanto possibile per affrontarla al meglio.
Certamente essere disoccupati è brutto, ma puoi scegliere come
far fronte ai tuoi pensieri negativi ricorrenti, come comportarti e
come rapportarti alle persone che ti circondano.
LA DISOCCUPAZIONE È OVUNQUE
Quando ho iniziato a scrivere questo libro, il tasso di
disoccupazione era del 9,1% negli Stati Uniti e di oltre l’8% in
8
Se perdi il lavoro non perdere la testa
Gran Bretagna, con la prospettiva che la disoccupazione sarebbe
rimasta storicamente alta per un lungo periodo di tempo. Per
quanto queste cifre possano apparire inquietanti, la situazione è
ancora peggiore in altri paesi; la Spagna ha un tasso elevatissimo di
disoccupazione da tre decenni a questa parte (media del 14,2%),
la Francia - considerando lo stesso periodo - una disoccupazione
media del 9,5% ed altri paesi livelli “astronomici” della stessa (lo
Zimbabwe, nel 2009, ha riportato un tasso di disoccupazione del
97%; molti altri paesi africani sono attualmente colpiti da livelli
gravi di disoccupazione (ad esempio, il tasso in Sudafrica è del
25% e in Kenya del 40%), e i paesi scossi da conflitti politici ne
presentano livelli molto alti, quali il 40% in Kosovo, il 60% in
Tajikistan e il 18% in Iraq.
In molti paesi - compresi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna - le
cifre ufficiali sulla disoccupazione sottostimano spesso l’effettivo
numero delle persone disoccupate, non tenendo conto di coloro
che hanno smesso di cercare lavoro, di chi è sottoimpiegato
(o lavora part-time) e di quelli che non sono riusciti a entrare
nel mondo del lavoro perché scoraggiati riguardo alle proprie
possibilità.
Un altro modo di valutare il livello di disoccupazione è
rappresentato dal “tasso di partecipazione alla forza-lavoro”,
che indica la percentuale di persone in età lavorativa (16-64)
effettivamente occupate. Tra il 2008 e la seconda metà del 2011,
negli Stati Uniti, tale tasso è sceso dal 68% al 64%, il che significa
che il 36% delle persone in età lavorativa è senza lavoro (Bureau
of Labor Statistics, US, Dipartimento del Lavoro, 7 ottobre
2011). Le cifre sono molto simili in Gran Bretagna, dove, nel
2011, il “tasso di partecipazione alla forza-lavoro” è risultato del
62% (World Bank, Giugno 2012).
Molti di questi disoccupati sono casalinghe, studenti o persone
con invalidità, altri sono pensionati precoci o persone che non
stanno cercando lavoro. È interessante osservare come all’inizio
degli anni ’50 il “tasso di partecipazione alla forza lavoro” fosse
vicino al 55% (dunque più basso dell’attuale, in primo luogo
perché un’alta percentuale di donne erano casalinghe a tempo
pieno e non erano di conseguenza incluse tra le persone occupate).
Ovviamente, se dovessimo pagare una madre o una moglie per
Guardare diversamente la propria situazione
9
tutto il lavoro che svolge, la nostra famiglia andrebbe facilmente
in rovina. A mio avviso esse svolgono uno dei lavori più duri che
esista, per 24 ore al giorno, per 365 giorni l’anno.
Qualunque sia l’attuale tasso di disoccupazione, esso apparirà
sempre troppo alto per chi è disoccupato o per chi teme di
perdere il lavoro. La disoccupazione colpisce in genere gli uomini
più delle donne, e ha tassi più alti nei teenagers e nelle persone di
colore. Nel 2010, il tasso di disoccupazione negli USA è risultato
considerevolmente diverso in base al gruppo etnico, assestandosi
sul 4,4% per i bianchi, sul 7,4% per gli asiatici e sul 12,1%
per i neri (Office for National Statistics, UK, Luglio 2012). È
importante ricordare, tuttavia, come la disoccupazione colpisca
tutti i gruppi etnici, tutti i livelli di reddito e di istruzione e come,
chiunque tu sia, sia oltremodo difficile affrontarla.
QUALI SONO I COSTI DELLA DISOCCUPAZIONE?
La disoccupazione rappresenta un problema diffuso, ma ancora
più angoscianti sono i dati relativi agli effetti della stessa sulla
qualità della vita. Non è semplicemente una cifra statistica, un
numero o un problema politico da risolvere, ma un qualcosa che
riguarda gli esseri umani in quanto tali, le loro famiglie e il loro
futuro. I fatti, purtroppo, non sono confortanti.
Il primo di questi da considerare è che la disoccupazione uccide
diverse persone. I tassi di mortalità a lungo termine, infatti, sono
più alti per coloro che sono stati disoccupati. Uno studio condotto
in Finlandia dal professor Pekka Martikainen dell’Università di
Helsinki ha dimostrato come chi è stato in passato disoccupato
avesse una mortalità due volte e mezzo più alta di coloro che non
sono mai stati disoccupati1 e come, considerando le differenze di
salute e demografiche nel gruppo dei disoccupati, la mortalità si
assestasse al 47%. Margaretha Voss e le sue colleghe del Karolinska
Institute di Stoccolma hanno seguito 20.632 gemelli in Svezia,
dal 1973 al 1996, scoprendo come, nel corso di questo periodo di
tempo, la disoccupazione avesse incrementato la mortalità, con un
significativo aumento dei suicidi, delle lesioni e degli incidenti, e
Martikainen, P.T. and Valkonen, T. (1996), “Excess mortality of unemployed men and women during a period of rapidly increasing unemployment,” Lancet, 348(9032), 909–12.
1
10
Se perdi il lavoro non perdere la testa
con un tasso di mortalità più alto tra i soggetti meno istruiti2.
In secondo luogo, la disoccupazione lascia in molte persone
gravi cicatrici emotive, continuando a manifestare i propri effetti
anche quando il soggetto ha trovato un lavoro. Il rischio è quello
di avere una maggiore probabilità di cadere nuovamente nella
disoccupazione3, una diminuzione dei guadagni fissi (anche
quando non si considerino i guadagni persi durante il periodo
senza lavoro) e costanti preoccupazioni di perdere il lavoro4. Una
ricerca svolta da Paul Gregg ed Emma Tominey, della London
School of Economics, ha dimostrato come i giovani che hanno
vissuto periodi di disoccupazione abbiano una diminuzione del
13-21% nei guadagni a partire dall’età di 41 anni5. Se sei stato
disoccupato da giovane, corri il rischio di avere minori guadagni
fissi. In conclusione, si può affermare che la disoccupazione
continui a compromettere per molti le opportunità della vita.
In terzo luogo, chi è disoccupato ha un maggiore rischio di
incorrere in problemi medici e psichiatrici quali la depressione,
l’insonnia, gli stati ansiogeni, il rimuginio, il suicidio, le sensazioni
di impotenza, la bassa autostima, la malnutrizione, le patologie
cardiovascolari (in particolare l’infarto del miocardio), l’alcolismo,
così come nel fumare sempre di più e nell’avere una scarsa salute
fisica6. La minaccia della disoccupazione, inoltre, porta a un
aumento del colesterolo (in altre parole, pensare di poter perdere
Platt, S., “Unemployment and suicidal behavior: A review of the literature,” Social Science & Medicine, 1984;19(2):93–115; Voss, M., Nylén,
L. et al., “Unemployment and early cause-specific mortality: A study based
on the Swedish Twin Registry,” American Journal of Public Health 2004;
94(12):2155–61.
3
R.B. Freeman and D.A. Wise (eds), The Youth Labor Market Problem:
Its Nature, Causes and Consequences, Chicago: University of Chicago Press,
1982, pp. 349–390.
4
Berth, H., Förster, P. and Brähler, E., “Unemployment, job insecurity
and their consequences for health in a sample of young adults,” Gesundheitswesen, 2003;65(10):555–60.
5
Gregg, P., and Tominey, E., “The wage scar from male youth unemployment,” Labour Economics, 2005;2(4):487–509.
6
McKee-Ryan, F.M., Song, Z., Wanberg, C.R. and Kinicki, A.J., “Psychological and physical well-being during unemployment: A metaanalytic study,”
Journal of Applied Psychology, 2005;90(1):53–76.
2
Guardare diversamente la propria situazione
11
il lavoro incide sul livello di questo7). Ulteriori ricerche (tra le
quali quelle svolte dal Pew Research Center) hanno dimostrato
come chi è disoccupato sia maggiormente a rischio di abusare
di droga e di commettere crimini (soprattutto furti8). Infine, le
persone disoccupate vivono spesso conflitti relazionali, difficoltà
coniugali e sono facilmente soggette a perdere amici.
In quarto luogo, molti disoccupati (sia negli Stati uniti che in
Gran Bretagna) tendono a rimandare le decisioni di vita importanti,
quali lo sposarsi o l’avere dei figli9. La persona disoccupata,
temendo l’esaurimento delle proprie risorse economiche ed
essendo incerta sulla propria sicurezza economica futura, tende
a vivere il periodo senza lavoro come un periodo morto, in cui
ogni scelta importante viene differita. Le opportunità e le libertà
che hanno gli altri appaiono un miraggio, e recuperare il tempo
perduto può sembrare impossibile.
QUEL CHE STAI PENSANDO ADESSO
Se, come molti altri, sei disoccupato, saprai come possa
essere pericoloso trascorrere il tempo a rimuginare sulla tua
condizione. È molto probabile che tu abbia avuto alcuni dei
seguenti pensieri negativi (o tutti):
• Non troverò mai un lavoro.
• Ho fallito.
• Sono un fallimento come persona.
Mattiasson, I., Lindgarde, F., Nilsson, J.A., and Theorell, T., “Threat of
unemployment and cardiovascular risk factors: Longitudinal study of quality
of sleep and serum cholesterol concentrations in men threatened with redundancy,” BritishMedical Journal, 1990;301:461–6.
8
Peck, D.F., and Plant, M.A., “Unemployment and illegal drug use: Concordant evidence from a prospective study and national trends,” British Medical Journal (Clinical Research Edition), 1986;93(6552):929–32.
9
Pew Research Center (2009, November 24), “Recession brings many
young people back to the nest: Home for the Holidays . . .and every other day,”
retrieved 10 October 2011,from http://pewsocialtrends.org/files/2010/10/
home-for-the-holidays.pdf; Morgan, P., “Farewell to the Family? Public Policy
and Family Breakdown in Britain and the USA,” Institute of Economic Affairs, London (1995); Vani K. Borooah, “Does unemployment make men less
“marriage- able?” Applied Economics, 2002, 34:1571–82.
7
12
•
•
•
•
•
Se perdi il lavoro non perdere la testa
Niente di quel che faccio funziona.
Tutti penseranno che sono un perdente.
È la cosa peggiore che poteva capitarmi.
Non so come occupare il mio tempo.
Perché proprio a me?
Questi pensieri negativi tornano continuamente, e ti soffermi su di essi pensando che non starai mai meglio, che non
troverai mai un lavoro e che non uscirai mai da questa situazione. Può anche darsi che tu pensi di dover essere infelice perché
disoccupato. Adesso, però, lavoreremo assieme per cambiare la
tua opinione a riguardo, in modo che tu capisca che il fatto che
pensi a queste cose non significa che siano vere. Il fatto che sei
disoccupato non significa che non potrai rendere la tua vita migliore. Non devi credere per forza a tutto quello che pensi!
PUOI CAMBIARE IL TUO MODO DI PENSARE
Considereremo adesso alcuni modi di funzionamento della tua
mente e vedremo come cambiarli e come agire nel tuo interesse
piuttosto che concentrarsi sugli aspetti negativi. Esaminiamo i
seguenti:
L’importanza delle tue emozioni
Se sei disoccupato, è molto probabile che sperimenti una serie di
emozioni dolorose, complesse e disturbanti, quali rabbia, confusione, frustrazione, umiliazione, ansia, tristezza, disperazione,
impotenza o anche, in alcune occasioni, un senso di sollievo
perché non stai più lavorando o l’attesa di un’imminente catastrofe. Gli altri possono averti detto di reagire, di smetterla di
preoccuparti e di pensare positivamente. Niente di tutto questo
ha funzionato, ma ti sei sentito ancora più solo e incompreso. A
volte, inoltre, ti senti intrappolato nelle emozioni che provi.
Come affronti queste emozioni? Hanno un senso? Pensi che
dureranno per sempre e sei convinto che nessuno le comprenda o se ne interessi? Ti isoli, bevi, mangi smodatamente, cerchi
rassicurazioni o trascorri momenti interminabili su internet per
rifuggire da queste? Sei compassionevole e premuroso verso te
stesso o ti critichi continuamente per come ti senti? Le tue emo-
Guardare diversamente la propria situazione
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zioni sono importanti, e la prima cosa di cui ci occuperemo
in questo libro sarà il tuo diritto di provare emozioni negative.
Non sei un robot!
Hai bisogno di un piano e di cominciare ad agire
Sei diventato passivo e isolato, e privo di una direzione verso cui
muoverti? Come molte altre persone disoccupate, ti chiedi continuamente cosa fare con tutto questo tempo a disposizione. È
probabile che tu non abbia alcun progetto per le tue giornate e
stia seduto passivamente a guardare la televisione, a rimuginare
e a concentrarti sulle cose negative. Adesso ti suggerirò una cosa:
in questo momento hai due lavori, il primo dei quali è cercare
lavoro e il secondo è prenderti cura di te stesso. Hai un sacco di
cose da fare e necessiti di un piano.
Sei intrappolato nei pensieri negativi ripetitivi
Stai seduto a casa, riflettendo sulla situazione in cui ti trovi,
mentre i pensieri negativi ripetitivi (le cosiddette “ruminazioni”) ritornano continuamente: “Perché proprio a me? Non posso credere di trovarmi in questa situazione. Mi sento così male,
così solo, così fallito come persona. Starò mai meglio?”. Ora
dopo ora, giorno dopo giorno, stai seduto a pensare queste cose,
isolato, solo, e deprimendoti sempre più. Continui a cercare
una risposta, a tentare di dar senso alla situazione, a ripetere i
pensieri, le emozioni e le immagini più negative, sprofondando
sempre più nella depressione.
Hai bisogno di trasformare l’autocritica
in autocorrezione
Molte persone disoccupate lamentano un senso di fallimento, e
ritengono di meritare biasimo per il fatto di aver perso il lavoro.
Tale tendenza all’autocritica è piuttosto comune, per quanto le
aziende abbiano normalmente i loro alti e bassi e molti licenziamenti appartengano all’andamento nazionale dell’economia.
Il pensiero autocritico, tuttavia, non fa altro che aumentare il
rischio di depressione, privandoti, tra l’altro, della possibilità di
vivere il presente. Daremo adesso un’occhiata a cosa stai dicendo a te stesso e a come puoi essere maggiormente costruttivo e
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Se perdi il lavoro non perdere la testa
compassionevole verso te stesso. Potresti dirti che, per quanto
tu abbia perso il lavoro a causa del tuo comportamento, non
sei certo l’unico che è stato licenziato. Adesso puoi scegliere se
trascorrere il tuo tempo a criticarti o se elaborare ciò che hai
imparato al fine di rendere le cose migliori in futuro. Sta a te
decidere tra l’autocritica e l’autocorrezione.
Devi smetterla di nasconderti dal mondo
Alcuni disoccupati si vergognano della propria condizione, evitano gli altri e si sentono imbarazzati nel dir loro che non hanno
più un lavoro. Sono convinti che gli altri li guardino dall’alto
verso il basso e li considerino inferiori, e ritengono di dover
evitare qualsiasi contatto con chiunque potrebbe pensar male.
C’è anche chi rinnega la propria effettiva condizione, vestendosi ogni giorno in giacca e cravatta, uscendo di casa per andare
al parco e rientrando tardi la sera, allo scopo di far pensare agli
altri che sta ancora lavorando.
Sei molto più di un lavoro
Nella nostra società, molti equiparano il proprio senso di identità al proprio lavoro, ritenendo che senza il lavoro non avrebbero il senso di chi sono né alcun ruolo nel mondo in cui vivono. “Chi sono se non ho un lavoro?” - è una domanda tipica
che molti pongono a se stessi. Altri, invece, si preoccupano di
come prendersi cura di se stessi. Una mia paziente ha pensato
che non sarebbe stata in grado di sopravvivere, per quanto avesse diversi risparmi e possedesse le capacità richieste dal mercato
del lavoro. Essere disoccupato è spesso un’esperienza solitaria:
ti sembra che tutto il mondo stia andando al lavoro eccetto te.
Nascosto nella propria casa, imbarazzato a parlare con gli amici,
il disoccupato si sente spesso un emarginato. Temendo di entrare in contatto con amici e colleghi, e provando imbarazzo a
stare in relazione con le altre persone, interrompe ogni legame,
privandosi di fatto di qualsiasi possibilità di supporto sociale. È
molto probabile che tu ti dica: “Chi vuoi che voglia sentirmi lamentare? Chi vuoi che voglia occuparsi di un disoccupato come
me?”. È facile che tu creda che nessuno possa comprenderti e
che ancor meno possa aver compassione di te, non tenendo in
Guardare diversamente la propria situazione
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considerazione che quasi tutte le persone che conosci sono state
prima o poi disoccupate o hanno un familiare o un amico che
lo è stato. Ti senti un peso per gli altri (“Se chiamo la mia amica, non vorrà certo ascoltare le mie difficoltà”). Ti interroghi
su come prenderti cura della tua famiglia, come se la sola cosa
di cui questa avesse sempre avuto bisogno da te fosse il tuo stipendio.
La tua disperazione potrebbe essere provvisoria
Ti proietti nel futuro pensando che non troverai mai lavoro, e
fai diventare questa previsione un fatto. A forza di ripeterla a te
stesso, ti sei convinto che sia vera. È un bel pezzo che sei disoccupato (settimane, mesi, forse addirittura anni) e ti sei convinto
che non troverai mai lavoro. Ti sembra di vivere una situazione
senza speranza e ti senti iellato, bloccato, intrappolato e indifeso. Forse ti chiederai che senso abbia andare avanti. Tendi a
discutere con il tuo partner, ad essere imbarazzato con i tuoi
figli, a volerti rinchiudere in te stesso e - inoltre - ti senti colpevole di aver perso il lavoro o di non aver fatto abbastanza per
trovarne uno nuovo. Ti chiudi in te stesso pensando che il tuo
partner ti ritenga un peso e assumi un atteggiamento difensivo,
con il risultato che anche quest’ultimo inizia ad allontanarsi da
te. Non pensi solo di aver perso il tuo lavoro, ma anche di star
rovinando la tua relazione matrimoniale e quella con i tuoi figli.
Per questo sei sempre più depresso e arrabbiato, e ogni cosa ti
sembra priva di speranza.
È bene che ti ricordi, tuttavia, che non sei solo.
COME PUÒ AIUTARTI PENSARE DIVERSAMENTE
Per quanto vi siano milioni di disoccupati - e milioni di altri che
attraverseranno periodi di disoccupazione - la persona disoccupata pensa spesso di essere la sola ad aver fallito e che nessuno
possa capirla e aiutarla.
Durante la crisi economica successiva all’ottobre del 2008,
sono stato avvicinato da dei giornalisti per discutere di come
fronteggiare la disoccupazione. Dal momento che ho scritto libri famosi sull’ansia (Sette mosse per liberarsi dall’ansia) e sulla
depressione (Come sconfiggere la depressione: un percorso di auto-
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Se perdi il lavoro non perdere la testa
aiuto), e ho gestito blog sull’Huffington Post e sullo Psychology
Today, questi hanno ritenuto che potessi essere utile a questo
scopo. Sono stato infatti contattato dal New York Times, dal
Wall Street Journal, dall’Early Show sulla CBS e dalla National
Public Radio, che si sono dimostrati desiderosi di ascoltare quel
che avevo da dire. Come ho già spiegato nell’introduzione, la
terapia cognitivo-comportamentale si concentra su quel che sta
accadendo oggi, non su ciò che è accaduto durante l’infanzia.
Non che quest’ultima non sia importante, ma per voltare pagina
e rendere migliore la propria vita adesso occorre pensare, agire e
relazionarsi agli altri attraverso modalità più produttive.
I tuoi pensieri negativi possono essere trasformati
La CBT aiuta le persone a identificare i propri pensieri negativi, a stabilire obiettivi a breve e a lungo termine e a utilizzare potenti strumenti per mettere in discussione questi pensieri
trasformandoli in altri più realistici. Richiede inoltre di provare
a cambiare il proprio comportamento e - a questo scopo - ti assegneremo volta per volta alcuni “compiti” per sperimentare ciò
che hai appreso ed esercitarti. Vi sono più ricerche a sostegno
dell’efficacia della CBT come trattamento per la depressione e
per l’ansia di quante non ve ne siano a sostegno di tutte le altre
forme di psicoterapia messe insieme. La CBT è pratica e funziona e tu, leggendo questo libro ed esercitandoti a mettere in
pratica ciò che sto per suggerirti, potrai facilmente apprenderne
i fondamenti.
PRENDERSI CURA DI SE STESSI ADESSO
Questo libro insegna a prendersi cura di se stessi durante il periodo di tempo che intercorre tra l’ultimo lavoro svolto e quello
successivo. Adesso ti suggerirò un piano di azione che potrai
adottare per ogni giorno che sei disoccupato, che consiste nello stabilire quotidianamente degli obiettivi e nell’impegnarsi a
perseguirli, e che ti permetterà di allontanarti dalla ruminazione
passiva sulle cose negative volgendoti verso l’azione costruttiva e
la risoluzione dei problemi. Ti esorterò, inoltre, a riconsiderare
il tuo atteggiamento autocritico e il tuo senso di vergogna, a
cercare di trattare te stesso in modo più compassionevole e a
Guardare diversamente la propria situazione
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imparare a comunicare più efficacemente con le persone che
ritieni indispensabili nella tua vita. È importante che tu consideri questo periodo come un periodo in cui prenderti cura di
te stesso, piuttosto che come una fase di passività, isolamento e
autocritica. Dal momento che la disoccupazione, come abbiamo affermato in precedenza, è spesso associata a un aumento
del rischio per la salute (in genere dovuto all’eccesso di fumo,
alcol o cibo, alla mancanza di esercizio fisico, all’aumento dello
stress fisico), ti esorterò a impiegare questo periodo di transizione per migliorare la tua condizione fisica. Prendersi cura di se
stessi implica lavorare ogni giorno sulla propria salute e, visto
il tuo stato di disoccupazione, adesso non potrai più addurre la
scusa di non avere abbastanza tempo per esercitarti!
Amplia la definizione di te stesso
Adesso consideriamo il fatto che probabilmente ti sei identificato con il tuo lavoro. Un mio paziente mi ha riferito di aver realizzato, una volta disoccupato, come la sua identità non fosse in
realtà definita dal proprio lavoro, essendo egli anche un padre
per i propri figli, un marito per la propria moglie e un fratello
per il proprio fratello. La definizione che dai di te stesso ha bisogno di essere ampliata: sei ben più di un titolo professionale,
ben più di un impiegato. Puoi utilizzare questo periodo di tempo per riscoprire questi altri ruoli, questi molti modi di stare
nel mondo. Potresti fare volontariato, il che sarebbe un ottimo
modo per aiutare gli altri e per lasciarti alle spalle l’isolamento
che si è aggiunto alla depressione e al senso di vergogna. Avresti
qualcosa da offrire ad altre persone (a persone che potrebbero
stare molto peggio di te) e inoltre, associandoti a una comunità
più ampia, espanderesti il tuo senso di appartenenza al mondo.
Forse, chissà, potresti sviluppare contatti, capacità e idee che
potrebbero condurti verso il tuo nuovo lavoro. Vorrei anche che
tu pensassi al ruolo che le cose materiali rivestono nella tua vita.
Molti si lamentano di non avere abbastanza denaro per permettersi lo stile di vita che vogliono. Per quanto le limitazioni
economiche costituiscano un problema reale e importante, ho
scoperto come sia spesso possibile rivalutare quel che le cose
materiali significano per noi. Ritengo che molte delle cose che
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Se perdi il lavoro non perdere la testa
abbiamo - e di quelle di cui pensiamo di aver bisogno - siano
semplicemente “cose” alle quali attribuiamo un significato superiore perché convinti di averne bisogno. Questo periodo di
disoccupazione può essere un’opportunità per esaminare il tuo
impulso verso il possesso di certe cose, ovvero l’effettiva necessità che hai di queste.
Riscopri il tuo tempo
Come molti altri che attraversano un periodo simile, tu e la
tua famiglia potreste trovare a volte difficile fare i conti l’uno
con l’altro. Alcune persone, tuttavia, scoprono come questo
momento costituisca un’opportunità di constatare che il proprio partner è anche il proprio migliore amico e che i propri
figli sono una fonte di gioia e danno senso alla propria esistenza. Nel corso di questo libro, considereremo come tu e la tua
famiglia possiate remare insieme piuttosto che separatamente,
divenendo se possibile più forti durante questo processo. Tutto
dipenderà da come gestirai la cosa: ci sono modi migliori di
altri per esprimere la propria frustrazione e risolvere i problemi
insieme.
Vorrei infine che tu pensassi al tuo rapporto col tempo. Se sei
come molti disoccupati, sentirai il bisogno di rispondere immediatamente alla seguente domanda: “Quando troverò un lavoro?”. Questo urgente bisogno di una risposta, tuttavia, tende ad
alimentare i pensieri negativi ripetitivi e la ruminazione (della
quale parlerò nei dettagli nel capitolo 5). Se ci riesci, considera
la possibilità di “allungare” il tempo, per darti maggior spazio
per respirare e per apprendere come trarre il meglio dal momento presente. Puoi utilizzare - così come sprecare - il tempo che
hai a disposizione tra un lavoro e l’altro.
PUOI SCEGLIERE COME FRONTEGGIARE
LA DISOCCUPAZIONE
Daremo adesso un’occhiata ai modi problematici di reagire alla
disoccupazione. L’illustrazione seguente raffigura alcune reazioni possibili, con le emozioni connesse, che si riscontrano comunemente nei disoccupati, quali:
Guardare diversamente la propria situazione
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• Sentirsi sopraffatti dalle emozioni ed essere convinti che nessuno possa davvero capirci.
• Criticare se stessi e provare vergogna.
• Trascorrere ore a concentrarsi sui pensieri negativi ripetitivi.
• Essere passivi e inattivi, facendo sempre meno ciò che è produttivo e gratificante.
• Essere preoccupati per il denaro.
• Avere un senso di urgenza, ovvero il bisogno di ottenere una
risposta subito.
• Avere cattive abitudini di salute (malnutrizione, bere troppo,
non puntare a una migliore condizione psico-fisica).
• Avere maggiori discussioni con i propri familiari.
• Avere minori contatti con le altre persone, isolarsi e percepire
di starsi nascondendo dalla realtà.
È concentrato sugli
aspetti negativi
È autocritico, prova
vergogna e senso di
umiliazione
È sopraffatto
dalle emozioni
È passivo e
inattivo
Il disoccupato
È preoccupato
per il denaro
Ha un senso
di urgenza
È isolato
dagli altri
Discute con
i familiari
Ha cattive
abitudini di salute
Figura 1. Reazioni problematiche alla condizione di disoccupazione.
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Se perdi il lavoro non perdere la testa
Nell’illustrazione seguente ti suggerirò alcuni modi per cambiare queste modalità di risposta problematiche, ribaltando le
suddette credenze e sensazioni. Puoi vedere come ognuna di queste proposte riguardi un problema relativo a come vivere la tua
vita adesso. Forse non avrai tutti i problemi riportati nella prima
illustrazione, ma scommetto che ne hai molti. La buona notizia è
che ognuno di questi può essere affrontato con le tecniche della
terapia cognitivo-comportamentale, che puoi iniziare ad apprendere e mettere in pratica sin da oggi.
Aumentare la
propria autostima
e ridurre il senso
di vergogna
Validare le
proprie emozioni
negative, ma
impegnarsi a
cambiare
Aumentare il
supporto sociale
e unirsi a una
comunità
Smettere di soffermarsi
sulle cose negative
Agire e risolvere
i problemi
Il disoccupato
dovrebbe
Sviluppare
relazioni
“intelligenti” dal
punto di vista
emotivo
Concentrarsi
sulla cura di sé
Valutare i bisogni
materiali e
stabilire quel che
è veramente
importante
“Allungare” il
tempo che si
concede e
concentrarsi sul
momento
presente
Figura 2. Strategie adattive per fronteggiare la disoccupazione.
Che c’entra questo con l’ottenere il lavoro che si desidera?
Come ho spiegato in precedenza, questo non è un libro su come
trovare lavoro, ma su come reagire alla disoccupazione per stare
nel miglior modo possibile mentre lo si cerca. Esso, inoltre, ti
fornirà importanti strumenti da utilizzare una volta che lo avrai
trovato. Per quanto i dati relativi all’impatto psicologico della di-
Guardare diversamente la propria situazione
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soccupazione siano inquietanti, il tuo destino non deve per forza prevedere un esito disastroso. È importante che tu impieghi
questo periodo di tempo - che intercorre tra il tuo ultimo lavoro
e il prossimo - per prendere in mano la tua vita. È una fase di
transizione, che non dovrebbe diventare un periodo di depressione, di preoccupazione, di deterioramento fisico o di problemi
relazionali. Spero vivamente che, utilizzando le idee, le tecniche e
le strategie che proporrò in questo libro, tu possa condurre un’esistenza migliore nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e
che continuerai a esercitarti con questo programma di auto-aiuto
anche una volta trovato lavoro.
Come uno dei miei pazienti ha detto quando si è trovato ad
applicare i punti fondamentali di questo libro, si tratta di suggerimenti “validi per chiunque e da mettere in pratica non solo
quando si è disoccupati, ma per tutta la vita”.
Ti chiedo soltanto di farne tesoro per te stesso adesso.
Il fatto che attualmente tu sia disoccupato non significa che la
tua vita si sia fermata: devi viverne appieno ogni periodo! Perché
non provi a rendere ogni giorno un giorno migliore? È vero che
sei disoccupato, ma ti chiedo ugualmente di iniziare a lavorare
su te stesso e sulla tua vita. Adesso hai un sacco di cose da fare e,
d’ora in avanti, dovrai impegnarti in un nuovo “lavoro” a tempo
pieno: vivere pienamente la tua vita durante questo periodo traendo il massimo da essa. Trasformiamo la fase di disoccupazione
in un momento di crescita!