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Robert L. Leahy SE PERDI IL LAVORO NON PERDERE LA TESTA COME SOPRAVVIVERE ALLA DISOCCUPAZIONE ECLIPSI SE PERDI IL LAVORO NON PERDERE LA TESTA Come sopravvivere alla disoccupazione Traduzione italiana di: Keeping your head after losing your job Traduzione ed editing: Andrea Pioli Videoimpaginazione: Gesp srl Copyright © 2013 Robert L. Leahy, PhD Through Nabu International Literary Agency - www.nabu.it In conjunction with D4EO Literary Agency www.d4eoliteraryagency.com Copyright © 2015 Eclipsi srl Via Mannelli, 139 50132 Firenze Tel. 055-2466460 www.eclipsi.it ISBN: 978-88-89627-32-7 I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i micro-film e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi. A mio fratello Jim, che è sempre presente SOMMARIO L’autore IX Ringraziamenti XI Introduzione 1 1. Guardare diversamente la propria situazione 5 2. Avere il diritto di provare emozioni negative e la capacità di cambiarle 23 3. Agire 43 4. Costruire la propria autostima 61 5. Non restare intrappolati nei pensieri 83 6. Perché proprio a me? Sentirsi una vittima o accrescere il proprio potere? 97 7. Occuparsi del denaro 115 8. Aiutarsi a vicenda (per partner e famiglie) 145 9. Smetterla di preoccuparsi e vivere il presente 177 10. Uscire dal proprio guscio 205 11. Prendersi cura di se stessi 231 12. Continuare ad esercitarsi in futuro 261 L’AUTORE Il dr. Robert Leahy, dottore di ricerca presso la Yale University e direttore dell’American Institute for Cognitive Therapy (www.CognitiveTherapyNYC.com), ha ottenuto una borsa di studio postdottorato presso la Medical School dell’Università della Pennsylvania, sotto la direzione del fondatore della terapia cognitiva Aaron Beck. È stato presidente dell’Association for Behavioral and Cognitive Therapies, dell’International Association of Cognitive Psychotherapy e dell’Academy of Cognitive Therapy, nonché direttore dell’American Institute for Cognitive Therapy (NYC) e professore di psicologia clinica al Weil-Cornell University Medical School. È presidente onorario a vita dell’associazione della New York City Cognitive Behavioral Therapy Association e socio fondatore dell’Academy of Cognitive Therapy; inoltre, ha conseguito il premio Aaron T. Beck per il suo eccezionale contributo allo sviluppo della terapia cognitiva. Dal 1998 al 2003 è stato Associate Editor del Journal of Cognitive Psychotherapy, ed è attualmente Associate Editor dell’International Journal of Cognitive Therapy. È membro di numerosi comitati scientifici e tiene conferenze sulla terapia cognitivo-comportamentale, ed è spesso relatore invitato presso le università di tutto il mondo. È autore di 21 libri sulla terapia cognitiva e i processi cognitivi, tra cui Treatment Plans and Interventions for Depression and Anxiety Disorders; Overcoming Resistance in Cognitive Therapy; Bipolar Disorder: A Cognitive Therapy Approach; Cognitive Therapy Techniques; Roadblocks in Cognitive-Behavioral Therapy; Psychological Treatments of Bipolar Disorder; Contemporary Cognitive Therapy; The Therapeutic Relationship in the Cognitive Behavioral Psychotherapies e The Worry Cure, che è stato tradotto in 12 lingue, è stato scelto dal Month Club, dal Literary Guild e da numerosi altri club del libro, ha ricevuto apprezzamenti da parte del New York Times e - infine - è stato selezionato dalla rivista Self come uno degli 8 migliori libri di auto-aiuto di tutti i tempi. I suoi ultimi 2 libri più famosi sono Anxiety-Free: Unravel Your Fears before They Unravel You e Beat the Blues Before They Beat You: How to Overcome Depression. Altri suoi libri recenti sono Emotion Regulation in Psychothera- py: A Practitioner’s Guide, la seconda edizione di Treatment Plans and Interventions for Depression and Anxiety Disorders e Treatment Plans and Interventions for Bulimia and Binge-Eating Disorder. Cura una collana di libri pubblicata dalla Guilford Press (Treatment Plans and Interventions for Evidence-Based Psychotherapy). I suoi libri sono stati tradotti in 18 lingue e sono utilizzati in tutto il mondo nella formazione dei terapeuti cognitivo-comportamentali. RINGRAZIAMENTI È decisamente difficile - ma proverò comunque a farlo - rendere giustizia alle molte persone verso le quali nutro un debito di gratitudine. Vorrei iniziare ringraziando i molti pazienti, amici, familiari e vicini che hanno condiviso con me le loro storie sul come far fronte alla disoccupazione. Sono infatti le loro voci e le loro esperienze che ho scelto di descrivere nello scrivere questo libro. Per quanto spesso le persone disoccupate si sentano marginalizzate, dimenticate e impotenti, le loro storie e i loro esempi di coraggio e perseveranza possono rappresentare una fonte di speranza per gli altri. Non posso esimermi dal riconoscere quanto sia stato ancora una volta prezioso il lavoro dei miei colleghi dell’Istituto americano per la terapia cognitiva di New York City (www.cognitivetherapynyc.com), i quali sono stati così gentili da permettermi di condividere con loro le idee sottese alla genesi di questo libro e le cui intuizioni ed esperienze trovano rispondenza in ogni teoria valida. Un ringraziamento speciale va a Dennis Tirch e a Laura Oliff, che hanno continuato a istruirmi e a supportare il nostro lavoro comune. Ringrazio anche Poonam Melwani, la mia assistente editoriale e alla ricerca, che si è dedicata infaticabilmente ai diversi progetti sui quali abbiamo lavorato. Sono grato ai molti colleghi e tutor che ho avuto in Nord America, compresi Brad Alford, Aaron Beck, Judy Beck, David Burns, Tom Borkovec, David A. Clark, Frank Dattilio, Allison Harvey, Steve Hayes, Stefan Hoffman, Steve Holland, Steve Hollon, Sheri Johnson, Thomas Joiner, Marsha Linehan, Chris Martell, Lynn McFarr, Lata McGinn, Dean McKay, Cory Newman, Art Nezu, Christine Nezu, Susan Nolen-Hoeksema, Christine Purdon, John Riskind, Kelly Wilson, Terry Wilson e molti altri ancora. Scrivere è un’impresa solitaria che però, paradossalmente, riflette le voci di molti. Grazie ancora a tutti. Ringrazio anche i molti colleghi britannici che, nel corso degli anni, mi hanno informato e influenzato: David M. Clark, Christopher Fairburn, Melanie Fennell, Paul Gilbert, Emily Holmes, Warren Mansell, Costas Papageorgeo, Roz Shafran, Adrian Wells, Mark Williams e, naturalmente, il mio caro amico Philip Tata. Sono onorato di aver partecipato, nel corso di molti anni, alle conferenze tenute dall’Associazione Britannica di Psicoterapia Cognitivo-comportamentale, così come a svariati convegni europei e mondiali nel corso dei quali ho avuto la fortuna di conoscere i miei colleghi internazionali. Ringrazio il mio editor Lynn Price, che mi è stato enormemente d’aiuto e Bob Diforio, che per molti anni è stato il mio scrupoloso, esperto, saggio ed eccellente agente. La sua dedizione a questo lavoro - e a ciò che esso rappresenta - è stata ben più grande del dovuto. Ti ringrazio ancora una volta, Bob, per la tua amicizia e per il tuo aiuto. Sono inoltre grato a mio fratello Jim, che è sempre presente, generoso e saggio. È e a lui che dedico questo libro. Infine, devo riconoscere come le parole siano insufficienti a esprimere la gratitudine che nutro verso mia moglie Helen, che è come il vento che muove le mie ali. INTRODUZIONE Oggigiorno stiamo senza dubbio vivendo un periodo di crisi economica, che determina un accresciuto senso di urgenza per chi è disoccupato e fa incombere lo spettro della disoccupazione su quelli che stanno attualmente lavorando. Occorre ricordare, tuttavia, che c’è sempre stato e sempre ci sarà un considerevole numero di persone disoccupate e che molti di coloro che hanno al momento un’occupazione sono stati disoccupati in passato o sono destinati a perdere il lavoro in futuro. La disoccupazione è un fatto della vita. Mi rendo conto che per te, che sei disoccupato, sia una magra consolazione, ma è fondamentale che tu capisca che non sei il solo. Ho potuto constatare di persona come la disoccupazione possa demoralizzare e mortificare anche la migliore delle persone e come essa diventi spesso un’esperienza di vita che il soggetto conduce in solitudine. Questa, però, non è la maniera giusta di vivere il problema. Sopravvivere alla disoccupazione è possibile e, per quanto possa apparire improbabile al momento, è anche possibile trasformarla in un periodo positivo della propria vita. In che modo? Rendendosi conto che, per quanto non si sia potuto evitare ciò che ci è successo, spetta a noi gestire adeguatamente il periodo che stiamo vivendo. Non sottovalutare l’importanza del prenderti cura di te stesso in questo momento di difficoltà: la disoccupazione aumenta il rischio di andare incontro a problemi di salute mentale, a una riduzione della qualità di vita 2 Se perdi il lavoro non perdere la testa e del benessere fisico; in pratica, aumenta il rischio di bere fino allo stordimento, di cadere nella depressione, di sviluppare stati ansiosi e di ricorrere al suicidio. Una prospettiva poco confortante, lo riconosco, ma che sottolinea l’importanza di utilizzare tutte le capacità che si hanno - e di acquisirne di nuove - per adattarsi alla situazione contingente. Questo libro è stato pensato per aiutarti a farlo. Il suo scopo è quello di illustrare gli strumenti psicologici utili ad affrontare al meglio il proprio periodo di disoccupazione. Non si tratta di un libro su come trovare lavoro, su come aver successo nei colloqui o su come scrivere un curriculum vitae, ma di qualcosa di ben più importante. Esso, infatti, aiuterà te e i tuoi familiari a reagire nel modo più efficace durante quello che potrebbe essere il periodo di vita più difficile che dovrai mai affrontare. Dal momento che, nel corso degli anni, ho trattato molte persone disoccupate e ho avuto familiari e amici che hanno dovuto affrontare la disoccupazione, gran parte di questo libro è basato su ciò che essi mi hanno insegnato riguardo a ciò che è utile e non è utile fare in questo momento di difficoltà. Per quanto possa essere un periodo difficile, ci sono cose che puoi imparare che ti aiuteranno ad affrontarlo più produttivamente, e a condurre un’esistenza migliore una volta trovato lavoro. Puoi pensare “tutto ciò mi sta accadendo” oppure “ho intenzione di far accadere le cose”, ovvero puoi essere passivo o attivo; puoi semplicemente attendere un nuovo lavoro o assumere il controllo della tua vita e trasformare quest’ultima nel tuo lavoro. Spetterà a te gestire adeguatamente la difficoltà di trovarti in una fase di transizione tra il tuo ultimo lavoro e il prossimo. Nei miei molti anni di professione come psicoterapeuta, ho scoperto come molte delle strategie proprie della terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive Behavior Therapy - CBT) si siano dimostrate utili per i pazienti che dovevano fronteggiare la disoccupazione. In ogni parte di questo volume faccio riferimento alle teorie e alle tecniche della CBT, una forma di psicoterapia che sottolinea l’importanza di cambiare il proprio modo di pensare (“cognizione”) e di comportarsi. Non si tratta di un processo eccessivamente lungo: non ti chiederò, ad esempio, di esaminare la tua infanzia. Certamente ti occorrerà un po’ di tempo per perfezionare le tecniche apprese, ma sta di fatto che ogni Introduzione 3 capitolo di questo libro ti mostrerà semplici strategie che potrai utilizzare immediatamente per sentirti meglio e agire nel migliore dei modi. Troverai inoltre esercizi che ti aiuteranno a concentrarti sui suggerimenti e sulle tecniche da me descritti. Puoi scegliere di completarli utilizzando il modello apposito oppure puoi utilizzare un taccuino. Non c’è dubbio che la disoccupazione rappresenti un periodo sfortunato e difficile (e, per un gran numero di persone, il momento di vita più arduo mai affrontato), ma mantenendo la calma e imparando a fronteggiarlo al meglio si può imparare a condurre un’esistenza migliore una volta trovato lavoro. La disoccupazione è un momento in cui possono dischiudersi nuove priorità e significati, e in cui è possibile riscoprire quel che veramente conta per noi stessi. 1 GUARDARE DIVERSAMENTE LA PROPRIA SITUAZIONE Hai perso il lavoro e probabilmente stai sperimentando emozioni confuse e dolorose, consapevole che questo è uno dei periodi peggiori della tua vita. Andare a casa a raccontarlo ai tuoi familiari è stata l’esperienza più difficile che tu abbia mai avuto. Ti senti imbarazzato, senti di averli delusi, senti che il mondo ti sta crollando addosso. Non devi più uscire di casa per andare al lavoro e stai seduto da solo, mentre le ore, i giorni e le settimane interminabili si trascinano una dopo l’altra. Non hai nessun posto dove andare. Ti soffermi sulla tua situazione e ti rendi conto di non aver mai pensato che una cosa del genere sarebbe potuta capitarti. Ti trovi da solo con i tuoi pensieri e con le tue emozioni, non sapendo quando uscirai da questa situazione, non sapendo se troverai mai un lavoro di tuo gradimento. Ti preoccupi della tua situazione finanziaria e di cosa i tuoi amici e la tua famiglia potrebbero pensare, e provi vergogna nel dire agli altri che non stai lavorando. Ti senti arrabbiato, confuso, ansioso e depresso e, a volte, ti chiedi se ciò che ti è accaduto sia vero. Tuttavia, è importante che ti ricordi che non sei il solo. Ti suggerisco di pensare a questo periodo come a un periodo di transizione, ovvero come a un momento della tua vita che si frappone tra il tuo ultimo lavoro e il prossimo. NON SEI IL SOLO Per comprendere come altri abbiano affrontato quest’esperienza, 6 Se perdi il lavoro non perdere la testa considereremo adesso i casi di alcune persone che hanno attraversato le stesse difficoltà che stai attraversando tu in questo momento. Claire aveva lavorato nella sua azienda di marketing durante gli ultimi sei anni ed era convinta di star svolgendo un buon lavoro. Ma gli affari hanno cominciato ad andare male, le persone a investire meno nel marketing e gli uomini d’affari a temere per le condizioni dell’economia. Per un po’ la situazione non è stata rosea, poi le cose sono precipitate e Claire è stata licenziata. Disoccupata da quattro mesi, costretta a vivere da sola, preoccupata per la propria situazione economica, sentendosi fallita e arrabbiata per il trovarsi in quella situazione complicata, Claire si è sentita sempre più scoraggiata. Ed, padre di tre figli, ha lavorato per più di 15 anni in un’azienda, ma ne è stato estromesso a causa della nuova concorrenza nel settore. Privo di laurea e con ben pochi risparmi, ha incassato una bella liquidazione per andarsene (non aveva altre alternative). Utilizzando il reddito accumulato in un paio d’anni, ha dovuto progettare cosa fare per prendersi cura della propria famiglia. Sapeva di non essere il solo a trovarsi in quella situazione, giacché molti dei suoi amici e familiari avevano perso il lavoro nel corso degli anni, cadendo nell’isolamento o nell’alcolismo. Ed, contrariamente a loro, ha deciso di fare qualunque cosa occorresse affinché le cose prendessero il verso giusto. Oggi svolge diversi lavori part-time (come tagliare l’erba, guidare lo scuolabus locale e riparare computer), nessuno dei quali è ben pagato ma che, sommati assieme, gli permettono di sopravvivere e di contribuire al bilancio familiare. A sessant’anni suonati, ha una forma fisica migliore di quella di molti trentenni. Mi ha confidato, tra le altre cose, di sentire il dovere di lavorare continuamente. Tom ha lavorato per oltre 25 anni in un’azienda, che però ha dovuto effettuare tagli e lo ha licenziato. Avendo sofferto di depressione in passato, si è rivolto a me per avere un aiuto e qualche consiglio su come reagire. Nei due mesi trascorsi prima di venire da me, è stato spesso seduto in casa a riflettere su quanto fosse ingiusto quel che gli era capitato, su come si sentisse imbarazzato e su come fosse preoccupato di non potersi prendere cura della propria famiglia. Si sentiva triste e tendeva a isolarsi, Guardare diversamente la propria situazione 7 ma abbiamo cominciato a lavorare assieme per cambiare le cose. Gli ho suggerito di considerare il periodo che stava vivendo come una fase di transizione tra il suo ultimo lavoro e quello successivo, di non sprecare l’occasione per volgere ogni cosa verso il meglio e di stilare un progetto da seguire. Abbiamo descritto tre storie, ma ne incontrerai molte altre nella lettura di questo libro. La tua potrebbe essere simile, ma più probabilmente differente. Ci sono decine di milioni di storie di persone che sono state o sono attualmente disoccupate. Ogni persona reagisce alla disoccupazione a modo proprio, spesso utilizzando gli stessi stili adattivi utilizzati per far fronte ad altri eventi di vita negativi. Paradossalmente, per quanto vi siano alte probabilità di imbattersi nella disoccupazione a un certo punto della propria vita lavorativa - o che vi si imbatta il proprio partner - nessuno ci ha preparato ad affrontare questo momento della vita così comune e complicato. Non esiste un corso universitario chiamato “Fondamenti della disoccupazione” che tu possa seguire, sebbene molte persone laureate siano destinate, prima o poi, a vivere un periodo di disoccupazione. Forse ti sembrerà di essere una persona differente da quella che eri perché sei disoccupato, ma in realtà sei lo stesso di prima, ed è bene che ti renda conto che ciò che è accaduto a te può accadere a chiunque. Daremo adesso un’occhiata a quanto la disoccupazione sia diffusa, in modo che tu ti renda conto che non sei il solo. Successivamente, esamineremo i lati negativi dell’essere disoccupati, in modo che tu comprenda come sia necessario agire per fare i conti con questo momento di difficoltà. La disoccupazione può compromettere la tua salute, la tua autostima e le tue relazioni familiari, e può anche aumentare il rischio di cadere in depressione. È importante, pertanto, che tu faccia tutto quanto possibile per affrontarla al meglio. Certamente essere disoccupati è brutto, ma puoi scegliere come far fronte ai tuoi pensieri negativi ricorrenti, come comportarti e come rapportarti alle persone che ti circondano. LA DISOCCUPAZIONE È OVUNQUE Quando ho iniziato a scrivere questo libro, il tasso di disoccupazione era del 9,1% negli Stati Uniti e di oltre l’8% in 8 Se perdi il lavoro non perdere la testa Gran Bretagna, con la prospettiva che la disoccupazione sarebbe rimasta storicamente alta per un lungo periodo di tempo. Per quanto queste cifre possano apparire inquietanti, la situazione è ancora peggiore in altri paesi; la Spagna ha un tasso elevatissimo di disoccupazione da tre decenni a questa parte (media del 14,2%), la Francia - considerando lo stesso periodo - una disoccupazione media del 9,5% ed altri paesi livelli “astronomici” della stessa (lo Zimbabwe, nel 2009, ha riportato un tasso di disoccupazione del 97%; molti altri paesi africani sono attualmente colpiti da livelli gravi di disoccupazione (ad esempio, il tasso in Sudafrica è del 25% e in Kenya del 40%), e i paesi scossi da conflitti politici ne presentano livelli molto alti, quali il 40% in Kosovo, il 60% in Tajikistan e il 18% in Iraq. In molti paesi - compresi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna - le cifre ufficiali sulla disoccupazione sottostimano spesso l’effettivo numero delle persone disoccupate, non tenendo conto di coloro che hanno smesso di cercare lavoro, di chi è sottoimpiegato (o lavora part-time) e di quelli che non sono riusciti a entrare nel mondo del lavoro perché scoraggiati riguardo alle proprie possibilità. Un altro modo di valutare il livello di disoccupazione è rappresentato dal “tasso di partecipazione alla forza-lavoro”, che indica la percentuale di persone in età lavorativa (16-64) effettivamente occupate. Tra il 2008 e la seconda metà del 2011, negli Stati Uniti, tale tasso è sceso dal 68% al 64%, il che significa che il 36% delle persone in età lavorativa è senza lavoro (Bureau of Labor Statistics, US, Dipartimento del Lavoro, 7 ottobre 2011). Le cifre sono molto simili in Gran Bretagna, dove, nel 2011, il “tasso di partecipazione alla forza-lavoro” è risultato del 62% (World Bank, Giugno 2012). Molti di questi disoccupati sono casalinghe, studenti o persone con invalidità, altri sono pensionati precoci o persone che non stanno cercando lavoro. È interessante osservare come all’inizio degli anni ’50 il “tasso di partecipazione alla forza lavoro” fosse vicino al 55% (dunque più basso dell’attuale, in primo luogo perché un’alta percentuale di donne erano casalinghe a tempo pieno e non erano di conseguenza incluse tra le persone occupate). Ovviamente, se dovessimo pagare una madre o una moglie per Guardare diversamente la propria situazione 9 tutto il lavoro che svolge, la nostra famiglia andrebbe facilmente in rovina. A mio avviso esse svolgono uno dei lavori più duri che esista, per 24 ore al giorno, per 365 giorni l’anno. Qualunque sia l’attuale tasso di disoccupazione, esso apparirà sempre troppo alto per chi è disoccupato o per chi teme di perdere il lavoro. La disoccupazione colpisce in genere gli uomini più delle donne, e ha tassi più alti nei teenagers e nelle persone di colore. Nel 2010, il tasso di disoccupazione negli USA è risultato considerevolmente diverso in base al gruppo etnico, assestandosi sul 4,4% per i bianchi, sul 7,4% per gli asiatici e sul 12,1% per i neri (Office for National Statistics, UK, Luglio 2012). È importante ricordare, tuttavia, come la disoccupazione colpisca tutti i gruppi etnici, tutti i livelli di reddito e di istruzione e come, chiunque tu sia, sia oltremodo difficile affrontarla. QUALI SONO I COSTI DELLA DISOCCUPAZIONE? La disoccupazione rappresenta un problema diffuso, ma ancora più angoscianti sono i dati relativi agli effetti della stessa sulla qualità della vita. Non è semplicemente una cifra statistica, un numero o un problema politico da risolvere, ma un qualcosa che riguarda gli esseri umani in quanto tali, le loro famiglie e il loro futuro. I fatti, purtroppo, non sono confortanti. Il primo di questi da considerare è che la disoccupazione uccide diverse persone. I tassi di mortalità a lungo termine, infatti, sono più alti per coloro che sono stati disoccupati. Uno studio condotto in Finlandia dal professor Pekka Martikainen dell’Università di Helsinki ha dimostrato come chi è stato in passato disoccupato avesse una mortalità due volte e mezzo più alta di coloro che non sono mai stati disoccupati1 e come, considerando le differenze di salute e demografiche nel gruppo dei disoccupati, la mortalità si assestasse al 47%. Margaretha Voss e le sue colleghe del Karolinska Institute di Stoccolma hanno seguito 20.632 gemelli in Svezia, dal 1973 al 1996, scoprendo come, nel corso di questo periodo di tempo, la disoccupazione avesse incrementato la mortalità, con un significativo aumento dei suicidi, delle lesioni e degli incidenti, e Martikainen, P.T. and Valkonen, T. (1996), “Excess mortality of unemployed men and women during a period of rapidly increasing unemployment,” Lancet, 348(9032), 909–12. 1 10 Se perdi il lavoro non perdere la testa con un tasso di mortalità più alto tra i soggetti meno istruiti2. In secondo luogo, la disoccupazione lascia in molte persone gravi cicatrici emotive, continuando a manifestare i propri effetti anche quando il soggetto ha trovato un lavoro. Il rischio è quello di avere una maggiore probabilità di cadere nuovamente nella disoccupazione3, una diminuzione dei guadagni fissi (anche quando non si considerino i guadagni persi durante il periodo senza lavoro) e costanti preoccupazioni di perdere il lavoro4. Una ricerca svolta da Paul Gregg ed Emma Tominey, della London School of Economics, ha dimostrato come i giovani che hanno vissuto periodi di disoccupazione abbiano una diminuzione del 13-21% nei guadagni a partire dall’età di 41 anni5. Se sei stato disoccupato da giovane, corri il rischio di avere minori guadagni fissi. In conclusione, si può affermare che la disoccupazione continui a compromettere per molti le opportunità della vita. In terzo luogo, chi è disoccupato ha un maggiore rischio di incorrere in problemi medici e psichiatrici quali la depressione, l’insonnia, gli stati ansiogeni, il rimuginio, il suicidio, le sensazioni di impotenza, la bassa autostima, la malnutrizione, le patologie cardiovascolari (in particolare l’infarto del miocardio), l’alcolismo, così come nel fumare sempre di più e nell’avere una scarsa salute fisica6. La minaccia della disoccupazione, inoltre, porta a un aumento del colesterolo (in altre parole, pensare di poter perdere Platt, S., “Unemployment and suicidal behavior: A review of the literature,” Social Science & Medicine, 1984;19(2):93–115; Voss, M., Nylén, L. et al., “Unemployment and early cause-specific mortality: A study based on the Swedish Twin Registry,” American Journal of Public Health 2004; 94(12):2155–61. 3 R.B. Freeman and D.A. Wise (eds), The Youth Labor Market Problem: Its Nature, Causes and Consequences, Chicago: University of Chicago Press, 1982, pp. 349–390. 4 Berth, H., Förster, P. and Brähler, E., “Unemployment, job insecurity and their consequences for health in a sample of young adults,” Gesundheitswesen, 2003;65(10):555–60. 5 Gregg, P., and Tominey, E., “The wage scar from male youth unemployment,” Labour Economics, 2005;2(4):487–509. 6 McKee-Ryan, F.M., Song, Z., Wanberg, C.R. and Kinicki, A.J., “Psychological and physical well-being during unemployment: A metaanalytic study,” Journal of Applied Psychology, 2005;90(1):53–76. 2 Guardare diversamente la propria situazione 11 il lavoro incide sul livello di questo7). Ulteriori ricerche (tra le quali quelle svolte dal Pew Research Center) hanno dimostrato come chi è disoccupato sia maggiormente a rischio di abusare di droga e di commettere crimini (soprattutto furti8). Infine, le persone disoccupate vivono spesso conflitti relazionali, difficoltà coniugali e sono facilmente soggette a perdere amici. In quarto luogo, molti disoccupati (sia negli Stati uniti che in Gran Bretagna) tendono a rimandare le decisioni di vita importanti, quali lo sposarsi o l’avere dei figli9. La persona disoccupata, temendo l’esaurimento delle proprie risorse economiche ed essendo incerta sulla propria sicurezza economica futura, tende a vivere il periodo senza lavoro come un periodo morto, in cui ogni scelta importante viene differita. Le opportunità e le libertà che hanno gli altri appaiono un miraggio, e recuperare il tempo perduto può sembrare impossibile. QUEL CHE STAI PENSANDO ADESSO Se, come molti altri, sei disoccupato, saprai come possa essere pericoloso trascorrere il tempo a rimuginare sulla tua condizione. È molto probabile che tu abbia avuto alcuni dei seguenti pensieri negativi (o tutti): • Non troverò mai un lavoro. • Ho fallito. • Sono un fallimento come persona. Mattiasson, I., Lindgarde, F., Nilsson, J.A., and Theorell, T., “Threat of unemployment and cardiovascular risk factors: Longitudinal study of quality of sleep and serum cholesterol concentrations in men threatened with redundancy,” BritishMedical Journal, 1990;301:461–6. 8 Peck, D.F., and Plant, M.A., “Unemployment and illegal drug use: Concordant evidence from a prospective study and national trends,” British Medical Journal (Clinical Research Edition), 1986;93(6552):929–32. 9 Pew Research Center (2009, November 24), “Recession brings many young people back to the nest: Home for the Holidays . . .and every other day,” retrieved 10 October 2011,from http://pewsocialtrends.org/files/2010/10/ home-for-the-holidays.pdf; Morgan, P., “Farewell to the Family? Public Policy and Family Breakdown in Britain and the USA,” Institute of Economic Affairs, London (1995); Vani K. Borooah, “Does unemployment make men less “marriage- able?” Applied Economics, 2002, 34:1571–82. 7 12 • • • • • Se perdi il lavoro non perdere la testa Niente di quel che faccio funziona. Tutti penseranno che sono un perdente. È la cosa peggiore che poteva capitarmi. Non so come occupare il mio tempo. Perché proprio a me? Questi pensieri negativi tornano continuamente, e ti soffermi su di essi pensando che non starai mai meglio, che non troverai mai un lavoro e che non uscirai mai da questa situazione. Può anche darsi che tu pensi di dover essere infelice perché disoccupato. Adesso, però, lavoreremo assieme per cambiare la tua opinione a riguardo, in modo che tu capisca che il fatto che pensi a queste cose non significa che siano vere. Il fatto che sei disoccupato non significa che non potrai rendere la tua vita migliore. Non devi credere per forza a tutto quello che pensi! PUOI CAMBIARE IL TUO MODO DI PENSARE Considereremo adesso alcuni modi di funzionamento della tua mente e vedremo come cambiarli e come agire nel tuo interesse piuttosto che concentrarsi sugli aspetti negativi. Esaminiamo i seguenti: L’importanza delle tue emozioni Se sei disoccupato, è molto probabile che sperimenti una serie di emozioni dolorose, complesse e disturbanti, quali rabbia, confusione, frustrazione, umiliazione, ansia, tristezza, disperazione, impotenza o anche, in alcune occasioni, un senso di sollievo perché non stai più lavorando o l’attesa di un’imminente catastrofe. Gli altri possono averti detto di reagire, di smetterla di preoccuparti e di pensare positivamente. Niente di tutto questo ha funzionato, ma ti sei sentito ancora più solo e incompreso. A volte, inoltre, ti senti intrappolato nelle emozioni che provi. Come affronti queste emozioni? Hanno un senso? Pensi che dureranno per sempre e sei convinto che nessuno le comprenda o se ne interessi? Ti isoli, bevi, mangi smodatamente, cerchi rassicurazioni o trascorri momenti interminabili su internet per rifuggire da queste? Sei compassionevole e premuroso verso te stesso o ti critichi continuamente per come ti senti? Le tue emo- Guardare diversamente la propria situazione 13 zioni sono importanti, e la prima cosa di cui ci occuperemo in questo libro sarà il tuo diritto di provare emozioni negative. Non sei un robot! Hai bisogno di un piano e di cominciare ad agire Sei diventato passivo e isolato, e privo di una direzione verso cui muoverti? Come molte altre persone disoccupate, ti chiedi continuamente cosa fare con tutto questo tempo a disposizione. È probabile che tu non abbia alcun progetto per le tue giornate e stia seduto passivamente a guardare la televisione, a rimuginare e a concentrarti sulle cose negative. Adesso ti suggerirò una cosa: in questo momento hai due lavori, il primo dei quali è cercare lavoro e il secondo è prenderti cura di te stesso. Hai un sacco di cose da fare e necessiti di un piano. Sei intrappolato nei pensieri negativi ripetitivi Stai seduto a casa, riflettendo sulla situazione in cui ti trovi, mentre i pensieri negativi ripetitivi (le cosiddette “ruminazioni”) ritornano continuamente: “Perché proprio a me? Non posso credere di trovarmi in questa situazione. Mi sento così male, così solo, così fallito come persona. Starò mai meglio?”. Ora dopo ora, giorno dopo giorno, stai seduto a pensare queste cose, isolato, solo, e deprimendoti sempre più. Continui a cercare una risposta, a tentare di dar senso alla situazione, a ripetere i pensieri, le emozioni e le immagini più negative, sprofondando sempre più nella depressione. Hai bisogno di trasformare l’autocritica in autocorrezione Molte persone disoccupate lamentano un senso di fallimento, e ritengono di meritare biasimo per il fatto di aver perso il lavoro. Tale tendenza all’autocritica è piuttosto comune, per quanto le aziende abbiano normalmente i loro alti e bassi e molti licenziamenti appartengano all’andamento nazionale dell’economia. Il pensiero autocritico, tuttavia, non fa altro che aumentare il rischio di depressione, privandoti, tra l’altro, della possibilità di vivere il presente. Daremo adesso un’occhiata a cosa stai dicendo a te stesso e a come puoi essere maggiormente costruttivo e 14 Se perdi il lavoro non perdere la testa compassionevole verso te stesso. Potresti dirti che, per quanto tu abbia perso il lavoro a causa del tuo comportamento, non sei certo l’unico che è stato licenziato. Adesso puoi scegliere se trascorrere il tuo tempo a criticarti o se elaborare ciò che hai imparato al fine di rendere le cose migliori in futuro. Sta a te decidere tra l’autocritica e l’autocorrezione. Devi smetterla di nasconderti dal mondo Alcuni disoccupati si vergognano della propria condizione, evitano gli altri e si sentono imbarazzati nel dir loro che non hanno più un lavoro. Sono convinti che gli altri li guardino dall’alto verso il basso e li considerino inferiori, e ritengono di dover evitare qualsiasi contatto con chiunque potrebbe pensar male. C’è anche chi rinnega la propria effettiva condizione, vestendosi ogni giorno in giacca e cravatta, uscendo di casa per andare al parco e rientrando tardi la sera, allo scopo di far pensare agli altri che sta ancora lavorando. Sei molto più di un lavoro Nella nostra società, molti equiparano il proprio senso di identità al proprio lavoro, ritenendo che senza il lavoro non avrebbero il senso di chi sono né alcun ruolo nel mondo in cui vivono. “Chi sono se non ho un lavoro?” - è una domanda tipica che molti pongono a se stessi. Altri, invece, si preoccupano di come prendersi cura di se stessi. Una mia paziente ha pensato che non sarebbe stata in grado di sopravvivere, per quanto avesse diversi risparmi e possedesse le capacità richieste dal mercato del lavoro. Essere disoccupato è spesso un’esperienza solitaria: ti sembra che tutto il mondo stia andando al lavoro eccetto te. Nascosto nella propria casa, imbarazzato a parlare con gli amici, il disoccupato si sente spesso un emarginato. Temendo di entrare in contatto con amici e colleghi, e provando imbarazzo a stare in relazione con le altre persone, interrompe ogni legame, privandosi di fatto di qualsiasi possibilità di supporto sociale. È molto probabile che tu ti dica: “Chi vuoi che voglia sentirmi lamentare? Chi vuoi che voglia occuparsi di un disoccupato come me?”. È facile che tu creda che nessuno possa comprenderti e che ancor meno possa aver compassione di te, non tenendo in Guardare diversamente la propria situazione 15 considerazione che quasi tutte le persone che conosci sono state prima o poi disoccupate o hanno un familiare o un amico che lo è stato. Ti senti un peso per gli altri (“Se chiamo la mia amica, non vorrà certo ascoltare le mie difficoltà”). Ti interroghi su come prenderti cura della tua famiglia, come se la sola cosa di cui questa avesse sempre avuto bisogno da te fosse il tuo stipendio. La tua disperazione potrebbe essere provvisoria Ti proietti nel futuro pensando che non troverai mai lavoro, e fai diventare questa previsione un fatto. A forza di ripeterla a te stesso, ti sei convinto che sia vera. È un bel pezzo che sei disoccupato (settimane, mesi, forse addirittura anni) e ti sei convinto che non troverai mai lavoro. Ti sembra di vivere una situazione senza speranza e ti senti iellato, bloccato, intrappolato e indifeso. Forse ti chiederai che senso abbia andare avanti. Tendi a discutere con il tuo partner, ad essere imbarazzato con i tuoi figli, a volerti rinchiudere in te stesso e - inoltre - ti senti colpevole di aver perso il lavoro o di non aver fatto abbastanza per trovarne uno nuovo. Ti chiudi in te stesso pensando che il tuo partner ti ritenga un peso e assumi un atteggiamento difensivo, con il risultato che anche quest’ultimo inizia ad allontanarsi da te. Non pensi solo di aver perso il tuo lavoro, ma anche di star rovinando la tua relazione matrimoniale e quella con i tuoi figli. Per questo sei sempre più depresso e arrabbiato, e ogni cosa ti sembra priva di speranza. È bene che ti ricordi, tuttavia, che non sei solo. COME PUÒ AIUTARTI PENSARE DIVERSAMENTE Per quanto vi siano milioni di disoccupati - e milioni di altri che attraverseranno periodi di disoccupazione - la persona disoccupata pensa spesso di essere la sola ad aver fallito e che nessuno possa capirla e aiutarla. Durante la crisi economica successiva all’ottobre del 2008, sono stato avvicinato da dei giornalisti per discutere di come fronteggiare la disoccupazione. Dal momento che ho scritto libri famosi sull’ansia (Sette mosse per liberarsi dall’ansia) e sulla depressione (Come sconfiggere la depressione: un percorso di auto- 16 Se perdi il lavoro non perdere la testa aiuto), e ho gestito blog sull’Huffington Post e sullo Psychology Today, questi hanno ritenuto che potessi essere utile a questo scopo. Sono stato infatti contattato dal New York Times, dal Wall Street Journal, dall’Early Show sulla CBS e dalla National Public Radio, che si sono dimostrati desiderosi di ascoltare quel che avevo da dire. Come ho già spiegato nell’introduzione, la terapia cognitivo-comportamentale si concentra su quel che sta accadendo oggi, non su ciò che è accaduto durante l’infanzia. Non che quest’ultima non sia importante, ma per voltare pagina e rendere migliore la propria vita adesso occorre pensare, agire e relazionarsi agli altri attraverso modalità più produttive. I tuoi pensieri negativi possono essere trasformati La CBT aiuta le persone a identificare i propri pensieri negativi, a stabilire obiettivi a breve e a lungo termine e a utilizzare potenti strumenti per mettere in discussione questi pensieri trasformandoli in altri più realistici. Richiede inoltre di provare a cambiare il proprio comportamento e - a questo scopo - ti assegneremo volta per volta alcuni “compiti” per sperimentare ciò che hai appreso ed esercitarti. Vi sono più ricerche a sostegno dell’efficacia della CBT come trattamento per la depressione e per l’ansia di quante non ve ne siano a sostegno di tutte le altre forme di psicoterapia messe insieme. La CBT è pratica e funziona e tu, leggendo questo libro ed esercitandoti a mettere in pratica ciò che sto per suggerirti, potrai facilmente apprenderne i fondamenti. PRENDERSI CURA DI SE STESSI ADESSO Questo libro insegna a prendersi cura di se stessi durante il periodo di tempo che intercorre tra l’ultimo lavoro svolto e quello successivo. Adesso ti suggerirò un piano di azione che potrai adottare per ogni giorno che sei disoccupato, che consiste nello stabilire quotidianamente degli obiettivi e nell’impegnarsi a perseguirli, e che ti permetterà di allontanarti dalla ruminazione passiva sulle cose negative volgendoti verso l’azione costruttiva e la risoluzione dei problemi. Ti esorterò, inoltre, a riconsiderare il tuo atteggiamento autocritico e il tuo senso di vergogna, a cercare di trattare te stesso in modo più compassionevole e a Guardare diversamente la propria situazione 17 imparare a comunicare più efficacemente con le persone che ritieni indispensabili nella tua vita. È importante che tu consideri questo periodo come un periodo in cui prenderti cura di te stesso, piuttosto che come una fase di passività, isolamento e autocritica. Dal momento che la disoccupazione, come abbiamo affermato in precedenza, è spesso associata a un aumento del rischio per la salute (in genere dovuto all’eccesso di fumo, alcol o cibo, alla mancanza di esercizio fisico, all’aumento dello stress fisico), ti esorterò a impiegare questo periodo di transizione per migliorare la tua condizione fisica. Prendersi cura di se stessi implica lavorare ogni giorno sulla propria salute e, visto il tuo stato di disoccupazione, adesso non potrai più addurre la scusa di non avere abbastanza tempo per esercitarti! Amplia la definizione di te stesso Adesso consideriamo il fatto che probabilmente ti sei identificato con il tuo lavoro. Un mio paziente mi ha riferito di aver realizzato, una volta disoccupato, come la sua identità non fosse in realtà definita dal proprio lavoro, essendo egli anche un padre per i propri figli, un marito per la propria moglie e un fratello per il proprio fratello. La definizione che dai di te stesso ha bisogno di essere ampliata: sei ben più di un titolo professionale, ben più di un impiegato. Puoi utilizzare questo periodo di tempo per riscoprire questi altri ruoli, questi molti modi di stare nel mondo. Potresti fare volontariato, il che sarebbe un ottimo modo per aiutare gli altri e per lasciarti alle spalle l’isolamento che si è aggiunto alla depressione e al senso di vergogna. Avresti qualcosa da offrire ad altre persone (a persone che potrebbero stare molto peggio di te) e inoltre, associandoti a una comunità più ampia, espanderesti il tuo senso di appartenenza al mondo. Forse, chissà, potresti sviluppare contatti, capacità e idee che potrebbero condurti verso il tuo nuovo lavoro. Vorrei anche che tu pensassi al ruolo che le cose materiali rivestono nella tua vita. Molti si lamentano di non avere abbastanza denaro per permettersi lo stile di vita che vogliono. Per quanto le limitazioni economiche costituiscano un problema reale e importante, ho scoperto come sia spesso possibile rivalutare quel che le cose materiali significano per noi. Ritengo che molte delle cose che 18 Se perdi il lavoro non perdere la testa abbiamo - e di quelle di cui pensiamo di aver bisogno - siano semplicemente “cose” alle quali attribuiamo un significato superiore perché convinti di averne bisogno. Questo periodo di disoccupazione può essere un’opportunità per esaminare il tuo impulso verso il possesso di certe cose, ovvero l’effettiva necessità che hai di queste. Riscopri il tuo tempo Come molti altri che attraversano un periodo simile, tu e la tua famiglia potreste trovare a volte difficile fare i conti l’uno con l’altro. Alcune persone, tuttavia, scoprono come questo momento costituisca un’opportunità di constatare che il proprio partner è anche il proprio migliore amico e che i propri figli sono una fonte di gioia e danno senso alla propria esistenza. Nel corso di questo libro, considereremo come tu e la tua famiglia possiate remare insieme piuttosto che separatamente, divenendo se possibile più forti durante questo processo. Tutto dipenderà da come gestirai la cosa: ci sono modi migliori di altri per esprimere la propria frustrazione e risolvere i problemi insieme. Vorrei infine che tu pensassi al tuo rapporto col tempo. Se sei come molti disoccupati, sentirai il bisogno di rispondere immediatamente alla seguente domanda: “Quando troverò un lavoro?”. Questo urgente bisogno di una risposta, tuttavia, tende ad alimentare i pensieri negativi ripetitivi e la ruminazione (della quale parlerò nei dettagli nel capitolo 5). Se ci riesci, considera la possibilità di “allungare” il tempo, per darti maggior spazio per respirare e per apprendere come trarre il meglio dal momento presente. Puoi utilizzare - così come sprecare - il tempo che hai a disposizione tra un lavoro e l’altro. PUOI SCEGLIERE COME FRONTEGGIARE LA DISOCCUPAZIONE Daremo adesso un’occhiata ai modi problematici di reagire alla disoccupazione. L’illustrazione seguente raffigura alcune reazioni possibili, con le emozioni connesse, che si riscontrano comunemente nei disoccupati, quali: Guardare diversamente la propria situazione 19 • Sentirsi sopraffatti dalle emozioni ed essere convinti che nessuno possa davvero capirci. • Criticare se stessi e provare vergogna. • Trascorrere ore a concentrarsi sui pensieri negativi ripetitivi. • Essere passivi e inattivi, facendo sempre meno ciò che è produttivo e gratificante. • Essere preoccupati per il denaro. • Avere un senso di urgenza, ovvero il bisogno di ottenere una risposta subito. • Avere cattive abitudini di salute (malnutrizione, bere troppo, non puntare a una migliore condizione psico-fisica). • Avere maggiori discussioni con i propri familiari. • Avere minori contatti con le altre persone, isolarsi e percepire di starsi nascondendo dalla realtà. È concentrato sugli aspetti negativi È autocritico, prova vergogna e senso di umiliazione È sopraffatto dalle emozioni È passivo e inattivo Il disoccupato È preoccupato per il denaro Ha un senso di urgenza È isolato dagli altri Discute con i familiari Ha cattive abitudini di salute Figura 1. Reazioni problematiche alla condizione di disoccupazione. 20 Se perdi il lavoro non perdere la testa Nell’illustrazione seguente ti suggerirò alcuni modi per cambiare queste modalità di risposta problematiche, ribaltando le suddette credenze e sensazioni. Puoi vedere come ognuna di queste proposte riguardi un problema relativo a come vivere la tua vita adesso. Forse non avrai tutti i problemi riportati nella prima illustrazione, ma scommetto che ne hai molti. La buona notizia è che ognuno di questi può essere affrontato con le tecniche della terapia cognitivo-comportamentale, che puoi iniziare ad apprendere e mettere in pratica sin da oggi. Aumentare la propria autostima e ridurre il senso di vergogna Validare le proprie emozioni negative, ma impegnarsi a cambiare Aumentare il supporto sociale e unirsi a una comunità Smettere di soffermarsi sulle cose negative Agire e risolvere i problemi Il disoccupato dovrebbe Sviluppare relazioni “intelligenti” dal punto di vista emotivo Concentrarsi sulla cura di sé Valutare i bisogni materiali e stabilire quel che è veramente importante “Allungare” il tempo che si concede e concentrarsi sul momento presente Figura 2. Strategie adattive per fronteggiare la disoccupazione. Che c’entra questo con l’ottenere il lavoro che si desidera? Come ho spiegato in precedenza, questo non è un libro su come trovare lavoro, ma su come reagire alla disoccupazione per stare nel miglior modo possibile mentre lo si cerca. Esso, inoltre, ti fornirà importanti strumenti da utilizzare una volta che lo avrai trovato. Per quanto i dati relativi all’impatto psicologico della di- Guardare diversamente la propria situazione 21 soccupazione siano inquietanti, il tuo destino non deve per forza prevedere un esito disastroso. È importante che tu impieghi questo periodo di tempo - che intercorre tra il tuo ultimo lavoro e il prossimo - per prendere in mano la tua vita. È una fase di transizione, che non dovrebbe diventare un periodo di depressione, di preoccupazione, di deterioramento fisico o di problemi relazionali. Spero vivamente che, utilizzando le idee, le tecniche e le strategie che proporrò in questo libro, tu possa condurre un’esistenza migliore nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e che continuerai a esercitarti con questo programma di auto-aiuto anche una volta trovato lavoro. Come uno dei miei pazienti ha detto quando si è trovato ad applicare i punti fondamentali di questo libro, si tratta di suggerimenti “validi per chiunque e da mettere in pratica non solo quando si è disoccupati, ma per tutta la vita”. Ti chiedo soltanto di farne tesoro per te stesso adesso. Il fatto che attualmente tu sia disoccupato non significa che la tua vita si sia fermata: devi viverne appieno ogni periodo! Perché non provi a rendere ogni giorno un giorno migliore? È vero che sei disoccupato, ma ti chiedo ugualmente di iniziare a lavorare su te stesso e sulla tua vita. Adesso hai un sacco di cose da fare e, d’ora in avanti, dovrai impegnarti in un nuovo “lavoro” a tempo pieno: vivere pienamente la tua vita durante questo periodo traendo il massimo da essa. Trasformiamo la fase di disoccupazione in un momento di crescita!