La poetica di Montale

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La poetica di Montale
Ho trovato
queste righe su Montale nella letteratura di Armellini-Colombo che vi propongo senza
aggiustamenti, perché sono un esempio eccellente di sintesi e chiarezza, doti che mancano al Luperini. ☺
LA POETICA DI EUGENIO MONTALE
Rifiuto della "missione"
«La poesia, del resto, è una delle tante possibili positività della vita. Non credo che un
poeta stia più in alto di un altr'uomo che veramente esista, che sia qualcuno». Montale ha
sempre mantenuto un atteggiamento distaccato e riduttivo di fronte alla propria opera: «Ho
scritto sempre da povero diavolo»; non si è mai attribuito una missione, un ruolo profetico.
All'inizio della sua carriera sta una celebre affermazione che limita drasticamente le
possibilità della parola poetica: «Codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che
non vogliamo». Al termine e al culmine, nel discorso per il conferimento del premio Nobel,
diceva: «io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai
nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà».
Sotto questa ostentazione un po' snobistica di modestia c'è però la convinzione che la
poesia sia qualcosa di molto importante; il rifiuto di una missione predicatoria comporta
l'assunzione di un compito più profondo. Nel 1951, nel pieno delle discussioni sull’"impegno"
politico della letteratura, Montale affermava, riferendosi al proprio antifascismo: «Non sono
stato indifferente a quanto è accaduto negli ultimi trent'anni [...] io ho optato come uomo; ma
come poeta ho sentito subito che il combattimento avveniva su un altro fronte». «L'argomento
della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non
questo o quello avvenimento storico».
All'origine della poesia di Montale sta un sentimento di «totale disarmonia con la realtà»
(è ancora lui che parla), che può essere interpretato a diversi livelli: su un piano psicologico, si
tratta «di un inadattamento, di un maladjustement psicologico e morale che è proprio a tutte
le nature a sfondo introspettivo, cioè a tutte le nature poetiche». Ma su un altro piano si
tratta appunto della "condizione umana" in generale, del «male di vivere» che è tema di uno
dei più famosi Ossi di seppia: quel senso di angoscia dell'uomo moderno che si sente come abbandonato in un mondo destituito di significato e di valore, tema della filosofia esistenzialista
e di tanta letteratura del Novecento. Bisogna però aggiungere che in Montale non c'è
un'accettazione rassegnata di questa condizione di crisi: non rinuncia all'idea che la vita
«deve, in qualche modo, avere un significato», e la sua poesia è una ricerca ininterrotta di quel
significato che perennemente sfugge; una ricerca che prende spesso toni religiosi, ma di una
religiosità priva di certezze, fatta di speranza più che di fede, di domande senza risposta.
In questo senso Montale dichiara di appartenere a una corrente di poesia che «molto
all'ingrosso si può dire metafisica». Il che non significa una poesia che affronti una tematica
filosofica in termini diretti e generali: alla poesia interessa «la ricerca di una verità puntuale,
non di una verità generale». Nei versi di Montale si affollano situazioni che hanno la precisione
di istanti di vita singoli e irripetibili, immagini di oggetti colti nella loro concretezza materiale;
in questi dati concreti il poeta riconosce i segni di una condizione umana votata allo scacco e
all'assurdo, e cerca instancabilmente il "miracolo" impossibile che apra un "varco" al di là di
quei limiti. In questo senso si parla di una "poetica dell'oggetto" implicita nella poesia di
Montale: in essa idee ed emozioni si presentano materializzati in oggetti sensibili:
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
[Ossi di seppia}
La poetica dell'oggetto si colloca su una linea ben distinta dalla "poetica dell'analogia"
ungarettiana, da quell'idea risalente a Mallarmé di una "lirica pura" intesa come gioco di
suggestioni sonore che alludono a un vago mistero soprasensibile. Alla musicalità evanescente
della corrente postsimbolista la poesia montaliana oppone la ricerca di sonorità aspre, atte a
incidere nettamente i contorni materiali degli oggetti e ad esprimere la "disarmonia" del vivere; alla lingua preziosa, astratta, selettiva, oppone un lessico che attinge a tutti i registri
linguistici, dall'aulico, all'usuale, al tecnico, nello sforzo di definire ogni singola situazione
poetica col massimo di aderenza. Così nei suoi versi non incontriamo generici "uccelli" ma
balestrucci, coturnici, il gallo cedrone, non una "nave" ma una petroliera, non un "cane" ma un
Bedlington. In questo Montale è continuatore di quel rifiuto della genericità aulica che Pascoli
aveva bandito e praticato.
La poetica novecentesca più vicina a Montale è l'idea di T.S. Eliot della poesia come
"correlativo oggettivo": secondo il poeta angloamericano, idee ed emozioni prendono nella
poesia la forma di «una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che saranno la
formula di quella emozione particolare». Queste parole possono far pensare all'allegoria
propria della poesia medievale, di cui il correlativo oggettivo è in un certo senso la versione
moderna: in particolare la potenza plastica della poesia di Dante è stata fortemente sentita
da Eliot, dal suo maestro Pound e da Montale stesso, nei cui versi gli echi danteschi sono
frequenti. Tra l'allegoria medievale e il correlativo oggettivo c'è tuttavia una differenza
sostanziale: gli emblemi medievali facevano riferimento a un repertorio simbolico consolidato,
di cui un lettore colto dell'epoca possedeva le chiavi di interpretazione; gli emblemi della
poesia "metafisica" contemporanea non hanno il supporto di una cultura simbolica condivisa,
costituiscono un cifrario personale del poeta, e questo spiega le difficoltà interpretative che
pongono ai lettori; in più, nel caso di Montale, non rinviano al possesso di una visione organica
del mondo, ma a una ricerca aperta, senza approdi sicuri.