Continua - Rivista online del Cepros Asti
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Il Salice dell’apprendimento di Rita De Alexandris Riordinando una scatola piena di lavori risalenti ai miei anni d’insegnamento, ho trovato un fascicoletto che sono contenta di aver conservato perché significativo di un passaggio avvenuto nel mondo della scuola. Fino a quell’anno avevo programmato con la collega contitolare della classe a tempo pieno a noi assegnata e, nel farlo, tenevamo presente i nostri alunni, la realtà ambientale, la possibilità di collaborare a classi aperte con altre colleghe. Leggendo le nostre programmazioni si poteva vedere la classe nel suo divenire. Da quell’anno avevo dovuto adattarmi a fare una programmazione di circolo che per forza di cose non poteva che essere generica perché doveva andare bene per una scuola di città come per una di campagna, per una classe a tempo pieno come per una tempo normale. Era un’operazione “formale” ma non” funzionale”, ma almeno all’inizio bisognava provare. Già dal primo giorno però qualcosa non ha funzionato. Dovevamo presentare ai bambini un serie di “verifiche dei prerequisiti” che erano uguali per tutto il circolo e ricalcavano quelle schede che i bambini avevano già conosciuto alla scuola materna. I miei alunni che provenivano quasi tutti dalla stessa scuola materna, le compilavano in un baleno, ma senza particolare interesse e non vedevano l’ora di finire per chiacchierare tra loro, uscire dai banchi, comportarsi come se fossero lì per passare piacevolmente il tempo tra di loro. Non erano indisciplinati, ubbidivano e partecipavano a ogni attività, ma sembrava che lo facessero per educazione e non perché ne avessero colto il significato. Mancava la motivazione che li coinvolgesse in quel che facevano. Ed ecco che un giorno, a metà mattinata, sentiamo una motosega all’opera. Tutti si precipitano alle finestre e vedono i giardinieri che stanno segando il bellissimo salice sotto il quale ci sedevamo a leggere, a far colazione e che era la casa ideale del lupo, quando giocavamo ad “Andiamo per il bosco a vedere se c’è il lupo” . Non posso non uscire con loro per capire perché stanno abbattendo il nostro salice. I giardinieri ci fanno vedere una sezione di ramo percorsa da tante gallerie e ci spiegano che anche il tronco è tutta una galleria scavata dai bruchi che ora stanno saltando nell’erba. Non solo il salice sarebbe morto, ma era così indebolito da essere pericoloso. Poi ci fanno allontanare per continuare il loro lavoro. I bambini sono addolorati, impressionati. E’ tutto un intrecciarsi di domande e riflessioni. Io scrivo ciò che dicono e poi rileggo le loro parole. Togliendo ripetizioni e lasciando l’essenziale, viene fuori un testo che bisogna assolutamente trascrivere e lo faccio io, scrivendo alla lavagna, con il loro aiuto, ogni parola in stampatello. Quando il testo completo è scritto lo leggiamo insieme, una parola per volta, indicandola. Poi provano a copiare il testo, mentre io scrivo una parola per volta su dei cartoncini che poi distribuisco. Quindi comincio a “chiamare” le parole del testo e chi ha il cartoncino corrispondente me lo porta. Cominciamo a cogliere lettere, sillabe, parole uguali. Tutti partecipano con attenzione, consapevoli che stanno compiendo i primi passi verso la lettura. Il pomeriggio la collega fa dipingere un grande tronco, che poi viene ritagliato e attaccato alla parete: quindi si ritagliano strisce di cartoncino verde che riproducono i rami del salice piangente. L’albero è rinato lì, sulla nostra parete, davanti ai banchi messi in semicerchio, così che tutti lo possano vedere. Accanto verranno attaccati di cartoncini con il testo di addio al nostro salice. A questo punto bisogna saper rispondere alle domande sul bruco e allora telefono al figlio di un collega, laureato in scienze naturali, il quale, in base alla descrizione che gli fornisco, riconosce il ”Bruco perdilegno “, chiamato così per la voracità con cui distrugge il legno delle piante. E’ l’inizio di una serie di domande che portano a scoprire il ciclo di vita di una farfalla notturna, di cui sono ghiotti gli uccelli. Parliamo quindi della catena alimentare e della funzione di ogni anello della catena. Sembrano discorsi difficili per i primi giorni di scuola in una Classe Prima, ma in realtà corrispondono ai loro reali interessi: conoscere la natura a cominciare dal posto in cui vivono. E che scoperte! Erano anni che vedevano quel bel salice nel giardino della scuola e non sapevano che, tra le rughe del tronco, si posavano delle farfalle, ben mimetizzate, per non farsi mangiare dagli uccelli, che a loro volta dovevano sfuggire ai gatti che li cacciavano. E non era vero che tra questi esseri viventi alcuni erano buoni e altri cattivi: ognuno aveva un ruolo. Imparare a leggere e scrivere era fondamentale per poter continuare a scoprire cose nuove, e così vedevo che giorno dopo giorno aumentava la curiosità per ciò che la scuola poteva loro offrire. Avevamo appena concluso questo argomento, che una collega ci chiede di unirci alla sua classe per formare un coro. Una docente delle medie si era offerta di insegnare canti che avevano per tema la natura. Con quel repertorio e degli elaborati, potevamo anche partecipare ad una iniziativa della Provincia. Eravamo l’unica “Prima” presente e, con la nostra storia de Il bruco perdilegno, i bambini si sentivano molto importanti. Ogni mattina arrivavano a scuola curiosi e sicuri che avrebbero fatto nuove scoperte. Inoltre sentivo che tra di loro c’era il senso di appartenenza a un gruppo che aveva interessi e scopi comuni e poco per volta cominciava anche ad avere una storia in comune. E se non avessero dovuto abbattere quel salice, come avrei fatto a raggiungere lo stesso risultato? Non lo so, ma qualcosa avrei dovuto trovare. Oggi sarebbe possibile la stessa esperienza? Forse sì, se si ha il coraggio di prendersi qualche responsabilità. COMMENTA QUESTO ARTICOLO