LE NEWS - Comune di Forlì

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LE NEWS - Comune di Forlì
Speciale MACFRUT 2010
12 OTTOBRE 2010
Dal 6 al 8 Ottobre 2010 si è tenuta la XXVII edizione di Macfrut, la fiera dedicata al
settore ortofrutticolo organizzata da Cesena Fiera. L’edizione 2010 della rassegna
cesenate ha registrato una crescita del 5% di espositori, specialmente esteri, e
+1% di visitatori qualificati (+2/3% esteri). Inoltre, si sono tenuti circa 30 convegni,
workshop, convention, conferenze stampa, ecc..
L’Assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni, ed il
Sindaco di Cesena, Paolo Lucchi, hanno inaugurato l’edizione 2010 di Macfrut.
Domenico Scarpellini, Presidente di Cesena Fiera, ha sottolineato che “la vivacità degli scambi
commerciali e dei contatti, le indicazioni emerse dagli incontri e dai convegni hanno dimostrato a espositori
ed operatori, esperti e produttori che esistono opportunità per affrontare la crisi e contribuire a superarla.
Macfrut si conferma come il momento di massimo confronto tra i settori della filiera e punto di verifica per il
rilancio dell’ortofrutticoltura in un momento di crisi economica mondiale, come dimostrato dalla grande
affluenza di visitatori specializzati e dalla presenza in fiera di alcuni dei colossi della GDO”, come la tedesca
Edeka e le italiane Coop Italia e Conad (che a Macfrut ha organizzato una riunione privata della
Commissione ortofrutta), nonché il gruppo distributivo francese Pomona. Quest’ultima a Macfrut ha
organizzato un workshop in cui ha illustrato le proprie attività. “Abbiamo diverse divisioni che si occupano di
prodotti diversi, tutti basati sulla filiera del fresco. Ogni anno commercializziamo 500.000 tons di merce in
tutta la Francia, grazie anche ad una forza commerciale ingente fatta di 500 rivenditori specializzati e 150
buyer, per un fatturato consolidato del 2009 di 2.628 milioni di €”, ha dichiarato Jean Pierre Chaput,
Direttore di Pomona. La caratteristica del gruppo è quella di proporre un’offerta a misura delle fasce di
clientela, in questi anni ha lavorato per creare un assortimento specializzato diviso in tre livelli: standard,
legato al prezzo di accesso; garantito, legato al marchio del fornitore; differenziato, offre anche prodotti ad
origine controllata. Attualmente il gruppo deriva il 46% della propria attività dai prodotti riservati alla
ristorazione (sociale e commerciale), percentuale in aumento. “Macfrut rappresenta per noi un’occasione
ideale per trovare nuovi spazi di collaborazione con i produttori italiani e non solo”, ha concluso Chaput.
Da parte sua Edeka, la maggior catena distributiva in Germania, a Macfrut si è “presentata” ai produttori
italiani di ortofrutta nella convention organizzata il 6 Ottobre. “Per mezzo dei nostri 3 centri logistici
commercializziamo più di 2 milioni di tons di frutta, ortaggi e fiori ogni anno”, ha spiegato Ulrich
Spieckermann, Direttore di Edeka Fruchtkontor Sud. “Dal nostro ultimo incontro abbiamo avuto aumenti di
fatturato e volumi considerevoli, riducendo allo stesso tempo le spese di logistica, magazzino e merci. I
nostri consumatori vogliono prodotti sicuri e di alta qualità, capaci di mantenere le promesse. Per questo
vogliamo collaborare per sviluppare nuove produzioni, aumentando competitività e quote di mercato”.
Analogamente, la presenza in fiera ella statunitense Produce Marketing Association (PMA) è un chiaro
segnale dell’impegno di Macfrut nell’internazionalizzazione del sistema ortofrutticolo italiano. Proprio per
favorire la collaborazione tra i sistemi ortofrutticoli di Italia e Stati Uniti, PMA e Cesena Fiera hanno siglato un
accordo di collaborazione che ha portato l’associazione americana ad essere presente a Macfrut per la
prima volta con un proprio stand. “Siamo entusiasti di questa collaborazione”, ha commentato Nancy
Tucker, Vice Presidente per il Global Business Development della PMA. “Non vediamo l’ora di accogliere la
delegazione italiana alla nostra Convention di Orlando dal 15 al 18 Ottobre”.
Sempre sul fronte dell’internazionalizzazione da evidenziare che a Macfrut è stato organizzato un workshop
che ha evidenziato le significative opportunità d’investimento e di scambi commerciali con Romania,
Ucraina e Modavia, realtà emergenti dell’Europa orientale.
A testimonianza del ruolo di Macfrut, durante il primo giorno della fiera è
stato presentato il protocollo d'intesa sottoscritto da Coop Italia con le
Regioni Puglia, Sicilia, Calabria e Emilia-Romagna per la distribuzione e
valorizzazione dei prodotti del territorio (a partire dall’uva da tavola). Ben 52
aziende agricole in 2 Regioni e circa 2.500 tons di uva già arrivata in questi
giorni sulla tavola dei clienti Coop è il risultato concreto dell’accordo siglato
da Coop con le Regioni Puglia, Sicilia, Calabria e Emilia Romagna (leggi
articolo completo).
Sul fronte dell’internazionalizzazione, di rilievo iI II European Fruit Summit, organizzato il giorno prima
dell’inizio della fiera, che grazie a CSO, Macfrut e Regione Emilia-Romagna ha portato a Cesena il Gotha
dell’ortofrutta europea. Il Summit dell’ortofrutta ha messo in luce una situazione produttiva estremamente
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scarsa in tutto l’Emisfero nord. Tutta la frutta invernale, a partire dalle
mele per proseguire con le pere, il kiwi e per finire con gli agrumi,
presenta una situazione produttiva in cui mediamente si scende dal 10
al 20% rispetto all’anno scorso, con punte estreme in Italia ad esempio
per quanto riguarda il kiwi, il cui calo produttivo in alcune aree come
Emilia-Romagna e Piemonte raggiunge rispettivamente -38% e -35 %;
o come nel caso della pera Abate, che quest’anno registra la minor
produzione degli ultimi 10 anni (-35% sul 2009). “Questa situazione
premierà l’offerta di qualità, ma accenderà la competizione sui prezzi
accentuando la concorrenza tra fornitori. L’incognita sarà per i
produttori che non sempre potranno ricavare una PLV capace di garantire un reddito sufficiente”, ha
dichiarato Luciano Trentini, Direttore del CSO (scarica il report con l’analisi dettagliata per singolo prodotto).
Sempre sul fronte internazionale, da evidenziare che Macfrut è stato il teatro - il 6 Ottobre - del I Forum
Europeo delle Regioni Ortofrutticole. I rappresentanti delle principali Regioni ortofrutticole europee si sono
incontrati per discutere del futuro delle politiche in favore dei produttori, in vista della prossima riforma della
PAC. “L’ortofrutta europea ha bisogno di reciprocità”: questo
il messaggio chiave che viene dall’evento. Attualmente i
produttori di frutta ed ortaggi europei sono sottoposti a
rigorosi standard di qualità e sanitari che hanno un costo e
che li rendono meno competitivi rispetto a quelli provenienti
dai Paesi Terzi. Per questo il documento approvato a
Cesena dai rappresentanti delle principali Regioni
ortofrutticole europee (vedi i punti nell’immagine a fianco)
contiene la richiesta alla Commissione europea di impegnarsi
per una maggiore reciprocità commerciale, ed anche che la
nuova PAC abbia un posto per l’ortofrutta e garantisca al
settore risorse almeno uguali a quella dell’attuale
programmazione.
Potrà
così
essere
finanziata
quell’innovazione che oggi appare più che mai necessaria:
per contrastare i cambiamenti climatici, per sviluppare
tecniche colturali a basso impatto ambientale, per garantire
più qualità ai prodotti e in linea con i mutati stili di vita e di
consumo.
Sul fronte istituzionale, di particolare rilievo la conferenza internazionale sull’OCM ortofrutta promossa dalle
unioni nazionali, Unaproa, Uiapoa ed Unacoa, con il cofinanziamento del Mipaaf. All’evento sono
intervenuti i rappresentanti della Commissione europea e della Pubblica Amministrazione di Spagna,
Francia, Polonia, ed Italia che si sono confrontati sulle prospettive dell’OCM ortofrutta e sulle necessità
d’intervento per rendere più efficace il quadro normativo, soprattutto alla luce delle pesanti crisi di mercato
che si sono succedute negli ultimi anni.
Emmanuel Jacquin, Rappresentante area OCM Ortofrutta della Commissione europea, ha tracciato gli
elementi chiave dell’ultima riforma dell’OCM che ha ulteriormente rafforzato il concetto della centralità delle
OP quali strumento fondamentale di governo della produzione, definendo gli obiettivi da perseguire e
ampliando le specifiche funzioni alla prevenzione e gestione delle crisi di mercato. Jacquin ha, poi,
evidenziato le tappe della riforma della PAC post-2013.
Roberto Cherubini del Mipaaf ha evidenziato l’importanza del comparto ortofrutticolo nel contesto del
settore primario nazionale. Nel 2010 l’ortofrutta italiana ha registrato 229 Programmi Operativi approvati, per
un valore della produzione commercializzata di 4,855 milioni di €, di cui oltre il 36% ad appannaggio della
Regione Emilia-Romagna. Analogamente, José Escartìn Huerto del Ministero dell’Agricoltura iberico ha
evidenziato che l’ortofrutticoltura è il principale comparto del sistema agricolo iberico, secondo produttore
continentale alle spalle dell’Italia e primo esportatore, e quindi l’importanza di sviluppare ulteriormente i
pilastri dell’OCM ortofrutta per il futuro del settore iberico.
Dall’incontro di Macfrut, pertanto, è emersa la necessità di migliorare ulteriormente quanto previsto
dall’attuale OCM, nonché di favorire ulteriormente l’aggregazione della produzione in OP, AOP e GP, ancora
troppo bassa in funzione delle crescenti difficoltà del mercato: 33,8% nella UE-27.
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Tra i momenti clou della manifestazione, l’assegnazione del “Grappolo d’Oro export”, l’ambìto premio per il
miglior esportatore ortofrutticolo che quest'anno è andato all’azienda Agricoper di Gianni Liturri Srl di
Noicattaro (BA). Nella motivazione si legge che si è voluta premiare l’alta specializzazione raggiunta da
Agricoper nella produzione ed esportazione di uva da tavola, un prodotto di punta dell’export italiano di cui la
Regione Puglia ha la leadership produttiva nazionale (leggi articolo correlato).
Il nuovo premio “Oscar MACFRUT” è stato assegnato alle seguenti aziende:
- Categoria Macchine e tecnologie per la selezione e per il confezionamento: Cherry
Vision di Unitec;
- Categoria Packaging e materiali d’imballaggio: cestella alveolata biodegradabile della
ILPA;
- Categoria Sementi e prodotti ortofrutticoli freschi: melone Esador di Esasem;
- Categoria Logistica e servizi: ozonizzatore Purfresh di PC Engeneering.
Venerdì 8, in apertura del Convegno sulla IV gamma è stato, poi, consegnato il premio generale che è stato
assegnato sulla base delle preferenze espresse dal pubblico dei visitatori e degli espositori. Parimerito
(come numero di voti) sono risultati la cestella di INFIA ed il pallet verde di CPR System (visualizza le
immagini della premiazione).
A Macfrut, poi, grande attenzione all’innovazione di prodotto. In tal senso, da evidenziare che
VOG e VI.P hanno presentato la nuova mela Kanzi®, dal colore rosso e dal gusto delicato.
Per la stagione 2010-2011 è prevista una raccolta complessiva di 3.500 tons, di cui 3.100
prodotte da VOG e 400 da VIP, e in questa stagione i due Consorzi altoatesini uniranno gli
sforzi per la promozione in Italia di Kanzi®, i cui frutti arriveranno sul mercato a partire dal 18
Ottobre e saranno disponibili fino alla fine di Marzo.
Passando al “capitolo consumi”, nei primi sette mesi del 2010 ogni nucleo familiare italiano ha acquistato 7
kg di ortofrutta (fresca e surgelata) in meno rispetto al medesimo periodo del 2009. E’ un dato preoccupante
se si considera che nell’arco dell’intero 2009 la media degli acquisti segnò già un calo di 10 kg per famiglia.
A questo si somma che nel 2010 è in flessione anche la spesa, con un “taglio” di quasi 13 €, in media, per
nucleo familiare. Per ora il dato non viene avvertito in tutta la sua problematicità grazie all’incremento del
numero delle famiglie acquirenti.
Nei primi sette mesi del 2010 le famiglie italiane hanno acquistato il 51,2% del valore totale di frutta fresca
nella GDO (iper, super e superette, nel 2009 erano al 51%) e per quanto riguarda la quantità, la quota è
leggermente inferiore (49,7% contro 48,6% del 2009). Per gli ortaggi, invece, la quota della GDO è al 52%.
Come di consueto, nell’appuntamento annuale di Italiafruit News si riporta una sintesi delle più importanti
idee emerse nel corso dei principali convegni ed incontri tenutisi a Macfrut 2010.
DALLA IV E V GAMMA AI FRESCHI PRONTI: L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE
Il mercato dei vegetali pronti per il consumo si va arricchendo
di proposte sia nell’area dell’approfondimento delle
tradizionali insalate semplici o miste con nuove ricettazioni,
sia nell’area di prodotti dell’innovazione, come zuppe, frullati,
purè e quant’altro. La disponibilità di un’ampia gamma di
sottocategorie e famiglie di prodotti che hanno come minimo
comune denominatore l’origine da prodotto fresco e l’assenza
di conservanti apre un grande ventaglio di opportunità per
una loro coerente valorizzazione nei punti di vendita a libero
servizio che colga la carenza di tempo per la preparazione
dei cibi, da una parte, ed il desiderio di genuinità e naturalità
dall’altra, con la messa a disposizione di soluzioni alimentari
complete al primo alla frutta a base vegetale. Dalla relazione introduttiva di Roberto Della Casa
dell’Università di Bologna, Polo di Forlì, è emerso come il mercato delle insalate di IV gamma avrà positivi
risultati nell’anno in corso che permetteranno di chiudere il 2010 con un risultato incoraggiante, con i prodotti
più innovativi - come ciotole e prodotti da cuocere - a segnare anche incrementi a due cifre. Grande
attenzione anche ai piatti pronti, paste e zuppe su tutti, e alle bevande a base di frutta fresca, come frullati e
spremute, che stanno raggiungendo penetrazioni record nel mercato italiano.
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La penetrazione di zuppe
fresche e frullati freschi in Italia
Tasso % di
Penetrazione
Tasso % di
Penetrazione
Zuppe fresche
Frullati freschi
2008 2009 2010
2008 2009 2010
18% 25% 33%
nd
10% 12%
In termini numerici, il mercato italiano delle verdure fresche pronte
dovrebbe chiudere il 2010 con un fatturato di 740 milioni di € al
consumo (+5/7% rispetto al 2009), in gran parte rappresentato dalle
insalate, prodotto trainante di tutto il settore stimato in 600 milioni di €.
Numeri imponenti ai quali si aggiunge una vetta importante raggiunta
sul fronte delle vendite, vicine ai 500 milioni di confezioni vendute.
“Per accompagnare correttamente l’evoluzione di questi prodotti è
fondamentale che industria e distribuzione giochino alla pari, in un
rapporto di totale simbiosi. L’innovazione del prodotto va indirizzata ma
poi è fondamentale che lo scaffale di vendita sia presidiato, per
presentare in modo corretto questo prodotto innovativo nel momento
finale della vendita”.
Dall’esperienza in UK, evidenziata dal Direttore Marketing di Bakkavor, Kip Winter-Kox e da quella
americana, illustrata da Beth Padera, del Perishables Group, è emerso quanto vi sia da “imparare”. Le
realtà anglosassoni offrono ormai da tempo soluzioni per l’alimentazione da materia prima fresca e, in
entrambi i mercati, i piatti pronti a base vegetale costituiscono una fetta importante degli acquisti di deperibili.
Kip Winter-Cox ha illustrato la situazione attuale in Gran Bretagna, dove i prodotti di IV gamma hanno una
fortissima penetrazione nel mercato alimentare, tanto da essere ormai vicini alla maturità e pronti ad ulteriori
evoluzioni.
Beth Padera, invece, ha focalizzato la sua attenzione su prodotti innovativi. Attenzione anche al supporto
delle istituzioni nell’evoluzione del mercato, a partire dalla campagna di educazione alimentare lanciata
dall’Amministrazione Obama per ridurre l’obesità infantile, iniziativa che ha fatto da traino alla creazione e/o
affermazione di prodotti nuovi e accattivanti per i più giovani come, ad esempio, le “Apple Fries”, mele a
bastoncino confezionate come le classiche patatine fritte, proposte inizialmente dalla catena del fast food
Burger King ed oggi “mutuate” da altre realtà del foodservice a stelle e strisce. Sul fronte dell’innovazione,
molto interessante la nuova referenza per gli smoothies lanciata da Del Monte: una confezione con tutti gli
ingredienti necessari che deve essere solamente frullata dai clienti.
Padera ha poi evidenziato un elemento importante dell’offerta dei fresh-cut negli Stati Uniti: la loro offerta
non solo nei pdv grocery, ma anche nelle farmacie, tipo Walgreens e CVS Pharmacy, nelle stazioni di
servizio ed addirittura nei negozi di noleggio film, come Blockbuster. La rappresentante del Perishable
Group, poi, ha posto l’accento sul grande successo delle vendite di fresh-cut nei big discounter
d’oltreoceano, nonché nei warehouse club, con il leader di mercato Costco ad individuare proprio in questi
prodotti uno dei fattori trainanti della crescita delle vendite registrata nell’ultimo anno.
Sul fronte numerico, infine, Padera ha evidenziato la crescita delle vendite settimanali a valore del 34,8%
degli ortaggi pronti per il consumo dal 2005 ad oggi (al 31 Luglio 2010) e del 23,3% per la frutta.
Giuseppe Battagliola, Coordinatore della sezione IV gamma di AIIPA, nella sua relazione conclusiva ha
messo in luce le grandi opportunità che i piatti pronti a base vegetale fresca possono avere nel nostro
mercato a patto che sia data grande attenzione alla vera innovazione, razionalizzando gli assortimenti a
vantaggio dei prodotti meritevoli, riducendo la falsa innovazione, rischiando sui prodotti nuovi. Il ruolo dei
produttori dovrà essere di spingere la ricerca su soluzioni in linea con le attese dei consumatori, quello della
distribuzione di supportarne la messa a scaffale e lo sviluppo garantendo spazi e promozionalità adeguati in
uno scenario in cui il pubblico possa garantire certezza delle regole e rispetto delle stesse. “Dobbiamo
recuperare terreno nei confronti di Stati Uniti e Gran Bretagna, e possiamo farlo puntando alla vera
innovazione, senza lasciarci attrarre da promozioni selvagge. Il consumatore di questi prodotti è in questi
anni cambiato: la fascia d’età di riferimento è tra i 25 ed i 55 anni e le aspettative sono quelle di avere a
disposizione un’offerta sempre più differenziata, che permetta di mangiare frutta e verdura agevolmente in
diversi momenti della giornata. Il tutto nel nome della praticità e della qualità del prodotto”.
LOGISTICA E STANDARDIZZAZIONE AL SERVIZIO DI UNA FILIERA ORTOFRUTTICOLA PIU’
ECONOMICA, EFFICIENTE E SOSTENIBILE
“Il comparto ortofrutticolo ha spesso esigenze gestionali tra loro contrapposte, dovute alla complessità di
coordinamento tra vari elementi tra loro diversi. Per portare qualità al sistema serve oggi un’attenta sinergia
tra chi fa macchine, imballaggi e logistica”, ha affermato Roberto Della Casa dell’Università di Bologna, Polo
di Forlì. “L’innovazione senza coordinamento genera scarsi risultati. Dobbiamo lavorare ad una piattaforma
di standardizzazione comune, per raggiungere concreti risultati sul piano della economicità, della
sostenibilità ambientale e della qualità dei prodotti. Un mix vincente che diviene praticabile solo partendo da
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una base comune e concreta di regole di
standardizzazione. Sui materiali, le differenti
tecnologie e l'organizzazione logistica”.
Nel corso della tavola rotonda, Roberto Graziani
della Graziani Packaging ha illustrato un caso
emblematico di problemi sorti dalla mancata
comunicazione tra attori della stessa filiera
ortofrutticola, e lo stesso ha fatto Giuseppe
Merloni di Sorma, puntando il dito contro la troppa
flessibilità richiesta a volte dai committenti a
macchine automatizzate nate per realizzare prodotti standard. “L’unità logistica è il pallet? Partiamo da lì?”.
Sempre sul tema della standardizzazione Bruno Viglizzo di Fruttital ha parlato di pallet come unità di misura
alla base di ogni ragionamento logistico di imballaggio e trasporto. “Con l’80x120 servono 33 pallet per
saturare un semirimorchio. Con il 100x120 ne bastano 26. La differenza è l’aumento delle movimentazioni
lungo la filiera del 27%. Risulta evidente che il 100x120 è compatibile con tutti i formati in uso per l’ortofrutta.
Ovviamente vi sono anche controindicazioni come norme UE, pallettizzazione automatica e scelte retailer”.
Angelo Benedetti di Unitec ha presentato invece un'esperienza positiva avviata dalla sua azienda
specializzata nella realizzazione di bins, minibins e maxiceste per l'ortofrutta.
Alberto Maso di Nespak ha, invece, sottolineato che l’integrazione fra due anelli della filiera migliora le
cose. Alla luce della necessità di ridurre i costi e soddisfare la domanda di maggior ecocompatibilità, il punto
è “come aumentare la sostenibilità riducendo pesi a pari prestazioni? Riducendo di solo il 12% la plastica dei
cestini si risparmia il 5-6% sui costi, e si assicura minore dispersione di CO2 nell'aria”.
Nicola Pandolfi di Tiberpack ha presentato un processo di standardizzazione automatizzata che ha portato
a risultati qualitativi migliori rispetto alla lavorazione manuale, mentre Fabio Zoboli di Infia ha riportato un
caso di standardizzazione fra produttori di imballaggi primari e secondari per il passaggio dell’aria all’interno
dei contenitori: “se tutti sono coinvolti il successo è assicurato”.
Da parte sua, Gianni Bonora di CPR System, ha evidenziato che “CPR è una filiera composta da produttori,
trasformatori, distributori, che ha raggiunto ottimi risultati sul piano economico e della qualità del prodotto
facendo appello a regole comuni dettate dalla concretezza e dal buon senso”. Bonora ha poi tracciato anche
uno schema ideale in cui intervenire: l’incrocio tra filiere verticali ed orizzontali. “Dobbiamo intervenire in una
sorta di filiera circolare entro cui le aziende che vogliono migliorare s’incontrano. Serve una progettualità
concreta per arrivare ad una standardizzazione rigida fino a quando è possibile. Dopo entra in campo la
fantasia, che possiamo applicare in modo proficuo per risolvere le necessità ed i problemi che vanno al di là
della produzione standard”.
Un esempio di filiera orizzontale è invece il Consorzio Bestack, rappresentato alla tavola rotonda di Macfrut
da Claudio Dall'Agata. “L’indotto tecnologico ragiona con logica condivisa per ottimizzare le risorse. Lo
stesso non avviene invece sempre per la produzione e la distribuzione, che sembrano capire meno queste
necessità. La standardizzazione logistica significa innovare tenendo ben presente quale sia il bisogno
specifico, e tutto ciò fa risparmiare molto alle aziende. Sul mercato italiano quasi 80 imballaggi in cartone su
100 sono standardizzati”.
In conclusione dei lavori, Della Casa, ha evidenziato: “abbiamo bisogno di integrare quanto emerso in
questo dibattito in un tavolo comune. Il primo problema sono le regole con cui noi pallettiziamo la merce.
Partiamo da qui per rinnovare il nostro processo di logistica, concordando un’unità di misura comune dei
pallet a cui si adegueranno via via anche le misure dei vari sottomultipli”.
L’appuntamento è per il 10 Novembre prossimo, alle ore 15 a Cesena Fiera, dove le aziende impegnate in
questo settore si ritroveranno in un tavolo comune per stilare le prime linee operative in vista di una
piattaforma di regole condivise.
LA FILIERA ORTICOLA DI QUALITA’ PARTE DAL SEME
“Usare semi originali vuole dire avere delle garanzie. Solo chi
produce e vende semi originali può garantire al cliente finale una
certa resa ed un comportamento della pianta entro parametri
certi”, ha affermato Alessio Pigozzi, Coordinatore del gruppo
Orto wic di Assosementi. Usare sementi non originali non è la
stessa cosa che comprare una borsa Louis Vuitton taroccata: si
possono avere effetti improbabili sul campo, mettendo a rischio il
proprio seminato. I semi di qualità poi sono un investimento: in
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quanti, ad esempio, comprerebbero macchinari da aziende che non rilasciano la garanzia?
Senza tenere conto delle risorse preziose che il mancato acquisto dell’originale sottrae all’innovazione: “guai
se venisse meno la ricerca, fattore che sta alla base di tutte le innovazioni. E dalle innovazioni dei ricercatori
derivano vantaggi per ciascun attore della filiera: dal coltivatore, che può avvalersi del materiale genetico più
adatto alle diverse condizioni di coltivazione, alla grande distribuzione, che può contare su una migliore shelf
life e quindi su di una gestione ottimale del prodotto, al consumatore, che può disporre di prodotti con più
elevate proprietà nutritive”.
Già oggi, quando si parla di tutela varietale, lo sviluppo della ricerca genetica supera il 10% del fatturato
delle società sementiere. “Momenti di incontro come quello di oggi sono importanti proprio perché siamo ben
consapevoli di dover esercitare un ruolo attivo e propositivo nello sviluppo della filiera, mettendo a
disposizione di tutti le nostre conoscenze e creando nuove sinergie a vantaggio dell’intero sistema.
L’auspicio è quello di riuscire a condividere con tutti gli attori, IV gamma e grande distribuzione compresi,
percorsi comuni per valorizzare le produzioni e l’importanza del seme di qualità”. Percorsi che potrebbero
ottimizzare le produzioni sementiere italiane, ad oggi molto frazionate lungo una filiera non facilmente
controllabile. Un coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, dunque, potrebbe dare nuova linfa e nuovi
sbocchi all’intero comparto sementiero.
LA FILIERA AGRUMICOLA SICILIANA
Ragionare di agrumicultura in termini di distretto
significa riprendere un’idea sviluppata qualche anno fa
in ambito universitario basata sull’assunto secondo il
quale un territorio in cui si concentra la produzione di un
prodotto consente di sviluppare expertise e competenze
che facilitano il lavoro delle aziende. “Questo progetto
consentirà di vedere il settore in maniera più ampia e
strategica”, ha affermato Roberto Della Casa,
Università di Bologna, Polo di Forlì.
In effetti la novità vera di questa nuova realtà è che per
la prima volta le Camere di Commercio delle Province
produttive siciliane (Catania, Siracusa e Agrigento) si sono mosse congiuntamente per lavorare su sviluppo,
valorizzazione e promozione del prodotto, per ridare smalto all’agrumicultura.
Elemento chiave per restituire all’agrumicoltura il ruolo che merita è di evitare che arance o limoni non
siciliani vengano spacciati come tali. In tal senso, il Distretto degli agrumi di Sicilia (questo è il nuovo nome
del Distretto che ha cominciato a girare tra gli operatori) è segno evidente di una rinnovata volontà di fare
rete di una Sicilia che cambia pagina con la consapevolezza di rappresentare la più importante attività
economica in termini di fatturato, addetti e produzione totale. Una strategia condivisa, quindi, che punti sulla
qualità ma soprattutto all’individuazione di obiettivi comuni volti alla valorizzazione dei prodotti, alla conquista
ed al consolidamento di mercati esteri ma che guardi anche con fermezza all’innovazione, alla riduzione dei
costi, al presidio del mercato interno ed alla creazione di reti stabili che sono, consapevolmente ormai, il
presupposto fondamentale di qualsiasi attività.
Gli attuali 25 soci del Distretto potranno avvalersi di tutte le attività sulle quali il consorzio punta: marketing
associativo, accesso al credito e agevolazioni fiscali, internazionalizzazione, ricerca e sviluppo, turismo
relazionale integrato, formazione. “Speriamo che i soci aumentino in modo da diventare ancora più forti ed
efficaci nelle nostre azioni”, ha dichiarato Federica Argentati, Presidente del Distretto.
“In questi anni sono state attuate delle politiche di valorizzazione puntate su quattro aspetti: prodotto,
processo, filiera, territorio, intesi come elementi sinergici”, ha spiegato Alessandro Scuderi, Presidente del
Consorzio di tutela Arancia Rossa di Sicilia IGP. “Questa attività deve continuare, individuando gli elementi
distintivi di competitività legati al territorio ed è importante ricordare che delle 120.000 tons di arance rosse
prodotte nei 4.700 ettari certificati, ben 80.000 derivano da produzione biologica. Valori che devono essere
riaffermati nei confronti dei consumatori, partendo dal mercato nazionale interno”.
OSSERVATORIO PREZZI FEDAGROMERCATI E OSSERVATORIO PREZZI FEDAGROMERCATI-ISMEA
Crisi economica, difficoltà di recuperare i crediti, difficoltà di accesso ad informazioni creditizie in tempo
reale, tempi di esposizione sempre più lunghi (da 60 gg a 90 gg): a queste problematiche Fedagromercati,
principale organo di rappresentanza degli operatori ortofrutticoli, ha creato un progetto ad hoc che segna un
cambiamento di mentalità e di strategie, come ha dichiarato Valentino Di Pisa, Vice presidente vicario.
“Questo progetto viene da lontano e ha avuto una lunga gestazione: il progetto coinvolge 11 mercati on-line,
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ai quali vanno aggiunti Cagliari e Torino che stanno per entrare, 250
aziende connesse e informazioni commerciali gestite su un totale di 20.000
clienti. Mi auspico che questo numero cresca coinvolgendo anche i distretti
alimentari”, ha dichiarato.
Il progetto, presentato da Gianluca Notari, responsabile del progetto, si
basa su alcune considerazioni: la difficoltà della gestione del credito con
tempi di esposizione lunghi, la gestione tardiva del problema, soprattutto
nelle piccole e medie imprese.
L’idea è quella di offrire agli operatori alcuni strumenti di prevenzione
tramite una sorta di cruscotto di controllo composto da quattro elementi: l’osservatorio crediti, che controlla
giornalmente il dato consolidato per cliente, evidenziando le fattispecie ad alto rischio; rapporti informativi,
per accedere giornalmente alle informazioni commerciali esterne sui clienti; assicurazione del credito, che
offre una garanzia di fronte a situazioni di insoluto; recupero credito, consente di recuperare crediti senza
avviare pratiche legali. Insomma un set di strumenti molto apprezzato che consente una risposta efficace e
ready-to-deliver agli operatori.
La novità del progetto sta non solo nel quadro completo di soluzioni, ma soprattutto nella concezione e nelle
partnership avviate da Fedagromercati per la buona riuscita: ecco quindi la collaborazione con Osserva per
la gestione della piattaforma informatica, con il gruppo Cerved per quanto riguarda i rapporti informativi, con
Assicom per quanto riguarda la gestione dei contenziosi e il recupero crediti.
In occasione di questo convegno, è stato presentato anche l’Osservatorio prezzi all’ingrosso realizzato da
Ismea in collaborazione con Fedagromercati, il cui obiettivo è quello di favorire la trasparenza del mercato e
la corretta informazione sui valori di commercializzazione, facilitare la comunicazione e ridurre l’asimmetria
informativa con l’opinione pubblica, fornire valori rappresentativi ed oggettivi garantendone l’omogeneità
nella raccolta dei dati (leggi articolo correlato).
FRUTTA NELLE SCUOLE: COME EDUCARE A BUONE ABITUDINI ALIMENTARI
Le aule scolastiche si riempiono di colori e sapori con il Progetto
Comunitario “Frutta nelle Scuole”, avviato lo scorso anno e pronto a
ripetersi anche nell’anno scolastico 2010-2011. Gli ottimi risultati
raggiunti dal progetto, in particolare in Italia, sono stati presentati a
Macfrut nell’ambito di una tavola rotonda promossa da Alimos.
Eleonora Iacovoni, in rappresentanza del Mipaaf, ha presentato i
risultati raggiunti: “nel primo anno abbiamo distribuito 2,65 milioni di
prodotti nelle scuole, coinvolgendo 5.000 istituti a livello nazionale e il
35% di alunni. Questa prima fase si è rivelata di grande successo,
tanto che per la seconda edizione dell’iniziativa l’Europa ha innalzato
il finanziamento a favore dell’Italia, portandolo da 26 a 36 milioni di €”.
La distribuzione di ortofrutta nelle scuole è stata accompagnata dalla formazione degli insegnanti e da
giornate a tema, concorsi, gadget, visite alle fattorie didattiche, orti scolastici e distribuzione di materiali
informativi di vario genere. Un “pacchetto” complessivo di iniziative seguite operativamente da Alimos e
Apofruit, rappresentate alla tavola rotonda dal Direttore di Alimos Massimo Brusaporci e da Mario
Tamanti, Direttore Progetti e finanziamenti di Apofruit Italia.
“Abbiamo creato strumenti facili e di immediato impatto per educare i bambini al gusto. Non è sufficiente
comunicare, i bambini hanno bisogno di fare esperienze per imparare”, ha spiegato Brusaporci.
Ad illustrare le strategie didattico-pedagogiche messe in campo è stato Giorgio Donegani di “Food &
School” e membro del comitato scientifico di Alimos, che ha fornito un efficace “ricetta” comportamentale per
aiutare i bambini a modificare il loro comportamento nei confronti dell’ortofrutta. Donegani ha puntato anche
il dito contro le pubblicità dei prodotti alimentari: “i messaggi lanciati dalla pubblicità sono in maggioranza
dedicati a cibi ricchi di grassi e sali, alle famose merendine preconfezionate. Questi messaggi colmano il
vuoto di significato che è tra produttore e consumatore finale, facendo sì che il cibo venga colto dai bambini
come una qualsiasi altra merce. Dobbiamo recuperare la capacita di mangiare bene non soltanto con la
bocca, ma anche con la testa”.
Tamanti ha quindi presentato le modalità con cui Apofruit, aggiudicataria di due lotti del bando europeo, ha
distribuito la frutta nelle scuole di dieci Regioni italiane, accompagnandola con un ampio spettro di servizi e
attività per rendere l’esperienza coinvolgente e accattivante.
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Denys Anthonios di Creno, leader nella grande distribuzione di ortofrutta in Francia, ha quindi presentato
un’esperienza simile fatta nelle scuole transalpine, attraverso la distribuzione di frutta e la campagna
informativa “Merci maman!”, finalizzata alla distribuzione di piccoli frutti ai bambini.
Luciano Trentini di Areflh ha presentato infine alcuni casi e strategie messi in atto dagli operatori europei in
questo settore. Soffermandosi, in particolare, su un progetto precursore di questo programma europeo, “Mr
Fruitness”, finalizzato anch’esso alla promozione della frutta tra i bambini e ragazzi delle scuole.
LE NUOVE FRONTIERE DELLA LOGISTICA DEL FRESCO
Al convegno promosso dal mensile Food è stato Giuseppe Maldini, Presidente di Orogel Fresco, a lanciare
la sfida a tutti gli attori del sistema: “dobbiamo mettere la testa a posto per far rimanere in piedi l’agricoltura
italiana. I costi delle piattaforme logistiche oggi gravano in gran parte sulle spalle degli agricoltori. Ed in certi
casi il valore del prodotto trasportato non raggiunge il costo del trasporto. Anche l’ottimizzazione dei costi,
poi, può spingersi fino ad un certo punto. Per questo è essenziale che tutti gli attori restino uniti, facendo
catena”.
Concetti condivisi da Giorgio Melegari, Consulente logistico di
Agrintesa, che si è spinto oltre, puntando il dito sulla legge
127/2010: “un provvedimento dall’impianto sanzionatorio che
aggiunge elementi di rissa al sistema. Si tratta di un insieme di
prescrizioni e termini tassativi che obbligano in solido tutti i
componenti della filiera”.
Prescrizioni che faranno lievitare i costi della logistica, già oggi a
livello di guardia: “in Italia sono superiori del 50% alla media
europea, mentre i processi di lavorazione e confezionamento
incidono dal 35 al 50% sul costo del prodotto. La presenza di 300
imballi diversi per pesche e nettarine, per fare un esempio, non aiuta”, ha spiegato Luca Lanini, Docente
all’Università Cattolica di Piacenza.
“Avere 350 supporti differenti ci crea delle grandi difficoltà. L’importanza degli imballi nel rapporto tra
produttore e trasportatore è un aspetto da tenere in grande considerazione”, ha rimarcato Claudio
Mazzetelli, Responsabile Logistica Conad Adriatico.
Proprio Conad si è posta all’avanguardia del settore avviando un processo di ripensamento della logistica
che ha già portato benefici interni ed esterni, migliorando il rapporto con i produttori. Negli ultimi anni la
quota di prodotti venduti attraverso la grande distribuzione è cresciuta in maniera costante, pur con
differenze significative tra Nord e Sud. I trasportatori, per ottimizzare il carico, devono prelevare in diversi
punti e scaricare a più clienti. Ma i diversi tempi di consegna difficilmente si conciliano con le norme sul
riposo degli autisti. Problemi, ne ha convenuto Gianni Bonora di CPR System, che toccano tutti gli aspetti
della filiera e per le quali servono soluzioni condivise. Una strada possibile è stata indicata da Lanini:
“l’esempio da seguire, per i produttori ortofrutticoli, è quello delle grandi marche, già accordatesi tra loro per
ripensare la logistica in modo condiviso”.
MAGGIORE UNIFORMITA’ NELLE NORME PER LA PRODUZIONE ORTOFRUTTICOLA INTEGRATA
Per favorire una maggiore uniformità delle idee e dei comportamenti nella produzione ortofrutticola
sostenibile l’Arefhl propone una linea guida che definisca principi ed obiettivi per fissare i disciplinari di
produzione integrata. Un’esigenza di uniformità dovuta all’attuale proliferazione dei disciplinari tecnici
internazionali. In Italia esistono da tempo disciplinari regionali di produzione integrata che trovano un
coordinamento a livello nazionale in norme uniche di riferimento, analoghe a quelle già adottate anche dalla
Spagna.
Oggi la materia trova un riferimento normativo preciso: la direttiva comunitaria n. 128/2009, infatti, chiarisce
come la produzione integrata comprenda alcune attività obbligatorie che riguardano la formazione e
l’informazione, il controllo delle macchine irroratrici, la tutela dell’ambiente acquatico e delle aree protette, la
manipolazione e lo stoccaggio dei prodotti fitosanitari, la difesa integrata. A queste si aggiungono attività
volontarie, previste dalla stessa direttiva, nelle quali si inseriscono le linee guida Arefhl. Lo scopo
dell’associazione europea è facilitare ed uniformare la preparazione di disciplinari di produzione integrata a
livello locale - perfettamente aderenti, quindi, alle condizioni agronomiche e produttive del territorio specifico
- per indirizzare la produzione ortofrutticola dei vari territori verso alti livelli di sicurezza alimentare e di
sostenibilità ambientale. Ciò dovrebbe permettere agli ortofrutticoltori maggiori possibilità di mantenimento
del sistema di incentivi previsto da OCM e Piani di Sviluppo Rurale.
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La proposta di linea guida Arefhl s’inserisce in modo organico nello schema di certificazione Global-GAP. In
tal senso, la linea guida Arefhl intende dare un contributo specialistico che permetta agli ortofrutticoltori di
sviluppare adeguatamente la produzione integrata e possa evidenziare, se necessario, il rispetto dei relativi
punti della norma Global-GAP.
MELANNURCA CAMPANA IGP E DISTRIBUZIONE MODERNA: UN CONNUBIO DI VALORI
Definita la Regina delle mele, la melannurca è da sempre conosciuta per la spiccata qualità e nutritività. Ma
le sue caratteristiche non si fermano qui: infatti il suo tipico colore rosso deriva da una lunga procedura di
maturazione, “le mele vengono stese in filari rialzati, sopra un letto di trucioli e poi periodicamente girate a
mano. Infatti al momento della raccolta sono bianche, per questo diciamo che la melannurca è una mela che
si abbronza”, ha sottolineato Gennaro Galdiero, AD della AOP Serena.
“Delle 50-60.000 tons di potenziale produttivo, solo una piccola parte viene assorbita dal mercato, per
questo il progetto regionale di filiera e anche i positivi contatti con la GDO , hanno l’obiettivo di far conoscere
questo prodotto ad un più ampio pubblico”, ha affermato Roberto Della Casa, Università di Bologna, Polo di
Forlì.
“Stiamo cercando di inserire la Melannurca IGP nell’assortimento delle referenze Conad”, ha dichiarato
Claudio Gamberini, Responsabile acquisti Conad. E’ come esportare un nuovo prodotto, quindi lo sforzo è
quello di farlo conoscere. Lo scorso anno abbiamo fatto dei test con le cooperative e sono andati bene.
Purtroppo però non possiamo inserire prodotti di nicchia con una bassa produzione, quindi va anche
costruita un’organizzazione che supporti il prodotto stesso”.
IL SISTEMA MERCATI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
In un mondo che cambia in fretta, intrecciando locale e globale in una
nuova realtà glocale, l’evoluzione dei mercati è una delle componenti
essenziali su cui si gioca il futuro, sociale oltre che economico, di ogni
comunità. Un futuro che in Italia vede espandersi la GDO.
In questo contesto in forte evoluzione gli equilibri tra le varie componenti
della filiera cambiano velocemente, sollecitando i Mercati all’ingrosso a
potenziare il proprio ruolo di “cerniera” tra produzione e consumo: questi i
temi posti al centro del convegno moderato da Duccio Caccioni di “Fresh Point Magazine” del Sole 24 Ore
e con la presenza di Giancarlo Muzzarelli, Assessore alle Attività Produttive della Regione EmiliaRomagna.
“Ogni mercato sta conquistando una propria competenza territoriale, e questo genera una naturale
concorrenza tra loro”, spiega Paolo Tabanelli, Direttore di CAAB Mercati Bologna. “Ciò non toglie che oggi
sia indispensabile mettere in rete le esperienze migliori, per elevare il sistema complessivo dei mercati.
Serve un lavoro di squadra che deve avere nella Regione Emilia-Romagna un interlocutore forte: è
fondamentale che le istituzioni svolgano un’azione di regia, facendo da raccordo tra il sistema dei mercati
regionali, il mondo della produzione e quello della distribuzione organizzata. Insieme dobbiamo trovare
sinergie concrete, per migliorare l’organizzazione, i servizi, la logistica”.
Di logistica parla anche Andrea Bianchi, Direttore del Centro Agroalimentare CAL di Parma, che a Macfrut
ha presentato alcuni progetti di ottimizzazione della logistica cittadina allo scopo di rendere sempre più
flessibili i servizi offerti dal Mercato all’ingrosso, realtà che svolge anche un’importante funzione pubblica.
Walter Vannucci, Direttore del CAAR di Rimini, ha invece presentato la nuova struttura riminese sorta nel
2003 e le caratteristiche della realtà imprenditoriale locale, forte di una consistente richiesta legata al turismo
estivo, colture di qualità e di una rete di venditori al dettaglio ancora molto radicata sul territorio. “Servizi e
logistica sono oggi alla base dei mercati, che necessitano di un’organizzazione più flessibile e moderna per
avvicinare sempre più la merce ai consumatori finali, sempre più attenti a ciò che scelgono. In questa
delicata fase di cambiamento ci aspettiamo dalla Regione un forte sostegno dato soprattutto alle imprese e
agli operatori, vero pilastro su cui fonda tutto il sistema”.
IL CONTROLLO BIOLOGICO, RUOLO E VALORE NELLA FILIERA ORTOFRUTTICOLA
“Il biologico rappresenta il 4-5% della PLV ma la sua importanza va ben al di là di queste cifre. Dal 1991 ad
oggi il biologico è stato responsabile di una svolta culturale tanto tra i produttori quanto tra i consumatori”, ha
spiegato Paolo Bruni, Presidente Cogeca.
La chiave per aumentare i numeri del settore bio potrebbe essere quella di scommettere sul “controllo
biologico”, dai pesticidi bio alle tecniche più diverse. “Con questa iniziativa a Macfrut vogliamo ridare slancio
al sistema italiano”, ha esordito Andrea Sala di Ibma Italia, gruppo nazionale dell’associazione che
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raggruppa, a livello mondiale, i produttori di mezzi tecnici per il controllo
biologico in agricoltura e nell’igiene pubblica. “L’agricoltore oggi da una
parte è spinto a ridurre l’utilizzo di pesticidi tradizionali, dall’altra però
deve avere a disposizione delle alternative concrete”.
Un impulso ulteriore alla riduzione dei pesticidi chimici arriva dalla UE.
Lo scorso anno a Bruxelles sono stati approvati 4 nuovi regolamenti che
toccano da vicino il settore, come ha ricordato Henriette Christensen di
Pan Europe, sigla che riunisce centinaia di ONG impegnate nel
contrastare i pesticidi pericolosi: “La direttiva europea 2009/128/CE
chiede di privilegiare sempre i pesticidi biologici a quelli chimici. Essendo
una direttiva, però, bisognerà vedere come sarà recepita dagli Stati membri. In ogni caso dobbiamo lavorare
soprattutto nel cambiare l’attuale spirale negativa, che vede gli agricoltori schiacciati dai bassi prezzi, i
cittadini imputare agli agricoltori danni ambientali ed i consumatori tendenzialmente insoddisfatti. Bisogna,
all’opposto, far capire ai cittadini attenti all’ambiente che gli agricoltori possono essere parte della soluzione
anziché parte del problema. Serve però il sostegno degli Stati nazionali nel creare un sistema di sostegno
pubblico in grado di sviluppare il biologico in diversi campi”.
Far compiere al bio il salto della staccionata, irrompendo con il controllo biologico nell’agricoltura
tradizionale, potrebbe rappresentare un balzo in avanti per tutto il settore: “permetterebbe agli operatori di
fare massa critica”, ha sottolineato Maurizio Brasina di Coop Italia.
Uno spostamento di campo in grado di portare numerosi benefici ambientali ed economici. Anche, a
sorpresa, alle multinazionali della chimica: “utilizzando questi metodi non si riduce solo l’impatto ambientale,
ma anche il rischio di resistenza della pianta alle molecole di sintesi”, ha spiegato Massimo Benuzzi di Ibma
e Assometab, l’associazione italiana delle aziende di mezzi tecnici per l’agricoltura biologica ed
ecocompatibile.
Brasina ha puntato il dito sulla UE, perché secondo lui le politiche sono troppo timide. “Non dimentichiamo
che spesso sono gli agricoltori a non supportarci ed a resistere alle innovazioni. Gli agenti a controllo
biologico devono essere percepiti dagli operatori non come alternativa ai mezzi tradizionali, ma come
un’opportunità in più. Il messaggio di un biologico non marginale ma dalle potenzialità di massa deve
passare, altrimenti sul mercato continueremo a ritrovare dei prodotti ibridi, gray products, che ciurlano nel
manico, come i concimi definiti a residuo zero o degli antiparassitari venduti come fossero concimi”.
FITOFARMACI: LMR, L’ARMONIZZAZIONE E LA COMPETIZIONE COMMERCIALE
Il problema delle barriere fitosanitarie imposte da alcuni importanti
Paesi quali la Cina e gli Stati Uniti è molto sentito, soprattutto quando il
rischio che dietro a questi impedimenti si nascondano vere e proprie
barriere doganali. Così, i convegno promosso da Uiapoa ha avuto
proprio l’obiettivo di mettere a confronto istituzioni e operatori del
settore, cercando di offrire una corretta informazione su aspetti che
toccano la salute dei cibi, la tutela di chi opera quotidianamente a
stretto contatto con prodotti chimici e la salvaguardia dell’ambiente.
La nuova normativa di regolamentazione dell’uso dei fitofarmaci
promuove un uso alternativo dei prodotti chimici, spingendo e sostenendo la lotta integrata, grazie anche a
percorsi di certificazione su singolo prodotto che i produttori possono ottenere e che derivano dal costante
tentativo di uniformare norme disomogenee (prevalentemente regionali), rispetto ad un quadro nazionale ed
europeo.
A fronte degli sviluppi tecnici nella lotta alle malattie delle piante che offrono un’alternativa alle possibilità di
commercializzazione dei nostri prodotti al di fuori della UE, vi sono comunque barriere forti all’esportazione
verso i Paesi terzi dovute ad un approccio restrittivo: tutto ciò che non è espressamente consentito, è
vietato. Quindi vi è la necessità di negoziare specifici protocolli per Paese/prodotto, affidati ai singoli Stati
membri, senza che però venga garantito il criterio della reciprocità relativamente ai prodotti importati da
questi stessi Paesi. “Per questo l’attività del CSO e del Mipaaf servono a supportare e coordinare le attività
necessarie ad aprire nuovi mercati”, ha spiegato Simona Rubbi del CSO.
Tra i Paesi con cui si sono aperti tavoli negoziali ci sono Cina, Stati Uniti, Australia, Giappone, Messico,
India, Russia e Corea del Sud relativamente a diverse colture: kiwi, agrumi, pere, mele, uva da tavola.
La situazione attuale tuttavia è che, a distanza di molti anni i tavoli sono ancora aperti e non si è giunta a
nessun accordo, vedasi l’esportazione di kiwi in Cina e Messico, oppure, pur essendo concluso l’iter, di fatto
non è ancora possibile esportare, come nel caso delle pere e delle mele verso gli Stati Uniti.
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Questa situazione costringe gli operatori e le OP a mettere in campo delle scelte produttive in cui i residui da
fitofarmaci siano molto limitati: “i nostri clienti chiedono al massimo quattro tracce di residui da fitofarmaci
chimici di sintesi, ecco perché usiamo piantine e sementi con resistenze o tolleranze, piante micro innestate,
insetti utili e trappole di cattura massale, inserimento di molecole di nuova generazione a minor impatto
ambientale, reti anti-insetto. Per quanto riguarda invece le campagne a fitofarmaci sintetici abbiamo stabilito
un piano di campionamenti gestito da una società esterna. Il nostro problema è la difficoltà nella gestione
delle informazioni riguardanti le revoche ed aggiornamenti, inoltre la revisione dei principi attivi raramente è
legata ad effettive esigenze produttive, bensì ad esigenze commerciali e burocratiche dei fabbricanti. Infine,
la limitazione del numero massimo di residui può vanificare i metodi di produzione integrata che prevedono
l’alternanza dei principi attivi, per evitare la resistenza dei parassiti a determinate sostanze”, ha affermato
Gianni Picci di OP Santa Margherita Terra e Sole.
LA GENOMICA, NUOVA FRONTIERA TECNOLOGICA AL SERVIZIO DELLA FRUTTICOLTURA
”La ricerca italiana, dopo il blocco politico degli OGM di dieci anni fa, ha
conseguito straordinari risultati attraverso lo studio del genoma delle
principali specie frutticole a supporto di nuovi programmi di breeding e
degli studi biologici e fisiologici di processo. Mi riferisco al ciclo di
fruttificazione, alla crescita radicale e vegetativa, al differenziamento
cellulare, alla maturazione e qualità del frutto fino alla durata di
conservazione dello stesso”, ha spiegato Silviero Sansavini, Direttore
del Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna. Successi ottenuti in Italia grazie a programmi
di collaborazione internazionale mirati al sequenziamento dell’intero genoma della vite, del pioppo, del melo,
del pesco e di parte del genoma dell’olivo e della fragola: “Questi programmi possono aprire a breve nuove
straordinarie conoscenze genetico-molecolari che non mancheranno di dare grossi risultati applicativi”.
Per quanto riguarda i progetti in corso, Francesco Salamini, Presidente dell’Istituto Agrario San Michele
all'Adige (Iasma), ha evidenziato che “le piante da frutto rappresenteranno sempre più in futuro un modello di
agricoltura compatibile con l’ambiente. Grazie ai dati che la genomica ha messo a disposizione si potrà
lavorare sulla resistenza delle piante alla siccità o agli stress biotici e gestire meglio l’eterosi ed il
perennialismo”.
Parallelamente, Riccardo Velasco, Responsabile dell’area biologia avanzata Iasma, ha sottolineato che
“nei nostri laboratori abbiamo realizzato, grazie a diverse collaborazioni internazionali, la ricostruzione del
genoma del melo Golden Delicious. Sono stati individuati più di tre milioni di marcatori molecolari che
costituiscono un potenziale di grandissimo valore per le applicazioni pratiche. Le nostre priorità sono oggi
l’identificazione dei geni per la resistenza alle principali malattie da funghi, batteri e fitoplasmi, la tolleranza
all’attacco dei parassiti, le caratteristiche di qualità del frutto. Grazie al lavoro svolto fino a qui, i tempi di
sperimentazione si sono ridotti da un arco temporale di anni ad uno di pochi mesi”.
Anche sul fronte del pesco fervono le ricerche: “è una delle specie più importanti per l’Italia dato che il nostro
Paese è il secondo produttore di pesche al Mondo dopo la Cina. Per questo il completamento del genoma
del pesco ha rappresentato un passo decisivo, in grado di aprire una nuova era nel miglioramento genetico
della specie. Nel giro di poco tempo potremo ottenere varietà di pesco migliorate, e più rispondenti alle
esigenze dei consumatori, con costi ridotti”, ha illustrato Ignazio Verde, del Centro di ricerca per la
frutticoltura di Roma.
Benefici tangibili si sono già ottenuti nel caso della vite, la cui mappatura del genoma è stata completata tre
anni fa: “abbiamo avuto accesso a informazioni fondamentali per la selezione mirata di nuovi semenzali che
costituiranno il futuro dell’agricoltura” hanno spiegato i genetisti Gabriele Di Gaspero e Raffaele Testolin,
del Dipartimento di Produzioni Vegetali dell’Università di Udine. “Il monitoraggio dei livelli di espressioni dei
30.000 geni della vite permette anche la comprensione del comportamento della pianta in risposta alle
diverse condizioni di coltivazione e nell’interazione con l’ambiente e con i patogeni”.
COMUNICARE IL BUON VIVERE
Il convegno moderato da Simona Branchetti, giornalista del TG5, ha visto la
partecipazione di un panel di relatori d’eccellenza provenienti dal mondo della
comunicazione, della radio, dello sport, dell’università e della scienza
nutrizionista.
Ma cos’è il cibo sano? Un video con alcune interviste fatte tra la gente
“comune” ha fornito risposte interlocutorie. Non è solo vero che siamo quello
che mangiamo, ma forse mangiamo quello che vediamo. Il mangiare sano, lo
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stare a dieta, che significato hanno? “Stare a dieta fa ingrassare”, esordisce Sara Farnetti, Nutrizionista
dell’Università di Roma. “In realtà mangiare bene significa non solo scegliere cibi sani, ma anche associarli
in maniera corretta. Ed è proprio questa associazione che fa la differenza. Per una donna mangiare una
bistecca senza accompagnarla con verdura significa decalcificare l’osso e appesantire le funzioni renali”.
“Forse dovremmo preoccuparci non tanto di come mangiano quelli che potremmo considerare punti di
riferimento mediatici, ovvero i campioni sportivi, bensì di come mangiano le persone normali. La pubblicità
dovrebbe puntare a migliorare il concetto culturale dell’alimentazione”, aggiunge Alfredo Calligaris,
Nutrizionista dello sport.
E il concetto di cultura dell’alimentazione che prima passava dagli esperti e dalle università, adesso arriva
direttamente dai consumatori, dalla rete e dai social network, spiega Luciano De Fiore, Editore: “per noi si
tratta di selezionare e riorganizzare nuovi tipi di contenuti che devono essere resi chiari e comprensibili”.
Un punto fondamentale quello del linguaggio: “quando l’obiettivo è quello di educare spesso si cade in un
approccio normativo che usa un linguaggio didascalico, che il pubblico rifiuta”, spiega Rossella Gasparini
Executive di Publicis. “Inoltre c’è da ricordare che comunicare frutta e verdura sani ma “NO LOGO”, è più
difficile dati i mezzi economici più scarsi rispetto ai grandi marchi commerciali”.
E quindi? “Noi semplicemente facciamo parlare la gente che racconta le proprie esperienze alimentari e
quando dobbiamo spiegare cose un po’ più complesse ci avvaliamo di professionisti”, racconta Federico
Quaranta, giornalista di Decanter “Se non capisco qualcosa chiedo di riportare tutto con esempi semplici.
Basta applicare un semplice concetto: quando parliamo di cibo o di vino, la gente sorride, è felice, non c’è
bisogna di usare un linguaggio aulico. Ed è proprio da questo concetto che siamo partiti anni fa quando
abbiamo iniziato la trasmissione. Il punto è che l’agricoltura non si comunica, non è di moda, l’agricoltura è
sempre l’ultima ruota del carro. Pensate solo all’esempio di Teo Musso, grazie a lui e alla sua bella
immagine, i consumi di birra artigianale sono schizzati alle stelle”.
“Il vero problema però non è quello di avere più comunicazione, più trasmissioni sul buon vivere”,
puntualizza Enrico Menduni, studioso dei linguaggi radio-televisivi. “Ma è quello di comunicare proprio i cibi
senza brand. I produttori di un certo prodotto oppure di un certo territorio, dovrebbe consorziarsi, mettendo
insieme le risorse per una buona comunicazione”.
Ma quali sono gli altri canali con cui fare comunicazione? “Il buon vivere può passare in modo trasversale”,
afferma Stefania Casini, regista. “Per esempio imparando a cucinare i cibi, i prodotti finiscono nei piatti e
cosa c’è di più bello che vivere un’esperienza totale in cui accanto al prodotto c’è il piacere di cucinare e poi
mangiare? Poste queste premesse si tratta quindi di rivedere il linguaggio, di valorizzare il punto di partenza
dei prodotti sani, ovvero il mondo agricolo e la figura dell’agricoltore che può diventare testimonial di se
stesso, trovare nuovi modi che parlino di cibo in modo trasversale e più diretto, agendo sulle percezioni, sui
desideri e sulle esigenze dei consumatori”.
Come migliorare dunque la comunicazione? “Bisogna partire dai bambini”, afferma il Sindaco di Cesena
Lucchi. “Loro imparano e poi insegnano anche agli adulti”. Ma bisogna anche adeguare il linguaggio al target
a cui ci si rivolge, concordano Farnetti, Calligaris e Gasparini. “Noi abbiamo già fatto un paio di cartoni
animati”, racconta Quaranta, di cui uno dal titolo Chi Vuole essere Maialino! Mia nipote lo ha guardato tante
volte, però è anche vero che i bambini dimenticano presto, soprattutto quando giungono al passaggio
adolescenziale. Quindi in realtà si tratta di trovare dei buoni esempi, dei testimonial che appartengano ai vari
mondi di riferimento”. Tutti d’accordo quindi sull’importanza del linguaggio, ma il convegno in chiusura ha
offerto un ulteriore contributo importante: “l’educazione deve essere pratica”, dice Andy Luotto. “I bambini
devono sapere che le uova arrivano dalla gallina e non da un banco del supermercato e che il tonno è un
pesce e non una scatoletta. I bambini se fanno sono felici, imparano il cibo e imparano a prepararlo e a
mangiarlo. Ecco perché quando vado nelle scuole li faccio cucinare”.
STRATEGIE D’INTERVENTO A RESIDUO ZERO
La ricerca Made in Italy nel settore agro-alimentare c’è e lo dimostra la
presentazione dei nuovi prodotti messi a punto da Agriges in
collaborazione con l’Università Federico II di Napoli. L’idea è quella di
combattere con strategie efficaci e quasi fatte su misura la presenza di
microorganismi patogeni (nematodi su tutti) che tanto preoccupano gli
agricoltori proprio perché compromettono l’intero ciclo produttivo e impongono il ricorso a prodotti di sintesi.
L’approccio sviluppato da Agriges si basa invece sul concetto di agricoltura sostenibile, come ha spiegato la
Professoressa Olimpia Pepe, introducendo lo stato dell’arte delle ricerche condotte in seno al Dipartimento
di Microbiologia della Federico II. I processi degenerativi del suolo sono uno degli aspetti critici delle
produzioni ortofrutticole perché minano la produzione, intaccano le piante e rendono i suoli meno ricettivi e
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capaci di avere lunga vita produttiva. “Per questo è importante capire come si nutre la pianta, come reagisce
agli stress e quali sono i fenomeni che portano alle relazioni tra piante e micro organismi”, ha spiegato Pepe.
La ricerca si basa quindi sullo studio di tre principali strategie difensive che si basano sull’azione attiva dei
micro organismi: BCA, PGPR, Micorrize.
I BCA (Biological Control Agents) sono organismi idonei al controllo dei patogeni tellurici e vengono studiati
in condizioni “ecologiche”; i BCA e gli agenti patogeni possono essere considerati alla stregua di popolazioni
in lotta tra di loro nel suolo e con l’ambiente in cui sono presenti. Come agiscono? In caso di insorgenza di
patologie, sono in grado di creare terreni con capacità sottrattive, impedendo alla pianta di ammalarsi.
Quindi agiscono preventivamente preparando il terreno. Loro compito è quello di creare sostanze
antibiotiche, aldeidi, enzimi litici, usando le risorse che l’ambiente mette a disposizione per aumentare le
sostanze nutritive e lo spazio a disposizione delle piante. Questa strategia negli ultimi anni ha fatto passi da
gigante, riducendo l’uso di agenti chimici: “dobbiamo ancora lavorare per diminuire gli svantaggi di questa
tecnica, dato che è limitato il numero di agenti, sono difficile da impiegare e il costo è elevato”.
La strategia PGPR invece si basa su batteri che hanno azioni dirette e indirette, andando a impattare sulla
attuale produttività del suole che, come ha spiegato Pepe: “non solo deve essere curato, ma anche riportato
alla produttività”. Il PGPR produce fra le altre sostanze azoto e altre sostanze che aiutano a risolvere
situazioni di compromissione patologica.
La strategia Micorrize si basa su un’azione mutualistica tra radici e funghi del terreno. I funghi esplorano il
terreno circostante anche oltre a quello limitrofo alle radici, permettendone un maggiore sviluppo e
migliorandone il nutrimento. Questa strategia è particolarmente adatta a suoli difficile, come quelli aridi.
Tre strategie che in generale non solo favoriscono la maggiore resa dei terreni, aumentandone la
produttività, ma aumentano la qualità del prodotto.
Gli studi fatti dalla Federico II hanno trovato pratica applicazione nei prodotti messi a punto da Agriges,
come spiega Mario Chiurazzi, Responsabile ricerca e sviluppo. “La filosofia dei nostri formulati è quella di
intervenire non solo sulle piante, ma anche sull’ambiente in cui si instaura l’agente patogeno. E’ vero che ci
sono fattori biotici che non possono essere controllati, tuttavia molto si può fare con il resto ed in particolare
con i micro organismi autoctoni, sui quali abbiano concentrato i nostri studi. Questi possono essere isolati
dai terreni in cui si trovano, modificati e poi di nuovo rilasciati per aiutare il terreno”.
La gamma Agriges, infatti, comprende micro organismi autoctoni, adatti al nostro pedoclima e alle nostre
pratiche agricole, “ci piace definire i nostri prodotti Made in Italy, proprio perché abbiamo preferito
impegnarci sulla ricerca, invece di acquistare formulati da grandi società estere”, ha spiegato Chiurazzi.
Agriges rappresenta un caso virtuoso: “siamo nati circa 15 anni fa producendo fertilizzanti per terzi”,
racconta Antonio Ardolino Responsabile Marketing. Negli anni ’90 abbiamo deciso di investire con due
nuovi stabilimenti e due laboratori di ricerca. Ora tra gli altri prodotti presentati, abbiamo creato un nuovo
brevetto Rizea elaborato da tre alghe diverse, da cui abbiamo sviluppato dieci nuovi prodotti”.
IMPORTANZA DELLA NUTRIZIONE SPECIALISTICA DELLE PIANTE
La nutrizione delle piante non è cosa da poco: a tempi ed esigenze diverse corrispondono soluzioni diverse.
Il tema è stato approfondito dall’azienda “Arpa speciali” in un incontro tutto incentrato sull’importanza della
nutrizione specialistica per le produzioni ortofrutticole.
“Negli ultimi 20 anni sono cambiate molte cose tanto che in molte aziende la parte agronomica andrebbe
rivista. E’ ormai essenziale usare prodotti adeguati a seconda delle diverse esperienze applicative”, ha
spiegato Giulio Guastalla, AD della società Arpa speciali.
Tra i numerosi esempi mostrati al pubblico del workshop, uno in particolare ha riguardato due aziende
produttrici di pere Abate, mettendo a confronto il diverso utilizzo di fertilizzanti e piani di concimazione. “Lo
scostamento rispetto alle medie del settore è notevole con miglioramenti del valore di produzione lorda
vendibile dal 32 al 123%. Un dato ottenuto, nei casi in esame, grazie alla qualità migliore, legata al calibro,
unita alla migliore resa per ettaro”.
Un altro studio è stato illustrato dal responsabile tecnico della società Pavoni, Francesco Gentile: “abbiamo
analizzato due tipologie di anguria valutando se diverse metodologie di apporti nutrizionali possano
influenzare le rese produttive, in termini di quantità e in termini di qualità. Le tesi a confronto hanno
dimostrato che le diverse metodologie di distribuzione, come il numero di fertirrigazioni differenti o la
concimazione di base, influenzano le rese in termini di quantità. Altro dato interessante è quello legato alla
quantità: in questo caso ridurre gli apporti nutrizionali è equivalso a non concimare”.
La fotografia scattata all’incontro è quella di un’Italia a due velocità, con zone di assoluta eccellenza come il
veronese, ed altre più arretrate. Ad unire tutta l’Italia, però, è la sostanziale diffidenza degli agricoltori nei
confronti delle tematiche legate alla nutrizione ortofrutticola. “Purtroppo oggi molti agricoltori non si
Chris White – Eurofruit Magazine – tel +442075013710 – fax +442074986472 – [email protected] – www.fruitnet.com
Roberto Della Casa – Università di Bologna e Agroter Sas – tel/fax 059 531481 – [email protected]
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Speciale MACFRUT 2010
12 OTTOBRE 2010
avvicinano più a questi temi. In tanti sono rimasti delusi dalle promesse eccessive o dai cattivi consigli
dispensati da alcune aziende in passato. In questo, il fatto che in Italia i consulenti del settore siano tutti
legati a privati non aiuta. L’agricoltore, ad ogni modo, deve capire che l’aspetto della nutrizione è molto
importante ed in certi casi decisivo. I costi ci sono, è vero, ma la domanda è: quale potrà essere la resa? Noi
siamo certi che con una programmazione attenta i benefici possano superare di gran lunga i costi sostenuti”,
ha concluso Guastalla.
A MACFRUT INNOVAZIONI E NOVITA’
Proponiamo di seguito alcuni degli ultimi prodotti/idee presentati in fiera a Cesena.
Besana ha proposto Almaverde Bio Chocolate. Una linea che renderà disponibili tutto l’anno (e non solo per
Natale) mandorle, anacardi, mirtilli rossi secchi e ricoperti di cioccolato di primissima qualità. Sarà inoltre
possibile scegliere fra cioccolato fondente, al latte e cioccolato bianco all’aroma di yogurt. Presentate anche
nuove confezioni monodose di frutta secca chiamate “Under 100” ed un innovativo packaging ovale. Formati
che ben si adattano al consumo immediato, lasciando da parte le preoccupazioni sul dove riporre la parte
non consumata.
Euromec ha presentato degli impianti di sanificazione ad ozono ideali per la IV gamma dell’ortofrutta.
L’ozono è in grado di abbattere la carica batterica senza creare sottoprodotti pericolosi liberando
semplicemente ossigeno. In questo modo aumenta la shelf life del prodotto e si ottengono significativi
risparmi di acqua con un ciclo di lavaggio ad “impatto zero” dai notevoli benefici ambientali.
SAB Ortofrutta arricchisce la gamma a marchio “Cogli l’Attimo” di una nuova linea di zuppe non
pastorizzate. Tre piatti pronti, preparati secondo la tradizione della cucina italiana, dove vengono utilizzate
esclusivamente verdure senza aggiunta di aromi artificiali, conservanti e coloranti. I prodotti fanno parte del
marchio collettivo di qualità “5 colori del benessere” (promosso da UNAPROA).
Enza Zaden ha rinnovato la propria offerta varietale. Gli ultimi nati nei centri di ricerca di Tarquinia e della
Sicilia sud occidentale sono il melone unico Eminenza, lo zucchino Dunja, specializzato nelle resistenze in
pieno campo, ed il radicchio Giove.
Consorzio Funghi di Treviso ha presentato prodotti di V gamma destinati alle grandi industrie agroalimentari. Raccolti in giornata, i funghi verranno cotti calibrati e lavorati secondo i gusti dei clienti.
Ditron presenta una novità assoluta nel mercato delle soluzioni di pesatura, rappresentata dalla “bilancia a
riconoscimento ottico”.
Rijk Zwaan ha portato in fiera il peperone Fenomeno, resistente a fitoftora e nematodi, ad oggi un prodotto
unico sul mercato.
Decco Italia ha presentato l’ultimo nato della linea DeccoNatur: il PotatoFresh. Un prodotto che limita
l’inverdimento post-raccolta dei tuberi di patata, dona una attraente luminosità, prolunga la shelf-life e
migliora le caratteristiche commerciali.
Bellini ha proposto un disinfettante biodegradabile per l’orticoltura: il D50. Un prodotto che in 5 minuti
dall’applicazione uccide virus, batteri e funghi disidratandone la parete cellulare. Il risultato che si ottiene
corrisponde al logaritmo quattro di disinfezione (99,99%) del protocollo europeo EN 1276 dei chimici
disinfettanti. Il tutto in modo assolutamente biodegradabile e anche con temperature prossime allo zero.
Fratelli Torti hanno presentano tre nuove linee di patate: la Classica a polpa soda, La Golosa a polpa
tenera e La Ricca a polpa morbida. Tutte con un packaging arricchito da ricette tipiche piemontesi come
suggerimento di preparazione del prodotto.
Dal Consorzio Bestack un grande spazio giochi per i bambini. Nel Padiglione B è stato approntato uno
spazio di 100 mq per far divertire i più piccoli tra animali di cartone. Dodici classi di scuole elementari del
cesenate si sono sfidate poi in un grande gioco dell’Oca dedicata alla filiera di carta e cartone.
Il recupero e la valorizzazione delle eccellenze ortofrutticole è stato il tema, infine, posto all’attenzione dei
visitatori di Macfrut dalla Regione Abruzzo che ha presentato l’aglio rosso di Sulmona ed il pomodoro a
pera di Francavilla, due ecotipi coltivati fin dall’antichità in Valle Peligna il primo e nei territori di Chieti,
Pescara e Teramo la seconda. Color vinoso, testa grande e bulbo regolare, l’aglio rosso di Sulmona porta
con sé elevati principi attivi, che gli conferiscono un aroma ed un sapore particolarmente piccante. I
componenti solforati che lo caratterizzano sono inoltre responsabili delle sue proprietà farmacologiche: oltre
all’uso culinario, infatti, l’aglio rosso è importante anche per l’estrazione di olii essenziali utilizzati in
erboristeria e in campo farmaceutico. Dalla classica forma a pera, il pomodoro di Francavilla è un frutto
ottimo in ogni sua fase di maturazione, grazie alla sua scarsa acidità e alla sua polpa dolce e profumata.
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Chris White – Eurofruit Magazine – tel +442075013710 – fax +442074986472 – [email protected] – www.fruitnet.com
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