dopo l`intesa milano-verona, lo scontro con cesena si fa
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dopo l`intesa milano-verona, lo scontro con cesena si fa
9 MAGGIO 2016 corriereortofrutticolo.it Portale DOPO L’INTESA MILANO-VERONA, LO SCONTRO CON CESENA SI FA DURO. NEL 2017 DUE FIERE NEGLI STESSI GIORNI Milano e Verona sono due colossi fieristici, almeno se si guarda all’Italia, però non hanno una tradizione nell’ortofrutta, il che non è una cosa secondaria dal momento che si sono messe insieme per fare una fiera dedicata al settore. La prima ci aveva provato con Fruit Innovation nel 2015 e la seconda con Fruit&Veg System, salone che ha debuttato qualche giorno fa: un happening – interessante ma per pochi intimi – più che una fiera. Renzo Piraccini ha il vantaggio di sapere molto del settore, di avere presa e seguito, in particolare nel mondo delle tecnologie-packaging. Ma può, il manager navigato di Cesena Fiera e di Macfrut, snobbare il segnale che è arrivato da Verona il 6 maggio scorso? Può pensare che i due scivolino sulla classica buccia di banana affermando di puntare sull’ortofrutta per poi uscirne sconfitti e sconfessati? Può pensare che se lo possano permettere? No. Non può pensarlo perché da Verona è uscito un segnale forte a livello strategico, un segnale che ha effetti sul mondo politico – rispondendo a ciò che i politici chiedono: che le fiere facciano sistema – e che avrà una ridondanza internazionale perché Milano e Verona hanno modo di fare arrivare il segnale lontano. Il rischio vero che Milano e Verona insieme possono far correre alla leadership di Macfrut e del suo massimo dirigente è proprio questo: mettere sotto gli occhi di un settore per quanto recalcitrante una platea davvero internazionale e fargli ottenere un’attenzione politica di alto livello, che sono le due cose che il sistema dell’ortofrutta chiede. Sapete cosa è successo all’ultima edizione di Vinitaly: a Verona sono arrivati il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio mentre il ministro dell’Agricoltura è stato lì un giorno sì e l’altro pure. In più è arrivato dalla Cina un certo Jack Ma, patron di Alibaba, un genio dell’imprenditoria a livello mondiale. Risultato: un successone. Dietro all’organizzazione di Vinitaly e delle altre manifestazioni veronesi c’è il Richelieu del sistema fieristico nazionale, Giovanni Mantovani, che con il mondo politico italiano, di tutti i colori, sa tenere i rapporti come pochi. Dall’altra parte c’è Milano, con un impianto e dei servizi che nessuna fiera italiana può offrire e con 50 agenti della Divisione Food sparsi nel mondo in grado di fare un lavoro all’estero che la buona volontà del ridotto staff di Macfrut farà fatica ad arginare. Nel 2015 Milano aveva deciso di buttarsi nell’avventura di una fiera dell’ortofrutta con tempi non sufficienti per fare qualcosa di importante e tuttavia ha fatto un’esperienza che ora può essere preziosa per ripartire, con tempo sufficiente a disposizione e ovviando ad alcuni deficit organizzativi, in vista di Fruit&Veg Innovation 2017. È chiaro che nei prossimi mesi si giocherà una partita dura. La prospettiva infatti, calendari alla mano, è che Macfrut 2017 si svolga a Rimini dal 10 al 12 maggio e che Fruit&Veg Innovation si svolga a Milano nello stesso anno e nello stesso mese dall’8 all’11. Negli stessi giorni, nello stesso Paese, due fiere con focus se non identici almeno, nella sostanza, simili. Non è dato sapere in quale altro Paese al mondo una cosa del genere sarebbe possibile. Ma oggi ci sono buone probabilità che ciò succeda. In fondo, queste cose da noi accadono dal tempo dei Guelfi e dei Ghibellini, anche se allora l’Italia era divisa e oggi dovrebbe essere unita. Ci sono responsabilità del settore, privo di una regia, e maggiori della classe politica, a caccia di tornaconti di breve periodo, più che delle società che gestiscono le fiere. Sappiamo che è difficile creare una fiera dall’oggi al domani ma comunque la ‘vision’ di Milano e Verona può dare problemi a Cesena, perché va nella direzione giusta, quella che la politica chiede. A Cesena tuttavia c’è un sistema, una filiera e un manager che sanno far sentire le proprie ragioni e pervicacemente combattono per difenderle. Pensate se queste forze si unissero, se un Piraccini lavorasse assieme a Milano e a Verona: in pochi anni potremmo competere con Berlino e Madrid. Non succederà. Lo scontro, questa volta, sarà duro e per ora non si vede nessuno in grado di fermarlo. A meno che Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico in pectore (quello che aveva detto: niente soldi a chi non “fa sistema”) non si faccia sentire agendo sulla leva che ha a disposizione: appunto quella dei finanziamenti. Antonio Felice - direttore editoriale del Corriere Ortofrutticolo