Testimonianza dei rifugitai bloccati a Bengasi

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Testimonianza dei rifugitai bloccati a Bengasi
TESTIMONIANZE DI QUATTRO MIGRANTI DEL GRUPPO DI 250 RIFUGIATI ERITREI, SOMALI ED
ETIOPI BLOCCATI A BENGASI
TESTIMONIANZA 1 « Mi trovo in Libia da 5 anni. Ho provato a partire per l’Italia nel 2007. La guardia
costiera libica ha intercettato l’imbarcazione su cui mi trovavo e ci ha respinto verso la Libia. Sono
stato, poi, rinchiuso nel campo di Misurata. Ci sono rimasto per 3 anni. E’ stata dura, le violenza
erano all’ordine del giorno. Insieme a me erano detenuti altri 700 migranti, in gran parte eritrei.
Qui a Bengasi ci sono anche migranti respinti in Libia dall’Italia, una volta giunti in prossimità delle
coste italiane.
Ora sono a Bengasi, vivo in un edificio gestito dalla Mezzaluna rossa libica. Possiamo uscire con
un’autorizzazione rilasciata dalla Mezzaluna, ma nessuno vuole farlo, abbiamo troppa paura.
Abbiamo incontrato una volta l’OIM che ci ha parlato della possibilità di essere portati in Egitto in
autobus. Una volta in Egitto, ci hanno detto di contattare la nostra ambasciata. Ma non possiamo
farlo!! In più in Egitto la situazione è precaria. La rotta verso l’Egitto è pericolosa e molti migranti non
riescono a entrare in Egitto”.
TESTIMONIANZA 2 “Ci troviamo in un campo gestito dalla Croce rossa a Bengasi. Non osiamo uscire.
Abbiamo incontrato solo la Croce rossa e l’OIM. L’unica proposta che ci è stata fatta è di andare in
Egitto. Non vogliamo andarci perché la situazione in quel paese è difficile. Vogliamo andare in un
paese in cui il nostro diritto ad una protezione internazionale sia rispettato. Siamo vittime di
persecuzione nei nostri paesi d’origine e siamo in pericolo in Libia. Dobbiamo assolutamente parlare
con un rappresentante dell’UNHCR che finora non abbiamo incontrato. Per questo chiediamo di non
essere portati in Egitto, ma in un posto dove l’UNHCR ci possa proteggere.
La maggior parte di noi non ha documenti di identità. Lavoriamo per imprese che ci hanno
sequestrato i documenti al momento dell’assunzione e non abbiamo potuto recuperarli.
Siamo 250 tra eritrei, somali ed etiopi.
Alcuni di noi hanno già provato ad andare in Europa e sono stati respinti dalle autorità libiche o da
quelle italiane.
TESTIMONIANZA 3 “Sono scappato dall’Eritrea a causa di gravi problemi politici. Sono arrivato in
Libia nel 2007. Durante la mia permanenza in Libia sono stato arrestato e rinchiuso nel campo di
Misurata per 3 anni (per info sulle violenze subite dagli eritrei nel campo di Misurata
http://temi.repubblica.it/micromega-online/litalia-finanzia-e-la-libia-deporta-gli-eritrei-di-misuratanel-silenzio-della-stampa-italiana/ ).
In occasione del mio soggiorno nel campo di Misurata, sono stato registrato dall’UNHCR come
richiedente asilo e ho un numero di registrazione (si veda dossier sui rifugiati eritrei in Libia e
l’intervento dell’UNHCR nei campi libici http://www.hrw.org/en/node/85604/section/13).
MIGREUROP
21,ter Rue Voltaire 75011 Paris
+33153278781 [email protected]
Una volta lasciato il campo, sono andato a Tripoli e dopo sono stato portato a Bengasi per lavorare in
un’impresa. Da qualche settimana viviamo nel terrore qui a Bengasi. Non osiamo uscire a causa delle
violenze che potremmo subire per mano della popolazione locale che ci scambia per mercenari.
Quelli che sono usciti hanno subito violenze. Siamo tutti chiusi in un campo gestito dalla Mezzaluna
rossa libica. A parte un incontro con un rappresentante dell’OIM, non abbiamo mai incontrato alcuna
organizzazione internazionale. Ci spostano ogni giorno, non sappiamo perché. Abbiamo paura, non
osiamo uscire, non sappiamo nulla di quello che succede fuori. Sentiamo rumori di guerra, ma non
sappiamo che succede.
Dovete aiutarci. Bisogna fare appello alle organizzazioni internazionali. Abbiamo bisogno di chiedere
protezione”.
TESTIMONIANZA 4 “Sono fuggiti dalla Libia in 2008. Sono arrivato alla frontiera sud della Libia,
attraversando il Sudan. La traversata del Sahara è stata dura. Eravamo 125, 3 di noi sono morti di
fame e di stanchezza. Alla fine siamo riusciti ad arrivare a Cufra, da lì, pagando, abbiamo potuto
raggiungere Tripoli. Volevamo lasciare la Libia, andare in Europa e lì chiedere protezione
internazionale. Nel corso dell’estate 2009 siamo partiti dalle coste libiche. Era agosto 2009. Siamo
partiti su una piccola imbarcazione, sovraccarica, eravamo in 85 a bordo. Il viaggio è durato più del
previsto. Già dopo una giornata di traversata non avevamo più nulla da mangiare. Eravamo molto
stanchi. Mentre ci avvicinavamo all’isola di Malta, abbiamo avuto un incidente e 4 di noi sono morti.
Tra loro anche un mio amico, non sapeva nuotare, ho provato ad aiutarlo, ma era difficile. A bordo
c’erano anche delle donne incinta. Poco dopo abbiamo visto un’imbarcazione italiana avvicinarsi.
Abbiamo creduto che ci avrebbero finalmente salvati. Invece, l’imbarcazione italiana ci ha ricondotto
in Libia. Una volta in Libia siamo stati rinchiusi in un campo alla periferia di Tripoli. Ci siamo rimasti
per 9 mesi durante i quali non abbiamo incontrato nessuno. Eravamo stanchi ed esasperati. Dopo 9
mesi ci hanno liberati. Ora ci troviamo a Bengasi. Abbiamo paura e non osiamo uscire da casa. Ci è
stato proposto di andare in Egitto, ma ci rifiutiamo. Vogliamo finalmente poter chiedere la
protezione internazionale di cui abbiamo bisogno, ma qui a Bengasi non c’è nessuna organizzazione
internazionale. Ci rifiutiamo di andare in Egitto e chiediamo che ci sia accordata una protezione
internazionale”.
MIGREUROP
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