cina sempre piu vicina con le sue “quattroruote”

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cina sempre piu vicina con le sue “quattroruote”
CINA SEMPRE PIU VICINA CON LE SUE “QUATTRORUOTE”
Domenica 19 Agosto 2007 14:30
di Elena Ferrara
Dopo le borse griffate in casa, dopo i tanti ninnoli e i componenti elettronici, dopo le copie di
oggetti tipici della produzione occidentale più raffinata eccoli i cinesi all’assalto del mercato
mondiale delle auto. Hanno studiato a lungo i modelli delle grandi aziende, si sono dotati di
catene di montaggio prima sovietich e poi occidentali, hanno mandato i loro agenti in giro a
vedere, studiare, fotografare. Ed anche a copiare. Ed ora sono pronti all’attacco: si annuncia
una valanga che potrebbe scatenarsi tra alcuni anni con auto tutte cinesi che dovrebbero
costare all’incirca il 30 per cento in meno di quelle occidentali. Il modello che dovrebbe segnare
l’ingresso ufficiale nei mercati mondiali è quello denominato “Happy Emissary”. Le prime auto di
questa serie escono già da una fabbrica statale situata nella provincia cinese dello Yunnan nei
pressi del Tibet (al confine con Vietnam, Laos e Birmania) che nel passato era stata utilizzata e
ristrutturata dalla giapponse Daihatsu. La vettura ora in produzione ha un motore di 1100 c.c.,
un cambio a cinque marce, aria condizionata, airbag, fendinebbia, autoradio con lettore cd. A
tutti gli effetti sembra una vera alternativa alle piccole utilitarie urbane. Dovrebbe arrivare in
Europa tra poco e in Italia dovrebbe essere importata da una azienda di Isernia. E così mentre
si attende questa nuova ondata di un “made in China” che non dovrebbe essere contraffatto,
nel mondo degli appassionati di storia dell’automobile si ripercorrono le tappe delle quattroruote
cinesi. Che sono state, all’inizio, tutte di derivazione sovietica ed americana e tutte destinate
all’alta nomenklatura del Partito e del governo. Una linea speciale di auto di servizio. All’inizio
c’era la limousine di Stato, prodotta a partire dal 1958, che si chiamava “Hongqi”. Era un
modello interamente copiato dalla russa ZIL, con un motore V8 anteriore, 5700 cc, 220 cv,
cambio automatico a due soli rapporti. L’interno era foderato con tessuti pregiati, velluti e
porpore.
C’era poi la “Shanghai SH 760” che era, invece, la copia di auto americane con un motore a 6
cilindri in linea di 2200 cc., 90 cv, 130 km/h; il cambio era manuale a 4 marce, la trazione
posteriore. E subito dopo dalle catene di montaggio cinesi cominciarono ad uscire quei
fuoristrada che i sovietici avevano progettato per il loro esercito: le UAZ. Furono chiamate
“Beijng”. Avevano un motore 4 cilindri a benzina di 2500cc, aste e bilancieri, 71 cv di potenza.
Inizialmente riservate all'esercito furono messe in vendita (ad aziende statali e ad industrie
collegate all’agricoltura) a partire dai primi anni '90. Poi si aggiunsero modelli ispirati a
fuoristrada giapponesi mentre alcune “Beijng” venivano importate anche negli Usa con il
marchio “Fuqi”.
E’ cominciata poi la corsa alle copie di modelli occientali. A volte grazie ad una precisa forma
di cooperazione, a volte realizzando alcune modifiche alla carrozzeria per sfuggire all’accusa di
copiare anche le auto. In alcuni casi, comunque, vecchi moelli europei vengono rilanciati in
Cina. E’ il caso della vecchia Citroen ZX che si chiama ora “Fukang” o della “Audi 100” che
esce in copia, ma si chiama “CA 7200”. Alla riproduzione in serie non è sfuggita la Wolkswagen
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“Passat” che esce in Cina e raggiunge anche i mercati dell’Asia. Ma ora ci sono anche modelli
progettati direttamente nelle aziende cinesi. E’ il caso della “Beijing Heroic", basata sulla
meccanica della Jeep "Cherokee" (modello che già viene prodotto su licenza dalla Beijing
stessa). La "Heroic", presentata nel 2000, è comunque una delle poche vetture disegnate
autonomamente, nonostante la meccanica sia di origine statunitense. E infine arriva sul
mercato mondiale la nuova “Faw Vita” frutto della collaborazione con i giapponesi. Il prezzo
attuale è di 13mila dollari.
A Pechino, intanto, c’è una grande attenzione anche nei confronti del mercato interno. Con la
“Kia” che si appresta ad introdurre sul mercato cinque nuovi modelli per consolidarsi nel Paese.
"L'attacco" scatterà con due versioni della sport utility "Sorento" e con la quarta generazione
della "Optima". Successivamente sarà la volta di una vettura per il momento conosciuta con il
nome in codice "AM", una variante a passo lungo della monovolume "VQ" . Attualmente, le Kia
che vanno per la maggiore in Cina sono la "Cerato" e la "Rio". La Casa è attiva nel Paese in
joint-venture con Dongfeng Motor e Jiangsu Yueda e prevede di realizzare un secondo
stabilimento, che sarà inaugurato nel 2008, con una capacità di circa 300 mila veicoli all'anno.
Per la Cina di Hu Jintao, quindi, il mercato automobilitico è destinato ad assumere un ruolo
primario. E non è un caso se nella recente riunione di Biskek, dove i paesi dell’Eurasia si sono
riuniti per un vertice della Shangai Cooperation Organization, proprio il leader cinese ha parlato,
nei suoi colloqui con gli esponenti di vari paesi della possibile esportazione di auto prodotte dal
suo paese. In pratica il presidente cinese si è trasformato, almeno per un momento, in
propagandista della produzione cinese. Che questa volta non è quella delle borse o
dell’oggettistica più strana.
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