089_093_chiarlone
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Il primo obiettivo è acquisire risorse materiali e immateriali non disponibili sul mercato interno. Il secondo è garantirsi l’accesso a forniture stabili di energia e materie prime. Il terzo obiettivo è trasferire produzioni mature in Paesi a basso costo di manodopera. Infine, si cerca di controllare direttamente alcuni canali distributivi nei mercati più promettenti per l’export cinese Ecco perché la Cina investe all’estero GLOBALIZZAZIONE di Stefano Chiarlone ripreso a crescere (3,6 miliardi). Sono inoltre in progetto iniziative di primaria rilevanza per il 2005. Questi valori non sono particoimprese cinesi: le sue imprese stanno inilarmente elevati in rapporto al PIL cinese (lo ziando una campagna di espansione interna- stock di 37 miliardi di dollari nel 2003 era il zionale, favoriti dal go global recentemente 2,6% del PIL) e agli investimenti ricevuti rilanciato dal governo cinese. Dopo la condall’estero (oltre 50 miliardi annui recentetrazione subita nel 2002 (2,5 miliardi rispet- mente), ma non sono trascurabili per un to ai 6 del 2001) e nel 2003 (1,8 miliardi), Paese in via di sviluppo, dove non tutte le nel 2004 gli investimenti diretti cinesi hanno imprese dispongono di competenze manageriali e vantaggi adeguati all’espansione stabile all’estero e una quota importante delle imprese a maggiore rilevanza tecnologica _Una delle motivazioni degli investimenti cinesi all’estero sono di proprietà di società multinazionali è l’accesso a stabili forniture di energia e materie prime. estere. È il caso di PetroChina, che ha acquisito imprese in Asia Fra le motivazioni principali di un investie Africa e di Baosteel mento all’estero vi è il possesso di particolari Contrasto_Imagechina (2) no dei fenomeni più recenti dell’integraU zione economica della Cina è l’aumento degli investimenti diretti all’estero delle ECCO PERCHÈ LA CINA INVESTE ALL’ESTERO metalli, dove spiccano Shougang e Baosteel, produttrici di ferro e acciaio. I loro investimenti sono stati volti sia all’acquisizione di competenze tecnologiche, Shougang già nel 1988 acquistò un’impresa americana per migliorare la sua tecnologia, sia di capacità produttiva, per esempio la joint venture fra Baosteel e Hamersley per una fornitura ventennale di minerale di ferro e quella fra Baosteel e Companhia Vale do Rio Doce per lo studio di fattibilità di un’acciaieria in Brasile. È plausibile che questi investimenti continuino perché la trasformazione nella fabbrica del mondo e le modifiche agli stili di vita hanno aumentato la carenza di materie prime e hanno portato la Cina a un deficit energetico. Per gli investimenti cinesi verso altri Paesi in via di sviluppo esistono varie motivazioni. La prima è la ricerca di manodopera a basso costo e il trasferimento di produzioni mature, come l’acquisizione di società tessili in Nigeria da parte dello Shanghai Huayuan Group Corporation nel 1997. Vi è anche l’esempio di China Worldbest Group, un con- _L’industria automobilistica utilizza i Paesi in via di sviluppo per compensare la domanda persa sul mercato domestico. Altri, come Haier, impresa di elettrodomestici, hanno catene distributive all’estero. Huawei, il maggior produttore cinese di apparecchiature per Tlc, ha iniziato la sua evoluzione in Asia e in Medio Oriente Contrasto_Imagechina (3) vantaggi che possano consentire di superare le difficoltà insite nell’operare su un mercato straniero. Nel caso cinese è probabile che essi siano disponibili, inizialmente, nei confronti di altri mercati in via di sviluppo o su produzioni caratterizzate dalla possibilità di rilocalizzare la produzione in patria per sfruttare i bassi costi del lavoro. Esistono anche motivazioni di domanda di risorse: un’impresa può investire all’estero per acquisire risorse (materiali o immateriali) che non sono disponibili in patria. In questo caso, un’impresa di un Paese in via di sviluppo potrebbe investire in un paese economicamente più avanzato. Nel caso cinese, infine, non si può trascurare che alcuni investimenti all’estero sono guidati da scelte politiche o dal desiderio di creare campioni nazionali in ciascuno dei settori ritenuti strategici. Queste finalità sono agevolate dalla disponibilità di riserve in valuta estera, quelle in dollari superano i 600 miliardi, che inducono a investire anche per ridurre le pressioni alla rivalutazione del reminbi. Una motivazione rilevante è l’accesso a stabili forniture di risorse naturali e materie prime. Già nel 1995, la China National Petroleum Company investì oltre 750 milioni di dollari per formare una joint venture con il governo del Sudan per produrre petrolio. Successivamente PetroChina, Sinopec e China National Offshore Oil Company hanno acquisito imprese in Asia e in Africa. Altri progetti sono stati portati avanti nei GLOBALIZZAZIONE INVESTIMENTI DIRETTI ALL’ESTERO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE flussi (mln USD) 1985-95 2000 2001 2002 2003 2004 1990 2000 2002 2003 1.591 916 6.884 2.518 1.800 2.500 stock (mlnUSD) 2.489 25.804 35.206 37.006 % dell’investimento fisso lordo 1 0,2 1,5 0,5 0,4 nd % del PIL 0,7 2,4 2,8 2,6 Fonte: UNCTAD, World Investment Report 2004; www.unctad.org/fdistatistics INVESTIMENTI DIRETTI DALL’ESTERO ALLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE flussi (mln USD) 1985-95 2000 2001 2002 2003 2004 1990 2000 2002 2003 11.887 40.715 46.878 52.743 53.505 nd stock (mlnUSD) 20.694 348.346 447.966 501.471 % dell’investimento fisso lordo 6,6 10,3 10,5 11,5 12,4 nd % del PIL 5,8 32,2 35,4 35,6 Fonte: UNCTAD, World Investment Report 2004; www.unctad.org/fdistatistics INVESTIMENTO CUMULATIVO FRA IL 1979 E IL 2002 (% DEL TOTALE) Hong Kong, Cina USA Canada Australia Thailandia Russia Per Macao, Cina Mexico Zambia Cambogia Brasile Sud Africa Corea del Sud Viet Nam Giappone Singapore Myanmar Indonesia Mali Mongolia Germania Nuova Zelanda Egitto Oman Paua New Guinea Nigeria Tanzania Kazakhistan Laos 43,62 8,93 4,67 4,61 2,30 2,21 2,15 1,96 1,79 1,44 1,34 1,28 1,28 1,15 0,91 0,88 0,77 0,71 0,70 0,62 0,61 0,55 0,52 0,52 0,51 0,48 0,47 0,44 0,42 0,39 Fonte: Ministero del Commercio Estero della Repubblica Popolare Cinese, UNCTAD ECCO PERCHÈ LA CINA INVESTE ALL’ESTERO Per le imprese cinesi l’investimento in un Paese in via di sviluppo è un passaggio intermedio che serve a incrementare gradualmente capacità Contrasto_Imagechina manageriali e commerciali in ambienti meno competitivi e a prepararsi a sbarcare in quelli occidentali glomerato industriale, che ha due fabbriche tessili in un’area industriale nella Thailandia orientale e altri relativi alle biciclette (Ghana), ai videoregistratori (Sud Africa) e agli elettrodomestici (Iran). In questa stessa tipologia si inseriscono gli investimenti utilizzati per evitare quote e dazi, come nel caso dell’investimento nella società tessile Guanda Import and Export in Cambogia. I Paesi in via di sviluppo sono, inoltre, utilizzati per compensare la domanda persa sul mercato domestico per l’elevata competizione da parte di produttori cinesi o internazionali. Nel settore automobilistico, per esempio, crescono la capacità produttiva e i costi di promozione per il forte afflusso di primarie società occidentali. Alcuni produttori cinesi, come Brilliance China in Egitto e altri in Ghana, stanno spostando la produzione dove possono garantirsi vendite alternative (come già avvenuto nel settore elettronico, dove si possono citare Konka e TCL). Inoltre, molte imprese che hanno iniziato la loro attività fornendo prodotti senza marchio alle multinazionali o alle catene di distribuzione cercano di sviluppare marchi propri e di crescere lungo la catena del valore. L’investimento in un Paese in via di sviluppo è un passaggio intermedio che serve a svi92 _Ricerca di brand noti, ma anche fame di tecnologie avanzate, ancora scarse in Cina, sono i motivi che guidano le acquisizioni, come la joint venture maggioritaria di TLC (televisori) con la francese Thomson luppare gradualmente capacità manageriali e commerciali in ambienti meno competitivi e prepararsi a sbarcare in quelli occidentali. Huawei, il più grande produttore cinese di apparecchiature per telecomunicazioni, ha iniziato la sua evoluzione in Africa e in Medio Oriente, rafforzando progressivamente la propria capacità manageriale, finanziaria e tecnologica, prima di affrontare la concorrenza sui mercati più avanzati. Anche nelle infrastrutture e nell’impiantistica, le imprese cinesi si muovono, spesso, con questa strategia. I maggiori player cinesi, fra cui China State Construction Engineering Corp, China Harbour Engineering Company e China National Machinery & Equipment Corp, sono cresciute all’estero, soprattutto in Asia, Africa, Europa Orientale e America Meridionale, mentre hanno ancora difficoltà nei Paesi occidentali. Nei mercati avanzati occorre dotarsi di adeguate catene distributive, con investimenti greenfield o acquisendole. Haier, impresa di elettrodomestici, ha stabilito una sua presenza commerciale a Varese (e ha anche acquistato imprese produttrici italiane). Altre imprese cinesi dovranno farlo in Italia o in Europa e, poiché costruire reti di distribuzione ex-novo è lungo e complesso, alcune cer- GLOBALIZZAZIONE cheranno di acquistare società esistenti. Per esempio, nel settore della profumeria Li KaShing ha acquistato Marionnaud, la catena leader d'Europa. Poi, ci sono gli investimenti finalizzati ad acquisire brand per garantirsi premium price per prodotti che sono in grado di produrre a costi più bassi in Cina. La TCL (televisori) ha acquisito la Schneider tedesca di cui può utilizzare marchi e rete distributiva, e in Cina, per esempio, utilizza quel marchio per promuovere i suoi cellulari verso una qualità percepita come più alta. La joint venture maggioritaria di TCL con la francese Thomson le consente di utilizzare il nome Thomson in Europa e quello di RCA negli Stati Uniti. La Shanghai Automotive Industry Corporation, secondo produttore cinese di automobili, sta negoziando un accordo con MG Rover. Queste acquisizioni non sono, tuttavia, guidate soltanto dalla ricerca di brand noti, ma anche dalla fame di tecnologie avanzate, ancora scarse presso molte imprese cinesi. La Cina ha già investito con queste finalità stabilendo centri di Ricerca e Sviluppo in Paesi occidentali (Konka a Silicon Valley, Haier in Germania e negli Stati Uniti, Huawei in Svezia). La stessa acquisizione della divisione personal computer (pc) di IBM da parte di Lenovo, impresa cinese leader nella produzione di pc, va probabilmente ascritta a entrambe le motivazioni, sebbene non sembri che quella divisione fosse ricca di segreti industriali, anche per i contatti che possono aprirsi con la divisione servizi della stessa IBM. L'Italia non rientra nei primi trenta ricettori di investimenti cinesi. Solo la creazione di nuovi mercati di sbocco e l’acquisizione di tecnologie e/o brand di rilievo internazionale sembrano motivazioni rilevanti per l’Italia. In questo senso vi potrebbero essere possibilità per attrarre in Italia investimenti greenfield per la creazione degli headquarter e delle reti di distribuzione europei. I target italiani più probabili per le acquisizioni sono imprese dotate di ampie reti distributive, magari in difficoltà economiche o con problemi di passaggio generazionale, per acquisirle a prezzi più moderati come avvenuto per Schneider. Per la tecnologia, non si può escludere che imprese cinesi possano cercare di acquisire imprese del settore della meccanica strumentale, anche per dotarsi di marchi riconosciuti. Infatti, la Cina è molto cresciuta in questo settore, ma si posiziona su seg- menti qualitativi inferiori. È più probabile, invece, che i cinesi cerchino di acquisire marchi italiani nei settori del Made in Italy (sistema casa e sistema persona). Essi sarebbero utili per riqualificare la percezione e le tecnologie delle loro produzioni. Gioca a sfavore, tuttavia, il fatto che la maggior parte degli investimenti diretti cinesi è stato effettuato da grandi imprese collegate alla proprietà pubblica. Le nostre piccole e medie imprese potrebbero essere un target troppo piccolo. Non va dimenticato, comunque, che la cessione a investitori cinesi non darebbe garanzie che la produzione venga mantenuta prevalentemente in Italia. È più probabile che in Italia possano rimanere solo le produzioni per il mercato europeo, laddove i tempi di consegna sono cruciali (come suggerisce l’ampia presenza di imprese cinesi nel pronto moda in Italia) o i costi di trasporto sono troppo rilevanti, insieme ai centri di ricerca e sviluppo (o di stile per la moda) e alla distribuzione. Tutto il resto verrebbe probabilmente localizzato in Cina. 93