apri - Progettomondo Mlal

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apri - Progettomondo Mlal
Iscrizione al Tribunale di Verona n. 510 del 12/05/81 – Dir. Responsabile: Roberto Cremaschi
Lettera
agli Amici
ANNO VI
NUMERO 1
GENNAIO 2008
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2008, UN’ALTRA CONFERMA PER NOI
(di Emilia Ceolan) – E’ iniziato un nuovo anno
colmo di sfide e di promesse. Di sfide perché
la cooperazione e la solidarietà internazionale
non governative hanno bisogno, come la
politica del resto, di riflessione, nuovi
paradigmi e soprattutto di puntare alto. Di
mirare cioè a obiettivi che vadano oltre le
proprie difficoltà economiche e organizzative.
Perché soltanto in questo modo si potrà
essere partner, e non meri esecutori, delle
fonti di finanziamento pubbliche e private.
Ma una sfida ulteriore è riuscire a non
chiudersi sulla propria esperienza, per aprirsi
ai territori, alle altre entità che si cimentano in
questo campo, per creare consorzi, alleanze,
per lasciarsi contaminare da un mondo che è
alla ricerca, che vuole impegnarsi e che è
disposto a cambiare.
Per il ProgettoMondo Mlal sarà un
anno di consolidamento in cui mettersi alla
prova, sia dal punto di vista politico sia dal
punto di vista progettuale. Anche per questo
abbiamo preferito non essere magari presenti
in tutti i Paesi, per esserlo piuttosto solo in
alcuni ma con più profondità di analisi e più
incisività nei processi.
Quest’anno le approvazioni, soprattutto
dell’Unione Europea, hanno premiato le
nostre scelte. Sono stati infatti approvati
progetti che daranno continuità e sviluppo ai
processi avviati in Nicaragua, Bolivia e
Marocco. Questa è una promessa.
In più consolidiamo la nostra presenza
ad Haiti con un progetto di sicurezza
alimentare, che è per noi insieme sfida e
opportunità perché si tratta di un Paese con
un disperato bisogno di speranza.
Come un’opportunità per noi è l’appoggio
consistente all’attività di Educazione allo
Sviluppo in Italia e in Europa.
Ora sta a noi imprimere una buona
marcia a questo impegno da cui dipende lo
stesso futuro della cooperazione e della
solidarietà.
Infatti soltanto se sapremo essere
interpreti delle aspirazioni migliori che
coinvolgono la nostra società civile e, al
tempo stesso, se sapremo attrarle su obiettivi
coraggiosi, potremo contribuire davvero a un
mondo più umano.
viale Palladio, 16 - 37138 - Verona - tel. 0458102105 www.progettomondomlal.org – [email protected]
in questo numero:
SPECIALE:“Dalla parte delle Vittime” (pagg 2,3,4,5);
ARGENTINA: Fernandez, in nome del marito (pag.6);tra i ragazzi di periferia (pag.8);
BRASILE: pescatori e operatori turistici (pag.9); a Casa Melotto (pag.11);
finanziatori sul campo (pag.10);
BURKINA FASO: non sarò un simbolo della globalizzazione (p. 15);
MAROCCO: nel cuore del cambiamento (pag.12); migrare per contare di più (pag.13);
SOLIDARIETA’: sostieni un adolescente alle superiori (p. 18);
STORIE: Elisa, diventare mamma tra mamme speciali (p. 16);
ESTATE 2008: turismo responsabile e campi di lavoro (pagg. 18, 19)
NEWS: chi va e chi vine (pag. 17); benvenuta Marie Ester (pag. 17);
EDITORIA: un Dvd ProgettoMondo sui diritti dei bambini (pag. 19);
il Sud ci salverà! (pag.20);un giovane portale per il Mercosur (pag. 20)
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►Speciale gennaio- Dalla Parte delle Vittime
►LE VITTIME DESPLAZADAS IN COLOMBIA, COME SE NON ESISTESSERO
(da Enrico Neri, ProgettoMondo Mlal a Bogotá) - «Non mi fanno male
le catene o la malvagità dei “cattivi”, ma l´indifferenza dei “buoni”.
Come se non valessimo nulla, come se non esistessimo»
(colonnello Luis Mendieta, sequestrato).
Annunciato da un tam-tam mediatico senza precedenti per una
iniziativa di questo tipo, lo scorso 4 febbraio è stata realizzata in
Colombia (così come –stando alle fonti stampa- in altri 146 Paesi,
inclusa l´Italia) una mobilitazione di massa contro il sequestro e contro
le FARC.
La marcia è nata sull’onda della commozione prodotta dalle “prove di
sopravvivenza”, cioè dalle lettere scritte nella foresta dai sequestrati ai
loro familiari, ai giornalisti e agli esponenti del governo, e affidate a Clara Rojas, ex-candidata
vicepresidente in tandem con Ingrid Betancourt, oggi ancora in mano alle FARC, e all’ex deputata
Consuelo Gonzàlez de Perdomo perché una volta liberate, come accaduto il 10 Gennaio di quest’anno,
le consegnassero ai destinatari.
Il contenuto delle missive, specialmente quelle dell’ex-colonnello Luis Mendieta (da 9 anni nelle mani dei
guerriglieri) e dell’ex-senatore Jorge Eduardo Gechem (prigioniero da 6 anni), è oltremodo straziante: un
vero e proprio dramma umano di persone che, nonostante l´estrema precarietà delle condizioni di
prigionia nella selva e il progressivo, allarmante deteriorarsi del loro stato di salute, si sforzano di
mantenere di fronte al mondo una dignità e un’umanità che sono merce rara in questo conflitto .
Succede pertanto che un piccolo gruppo di discussione in Facebook, denominato “un milione di voci
contro la FARC”, sia passato in un giorno solo da poche centinaia di iscritti a quasi diecimila, spinto dalla
pubblicità inaspettata di una grande catena radiofonica internazionale. I diecimila sono diventati un paio
di giorni dopo 70.000 e dopo una settimana erano circa 150.000.
Non un miracolo autonomo, per dire la verità, ma un effetto domino prodotto delle pressioni degli
ambienti governativi, imprenditoriali e dei maggiori mezzi di comunicazione, che hanno fatto a gara per
fare da cassa di risonanza all’iniziativa, per aderire alla convocazione della manifestazione di Bogotá
(prima nazionale poi internazionale il 4 Febbraio), per sponsorizzarla e appoggiarla economicamente, per
lasciare ai propri dipendenti la “libertà” di partecipare alla marcia.
Anche se le cifre ufficiali - 5 milioni di persone in tutto il Paese, di cui 2 milioni solo a Bogotá- sembrano
francamente esagerate, è innegabile che siamo di fronte all’espressione di una maggioranza assoluta del
popolo colombiano.
Un semplice sforzo di obiettività non può non mettere in luce che, alla base della travolgente
partecipazione all’evento, c’è il rifiuto deciso e generale al persistere di manifestazioni di violenza che
martirizzano il Paese, ormai in maniera quasi ininterrotta, con picchi strazianti e apparenti rallentamenti, a
partire dall’assassinio del leader populista Jorge Eliécer Gaitán in quel lontano 9 Aprile del 1948.
Molteplici le cause, differenti gli attori, eterogenee le forme efferate in cui tale violenza si è manifestata,
uguali i risultati: fiumi di sangue, sofferenze inumane, milioni di vittime.
Un messaggio di speranza, dunque, contro una situazione che da decenni riduce i colombiani a poco più
di una caricatura, quasi nei panni dei caratteristi di un drammatico film: additati come guerriglieri,
narcotrafficanti, paramilitari. Esattamente come qualche tempo fa succedeva agli italiani: mafiosi e
camorristi.
Questo è il nuovo dato politico, importantissimo, di cui prendere atto. Un dato che bisogna spogliare dalle
elucubrazioni e dai tentativi di strumentalizzazione verificatosi da parte di numerosissimi attori della
scena politica del Paese, e che vanno dall’estrema destra all’estrema sinistra.
Certo non è impresa facile.
Un piccolo esempio che dà i brividi: il sito internet del capo delle Autodefensas Unidas de Colombia,
l’italo-colombiano Salvatore Mancuso famoso per aver “esportato” in America Latina i metodi sanguinari
della ´ndrangheta calabrese, e attualmente sotto processo con la controversa legge di “Justicia y Paz”,
invitava senza remore tutti a partecipare alla manifestazione contro le FARC.
Si è assistito a una triste competizione per affibbiare parole d´ordine all’evento, alcune condivisibili (“No
al sequestro”, “No al terrorismo”, “No alla violenza”, “Pace subito”), altre di segno opposto (“No al
“despeje”, cioè allo sgombero delle forze militari da un’area destinata alle negoziazioni e alla liberazione
degli ostaggi, “No a un accordo umanitario”, di cui il governo non vuole neanche sentir parlare), e altre
ancora anche oggettivamente grottesche (“Guerra a Chávez”, “Uribe presidente nei secoli dei secoli”).
Pertanto è apparsa anche comprensibile la resistenza opposta da molte organizzazioni della società
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civile, dalle associazioni di vittime e/o famiglie degli stessi sequestrati, dai partiti di sinistra, alla
disinvoltura e alla strumentalizzazione con cui il governo ha cercato di trasformare la concentrazione
oceanica alla manifestazione in un plebiscito a proprio favore, cavalcando la sensibilità nazionale e
internazionale rispetto al problema del sequestro politico per nascondere una congiuntura inedita,
un’opportunità storica nel panorama dell’impunità cronica di cui godono i colpevoli degli innumerevoli
delitti di lesa umanità in Colombia: il processo alla “parapolitica”, che sta portando alla luce collusioni
indicibili fra gli organismi dello stato e gli squadroni della morte e che ha portato in carcere fino a oggi
decine di parlamentari di tendenza “uribista” (che appoggiano cioè il presidente), oltreché governatori,
sindaci, membri delle alte sfere militari e del governo.
Tale atteggiamento rischia pertanto di isolare e screditare rivendicazioni legittime, alienare alle vittime le
simpatie dell’opinione pubblica, autoghettizzarsi in una gabbia etica incomprensibile alla gente e, cosa
ancor più grave, lasciare le piazze in mano a interessi politici ed economici tutt’altro che virtuosi.
E infatti, in questa “guerra di propaganda”, la manifestazione ha ottenuto un primo risultato tangibile: il
giorno prima le FARC hanno annunciato che libereranno altri tre sequestrati, Gloria Polanco de Lozada,
Luis Eladio Pérez y Orlando Beltrán Cuéllar.
Il rifiuto della violenza in qualsiasi forma essa si manifesti è il messaggio di questo evento che bisogna
far crescere e fortificare, facendo leva su quanti manifestano la propria volontà di vivere in un Paese
normale e impegnandosi ad ampliare il rifiuto alle FARC, a tutte le violenze commesse da tutti gli attori
armati, legali e illegali. La violenza colpisce, con rarissime eccezioni, sempre e solo i disarmati, i deboli, i
poveri, le donne, gli anziani, i bambini.
Considerare i milioni di persone scesi in piazza, come un ostacolo alla verità e alla giustizia, denota un
atteggiamento elitario e di sufficienza che si paga poi con pesanti sconfitte politiche.
In considerazione anche di questo, il Movimento di Vittime dei Crimini di Stato, ha promosso un´altra
manifestazione per il 6 Marzo, che si profila importante, probabilmente meno ambigua e anche meno
partecipata. A maggior ragione sarà giusto esserci!
Si legge nel nuovo documento di convocazione: “In Colombia sono state “desplazadas” circa 4 milioni di
persone, in maggioranza da gruppi paramilitari. Questi gruppi, soli o insieme a membri delle forze militari,
hanno fatto sparire almeno a 15.000 compatrioti o li hanno seppelliti in più di 3.000 fosse comuni, o
hanno gettato i loro cadaveri nei fiumi; hanno assassinato oltre a 1.700 indigeni, 2.550 sindacalisti, e
quasi 5.000 militanti del partito politico legale “Unione Patriottica”. Hanno torturato sistematicamente le
loro vittime prima di ammazzarle. Tra il 1982 ed il 2005 i paramilitari hanno perpetrato più di 3.500
massacri, e hanno rubato più di 6 milioni di ettari di terra.
Dal 2002, dopo la loro "smobilitazione", hanno assassinato 600 persone ogni anno. Sono arrivati a
controllare il 35 percento del Parlamento.
Dal 2002 fino a oggi, membri dell'Esercito Nazionale hanno commesso più di 950 esecuzioni sommarie,
la maggior parte delle quali presentate come "combattimenti vittoriosi."
Solo in gennaio 2008, i paramilitari hanno commesso 2 massacri, 9 “sparizioni forzate”, 8 omicidi, mentre
l'Esercito ha commesso 16 esecuzioni extragiudiziarie”. L’appuntamento per tutti i colombiani è in piazza
il prossimo 6 marzo.
Info: [email protected]
►LE VITTIME DEI CONFLITTI CIVILI IN PERU’, RIDARE VOCE A CHI NON CE L’HA
(da Alessandro Gambarini, ProgettoMondo Mlal a Huanta) - In 32
comunità, particolarmente provate dal recente conflitto interno, sta per
concludersi il Programma di cooperazione promosso dal Fondo ItaloPeruano e realizzato dalla nostra Organizzazione ProgettoMondo Mlal
in partnership con l’Ong peruviana IDS.
Nei tre distretti di Iguain, Huamanguilla e Huanta della provincia di
Huanta il Progetto “Vittime senza Voce” si propone di affrontare il tema
complesso delle riparazioni post-conflitto. Ovvero si prova a
sperimentare un giusto cammino di riconciliazione e a porre in pratica i
suggerimenti espressi dalla Commissione di Verità e Riconciliazione
(CVR) che dal 2001 (a conclusione del periodo di maggiore violenza)
ha lavorato per impedire il saccheggio della memoria, per analizzare le cause della spirale di violenza, e
per suggerire come potrebbe crescere un Paese diverso, rispettoso delle differenze e meno disuguale.
La consapevolezza del Progetto “Vittime senza Voce” è proprio nel tentativo di valorizzare un’esperienza
sperimentale, in cui la riconciliazione possa concretizzarsi in iniziative quotidiane e di lungo periodo sui
temi della memoria, del lavoro, dell’educazione, dei diritti civili di base (documentazione), del
rafforzamento delle politiche pubbliche locali e del coinvolgimento delle organizzazioni degli afectados
(vittime o famigliari delle vittime del conflitto) nell’universo sociale ed economico locale.
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Così, in campo educativo, abbiamo potuto mettere in moto un processo di dialogo con professori, padri di
famiglia, istituzioni pubbliche che ha consentito l’elaborazione di due nuovi curriculum scolastici per le
Scuole Primaria e Secondaria e per offerte educative rivolte ad adulti. Questi curriculum provano in
sostanza a incorporare i temi della memoria, dell’equità di genere, dei diritti di cittadinanza e
dell’interculturalità nei percorsi educativi di ciascuna Scuola.
Il Progetto ha lavorato prevalentemente con 21 istituzioni educative a cui sono stati anche donati, nella
prospettiva di una riparazione in materia educativa, computer, libri di testo e di lettura, e giocattoli.
In un’ottica di sviluppo economico, sono state offerte 300 borse di studio per orfani della violenza politica
che hanno permesso ad altrettanti ragazzi e ragazze di seguire corsi di formazione tecnica (tessitura,
allevamento, panetteria) insieme a corsi di gestione imprenditoriale. Il Progetto ha appoggiato anche la
nascita di 20 micro-imprese promosse dagli stessi ragazzi/e coinvolti nei corsi di formazione, microimprese che danno attualmente lavoro ad una sessantina di ragazzi/e, e che si riuniscono mensilmente
per discutere dei problemi e delle prospettive di crescita.
Le campagne di iscrizione anagrafica, promosse in collaborazione con le istituzioni pubbliche e altre
Ong, hanno assicurato documenti d’identità a 1.464 persone, che soltanto oggi possono sentirsi
finalmente parte dello stato peruviano e non più eterni esclusi.
Il lavoro quotidiano con le amministrazioni locali ha inoltre consentito la pubblicazione di un Piano
Integrale di Riparazione che armonizza i suggerimenti dati dalla CVR alla realtà locale della provincia di
Huanta, e che presenta un insieme di politiche locali utili allo lo sviluppo e alla riconciliazione.
E poi ancora: 42 organizzazioni di afectados (per un totale di 1672 persone) sono cresciute poco a poco
in compagnia del Progetto, e ora si sono riunite in un unico organismo provinciale capace di fare rete e
vigilare sui processi politici di riconciliazione, nonché di proporre esperienze e stimoli nuovi alla vita
sociale e politica delle proprie comunità. In collaborazione con le organizzazioni stesse si è ottenuta
inoltre l’iscrizione di 1.515 persone al sistema sanitario pubblico in forma gratuita, recuperando così un
diritto minimo e fondamentale come la salute.
Infine il progetto ha affrontato direttamente la questione complessa e sfuggente della Memoria individuale e collettiva- con l’apertura di una Casa della Memoria nella cittadina di Huanta. Questo Museo
vuole essere un piccolo spazio vivo e dinamico di ricordo e di partecipazione in cui le foto si confondono
alle liste degli scomparsi, le sculture si completano con materiali multimediali e libri di approfondimento
per tutte le età.
La memoria dunque, filo conduttore del Progetto, ha trovato il suo spazio animato da una trentina di
promotori, attivi e coinvolti come guide del museo ma anche con spettacoli teatrali itineranti.
Infine sono state promosse frequenti visite nelle zone rurali su specifici temi psicologici offrendo terapie di gruppo ed individuali- di supporto emozionale e di salute mentale post-conflitto, grazie all’aiuto di
specialisti del settore.
Ogni singola attività del Progetto mette quindi in pratica una nuova politica di riconciliazione nella
speranza che lo stato peruviano e le amministrazioni locali possano raccogliere, considerare e/o
migliorare questi piccoli spunti teorici e pratici.
In fondo nessuna Ong può intraprendere da sola il cammino della riconciliazione: è dovere di uno Stato
recuperare i diritti di cittadinanza e assicurare una democrazia partecipata e inclusiva. Solo cambiando le
condizioni di esclusione e disuguaglianza alla base del conflitto, e ricordando senza reticenze o censure,
si può imparare dal passato senza compiere il doppio terribile errore di dimenticare e ripetere, come se
nulla fosse accaduto, il ciclo della violenza cieca.
Info: [email protected]
►LE VITTIME DELL’INGIUSTIZIA, MAGGIORI DIRITTI E MIGLIORE SVILUPPO IN PERU’
(da Mario Mancini, ProgettoMondo Mlal Perù) - Il nostro progetto “In
difesa del popolo”, ovvero “per il rafforzamento delle istituzioni
democratiche e tutela dei diritti umani nel dipartimento di San Martín
con la Defensoría del Pueblo”, ha recentemente promosso un evento
pubblico a scopo dimostrativo in una zona con alti livelli di complessità
sociale e culturale. Una modalità basata principalmente sulla
“prossimità” alla gente, e cioè su una sorta di monitoraggio permanente
realizzato mediante diversi meccanismi operativi – assistenza al
pubblico allo sportello, supervisione di campo agli enti statali e non che
erogano servizi, visite di campo nelle comunità, sportello itinerante,
organizzazione di scambi e visite di leader comunitari – dai funzionari dei due uffici che hanno
partecipato all’iniziativa: l’Ufficio Regionale di Moyobamba e lo Sportello di Tarapoto.
La Defensoría del Pueblo è un organo sconosciuto alla tradizione costituzionale italiana, così com’è
essenzialmente legata alla figura dell’ombudsman di origine scandinava (Svezia in primo luogo), e sta
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per “mediatore” o “rappresentante del popolo” presso le istituzioni e i “governanti” in senso lato con
l’obiettivo e il compito di difenderne gli interessi e proteggerlo dagli abusi delle autorità.
Dopo una prima diffusione in tutti i paesi nordici, questa figura si è poi estesa a Paesi appartenenti ad
altre culture giuridiche, come Germania, Portogallo e, ai fini delle successiva espansione nel
subcontinente latinoamericano, alla Spagna (oltre ad altri paesi d’oltremare) nel 1978.
Da allora la diffusione in moltissimi Paesi sudamericani è stata rapida e massiccia, specialmente in
considerazione del fatto che la maggioranza attraversavano processi di post-conflitto e di uscita da
dittature militari che rendevano necessaria la creazione di un organo di controllo all’operato della
Pubblica Amministrazione, in stretta relazione di fiducia con la popolazione.
Paradossalmente in Perú, la Defensoría del Pueblo, è nata con la Costituzione fujimorista del 1993,
assurgendo a categoria di organo costituzionale autonomo grazie poi all’elezione del primo Defensor del
Pueblo, Jorge Santistevan de Noriega, nel 1995.
Nonostante questa origine, la Defensoría del Pueblo ha sempre rappresentato in Perù un’entità
autonoma, indipendente e, soprattutto, sempre “dalla parte della gente”, assumendo posizione scomode
per il regime a seconda delle circostanze storiche e alle innumerevoli occasioni in cui le raccomandazioni
hanno toccato argomenti scottanti.
In pieno processo di espansione e rafforzamento istituzionale della Defensoría, ProgettoMondo Mlal ha
scelto di condividere questo processo con una scommessa strategica nuova. Si è perciò identificato un
territorio -la regione San Martin- e dei temi specifici (lotta alle droghe, conseguenze violenza politica e
conflitti sociali) per avviare un’iniziativa che rappresentasse per la nostra Ong un’esperienza nuova sotto
diversi aspetti.
Il nostro principale obiettivo era lavorare direttamente con un organismo pubblico con questa natura
giuridica e con uno specifico mandato costituzionale di protezione e difesa dei diritti fondamentali. In
pratica un’iniziativa orientata a rafforzare le garanzie per i diritti di cittadinanza su un intero territorio,
vasto come il Piemonte, Lombardia e Veneto messi insieme, con la presenza di almeno 10 gruppi
indigeni, coloni meticci, emigranti economici, contadini cocaleros.
Il progetto “In difesa del Popolo” è stato realizzato senza alcun contraccolpo, se si esclude il più generale
problema degli anticipi dei cofinanziamenti pubblici poi risolto con la richiesta di proroga di 1 anno, che
ha esteso la durata complessiva dell’intervento di cooperazione internazionale a 4 anni. Attività intense,
costanti, diffuse, raccolte in numerosi rapporti, statistiche, pubblicazioni e documentazione varia, che ci
obbliga a fare un bilancio complessivo dell’esperienza.
ProgettoMondo Mlal non ha così fornito solo le risorse, ma ha partecipato in maniera diretta alla
gestione, alla supervisione e al monitoraggio costante. La nostra cooperante Caterina Bissoli,
l’avvocatessa veronese che con tutta la sua famiglia ha partecipato a questa esperienza come operatrice
di sportello a Tarapoto, ha vissuto in maniera diretta in contatto con la gente, partecipando a tutte le
attività e a tutte le modalità operative che abbiamo segnalato: è stata allo sportello, ha supervisionato
enti pubblici e aziende private, ha visitato comunità contadine e indigene, ha operato nello sportello
itinerante, ha partecipato a scambi tra leader sociali.
La chiusura di un’esperienza originale, almeno per le circostanze e le modalità di esecuzione, ci ha
suggerito l’idea di realizzare una sistematizzazione globale dell’intero percorso progettuale. Uno studio
che ora stiamo realizzando sul terreno con l’obiettivo di identificare, esplicitare e valorizzare le
caratteristiche di maggiore interesse istituzionale in tutti gli aspetti: organizzativi, gestionali, metodologici,
strategici, operativi, tematici.
Si tratterà di un lavoro di bilancio che dovrà diventare una costante nei nostri progetti. Per potere e
dovere cogliere sempre lezioni per il futuro affinché ogni progetto rappresenti una nuova occasione di
apprendimento e insegnamento, e per costruire con sempre maggiore sistematicità una nostra modalità
di fare cooperazione alla ricerca sempre e costante dell’innovazione.
Info: [email protected]
►LE VITTIME RACCONTATE, GIOVANI MICROSTORIE DAL CILE
“Micro-historias. Santiago del Cile vista da otto caschi bianchi italiani”, a
cura di marco Concione, Il Segno dei Gabrielli Editori, pagg.139, 10 euro.
“…Sono gli ultimi, gli esclusi che qui a Santiago abbiamo incontrato tutti i giorni:
sono i famigliari dei desaparecidos che ancora cercano verità e giustizia, sono i
Mapuche in sciopero della fame, sono gli abitanti della “toma” o delle altre
baraccopoli, i senza fissa dimora del mercato centrale, sono i bambini abusati,
picchiati e stanchi ma che continuano a sorridere. Sono i cantori di strada che
lottano per esprimere liberamente la loro arte, i venditori ambulanti sugli autobus,
gli obiettori di coscienza che ancora illegalmente fanno valere le loro convinzioni,
sono i famigliari delle vittime di Antico…”.
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Questo libro raccoglie scritti, pezzi di diario e articoli di giovani volontari italiani in servizio civile
catapultati nel disagio della parte povera di Santiago. Non è, e non vuole essere, uno sguardo completo
sul Cile ma ha l’interesse di una doppia chiave di lettura. Vediamo davvero e da vicino pezzi di una realtà
sociale che declina in cileno le contraddizioni del mondo: gli adolescenti a rischio, i senza-casa, gli
studenti medi in lotta per il diritto allo studio, gli (aspiranti) obbiettori di coscienza, i famigliari dei
desaparecidos. Vediamo soprattutto –è la parte più autentica e popolare di Santiago – il mondo delle
micros, gli autobus sobbalzanti, e le singolari figure professionali che lo accompagnano, come i sapos,
che dalle fermate segnalano agli autisti l’andamento concorrenziale del traffico; o gli “artisti delle micros”
che si esibiscono sui bus e che hanno addirittura creato un loro sindacato.
Gli scritti di Marco Concione e dei suoi amici non si muovono nell’ottica ideologica o politica di dover
dimostrare una tesi. Lo sguardo è su quei mondi più esclusi e difficili, ma da una lettura attenta emerge
comunque, a mio parere, un paese civile dove c’è spazio per il dialogo, il recupero, la memoria, e dove
qualcosa degli ideali socialdemocratici è rimasto ed è ancora vivo. Un Paese dove i passaggi tra la
durezza del “modello” e momenti di solidarietà sono frequenti e imprevedibili, come questo libro sa
raccontarci con capacità di osservazione della vita vissuta.
A raccontarlo, sotto forma di stralci di diario, interviste, articoli, resoconti di viaggio, sono 8 giovani di 25
anni - 6 ragazzi e 2 ragazze- che hanno svolto il Servizio civile di 10 mesi (dal novembre 2005 al
settembre 2006) per l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, nella città di Santiago,
rispettivamente impegnati in una mensa popolare (comedor di Penanolen), in una esquelita, un
doposcuola nello stesso quartiere, nel Centro comunitario Infanto Juvenil Acuarela, un centro diurno per
bambini e bambine nel quartiere de La Pintana, nella casa di pronta accoglienza Esperanza nel quartiere
di San Miguel.
Info: www.gabriellieditori.it
ARGENTINA (1), CRISTINA FERNANDEZ PRESIDENTE IN NOME DEL MARITO
(di Francesco Pulejo, ProgettoMondo Mlal a Buenos Aires) – Dallo scorso 10
dicembre Cristina Fernandez, moglie del presidente uscente Nestor Kirchner, è la
prima donna eletta Presidente della Repubblica argentina.
Come previsto dal sistema elettorale vigente nel Paese, per la sua elezione al primo
turno nell’ottobre scorso sono stati sufficienti il 45% dei voti. Guardando l’enorme
distanza tra Cristina e gli altri candidati, più di venti punti sulla seconda, Elisa Carrió, e
quasi 30 sul terzo, Roberto Lavagna, si può dire che la vittoria sia stata ampia e
indiscutibile, ma in realtà come tutte le cose in Argentina anche questa elezione non è
semplice da analizzare né da catalogare.
La vittoria di Cristina era sicuramente annunciata da tutti i sondaggi e anche
dall’atmosfera che si è respirata durante una campagna elettorale non molto
combattuta, come se gli altri candidati non credessero nelle proprie possibilità.
A questo contribuisce anche un sistema elettorale che rende molto difficile arrivare al ballottaggio: se un
candidato raggiunge il 45% dei voti e/o ha un vantaggio di più di 10 punti sul secondo, viene eletto al
primo turno. In questo caso si sono date entrambe le condizioni. La presenza all’opposizione di una
decina di candidati ha frammentato e disperso il voto, non permettendo a nessun candidato di
presentarsi come una vera alternativa al governo attuale, di cui Cristina rappresenta la continuità.
Rimane però il fatto che la nuova presidente non ha convinto la maggioranza degli elettori, fermandosi
abbastanza lontano dal 50% dei voti. In particolare, salta all’occhio come nelle 2 città più importanti del
Paese, Buenos Aires e Cordoba, non sia andata oltre il 25%, mentre in alcune province dell’interno di un
paese immenso, le sue percentuali abbiano superato il 70%. Questo risultato può avere molte letture, a
partire da quella semplicistica che parla della facilità di “comprare” voti nelle zone più povere e remote (in
cambio di un “choripan”, un panino con la salsiccia, secondo i racconti dei fantasiosi tassisti di Buenos
Aires), a quella più profonda e seria che pone in evidenza come il discorso intriso di ideologia “peronista”
faccia fatica a sfondare nello smaliziato e critico elettorato delle grandi città, e invece abbia ancora
moltissima presa in provincia.
Il successo di Cristina viene letto da molti come il successo di suo marito, Nestor Kirchner. E’ lui che ha
imposto la candidatura della moglie, l’ha aiutata in campagna elettorale (con fondi pubblici), ha attaccato
e denigrato in ogni occasione i possibili oppositori. Questi comportamenti fanno parte della prassi politica
di Kirchner, e in generale dei governanti argentini, tra i quali prevale il “caudillismo”, cioè
l’amministrazione del potere in modo autoritario e personalistico.
A questo bisogna però aggiungere, in realtà, il lavoro realizzato dal governo di Kirchner in questi anni, i
cui risultati sono il vero motivo dell’elezione di Cristina.
Eletto nel 2003, nel pieno della crisi scoppiata un anno e mezzo prima, Kirchner ha saputo appoggiare e
guidare la rimonta dell’economia argentina, che negli anni del suo governo è cresciuta a ritmi vicini al
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10% all’anno, così come agli stessi tassi è aumentata l’occupazione.
Analizzando infatti in dettaglio i risultati delle elezioni, si vede come nelle zone tradizionalmente
industriali, e soprattutto nei quartieri operai dove finalmente la gente ha recuperato il proprio lavoro, il
vantaggio di Cristina, e quindi l’appoggio a quanto realizzato dal governo in carica, è stato molto ampio.
Altrettanto si può dire delle aree rurali, dato che l’agricoltura e l’allevamento sono stati in questi anni il
vero motore della crescita economica e delle esportazioni in particolare.
Il governo in questi anni ha appoggiato la riattivazione dell’industria, scommettendo di nuovo in un
modello economico “produttivista”, che era stato progressivamente abbandonato nelle decada passata
dai governi ultraliberisti presieduti da Menem.
La svalutazione della moneta argentina, passata in pochi giorni dalla parità con il dollaro a una relazione
di 1 a 3 durante la crisi, e finalmente stabilizzatasi a questo livello, ha reso i prezzi dei prodotti argentini
molto competitivi sui mercati internazionali, così come ha reso quasi impossibile importare prodotti
dall’estero
Questa combinazione ha quasi obbligato l’industria a riattivarsi, innanzitutto per poter coprire la domanda
interna di prodotti che prima venivano importati e successivamente per approfittare della possibilità di
esportare dovuta alla competitività dei prezzi argentini sul mercato internazionale.
In questo modo il governo di Kirchner ha potuto resuscitare l’ideologia peronista e alimentare di nuovo il
sogno di un’Argentina industriale, moderna e autosufficiente.
In tutti gli argentini è presente, in scala minore o maggiore e con sfumature diverse, il sogno di un ritorno
agli anni ’50, quando il generale Peron, con una politica economica statalista e redistributiva, e sapendo
utilizzare al meglio le possibilità della congiuntura post–guerra, portò l’Argentina a essere uno dei Paesi
più ricchi e avanzati del mondo, permettendo anche il consolidamento di una società benestante ed
equa.
E’ per questo che essere “peronista” è quasi d’obbligo, e il peronismo non può essere incasellato in
nessuna delle categorie politiche tradizionali, di destra o sinistra. Si tratta di un concetto trasversale che
rende difficile districarsi nella lettura e interpretazione delle dinamiche politiche locali, delle alleanze pree post-elettorali, della conduzione dei governi che mescolano nazionalismo, populismo, progressismo e
autoritarismo arbitrario.
A dimostrazione di questa complessità, nelle elezioni appena passate era notorio come nessuno dei
candidati a presidente, nemmeno Cristina, fosse l’espressione di un partito determinato o di una
coalizione chiaramente riconoscibile, a parte i candidati dei partiti di estrema sinistra che però non hanno
raggiunto nemmeno il 2%.
Tutti gli altri non erano altro che personalità forti e carismatiche, che probabilmente nel loro inconscio
aspiravano a seguire le orme di Peron, uno dei miti della iconografia argentina.
Nonostante i sogni, legittimi anche se a volte un po’ grotteschi e sicuramente anacronistici, esiste molto
scetticismo nella stessa società argentina sulla possibilità di ritornare ai fasti dell’Argentina post-guerra.
Quarant’anni di crisi economiche cicliche, di malgoverno, di corruzione, di dittature militari, hanno lasciato
il segno nel Paese. La gente vive il giorno per giorno, come nel resto dell’America Latina, cercando di
sopravvivere in condizioni difficili e credendo sempre meno in governi che hanno dato prova di non
meritare fiducia.
In questo contesto Cristina Fernandez Kirchner dovrà dimostrare di essere davvero intenzionata a
sostenere la ripresa economica, dando passi importanti nella lotta contro la povertà, prendendo misure
concrete per favorire la distribuzione della ricchezza, mantenendo alta la vigilanza sul sistema per
prevenire possibili crisi che in Argentina sono sempre in agguato (basta guardare gli indici di inflazione,
mai al di sotto del 15%).
Il compito non è facile, al di là degli slogan e delle promesse elettorali.
Però le possibilità ci sono.
In questi primo mese e mezzo di governo, la politica del nuovo governo è stata all’insegna della
continuità rispetto al precedente, confermata anche dalla conferma di buona parte dei ministri di Kirchner
ai loro posti.
Per quanto riguarda le relazioni internazionali, si sono già visti i primi segnali di una ricerca di un
posizionamento forte all’interno del Sudamerica, di una leadership congiunta con Chavez e Lula, e di una
presa di distanza dagli Stati Uniti e dalla loro politica.
Estendendo lo sguardo a tutta la regione, la lettura dell’inizio di un “nuovo corso” in America Latina, per
la presenza di governi più o meno progressisti in molti Paesi (Brasile, Venezuela, Cile, Ecuador,
Uruguay, Argentina, Bolivia, Nicaragua) è probabilmente un po’ superficiale e non tiene conto delle
diversità e delle specificità di ogni Paese. Ma senza dubbio, rispetto pochi anni fa, il panorama è
sicuramente migliore e il ruolo dell’Argentina in questo processo è fondamentale, e può essere di grande
impulso affinché il continente avanzi verso la costruzione di società finalmente più giuste.
Info: [email protected]
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ARGENTINA (2), TRA I RAGAZZI DELLE GIOVANI PERIFERIE
(di Francesco Pulejo, ProgettoMondo Mlal a Buenos Aires) - Secondo
una definizione azzeccata dello scrittore spagnolo Montalban, “Buenos
Aires è la capitale di un regno che non è mai esistito”.
I turisti arrivano a migliaia da tutto il mondo per mescolarsi alla sua
atmosfera affascinante, fare shopping, girare per i mercatini di
antiquariato, imparare il tango, concedersi grandi abbuffate della
famosa carne locale.
Ma Buenos Aires è soprattutto la capitale dell’Argentina, un Paese che
passa ciclicamente per crisi economiche spaventose, dalle quali si
rialza lasciando un numero crescente di persone ai margini e una
concentrazione della ricchezza sempre più accentuata.
L’ultima crisi, nel 2001, è stata il punto d’arrivo di un decennio di politiche economiche ultraliberiste, in cui
si è privatizzata, svendendola, tutta la struttura dello Stato, a partire dall’enorme settore energetico del
paese, e si sono prese misure che hanno portato allo smantellamento del settore industriale, ed alla
conseguente perdita di una gran quantità di posti di lavoro. Questa situazione finalmente è esplosa in
una crisi che ha lasciato il Paese, uno dei più ricchi del mondo in termini di risorse naturali, ed il più
avanzato dell’America Latina secondo gli indici di sviluppo umano, con dei livelli di povertà e di indigenza
mai raggiunti prima (il 60% della popolazione sotto la linea della povertà, di cui il 30% indigente), e con
una struttura economica e sociale in macerie.
È in questo contesto di estrema difficoltà che si inizia nel 2003 il progetto “Giovani Periferie” in
collaborazione con la Fondazione SES, specializzata in tematiche relative all’universo giovanile.
L’emergenza dovuta alla crisi rende fondamentale e urgente affrontare il problema del lavoro nelle grandi
periferie della città di Buenos Aires.
Perché, oltre l’autostrada “General Paz”, la tangenziale che delimita la Capitale Federale, con i suoi 3
milioni di abitanti, dalla provincia, si estende lo sterminato Cono Urbano, 9 milioni di persone che vivono
molto lontani da quella “Parigi del Sudamerica” di cui parlavo: si susseguono senza soluzione di
continuità quartieri sterminati con servizi scadenti, disoccupazione, delinquenza, droga. E poi vere e
proprie baraccopoli, un po’ dappertutto, lungo le linee del treno, di fianco alle discariche legali o abusive,
sotto i cavalcavia, in terreni incolti occupati progressivamente. E come in tutte le grandi metropoli
sudamericane, i primi a subire le conseguenze delle crisi sono i più giovani.
Il Progetto “Giovani Periferie” affronta il tema dell’esclusione giovanile in varie località del Cono Urbano,
con l’intervento di 4 organizzazioni locali: Fondazione “Crear vale la pena”, Fondazione “FOC”,
Fondazione “Crear desde la educación popular”, Associazione “El Encuentro”, ed in 4 anni ha formato e
accompagnato a più di 1.300 giovani, in maggioranza adolescenti che hanno abbandonato la scuola e
non lavorano. Lo sviluppo di microimprese, la formazione professionale, l’inserimento lavorativo in
azienda, la creazione di radio comunitarie e la produzione di video alternativi come spazio di espressione
giovanile, l’allestimento di spettacoli teatrali e musicali, sono alcune delle attività portate avanti dal
progetto per aumentare l’emancipazione sociale dei giovani e favorire il loro inserimento nel mondo del
lavoro formale.
Tutte le attività hanno come obiettivo a lungo termine cambiare la mentalità dei ragazzi e delle ragazze
rispetto al loro ruolo nella società, e alla forma in cui vedono il lavoro. Nella gran maggioranza dei casi i
giovani vengono da famiglie in cui non esiste una cultura del lavoro, in cui i genitori non hanno mai
lavorato formalmente, ma sono sempre sopravvissuti con lavoretti occasionali e sussidi statali.
E’ una condizione difficile da capire per noi, abituati da sempre a vedere i nostri genitori alzarsi ogni
mattina per andare a lavorare, e portati a pensare che il lavoro sia più che un diritto una condizione
necessaria alla vita. Ma come ci sentiremmo in una condizione del genere?
Un educatore popolare del progetto racconta alcuni episodi che accadono nei corsi di formazione,
durante i primi incontri, e che rendono l’idea del punto da cui partenza il progetto.
Quando si chiede ai ragazzi, per esempio, di disegnare una fabbrica, sempre rappresentano un edificio
chiuso, abbandonato, in rovina. E’ così che hanno sempre visto le fabbriche.
Quando si chiede loro di quantificare cos’è una “grossa somma di denaro”, normalmente rispondono
“150 pesos”, cioè esattamente l’ammontare del sussidio mensile di disoccupazione, con il quale vivono le
loro famiglie, e che non raggiunge i 40 euro.
E finalmente, alla domanda: “Come mi vedo tra 5 anni?”, una risposta ricorrente, come drammatica
testimonianza che vale più di molte parole, è la seguente: “Morto”.
Risalire la china partendo da una condizione di questo tipo è molto difficile. Il progetto “Giovani periferie”
accompagna a questi giovani attraverso la formazione professionale, la partecipazione, l’integrazione
sociale, l’espressione artistica, l’inserimento lavorativo, in un cammino verso l’autoriconoscimento,
l’autostima, la valorizzazione della propria identità e della propria condizione di giovane, prima ancora
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che di lavoratore dipendente o indipendente.
L’Argentina sta uscendo dalla crisi, dicono le statistiche. Ma le stesse statistiche dicono anche che ad
ogni crisi, una percentuale sempre maggiore della popolazione rimane impigliata in quello che, con una
parola orribile ma efficace viene chiamato il “descarte”, come si dice qui, cioè nello scarto, nella parte
della società più povera, esclusa e discriminata.
Nel progetto “Giovani Periferie”, gli attori protagonisti sono adolescenti e giovani che stavano fuori dal
sistema educativo, senza un progetto di vita, senza una prospettiva di futuro, destinati a rimanere nel
“descarte”. Il Progetto sta dando loro una possibilità concreta per cambiare questo destino.
PER SOSTENERE IL PROGETTO
Versamenti su Banca Popolare Etica
c/c 512600
abi 5018
cab 12101
BRASILE (1), I PESCATORI DI ACUPE NEI PANNI DI “OPERATORI RESPONSABILI”
(di Loris Campana e Maria Revellin, equipe ProgettoMondo Mlal a Salvador
de Bahia) – Attorno alla nostra Casa Encantada continuano a lavorare i
progetti sociali da noi sostenuti anche economicamente grazie alle quote
dei nostri turisti responsabili.
Nella comunità Acupe di pescatori proseguono con soddisfazione le nostre
visite organizzate che registrano sempre un gran successo tra i turisti
responsabili. Turisti che, in questo modo, sentono di essere capitati in un
luogo autentico e di essere ben accolti, portando un po’ di felicità ed
entusiasmo nella comunità di pescatori. I pescatori e la guida hanno infatti
ormai acquisito una professionalità ed esperienza che garantiscono la
piena riuscita di ogni escursione. La puntualità, la sicurezza della canoa con la conoscenza della marea,
la disponibilità e umiltà verso lo straniero, l’offerta dei pasti economici e di qualità, l’artigianato ben rifinito:
questi sono i grandi passi e le conquiste fatte tutto sommato in poco tempo.
Di conseguenza, dopo queste visite, è naturale che nasca anche la disponibilità degli ospiti a contribuire
nel tempo a un microprogetto a sostegno delle persone e realtà incontrate.
In questo modo sono state ad esempio acquistate ora una canoa per i pescatori e per la guida e un
congelatore per alcune pescatrici di molluschi. Nonché buona è risultata la vendita di prodotti artigianali
tra Italia e Brasile.
Tra le notizie meno positive, la moria di tonnellate di pesce registrata quest’anno nella baia attigua ad
Acupe, che di fatto ha fermato l’attività della pesca riducendo ancor di più l’economia famigliare
sostenuta in via straordinaria da un apposito intervento governativo tramite la distribuzione di alimenti
alle famiglie.
Parallelamente è risultata a tutti scandalosa la copertura offerta ad alcune aziende brasiliane e
multinazionali della regione che scaricano liquami in mare. L’episodio arcinoto è stato chiuso con
l’attribuzione della colpa a un tipo di alga marina che, con l’innalzamento della temperatura e il
cambiamento del clima, avrebbe riscaldato le acque sprigionando una sostanza tossica che ha inquinato
la fauna marina…
Anche il gruppo di Capoeira “Mae Mirinha Portao” continua energicamente il suo lavoro con i minori e i
giovani del quartiere grazie al volontariato del Maestro Valerio. E gli ospiti di Casa Encantada
partecipano ad alcuni allenamenti, non troppo impegnativi, per sciogliere il proprio corpo, provato dallo
stress della vita occidentale, attraverso la terapia di questa danza-lotta.
Attualmente il maestro è impegnato anche in un progetto dove una quindicina di capoeristi partecipano a
un’orchestra in cui unico strumento è quello a corda percussivo denominato Berembal, strumento
principale nella capoeira.
L’orchestra è finanziata dal Comune di Lauro de Freitas, municipio appena fuori Salvador, che valorizza il
lavoro e la professionalità di questi maestri e professori di capoeira che da anni fanno volontariato con i
minori nel quartiere. L’orchestra si presenta nelle varie piazze, hotel e altre manifestazioni pubbliche con
spettacoli musicali sempre legati alle musiche dell’arte della Capoeira.
E’ poi nata una nuova iniziativa, il Gruppo Axe’ Lata, costituita sempre da giovani di periferia che con il
riciclo di bidoni dalla spazzatura, costruiscono degli strumenti percussivi e imparano a suonare ritmi afrobrasiliani.
La partecipazione è di una ventina di ragazzi, con una presenza discreta anche da parte delle ragazze
che insieme riescono a formare anche un gruppo solo femminile.
L’obiettivo del progetto è coinvolgere i figli dei raccoglitori di rifiuti, e le famiglie più emarginate del
quartiere, nelle attività culturali di musica, calcio e capoeira, educazione ambientale.
Attualmente i laboratori sono svolti all’ aperto in una piazza e gli attrezzi e gli strumenti vengono custoditi
in una piccola stanza di proprietà del Comune.
Il progetto Cepam, che lavora con bambini e adolescenti della periferia di Salvador di Bahia, invece, non
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sta attraversando un periodo troppo positivo. Nonostante l’aiuto raccolto attraverso le quote-progetto
richieste ai turisti responsabili ospiti della nostra Casa Encantada, si fa infatti ancora molta fatica a
garantire sostenibilità e dunque continuità alle sue attività educative nel quartiere. Uno dei principali
problemi sono i salari degli educatori: malgrado loro stessi siano impegnati nelle attività di produzione e
vendita di candele e di altri oggetti in cera per l’autosostentamento del Progetto, poche sono le persone
che ci lavorano e il lavoro si accumula. Ciò nonostante la fabbrica di candele produce costantemente, e
con qualità, i suoi oggetti, ed ha aperto un punto vendita all’interno di una delle Scuole più “in” di
Salvador.
Paradossalmente non risulta di troppo aiuto neanche il Ministero Pubblico che non consente un lavoro
con minori, se non in strutture a norma e con professionisti del sociale. Per il prossimo anno diventa così
seriamente a rischio di chiusura l’asilo come lo sono già le due attuali educatrici.
Mentre già a fine mese, dopo due anni di rate e con la restituzione totale della somma, avremo estinto il
microcredito investito nell’acquisto dell’impianto a gas per il pulmino del Progetto.
Proseguono con alti e bassi le attività del ristorante e della produzione di detersivi a causa della sempre
crescente concorrenza in zona di piccoli ristoranti familiari e l’apertura di un nuovo supermercato.
E seppure sono aumentate le quote-progetto dei turisti responsabili sono purtroppo venuti meno gli aiuti
degli amici del Belgio che si sono spostati su un altro Progetto seguendo il missionario belga fondatore e
promotore del progetto Cepam.
Per fortuna il salone comunitario continua ad essere regolarmente affittato per feste e matrimoni offrendo
così un piccolo aiuto al Progetto. Anche il Comune di Salvador, ma sporadicamente e sempre con gravi
ritardi, appoggia le attività del Cepam con una quota mensile.
Impressionante la volontà e la tenacia di queste donne che, sempre con preoccupazione e speranza,
continuano a formulare nuove proposte e richieste di co-finanziamento a Ong locali e non, Unione
Europea e associazioni e privati locali. Fino ad oggi senza buone notizie.
Info: [email protected] – www.casaencantada.it
BRASILE (2), SUL CAMPO CON I NOSTRI COFINAZIATORI PUBBLICI
(di Aldo Magoga, ProgettoMondo Mlal a Rio de Janeiro) - Con
Sabrina Gullo, capo delegazione dell’Ufficio VII del Ministero degli
Affari Esteri, venuta dall’Italia insieme a Maura e Daniela per seguire
l’andamento dei progetti di cooperazione cofinanziati e fare le
verifiche tecniche e amministrative del caso, ci eravamo già
conosciuti in Guatemala nel 2003. Ed é piacevole rincontrarla a bordo
dell’aereo con vista sul Rio delle Amazzoni.
E insieme siamo dunque sbarcati a Boa Vista dove ci aspettava il
nostro cooperante Federico, da un anno nella nostra equipe del
progetto Indigeni Migranti.
Un bel clima ha caratterizzato gli incontri facile è stato entrare subito
in tema: il progetto, il contesto, la politica, le attività, il centro per i migranti, il microcredito, il presente e il
futuro di Roraima, uno stato grande quanto l´Italia e con meno abitanti di Torino... Indigeni, contadini
urbanizzati, in cerca di un futuro migliore in città. A Boa Vista.
Impossibile non ripensare al commento del nostro responsabile di Area, Enrico Garbellini, che quando
eravamo venuti insieme la prima volta a conoscere equipe e progetto, si era chiesto: “Boa Vista? Ma
dov’é la bella vista?”. Già.
Boa Vista, città nata come punto di aggregazione di cercatori d´oro e tutto ciò che ci si può immaginare a
essi collegato, che solo da qualche decennio, per ragioni elettorali, é diventata capitale di uno stato
sperduto nel nord del Brasile, al confine con il Venezuela. Eppure Boa Vista ha il fascino della città
fantasma ma abitata. Ferma in una singolarità dello spazio-tempo che solo la colonizzazione e la
globalizzazione insieme riescono a creare. Un pezzo di Nicaragua in Brasile. Il caldo, il sole, le banche, il
pesce fritto, e tanta povertà ed emarginazione.
A parte il pesce fritto, la sensazione è davvero di stare in Centro America!
Mentre Daniela e Maura sprofondano la testa nelle fatture, estratti conto, rendicontazioni, cambi, con
Sabrina Gullo entriamo nei dettagli progettuali.
La missione prosegue il giorno successivo con la cosiddetta visita di campo che, nel gergo della
cooperazione, si intende l´incontro con i partecipanti, gli stakeholders, gli attori progettuali, insomma con
le persone e ciò che fanno anche grazie al progetto.
La visita di campo dà il davvero senso di ciò che facciamo. Una visita spesso breve, in cui si arriva in
ritardo, nella quale si respira e traspira emozione, voglia di comunicare. E poi, generalmente si va via,
portandosi via ricordi confusi e lasciando alle spalle aspettative incomplete, e spesso molte foto. Ma
questa volta é diverso. Unendo anni di esperienza, metodologie di analisi da manuale, ragionamenti
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filosofici e politici, impostiamo la visita di campo utilizzando la metodologia sperimentale partecipativa. E
cos'è meglio di una visita di campo di un progetto dove le persone che usufruiscono del credito hanno
aperto, tra le altre cose, un ristorante e un salone di bellezza? Effettivamente “ristorante” e “salone di
bellezza” possono suonare come termini pretenziosi, ma esiste realmente un bel chiosco con tavoli
all’aperto, carne alla brace e birra, così come c’è oggi una cabina in legno con sofà e sterilizzatore di
forbici, limette, smalti, cotone: tutto per la cura di viso, mani e piedi!
La “visita di campo” é stata così un viaggio nel viaggio. É stato emozionante e intenso l´interscambio con
le persone. E poi non si é solo mangiato o fatto il manicure. Abbiamo visitato il centro di formazione in
tecnologie informatiche, l´esperienza di micro-credito applicata all’artigianato per il turismo, approfondito
le dinamiche relative alla migrazione e alla marginalità socio-economica.
Abbiamo incontrato un vescovo (Don Roque) che, pelata la frutta, ce la offriva spicchio alla volta nella
più umile semplicità. Un bravo e impegnato vescovo venuto dal Sud (e qui é come arrivare dalla Russia)
per cercare di rafforzare una realtà davvero fragile, dove il ProgettoMondo Mlal costituisce una delle
poche, se non unica, esperienza di cooperazione internazionale.
Per la seconda parte della missione, abbiamo ripreso l´aereo per raggiungere Brasilia, capitale disegnata
a tavolino dal famoso Oscar Niemeyer, ormai centenario ma sempre lucido e creativo. Qui era infatti in
corso di realizzazione l’evento finale del programma di emergenza socio-sanitaria 2006/2007 organizzato
dal Consigliere Colella dell’ambasciata e dove siamo stati presentati come “una delle più importanti ONG
italiane”. Evviva!!.
Anche per me è stato un ritorno al passato: un fritto misto alla piemontese in un’accozzaglia tipica di
questo meraviglioso mondo della cooperazione.
Nell’incontro si è parlato di tutto: futuro, passato, buone pratiche, sostenibilità, sviluppo, diritti umani,
agricoltura, biodiesel, informatica, educazione, sanità, emergenza, post emergenza, linee tematiche,
aree prioritarie, fondi, sinergie, governo locale, attori pubblici e privati, problemi delle ONG, visti,
riconoscimenti giuridici, tasse, governi che cadono... Insomma un’immersione di due giorni nel mondo
della cooperazione italiana in Brasile.
Info: [email protected] – www.progettomomdomlal.org
BRASILE (3), IO GIOVANE CASCO BIANCO AL PRIMO BANCO DI PROVA
(di Silvia Balmas, Servizio civile ProgettoMondo Mlal a Recife) - Da pochi giorni
sono arrivata ad Olinda e la grande casa in stile coloniale sembra priva della sua
anima senza i 90 ragazzi che nei prossimi mesi la frequenteranno tutti i giorni.
Ciò nonostante il lavoro non manca. Sono infatti molte le cose da fare e già
abbiamo avuto la prima riunione qualche giorno fa con Padre Alberto e due dei
colleghi brasiliani, Germana e Murilo. Questi ci hanno spiegato in breve, e in
modo molto interessante, la storia di Casa Melotto e, più in generale, come
funziona la sua organizzazione interna.
Innanzitutto Casa Melotto lavora su due fronti: dalla parte delle scuole superiori
offrendo programmi di assistenza allo studio e dalla parte dell’Università offrendo
borse di studio per tirocini ai suoi studenti.
Ogni anno vengono dunque selezionati 30 giovani delle scuole superiori che per
i successivi 3 anni seguiranno le attività di Casa Melotto. Di questi ragazzi, 15, appartengono alla Escola
Sigismundo e altri 15 al Colegio Escolar de Olinda.
Le borse di studio per studenti universitari sono invece 24 per ogni anno, piú 1 per un tirocinante in
pedagogia. Gli atenei che hanno aderito al programma sono l’Università Catolica de Pernambuco (dalla
quale provengono la maggior parte degli stagisti) e la Facultade de Filosofia do Recife (FAFIRE).
Tutto ciò vuol dire che questa grande struttura ospiterà giornalmente i 90 ragazzi dal primo al terzo anno,
piú i vari tirocinanti, educatori, assistenti sociali.
La situazione delle scuole superiori in Brasile é molto problematica: dalle lacune nei programmi, ai
professori non preparati, all’organizzazione e gestione generale che non é funzionale. Casa Melotto non
può risolvere questi problemi immediatamente, ma propone un intervento a partire dal basso, dagli
studenti che possono, con il loro atteggiamento, cercare di cambiare ciò che nella scuola non funziona o
é carente.
In questo senso Casa Melotto si propone di agire su tre livelli: quello della scuola superiore, quello dell’
Università e ultimo, ma non meno importante, quello della famiglia. Ogni mese vi sono infatti incontri delle
famiglie dei ragazzi con Alessandri, l’assistente sociale della Casa, poiché, scuola a parte, sono molto
importante l’ambiente familiare e l’educazione che i ragazzi ricevono anche fuori dalla scuola.
La Casa é aperta dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 13 con attività guidate da educatori e stagisti, e il
sabato dalle 8 alle 16. Il mercoledì é l’unico giorno in cui le attività sono un po’ diverse e i professori non
sono presenti: vengono così proposte ai ragazzi delle attività chiamate di formazione umana, volte a
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stimolare nei ragazzi nuove idee per iniziare a fare ricerche di vario tipo, su svariati argomenti.
Durante i giorni restanti, ossia di lunedì, martedì, giovedì e venerdì, i ragazzi sono divisi per classi e per
aule e lavorano insieme agli educatori dalle 7.10 alle 9.00. Poi segue un intervallo di 20 minuti. Quindi
nell’ora successiva i ragazzi vengono divisi in 5 “squadre di pulizie”: ogni giorno a ogni squadra viene
dato un compito riguardante la pulizia dei locali della Casa, al fine di sensibilizzarli a lavorare in gruppo
ed a stimolare la coscienza civica.
Successivamente, alle 11.50 viene servito il pranzo in una grande sala comune e si terminano le attività.
Il sabato invece si tengono corsi di informatica della durata di 40 ore totali, divisi in due livelli, di base e
avanzato, e corsi di espressione artistica, in particolare di teatro e di musica. Questi corsi sono rivolti ai
ragazzi del primo e del secondo anno poiché quelli del terzo sono già molto impegnati a prepararsi per il
famoso Vestibular, una sorta di test d’ingresso che poi permetterà loro di entrare o meno all’Università.
Un aspetto molto importante é la selezione dei giovani che entrano a Casa Melotto che nel tempo è
andata un pò modificandosi a causa del grande successo che il programma ha avuto, e sta avendo, nel
sistema educativo brasiliano.
Inizialmente agli educatori veniva dato uno spazio durante l’anno scolastico dove venivano invitati nelle
scuole a spiegare ed a “promuovere” le attività di Casa Melotto, attualmente si é persa questa abitudine
a causa del grande successo e fama che la Casa ha guadagnato durante questi ultimi anni, il numero di
candidati infatti é sempre maggiore dei posti disponibili, ora il passaparola é il metodo di promozione del
progetto. É stato anche creato un sito internet (www.casamelotto.org.br) che raccoglie testimonianze,
elenco delle attività, la storia, foto e video.
Il processo di selezione é basato su tre momenti: nel primo si fa una dinamica di gruppo, nel secondo i
candidati preparano una presentazione su un cartellone dove spiegano le loro aspirazioni, ciò che
vorrebbero diventare e pensano opportuno per il loro futuro, infine hanno un colloquio individuale nel
quale raccontano dì sé. Naturalmente vi sono altri fattori importanti per la selezione: prima cosa ci si basa
sulla situazione socioeconomica della famiglia di appartenenza del candidato e successivamente si
guarda anche alla situazione famigliare del ragazzo; é molto importante che l’attitudine della famiglia sia
positiva e orientata allo studio, un approccio che spinga il ragazzo a migliorare le sue capacità e non lo
ostacoli nelle sue scelte. Per questo ogni terzo sabato del mese viene fatta una riunione con i genitori.
Per ora questo é tutto quello che so della vita che si nasconde dietro questa grande Casa, ora in letargo
e vuota. Aspettando di assaporare anche l’atmosfera piena di vita e di stimoli che ci sarà a breve, ho
partecipato, a Joao Pessoa, alla valutazione del progetto fatta dai ragazzi che hanno appena concluso il
terzo anno. É uno strano modo di iniziare l’attività, dalla parte inversa, ma molto interessante per captare
le cose positive e cercare di correggere già all’inizio ciò che in passato si é rivelato non funzionare bene.
Info: [email protected]
MAROCCO (1), NEL CUORE GIOVANE DEL CAMBIAMENTO
(di Elisa Fornalè, ProgettoMondo Mlal Marocco) - Oggi prendo parte per
la prima volta a una missione di sopralluogo per individuare le realtà in
cui aprire le nuove Mediateche previste dal progetto Migrazione, tutti in
rete!
La prima destinazione è la Maison de Jeunes di Khouribga. Ad
attenderci troviamo la restante parte dell’equipe: Zoubida, la
responsabile locale delle attività, ed Hicham, il nostro animatore.
Il direttore, un ex responsabile della gestione delle colonie statali per le
vacanze di Agadir, dimostra un particolare interesse per il nostro
progetto e grande volontà di prendere parte alle nostre attività. Il centro
ci appare particolarmente attivo, lui stesso ci parla delle numerose attività che si svolgono
quotidianamente e soprattutto mi stupisce apprendere che anche loro hanno da poco realizzato una
sorta di università popolare, simile a quelle che esistono all’interno dei nostri comuni italiani, con
professori volontari e con una partecipazione particolarmente alta della popolazione, di circa il 50 per
cento. In particolare rimango impressionata quando mi dice che il tema scelto per il ciclo di conferenze
che si terrà nel corso di tutto l’anno 2008 sarà lo sport e la violenza durante le manifestazioni sportive, e
il pensiero va inevitabilmente all’Italia.
Inizia il tour della Maison, ci vengono presentate enormi sale, purtroppo completamente prive di ogni tipo
di struttura, né tavole né sedie…e mi chiedo come possano fare i giovani a porre in essere qualunque
tipo di attività… Il direttore lamenta l’assenza sia di una struttura logistica sia di un apporto finanziario da
parte dello stato. Sembra che l’aver messo a disposizione dei muri possa essere sufficiente.
In ogni caso è rincuorante vedere lo spirito d iniziativa di questi giovani e la loro voglia di fare. Nella sala
grande incontriamo un ragazzo, che dice di essere il direttore artistico di una opera teatrale che ha
passato le prime selezioni regionali e che verrà proposta a Casablanca, incentrata sul tema della
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migrazione. Ci mostra la struttura scenografia che è stata interamente realizzata incollando gli involucri
dello zucchero, ma l’effetto è davvero sorprendente.
Si riparte alla volta di Htane, un piccolo comune a 14 km di Khouribga. La maison è spoglia, tutto chiuso,
e si ripropone lo stesso scenario, sale vuote, sporche e non attrezzate. Il direttore non sembra gran che
interessato alle attività che si svolgono e manifesta poca attenzione. In compenso ci introduce un gruppo
di ragazzi appartenenti al tessuto associativo che sono davvero incredibili. Ci accolgono calorosamente e
non smettono di ringraziarci per essere passati anche da loro. Loro adorano il cinema e hanno creato
una piccola associazione per realizzare dei documentari sulla migrazione. Purtroppo non hanno né fondi
né strutture idonee, ma questo non impedisce a loro di darsi di fare ed addirittura hanno fatto un lungo
metraggio di cui ci danno subito copia. Si arrangiano come possono, sono tutti laureati ma senza uno
straccio di lavoro, però ci dicono che cercano di tenersi attivi per non farsi prendere dallo sconforto. La
maggior parte dei loro coetanei sono partiti in Italia di un maniera irregolare o non…ma loro non se la
sono sentita di correre il rischio.
Il paese per quanto la distanza sia breve è completamente isolato, non esiste alcun mezzo di trasporto
pubblico, tranne qualche trasporto collettivo che consente di spostarsi ma di rado… e pensare che
Sarkozy al momento della sua ultima visita ha proposto ed accordato la realizzazione di un bel TGV che
possa collegare Tangeri e Casablanca, quando il centro del Marocco è completamente isolato e ahimé
l’asinello resta il mezzo di trasporto privilegiato. E’ pazzesco vedere come esistano all’interno del
Marocco dei mondi cosi paralleli e non destinati ad incontrarsi.
Si ritorna a Khouribga, ci aspetta il coordinatore di tutte le associazioni locali operanti sul territorio. E’
davvero un personaggio. Ha trascorso 5 anni in prigione per avere ostacolato il percorso dei treni che
trasportavano i fosfati estratti nella regione. Infatti l’estrazione e la produzione dei fosfati rappresentava la
maggiore attività della regione, ma come tutti sanno i proventi di tale attività non si riversavano a profitto
della popolazione che vi era dedita, ma al contrario veniva fortemente sfruttata. Lui si è fortemente
opposto, accusando anche pubblicamente il re, ed è finito in prigione per ben 5 anni.
Ci presenta con orgoglio la sua numerosa famiglia. Sono presenti entrambe le mogli, infatti la prima ci
racconta che anche se hanno divorziato tanti anni fa, ora lei, lui e la nuova moglie, più giovane di almeno
30 rispetto a lui, sono tutti insieme come una sola famiglia e che sono diventati ormai come dei fratelli.
Un quadro familiare davvero suggestivo.
La sua memoria storica è stupefacente e non prende neppure fiato per raccontare tutto quello che ha
passato. Appena uscito dal carcere voleva costituire una associazione ecologista per opporsi alla
distruzione della grande foresta di Khouribga, il polmone verde della città, come l’ha denominata. In
realtà e’ stato ostacolato in tutti i modi e le autorità pubbliche hanno sospeso l’esame del suo dossier per
poi approvare la creazione della sua associazione una volta che la foresta era ormai stata interamente
distrutta. Ci ha fatto vedere le foto che gelosamente conserva e quel che ora ha sostituito la suntuosa
foresta è un centro commerciale di proprietà di una delle sorelle del re.
Meno male c’è con noi Hicham che è davvero infaticabile e tira su il morale di tutta l’equipe.
Lui ha perso il fratello pochi anni fa. Il fratello, Said, ci racconta ha tentato di attraversare irregolarmente
la frontiera al confine con la Tunisia e non ce l’ha fatta. In Hicham persiste il rimorso per aver in qualche
modo permesso che la tragedia si verificasse. Infatti dopo diversi anni trascorsi nella povertà Hicham è
stato ingaggiato dalla squadra di atletica nazionale ed è arrivato a vincere delle competizioni mondiali.
Nel frattempo il fratello gli aveva manifestato la volontà di proseguire gli studi universitari in Francia e
Hicham con i proventi del suo lavoro riteneva di poterlo aiutare a realizzare il suo sogno. Purtroppo non
sapeva che i soldi che gli aveva dato erano destinati a pagare un passeur che aveva promesso di portare
Said in Italia clandestinamente ed Hicham assieme alla madre l’ha appreso solo dopo che la tragedia si è
inesorabilmente consumata. Da allora ha lasciato per sempre la carriera atletica e vive precariamente di
espedienti.
Da qualche mese ha deciso di far parte della nostra equipe e la sua presenza è davvero insostituibile.
Info: [email protected]
MAROCCO (2), UNA MIGRAZIONE RESPONSABILE PER POTER ESSERE QUALCUNO
(di Silvia Schenone, Servizio Civile ProgettoMondo Mlal a Beni Mellal) –
ProgettoMondo Mlal e la Fondazione Zakoura Education hanno presentato
all’Accademia Regionale d’Educazione e di Formazione di Tadla Azilal (AREF) il
progetto triennale “Mi più da clandestino!” (promozione di azioni di educazione e
formazione per la migrazione legale), avviato due anni fa.
Ester Zappata, coordinatrice dei progetti in Marocco per ProgettoMondo Mlal e
Mounia Benchekroun, direttrice della Fondazione Zakoura, hanno illustrato
pubblicamente obiettivi e programmazione generale delle attività del progetto in
seno ad una giornata che ha visto la partecipazione del mondo accademico
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(Università di Beni Mellal e Mohammadia), del mondo culturale locale, dei rappresentanti della politica e
delle organizzazioni internazionali (Ministero dell’Educazione Nazionale, OIM Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni, ANAPEC Agenzia Nazionale per la Promozione dell’Impiego e delle
Capacità) e di numerose associazioni di volontariato impegnate nel campo della migrazione e del
sostegno alle famiglie vittime dell’emigrazione illegale.
ProgettoMondo Mlal e Fondation Zakoura conoscono bene il contesto specifico della Regione di Beni
Mellal grazie al primo progetto di Educazione Non Formale “Tornare a Scuola”che ha permesso di creare
30 scuole nei douars della Regione di Tadla Azilal; con il progetto “Mai più da clandestino!” attraverso i
canali legali nella Regione di Tadla Azilal” hanno inteso intercettare il momento del passaggio dalla
scuola al mercato del lavoro, poiché la Regione presenta il tasso di disoccupazione più alto del Marocco,
ciò che spinge i giovani a migrare verso l’Europa, principalmente in Spagna e in Italia. L’obiettivo
generale del progetto è dunque proporre un’alternativa all’emigrazione clandestina, di cui i giovani sono
considerati vittime, ma tale obiettivo può essere raggiunto solamente grazie a degli obiettivi specifici
come l’informazione sui canali legali di emigrazione e una formazione volta da un lato, a stimolare una
cultura dei diritti umani di cui i giovani siano coscienti e dall’altro, a far emergere il diritto a intraprendere.
La prima tappa del progetto è stato uno studio socio-antropologico effettuato dal prof. Kamal Mellakh,
sociologo dell’Università di Mohammadia, il quale ha svolto un’analisi del contesto: la Regione di Tadla
Azilal vanta una posizione strategica in Marocco grazie alle sue risorse agricole (la campagna copre il
66% del territorio) e alla popolazione giovanile under 25 (più del 50% della popolazione totale).
Nonostante ciò l’agricoltura non ha subito miglioramenti in termini di modernizzazione, il tasso di
analfabetismo è alto (37,8% nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni), la formazione e l’impiego
non sono adeguati e si rileva una mancanza di infrastrutture culturali, sportive, sociali ecc.
Queste sono le cause principali dell’emigrazione verso l’Italia (50% della popolazione dopo il 1990, di cui
l’85% nella fascia di età 20/39), fenomeno che si caratterizza per le numerose andate-ritorno effettuate
durante l’anno dai migranti e che vede l’aumento delle attività illegali a fianco delle attività legate al
settore edile (33%), al commercio ambulante (32,4%) e all’industria (11%). Esistono due aspetti
interessanti rispetto alle caratteristiche dei “candidati” migranti: sempre di più la domanda investe
giovanissimi in fascia di età 14/16 che hanno, nella maggior parte dei casi, parenti in Europa e la
tendenza a migrare aumenta tra coloro i quali risultano insoddisfatti dal lavoro o in corso di formazione e
tra le giovani donne.
Secondo lo studio di Kamal Mellakh, l’emigrazione rappresenta lo strumento privilegiato per
l’acquisizione di uno status symbol per essere rispettati dalla famiglia e dal contesto sociale di origine anche per l’invio di denaro che viene reinvestito in Marocco - ma vi è una falsa conoscenza e una debole
percezione critica delle reali condizioni di vita in Europa (salari elevati, aiuti pubblici, libertà dalle
costrizioni sociali del contesto di origine ecc).
Di fronte a questo studio, che mette in evidenza quanto meno un’ incertezza nei confronti del futuro da
parte dei giovani, la seconda tappa del progetto ha visto una fase di sensibilizzazione attraverso
l’apertura di 25 mediateche in diversi licei della Regione dove si forniscono servizi di informazione e
orientamento su tematiche quali la possibilità di studi superiori in Marocco, la formazione professionale,
gli investimenti e l’impiego, i diritti di cittadinanza, lo sviluppo umano e la valorizzazione di sé, lo spirito di
iniziativa e la creazione d’impresa, le procedure legali per la migrazione.
In ultimo ProgettoMondo Mlal e la Fondation Zakoura Education hanno avviato la terza tappa del
progetto, prosecuzione naturale del percorso, ovvero un programma di formazione per il rafforzamento
dell’autonomia dei giovani, il quale si sviluppa attraverso sessioni in cui gli animatori propongono giochi
interattivi di gruppo, atelier di teatro, dibattiti sulla proiezione di un film o articoli di giornale o
testimonianze dirette di migranti, in grado di rimettere in gioco le idee “indotte” e “ricevute” dei
partecipanti.
Possiamo ben dire che questa esperienza rappresenta una forma di partecipazione che è del tutto unica
nella Regione, poiché i giovani possono esprimere liberamente le loro percezioni e le loro attitudini in uno
spazio sociale da loro gestito. Fornire già degli strumenti partecipativi ai giovani per confrontarsi in
gruppo su tematiche trasversali considerate “tabù” consente di instillare in essi la consapevolezza dello
spirito di cittadinanza e dei diritti a esso legati e permette loro di sperimentare il funzionamento
democratico all’interno delle assemblee e delle sessioni autogestite nelle quali l’animatore diventa il
moderatore.
Info: [email protected]
MAROCCO (3), NUOVA ONDATA DI ARRESTI E DEPORTAZIONI SUL CONFINE
Roma - Dal 19 gennaio di quest'anno sono ripresi in Marocco, in maniera massiccia, gli arresti dei
migranti subsahariani e la loro deportazione verso la frontiera marocco–algerina (frontiera chiusa dal
1994). Gli arresti hanno coinvolto anche i richiedenti asilo e i rifugiati riconosciuti dall'Acnur.
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Questa operazione xenofoba ha seminato il terrore nei quartieri di Rabat a forte presenza di immigrati
costringendoli a rimanere chiusi nelle loro case senza nemmeno la possibilità di rifornirsi di cibo e acqua
o di sottoporsi a cure mediche. Un'operazione vergognosa che risponde alle scelte della "fortezza
Europa" e alla sua politica di esternalizzazione delle frontiere, realizzata attraverso accordi con Paesi
nordafricani e dell'est europeo a cui viene delegato il compito di fermare i migranti nei luoghi di partenza
o transito verso l'Europa con metodi che col rispetto dei diritti umani hanno poco o nulla a che
fare.
Oltre alle perquisizioni e alle espulsioni, le autorità marocchine hanno anche diffidato e minacciato coloro
che affittano case agli immigrati. Queste prese di posizione sono state accompagnate da una campagna
mediatica dai toni razzisti, tesa a creare odio tra i cittadini marocchini e quelli subsahariani .
Contro questa operazione ribadiamo quanto è stato affermato nella dichiarazione finale dell'Assemblea
dei Migranti tenutasi durante il Forum Social Marocchino il 27 gennaio scorso e quanto contenuto nel
Manifesto della Conferenza Euro-Africana del 1 luglio 2006:
L'ARCI denuncia le “espulsioni indiscriminate effettuate dal governo marocchino, vere e proprie
deportazioni di massa, e il silenzio della comunità internazionale, in particolare dei Paesi dell'Unione
europea”, invita “i mass media e i giornalisti marocchini a non farsi complici delle politiche discriminatorie
e condanniamo ogni tentativo di diffondere odio e discriminazione” e chiede “il Parlamento europeo
intervenga urgentemente per fermare le espulsioni e le persecuzioni dei migranti e che promuova
contestualmente una indagine sul rispetto dei diritti umani in Marocco. Un Paese che ha molti legami con
l'Unione Europea ed è sempre più coinvolto nelle politiche di controllo ed espulsione messe in atto o
finanziate dall'UE, le cui conseguenze nefaste sono sotto gli occhi di tutti”.
L’Arci ha diffuso queste notizie ed ha espresso la propria solidarietà ai migranti vittime di queste
operazioni e a tutti i militanti delle associazioni che si battono in Marocco al loro fianco, mettendo a
rischio la propria liberà e la vita.
Info: ARCI Nuova Associazione - Via dei Monti di Pietralata, 16 - 00157 Roma - tel. +39 06416091
[email protected] - http://listes.rezo.net/mailman/listinfo/manifeste-euroafricain
BURKINA FASO, NON SARO’ UN ALTRO SIMBOLO DELLA GLOBALIZZAZIONE
(di Claudia Bentivoglio, Servizio Civile ProgettoMondo Mlal in Burkina
Faso) - Premesso che da 4 anni vengo regolarmente in Burkina Faso,
e che quindi il grande choc culturale della “prima volta” lo avevo già
vissuto a suo tempo, questa nuova esperienza del Servizio Civile mi
permette comunque di vivere una nuova quotidianità fatta di semplici
azioni giornaliere da inserire però in un contesto completamente
nuovo e radicalmente diverso.
Mancavo dal Burkina da un anno e, vivendo in Europa per 12 mesi
consecutivi, avevo dimenticato certe sensazioni ed emozioni del
primo impatto e altre a cui bisogna abituarsi.
Arrivata, subito mi sono dovuta abituare alla mia pelle, all’essere cioè
una bianca, incancellabile ed inconfondibile agli occhi della gente. Difficile è stato in questo caso
accettare e convivere con la realtà di trovarmi comunque e mio malgrado essere sempre sotto i riflettori:
dall’attenzione del bambino che per farsi due risate mi chiama per strada all’adulto che mi considera un
dollaro che cammina.
Gli occhi sono puntati su di me, nel bene e nel male, ed è questa la difficoltà forse più grande a cui non
ho potuto sottrarmi, perché l’anonimato qui, soprattutto a Bobo, cittadina di 1 milione di persone a
dimensione d’uomo, non esiste.
L’aspetto positivo di tutto questo è che, se stai al gioco, ti si apre un nuovo mondo e l’ospitalità,
l’accoglienza e la disponibilità di questo popolo ti si rivela tutta d’un colpo straordinaria. Non si è mai, mai
soli. E così in fretta mi sono riabituata alla gentilezza della gente nel darti un’informazione, nell’aiutarti in
strada per qualsiasi problema, nell’accompagnarti nel luogo dove sei diretta senza alcun interesse
nascosto, solo con un sorriso, sempre.
A detta di molti, i burkinabè, rispetto ad altri popoli africani, hanno una particolare fierezza nel
relazionarsi. Non si nascondano e se ci si pone con la giusta umiltà di chi vuole conoscere per
apprezzare, non hanno paura a mostrare la loro cultura, ad accompagnarti nelle loro corti per farti vivere
e conoscere le loro tradizioni.
Una fierezza che nasce dalla consapevolezza di avere un tesoro culturale inestimabile grazie al quale
non vivono la povertà (il Burkina è uno dei Paesi più poveri al mondo) come miseria o come
un’ineluttabile fatalità da subire. Lottano, incastrati fra tradizione e modernità, fra l’asino ed il dvd,
subendo una globalizzazione che non ha concesso sfumature e passaggi per gradi ma che, senza
misure, ha raggiunto anche il Burkina Faso innescando complesse reazioni con conseguenze sociali
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evidenti.
Mi sono sentita l’esempio di questa globalizzazione, l’esempio di chi importa uno stile di vita diverso, di
chi cammina con una macchina fotografica o con un portatile con la web. Tanto che all’inizio ho vissuto il
negativo di tutto questo. Ho sofferto l’inadeguatezza della mia presenza che, anche involontariamente,
soprattutto quando ho iniziato a relazionarmi con la gente, può rompere equilibri, può inserirmi
automaticamente in meccanismi incontrollabili per cui chi cammina, o parla, o conosce la bianca, viene a
sua volta considerato ricco, persona a cui chiedere senza dare, da escludere dalle relazioni di scambio
su cui tutta la vita africana si basa.
Così, in questa terra dai colori forti, dalle sensazioni forti dove non ci sono misure, ho imparato, o meglio,
da anni la gente cerca d’insegnarmi, ad andare piano, a non camminare veloce, a reagire con calma
aspettando il momento giusto.
Forse dopo 4 anni di esperienze ho imparato a gustare l’attesa, e quando le sensazioni di essere
inadeguata sono riemerse, ho preso tempo. Mi sono allontanata da tutto, mi sono concentrata sulle
semplicissime quotidianità, come per esempio svegliarmi alle 4 sentendo cantare l’Imam, uscire di casa e
incontrare in appena 10 minuti di cammino il sorriso di minimo 20 persone, fra cui un gruppo di donne
con i loro bambini aggrappati sulla schiena, un uomo con la sua zappa, un altro giovane in bici con una
sbarra di ferro lunga 3 metri appoggiata sulla spalla, un codazzo di bambini che vanno a scuola in
uniforme, una bambina di 5 anni con la sua sorellina piccola in spalla, un vecchio uomo con le cicatrici
sul viso caratteristiche di chi è stato re, una donna che dritta come un fuso cammina con chilo di legna
sulla testa…altri e altro. Tutti in cammino, tutti in marcia a fare i conti con la loro vita esattamente come
me, tutti che si svegliano la mattina e hanno un’intera giornata davanti da vivere piena di momenti e che
apprezzano questi momenti con una semplicità e con un sorriso che io spesso dimentico o sottintendo.
Provando tutto questo, notando che tutti, anche senza di me, vivono una vita dignitosa e soprattutto
serena, ho aspettato il momento giusto per superare la barriera che mi teneva lontano dalla gente e ho
iniziato a creare ponti, a parlare con le persone, a spiegare il mio punto di vista e mettere le basi per uno
scambio culturale che potesse superare i clichè classici del prendere dal bianco e sfruttare il nero.
Ho iniziato a porre davanti a me le emozioni e a farle vedere, a parlare di sentimenti, a imbastire ore ed
ore di discorsi per aprire porte e cercare un linguaggio comune.
Sono consapevole, certo, che il percorso intrapreso è difficile se non impossibile, e che la maggior parte
della persone non potrà capire, o meglio non è abituata a questo e non ha nemmeno il tempo per poter
riflettere e provare. Vivo in un Paese della mediazione, dove non si parla direttamente di sentimenti, dove
quando una persona piange le si dice di non piangere punto e basta perché non è bene e non ci sono
sfumature.
Dovrò aspettare, capire meglio, andare piano con tutti. Ma sono certa che con qualcuno riuscirò a
scambiare, a passare la mia cultura senza che questa valga appena un telefonino, la bella macchina o il
portafoglio.
Info: [email protected]
STORIE PROGETTOMONDO, ELISA MAMMA TRA MAMME SPECIALI
Verona – Volontaria sulle montagne boliviane a 4.000 metri di altezza per
3 anni e mamma in attesa del proprio primo bambino. Due esperienze
importanti e molto speciali che Elisa Aldrighetti, 38 anni di Verona, ha
vissuto contemporaneamente e con grande passione. Ce le racconta in
un’intervista da noi pubblicata anche sul mese di febbraio del calendario
ProgettoMondo Mlal (“2008, ogni mese una scelta importante”). Le
abbiamo posto alcune domande che possano chiarire anche a chi si
accosta per la prima volta al mondo del volontariato o all’esperienza della
cooperazione internazionale, cosa può fare la differenza per una donna
anche rispetto a un’esperienza già magica come quella della prima
gravidanza. Ecco qui pubblicate le sue risposte.
1) Ha avuto un significato speciale diventare mamma sulle Ande boliviane?
La gravidanza costituisce in Bolivia un’esperienza comune e fondamentale.
Il fatto che ad un certo punto anche io aspettassi un bimbo, ha profondamente trasformato il mio
rapporto con i contadini.
Trovarmi a confrontare quotidianamente la mia vita con quella di tante donne e madri mi ha fatto
vivere la gravidanza in Bolivia come un periodo straordinariamente sereno.
2) Ha influito l’esperienza con tanti bambini sul tuo essere mamma oggi?
Mi ha dato forza e sicurezza nelle scelte, anche quotidiane. Ho sempre in mente la forza e la
costanza delle donne quechua e aymarà, le prime a spaccare legna, a pascolare le pecore, ad
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accudire i figli, confezionarsi gli abiti, cucinare per tutti, andare a piedi fino al mercato per vendere
un’unica forma di formaggio che non possono permettersi di dare da mangiare ai figli. Ad aiutare
queste donne sono poi proprio i figli: sempre troppo poco vestiti per il freddo andino e spesso già
affaticati dalla strada fatta per andare e tornare da scuola.
3) In che cosa sono diversi i bambini boliviani dai coetanei italiani del tuo bambino?
Nelle comunità in cui lavoravamo, i coetanei di Giordano vivono ancora in “simbiosi” con la madre.
Fisicamente più piccoli e leggeri, vengono trasportati nell’aguayo e rimangono addormentati
facendosi sentire solo quando la fame incalza. Inutile dire che da queste parti nessuno ha mai
avuto pannolini, creme, saponi… E la cosa più grave: il non accesso all’acqua! Moltissimi di quei
bimbi muoiono entro i 5 anni di età, vivono con uno strato perenne di sporcizia addosso, ricoperti
da scabbia… In mezzo a tutto questo è anche estremamente raro vedere giocattoli.
4) Al di là della retorica occidentale, i bambini boliviani soffrono quali mancanze?
Nelle comunità rurali i bambini soffrono di importanti carenze in termini di risorse, alimentari,
idriche, naturali (combustibile), e di servizi, sanitario ed educativo. Risorse e servizi che noi
abbiamo invece in eccesso. A questo aggiungerei il fatto che in contesti di generali privazioni, in
quanto soggetti “improduttivi”, i bambini godono di poca attenzione da parte degli adulti. E dunque
crescono poco stimolati e senza opportunità. Mentre la nostra società, al contrario, è
“bimbocentrica”.
5) Oggi che sei tornata nel cosiddetto mondo sviluppato, cosa hai imparato da quei
bambini?
Quanto sia terribile non incrociare sguardi di bambino lungo le nostre strade, non vederli giocare
se non negli spazi “autorizzati” dei parchigioco!
Al di fuori della famiglia c’è il deserto degli affetti e delle emozioni.
Tutto ciò mi pare strano, specie quando ripenso al perenne vociferare scherzoso e spontaneo dei
bambini andini, al calore della loro accoglienza curiosa e pudica.
Info: con un’offerta si può richiedere il calendario 2008 a [email protected] – 045.8102105
VITA MLAL (1), UN PONTE ITALIA-COSTA D’AVORIO: E’ NATA MARIE ESTER
Firenze – Annalisa Romeo, infermiera e già nostra volontaria in Burkina Faso,
ha partorito una dolcissima bambina di nome Marie Ester. Venuta alla luce in
netto anticipo, nel pomeriggio dell’ultimo giorno dell’anno, Marie Ester è la gioia
di mamma e papà Francois e del piccolo Prince.
A tutta la neofamigliola, i nostri migliori auguri di tanta felicità!
Info: [email protected]
VITA MLAL (2), LUTTO IN CASA ANSELMI: E’ SCOMPARSO IL PAPA’ DI MARIELLA
Verona – Lo scorso 15 febbraio è venuto a mancare il papà di Mariella Anselmi, volontaria storica del
Mlal, e ancora oggi fortemente impegnata nel sostegno alle attività sanitarie avviate dal Mlal in Ecuador.
A Mariella, l’abbraccio di tutto il ProgettoMondo Mlal.
Info: [email protected]
CHI VA E CHI VIENE
FEDERICO LAGI, 35 anni, fiorentino, è stato selezionato per seguire la realizzazione del progetto
“Futuro giovane” in Nicaragua.
ERMINA MARTINI, torinese di 28 anni, è la nuova capoprogetto di “La forza dell’acqua” in Guatemala.
MARCO BORDIGNON, 35 anni di Bassano del Grappa, è in partenza per il Burkina Faso come nuovo
responsabile amministrativo del progetto “Sentieri della salute”.
ANNA ALLIOD, ALDO MAGOGA ed ESTER ZAPPATA, già capiprogetto Mlal hanno accettato anche
nuovi incarichi di responsabilità rispettivamente nelle aree Andina, Brasile e Cono sud, Marocco.
Inoltre, a supporto del lavoro del responsabile Centroamerica, Beppe Cocco, approderà in questi giorni al
ProgettoMondo Mlal anche il torinese MARTINO VINCI.
ROBERTO SIMONCELLI, già referente amministrativo in Bolivia e SILVIA MERCEDES AYON,
responsabile amministrativo in Nicaragua, amplieranno i propri incarichi anche per quanto riguarda le
rispettive aree (Brasile-Andina e Centroamerica).
NADIA SIMEONI, 30 veronese, già operatrice nell’Ufficio Educazione, torna a ProgettoMondo Mlal come
responsabile Risorse Umane.
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SOLIDARIETA’, 2008: UN NUOVO IMPEGNO A DISTANZA
Un modo tangibile per scandire il nostro nuovo anno con un appuntamento periodico che ci ricordi
l’impegno assunto con la solidarietà internazionale all’inizio del 2008 è l’adesione nostra o, fatta a nome
dei nostri cari, al Programma di SOSTEGNO A DISTANZA, specificatamente:
Adotta un adolescente di “Casa Melotto”, a Olinda, in Brasile, per sostenere l'accesso all'università
(Banca Popolare Etica di Padova, c/c n. 512850, abi 5018, cab 12101, bollettino postale n. 12808374).
• sostegno di uno studente alle superiori: 258 € all'anno
• corso di informatica: 180 € all'anno
• borsa di studio per un futuro insegnante: 150 € all'anno
B) Adotta una scolara di “Tornare a Scuola”, in Marocco (Banca Popolare Etica di Padova,
c/c 512080, abi 5012, cab 12101, bollettino postale n. 12808374).
• sostieni una scolara: 180 € all'anno (con libri e altro materiale didattico)
• sostieni 1 classe: 400 € (con materiali didattici e salario insegnante)
• sostieni 1 scuola: 9.000 € all'anno (arredi, gestione edificio, materiale didattico e salario
insegnante)
C) Adotta una famiglia di “Favelas più vivibili” a Recife, in Brasile, per il miglioramento delle condizioni
abitative (Banca Popolare Etica di Padova, c/c 512880, abi 5018, cab 12101, bollettino postale n.
12808374)
• sostieni una famiglia: 180 € all’anno
I sostenitori riceveranno la scheda del beneficiario con foto, sue notizie una volta all’anno e un
aggiornamento del progetto due volte all’anno.
Ovviamente sono sempre bene accette eventuali offerte libere, svincolate da ognuna di queste voci.
Info: Programma di Sostegno a distanza, tel 045.8102105 (Laura o Lucia) - [email protected]
ONG & ESTATE (1), “HO CAMBIATO PER SEMPRE IL MIO MODO DI VIAGGIARE”
(da Paolo Brizzi, turista responsabile di La Spezia) - Ci sarà un motivo se dopo un anno ho deciso di
tornare in Brasile! Certo che c’è un motivo. Tutti mi dicevano: ci sono tanti posti da vedere al mondo. Ma
non tutti hanno capito che per me, quest’angolo di Brasile, nello stato di Bahia, non è una località
turistica.
Lo scorso anno, quando ci sono stato per la prima volta, mi sono accorto al ritorno che sarebbe
cambiato, da quel momento in poi, il mio modo di viaggiare.
Nel frattempo ho percorso anche altre strade, ma dall’anno scorso ho aspettato con trepidazione
l’occasione per tornare a Itapuà e per riprendere il mio viaggio che è un viaggio appena iniziato e che so,
non finirà a breve, ma, al contrario, credo potrebbe cambiare i prossimi anni della mia vita.
E’ stato affascinante scoprire in così poco tempo così tante cose, incontrare così tante persone,
conoscere mondi così diversi.
Per uno come me, che è nato alla Spezia e da sempre vive in questa città e che da quasi quarant’anni
percorre tutte le mattine la solita strada per andare al lavoro, è un salto incredibile trovarsi in poche ore in
un mondo che non gli appartiene e per il quale prova grande ammirazione e rispetto.
La decisione di sperimentare un diverso modo di viaggiare era da molto in me; l’interesse e la curiosità
per le culture diverse, era già parte di me. L’occasione di partire si è resa possibile recentemente con
l’affievolirsi di altri impegni.
Da qui la scoperta di organizzazioni che promuovono il turismo responsabile, la consultazione di alcuni
siti e poi la scelta del viaggio a Itapuà.
E proprio dalla scoperta di Itapuà nasce l’impossibilità di prendere oggi strade al di fuori di questi itinerari.
Certamente è stato fondamentale l’incontro con Casa Encantada e le persone che la rendono viva. Una
casa è solo una casa, ma questa è la sede di un’Organizzazione di volontariato internazionale che cerca
di sensibilizzare chiunque passi da lì per iniziare un percorso di conoscenza.
Dal momento dell’arrivo a Casa Encantada, dall’inizio, subito dopo l’incontro di orientamento e di
programmazione, parte un processo che a piccoli passi introduce in questa realtà tutti coloro che, senza
pregiudizi né stereotipi, vogliano avvicinarsi ad altri mondi.
E le scoperte non mancano: con l’aiuto di Loris e Maria e con la loro mediazione culturale è possibile
avvicinarsi a una grande città come Salvador de Bahia e alle sue immense periferie, ai lavoratori delle
cooperative, ai pescatori di Acupe, ai contadini del movimento dei Sem Terra, ma soprattutto a un
microcosmo di persone che si possono incontrare ovunque durante questi viaggi, e che già al momento
dell’incontro si percepiscono amiche in quanto già amici di Loris (equipe responsabile casa Encantada).
Credo oggi di poter affermare che questi viaggi in realtà inizino quando finiscono. Grande è l’impegno
durante il viaggio per le emozioni che si vivono, le conoscenze che si fanno, ma altrettanto importante la
rielaborazione una volta tornati a casa, e la rivisitazione di tutto ciò che è successo.
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E capire che si è imparato a gioire di piccole cose, apprezzarne altre, essere più tolleranti, comprensivi,
rivedere le troppe cose inutili che ci appartengono, rivisitare il nostro stile di vita, conoscere realtà che
non sono nostre e prendere maggiore coscienza degli innumerevoli problemi della Terra.
Info: [email protected] – www.casaencantda.it
ONG & ESTATE (2), AL VIA I CAMPI DI LAVORO TRA IMPEGNO E CONOSCENZA
Reggio Emilia – Cominciano a circolare le prime proposte di campi estivi per la prossima stagione. Tra le
idee, quelle del Centro Missionario Diocesano di Reggio Emilia (www.cmdre.it) che sta presentando
pubblicamente i campi in Brasile (lunedì 18 febbraio alle ore 21,00 presso la Parrocchia di S. Luigi in
via Torricelli a Reggio), in Madagascar (mercoledì 13 febbraio alle ore 21.00 sempre presso la sede di
RTM di via Mogadiscio, 1 - vicino all'aeroporto).
Inoltre sono cominciati anche i corso di formazione prima della partenza: per il campo in Sierra
Leone domenica 17 febbraio (ore 20,30 presso la parrocchia di Poviglio), per i campi in Romania e
Turchia organizzati dai frati Cappuccini è necessario iscriversi entro il 1° aprile ma il "Percorso formativo
francescano alla missionarietà" è già iniziato.
Per i campi in India e Cile organizzati dai Servi di Maria è necessario iscriversi al più presto perché la
formazione è già iniziata
Info: Centro Missionario Diocesano, Via Ferrari Bonini, 3- Reggio Emilia tel. +39-0522-436840; Fax +390522-43399 - [email protected] - www.cmdre.it
ONG & EDITORIA (1) UN DUEMILAOTTO DIVERSO
Verona - Dopo i calendari sui temi di diritti dell’infanzia (2003), ambiente e turismo
responsabile (2004), obiettivi di impegno Mlal (2005), crisi e responsabilità sociale
(2006), risultati dei nostri Progetti (2007), il calendario ProgettoMondo Mlal
edizione 2008 è dedicato alla figura del volontario/cooperante. E, più ancora in
particolare, alle esperienze anche personali dei nostri operatori all’estero, vecchi e
nuovi, giovani e meno giovani, molto lontani o più vicini.
Ne è venuta fuori una galleria di tanti visi e di altrettante motivazioni, tutte sempre
vissute con intensità e partecipazione. Impegno e convinzione.
E questa è senz’altro un’altra delle ricchezze Mlal.
Infatti, passano gli anni, cambiano o crescono obiettivi e orizzonti di ciascuno di
noi, ma rimane tutta intatta quella curiosità per l’Altro e la passione civile con cui
viene affrontato e realizzato ogni nostro Progetto. Uno stile personale e
professionale che fa davvero la differenza.
Ecco perché il 2008 che vogliamo augurare a tutti gli Amici ProgettoMondo è
quello di poter vivere un Anno Diverso, fatto di scelte importanti e –possibilmente- di altrettante
soddisfazioni.
Info: si può richiedere il calendario 2008 con un’offerta libera a [email protected] – 045.8102105
ONG & EDITORIA (2), DIRITTI DEI BAMBINI E PROGETTI MLAL ORA ANCHE IN DVD
Verona - “Storia di diritti in America Latina”, è il titolo dell’ultimo dvd prodotto da Luci nel Mondo e il primo
di una serie di tre sussidi interamente dedicati ai diritti delle bambine e dei bambini in America Latina.
Dvd e sussidi sono stati realizzati in collaborazione con il ProgettoMondo Mlal, che ha anche curato le
proposte didattiche per le scuole, e grazie a un finanziamento della Direzione Relazioni internazionaliDiritti umani -Cooperazione allo sviluppo della Regione Veneto.
Il primo dvd già disponibile contiene i video “Acqua per il Potosi’- diritto all’acqua”; “Il pranzo è servito diritto alla sicurezza alimentare”; “Tanto per giocare - diritto al gioco”. Tutti e 3 i video sono stati girati e
documentati nell’ambito di progetti Mlal. I primi due in Bolivia raccontano l’esperienza costruita attorno ai
progetti “Acqua per Potosì” e “Dalla Terra e con le Mani”. Il terzo documenta la realtà peruviana di
Ayacucho, un’area fortemente segnata dalla guerra civile e ancora oggi abitata dalle vittime del conflitto.
E’ in questo contesto che come ProgettoMondo Mlal stiamo realizzando il programma di cooperazione
“Vittime senza voce”.
Secondo la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia i bambini hanno diritto ad avere un nome,
una famiglia, una nazionalità, una alimentazione sana, una casa, cure mediche, istruzione protezione
contro qualsiasi forma di negligenza, crudeltà e sfruttamento. Ma enunciazioni ed esecuzioni non sempre
viaggiano in parallelo. In Perù e Bolivia: guerra, sottosviluppo, povertà e a volte anche la mentalità
rendono non immediato né scontato parlare di diritti dei bambini.
Ecco allora l’importanza di progetti a difesa dei diritti dei più piccoli, compresi, ovviamente, il diritto a
giocare o riposare, perché non siano considerati solo adulti in miniatura ma soggetti sociali a tutti gli
effetti.
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Il dvd è disponibile, al costo di 7 euro, presso la redazione di Luci nel mondo in Via Bacilieri 1/A tel.
045/8903846, il Centro Missionario Diocesano di Verona in via Duomo 18/a tel. 045/8033519, la
Fondazione CUM - San Massimo, in via Bacilieri 1/A tel. 045/8900329, le botteghe del commercio equo
e solidale di Verona, nonché tramite la nostra sede a Verona.
Info: Luci nel Mondo, tel. 045 89 03 846 - www.lucinelmondo.it - [email protected]
ONG & EDITORIA (3), L’IMPEGNO DEL SUD DEL MONDO PER SALVARE LA TERRA
Sul numero Volontari per lo Sviluppo di febbraio 2008, il dossier “Ecocittadini del Sud, le lotte dei popoli
del Sud per salvaguardare l’ambiente” affronta il tema delle nuove forme di cittadinanza attiva che
nascono in seno ai conflitti ambientali. Dall’Amazzonia brasiliana a Taiwan, dalla Corea alle Filippine: il
nostro pianeta è infatti attraversato da un’ondata di intense contestazioni. Per la terra, per l’acqua, per il
legname. E contro l’inquinamento. Movimenti popolari che si organizzano e contestano lo sfruttamento
delle risorse realizzato dallo Stato e dalle imprese multinazionali, non tanto perché in preda alla nota
sindrome Nimby (non nel mio cortile), ma arrivando a mettere in discussione il modello di sviluppo
occidentale, dando vita a nuove forme di cittadinanza e di tutela ambientale. La rivista Vps ha esplorato il
fenomeno con testimoni d’eccezione, come il sociologo brasiliano Mauricio Torres, che illustra gli intensi
e violenti conflitti lungo le sponde dei grandi fiumi amazzonici, e il premio Nobel Walden Bello, che
racconta dei focolai di cittadinanza attiva presenti nell’estremo Oriente.
Gli altri servizi di questo numero della rivista sono: “La giusta pelle, traffico di schiarenti illegali in Italia”,
un’inchiesta esclusiva, da Milano in Africa e ritorno, sul traffico in Italia dei saponi schiarenti illegali, come
Extra clair, Movate, Skin light, Mekako. Saponi che vengono utilizzati da moltissimi africani e africane per
sbiancare volto e corpo, ma in Europa la loro vendita è fuori legge, perché contengono sostanze
gravemente tossiche e cancerogene, come il mercurio o l’idrochinone. Eppure si possono comperare in
qualunque negozio etnico, come hanno fatto i nostri inviati a Torino e Milano. E l’Italia, oltretutto, li
produce. L’Aquimpex Spa di Monza e l’Esapharma srl di Melzo (Mi), producono il Mekako e il Movate,
anche se sostengono di vendere solo all’estero e negano di usare sostanze dannose e proibite
dichiarando che quelli che si trovano nei negozi sono imitazioni. Che però la gente compra anche grazie
alla loro pubblicità. “Olga e le città atomiche” è invece la storia di una scienziata russa che studia i siti dei
disastri nucleari Olga Tsepilova riassume in sé tutte le caratteristiche invise al regime russo, e ne paga
duramente le conseguenze, subendo minacce e attentati. Ma senza abbandonare le sue ricerche sulle
“città atomiche”, 20 luoghi dei più gravi incidenti nucleari russi, tuttora segreti, dove gli abitanti possono
ricevere visite solo una volta l’anno e su approvazione delle autorità.
Nel sommario di Vps, infine, storie di esperienze di famiglie che, rifiutato il conformismo cittadino, sono
tornate a popolare le “terre alte”, ricreando comunità; esempi di “cooperazione fai da te” per cui, con 12
euro e qualche materiale di recupero, William Kamkwamba, 14 anni del Malawi, ha dato la luce al suo
villaggio ed è stato premiato al Technology entertainment design; la dura vita degli oltre 300mila rifugiati
burundesi rispediti a casa dalla Tanzania; la storia di una scuola senza tetto e di una piccola significativa
vittoria, in una delle città più povere e violente dell’isola caraibica.
Mentre, anche in vista delle elezioni del 2009, il reportage di febbraio è dedicato alla Somalia “anno
zero”, un paese stremato da 15 anni di guerra civile e dalla peggiore crisi umanitaria del continente.
Info: www.volontariperlosviluppo.it
ONG & EDITORIA (4), UN PORTALE APERTO A TUTTI
(di Aldo Magoga, ProgettoMondo Mlal) - Collegandosi al sito www.derechosdireitos.net si accede a una
piattaforma di comunicazione del progetto “Per Una regione di Nuovi Cittadini”. Dal sito è possibile
guardare video, foto e tutto il materiale sul Progetto realizzato dai giovani; approfondire la conoscenza
dei partner e delle attività che vengono realizzate.
Il sito dispone di diverse sezioni, tra cui una prima pagina con la descrizione degli obiettivi e dei
destinatari del Progetto. Da questa è possibile accedere alle schede Soci del Progetto e ai report di
Progetto.
Ci sono poi gli spazi di incontro: con l’elenco delle ultime pubblicazioni (audio, video, graffiti, foto,
documenti ed articoli) con funzionalità di inserimento per gli utenti registrati e di ricerca.
Un’altra sezione è quella della strada percorsa: con le ultime attività realizzate o in fase di realizzazione.
Dall’interno della pagina si può accedere a documenti di interesse, articoli e comunicati stampa.
Abbiamo poi l’agenda, con le prossime attività previste. E infine dei link per accedere a siti di interesse
per il Progetto e i contatti.
La funzionalità più importante è la partecipazione attraverso il blog del sito: invitiamo i gruppi che
lavorano con il ProgettoMondo Mlal a partecipare nel dialogo con i giovani agenti di diritto. Il sito è in tre
lingue (italiano, spagnolo e portoghese), proprio per permettere ai nostri amici in Italia di dialogare,
scambiare video e materiale di comunicazione per comunicare iniziative, campagne di sensibilizzazione,
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idee con gli amici del Mercosud e Cile, oltre agli altri che contiamo si aggiungeranno da altri Paesi.
Dall’interno del sito è possibile accedere ad un video di presentazione che mostra le funzionalità del sito,
oltre ai video istituzionali realizzati nelle tre lingue.
Ovviamente i messaggi rimarranno nelle lingue originali e ognuno può scrivere nella lingua che
preferisce: abbiamo preferito questa modalità affinché la comunicazione sia diretta e semplice da
amministrare.
Info: [email protected] - [email protected]
ONG & POLITICA (1), VALUTAZIONI DELL’ASSOCIAZIONE DELLE ONG ITALIANE
Roma - In vista delle audizioni sul testo di riforma della Cooperazione internazionale, depositato al
Senato il 5 dicembre 2007 dal comitato ristretto della Commissione Esteri, e in base al documento
approvato dall’Assemblea dell’AOI, e diffuso il 30 ottobre 2007, l’Associazione delle Ong italiane ha
diffuso un nuovo documento in cui si fa notare quanto il testo in discussione sia tutt’ora “molto distante”
da quanto richiesto o promesso. In particolare si afferma che “questa legge al di là delle dichiarazioni
iniziali, non promuove, come avevamo richiesto, "una cooperazione che va oltre il semplice dato
economico per mettere l'attenzione sullo sviluppo integrale della persona umana e sui suoi diritti
fondamentali, sullo sviluppo autonomo locale e sulla giustizia distributiva e supera ogni idea assistenziale
della lotta alla povertà". Inoltre che “viene positivamente affermata l'unitarietà della direzione politica in
capo al MAE. Tuttavia il Fondo unico per la cooperazione non dipende dal MAE, ma permangono - come
oggi – gli indirizzi e l'utilizzo prioritario da parte del MEF della maggior parte di queste risorse. Senza un
vero "FONDO UNICO" allocato al MAE non potrà esserci unitarietà delle politiche di cooperazione”.
Così come, sempre nel nuovo documento dell’Associazione Ong italiane, si afferma che “il comitato
interministeriale (CICS) ha finalità ambigue, anziché costituire un importante momento di coordinamento
fra le politiche di cooperazione attuate dalla intera compagine governativa. Deve coordinare la
cooperazione “governativa”, non quella “nazionale”.
Dunque, è la conclusione, “l'Agenzia, così come è prevista dal disegno di legge, da una parte rischia di
essere un mero esecutore di progetti programmati altrove, dall'altra si pone come soggetto che può
raccogliere fondi da privati e nella società civile e può realizzare progetti in gestione diretta. Non è
assegnato all’agenzia alcun ruolo di promozione, sostegno e coordinamento delle attività promosse dalla
società civile, quasi si trattasse di una mega-Ong. Inoltre non sono stati chiariti i necessari nessi di
collaborazione fra Agenzia e struttura diplomatica del MAE. E’ assurdo negare in via preventiva la
possibilità per l’agenzia di avere personale e uffici all’estero”.
E si ribadisce che “la direzione dell’agenzia deve prevedere anche organi direttivi collegiali
rappresentativi del “sistema nazionale di cooperazione internazionale” , che “la legge non risolve il
problema della effettiva autonomia delle attività di cooperazione allo sviluppo dalla contabilità ordinaria
dello Stato. La legge 49 – che per questi aspetti è stata una buona legge – ha perduto ogni efficienza
quando è stata abolita la contabilità speciale; Ogni valutazione di efficacia si è ridotto a pura formalità
amministrativa” e che “il capitolo che regola la partecipazione della società civile (art.15-16-17) è confuso
e contraddittorio e totalmente da rifare: nasce improvvisamente come una concessione. Noi chiediamo
che fin dal 2° art. della legge si enunci la soggettività di tutti “attori non statali” pubblici e privati (ciascuno
nel proprio ruolo) e la coralità della cooperazione del terzo millennio volta a costruire rete e dialogo di
pace fra i popoli mentre lotta contro la povertà”.
Infine viene denunciato come “non è prevista una normativa di transizione che regoli il passaggio dalla
legge 49 alla nuova legge, senza soluzioni di continuità. Includendo tutte quelle agevolazioni fiscali
attualmente previste per le attività di cooperazione riconosciuta”.
Info: [email protected]
ONG & POLITICA (2), GIORNATA DELLA MEMORIA PER RICORDARE TUTTI GLI ECCIDI
Roma - "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario", scriveva Primo Levi. Conoscere, per
non dimenticare. Nel 2000 si decise di istituire a questo scopo anche in Italia il Giorno della Memoria, il
27 gennaio data in cui venne scoperta dal mondo Auschwitz, per "ricordare gli atti di barbarie del nostro
passato" e impedirne di nuovi, "per costruire un futuro che si ispiri a ideali di libertà e di fratellanza fra i
popoli" come ha ricordato in questi giorni il Presidente Napolitano.
Insieme alle tante iniziative che per la giornata della memoria si occupano di riportare alla mente di tutti la
tragedia dell’Olocausto, assieme ai milioni di vittime ebree, (ma anche rom, sinti, disabili e omosessuali)
della barbarie nazista vogliamo ricordare i tanti genocidi dimenticati che hanno costellato il secolo scorso,
ma che ancora oggi si ripresentano in luoghi lontani da noi e lasciando indifferenti i media e la politica.
“Per restare in Europa, - afferma Sergio Marelli, Direttore Generale FOCSIV - cominciando dall’eccidio in
Armenia a inizio Novecento, le stragi nell’ex Jugoslavia, i morti civili in Cecenia; per passare all’Africa: il
Congo, il Rwanda, la Liberia, la Sierra Leone, e ora il Darfur nel Sudan, milioni di morti dimenticate che
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hanno la stessa dignità e devono avere lo stesso peso nella nostra memoria collettiva, per non tornare a
commettere gli stessi errori ma soprattutto per riconoscere la nostra responsabilità e coinvolgimento in
ogni guerra, e crimine che si commette contro l’umanità, tutta e non solo quella a noi vicina”.
Continua Marelli “Non ci interessano le differenti definizioni che vengono date alle stragi di civili, alle
vittime delle guerre, non ci si può fermare di fronte alle diverse sfumature dei termini: genocidio, eccidio,
pulizia etnica. La Comunità Internazionale, le Nazioni Unite, l’Unione Europea, sono chiamate ad uscire
dall’immobilismo e a intervenire ogni volta che la popolazione civile sia messa al centro di una guerra o
vittima di massacri, senza aspettare che si debba indagarne le cause e i motivi quando ormai non c’ è più
niente da fare”.
Info: Associazione ONG Italiane, tel. 06 6832061 – fax: 06 6872373 - [email protected]
APPROVAZIONI E FINANZIAMENTI
--- EUROPA. Italia. La Regione Veneto sosterrà le nostre attività di sensibilizzazione sul territorio
regionale per la tutela dei diritti dei bambini.
--- AMERICA CENTRALE. Guatemala. La Provincia di Rovigo ha riconfermato il proprio impegno a
sostegno del nostro progetto “Indigeni Maya Ixil”.
--- AMERICA LATINA. Colombia. La Fondazione Cariplo ha approvato un importante
finanziamento al nostro programma di sviluppo “Speranza Colombia”.
--- AMERICA LATINA. Perù. La Regione Piemonte ha stanziato un finanziamento per il nostro
progetto di emergenza post terremoto “Ricostruiamo!”.
--- AMERICA LATINA. Perù. La Regione Piemonte con la Provincia di Cuneo confermano il proprio
sostegno alle popolazioni del dipartimento di San Martin con un nuovo contributo a favore di
un’iniziativa di economia solidale.
Febbraio - Marzo 2008
25 VERONA: “Cristiani e musulmani, una parola comune”, ore 20.45 al Teatro Stimate di Verona,
incontro con padre Paolo dall'Oglio, priore del monastero di Deir Mar Musa in Siria e con Mohamed
Guerfi, portavoce del consiglio islamico di Verona.
L’incontro si inserisce in un cammino di conoscenza e di confronto fra giovani cristiani e musulmani
che vivono e lavorano a Verona. È questo il secondo appuntamento pubblico, dopo la coinvolgente
esperienza del 27 febbraio 2007 sul tema “Le due facce della minoranza”.
Info: [email protected]
29 – 1 ASSISI: 24° Seminario nazionale della Tavola della pace, “L’Agenda politica dei diritti umani”,
organizzato ad Assisi nelle giornate di 29 febbraio e 1 marzo 08, presso la sede La Cittadella (Pro
Civitate Christiana) di via Ancaiani 3. Chi intende usufruire dell'alloggio deve telefonare quanto prima alla
Cittadella Ospitalità della Pro-Civitate Christiana tel. 075/813231 (fax 075/812445 - e-mail
[email protected] – www.cittadella.org). Contributo d’iscrizione al Seminario 10 euro per le
associazioni e 20 euro per gli enti locali.
Info: iscrizioni al Seminario inviando scheda al fax: 075/5739337 o all’indirizzo [email protected] www.perlapace.it
a cura di Lucia Filippi – [email protected]
numero chiuso in redazione il 10 febbraio 2008
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