Introduzione all`equazione scalare delle onde

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Introduzione all`equazione scalare delle onde
Introduzione all’equazione
scalare delle onde
Mauro Ennas
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Estratto dalla tesi di laurea 1998
Indice
1 L’equazione scalare delle onde acustiche
1
1.1 Teoria dell’elasticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1.1 Tensori di sforzo e di rotazione
1.2 Propagazione delle deformazioni
. . . . . . . . . . . . . .
3
4
. . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.2.1 Mezzo elastico, omogeneo ed isotropo
. . . . . . . . . . 14
1.2.2 Propagazione delle onde longitudinali piane . . . . . . . 16
1.2.3 Propagazione delle onde longitudinali sferiche
. . . . . 21
2 Cenni sulla teoria hamiltoniana
27
2.1 L’equazione delle corde vibranti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.2 Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.2.1 Velocità di gruppo e dispersione . . . . . . . . . . . . . . 31
3 Equazione d’onda nel dominio di Fourier
35
3.1 Approssimazione parassiale dell’equazione d’onda . . . . . . . 38
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Capitolo 1
L’equazione scalare delle onde
acustiche
I metodi utilizzati in sismica sono i più diretti e precisi tra quelli espressi in
ambito geofisico. Quando, a causa di un esplosione, viene liberata dell’energia in prossimità della crosta terrestre, parte di essa viene convertita in
onde elastiche che si diffondono, a partire dalla sorgente, con una velocità
di propagazione dipendente dalle caratteristiche delle rocce. Nel percorso
attraverso la crosta terrestre, quando l’onda incontra brusche variazioni
delle proprietà elastiche della roccia (all’interfaccia tra strati di roccia diversi) parte dell’onda viene riflessa e parte trasmessa o assorbita.
Le tecniche e i metodi sismici consistono nella misura dei tempi di transito
a partire dal punto sorgente dell’onda sino ai vari ricevitori opportunamente disposti. Le variazioni dei tempi di transito corrispondono alle diverse
caratteristiche strutturali della roccia.
Possiamo vedere l’onda come una perturbazione che si sposta attraverso
il mezzo. Se consideriamo una perturbazione che si diffonde a partire da
una sorgente, il fronte d’onda all’istante t0 può essere visualizzato come la
frontiera spaziale corrispondente al moto dell’onda in quell’istante.
Ciò indica quanto spazio è stato percorso dall’onda di perturbazione nel
suo moto attraverso il mezzo. Possiamo definire il fronte d’onda come una
superficie i cui punti sono rappresentativi dei tempi di propagazione della
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L’equazione scalare delle onde acustiche
perturbazione, a partire da un’istante iniziale; i cammini sono completamente definiti, nelle tre coordinate spaziali, attraverso la conoscenza della
velocità di propagazione.
Applicando la teoria dei raggi non si fa altro che utilizzare i principi dell’ottica geometrica. Non è sempre possibile spiegare l’andamento del fronte
d’onda in termini di teoria dei raggi ed è quindi indispensabile conoscere
la più complicata teoria dell’elasticità per riuscire a studiare quantitativamente fenomeni quali la riflessione e la rifrazione [3] [7].
Se in un mezzo elastico monodimensionale una perturbazione può rappresentarsi come una funzione f (x) che per ogni valore di x fornisce l’ampiezza
del disturbo rispetto all’istante iniziale, f (x − V t) rappresenterà la propagazione della perturbazione (senza mutare la sua forma) con velocità V nel
verso delle x crescenti. L’argomento (x − V · t) è la fase della funzione d’onda.
In questo modo possiamo definire il fronte d’onda come una superficie i cui
punti si muovono in modo tale che la fase della perturbazione conserva su
di essa un valore costante. Esprimendo il fronte d’onda in propagazione in
termini di teoria dei raggi si comprende meglio come il percorso del raggio
non sia altro che il cammino che dal punto sorgente porta al punto di propagazione più esterno.
In un mezzo isotropo i raggi sono normali al fronte d’onda; generalmente in
un mezzo anisotropo i raggi intersecano il fronte d’onda con un angolo obliquo. Avendo definito l’onda come un disturbo che si propaga attraverso un
mezzo, consideriamo tale perturbazione come una semplice funzione f (x)
periodica o aperiodica. Un tipo semplice di funzione periodica è chiaramente, una funzione armonica, cioè un’onda tramite la quale la perturbazione
si propaga nei punti dello spazio con variazioni sinusoidali; utilizzando il
teorema di Fourier possiamo analizzare qualunque funzione periodica in
termini delle sue armoniche (§(3)).
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.1 Teoria dell’elasticità
3
1.1 Teoria dell’elasticità
Consideriamo un mezzo elastico illimitato nella situazione di equilibrio.
Definiamo il mezzo come uno spazio pieno di materia nel quale possono
osservarsi fenomeni fisici di qualche tipo. La presenza di materia viene
caratterizzata attraverso una funzione della posizione che chiamiamo densità, che misura la massa per unità di volume.
Un mezzo deformabile è quello nel quale è possibile separare due punti ad
esso appartenenti mediante l’applicazione di appropriate forze; se il mezzo
restaura la condizione di partenza una volta rimosse le forze di deformazione, diremo che il mezzo è un mezzo elastico.
Nella teoria dell’elasticità si considerano mezzi continui nei quali la densità
ρ(r) è una funzione continua della posizione. Nonostante ciò è possibile,
senza contraddizione in termini, considerare il mezzo come costituito dalla
somma di porzioni più piccole, evidenziando i fenomeni elastici dalla loro
relazione di dipendenza all’interno del mezzo stesso.
Su una piccola porzione di materiale agiscono forze interne ed esterne. Le
prime sono dovute alle azioni reciproche di contatto tra particelle materiali appartenenti al mezzo, le seconde a cause esterne al mezzo come ad
esempio, la forza di gravità. La risultante delle forze interne agenti su una
particella puntiforme A di materiale appartenente al mezzo viene chiamata
tensione (interna) in A.
Considerando una superficie infinitesima, contenente il punto A di separazione tra due porzioni del mezzo, diremo che ognuna delle due porzioni,
cosı̀ individuate, esercita sull’altra, lungo tutta la superficie di separazione
(superficie di contatto tra le due porzioni), un’azione proporzionale alla superficie di separazione stessa (ipotesi di linearità tra causa ed effetto). In
generale il vettore tensione risulante non è perpendicolare alla superficie di
contatto; la tensione su unità di superficie rappresenta la pressione esercitata su tale superficie.
La teoria dell’elasticità considera la deformazione di un corpo come la risultante di due tipi differenti di effetti che agiscono modificando il volume
attraverso tensioni normali (o pressioni), oppure modificando la forma attraverso sforzi di taglio ossia forze tangenziali. Le forze aventi orientamento
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L’equazione scalare delle onde acustiche
qualunque si possono scomporre in componenti normali e tangenziali.
La configurazione di equilibrio del mezzo, cioè la condizione assunta dal
mezzo in assenza di forze esterne agenti su di esso, verrà assunta come
configurazione di riferimento.
Diremo che un elemento di volume del mezzo è in equilibrio statico se la
risultante delle tensioni è nulla, ossia se le tre componenti agenti su una
faccia del volume sono uguali e di verso opposto a quelle agenti sulla faccia
opposta dell’elemento stesso. Inoltre, per ralizzare l’equilibrio, occorre ancora che il momento totale delle forze rispetto ad un riferimento sia nullo,
ossia che il volume non subisca rotazioni.
1.1.1 Tensori di sforzo e di rotazione
Nella trattazione seguente [8] utilizzeremo una notazione tensoriale cartesiana per trattare le deformazioni elastiche, con la convenzione che quando
si presentano delle espressioni nelle quali un certo indice viene ripetuto in
un termine, questo termine deve essere sommato su tutti i valori dell’indice
in questione (convenzione di somma).
Se una particella viene spostata dalla posizione xi (i = 1, 2, 3) al punto xi −ui ,
chiameremo ui spostamento da xi , dove ui è una componente del vettore
spostamento.
In generale lo spostamento è differente per differenti punti in un mezzo,
ciò significa che può essere rappresentato come un vettore dipendente dalla posizione ui = ui (x1 , x2 , x3 ). Possiamo scrivere una funzione del tipo
U = U(r) nella quale r è il vettore posizione. In un sistema di riferimento
cartesiano tridimensionale (figura (1.1)) avremo che
r = x 1 · i1 + x 2 · i2 + x 3 · i3 .
Consideriamo un elemento di volume V . Se chiamiamo spostamento da un
punto r ∈ V la funzione U(r) allora U(r + dr) rappresenta lo spostamento
di un punto vicino. Supponendo che r + dr ∈ V , sviluppando in serie di
Taylor arrestato al prim’ordine, avremo:
U(r + dr) = U(r) + dr · grad(U)(r),
Introduzione all’equazione scalare delle onde
(1.1)
LATEX
1.1 Teoria dell’elasticità
5
i3
i2
i1
Figura 1.1:
nella quale il gradiente
1
Versori di riferimento.
viene calcolato nel punto r = (x1 , x2 , x3 ).
Si può notare che lo spostamento in questo modo risulta scomposto in due
termini, una parte U(r) che è la stessa per tutti i punti dell’elemento di
volume ed un termine di spostamento dr · grad(U) di ogni punto da cia-
scuno degli altri. Il termine U(r) rappresenta il termine traslazionale dello
spostamento. Per esprimere quanto detto in termini tensoriali, scriviamo i
vettori r, dr e U in termini delle loro componenti xi , dri e ui e determiniamo
la j-ma componente del termine dr · grad(U):
[U (r + dr) − U (r)]j = [dr · grad(U)]j =
X
i
dxi
∂uj
,
∂xi
ovvero utilizzando la convenzione di somma, semplicemente
dxi
∂uj
,
∂xi
nella quale il termine ∂uj /∂xi è un tensore di second’ordine del gradiente
di U(r) che può essere scritto come:
"
1
∂uj
= dxi
dxi
∂xi
2
∂ui
∂uj
+
∂xi
∂xj
!
1
+
2
∂ui
∂uj
−
∂xi
∂xj
dove
1
eij =
2
∂ui
∂uj
+
∂xi
∂xj
!
!#
= (eij + ωij )dxi ,
(1.2)
= eji
(1.3)
= −ωji
(1.4)
è un tensore simmetrico, mentre
1
ωij =
2
1
∂ui
∂uj
−
∂xi
∂xj
!
Intendendo per grad(U) il gradiente di U componente per componente.
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L’equazione scalare delle onde acustiche
è un tensore antisimmetrico.
Il tensore eij esprime i cambiamenti in dimensione e forma dell’elemento di
volume ed è detto tensore di sforzo o componente traslazionale; il tensore
ωij rappresenta la rotazione rigida dell’elemento di volume e viene detto
tensore di rotazione.
Per provare queste affermazioni consideriamo il tensore di rotazione ωij .
Essendo ωij = −ωji , tutte le componenti aventi i = j (sulla diagonale del
tensore) sono nulle:

0



ωij =  −ω12
ω12
0
−ω13 −ω23

ω13 

ω23 
0

(1.5)
e quindi il tensore ωij ha tre sole componenti indipendenti, dunque possiamo associare ωij ad un vettore, diciamo Ωk . Per mostrare la relazione
esistente tra le componenti ωij e le componenti Ωk dobbiamo introdurre il
tensore di terz’ordine ǫmpk
ǫmpk =





0 se
+1 se



 −1 se
2
definito in modo tale che:
almeno due indici sono uguali tra loro;
m, p, k tutti diversi e ordinati ciclicamente;
(1.6)
m, p, k tutti diversi e non ordinati ciclicamente.
Moltiplicando ωi,j per ǫmpk , otteniamo un tensore di quint’ordine. Contraendo questo tensore, ponendo rispettivamente m = i e p = j, il suo
rango viene ridotto di quattro, ovvero otteniamo un tensore di prim’ordine,
cioè un vettore:
bk = ǫijk ωij ,
(1.7)
con componenti:



b = ǫij1 ωij = ǫ231 ω23 + ǫ321 ω23 = ω23 − ω32 = 2ω23

 1
b =ǫ
perchè:
1
ǫijk ωij = ǫijk
2
2
ω =ǫ
ω
+ǫ
ω
= 2ω
= −2ω
2
ij2 ij
312 31
132 13
31
13



 b3 = ǫij3 ωij = ǫ123 ω12 + ǫ213 ω21 2ω12 = −2ω21 = 2ω12
∂uj
∂ui
−
∂xi
∂xj
!
∂uj
1
∂ui
∂uj
1
+ ǫjik
= ǫijk
.
= ǫijk
2
∂xi
2
∂xj
∂xi
(1.8)
(1.9)
Il tensore di Levi-Civita.
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.1 Teoria dell’elasticità
7
Confrontando il tensore di rotazione espresso in (1.5) tramite l’equazione
(1.7) avremo:
1
1
Ωk = bk = ǫijk ωij .
2
2
(1.10)
Ciò porta l’equazione (1.10) nella forma
∂uj
1
,
Ωk = ǫijk
2
∂xi
(1.11)
ovvero alla forma completa:
Ω1 =
Ω2 =
Ω3 =
1
2
1
2
1
2
∂u2
3
ǫ231 ∂u
∂x2 + ǫ321 ∂u3 =
∂u3
1
ǫ312 ∂u
∂x3 + ǫ132 ∂x1 =
∂u1
2
ǫ123 ∂u
∂x1 + ǫ213 ∂x2 =
1
2
1
2
1
2
∂u3
∂x2
∂u1
∂x3
∂u2
∂x1
−
−
−
∂u2
∂u3 ∂u3
∂u1 ∂u1
∂u2 ,
(1.12)
nella quale Ω è il vettore di rotazione, pari ad 1/2 della torsione del vettore
spostamento U, ovvero pari al rotore:
Ω=
1
∇ × U.
2
(1.13)
Invece di associare ωij al vettore Ωk , possiamo associare Ωk al tensore di
rotazione ωij , invertendo l’equazione (1.10). Moltiplicando Ωk per il tensore ǫijp e contraendo il risultante tensore di quart’ordine, ponendo p = k,
otteniamo un tensore di second’ordine:
ωij = ǫijk Ωk
(1.14)
e quindi il secondo termine dell’equazione (1.2) può scriversi come:
ωij dxi = ǫijk Ωk dxi = (Ω × dr)j ;
(1.15)
si noti che il termine al secondo membro dell’equazione (1.15) è la j-ma
componente del prodotto vettoriale Ω × dr che rappresenta lo spostamento
dovuto ad una rotazione infinitesimale Ω.
Per una pura rotazione della stessa entità ovunque, la condizione necessaria e sufficiente è che eij sia nullo ovunque, cioè ∂ωij /∂xm deve essere nullo
per eij = 0. Infatti:
=
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1 ∂
2 ∂xi
∂uj
∂xm
+
∂ωij
∂xm
∂um
∂xj
=
−
∂uj
1 ∂
2 ∂xm ∂xi
∂ui
1 ∂
2 ∂xj ∂xm
−
+
∂ui
∂xj =
∂e
∂um
= ∂xjm
∂xi
i
−
∂eim
∂xj
=0
(1.16)
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8
L’equazione scalare delle onde acustiche
mostra che gli ωij sono costanti.
Consideriamo adesso il termine eij dxi dello spostamento relativo espresso
attraverso l’espressione (1.2). Combinando i valori i = 1, 2, 3 con i valori
j = 1, 2, 3 si ottiene:


e =


 11
e
=
22



 e =
33
∂u1
∂x1
∂u2
∂x2
∂u3
∂x3
e12 =
e23 =
e31 =
1
2
1
2
1
2
∂u2
∂x1
∂u3
∂x2
∂u1
∂u3
+
+
+
∂u1
∂x2 ∂u2
∂x3 ∂u3
∂u1
= e21
= e32
(1.17)
= e13 .
Nell’equazione (1.1) abbiamo considerato dr sufficientemente piccolo, per
poter trascurare i termini di ordine superiore dello spostamento spaziale U.
In questo modo, in un’intorno sufficientemente piccolo di ciascun punto,
lo spostamento è una funzione lineare delle coordinate relative dr ovvero di
dxi in notazione tensoriale.
Consideriamo l’interno di un materiale (solido, omogeneo ed isotropo) come costituito da porzioni elementari adiacenti. Fissiamo l’attenzione su
uno di questi elementi, diciamo di coordinate (x1 , x2 , x3 ); per effetto di forze esterne essa subisce uno spostamento del tipo (δx1 , δx2 , δx3 ), allo stesso
modo gli elementi ad esso adiacenti. Diremo che le componenti e11 , e22 ed
e33 dello sforzo determinano l’elongazione degli elementi materiali di δx1 ,
δx2 e δx3 rispettivamente, cioè lo spostamento di una linea di elementi per
unità di lunghezza. ciò viene indicato come sforzo normale (figura (1.2)),
rispettivamente nelle direzioni x1 , x2 ed x3 . Consideriamo la componente
e12 . L’espressione ∂u2 /∂x1 rappresenta la variazione di u2 nella direzione
x1 ; allo stesso modo per quanto riguarda e21 . Lo sforzo e12 viene detto di
taglio o sforzo trasverso. Allo stesso modo, gli sforzi e23 e e31 rappresentano
gli sforzi di taglio nelle altre direzioni trasverse.
Le componenti eij dxi dello spostamento espresso nell’equazione (1.2) rappresentano sforzi normali e di taglio che producono cambiamenti di forma
(deformazioni) negli elementi di volume.
Poichè il tensore eij è simmetrico, possiede solo 6 componenti indipendenti, date in termini delle derivate delle 3 componenti di spostamento.
Definiamo traccia del tensore di sforzo e la indichiamo con θ la somma
delle componenti sulla diagonale:
θ = T r(eij ) = e11 + e22 + e33 =
Introduzione all’equazione scalare delle onde
∂u1 ∂u2 ∂u3
+
+
= ∇ · U,
∂x1 ∂x2 ∂x3
(1.18)
LATEX
1.1 Teoria dell’elasticità
9
i3
σn
σn,2
i2
σn,1
i1
Figura 1.2:
Componenti delle forze normali σn .
che rappresenta la variazione in volume per unità di volume dell’elemento.
Si indica θ anche col termine di dilatazione.
Riepilogando, abbiamo visto che lo spostamento di un elemento appartenente ad un corpo elastico può essere rappresentato come la combinazione
di una rotazione (espressa tramite ωij ) ed una deformazione traslazionale
(espressa da eij ) .
Lo sforzo in un corpo elastico è accompagnato da una tensione σ (stress).
Si è osservato sperimentalmente che in molti corpi solidi la tensione, misurata come la forza sull’unità di area necessaria per produrre lo sforzo è
proporzionale alle forze che si oppongono al superamento del limite elastico. Ciò è noto sotto il nome di legge di Hooke.
La legge di Hooke
Le forze interne che si oppongono alla deformazione di un corpo elastico si
chiamano reazioni elastiche. Diremo che un corpo è plastico se la deformazione indotta su di esso é permanente. Esistono corpi che si comportano
come elastici o come plastici a seconda della durata dell’applicazione delle
forze: sotto l’azione di forze rapidamente variabili si comportano come mez-
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10
L’equazione scalare delle onde acustiche
zi perfettamente elastici, mentre sotto l’azione di forze applicate per lungo
tempo si comportano come mezzi perfettamente plastici. Questi corpi vengono chiamati viscoelastici e le formazioni rocciose sono di questo tipo.
Nel caso di corpi perfettamente elastici, possiamo considerare delle forze
agenti estremamente piccole, in modo tale che sia lecito considerare le relazioni che le legano alle deformazioni delle relazioni lineari.
In generale, le forze che agiscono su un elemento di superficie dS di un
mezzo sono inclinate rispetto alla normale alla superficie; devono perciò
specificarsi le tre componenti rispetto agli assi xi , cioè tramite espressioni
del tipo σni dS
3
(trascuriamo le forze d’inerzia e le forze interne di coesione).
Se consideriamo un elemento di volume con spigoli dx1 , dx2 e dx3 centrato
i3
σ33
σ31
σ32
σ23
σ13
σ11
σ12
i1
dx3
σ22
σ21
i2
dx1
dx2
Figura 1.3:
Forze agenti sulle facce di un cubo elementare; non sono state riportate le componenti
agenti sulle facce nascoste, pur essendo presenti.
nel punto x1 , x2 ed x3 (figura (1.6)), con facce ortogonali agli assi coordinati (come in figura (1.6)). La forza agente sulla faccia dx2 dx3 centrata in
x1 + 21 dx1 può essere espressa nel modo seguente;
(σ11 , σ12 , σ13 )dx2 dx3 ,
3
Indicando col primo pedice la direzione della normale alla superficie sulla qua-
le deve agire la forza e col secondo pedice la direzione della forza. Le σni dS è una
forza esercitata per unità di superfice.
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.1 Teoria dell’elasticità
11
nella quale le tensioni σ1j sono valutate in x1 + 12 dx1 . All’equilibrio le tensioni
sulla faccia opposta saranno:
−(σ11 , σ12 , σ13 )dx2 dx3 ,
valutate in x1 − 21 dx1 .
La forza totale agente sulle due facce opposte del cubo sarà :
∂σ1j
∂σ1j
dx1 dx2 dx3 =
dV,
∂x1
∂x1
(1.19)
nella quale dV è il volume del cubo. Utilizzando la convenzione di somma
potremo indicare
X ∂σij
∂σij
dx1 dx2 dx3 →
dx1 dx2 dx3 ,
∂xi
∂xi
i
per tutte le facce a xi costante. In quest’ultima espressione σij è un tensore
simmetrico di second’ordine, noto come tensore di stress.
Per mostrare la simmetria del tensore di stress consideriamo il momento
delle forze lungo un asse passante per il centro del cubo. Se Gi rappresenta
la componenti della forza di gravità, per unità di massa, e ai le componenti
dell’accelerazione impressa al cubo, l’equazione del moto diviene:
ρ · ai =
∂σij
+ ρ · Gi ,
∂xi
(1.20)
con ρ indichiamo la densità; ρai e ρGi sono dell’ordine del volume l3 , essendo l lo spigolo del cubo, mentre il momento rispetto al centro del cubo è
dell’ordine di l4 . Il momento risultante delle forze di superficie lungo l’asse
parallelo a x3 è
1
1
σ12 dx2 dx3 · dx1 − σ21 dx1 dx3 · dx2 ,
2
2
ed è dell’ordine di l3 .
Per avere equilibrio dobbiamo avere (σ21 − σ12 ) · O(l3 ) = O(l4 ), e per l → 0 si
ottiene:
σ12 − σ21 = 0 → σ12 = σ21 ,
Allo stesso modo possono ottenersi σ32 = σ23 e σ13 = σ31 . Ciò evidenzia la
simmetria del tensore di stress.
La legge di Hooke afferma che ciascuno dei componenti dello stress σij è
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12
L’equazione scalare delle onde acustiche
legato linearmente a ciascuno dei componemti dello sforzo in modo da non
superare il limite elastico. Poichè σij e eij hanno 9 componenti ciascuno, vi
sono ben 81 possibili coefficienti in grado di descrivere le proprietà elastiche
dei materiali.
Se il materiale è omogeneo, questi coefficienti sono costanti. Possiamo
scriverli nella forma Cijkl e definirli tramite l’espressione:
σij = Cijkl ekl ,
(1.21)
dove i, j, k, l prendono i valori 1, 2 o 3. Cijkl lega tra loro due tensori di second’ordine e quindi risulta essere anch’esso un tensore, di quart’ordine,
detto tensore di elasticità (simmetrico).
Poichè σij e eij sono entrambi tensori simmetrici, ciascuno ha sole 6 componenti indipendenti per cui i coefficienti si riducono a 36.
Se il materiale è isotropo, cioè se ha le stesse proprietà in tutte le direzioni,
allora il tensore di elasticità è un tensore isotropo, ossia le sue componenti
sono invarianti per rotazione degli assi, cioè:
′
Cmnpq
= αim αjn αkp αlq Cijkl = Cmnpq ,
(1.22)
per tutte le rotazioni; con α abbiamo indicato i coseni direttori degli angoli
tra gli assi nella posizione iniziale e ruotata (matrice di rotazione). Operando uno scambio ciclico degli indici, ovvero sfruttando l’invarianza per
rotazione e la simmettria degli indici, riduciamo il numero di componenti a
quattro:
C1111 = C2222 = C3333 = κ
C1122 = C2211 = C2233 = C3322 = C3311 = C1133 = λ
C2323 = C1313 = C3131 = C2121 = C1212 = C3232 = µ
(1.23)
C1221 = C2112 = C2332 = C3223 = C3113 = C1331 = ν,
nella quale κ, λ, µ e ν sono scalari.
Per combinare queste componenti di Cijkl in una equazione introduciamo
un tensore δij (delta di Kronecker), l’unico tensore simmetrico ed isotropo
di second’ordine, che vale 1 per i = j e zero per i 6= j.
A partire dalla delta di Kronecker possiamo costruire gli unici tensori isotropi di quart’ordine indipendenti, della forma:
δij δkl ,
Introduzione all’equazione scalare delle onde
δik δjl + δil δjk ,
δik δjl − δil δjk ,
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1.1 Teoria dell’elasticità
13
in definitiva, possiamo rappresentare il tensore isotropo di elasticità come
la combinazione lineare seguente:
Cijkl = λδij δkl + µ(δik δjl + δil δjk ) + ν(δik δjl − δil δjk )
(1.24)
Possiamo sostituire l’espressione (1.24) nella (1.21), ottenendo:
σij = λδij ekk + µ(eij + eji ) + ν(eij − eji ),
(1.25)
tenendo conto del fatto che ekl δkl = ekk = T r(eij ) in quanto δkl vale 1 per
l = k e 0 altrove; inoltre essendo eij = eji l’equazione (1.25) diviene:
σij = λekk δij + 2µeij ,
(1.26)
che rappresenta la legge di Hooke per i mezzi solidi isotropi e le costanti
λ e µ sono le costanti elastiche di Lamè. In un solido isotropo il tensore di
stress e lo sforzo hanno gli stessi assi principali.
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14
L’equazione scalare delle onde acustiche
1.2 Propagazione delle deformazioni
Gli stress che vengono indotti nella Terra, per gli studi di sismica, sono
sconosciuti o difficili da determinare, per questo motivo vengono definiti in
termini delle loro variazioni temporali che possono essere osservate direttamente o indirettamente dalle misure del campo di pressione.
Sino ad ora abbiamo considerato deformazioni elastiche sotto il profilo
statico. Nel seguito si prendono in esame le dipendenze temporali delle
deformazioni ovvero la propagazione delle onde di deformazione del mezzo.
1.2.1 Mezzo elastico, omogeneo ed isotropo
Vediamo di estendere quanto appena espresso, in una forma coerente con
la notazione tensoriale, per ricavare una forma generale dell’equazione che
governa la propagazione di una perturbazione che ha origine in un punto
appartenente ad un mezzo illimitato, perfettamente elastico, isotropo ed
omogeneo.
Le forze gravitazionali ed in particolare gli effetti di inomogeneità siano
trascurabili. L’equazione del moto può essere espressa come segue:
ρ
3
∂ 2 ui X
∂σij
=
,
∂t2
∂x
j
j=1
(1.27)
con ρ densità del mezzo.
Sostituiamo σij dell’espressione (1.26) nell’equazione (1.27):
ρ
3
3
X
∂
∂
∂ 2 ui X
=
(λδ
e
+
2µe
)
=
(λδij θ + 2µeij ),
ij
ij
kk
2
∂t
∂xj
∂xj
j=1
j=1
(1.28)
con θ = ∇·U = e11 + e22 + e33 e eij = 12 (∂uj /∂xi + ∂ui /∂xj ), quindi:
3
X
∂ 2 ui
∂
∂θ
ρ 2 =λ
+µ
∂t
∂xi
∂x
j
j=1
ovvero
ρ
Introduzione all’equazione scalare delle onde
∂uj
∂ui
+
∂xi
∂xj
∂θ
∂ 2 ui
= (λ + µ)
+ µ∇2 ui .
2
∂t
∂xi
!
,
(1.29)
(1.30)
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
15
Se il sistema di coordinate è cartesiano ortogonale, possiamo utilizzare la
notazione vettoriale:
ρÜ = (λ + µ)∇θ + µ∇2 U.
(1.31)
Utilizzando l’identità
∇2 U = ∇(∇ · U) − ∇ × (∇ × U),
otteniamo:
λ + 2µ
∇(∇ · U) − ∇×(∇ × U),
(1.32)
ρ
che rappresenta l’equazione generale di propagazione delle onde elastiche.
Ü =
Se supponiamo la funzione di spostamento U sia periodica di frequenza
ω/2π (monocromatica)
U(r, t) = R ejωt u(r) ,
avremo un’equazione del tipo:
u=−
1
1
· ∇(∇ · u) + 2 · ∇×(∇ × u),
2
k
h
con:

 k2 =
 h2 =
ω2 ρ
λ+2µ
ω2 ρ
µ .
(1.33)
(1.34)
Per semplificare l’equazione introduciamo il potenziale scalare:
Φ=
1
∇ · u,
k2
(1.35)
e il potenziale vettore
1
∇ × u.
(1.36)
h2
Dalla conoscenza del potenziale vettore e di quello scalare è possibile
Ψ=
ricostruire lo spostamento u(r):
u = −∇Φ + ∇ × Ψ.
(1.37)
Ciò significa che possiamo scomporre quest’equazione in due equazioni differenziali distinte, una per la propagazione delle onde longitudinali (onde P)
e l’altra per le onde trasverse (onde S). Nell’equazione precedente compaiono gli operatori divergenza e rotore, i quali hanno numerose utili proprietà,
tra le quali le due seguenti:
∇×(∇f ) = 0
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(1.38)
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16
L’equazione scalare delle onde acustiche
∇·(∇ × F) = 0,
(1.39)
che possono essere utilizzate immediatamente, fornendo i seguenti risultati:
∇2 Φ = −k2 Φ;
(1.40)
∇ · Ψ = 0;
(1.41)
∇2 Ψ = −h2 Ψ.
(1.42)
Se il potenziale scalare Φ ed il potenziale vettore Ψ soddisfano le equazioni
(1.35) e (1.36), allora lo spostamento u dato nella forma (1.37) soddisferà
dall’equazione (1.33). Per verificarlo è sufficiente applicare nuovamente gli
operatori divergenza e rotore all’equazione (1.37) ed operare la sostituzione
nelle equazioni (1.40), (1.41) e (1.42):
∇ · u = k2 Φ,
∇ × Ψ = h2 Ψ,
identiche alle (1.35) (1.36).
Con
ed inoltre vp =
q
λ+2µ
ρ
e vs =
q

 k=
 h=
ω
vp
ω
vs ,
(1.43)
µ
ρ.
1.2.2 Propagazione delle onde longitudinali piane
Prendiamo in considerazione l’equazione delle onde longitudinali (1.40).
Per risolvere tale equazione [2] utilizzaremo il metodo di separazione delle
variabili, ponendo:
Φ(x, y, z) = X(x)Y (y)Z(z),
(1.44)
con X(x), Y (y) e Z(z) funzioni esplicite delle sole variabili x, y e z rispettivamente.
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
17
Utilizzando la forma (1.44) nell’equazione (1.40) e dividendo per XY Z otteniamo:
1 ∂2X
1 ∂2Y
1 ∂2Z
+
+
= −k2 .
(1.45)
X ∂x2
Y ∂y 2
Z ∂z 2
La somma dei tre termini al primo membro dell’equazione (1.45) deve
essere costante, la separazione delle variabili nella dipendenza spaziale
permette di supporre che ciacun termine sia a sua volta costante:



−kx2 =


−k2 =
y



 −k 2 =
z
1 d2 X
X dx2
1 d2 Y
Y dy 2
1 d2 Z
Z dz 2 .
(1.46)
Ciascuna di queste equazioni ha una sola variabile indipendente per cui
le derivate parziali sono ora derivate totali. In accordo con la (1.45):
kx2 + ky2 + kz2 = k2 .
(1.47)
Le soluzioni delle equazioni (1.46) sono:

jkx x + A− e−jkx x


X = A+

x
xe

Y = A+ ejky y + A− e−jky y
y
y



 Z = A+ ejkz z + A− e−jkz z .
z
z
(1.48)
In accordo con l’equazione (1.44), il potenziale scalare potrà esprimersi in
termini di sovrapposizione lineare:
Φ(x, y, z) =
XXX
kx ky
Axyz ej·(kx x+ky y+kz z) ,
(1.49)
kz
le somme vengono effettuate al variare di kx , ky e kz in accordo con l’equazione (1.47).
Con k abbiamo indicato il numero d’onda ovvero la frequenza spaziale
definita come:
2π
ω
,
(1.50)
=
vP
λ
con ω frequenza angolare, vP velocità longitudinale e λ lunghezza d’onda.
k=
Il numero di soluzioni (1.49) che soddisfano la condizione (1.47) è molto
elevato. Un’onda armonica, piana e progressiva è una di queste soluzioni.
−
−
In questo caso A−
x = Ay = Az = 0 e se il piano d’onda è parallelo all’asse y
le onde P (ma anche le onde S con polarizzazione verticale: onde SV) non
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18
L’equazione scalare delle onde acustiche
dipendono da y.
Fissando kx2 = η 2 nella condizione (1.47) con η ∈ R, per le onde piane
troviamo
Φ0 = e−az+jηx ,
(1.51)
con a2 = η 2 − k2 ed ampiezza unitaria in z = 0; si nota come l’ampiezza si
attenui esponenzialmente nella direzione delle z crescenti.
Per le onde trasverse avremo una soluzione simile:
|Ψ0 | = e−bz+jηx ,
con b2 = η 2 − h2 e h =
ω
vS
con numero d’onda per le onde trasverse e vS la
relativa velocità.
Modello semplificato per la propagazione longitudinale
Consideriamo un piano π in un volume omogeneo, isotropo ed illimitato, perpendicolare all’asse orizzontale x (figura (1.4)); supponiamo che tale
piano si sposti per effetto di tensioni normali, di una quantità u(x, t) all’istante t [1].
Anche il piano π ′ , parallelo a π e di ascissa x+dx subirà, nello stesso istante
t, uno spostamento, u + du = u +
∂u
∂x .
Ciò significa che la lamina tra i due
piani subisce una deformazione assoluta pari a
∂u
∂x
· dx.
Se la tensione normale agente sul piano π è -N, quella agente su π ′ sarà:
N + dN = N +
∂N
· dx.
∂x
In altri termini, la forza agente sulla lamina risulta pari a
ricorso alla legge di Hooke otteniamo:
N = (λ + 2µ) ·
∂N
∂x
· dx. Facendo
∂u
· dx,
∂x
e quindi la forza che agisce sulla lamina assume la forma:
(λ + 2µ) ·
∂2u
· dx.
∂x2
Indicando con ρ la densità del mezzo, la massa della porzione di piastra
sulla quale agisce la forza sarà pari a ρ · dx, ed essendo u lo spostamento,
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
Figura 1.4:
∂2u
∂x2
19
Propagazione delle onde longitudinali piane.
sarà l’accelerazione, da cui:
(λ + 2µ) ·
∂2u
∂2u
·
dx
=
ρ
·
dx
·
.
∂x2
∂t2
Da quest’ultima espressione può ricavarsi facilmente la più nota:
∂2u
1 ∂2u
−
= 0,
∂x2 Vp2 ∂t2
che rappresenta l’equazione della propagazione longitudinale della perturbazione con velocità:
Vp =
s
λ + 2µ
,
ρ
ossia l’equazione delle onde longitudinali. Le costanti di Lamè 4 intervengono nella definizione dell’entià delle deformazioni dovute a tensioni normali,
4
Un mezzo elastico è caratterizzato attraverso parametri che esprimono il lega-
me tra forze agenti e deformazioni. Tra le più note ed usate vi sono il modulo di
Young, il rapporto di Poisson, il modulo di elasticità cubica.
Il modulo di Young E esprime il rapporto tra pressione ed accorciamento percentuale nella direzione della pressione agente su un campione del materiale; il
rapporto di Poisson σ è una grandezza adimensionale che esprime, in un corpo
sottoposto a pressione in una direzione preferenziale, il rapporto tra gli accorciamenti percentuali nella direzione ortogonale a quella della pressione e nella
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L’equazione scalare delle onde acustiche
in particolare per la legge di Hooke:
σ11 = N1 = λ · δv + 2µ · δxσ22 = N2 = λ · δv + 2µ · δyσ11 = N3 = λ · δv + 2µ · δz,
con δv =
∆v
v
= δx + δy + δz. Esse esprimono le tensioni normali Ni (conside-
rando gli sforzi tangenziali nulli) in funzione delle caratteristiche del corpo.
La propagazione avviene nella direzione dell’asse orizzontale ovvero coincide con la direzione di variazione della forza, ortogonalmente alla lastra di
materiale tra i due piani.
Quale soluzione dell’equazione delle onde longitudinali può considerarsi
direzione della pressione stessa; infine il modulo di elasticità cubica κ è pari al
rapporto tra la pressione idrostatica (di intensità uguale in tutte le direzioni) agente su un volumetto di materiale e la dilatazione percentuale dello stesso volumetto
(con segno cambiato).
Nei liquidi abbiamo σ = 0.5 e E = 0, mentre nei solidi molto rigidi il valore di σ
è molto basso e tendente a zero (0.05 nelle rocce più dure). In generale le rocce
hanno valori di E e di κ compresi tra 2 · 1010 e 12 · 1010 newton/m..
Le tre costanti elastiche appena definite sono di grande importanza in quanto, attraverso la loro interdipendenza, permettono di caratterizzare un mezzo in termini
delle cosidette costanti di Lamè (λ, µ):



E = µ·(3λ+2µ)

(λ+µ)

σ=



 κ=
λ
2·(λ+µ)
3λ+2µ
3 .
0 < σ ≤ 0.5
(1.52)
Le velocità delle onde P ed S possono essere ricavate in termini di queste costanti,
come segue:
q

 vP = λ+2µ
q ρ
 vS = µ ,
(1.53)
ρ
dove con ρ si è indicata la densità del mezzo. Definendo un coefficiente γ 2 =
vs2
vp2
si
possono confrontare le velocità di propagazione delle due onde nei vari mezzi:
γ2 =
ovvero 0 < γ <
√1 ,
2
0.5 − σ
µ
=
,
λ + 2µ
1−σ
cioè vS è compresa tra 0 (nei liquidi) ed il 70% della vP nelle
rocce più rigide.
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
21
una espressione del tipo u = f (x − Vp · t), purchè continua con le sue derivate prime e seconde.
Considerazioni analoghe permettono di ricavare l’espressione relativa alle
onde trasversali.
1.2.3 Propagazione delle onde longitudinali sferiche
Le onde che si diffondono a partire da un punto nello spazio hanno un
fronte d’onda curvo che tende a divenire localmente piano quando l’onda
ha percorso grandi distanze. Infatti a grande distanza, la teoria delle onde
piane può essere applicata in modo soddisfacente. D’altra parte la teoria
delle onde piane non è in grado di spiegare certi fenomeni che si manifestano in corrispondenza dell’interfaccia tra mezzi con differenti proprietà
elastiche, attraversati da un campo d’onda longitudinale. Analizziamo il
caso particolare di fronti d’onda curvi, cilindrici e sferici, riferendoci, in
primo luogo, ad un sistema di coordinate cilindrico (figura (1.5)).
Scegliamo l’asse zeta normale allo strato considerato. Le coordinate r, φ e
Z
iz
iφ
ir
R
Y
φ
r
X
Figura 1.5:
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Sistema di riferimento polare cilindrico
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L’equazione scalare delle onde acustiche
z vengono definite nel modo seguente:



x = r · cos(φ)


(1.54)
y = r · sin(φ)
con r =



 z = z.
p
x2 + y 2 e tg(φ) = y/x.
Le componenti di u espresse nello stesso sistema di coordinate, saranno:




u(r, z) · cos(φ) 
u
 r  


 
u(r, φ, z) =  uφ  =  u(r, z) · sin(φ) 

uz


(1.55)

v(r, z)
In questo modo u e v sono funzioni di (r, z) e φ e quindi il potenziale scalare
Φ sarà a sua volta funzione di (r, z) e φ, cosı̀ pure il potenziale vettore
Ψ(x, y, z) = [−Ψcos(φ), Ψsin(φ), 0] .
che risulterà diretto lungo la direzione iφ .
In coordinate cilindriche il
gradiente di una funzione scalare viene riscritto come segue:
∇Φ =
∂Φ
1 ∂Φ
∂Φ
· ir +
· iφ +
· iz ,
∂r
r ∂φ
∂z
(1.56)
mentre il rotore del potenziale vettoriale Ψ assume la forma:



∇×Ψ = 

ir
∂
∂r
iφ
1 ∂
r ∂φ
∂
∂z
Ψr
Ψφ
Ψz

iz 

=

∂Ψφ
∂Ψz
∂Ψr
1 ∂Ψz
−
−
ir +
r ∂φ
∂z
∂z
∂r
1 ∂(rΨφ ) ∂Ψr
−
iφ +
iz .
r
∂r
∂φ
(1.57)
Se il potenziale vettore Ψ fosse diretto, come nel caso in esame, esclusivamente lungo l’asse iφ , avremo che Ψ(r, φ, z) = [0, Ψ, 0] e quindi:
∂Ψ
∇×Ψ=−
· ir +
∂z
Ψ ∂Ψ
+
r
∂r
· iz .
(1.58)
Le relazioni che legano i versori del riferimento polare col riferimento
cartesiano sono le seguenti:



i = ix · cos(φ) + iy · sin(φ)

 r
i = −i · sin(φ) + iy · cos(φ)
x
φ



 iz = iz ,
Introduzione all’equazione scalare delle onde
(1.59)
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
23
che nel caso specifico portano all’espressione
∇×Ψ=−
∂Ψ
∂Ψ
· cos(φ) · ix −
· sin(φ) · iy +
∂z
∂z
Ψ ∂Ψ
+
r
∂r
· iz .
(1.60)
Sostituendo le espressioni di −∇Φ e ∇ × Ψ cosı̀ ricavate nell’equazione
(1.37) si ottengono le componenti di u lungo ir e lungo iz :
ur = u(r, z) = − ∂Φ
∂r −
uz = v(r, z) = − ∂Φ
∂z +
∂Ψ
∂z
∂Ψ
∂r
+
Ψ
r.
(1.61)
Per la divergenza ed il rotore di u avremo le espressioni:
∇·u =
1 ∂(rur ) ∂uz
∂ 2 Φ 1 ∂Φ ∂ 2 Φ
+
=− 2 −
−
,
r ∂r
∂z
∂r
r ∂r
∂z 2
∇×u=−
Ψ
∂2Ψ
∂ 2 Ψ 1 ∂Ψ
−
+
−
,
∂r 2
r ∂r
r2
∂z 2
(1.62)
(1.63)
che sostituite rispettivamente nell’equazione (1.35) e nella (1.36) portano
alle equazioni differenziali seguenti:
∂ 2 Φ 1 ∂Φ ∂ 2 Φ
+
+
+ k2 Φ = 0,
∂r 2
r ∂r
∂z 2
(1.64)
∂ 2 Ψ 1 ∂Ψ Ψ ∂ 2 Ψ
+
− +
+ h2 Ψ = 0,
∂r 2
r ∂r
r
∂z 2
(1.65)
ricordando che Ψ(r, φ, z) = [0, Ψ, 0] = Ψiφ .
Risolviamo quest’equazione mediante il metodo di separazione delle variabili,scrivendo:
Φ = R(r)Z(z),
(1.66)
con chiaro significato dei termini.
Sostituendo l’espressione (1.66) nell’equazione (1.64) e dividendo per il
termine R · Z otteniamo:
ovvero
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1 d2 R
1 d2 Z
1 dR
+
+
+ k2 = 0,
R dr 2
rR dr
Z dz 2
(1.67)
1 dR
1 d2 Z
1 d2 R
+
=
−
+ k2 .
R dr 2
rR dr
Z dz 2
(1.68)
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24
L’equazione scalare delle onde acustiche
Dal momento che il primo membro dipende solo da r ed il secondo solo da
z, l’uguaglianza sarà possibile solo se entrambi sono costanti, ad esempio,
−η 2 ∈ R:



1 d2 R
1 dR
2
R dr 2 + rR dr = −η
2
d Z
2
2
dz 2 = (η − k )Z.
(1.69)
Per la prima equazione delle (1.69) possiamo scrivere:
r2 ·
d2 R
dR
+r
+ Rη 2 r 2 = 0.
dr 2
dr
(1.70)
Quest’equazione è un’equazione differenziale di Bessel del primo tipo e di
ordine zero che ha soluzione limitata R(r) = C1 J0 (ηr).
Per risolvere la seconda delle equazioni (1.69) proviamo ad utilizzare un’espressione particolare del tipo Z(z) = eaz , ottenendo la soluzione generale:
Z(z) =
√
C1′ e
η2 −k 2 z
+
−
C2′ e
√
η2 −k 2 z
,
(1.71)
che resta limitata per C2′ = 0, ovvero:
Z(z) =
√
C1′ e
η2 −k 2 ·z
.
In definitiva avremo che il potenziale scalare Φ potrà esprimensi come:
Φ(r, z) = Aeaz J0 (ηr),
con a =
(1.72)
p
η2 − k2 .
Per quanto riguarda il potenziale vettore, dobbiamo riferirci all’equazione
(1.65); sostituendo Ψ con R(r)Z(z) otteniamo:
1 d2 R
1 dR
1
1 d2 Z
+
−
=
−
+ h2 .
R dr 2
rR dr
r2
Z dZ 2
(1.73)
Anche in questo caso dobbiamo eguagliare entrambi i membri di questa
equazione ad una costante, ad esempio al termine −η 2 , ottenendo:
1
d2 R 1 dR
+ η 2 − 2 R = 0,
+
2
dr
r dr
r
(1.74)
che è una funzione di Bessel di primo tipo e di prim’ordine con soluzione
limitata R(r) = C2 J1 (ηr). Il termine al secondo membro della (1.73) porta,
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
1.2 Propagazione delle deformazioni
25
S
Figura 1.6:
Per |r| → ∞ il fronte d’onda sferico risulta localmente piano.
come abbiamo visto, ad un’espressione del tipo Z(z) = C2′ e(η
2 −h2 )z
= ebz . Per
il potenziale Ψ avremo pertanto:
Ψ = −Bebz J1 (ηr),
con b =
(1.75)
√
a2 − h2 . Se A e B sono entrambe funzioni di η le soluzioni possono
essere integrate rispetto ad essa.
Questo modo di procedere è stato introdotto da Sommerfeld per trovare una
soluzione a simmettria sferica per l’equazione d’onda. Un’onda sferica con
potenziale scalare del tipo:
1
Φ = ejk·r ,
r
(1.76)
può essere visto come la sovrapposizione di onde a simmetria cilindrica;
ponendo
Φ=
Z
0
∞
ea(z) J0 (ηr)
ηdη
.
a
(1.77)
che rappresenta una soluzione a simmetria sferica per l’equazione (1.64)
5.
5
Per una dettagliata dimostrazione:
J.C.d’Arnaud Gerkens, Foundation of
Exploration Geophysics, Elsevier, 1989.
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26
Introduzione all’equazione scalare delle onde
L’equazione scalare delle onde acustiche
LATEX
Capitolo 2
Cenni sulla teoria
hamiltoniana
Supponiamo di individuare la posizione di un corpo rigido (o di più corpi)
in termini delle coordinate spaziali q = (q1 , q2 , ..., qn ) e della velocità q̇, con
q˙i =
dqi
dt
[6]. Per questi oggetti l’energia cinetica viene espressa in forma
quadratica rispetto alle componenti q˙i , nel modo seguente:
Ec =
X
i,k
Ai,k (q, t) · q˙i q̇k ;
mentre l’energia potenziale è una funzione della posizione e del tempo, del
tipo
Ep = Ep (q, t).
Il principio di Hamilton permette di definire un sistema conservativo in
termini di stazionarietà del funzionale:
J =
Z
t1
t0
[Ec (q, t) − Ep (q, t)] · dt,
(2.1)
ossia per ∆J = 0.
La funzione L = Ec − Ep viene denominata lagrangiana del sistema. La
stazionarietà del funzionale J equivale, in termini dell’equazione di Eulero-
Lagrange, alla soluzione del sistema di equazioni:
d dEc ∂(Ec − Ep )
−
= 0,
dt dq˙i
∂qi
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(2.2)
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28
Cenni sulla teoria hamiltoniana
per i = 1, 2, ..., n. Nella quale Ec = 0 per q˙i = 0 implica che
∂Ep
∂qi
= 0, ed indi-
vidua una possibile condizione di equilibrio del sistema (minimo di energia
potenziale).
Nota la posizione del corpo (o dei corpi) agli istanti t0 e t1 , esistono numerose traiettorie che collegano i due punti spaziali ai diversi istanti; il
principio di Hamilton stabilisce che per un sistema fisico, tra le innumerevoli possibilità vengono scelti percorsi che rendono ∆J = 0. Essendo note
le posizioni degli oggetti agli istanti t0 e t1 non sono necessarie condizioni
iniziali addizionali. Se Ec ed Ep sono stazionarie vi è sempre una condizione
del tipo:
d
dt
N
X
∂L
−L
q˙i
∂qi
i=1
!
La costante del moto è:
H=
=
N
X
q˙i
i=1
N
X
i=1
q̇i
d ∂L
∂L
−
dt ∂qi ∂qi
= 0.
(2.3)
∂L
− L,
∂ q̇i
(2.4)
chiamata hamiltoniana del sistema: H = costante significa che il sistema è
conservativo.
Effettuando il cambiamento di variabili:
∂L
(qi , q˙i ) → (qˆi , pi ) = qi ,
.
∂ q˙i
(2.5)
Differenziando l’hamiltoniana rispetto alle nuove variabili, otteniamo:


nella quale
∂ qˆj
∂qi
= δij ,
Dall’espressione H =

∂H
∂qi
∂H
∂ q˙i
=
=
∂ qˆj
∂ q˙i = 0.
PN
j=1 q̇j pj
PN
∂H
j=1 ∂pj
PN
∂H
j=1 ∂pj
∂pj
∂qi
∂pj
∂ q˙i
+
+
∂H
∂ qˆj
∂H
∂ qˆj
∂ qˆj
∂qi ∂ qˆj
∂ q˙i
(2.6)
− L, segue che:
N
N
X
X
∂H ∂pj
∂pj
∂H
=
=
,
q˙i
∂ qˆi
∂p
∂
q
˙
∂ q˙i
j
i
j=1
j=1
ossia
dqi
dt
=
∂H
∂pi ,
assumendo che la matrice di coefficienti cij =
(2.7)
∂pj
∂ q˙i
sia non-
singolare. Otteniamo inoltre:


N
N
X
X
∂H ∂pj ∂H
∂ 
d ∂L
∂L
∂H
=−
+
=
=−
= −p˙i , (2.8)
H−
q˙i pj  = −
∂ qˆi
∂pj ∂qi ∂qi
∂qi
∂qi
dt ∂ q˙i
j=1
j=1
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
2.1 L’equazione delle corde vibranti
29
utilizzando l’equazione di Eulero-Lagrange.
Il risultato rappresenta le
cosidette equazioni di Hamilton:
∂H
∂qi
=
,
∂t
∂pi
∂H
∂pi
=−
,
∂t
∂qi
(2.9)
ovvero le equazioni del moto per un sistema conservativo di variabili canoniche pi , qi .
2.1 L’equazione delle corde vibranti
Assumiamo che l’energia potenziale di una corda sia proporzionale alla
variazione della sua lunghezza, che in condizioni di riposo è pari ad l; indichiamo con y(x, t) lo spostamento della stessa dalla posizione di riposo
(orizzontale). Esprimeremo l’energia potenziale nel modo seguente:
Ep = µ̂
Z
l
0
s
 1+
dy
dx
2

− 1 · dx,
con µ̂ costante di proporzionalità (costante di Hooke) e dl =
p
(dx)2 + (dy)2
variazione differenziale della lunghezza della corda. L’energia cinetica può
esprimersi come:
Ec =
1
2
Z
l
ρ
0
∂y
∂t
2
dx,
con ρ densità della corda.
Il principio di Hamilton applicato a questo caso specifico agisce nel senso
di rendere stazionario il funzionale:
J =
Z
t1
t0
Z
0
l

∂y
1
 ρ
2
∂t
2
s
− µ̂ ·  1 +
∂y
∂x
2

− 1 · dxdt.
(2.10)
La corda è vincolata ai suoi estremi e quindi y(x, t) = 0 per x = 0 e per x = l.
Il funzionale J dipende dalle due variabili indipendenti x e t; l’equazione di
Eulero-Lagrange si ottiene scrivendo:
d ∂Ec
d ∂
=
dt ∂ q˙i
dt ∂ ẏ
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1 2
∂
∂y
ρẏ =
ρ
,
2
∂t
∂t
(2.11)
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30
Cenni sulla teoria hamiltoniana
∂(Ec −Ep )
∂qi
∂
= −µ̂ ∂y
=
r
∂
∂y
1+
In definitiva:
(
1
2ρ
dy 2
dt
dy 2
dx
∂
∂y
ρ
∂t
∂t
− µ̂
"r
1+
dy
dx
= −µ̂ · r
1+( dy
dx )
2
dy
dx
= − s
1+
dy 2
dx
#)
dy 2
dx
−1
.
.
(2.12)
(2.13)
dy
Quest’equazione non-lineare può considerarsi lineare per | dx
| << 1 ovve-
ro per variazioni verticali molto più piccole delle corrispondenti variazioni
orizzontali, in modo tale da potere trascurare
ciò discende:
∂
∂y
ρ
∂t
∂t
=
∂y 2
∂x
rispetto all’unità; da
∂
∂y
µ̂
,
∂x
∂x
(2.14)
che, per 0 < x < l, rappresenta l’equazione d’onda di velocità v =
generale :
q
µ̂
ρ.
In
∂ 2 U(r)
= v 2 (r) · ∇2 U(r).
∂t2
2.2 Energia
In base ad una formulazione hamiltoniana dell’equazione d’onda possiamo
definire la funzione di Hamilton, che indica l’energia dell’onda contenuta al
tempo t entro il volume V :
H(t) =
Z
V

1  ∂2P
2
∂x2
!2
+
∂2P
∂z 2
!2
1
+ 2
v
∂2P
∂t2
!2 
 · dV =
Z
V
HdV.
(2.15)
Attraverso il calcolo della potenza può essere ricavata l’equazione di continuità:
i
h
R
∂H(t)
∂P
∂2P
∂P
∂2P
1 ∂P ∂ 2 P
· dV
2 ∂t · ∂ 2 t
∂t h= V ∂x · ∂x∂t + ∂z · ∂z∂t + v
i
R
2
2
2
2
∂ P
∂ P
∂P
∂ P
1 ∂P
∂ P
= V ∂P
·
+
·
+
·
+
· dV
2
2
2
∂x ∂x∂t
∂z ∂z∂t
vi∂t
∂ x
∂ z
R h ∂ ∂P ∂P ∂P ∂P
∂
= V ∂x ∂x ∂t + ∂z ∂z ∂t · dV
=
R
V
(∇ · j) dV =
avendo definito:
R
∂V
j · ndS,
j=
Introduzione all’equazione scalare delle onde
(2.16)
∂P
· ∇P,
∂t
(2.17)
LATEX
2.2 Energia
31
con j densità superficiale di potenza attraverso la frontiera ∂V che avvolge
il volume V (figura (2.1)). La potenza per unità di area non è altro che la
velocità alla quale l’energia viene trasferita al mezzo dal fronte d’onda per
unità di area. Si stabilisce per convenzione che n sia diretta verso l’esterno
n
j
V
Figura 2.1:
Flusso di energia attraverso il Volume.
del volume, quindi j · n > 0 per il flusso di energia uscente dal volume V ,
ovvero:
∂P
· ∇P ·n > 0,
∂t
con le sorgenti interne al volume.
j·n =
(2.18)
Ciò significa che il flusso di energia, generato da una sorgente interna al
volume e riflesso dalla frontiera ∂V del dominio dovrà necessariamente avere j · n < 0.
Il principio di conservazione dell’energia è soddisfatto alla frontiera dove
vale dH/dt = 0.
Affinchè possano realizzarsi condizioni assorbenti alla
frontiera del volume è necessario che dH/dt ≤ 0.
2.2.1 Velocità di gruppo e dispersione
Consideriamo un sistema governato dall’equazione d’onda con soluzione
del tipo onda piana
ej(k·r−ωt)
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32
Cenni sulla teoria hamiltoniana
nella quale la pulsazione ω sia funzione della posizione r, secondo la
relazione di dispersione:
ω = v|k|
(2.19)
in generale avremo una relazione comunque complicata del tipo ω = ω(k).
La dipendenza di ω dal numero d’onda k viene indicata dispersione per motivi che verranno chiariti in seguito. Inoltre consideriamo due onde piane
propagantesi in direzione z, avremo:
g(r, t) = ej(ω1 t−k1 ·r) + ej(ω2 t−k2 ·r)
(2.20)
con ω1 = ω(k1 ) e ω2 = ω(k2 ). Scriviamo k1 e k2 rispetto ad un valore di
riferimento k0 :

 k = k − ∆k
1
0
 k = k + ∆k
2
0
(2.21)
allo stesso modo, indicheremo:

 ω = ω − ∆ω
1
0
 ω = ω + ∆ω,
2
(2.22)
0
con ω0 = ω(k0 ) e ∆ω = ∆k ∂ω
∂k . Nel caso monodimensionele scriveremo:
h
i
g(z, t) = ej(−∆ωt+∆kz) + ej(∆ωt−∆kz) · ej(ω0 t−k0 z) = 2 · cos(∆ωt − ∆kz) · ej(ω0 t−k0 z) ;
(2.23)
ovvero:
Re{g(z, t)} = 2cos(∆ω · t − ∆k · z) · cos(ω0 t − k0 z),
(2.24)
nella quale si individuano due oscillazioni, una veloce a pulsazione ω0 ed
una lenta a pulsazione ∆ω; ciò individua un’inviluppo che si muove con
velocità ∆ω/∆k. L’interferenza tra le due componenti d’onda produce una
modulazione del segnale cosinusoidale, un pacchetto d’onda che viaggia ad
una velocità
vg = lim
∆k → 0,
∆ω
∆k
=
∂ω
∂k
(2.25)
detta velocità di gruppo.
Lo stesso discorso può essere esteso al caso di sovrapposizione di onde
piane con vettore d’onda compreso (con continuità) tra ko − ∆k e ko + ∆k. In
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
2.2 Energia
33
questo caso avremo a che fare con un pacchetto d’onda esprimibile tramite
l’integrale:
♦
g (z, t) = Re
(Z
)
ko +∆k
ko −∆k
A(k) · cos(ω · t − k · z) · dk ,
(2.26)
nella quale ogni componenete ha ampiezza A(k).
Ponendo ∆k << k0 per k ∈ [ko − ∆k, ko + ∆k], può scriversi:
indicando con vg =
∂ω ω(k) ≃ ω0 +
· (k − k0 ) + ...,
∂k k=k0
∂ω ∂k k=k0
(2.27)
la velocità di gruppo calcolata al centro banda
(ω0 , k0 ); sostituendo nell’integrale avremo:
n
=
=
=
R ko +∆k
jω0 t ej[vg (k−k0 )t−kz] dk
ko −∆k e
n
R +∆k j(v t−z)(k−k ) o
0 dk
e g
Re A(k0 )ej(ω0 t−k0 z) kkoo−∆k
h j(v t−z)(k−k ) ik0 +∆k g
Re A(k0 )ej(ω0 t−k0 z) e j(vg t−z) 0
k0 −∆k
sin[(vg t−z)∆k]
2∆k · A(k0 ) · cos(ω0 t − k0 z) · (vg t−z)∆k ,
g♦ (z, t) = Re A(k0 )
o
(2.28)
che può essere riscritta come:
g ♦ (z, t) = 2∆k · A(k0 ) · cos[k0 (z − vf t)] ·
Nell’equazione (2.29) vf =
ω
k
sin[∆k(z − vg t)]
.
∆k(z − vg t)
(2.29)
è la velocità di fase, ossia la velocità della
pulsazione veloce, mentre l’inviluppo scorre con velocità pari alla velocità di
gruppo. Nei mezzi non dispersivi vg = vf . Nei mezzi dispersivi si evidenziano
i seguenti effetti:
• la velocità di fase risulta diversa per ciascuna componente frequen-
ziale. Ciò significa che le diverse componenti frequenziali di un’onda
si muovono a diverse velocità, cumulando dei ritardi le une rispetto
alle altre e quindi mutando la fase relativa; ciò produce l’effetto di
“sparpagliamento” dell’energia dell’onda noto come dispersione.
• In un mezzo dispersivo la velocità di gruppo vg con la quale l’energia
fluisce, differisce notevolmente dalla velocità di fase (vf ≥ vg ).
• In un mezzo dissipativo le modalità di attenuazione sono le stesse sia
in un mezzo dispersivo che in uno non dispersivo; più in generale
diremo che gli effetti dissipativi dipendono dalla frequenza.
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34
Introduzione all’equazione scalare delle onde
Cenni sulla teoria hamiltoniana
LATEX
Capitolo 3
Equazione d’onda nel dominio
di Fourier
L’equazione scalare delle onde acustiche è esprimibile nella forma nota:
∂ 2 P (t; r)
= v 2 · ∇2 P (t; r)
∂t2
(3.1)
sotto forma di equazione differenziale alle derivate parziali di second’ordine.
Per mezzi omogenei (v = costante) la soluzione dell’equazione d’onda può
essere espressa, specificando le condizioni iniziali P0 (r) e ∂t P0 (r), in termini
di un’onde piana monocromatica. Una soluzione dell’equazione (3.1) può
essere indicata nella forma:
P (t; r) = Pbk (t) · ejk·r ,
k = (kx , ky , kz ).
(3.2)
Sostituendo l’equazione (3.2) nella (3.1) si ottiene l’equazione differenziale
ordinaria seguente:
la cui soluzione generale
d2 Pbk (t)
= −v 2 |k|2 Pbk (t),
dt2
Pbk (t) = A+ (k) · ej·v|k|t + A− (k) · e−j·v|k|t ,
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(3.3)
(3.4)
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36
Equazione d’onda nel dominio di Fourier
individua due termini distinti per la propagazione. Valgono le espressioni



Pb (0) = A− + A+ = Pbk ,

 k



 Pḃ (0) = jv|k| (A− − A+ ) = Q
bk;
k
ossia



A+ =









 A− =
1
2
1
2
Pbk +
bk
Q
j·v|k|
Pbk −
bk
Q
j·v|k|
,
,
(3.5)
(3.6)
che può riscriversi anche nel modo seguente:
"
#
1 b
1 ∂ Pb0 (k)
A (k) =
.
P0 (k) ±
2
jv · |k| ∂t
±
(3.7)
Pb0 e ∂ Pb0 /∂t rappresentano rispettivamente la trasformata di Fourier della
soluzione e quella della sua derivata temporale valutate all’istante iniziale,
q
con ω = v kx2 + ky2 + kz2 = v|k|. Nell’elaborazione dei dati sismici è spesso
conveniente distinguere le onde dirette verso il basso rispetto a quelle propagantesi verso l’alto (rispetto al riferimento sull’asse z, positivo verso il
basso).
Un modo per ridurre gli effetti dovuti alle riflessioni multiple può essere ottenuto restringendo l’analisi alle sole onde propagantesi verticalmente verso il basso al crescere del tempo. La fase associata alla soluzione espressa
attraverso le equazioni (3.2) e (3.4), complessivamente è pari a:
φ± (t; r) = k · r ± v|k|t,
(3.8)
in modo da potere esprimere la soluzione generale nel modo seguente:
+
P (t; r) = A+ ejφ + A− ejφ .
−
(3.9)
Il fronte d’onda puó essere definito come il luogo dei punti dello spazio per
i quali risulta soddisfatta la relazione:
φ± (t, ; r) = costante,
(3.10)
che rappresenta il fascio di piani di equazione:
k · r ± v|k|t = costante,
Introduzione all’equazione scalare delle onde
(3.11)
LATEX
37
parametrizzato rispetto al tempo, con versore k̂ = k/|k| normale al piano π
individuato per un t̂ fissato. Dall’ equazione (3.11) può ricavarsi, derivando
membro a membro rispetto al tempo, la relazione seguente:
k dr
·
= ∓v,
|k| dt
(3.12)
che permette di discriminare il verso di propagazione dell’onda viaggiante
rispetto ad una particolare direzione. Se volessimo considerare le sole onde
propagantesi in profondità, nella direzione delle z crescenti (per x e y fissate) al crescere del tempo, dovremo esigere dz/dt > 0. Soddisfare la relazione
(3.12) significa porre:
kz ·
dz
= sgn(kz ) · v|k|.
dt
(3.13)
In definitiva l’onda viaggiante in profondità potrà esprimersi in due modi
differenti:
P + (t; r) = A+ · ej(k·r+v|k|t)
kz < 0, A− = 0;
(3.14)
P − (t; r) = A− · ej(k·r−v|k|t)
kz > 0, A+ = 0.
(3.15)
Le due precedenti relazioni possono scriversi in forma compatta come
segue:
P (t; r) = Pbk (0) · ej(k·r−sgn(kz )v|k|t) ,
(3.16)
Pbk (t) = Pbk (0) · e−j[sgn(kz )v|k|t]
(3.17)
che descrive la soluzione caratteristica dell’onda che si propaga verso il
basso. Il termine:
è soluzione dell’equazione parassiale
s
∂ Pbk (t)
κ2
= −jvkz 1 + 2 Pbk (t),
∂t
kz
κ2 = kx2 + ky2 ,
(3.18)
che descrive la propagazione delle componenti d’onda piana in profondità,
verso le z crescenti al crescere del tempo.
Ogni componente d’onda piana con kz < 0 si muove con verso concorde a
quello del suo vettore d’onda k = (kx , ky , kz ); le componenti d’onda piana
con kz > 0, invece, viaggiano in direzione opposta al loro vettore d’onda [5].
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38
Equazione d’onda nel dominio di Fourier
L’equazione (3.18) può essere formalmente espressa nel domimio spaziotemporale ne modo seguente:
(
∂P (t; r)
= −v · F −1 jkz
∂t
s
)
κ2
1 + 2 F{P (t; r)} ,
kz
(3.19)
dove F{·} ed F −1 {·} rappresentano la trasformata di Fourier spaziale (dal
dominio (x, z) al dominio (kx , kz ) e la sua inversa. Ciò significa che per calcolare la derivata prima temporale del campo di pressione sono necessari
tre passi:
• applicazione della trasformata veloce bidimensionale di Fourier (F F T )
del campo P (t; r) nelle dimensioni spaziali x e z;
• moltiplicazione per il termine jvkz
• antitrasformazione (F F T −1 ).
q
2
+ κ2 ;
z
Dalla relazione precedente, inoltre, possono dedursi le derivate d’ordine
superiore, come:
(
∂ 2 P (t; r)
= v · F −1 jkz
∂t2
s
κ2
1+ 2 F
kz
∂P (t; r)
∂t
)
.
(3.20)
2
)
Poichè deve essere soddisfatta la condizione di stabilità | v·(κ
ω 2 | ≤ 1, avremo
propagazione all’interno di un cono attorno all’asse ω nello spazio di Fourier
(figura (??)).
3.1 Approssimazione parassiale dell’equazione d’onda
L’espressione
ω 2 = v 2 · (kx2 + ky2 + kz2 ) = v 2 · |k|2 ,
(3.21)
rappresenta la cosidetta relazione di dispersione e regola la dipendenza tra
le frequenze spaziali kx , ky , kz e la frequenza temporale ω.
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
3.1 Approssimazione parassiale dell’equazione d’onda
1
che può essere espressa
kx2 + ky2
)
kz2
(3.22)
La relazione di dispersione è una funzione reale
come segue:
ω = v · kz ·
ovvero
s
1+(
s
v 2 · (kx2 + ky2 )
ω
]
kz = · 1 − [
v
ω2
per la quale si hanno problemi di stabilità se:
|
39
v 2 · (kx2 + ky2 )
|>1
ω2
(3.23)
(3.24)
perchè kz diventa immaginario (kz = j · |kz |) e quindi l’esponenziale diventa
reale e può divergere 2 .
A partire dall’espressione
3
(3.23), evidenziando il termine adimensionale:
v 2 · κ2 1/2
v · kz
= [1 −
] ,
ω
ω2
(3.25)
adatto ad una estrapolazione in profondità, oppure in modo equivalente:
ω
=
vkz
s
1+
κ2
,
kz2
(3.26)
si ricavano le cosidette approssimazioni parassiali. Espandendo con serie di Taylor la radice quadrata che compare nella definizione di kz oppure come espresso nella trattazione seguente (nel caso bidimensionale)
utilizzando l’espansione in frazioni continue, si ottiene:
ω
κ
= 1 + o(| |2 ) = a1 ,
v · kz
kz
(3.27)
κ
1 κ2
ω
= 1 + · 2 + o(| |4 ) = a2 ,
v · kz
2 kz
kz
(3.28)
1+
ω
=
v · kz
1+
1
2
3
4
3
4
·
·
κ2
kz2
κ2
kz2
+ o(|
κ 6
| ) = a3 .
kz
(3.29)
Limitatamente al caso in cui ω e kz abbiano lo stesso segno.
La soluzione dell’equazione d’onda è costituita da due termini contenenti
termini esponenziali con esponenti coniugati; se kz ∈ ℜ uno dei due termini
esponenziali potrà divergere per t → 0.
3
Segno positivo per la propagazione verso il basso.
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40
Equazione d’onda nel dominio di Fourier
Possiamo anche esprimere una relazione generale rispetto all’ordine i −
mo utilizzando una relazione ricorsiva che porta all’approssimazione della
radice nel modo seguente:
κ2
ω
κ
kz2
= ai = 1 +
+ o(| |2j ),
vkz
1 + ai−1
kz
a1 = 1,
(3.30)
detta approssimazione parassiale di ordine i. Le equazioni relative a tali
approssimazioni sono nell’ordine:
∂P
∂P
+v·
=0
∂t
∂z
∂2P
∂2P
−v
2v 2 − 2
∂z
∂t∂z
∂3P
1
−
+
2
∂t∂z
4
∂3P
∂3P
+
∂t∂x2 ∂t∂y 2
!
(3.31)
∂2P
∂2P
+
∂x2
∂y 2
3
∂3P
+v 3 − v
∂z
4
!
=0
∂3P ∂3P
∂z∂x2 ∂z∂y 2
(3.32)
!
=0
(3.33)
È importante sottolineare che le approssimazioni di ordine elevato basate
sull’espansione in frazioni continue della radice quadrata portano a schemi
differenziali instabili [4].
Introduzione all’equazione scalare delle onde
LATEX
Bibliografia
[1] Norinelli A. Elementi di geofisica applicata. Patron Editore, 1982.
[2] Tikhonov A.N. Samarskij A.A. Equazioni della fisica matematica. MIR
Publishers, Moscow, 1981.
[3] Tsvankin Ilya. Seismic Wavefields in Layered Media. Center of Wave
Phenomena - Colorado School of Mines, Samizdat Press, 1995.
[4] Claerbaut J.
Imaging the earth interior.
Blackwell Scientific
Publications, 1985.
[5] Gazdag J. and Sguazzero P. Modeling of the acoustic wave equation with
transform methods. Reprinted of Geophysics, 46, 854-859, June 1980.
[6] Keener P. J.
Principles of Applied Mathematics.
Addison Wesley
Publishing Company, 1988.
[7] Scales J.A. and Smith M.L. Inroductory Geophysical Inverse Theory.
Center of Wave Phenomena - Colorado School of Mines, Samizdat Press,
1994.
[8] D’Arnaud Gerkens J.C. Foundation of Exploration Geophysics. Elsevier,
1989.
Mauro Ennas
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