Sigmund Freud e la tradizione della psicoanalisi classica

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Sigmund Freud e la tradizione della psicoanalisi classica
Sigmund Freud e la tradizione della psicoanalisi classica
“Tutto quello che fate è determinato da forze che stanno
dentro di voi e delle quali siete totalmente inconsapevoli”
Fu un archeologo tedesco Heinrich Schliemann la musa ispiratrice di Freud.
L’individuazione dell’antica città di Troia l’evento che più infiammò la sua immaginazione.
La sede degli scavi di Freud tuttavia non era il terreno ma la mente dei suoi pazienti; gli strumenti di cui
si serviva non erano il badile e la spazzola ma le interpretazioni psicoanalitiche.
L’entusiasmo era però lo stesso.
Lo sviluppo storico delle teorie freudiane è estremamente intricato e complesso.
In questa sede esaminerò alcuni dei concetti che Freud ha lasciato in eredità alla psicoanalisi
contemporanea.
Freud si laurea in medicina in un’epoca in cui lo studio della struttura fisica del cervello era ancora nella
prima infanzia.
Cominciò a lavorare come ricercatore in neurofisiologia, assistendo alle spettacolari dimostrazioni di
celebri neurologi come Charcot e Bernheim.
Charcot sottoponeva i suoi pazienti alla trance ipnotica e attraverso la suggestione ipnotica era in grado di
eliminare temporaneamente i sintomi dei suoi pazienti.
Seguendo Charcot, Bernheim e altri medici che praticavano l’ipnotismo Freud dimostrò che le isteriche
(pazienti che soffrivano di disturbi fisici ma non presentavano alcuna lesione somatica) soffrivano di un
disturbo della mente e non del cervello. La fonte del problema erano le idee.
In che modo alcune idee diventavano capaci di produrre tali sintomi?
Grazie alla collaborazione scientifica con un medico viennese Joseph Breuer, Freud riuscì a dare risposta
a questo interrogativo.
Breuer aveva in cura una donna giovane ed intelligente di nome Berta Pappenheim la quale accusava una
vasta gamma di sintomi tra i quali paralisi e disfunzioni del linguaggio. Breuer tentò di sottoporla a trance
ipnotica ma il tentativo si rivelò inefficace. Mentre si trovava in trance ipnotica la Pappenheim cominciò a
parlare dei suoi sintomi, Breuer si limitò a lasciarla parlare, le associazioni della ragazza consentirono di
risalire fino al momento in cui ogni sintomo era apparso per la prima volta: invariabilmente dopo un
evento disturbante, stressante. Tramite questo processo i sintomi scomparvero.
A un certo punto la P. si scoprì incapace di ingerire liquidi; non aveva idea del perché. Andò
incontro alla disidratazione e si stava ammalando gravemente. Impiegando la procedura
elaborata insieme Breuer indusse in lei lo stato di trance e la sollecitò a parlare del disgusto
che provava. Superando una certa resistenza la donna ricordò che di recente era entrata nella
sua stanza e li aveva scoperto il cane della sua dama di compagnia che leccava l’acqua da un
bicchiere. Riferì la scena con tutta la rabbia che aveva trattenuto al momento. Poi emerse dalla
trance e chiese un bicchier d’acqua.
Attraverso questo metodo era possibile risuscitare il ricordo del fatto traumatico che aveva dato origine al
sintomo semplicemente facendo defluire la carica emotiva connessa a quel fatto impedendo così la ricerca
di vie anormali di sfogo attraverso la manifestazione dei sintomi. Questo metodo fu detto catartico
appunto perché consisteva nella liberazione da impulsi emotivi inibiti.
Mentre la reazione emotiva provocata dal fatto traumatico rimane operativa dando luogo ai sintomi, il
fatto stesso traumatico viene dimenticato.
Per Breuer questo accadeva perché i fatti traumatici sarebbero stati vissuti dai soggetti in stati alterati di
coscienza o “stati ipnoidi”; per Freud l’oblio del fatto traumatico era dovuto alla particolare natura del
fatto medesimo. Il contenuto del trauma era perturbante, inaccettabile e in conflitto con le idee e i
sentimenti della persona, incompatibile con il resto della coscienza e perciò veniva attivamente tenuto
lontano dalla consapevolezza.
Mentre Breuer considerava le isteriche persone soggette a stati di coscienza alterati, Freud vedeva in loro
persone cariche di conflitti e di segreti, da tenere nascosti a se stesse oltre che agli altri.
Ben presto Freud si rese conto che il metodo ipnotico non era sufficiente ad eliminare in maniera durevole
i sintomi, questi infatti si ripresentavano a distanza di tempo; l’ipnosi doveva essere utilizzata in una
direzione nuova e cioè per la ricerca del meccanismo stesso di origine dei sintomi nevrotici anziché per
la loro semplice inibizione.
Era necessario trovare qualche cosa che la sostituisse allo scopo di rendere coscienti gli eventi traumatici;
per Freud requisito più importante per l’eliminazione permanente dei sintomi.
Si era reso conto che nella mente delle pazienti c’era una forza che opponeva resistenza, una forza che
chiamò difesa che si attivava per tenere i ricordi lontani dalla coscienza.
Cominciò ad immaginare un modello topico della mente dividendola in tre possibili territori: inconscio,
contenente idee e sentimenti inaccettabili; preconscio, contenente idee e sentimenti accettabili e quindi
prossimi a diventare coscienti; conscio, contenente idee e sentimenti coscienti in ogni momento.
Freud cercava un metodo che smantellasse o dissolvesse le difese del paziente anziché mitigarle
temporaneamente come faceva l’ipnosi; decise per il metodo delle associazioni libere, la procedura
fondamentale che da allora rappresenta la spina dorsale della tecnica psicoanalitica.
L’associazione libera conserva alcune delle caratteristiche dell’ipnotismo.
Il paziente è comodamente sdraiato sul lettino in una situazione di silenzio e tranquillità, per indurre uno
stato mentale a metà strada tra la normale coscienza della veglia e la trance. L’analista si trova dietro il
lettino, alle spalle del paziente che non può vederlo. Il paziente dice qualsiasi cosa gli venga in mente e
viene incoraggiato a diventare osservatore passivo del proprio flusso di coscienza.
Al paziente viene in particolare richiesto:
1. una completa rilassatezza e cioè un completo abbandono, egli deve dimettere ogni tendenza
critica,ogni atteggiamento di autocontrollo.
2. spassionatezza rispetto alle cose via via comunicate; lo psicoanalista deve favorire questo
comportamento non mostrando mai egli stesso meraviglia e turbamento. Il soggetto deve sapere
che qualunque cosa egli possa riferire lascerà indifferente lo psicoanalista.
3. massima sincerità non soltanto riferire fedelmente quello che pensa ma dire tutto ciò che passa per
la mente compreso ciò che sembrerebbe poco importante.
Al paziente eventualmente gli si offrono alcune parole o espressioni relative al sintomo che si analizza
come punti di appiglio; elementi che servono da stimolo iniziale al decorso ideativo.
Il paziente ha delle resistenze alla comunicazione del materiale associativo che si manifestano o in un
rifiuto a lasciarsi andare alle libere associazioni o in forme di svalutazione del materiale associato.
Le difese bloccano l’emergere di pensieri troppo intimamente collegati ai segreti rimossi.
Freud si rese conto che pensieri e sentimenti conflittuali, nucleo delle difficoltà del paziente, vengono
trasferiti sulla persona dell’analista, che diventa oggetto di intenso desiderio, amore e/o odio. Sono questi
transfert e queste resistenze che devono essere portati alla luce, identificati e dissolti.
Per Freud le difficoltà del paziente nella situazione psicoanalitica, la resistenza ed il transfert non sono di
ostacolo al trattamento, ma ne rappresentano l’essenza.
Ciò che era di maggior aiuto ai pazienti non era eludere le difese come avveniva nell’ipnosi ma esplorare
quelle stesse difese.
L’attenzione del processo psicoanalitico si spostò quindi sull’analisi del transfert e sull’analisi delle
resistenze alle associazioni libere.
Tra le associazioni prodotte dai pazienti di Freud c’erano i loro sogni che Freud trattava come qualunque
altra associazione.
Freud stesso era un grande sognatore; divenne il più importante paziente di se stesso. Si immerse nella
nuova tecnica che aveva creato facendo associazioni con gli elementi della sua vita onirica e
comunicando le scoperte ottenute con la sua autoanalisi in lettere ad un amico medico berlinese Wihelm
Fliess.
Per Freud i sogni sono soddisfacimenti camuffati di desideri conflittuali. Nel sonno le difese che
normalmente impediscono ai desideri proibiti di accedere alla coscienza si indeboliscono come nella
trance ipnotica. Se il desiderio venisse rappresentato direttamente nel sogno il sonno ne sarebbe
disturbato, così si arriva ad un compromesso: il desiderio può comparire nel sogno soltanto in forma
camuffata.
Il vero significato del sogno (i pensieri onirici latenti) viene sottoposto a un elaborato processo di
distorsione.
Condensazione, spostamento, simbolizzazione sono meccanismi utilizzati dal lavoro onirico per
trasformare i pensieri onirici latenti inaccettabili in immagini accettabili, anche se apparentemente
sconnesse e prive di significato, che vengono collegate a formare una storia per sviare ancora di più il
sognatore (elaborazione secondaria).
La tecnica dell’interpretazione dei sogni deriva da questa ipotesi sulla loro formazione.
Ogni elemento del contenuto onirico manifesto viene isolato e usato per produrre associazioni. Le
associazioni ai vari elementi conducono in direzioni diverse, portando alla luce i ricordi, i pensieri, e i
sentimenti diversi che le avevano create.
L’interpretazione del sogno inverte il processo della formazione del sogno, rifacendo all’indietro il
percorso, dal travestimento di superficie fino ai segreti nascosti nel profondo.
Il modello d’interpretazione dei sogni di Freud diviene il modello strutturale di base della sua
interpretazione di tutti i fenomeni psichici.
Freud considerò quella del significato dei sogni la sua più grande scoperta.
Un’altra scoperta decisiva di Freud è quella che vede in eventi della prima infanzia la causa dei conflitti e
sintomi dei pazienti.
Tutti i sintomi potevano essere fatti risalire a episodi traumatici della prima infanzia.
L’aspetto più sorprendente è che questi episodi hanno a che fare con attività precoci di carattere sessuale.
I ricordi della sessualità infantile risultano legati ad un incontro sessuale.
Queste scoperte portarono Freud alla teoria della seduzione infantile; alla radice di ogni nevrosi c’è
l’introduzione prematura della sessualità nell’esperienza del bambino.
La teoria della seduzione infantile fu ben presto messa in dubbio con il progredire dei dati a suo sostegno
e con la stessa autoanalisi di Freud. I sintomi nevrotici erano molto diffusi e pareva impossibile sostenere
che tanti pazienti da bambini avessero subito molestie da parte di chi si prendeva cura di loro.
Freud arriva alla conclusione fondamentale che molti di quegli incontri sessuali probabilmente non si
erano mai verificati, che quelli che aveva scambiato per ricordi di eventi reali erano ricordi di desideri.
Il crollo della teoria della seduzione infantile portò alla teoria della sessualità infantile.
L’ipotesi dell’innocenza infantile lasciava il posto alla scoperta che una sessualità intensamente
conflittuale domina l’infanzia non soltanto dei futuri nevrotici ma di tutti gli uomini e le donne.
La teoria della sessualità si fonda sul concetto di pulsione, elemento fondamentale di tutta la successiva
elaborazione teorica freudiana.
Di grande importanza sono le pulsioni sessuali, che si presentano sotto forma di una vasta gamma di
tensioni provenienti da diverse parti del corpo, denominate “zone erogene” che predominano in differenti
fasi della fanciullezza.
Freud propose una sequenza di fasi psicosessuali, attraverso le quali diverse parti del corpo e le attività
libidiche ad esse associate diventano dominanti: fase orale; anale; fallica e genitale.
La sessualità per Freud non comincia come genitalità ma a partire da una sessualità diffusa, collocata in
diverse parti del corpo, stimolata dalle molte diverse attività dei primi anni di vita.
Collegato al concetto di sessualità è il complesso edipico, che rappresenta il nucleo della teoria evolutiva
freudiana.
Freud riteneva che intorno ai cinque – sei anni le componenti pulsionali pre- genitali venissero
assoggettate al primato genitale. La meta di tutti i desideri del bambino diventa il rapporto sessuale con il
genitore di sesso opposto.
Il genitore dello stesso sesso diventa un rivale pericoloso e temuto.
La risoluzione del complesso edipico porta all’interiorizzazione dei valori genitoriali.
Fino al 1920 Freud considerò la pulsione sessuale la fonte di tutti i conflitti e di tutte le psicopatologie.
Nel 1920 introdusse la teoria del dualismo pulsionale, in cui assegnava all’aggressività la stessa posizione
della sessualità come fonte dell’energia pulsionale fondamentale che dirige i processi psichici.
Freud giunse a credere che ciò che viene rimosso non siano soltanto innocui desideri sessuali, ma una
potente e selvaggia distruttività derivante dalla pulsione di morte.
Questo cambiamento cruciale nel modo di concepire le pulsioni diede origine ad un’importante
riformulazione del modo in cui egli stesso considerava la relazione tra individuo e società. La rimozione
non viene imposta senza ragione da una società restrittiva, ma è una forma di controllo sociale che salva
gli uomini da loro stessi e rende possibile la convivenza.
La salute mentale ideale non implica l’assenza di rimozione, ma la conservazione di una rimozione
modulata in modo da permettere la gratificazione e nel contempo impedire che le pulsioni sessuali e
aggressive prendano il sopravvento.
Freud considerava il conflitto il problema clinico centrale sottostante ad ogni psicopatologia.
Una parte della psiche era in guerra con un’altra parte, e, i sintomi erano la conseguenza diretta, anche se
mascherata di questa battaglia nascosta, implicita.
All’inizio degli anni venti il modello topico si rivelò insufficiente per rappresentare il conflitto; infatti
l’esperienza clinica crescente portò Freud a teorizzare che i desideri e gli impulsi inconsci sono in
conflitto con le difese, non con il conscio ed il preconscio, e che anche le difese non possono mai essere
veramente coscienti ne accessibili alla coscienza.
Il conflitto psichico fondamentale non era più tra conscio e inconscio ma all’interno dell’inconscio stesso.
Questo portò alla necessità di rielaborare un nuovo modello della mente, il modello strutturale.
Il modello strutturale colloca tutti gli elementi del Se nell’inconscio, e i confini più significativi sono tra
Es, Io e Super-Io. L’Es è un “calderone in ebollizione” di energie grezze, istintuali; l’Io è una serie di
funzioni regolatrici che tengono sotto controllo le pulsioni dell’Es; il Super-Io è una serie di valori morali
e atteggiamenti autocritici, organizzati intorno a immagini genitoriali interiorizzate.
L’Io con l’aiuto delle presenze genitoriali interiorizzate nel Super-Io, mantiene rimossi e regola gli istinti
dell’Es.
Il risultato è una psiche ignota a se stessa, fitta di segreti e di pulsioni sessuale e aggressive rinnegate. E’
la pressione di queste pulsioni, nel “ritorno del rimosso”, a creare i sintomi nevrotici.
Le scoperte di Freud hanno dato vita all’universo della psicoanalisi in modo esclusivo e completo.
Possiamo riconoscere a Freud tre grandi contributi: la teoria psicoanalitica; il metodo psicoanalitico e
l’organizzazione psicoanalitica.
La teoria psicoanalitica è universalmente riconosciuta come una sintesi potente e originale che è stata di
incentivo per numerosi ricercatori e per molte scoperte nel campo della psicologia.
Il metodo psicoanalitico è la creazione di Freud e costituisce la più intima originalità della sua opera.
Freud fu l’inventore di un nuovo modo di occuparsi dell’inconscio, vale a dire la situazione psicoanalitica
con la regola fondamentale, l’associazione libera, l’analisi delle resistenze e del transfert.
Ma la novità più interessante di Freud è la fondazione di una “scuola”, la scuola psicoanalitica, che ha
portato la psicoanalisi ad essere considerata al pari di un movimento politico, con una propria
organizzazione, con rigide regole di appartenenza e con una dottrina ufficiale, la teoria psicoanalitica.