Dietro le quinte di BFM TV, la Cnn francese,Il futuro prossimo del
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Dietro le quinte di BFM TV, la Cnn francese,Il futuro prossimo del
Dietro le quinte di BFM TV, la Cnn francese BFM TV è diventata, nel giro di tre anni, il numero uno tra i canali “all news” francesi. Ora l’amministratore delegato di NextRadioTv Alain Weill vuole farne una “CNN International”. Ha cominciato dalla Svizzera, dove le finestre pubblicitarie trasmesse sono completamente rossocrociate. La storia di BFM TV è partita da una costola di una radio, Business FM, il cui acronimo è BFM. Creata nel 1991 a Parigi da Jacques Abergele e René Tendron, l’emittente si è profilata sin dall’inizio come “la radio dell’economia”. Nel 2002, dopo una liquidazione giudiziaria, viene rilevata da Alain Weill, patron del gruppo NextRadioTv. Il 14 dicembre del 2004, i vertici lanciano ufficialmente e pubblicamente il progetto televisivo, col marchio BFM TV. Si tratta di un canale consacrato “all’attualità e all’informazione economica e finanziaria”, pensato sul modello del canale radiofonico omonimo. In realtà lo slogan “La television de l’economie” non verrà mai utilizzato preferendogli il più efficace “News 24/7″. Il 9 maggio del 2005 il Conseil Supérior de l’Audiovisuel rilascia due concessioni per altrettante televisioni “all news” in chiaro: I-Télé, nata nel 1999 come canale a pagamento, e BFM TV, un progetto completamente nuovo. Preceduto da un countdown, il 28 novembre 2005 BFM TV inaugura ufficialmente i propri programmi alle ore 18. Il primo telegiornale è presentato da Ruth Elkrief, in arrivo da precedenti e importanti esperienze a TF1 e a Radio RTL. Ospiti, nello studio virtuale, il presidente del CSA, Dominique Baudis, e Renaud Donnedieu de Sabres, all’epoca ministro delle cultura e delle comunicazioni in Francia. Il quotidiano Liberation non esita a definire BFM TV come “l’info low cost”. Alla partenza, il neonato canale conta una sessantina di giornalisti, quando emittenti all news concorrenti come I-Télé e la tv a pagamento LCI ne occupano il doppio. Il budget? Per BFM TV, nel 2005, si parla di 13 milioni di euro contro i 37 di I-Télé e i 50 milioni di LCI (gruppo TF1). Alla fine del 2008, i dipendenti di BFM TV diventano 200 (di cui 150 giornalisti), mentre nel 2011 il budget sale a 50 milioni di euro. Nel 2007, BFM rastrella ben 8 milioni di euro di pubblicità. Nel 2009 passa a 51 milioni di euro, in aumento del 67%. La prima versione di BFM TV prevede unicamente due dirette quotidiane: tra le 6 e le 9.30 con BFM Matin, e tra le 18 e le 23.30 con BFM Soir. Nella fascia centrale, tra le 9.30 e le 18, viene trasmessa l’attualità in immagini (senza conduzione) con i titoli dell’informazione e i dati borsistici scanditi ogni quarto d’ora. Inizialmente, oltre all’attualità, c’è spazio anche per dei tg di economia e finanza, caratteristica che l’emittente abbandonerà lentamente. Soltanto nel 2007, dopo aver assunto una cinquantina di giornalisti, BFM TV abbandona lo slogan “La nouvelle chaîne de l’info” per passare a “Priorité au direct”. La trasformazione prevede l’apertura delle trasmissioni in diretta anche tra le 9.30 e le 18. Già nel 2008, diventa il primo canale all news francese, battendo I-Télé. Dal 2011, il marchio BFM TV viene invece accompagnato dalla scritta “Première chaîne d’info de France”. Ora il canale all news trasmette in diretta dalle 6 alle 24, tutti i giorni. L’organizzazione attuale del palinsesto ricorda molto quello delle emittenti radiofoniche: fasce che raggiungono le 3 ore con doppia e singola conduzione. Tra le 6 e le 8.30 “Première Edition”, alle 8.30 “Bourdin Direct” (anche su Radio RMC), dalle 9 alle 12 doppia conduzione di “Non stop”, il cambio arriva per la tranche 12-15 “Midi-15 Heures”, riprende “Non stop” tra le 15 e le 18, alle 18 BFM Story, alle 19 Ruth Elkrief, tra le 20 e le 21 Alain Marschall, alle 21 “News et compagnie” e, per chiudere, “Grand Angle”. Se agli albori di BFM TV lo studio è interamente “virtuale”, con il tempo si è deciso di inserire nella scenografia degli elementi reali. Il sito “Media un autre regard” mostre il backstage del canale all news. Lo studio 1 è composto da una scena reale che può essere coperta da un telo verde e trasformarsi in un fondale virtuale. Quella reale è realizzata da Fréderic Serrato, con diversi schermi e delle barre luminose che cambiano colore in base all’orario e al tipo di edizione. Per garantire la diretta, la regia deve gestire: ■ ■ ■ ■ ■ I duplex con i giornalisti attraverso la fibra ottica, il satellite o il 3G Il segnale sempre attivo proveniente dall’Assemblea nazionale, dall’Eliseo o i flussi d’immagine delle agenzie stampa La scenografia che cambia in base al tipo di edizione. I giornalisti solitamente sono posizionati in una delle tre zone dello studio. Si tratta, in pratica, di gestire le scenografie virtuali che andranno a ricoprire il fondale verde Le immagini provenienti dalle 7 telecamere automatiche presenti nello studio La grafica, i jingles, le bande informative e la pubblicità Tra le 6 e le 8.30 va in onda su BFM TV la prima fascia informativa della giornata che totalizza mediamente 2 milioni di telespettatori. Il settimanale L’Express ha realizzato un video reportage dietro le quinte. Attualmente, BFM TV raggiunge una quota di mercato del 2% contro lo 0.8% della concorrente I-Télé. Crediamo sia giunto il momento di accelerare i tempi per una copertura internazionale del nostro canale. (Alain Weill, 22/12/204, Le Figaro). Il patron del gruppo NextRadioTv, Alain Weill, il 22 dicembre 2014 ha rilasciato un’intervista al quotidiano Le Figaro. “BFM TV” – ha dichiarato Weill – “è già particolarmente seguita all’estero via Internet. Pensiamo però che sia giunto il momento di velocizzare la copertura internazionale del nostro canale”. “Il nostro obiettivo” – ha detto l’amministratore delegato – “è di essere distribuiti via cavo o via ADSL nel mondo. Siamo già presenti in Svizzera dove abbiamo attivato uno splitting pubblicitario. Prossima tappa: il Belgio. Successivamente si passerà agli Stati Uniti e all’Asia”. “Vorrei fare di BFM TV” – ha concluso Weill – “l’equivalente francofono di CNN International”. Articolo pubblicato originariamente sul blog dell’autore, Fuorionda Il futuro prossimo del giornalismo francese Dopo l’attacco alla redazione parigina del settimanale Charlie Hebdo, la Francia e il suo giornalismo si sono trovati nel mezzo di un’atmosfera terribile per la libertà di espressione, di satira e di stampa. Preso atto della tragicità della situazione, ecco sei scenari per il giornalismo francese per il 2015: solidarietà, la svolta verso il mobile, il cammino verso le notifiche push, l’equazione scomoda tra tv e Web, il ritorno delle newsletter e l’ascesa dell’intelligenza artificiale nelle redazioni. Solidarietà Liberation ha accolto i superstiti della redazione di Charlie Hebdo nei suoi uffici e il governo francese ha contribuito con un milione di euro alla realizzazione del primo numero dopo la strage. Allo stesso modo, France Television, Radio France e il gruppo Lagardere hanno offerto il loro aiuto, risorse umane e i loro canali per sostenere il settimanale. “Perché la penna supera sempre la barbarie, perché la libertà è un diritto universale. Per via del vostro sostengo, Charlie sarà di nuovo in edicola la prossima settimana” si leggeva sul sito di Charlie Hebdo, ridisegnato in nero. Come è noto, il numero è uscito con nuove vignette realizzate dalle vittime come Tignous, Charb, Cabue Wolinski. Un modo di sostenere ancora come la loro libertà non fosse morta. La svolta verso il mobile “Online, il mercato è già maturo e l’utilizzo di Internet in mobilità sta esplodendo”, ha dichiarato Antoine Clément, former Executive Deputy General Manager di Next Interactive durante l'”Assises du journalisme” che si è tenuta a Metz lo scorso ottobre. E i dati confermano il suo punto di vista: in Francia, infatti, il 75% delle app ha fatto registrare un sensibile incremento di traffico, mentre il 60% dei siti ha perso terreno, come riportato in uno studio recente di At Internet. In particolare, il 50% del traffico del giornale sportivo L’Equipe proviene ora dal mobile, ha dichiarato Fabrice Jouhaud, Editorial Manager della testata. A Le Monde, invece, già due anni fa il mobile ha superato il traffico desktop in termini di click. Con il 43% dei francesi che utilizza i telefoni per navigare in Internet, gli editori devono rendersi conto della provenienza del consumo delle loro notizie online. Nel 2015, quindi, converrà concentrarsi sugli standard mobile, come dichiarato dall’ex Cto di Facebook Bret Taylor già nel 2012: “Facebook mobile è quello che Mark Zuckerberg avrebbe fatto nel dormitorio di Harvard se solo la tecnologia necessaria fosse esistita allora”. La battaglia per le notifiche push Il 22 dicembre 2014 ho ricevuto nove notifiche di breaking news da parte di BFTM Tv, otto da Le Point e Le Figaro, quattro da Le Monde, altrettante da France Tv, cinque da Europe1, altre otto da L’Express e sette da France Info. E il 22 dicembre non era un giorno speciale o con big news. Il numero alto di notifiche ricevute è la dimostrazione lampante della guerra per le notifiche push in atto tra le redazioni francesi per accaparrarsi l’attenzione degli utenti mobile. Nel 2014, in tutto il mondo, “gli utenti che attivano le notifiche push hanno un tasso di memorizzazione tre volte più alto di quelli che non le utilizzano”, si legge in uno studio di Localytics. Questa strategia vale ovviamente anche in Francia: se inviata con cura, infatti, una notifica push può portare tra le 20 e le 30mila visite a un’app di notizie. Questa è una grande sfida per gli organi di stampa francesi, perché devono comprendere le reali necessità dei loro utenti, segmentarli in diverse categorie in modo da personalizzare le notifiche da inviare e inoltrarle al momento giusto della giornata. Tutto questo, insieme, aumenterà l’engagement e costruirà connessioni più forti, oltre che maggiore fiducia, tra i giornalisti e i lettori. L’equazione complessa tra la televisione e il Web Vedremo mai un programma tv che riesca davvero a mischiare la cultura digitale ai format tv? In Francia ci sono diversi esperimenti già in onda, provenienti dal Web, a cominciare da Le Point quotidien di France 4, realizzato insieme a Vice. Nonostante la collaborazione con la testata americana, però, il format non è r’n’r come si potrebbe pensare: “il Web è libero, aperto, ribelle, mentre la televisione è all’opposto: calibrata, istituzionale. In sostanza, dobbiamo mischiare il fuoco con l’acqua”, ha dichiarato Cyrille del Lasteyrie, producer di France 5. I produttori televisivi francesi non sono molto aperti al cambiamento, nonostante le trasformazioni dell’era digitale. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la televisione “rimane lo strumento preferito per vedere i programmi live”, stando a quanto descritto in un report di Crédoc (the French Reserch Center on living conditions), secondo il quale ben il 93% dei telespettatori in Francia ha mantenuto queste abitudini in fatto di consumo mediale. Allo stesso tempo “c’è bisogno di sviluppare una nuove nomenclatura che si adatti al mondo multipiattaforma e multiscreen”, ha detto a Mashable Roy Sekoff, Presidente di HuffPost Live. Secondo Mouloud Achour, producer della piattaforma Clique Tv, invece, “Internet, la televisone: non significano nulla oggi: le persone osservano solo degli schermi”. Il ritorno della newsletter Pensavamo che questo formato fosse vecchio, ma sembra che il 2015 segnerà il ritorno della newsletter. Grazie a progetti francesi come Time To Sign Off e Brief.me, lanciato di recente da Laurent Mauriac, già a Liberation e Rue89, le news possono viaggiare di nuovo e facilmente via mail. Questo approccio consente ai lettori, spesso molestati e travolti da un flusso continuo di notizie, di avere un momento di tregua per accedere alle news più importanti e scegliere quando leggerle, aprendo la propria inbox. “Ne abbiamo bisogno come non mai”, ha scritto a questo proposito Mathew Ingram su GigaOm, “il punto, ora, è che più ampia diventa la tua offerta, meno di valore sarai per ogni tuo lettore individuale […], quindi come procedere se sei già una realtà editoriale ampia come un giornale? Si pensi a tutte le nicchie di interesse e i micro-mercati in cui si potrebbe segmentare la propria offerta e si pensi a tutto il lavoro di curation da applicarci”. L’ascesa dell’intelligenza artificiale I robot possono parlare come presentatori tv e gli algoritmi possono selezionare e produrre contenuti scritti: le potenzialità dell’intelligenza artificiale sono enormi e tutti i settori del giornalismo dovrebbero abituarsi a vedere dei robot tra i propri colleghi. Negli Usa, Forbes e il Los Angeles Times hanno pubblicato articoli scritti da software, ma in Francia ci sono state più riserve da questo punto di vista e i “robot” sono stati implementati solo per l’uso dei social media. France Tv Info, ad esempio, ha utilizzato un ‘Twitter bot’ per aiutare gli elettori a sapere i risultati delle elezioni locali nel marzo del 2014, twittati non appena disponibili. L’Equipe, invece, usa un sistema simile per fornire i risultati calcistici in tempo reale. Emmanuel Montecer, community manager del giornale, ha detto che in questo modo è possibile generare molto traffico verso il sito del giornale: L’Equipe aveva tra i 50 e i 70 milioni di visitatori mensili, di cui solo 1 milione circa proveniente da Twitter quando è stato lanciato il servizio automatico. Inoltre, l’automatizzazione può alleggerire il carico di lavoro sulla redazione, che riceve circa 10mila mention su Twitter ogni mese, il 70% delle quali ha a che vedere con il calcio. Quale sarà il prossimo passo? L’Equipe sta pensando ad automatizzare anche alcuni contenuti relativi al rugby, mentre grandi network tv come France Television of TF1 usano Wibbitz per produrre contenuti real time. Articolo tradotto dall’originale inglese Photo credits: valentinacala / Flickr CC Le 1, approfondimento su carta dalla Francia Sarà Le Monde che ispira a dare vita a nuovi progetti editoriali. Così fu nel 2008 quando l’ex direttore Edwy Plenel fondò il sito investigativo online Mediapart. Oggi tocca a Èric Fottorino, anche lui ex direttore del quotidiano francese, che il 9 aprile ha lanciato Le 1. Si tratta di un foglio, un solo grande foglio formato A1, piegato in tre, in edicola al prezzo di 2,80 euro. Una novità editoriale minimalista nel titolo, audace nella scelta – non ha una versione digitale –, essenziale nella presentazione che da oggi popola “il turbolento cielo di stampa francese”, come scrive Fottorino nel suo editoriale di presentazione del progetto sul sito le1hebdo.fr. Le 1 vuole essere un giornale “profondamente diverso” e “innovatore”, scrive Fottorino, un foglio che tramite il formato simboleggia “un dispiegamento di ali”, induce ad un’“apertura delle braccia e della mente” come lo yoga e l’origami. È un giornale che dedica ogni sua edizione ad un tema in particolare, nel primo numero è stata la Francia nel secondo Putin e la Russia. Ed è solo cartaceo perché, spiega Fottorino, è un prodotto che vuole offrire “un’avventura sulla carta, un mezzo che lungi dall’aver detto la sua ultima parola si esprime nel suo proprio e specifico linguaggio” e che il suo fondatore definisce “un caleidoscopio, una lente d’ingrandimento per riflettere e scoprire, arrivare alla verità”. Come scrive la Neue Zürcher Zeitung, se il foglio si concentrerà su questioni generali puntando all’approfondimento oppure su notizie di attualità è ancora da verificare. Di certo, il tema della settimana viene affrontato da diverse angolature secondo un approccio multiforme che alla frammentazione delle notizie e al rumore dei media risponde con l’approfondimento di un tema in particolare. L’idea è quella di mettere in discussione tutto, la sfida quella di porre le domande giuste per catturare il vero bene, la verità lontana dai pregiudizi. Nella sua rubrica comica Jochen Gerner mette in luce le singolarità francesi mentre Ollivier Pourriol si inventa un dialogo postumo ad esempio tra Rousseau e Voltaire e Louis Chevaillier, mentre nella rubrica «La voce dei poeti» sceglie una poesia abbinandola al tema trattato e la commenta. L’ambizione, dice Fottorino, “è di vedere lontano, avere memoria e dare al futuro il gusto di trasmettere e di scoprire”. L’intento è quello di essere informativo piuttosto che esaustivo in quello che alla fine è un concetto editoriale essenziale, indipendente, qualitativo con una foliazione ridotta per un’epoca in cui il tempo da dedicare alla lettura è sempre più scarso. Il foglio nel suo formato A1 è molto flessibile per quel che riguarda l’impaginazione e l’impostazione grafica, non c’è pubblicità e superata la soglia delle 30.000 copie vendute Le 1 scriverà cifre in nero. Lo staff è composto di nove giornalisti fissi ai quali si aggiungono tredici collaboratori regolari. L’età e la provenienza sono misti, si va dalla cofondatrice Natalie Thiriez, classe 1965 già giornalista di Vogue e Match alla giornalista Manon Paulic, classe 1990, in passato reporter del Santiago Times. Rimane solo un dubbio: nel 2014 un giornale può pensare di nascere solo cartaceo ed essere vincente? Questa in realtà è la grande sfida di Le 1 e del suo fondatore Fottorino che per il suo giornale non ha voluto una versione digitale. Di digitale c’è solo un sito le1hebdo.fr che presenta il progetto e dà la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento alla testata in uscita ogni mercoledì e disponibile nei chioschi, anche in Svizzera. Articolo pubblicato originariamente sul Corriere del Ticino il 5 Maggio 2014 Photo e video credits: Le 1 / Facebook / Vimeo Francia 2012: una opinione pubblica europea? E’ proprio vero che queste elezioni presidenziali francesi segnano un punto di svolta per l’Europa? Per ciò che riguarda la stampa e i media in genere, possiamo dire che stavolta viene chiamata in causa una opinione pubblica europea? Alcuni indizi lasciano pensare che le cose stiano proprio così, ma la partita è ancora tutta da giocare. Europa 2005 “à rebours”, torniamo indietro di sette primavere. E’ il 29 maggio 2005 e i francesi vanno alle urne in occasione del referendum sulla Costituzione europea. Lasciando da parte le elezioni per i membri dell’Europarlamento, si tratta di una occasione unica per i cittadini d’oltralpe per esprimersi in merito al progetto europeo e al suo avanzamento. Quale momento migliore per verificare la formazione di una opinione pubblica davvero europea? Ma se sfogliamo gli archivi del 2005 e prendiamo in considerazione i più autorevoli quotidiani francesi ed anche britannici e italiani, scopriremo che l’occasione è in gran parte andata persa. Fuori dalla Francia, il Times si concentra sulle dinamiche interstatali, o tutt’al più mette a confronto due modelli di Europa: quello inglese contro quello francese. I ragionamenti sul bilanciamento tra potenze hanno la meglio sulla costruzione di una identità europea. Il Daily Telegraph si concede anche la riproposizione di antichi stereotipi antifrancesi. Fa ancora più riflettere ciò che avviene sulla stampa francese, direttamente coinvolta nell’appuntamento elettorale. Il Nouvel Observateur con la voce di Jacques Julliard parla apertamente di un voto motivato dalla politica nazionale. L’autorevole Le Monde sottolinea il ruolo della vittoria del “no” alle urne come sanzione negativa per la classe dirigente nazionale. Certo, le ragioni del malcontento vengono ricomprese poi in una dimensione europea, come fa Pierre Rosanvallon sempre su Le Monde. Ma persino in una elezione europea come questa, dire che il dibattito dell’opinione si sia realizzato sulla base di una identità e di un coinvolgimento europei sarebbe quantomeno azzardato. FRANCIA 2012: L’ENJEU Arriviamo quindi agli ultimi giorni di campagna elettorale prima che il ballottaggio consegni alla Francia il suo nuovo Presidente. Sette anni dopo quel “no” alla Costituzione, in una elezione nazionale, paradossalmente l’enjeu, la posta in gioco, si rivela molto più ampia. Alcune parole chiave del discorso politico si riflettono anche sulla stampa: demondializzazione, euro, Europa, equilibrio e patto budgétaire, rigore, globalizzazione, frontiere. Frontiere appunto: valichi linguistici che contribuiscono come un fermacarte a segnare i confini tra le parti politiche, ma che stipulano anche un linguaggio condiviso e il dominio per il dibattito dell’opinione. Il campo della discussione e della decisione politica appare quindi europeo: i riverberi si percepiscono chiaramente anche sulla stampa italiana. Sergio Romano sul Corriere e Bernard Guetta su Repubblica convergono in fondo sulla stessa tesi: le presidenziali francesi sarebbero il segno di una Europa che somiglia sempre più agli Stati Uniti, cioè a uno Stato federale. Una ipotesi che fino a qualche anno fa non convinceva i politologi, i quali come Panebianco osservavano una Unione “strano animale”, né confederazione né Stato federale, un unicum insomma. Ma “oggi tutto succede”, scrive Guetta il 30 aprile su Repubblica, “come se i dibattiti di uno degli Stati dell’Unione, la Francia, avessero influenzato tutti gli altri, come se l’Europa fosse già diventata un insieme politico (…) Ne siamo ben lontani ma è verso questo orizzonte che la Francia e le sue presidenziali hanno fatto avanzare l’Unione”. PARLARE DI EUROPA Di Europa si parla quindi, nei discorsi elettorali, sulla stampa francese e per riverbero su quella italiana. Si tratta di un avanzamento eccezionale come scrive Guetta? Se si osserva il fenomeno per la rappresentazione che la stampa costruisce, gli indizi positivi sono molti, e fanno ancor più scalpore se confrontati con ciò che si muoveva sul fronte dell’opinione nel 2005, lo abbiamo visto. Mancano però alcune precisazioni per cogliere le dimensioni della questione. Sulla stampa il processo di integrazione sembra seguire ondate cicliche. Anche nell’estate 2011 – lo abbiamo visto su Ejo – c’era chi ventilava una accelerazione nel processo, come Jean Quatremer, che su Libération titolava “Comment la crise grecque a fédéré l’Europe”. La crisi aveva fatto esplodere l’annoso dibattito: più o meno Europa? Un anno dopo, le elezioni francesi sulla stampa paiono far discutere su quale Europa. Ma se già nel 2011 in piena crisi avevamo visto come la dinamica tra potenze, e in particolare il gioco polemico tra Francia e Germania, occupava ampiamente i tempi della discussione, la fase attuale non è per certi versi differente. In fin dei conti, come ci ricorda il termine “Merkozy” coniato proprio sulla stampa, le scelte di Francia si rivelano determinanti per tutta Europa anche e soprattutto perché la dimensione europea è stata finora fortemente segnata dagli equilibri intergovernativi, fra Germania e Francia in primis. La opinione pubblica che parla il linguaggio dell’Europa, di una identità comune e di una narrazione propria, deve ancora venire, sempre se verrà. Le Huffington Post Nei giorni in cui circolava la proposta franco-tedesca di un free trade agreement tra Unione europea e Stati Uniti, l’Huffington Post sbarcava in Francia. Una espansione già programmata, un accordo con Le Monde già sul tavolo, un passo fra tanti – si potrebbe pensare – nella scalata di Huffington sulle vette del giornalismo globale. Eppure il neonato HuffPo.fr è molto più di una replica del modello Huffington in lingua francese e si distingue dalle edizioni precedenti (Stati Uniti, ma anche Canada e Gran Bretagna). Anzitutto “le” HuffPo si adatta alle specificità del contesto e cerca uno stile proprio. In secondo luogo, dà il via a un vero e proprio sodalizio tra le opinioni pubbliche delle due sponde dell’Oceano. SCANDALO E SOBRIETA’ Il matrimonio giornalistico tra la moglie di Dominique Strauss-Kahn, uomo di punta della sinistra francese almeno fino a un recente scandalo, e la ex candidata governatrice oltre che ex moglie di un repubblicano americano promette di non annoiare. Anne Sinclair, scelta come direttrice editoriale per il nuovo portale, è una delle giornaliste più popolari e stimate in Francia, mentre la collega Arianna Huffington sta imponendo nel mondo un nuovo modello di giornalismo (con qualche ritorno al classico). A salutare la partnership tra AOL (51%) e Le Monde (34%, più il 15% a Matthieu Pigasse, azionista di Le Monde), le due signore del giornalismo arrivano “in pompa magna e tacchi alti”, per dirla con l’ironia di Libération. Ma il tappeto rosso per Le Huff è tutt’altro che scontato: sul successo dell’iniziativa si può per ora scommettere, come ha scelto Le Monde facendo rete con il potenziale concorrente. I fan su Facebook sono già 9mila, a breve distanza dai più di 10mila conquistati dall’edizione UK che è online già da giugno. Tuttavia ogni Paese ha le sue specificità, e la prima a tenerlo in considerazione sembra essere proprio Arianna Huffington. In una analisi sul modello HuffPost pubblicata su Ejo, avevamo considerato tra gli elementi distintivi proprio la scelta di invalidare la barriera tra i modelli tabloid e quality paper, facendo convivere una pluralità di toni e di tonalità. Rispetto a un quotidiano cartaceo di impostazione classica o alla sua versione digitale, la dose di soft news è in generale molto maggiore in tutte le edizioni di HuffPo. Ma il caso francese rispecchia molto di più i paradigmi classici del giornalismo. DUE SPONDE, STESSO OCEANO? “Mentre importeremo la piattaforma, la tecnologia e gli strumenti”, ha spiegato la Huffington, “il nuovo prodotto sarà radicato nella cultura francese e rifletterà l’unicità della Francia, la sua ricca cultura e la pluralità di voci. Lo farà in una fase in cui le sorti, le fortune e le scelte di Francia hanno conseguenze per tutta Europa e per il mondo intero”. Sarà per questo che il giornale-blog, sbarcato sul suolo francese non a caso nell’anno delle elezioni, ha abbandonato per l’occasione molte delle etichette tematiche “soft” che caratterizzano invece le altre edizioni. Scompaiono ad esempio dall’homepage francese gli “entertainment”, “comedy”, “weddings” e “divorce” della versione americana, senz’altro la più versatile e con la più ampia gamma di soft news. Niente “style” e “local” come invece la versione canadese. Bye bye “celebrity” , “weird news” e “lifestyle”, approdati nell’estate 2011 sull’isola britannica. Sotto la tour Eiffel conquista un posto d’eccellenza anzitutto la politica nazionale e internazionale, rispolverando per certi versi l’Huffington dei primi tempi, quando il Post era soprattutto un blog in salsa liberal su cui discutere di politica. L’edizione francese è più sobria ed essenziale delle altre, l’impostazione classica si riconosce nelle categorie tematiche: ci sono la cultura e le tendenze, ma soprattutto l’economia e tanta politica. Ad esempio il 25 gennaio una copertina in cui si discute del voto dei credenti segue quella in cui l’ex ministro socialista Badinter “blogga” il suo giudizio sul negazionismo, la politica francese e il genocidio armeno. Last but not least, l’edizione francese si gemella in modo inedito con quella di oltre oceano: se nella prima fila dei temi trattati ci sono le presidenziali 2012, subito sotto si può cliccare sull’etichetta “elezioni americane”. Il 24 gennaio, a due giorni dalla nascita del portale francese, l’America conquista addirittura la copertina di “le Huff” con una prima pagina dedicata a Obama. “Welcome/Bienvenue: le 1er site d’information outre-Atlantique arrive en France”, recita il titolo a scorrimento che appare nell’homepage. Nel 2014 ci sarà la prima “resa dei conti” del successo dell’iniziativa: viste le dichiarazioni apparse su Le Monde, l’obiettivo è che per allora il portale sia diventato profittevole. Da oggi al 2014, l’operazione di traduzione culturale e di mélange tra Francia e America dimostrerà il suo potenziale. Ma la chiave per conquistare il successo rimane anche sul continente quella tipica di HuffPo: sta nella capacità di utilizzare lo strumento digitale e le occasioni di socializzazione che questo offre. Non a caso accanto alla politica, all’economia e alla cultura, il tema “vita digitale” ha conquistato su “le Huff” il suo meritato spazio