1 NERIA SECCHI, donna, insegnante, scrittrice. Un ricordo

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1 NERIA SECCHI, donna, insegnante, scrittrice. Un ricordo
NERIA SECCHI, donna, insegnante, scrittrice. Un ricordo condiviso.
Venerdì 16 Novembre 2012, ex scuola elementare “P. Del Rio” - Barco di Bibbiano (RE)
Relazione della dott.ssa Enrica Fontani
Ringrazio di aver avuto la possibilità di portare testimonianza di una parte importante della vita di
Neria, quella di insegnante impegnata, unica e amica autentica e irripetibile.
Chiedo scusa se la lettura non è il modo più efficace per comunicare in questo caso ma ho timore
che l’emozione prenda il sopravvento.
Mi sono resa conto nel preparare quest’intervento di essere in difficoltà nel mantenere sullo sfondo i
sentimenti ancora forti, nonostante il lungo tempo trascorso, per riportare ricordi che fossero
personali e insieme condivisi.
Il primo ricordo di Neria è quello di una mattina di fine estate all’inizio dell’anno scolastico 1992 al
mio arrivo a Corniano: il maggiolino parcheggiato di traverso sotto gli alberi del giardino, il gruppo
delle insegnanti riunito nell’auletta intorno a un tavolone, con una calda luce che filtrava dalle
ampie finestre. Il clima è sereno, Neria indossa un abito violetto a corolla, mi tende subito la mano e
mi offre un aiuto e una guida.
Avevo appena mosso i miei primi passi da insegnante ventenne, in una precedente esperienza
negativa, anzi distruttiva, con il dubbio serio sul proseguire o meno nell’insegnamento. Quel gesto e
ciò che ne è seguito per me ha significato con chiarezza che esisteva un altro modo di vivere la
scuola, di “fare la scuola”!
La scuola, un’istituzione per la quale Neria ha sempre avuto profonda considerazione, ne rispettava
le regole e al tempo stesso cercava di affrontarne i problemi, in prima linea. Credo rappresentasse
per lei una possibilità democraticamente distribuita agli studenti di crescita personale ed
emancipazione sociale.
Le importava il senso autentico del lavoro, una delle tante riprove è la simpatica irriverenza verso
alcune forme burocratiche all’interno delle quali non riusciva e rimanere imbrigliata, espressa con le
famigerate “bianchettature” sui registri, che però andava di pari passo con le ore passate a
selezionare i termini più adatti da scrivere nelle valutazioni per incoraggiare e valorizzare i bambini
e informare i genitori.
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Per dire dell’attività di insegnamento, era senz’altro dotatissima di estro e creatività, ma arrivava ad
elaborare interventi didattici ed educativi con un’accurata preparazione: credo si possa dire
incessante la sua opera di studio e formazione, dalla laurea, ai corsi che frequentava o nei quali era
relatrice.
Ricordo tra tutte, come piacevolissime nonostante la fatica, le serate di aggiornamento dopo cena,
all’osservatorio di Iano di Scandiano, per preparare un percorso di astronomia per i bambini; i Corsi
poliennali del Ministero e il Corso riservato abilitante, solo alcune tra le sue docenze.
In realtà per Neria qualsiasi occasione era valida per approfondire, dalla lettura di quotidiani, di
libri, alla visione di spettacoli teatrali, film, mostre…, insomma la cultura era per lei non solo
oggetto di lavoro ma nutrimento essenziale. Naturalmente tutto questo si riverberava
sull’insegnamento, la conoscenza, l’interesse e la passione per la letteratura, l’arte, le scienze, la
storia…era immediatamente contagiosa per gli studenti ma non solo, anche per i colleghi e gli
amici.
Dal ritratto fin qui delineato potrebbe emergere una figura di elitaria e solitaria eccellenza, niente di
più lontano dal modo di essere di Neria. Faceva del confronto con gli altri un metodo: si
documentava, approfondiva, si poneva problemi, elaborava prime ipotesi per sottoporre ai colleghi
il frutto delle sue elaborazioni, al fine di acquisire e discutere le loro opinioni e rielaborare, prima
dell’azione vera e propria di insegnamento.
Rendeva effettivo e visibile il rapporto tra teoria e pratica, più volte nell’assistere alle sue proposte
didattiche ed educative mi si chiarivano concetti studiati e appresi ma che non ero riuscita a
figurarmi nella pratica. Vederla all’opera produceva spesso un effetto di stupore nell’osservare
perfettamente rappresentate nell’attività quotidiana le teorie, mi ritrovavo di frequente a pensare:
“ecco cos’intendeva Bruner con le fasi di apprendimento”, oppure “ho capito come si imposta un
lavoro di cooperative learning”…
Negli anni a seguire, nel corso dell’approfondimento degli studi e nello sviluppo del lavoro, durante
lezioni, conferenze, seminari, esperienze, accadeva di frequente e accade tuttora, di riconoscere le
teorie da lei esposte e spiegate, e ritrovarmi a pensare, con soddisfazione e tenerezza: “lo diceva
sempre Neria!”
Il suo impegno, la profusione di energie intellettuali e non solo erano in favore di interlocutori
privilegiati, i bambini. Ne aveva una conoscenza profonda, li avvicinava con grande calore unito al
rispetto, riusciva ad essere compassionevole, o come invitava Bettelheim, a “mettersi nei loro
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panni, costruire con loro un profondo e duraturo rapporto di comunicazione emotiva e affettiva”
nella vita di tutti i giorni, nelle cose semplici o nelle situazioni difficili. Sapeva creare un ambiente
sociale e di apprendimento tale che i bambini si esprimevano al massimo dal punto di vista
intellettuale e relazionale, si sentivano liberi, creativi e al tempo stesso, protetti e sicuri. Tutti, a
dispetto di ogni differenza personale di provenienza, salute…
E’ stata maestra a scuola ma non solo, se consideriamo la definizione:
Maèstro= lat. magĭster, der. di magis «più». In senso ampio, chi conosce pienamente una qualche
disciplina così da possederla e da poterla insegnare agli altri.
E’ stata maestra anche nel vivere la malattia, affrontata con consapevolezza, nell’accettazione della
paura insieme alla ricerca di normalità, e ad una speranza e una voglia di vivere che non sono mai
venute meno.
Una parola ancora sulla narrazione, sul raccontare, per il ruolo cruciale che ha avuto nell’impegno
didattico –educativo e di relazione di Neria.
Come afferma U. Eco: “La storia permette di ordinare ed elaborare le conoscenze. La narrazione
ha il potere di “dare forma al disordine delle esperienze””. (“Sei passeggiate nei boschi
narrativi”).
In questo può essere racchiuso il valore educativo della narrazione, che Neria aveva senz’altro colto
e del quale si serviva largamente.
Ho presente, come ora, la sua interpretazione del racconto orale, dei miti, delle leggende, delle
storie classiche o da lei stessa ideate, con tale trasporto e maestria da trasportare direttamente i
bambini nella vicenda e da trasmettere passione e interesse.
Degli scritti tratteranno ampiamente domani la dott.ssa Baldi, i prof. Nobili e Barazzoni: Gnec,
Paura a Troia, Due ragazzi a Canossa, e altri non ancora divulgati. Quello che posso testimoniare è
come avveniva il processo della scrittura, è proprio il caso di dirlo, delle sudate carte: dopo essersi
documentata con ampiezza e profondità con lettura approfondite, scriveva bozze su quadernoni,
riscriveva con la macchina da scrivere, “sbatteva a macchina” come diceva scherzosamente per
come pigiava i tasti, rileggeva, correggeva, faceva leggere e rileggere a colleghi e amici, intorno
alla scrivania si formavano montagne di carta appallottolata, in una incessante ricerca di
raffinatezza linguistica e di chiarezza comunicativa, per i suoi bambini.
Vi ringrazio della cura che avete avuto nell’ascoltare, quest’occasione di raccontare è stato un dono,
se come sostiene Hanna Arendt:
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“Solo la narrazione rivela il significato di ciò che altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile
di eventi. Rivela il significato senza commettere l’errore di definirlo. Determina l’accettazione e la
riconciliazione con le cose per quello che realmente sono”
Sarà veramente così, eppure vi confesso che mi piacerebbe uscire di qui, suonarle il campanello di
casa, essere accolta nel salotto e sorseggiando un tè, servito con estrema eleganza, raccontarle
quanto accaduto oggi e tanto altro ancora…
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