Raccontami di me: l`importanza della narrazione nello sviluppo
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Raccontami di me: l`importanza della narrazione nello sviluppo
RACCONTAMI DI ME L’importanza della narrazione nello sviluppo psicologico del bambino Prima di entrare nello specifico dell’intervento è importante effettuare una distinzione tra il termine “narrazione” e “lettura”. Quest’ultima è un’attività razionale, ha a che fare con aspetti cognitivi che attengono all’area dell’Io; è un’attività riproduttiva che segue schemi predefiniti, scritti da altri. La narrazione, invece, attiene all’area del Sé profondo, che implica la messa in gioco di elementi emotivi; è un’attività estremamente creativa, che prevede la messa in gioco di elementi personali, soggettivi. Di per sé, quindi, la lettura non basta! A prescindere dal fatto che si narri o si legga, ciò che conta è lo stile personale, cioè le emozioni che fluiscono nel racconto, l’atmosfera che si crea, che dipende dalle caratteristiche più profonde di ogni lettore/narratore. Da 0 a 6 anni lo spazio e il tempo che si dedica a questa attività è assimilabile a quello che dedichiamo agli altri aspetti legati al “prendersi cura”. La narrazione condivisa è una forma di accadimento, al pari dell’allattamento, del cambio, della cura del corpo del bambino, ecc… Un rapporto curato prevede non un gesto meccanico, asettico, bensì un’azione che si carica di desiderio, di un pensiero dedicato, di una tensione generativa che è proiettata nel futuro. Questo tipo di relazione ha diverse “ricadute “positive: - Getta le basi perché nel bambino si crei una buona fiducia di base, la sensazione di essere amabile; - È a fondamento della fiducia del bambino verso il mondo esterno; - Favorisce lo sviluppo della funzione riflessiva, che ha a che fare con la capacità di conoscersi, di incontrare il proprio mondo interno, ed elaborare una propria narrazione personale, in grado di dare coerenza e senso a ciò che ci accade, limitando il senso di frammentazione; - Permette un’azione di “bonifica” delle angosce alle quali, attraverso l’azione di filtro dell’adulto, si può dare un nome, rendendole più “digeribili” dal punto di vista psicologico. Da 0 a 3 anni più dei contenuti conta tutto l’aspetto legato al non verbale. E’ fondamentale cercare di suscitare l’emozione evocata dalla storia attraverso mimica, gestualità, tono della voce, eccetera, che contribuiscono a mettere il bambino di fronte a contenuti emotivi forti, dandogli, al tempo stesso, la possibilità di incontrarli ed elaborarli. Successivamente si passa a storie dai contenuti via via più complessi, che rispecchiano i diversi passaggi psicologici che un bimbo compie a 3, 4,5, 6 anni. Da o a 6 anni, perciò, si può asserire che la narrazione condivisa contribuisce alla costruzione dell’identità del bambino, aiutandolo ad incontrare il proprio mondo interno. Dai 6 anni in poi, invece, le storie aiutano ad esplorare la realtà. Attraverso l’immedesimazione con un personaggio, si possono sperimentare situazioni nuove, esplorando soluzioni diverse, senza correre rischi in prima persona. Resta comunque fondamentale l’aspetto relazionale, di condivisione piena anche dei vissuti che le diverse storie evocano. Sarebbe interessante approfondire l’aspetto legato alle emozioni dei bambini e alle risposte che gli adulti danno (per lo più volte a censurarle o controllarle, al punto da modificare le storie per evitare aspetti angosciosi…faticosi per chi??). L’importanza della lettura non ha comunque niente a che fare con la moderna tendenza ad anticipare sempre più le attività di pre-grafismo e pre-lettura, già all’interno della Scuola dell’Infanzia. Per trasmettere ad un bambino l’amore per la lettura è necessario leggere per lui e con lui in modo finalizzato e pienamente goduto. Ciò che resta indelebile non sono le regole grammaticali, bensì la passione e il desiderio che rendono vivo un racconto.