Leadership e potere
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Leadership e potere
Leadership e potere di Al Il contributo è volto a una riflessione sulla relazione tra leadership e potere all’interno delle organizzazioni. Il potere costituisce una delle risorse fondamentali per mezzo delle quali il leader esercita influenza nei confronti del gruppo in vista del conseguimento di un obiettivo prefissato. Al contempo risulta un mezzo e uno strumento non privo di rischi: una sorta di arma a doppio taglio. Diverse ricerche hanno cercato di chiarire, ad esempio, il perché certe persone reagiscano nei confronti del leader con manifestazioni di dipendenza o con diffidenza, o se sia possibile per un gruppo essere efficace senza concentrare il potere nelle mani di pochissime persone. Ad oggi i risultati sono ancora contrastanti. Parlando di autorità non è evidentemente possibile valutarne la portata esclusivamente prendendo in esame l'organizzazione formale: sarebbe quantomeno riduttivo. Sempre più spesso si rende necessario valutare la cultura sottostante alla coesistenza nella organizzazione. Questa necessità è legata anche alle differenze progressivamente crescenti all’interno dei diversi contesti. Le riflessioni a riguardo delle culture nazionali vengono sempre più ad essere sostituite da riflessioni legate alle culture locali. La spinta propulsiva è in questo caso connessa alla richiesta di avere un sapere che sia fortemente localizzato e non semplicemente tradotto nel linguaggio degli appartenenti ad un contesto specifico. Sostanzialmente è necessario verificare come siano percepiti all'interno dell'organizzazione i ruoli e le mansioni affidate a individui o a gruppi. Spaltro (1977) ha definito l'autorità, attribuita ad un determinato ruolo come "termini entro cui la persona o le persone che ricoprono tale ruolo, possono agire; i margini di autonomia che hanno, a chi possono impartire istruzioni, quali mezzi e quali autorità possono a loro volta autorizzare". A differenza dell'autorità, legata per definizione alla posizione, il potere è attributo di un individuo del gruppo; ed il termine definisce il grado di influenza che una persona può esercitare in ogni momento, indipendentemente dal ruolo assunto o dalla autorità attribuitagli (Piscitelli, Zanarini; 1996). Esso è la risultante di valori fondamentali quali: qualifiche professionali, prestigio ed attitudine al comando, capacità fisiche ed intellettuali, carisma e coesione di gruppo. Questa lettura semplifica da un punto di vista semantico la differenza tra potere individuale e potere di ruolo. Il potere della definizione di Spaltro corrisponde al potere individuale e l’autorità corrisponde invece al potere di ruolo. Il potere e l'autorità possono variare indipendentemente l'uno dall'altro, anche se, in genere, nelle organizzazioni e nei gruppi di lavoro, proprio per evitare situazioni difficili, si dovrebbe cercare di far coincidere i due elementi facendo in modo che gli individui occupino posizioni ed abbiano responsabilità proporzionate al proprio potere. In caso di distonia gli effetti possono essere devastanti: qualora infatti il potere superasse in modo eccessivo il grado di responsabilità e autorità di ruolo si vedrebbe minata l'intera struttura; qualora invece il potere risultasse inadeguato, l'autorità ne subirebbe discredito. Appare, a questo punto, opportuno evidenziare, utilizzando la classificazione proposta da French e Raven (1959), quali siano le tipologie di potere che il leader deve essere in grado di amministrare nella sua quotidiana relazione con il gruppo, supponendo, per ragioni didattiche, una tendenziale coincidenza dei concetti di leadership e autorità: · • potere di informazione: l'assunto di base, in questo caso è che gli individui reagiscono in conformità con le loro opinioni. Le informazioni che le persone ricevono fanno parte del bagaglio che può influenzare le loro convinzioni ed inclinazioni. Questo tipo di potere può essere esercitato senza ricorrere al controllo e senza provocare risentimento ed ostilità in quanto i destinatari delle informazioni vengono condizionati inconsapevolmente ed anzi possono addirittura avere l'impressione di ampliare il proprio potere personale, avendo una più vasta conoscenza del mondo; · • potere di riferimento: questa forma di potere si basa sul processo di identificazione, secondo il quale l'individuo desidera far sue le caratteristiche di una persona o di un gruppo che ammira; per questo facilmente egli si conformerà alle azioni ed alle scelte del referente dell'identificazione; viene così contenuta la dimensione del controllo e si tendono a favorire meccanismi proiettivi nei confronti del leader; · • potere legittimo: questo tipo di potere si basa sulla posizione occupata dalla persona che lo esercita. Il potere legittimo, è tale perché si regge sul consenso: tutti sono convinti che sia pieno diritto dei detentori del potere, che occupano precise posizioni gerarchiche, prendere decisioni in merito a determinate questioni, ed inoltre vi è l'ampia convinzione che le soluzioni identificate dall'autorità debbano essere attuate e non discusse. In questa situazione non è necessario il controllo; tuttavia, a differenza del potere di informazione il potere legittimo dipende da contesto sociale proprio perché è necessario il consenso attorno alla legittimità di istanze e disposizioni; · • potere dell'esperto: in questa forma il potere si basa sulle conoscenze specifiche, in una data materia, possedute solo da un certo numero di individui; al di là, quindi, della sola posizione occupata nella scala gerarchica; il leader si avvale della competenza. Anche in questo caso l'attività di controllo necessaria appare contenuta, se non del tutto assente; · • potere di ricompensa e potere coercitivo: questo tipo di potere si basa sulla capacità di elargire riconoscimenti e promozioni o, viceversa, punizioni: in entrambi i casi si tratta di elementi che vanno a costituire la base del potere. L'utilizzo di strumenti premianti o di incentivi può determinare comportamenti acquiescenti e in linea con le aspettative del leader. Anche nel caso di utilizzo di punizioni si possono ottenere comportamenti conformi alle attese con un conseguente ridimensionamento o eliminazione dei comportamenti devianti. L'impiego di queste modalità di potere richiede però una stretta ed attenta vigilanza, in quanto la coercizione può rapidamente trasformarsi in ritorsione; ed in questo caso si può raggiungere l'estremo in cui il gruppo represso tenta di infliggere una punizione all'agente di repressione. La gestione di queste “armi” non è però assolutamente facile. La sana gestione del potere tende a scontrarsi spesso con la patologica realtà di leaders che Kets de Vries (1998) definisce “miopi, testardi e poco inclini ad accettare consigli da altri” , in una crescente arroganza vista come prevedibile esito di un narcisismo incontrollato. Questo stesso narcisismo è la forza basilare che fomenta il desiderio di leadership e potere e progressivamente si aggrava con la conquista degli stessi. Quando il leader eccede in arroganza, sicurezza ed orgoglio sarà la sua organizzazione a doverne subire il peso e spesso anche le rovinose conseguenze. L'analisi dell'autore è spietata in merito, riconoscendo proprio in superbia e arroganza le compagne indissolubili del potere e sostenendo che, assunto il rapporto squilibrato tra leaders e gregari, i primi possano trasgredire norme fatte “per i comuni mortali”. Il problema si pone quando vi è un eccesso in questo senso. Il leader per il ruolo che si trova a ricoprire è in una posizione particolare rispetto agli altri partecipanti alla interazione. Quando si trovi ad occupare anche una posizione organizzativa di responsabilità si trova a dover rispondere della sicurezza dei membri del gruppo nei confronti della organizzazione. Le spinte negative da parte dei membri nei confronti della organizzazione dovranno essere mediate dal leader ma anche le spinte destrutturanti della organizzazione nei confronti del gruppo andranno compensate. La difficoltà maggiore starebbe proprio nel portare l'attenzione dei leaders ai segnali di pericolo dell'arroganza onde evitare loro di poter “vedere solo quello che vogliono” in un colpevole processo rafforzato e sostenuto dall'idealizzazione operata nei loro confronti dai gregari. Sempre Kets de Vries (1998), in una disamina sulla gestione delle ambiguità di leadership e potere, evidenzia come il lavoro del leader sia quello di “gestire energia” trovando il modo più efficiente (massimizzando l'utilità e minimizzando i costi) per convogliare tutta l'energia presente nell'organizzazione verso un obiettivo comune. L'energia di cui parla l'autore è un’energia psichica che consenta ai membri dell'organizzazione di essere motivati ed in grado di agire in prima persona, potendo esprimere idee con la propria testa. Ma l'autore introduce anche un'affermazione “pesante” , accennata da diversi autori, ma mai resa esplicita, dicendo che: “I dipendenti…dovrebbero poter amare il proprio lavoro e, perché no, divertirsi mentre lo compiono” (Kets de Vries 1998). Compito del leader è, quindi, anche far sì che lo “spettro della paranoia” non si affacci all'organizzazione tramite uno sforzo teso a neutralizzarne le forze distruttive. L'unico mezzo che consenta al leader di operare al meglio, rendendosi veramente conto del significato di termini come fiducia, coerenza, competenza e disponibilità all'aiuto, sarà il comprendere cosa significhi trovarsi dall'altra parte, in uno sforzo che non potrà prescindere dalla sua carica e dal suo equilibrio psicologico. La presenza dell’adeguata leadership è, quindi, una necessità vitale delle organizzazioni. Se una caratteristica sempre più presente nelle strutture contemporanee è il cambiamento costante, sino ad arrivare ad ipotizzare che la caratteristica stabile sia l’assenza di stabilità, vi è altresì la necessità di persone idonee a sviluppare le modalità del cambiamento, ad individuare le direzioni di questo e a sostenere i processi di trasformazione. Queste persone non sono più da individuare esclusivamente all’interno delle fasce più alte delle strutture, bensì in ogni livello organizzativo. Il bisogno di rendere i cambiamenti più rapidi rende necessario che il potere e la autorità da questi richiesti siano presenti al livello più basso possibile della gerarchia organizzativa. Saranno i soggetti più “vicini al pezzo” a rendersi conto delle necessità trasformative e operare perché gli aggiustamenti produttivi siano nelle loro mani diventa sempre più una necessità di sopravvivenza. Non si deve altresì dimenticare che non tutto il potere può essere fatto fluire verso il basso. Solo quella dimensione del potere legata alla organizzazione ha la caratteristica di poter fluire (stesso discorso non può essere fatto per il potere personale che ognuno può guadagnarsi nell’essere riconosciuto dagli altri); è però necessaria la disponibilità da parte dei soggetti che occupano le posizioni organizzative superiori a lasciar sviluppare i sottoposti contenendo le proprie paure e rendendosi disponibili per individuare nuovi modi di relazionarsi e nuove direzioni per far evolvere l’organizzazione. Il leader non è quindi solo un gestore di energia ma anche, come ricorda Avallone (2003), un gestore di simboli e complessità ed il garante della giustizia. BIBLIOGRAFIA Avallone F. (1994), Psicologia del lavoro, La Nuova Italia Scientifica, Roma. Kets de Vries M. (1998), Leaders Giullari e impostori , Cortina Milano. de Vito Piscicelli P., Zanarini E. (1996), L’arte del comando, Nuova Italia Scientifica, Roma. Spaltro E. (1977), Il check-up organizzativo, ISEDI, Milano.