sulle origini della città` di ostuni

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sulle origini della città` di ostuni
SULLE ORIGINI DELLA CITTÀ' DI OSTUNI
Nell'anno 1812, quando ancora non si conosceva nei particolari
l'antico territorio della civiltà messapica, Mons. Annibale De Leo,
Arcivescovo di Brindisi, indirizzò la seguente lettera al dotto Canonico Giuseppe Melles, autore della iscrizione sull'origine della Città di
Ostuni :
HOSPES, ETRUSCAM TIBI DAT HEC INSPRIPTIO GENTEM
CIVIS, AVVERSIO BELLICA AVOS PEDICULOS FECIT
EXTERE, EX QUO RECEPTUS HOSTUNIO SE PEDICULA DIXIT.
Brindisi, 27 ottobre 1812
Al Rev.mo Canonico Giuseppe Melles
Ostuni
Mi sono scusato col Sig. Sindaco di proferire il mio giudizio su
dette iscrizioni da Lei formate a richiesta del medesimo. E l'ho pregata che piuttosto si facessero esaminare in Napoli, ove vi sono degli
uomini grandi nelle materie di Antichità, non fidandomi io di proferire il mio sentimento. Mi dichiaro umilissimo alla di Lei bontà, per la
fiducia che si è compiaciuta di riporre ne' miei scarsi Lumi; ma perdoni, se Le dico ch'Ella è in falso supposto. Ma per l'attenzione che
Le devo, e per non mancare di sincerità, Le dico, che il peggio di una
Città non dipende in vedere della più remota antichità, senza solidi
fondamenti. I Signori di Monopoli han voluto cercare la loro origine nei laberinti di Creta, facendosi discendere dalle brache di Minos, e con ciò si son renduti ridicoli. La Città di. Ostuni è stata celebre nel mezzo tempo : ha prodotto infiniti uomini illustri, ed i suoi
fasti somministrano abbondante materia per tessere una compita
Storia. Non dubito che il suo sito sia stato abitato da Pedicoli; ma
ho tutta la difficoltà che la medesima sia antica, giacché non è nominata neppure per ombra da tutti gli antichi Geografi, che ci han
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lasciato la memoria di tante altre Città della Provincia, anche di
strutte; non si fa menzione di Essa neppure negli itinerari antichi.
E mblto meno io mi persuado della Sua derivazione dalle voci Latine
Hostium unio : ma piuttosto credo vera l'origine di un tal nome dalle due voci greche che significano città nuova, come Monopoli si deriva
da Monos polis, che significa città singolare o unica. Questa derivazione
dà ad Ostumi il dotto Scrittore della mia Provincia, Girolamo Marciano, ed il dottissimo Quinto Mario Corrado, il quale la chiamò
sempre Astuneum.
Io non ho lasciato di ammirare le sue dotte ed ingegnose combinazioni sull'origine di tal nome : ma dacché non ne vediamo vestigia
negli antichi Scrittori, bisogna darne l'origine ai Greci del mezzo tempo, al pari di quella di Monopoli. Si contenterebbero Brindisi e Taranto avere i pregi della Città di Cherson, piantata mezzo secolo addietro e che ora raccoglie centomila abitanti nel Mar Nero, e rinuncierebbero al pregio della Loro rimotissima antichità.
Ecco, degnissimo Sig. 'Can.co che Le ho aperto sinceramente i
miei pensieri riguardo al nome ed all'origine di Ostuni, nella prontezza però di riscattarli in vista di notizie migliori. Ed offrendomi prontissimo ai Suoi Comandi, con piena Stima mi rassegno.
dev.mo obblig.mo
servitore
DE LEO,
Arcivescovo di Brindisi
Si era all'inizio del secolo che, nel volger degli anni, doveva essere ricco di risultati, nel campo delle ricerche archeologiche, nel territorio della Penisola Salentina.
In quel periodo, infatti, frammenti architettonici e scultorii.
iscrizioni, collezioni speciali, pezzi rari, moltiplicarono il nostro patrimonio storico ed artistico con raccolte anche di terrecotte figurate,
del VII sec. a. C. e dell'età imperiale, di vasi d'importazione, di ceramiche italiche, dal V al IV sec. a. C., di mosaici geometrici e figurati,
di sculture in marmo ed in pietra, di numerosi esemplari di monete,
di suppelletili preistoriche.
Nel 1868 fu istituita dalla Provincia di. Terra d'Otranto una Commissione di archeologia e storia patria della Provincia Salentina, che
promosse ed incoraggiò gli studi nel nostro territorio. Mancarono,
tuttavia, musei locali ed un'adeguata sorveglianza su gli scavi clandestini, anche nel resto del nostro territorio nazionale. Ad esempio,
il Museo Etrusco fu istituito, soltanto, il 17-3-1870, dal Ministro Corretti e fu affidato ad tana commissione di sorveglianza, la quale subuito fece voti « perché 'le fosse affidata la conservazione e la ricer325
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ca dei monumenti compresi tra il Tevere e la Magra, e la direzione
suprema degli scavi che dovevansi intraprendere nelle diverse parti
di Etruria per conto del governo e di privati ». L'antico territorio dell'Etruria centrale comprendeva « le Provincie di Firenze, di Pisa, di
Arezzo, di Lucca, di Livorno, Siena e Grosseto » e la parte cisteberiDa « delle provincie dell'Umbria, di Roma, del Tevere, della Magra,
o meglio, di tutta la settima regione augustea, fino alle porte di
Roma».
Nel 1880, fu scoperta la vasta necropoli messapica di Ostuni. Se£-zuirono altre scoperte, e W. Helbig, nel suo « Viaggio nell'Italia meridionale » così scrisse :
« Presso Ostuni, nel fondo Giordino Crocefisso, di proprietà del
Sig. Prof. situato a Nord-Ovest di Ostuni e, propriamente, accanto alle mura della città, sono state rinvenute tredici tombe,
che consistono di fosse scavate nella roccia e foderate e coperte di
lastre di pietra calcarea. Una di queste tombe diretta da Est ad Ovest,
aveva le lastre di fodero intonacate di stucco bianco, e sullo stucco,
che copriva le cornici, erano graffite due iscrizioni messapiche. Tale
tomba, secondo le notizie gentilmente fornitemi dal Sig. Ludovico Pepe era lunga m. 2,80, profonda m. 1,52 e si restringeva alquanto verso
la bocca, in modo che la larghezza al suolo era di m. 1.32, all'apertura di 1,10 m..
La tomba conteneva quattro cadaveri incombusti. Uno, cioè, era
sdraiato nel mezzo della tomba e parallelo ai lati lunghi, mentre ai
piedi di esso furono trovati alla rinfusa gli avanzi di tre altri scheletri. Sembra, dunque, che deponendovi un altro cadavere, i resti di
quelli seppellitivi prima furono accostati all'estremità inferiore della
tomba, per preparare, così, al cadavere da deporsi il necessario spazio. Sulla cornice occidentale, quella, cioè, che si trovava sopra la
testa dell'anzidetto scheletro sdraiato nel mezzo della tomba, si legge
l'epigrafe seguente :
E
n
Puiriu E
'■ 520A, rfoNAHR,
Il ch. Deeche, al quale ne mandai una copia, sopra di essa gentilmente mi scrisse : « Sono propenso a leggere la prima riga et de trohandes, la seconda riga : staboas gronàias ».
Esaminai la cornice nella biblioteca municipale, dove era esposta,
per cura del provvido direttore Sig. dott. Luigi Tamburrini, mentre
questa relazione si trovava già sotto torchio. L'iscrizione fu pubblicata dal chiarissimo Sig. Viola nelle notizie degli scavi, comunicate
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all'Accademia dei 'Lincei. La copia del collega diversifica dalla mia in
ciò, che' essa nella seconda riga invece di l— dà H.
Altra iscrizione si trova sulla cornice posta a sinistra dello scheletro, la quale, quando arrivai ad Ostuni, era già stata impiegata nella
costruzione di una cisterna. Il ch. Deeche mi scrive sopra di essa :
« Se la terza lettera fosse b rovesciata e dovesse leggersi nabit. o, allora
la parola ricorderebbe nabtai, e potrebbe sospettarsi che i due morti
siano determinati come marinai. Ma la lezione non essendo sicura,
m'astengo dallo arrischiare una spiegazione qualunque.
Fra gli stinchi dello scheletro posto nel mezzo furono trovati due
alabastri d'argilla grezza rossastra, e accanto al teschio due lucerne simili a quelle rinvenute negli scavi di Canneto. Oltre a cio', la tomba
conteneva due oggetti di terracotta dorata in forma di fiore, i quali
ambedue con un buco verticale nella parte inferiore, probabilmente
hanno servito da capi ad aghi crinali, un'olla d'argilla nera con due
manici verticali (alt. 0,18) sulla quale credetti di ravvisare tracce di
doratura, e' quattro tazze nere prive di piedi (alt. o, 009; diam. 0,17)
i quali vasi, a quello che pare, in parte erano appiccati ai chiodi di
ferro fissati nelle due lunghe pareti del sepolcro. Finalmente vi fu
trovato un denario foderato e mediocremente conservato di M. Aburius Geminus. Risulta, dunque, che nella tomba si deponeva ancora
dopo l'emissione di questo denaro, la quale ebbe luogo tra gli anni
620 e 640 u.c. (134 e 114 a. C.) ».
Negli anni precedenti e successivi, in altre tombe furono rinvenuti, vasi e lucerne del così detto stile pugliese, coperte di vernice
nerastra; e denari foderati, alcuni della gens Julia. (« Hist. de la monnaie rom. » — trad. de Blacas — II, P. 318 N. 126 e « Monnaie de la
républ. » del Cohen, pl. II).
Nel 1956, nell'orto della « Rosara » fu trovato un sepolcro anche
messapico, contenente un'elegante idria e monete del II secolo a. C.
Il Cataldi, il Maggiulli, il Ri'bezzo, identificarono la Città con Sturnium o Stulnium. Alcuni storici ne fecero derivare il nome da ab ostibus (moltiplicità di porte e di finestre), da hostium unio per la resistenza opposta dagli Ostunesi ad Annibale, da Ostano custode dei raccolti, fratello di Saturno dio dell'agricoltura.
Nell'opera « Descrizioni, origini, successi della Provincia di Terra d'Otranto » il Marciano asserì che Ostuni fu distrutta dai Goti,
nella guerra con i Bizantini i quali, a loro volta, la ricostruirono.
Apparvero le monete con la leggenda ITy equivalente alla parola
« Stu » riproducenti sul verso, come in quelle di Oria, l'aquila che appoggia il piede sul fulmine e sul recto un nicchio o granchio marino;
e, poichè, con Oria furono riscontrate identiche la « posizione geografica e topografica, la struttura litologica, i tipi ed i dialetti degli abitanti » se ne ammise l'esistenza sin dal X secolo a. C.
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Dove la pianura s'in falca e si solleva in splendidi colli, Ostuni
nacque ricolta come Oria ad Est, nella stupenda musica dei boschi,
ameno giardino italico, a duecentoventinove metri sul livello del mare ed a trentacinque chilometri da Brindisi, in un angolo suggestivo
delle Murge, terra lussureggiante, immersa nella freschezza del mare e del cielo, lambita sino a valle dal sorriso della vita.
Qui selci e tombe ancora affiorano e documentano la vita dei nostri proavi tenaci e pazienti, attraverso i vari stadi sovrappostisi, da
quello della loro anima prelogica-magica, sino a quello del pensiero
simbolico e raziocinante.
Iscrizioni, idoli e marmi, monete a vasi fittili la pongono tra le
più antiche Città d'Italia, che, come le piante abbarbicate tenacemente ai ruderi, conservano l'incanto del loro nome ed il fascino delle loro bellezze naturali.
Città presepe, ricorda Mistrà patria di Euforione, un dì amata e
cantata dai poeti, dimora preferita di pensatori e guerrieri.
I Normanni vi costruirono le mura ed il castello. Dal 1350 al
1356, verso la parte bassa, fu cinta di altra cerchia, per difendere gli
abitanti dalle scorrerie delle bande teutoniche che, dopo il rientro in
Ungheria di Re Ludovico, erano rimaste a desolare l'Italia. Le Mura
furono restaurate ed in parte rifatte, dal 1487 al 1506, su disegno di
Alfonso Duca di Calabria.
Oggi, restano esempi interessantissimi di arte medioevale, che
raggiunge il fasto decorativo dell'architettura civile e religiosa e testimonia esigenze di gusto meridionale. La Cattedrale ha lo slancio geometrico, la misurata unione delle masse, la luce nella figurazione
che ricorda le belle basiliche toscane, lombarde, emiliane. Ne completa la grazia la finestra a ruota sul portale principale, formata da
ventiquattro colonnine sormontate da capitelli fra archetti, con al
centro Cristo e gli Apostoli. Due edicolette agevolano l'armonia delle
linee, sui pilastri laterali che chiudono lo scompartimento mediano.
Il Tempio ha la forma basilicale a tre navate e con abside, All'interno il concetto religioso si fonde con quello estetico. E, anche, le
tele di certo valore completano la visione mistica : S. Lucia, firmata
Jacobus Parma (Venezia, 1544-1628) adorna l'altare di Gesù agonizzante. L'affresco S. Maria della Sanità, restaurato nel 1921 dal Prof.
Domenico Brizio, ritenuto dal Prof. Quintino Quagliati « una madonna bizantineggiante » del secolo XV, e dal Prof. Faldi opera pregevole del secolo XII, è uno dei capolavori che appagano lo spirito.
Alla vecchia Basilica si accede per la via Pietro Vincenti. Sulla
porta maggiore si legge : « Mater Dei, miserere mei Nicolai Arponi de
Taranto Episcopi Hostunensis ».
Qui, sulla rupe più alta, dove più vasto è l'orizzonte, forse, fu
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l'acropoli messapica. In questo luogo di preghiera, di età in età si
tramandò la fede cattolica.
Non rechi meraviglia che Ostuni fu, quasi certamente, un baluardo benedettino.
Vito Guerrieri « Sui Vescovi della Chiesa Metropolitana di Brindisi » nel 1846, aveva scritto : « Eustasio succeduto a Lionardo, greco
di nazione, nella Chiesa di Brindisi e di San Leucio, come i suoi predecessori dovette mantenere, nella Chiesa, la liturgia latina. Ebbe però
la sorte di passare dallo scisma alla comunione della Chiesa Romana,
giacché, nel suo tempo, i Normanni restituirono al Trono romano le
Chiese della Puglia e della Calabria, che sino a quel tempo erano state soggette al Patriarca scismatico ».
Ed aveva soggiunto che, in quel lontano 1071 « come attesta Leo
ne Ostiense presso il Muratori, Eustasio, Arcivescovo di Brindisi, intervenne alla solenne consacrazione della Chiesa di Montecassino, fat
ta con gran pompa dal Pontefice Alessandro II, invitato dal surriferito Pontefice di unita ai Vescovi della Campania, della Puglia, e della Calabria ».
Ma tale notizia storica non fu confermata, mai riportata o pubblicata nel Cronicon ,Cassinensis, nell'Italia Sacra di Ferdinando
Ughelli, negli Annales Ordinis S. Benedicti di Johanne Mabillon (Lucca, 1740 , né dalla Biblioteca Sacra dei Padri Richard E. Giraud, edita a Milano nel 1835.
Nella Bolla, di Papa Alessandro II, intorno ai corpi dei Santi Benedetto e Scolastica « pubblicata in Roma, nel 1888 anche a pag. 434,
nello « Storia della Badia di Montecassino » tra i Vescovi presenti alla solenne consacrazione della Basilica di Montecassino, fatta dallo
stesso Papa, risulta « EGO DATTO, STUNENSIS, EPISCOPUS S. S. ».
GIUSEPPE MOSCARDINO
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