Dispensa IV 2013_parte III

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Dispensa IV 2013_parte III
L’AMORE
1. Charles Baudelaire
Charles Baudelaire, nato a Parigi nel 1821, ha un’adolescenza difficile segnata dalla morte del padre. Iscritto Pagina
alla facoltà di Giurisprudenza, abbandona presto gli studi e inizia una vita sregolata; dopo aver dissipato | 23
l’eredità paterna, si indebita e vive tra soffitte e bettole parigine, come un bohémien, ossia in modo povero,
sregolato e anticonformista.
Inizia a collaborare con varie riviste scrivendo articoli, poesie e traduzioni (tra cui quelle delle opere dello
scrittore statunitense Edgar Allan Poe), cui si dedica alternando periodi di intenso lavoro ad altri di crisi, nei
quali la capacità di tradurre in versi le proprie sensazioni sembra abbandonarlo. Tra le cause della sua
impossibilità di comporre vi sono innanzitutto la difficoltà di raggiungere quella perfezione di stile a cui
ambisce e, secondariamente, lo stato di apatia che segue all’abuso di alcolici e di oppiacei.
Il capolavoro indiscusso di Baudelaire è rappresentato dalla raccolta di poesie I fiori del male (1857),
accusato dalle autorità di oscenità e presto ritirato dalle librerie. La raccolta, che nell’edizione definitiva del
1861 è suddivisa in sei sezioni (Spleen e ideale, Quadri di Parigi, Il vino, I fiori del male, Rivolta, La
morte), è strutturata tra i due poli opposti del desiderio di elevazione spirituale e della degradazione a causa
del contatto con un mondo avvertito come ostile e estraneo; essa inoltre anticipa temi e soprattutto forme che
saranno poi sviluppati dai simbolisti.
Altre opere di Baudelaire sono Lo spleen di Parigi, una raccolta di brevi prose (scritte tra il 1855 e il 1864)
incentrate sull’osservazione della vita quotidiana a Parigi, I paradisi artificiali (1860), in cui lo scrittore
riflette sul rapporto tra uomo, sogno, piacere e sugli effetti dell’assunzione di droghe, e scritti di critica
d’arte.
Baudelaire muore a Parigi nel 1867. La sua fama, legata soprattutto allo scandalo suscitato dai temi presenti
nei Fiori del male e dalla sregolatezza della sua esistenza, lo ha consacrato come artista “maledetto”,
spregiudicato e sprezzante della morale corrente.
A una passante, da I fiori del male
La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore
immenso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l'orlo della gonna
agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l'uragano.
Un lampo, poi la notte! - Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m'ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell'eternità?
Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!
Guida alla lettura e attività
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2. Jaques Prévert
Jaques Prévert nasce nel 1900 a Neuilly-sur-Seine, un sobborgo di Parigi, da una famiglia della media
borghesia. A quindici anni lascia la scuola e sceglie la vita di strada mantenendosi grazie a piccoli lavori.
Negli anni Venti del Novecento diventa amico di alcuni intellettuali tra i quali André Breton, il fondatore del
movimento surrealista (sorto in Francia proprio in quegli anni, tale movimento si proponeva di uscire dai Pagina
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rigidi schemi della razionalità e di osservare la realtà cogliendone l’aspetto più autentico e personale).
Nel 1930 Prévert pubblica su una rivista la prima raccolta di poesie intitolata Ricordi di famiglia ossia
L’Angelo aguzzino; in seguito si dedica, in veste sia di attore sia di sceneggiatore, al cinema e al teatro,
attività che svolge in collaborazione con i migliori registi dell’epoca. La sua notorietà cresce dal momento in
cui compone i testi delle canzoni che diventeranno simboli dell’ambiente intellettuale parigino e che saranno
interpretate da cantanti attenti ai problemi sociali e politici.
Sul piano ideologico Prévert può essere definito un anarchico, un ribelle: nonostante la sua avversione al
capitalismo, in diverse occasioni non si allinea con la Sinistra francese, come quando durante la Seconda
guerra mondiale si rifiuta di impegnarsi nella Resistenza anti-nazista in nome di un intransigente pacifismo.
Dopo la guerra continua a lavorare come compositore di poesie e testi di canzoni: la sua raccolta più celebre,
edita per la prima volta nel 1945, si intitola Parole.
Prévert more nel 1977 a Omonville-la-Petite nel Nord della Francia) per una grave malattia.
Guida alla lettura
I ragazzi che si amano, da Parole
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro
[invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo
amore.
Attività
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3. Eugenio Montale
Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 da una famiglia di commercianti. Per motivi di salute interrompe
gli studi regolari alla terza tecnica e arriva da autodidatta a diplomarsi ragioniere. Nel 1917 è chiamato alle
armi e viene assegnato alle zone del Trentino. Dopo la guerra, nel 1920, Montale torna a Genova e riprende
la vita dell'anteguerra: nessun lavoro fisso, il rito delle vacanze estive a Monterosso, nelle Cinque Terre, e in
più qualche collaborazione a riviste e giornali. Nel 1922 l'esordio pubblico: sulla rivista torinese "Primo
tempo", pubblica alcune poesie. Ma la notorietà giunge nel 1925 con la raccolta Ossi di seppia. Nello stesso
anno una serie di interventi pubblici precisa la fisionomia politico-letteraria di Montale: il poeta sottoscrive
infatti il manifesto crociano degli intellettuali antifascisti. Lasciata Genova nel 1927, Montale si trasferisce a
Firenze, città in cui supera l’universo poetico ligure e inizia la gestazione di Le occasioni, raccolta uscita nel
1939. Si tratta di un periodo di grande attività: Montale si lega strettamente agli scrittori antifascisti riuniti
intorno alla rivista "Solaria" e al caffè delle "Giubbe rosse". A Firenze Lugano le poesie di Finisterre, che
andranno a costituire il primo nucleo della sua terza raccolta: La bufera e altro, del 1956.
Milano è la terza città di Montale, in cui il poeta si trasferisce perché assunto come redattore al "Corriere
della sera". La raccolta Satura (1971), comprendente gli Xenia dedicati alla moglie morta nel 1963 riapre un
ciclo di grande fertilità poetica.
Montale passa gli ultimi anni di vita a Milano. Nel 1967 è nominato senatore a vita e nel 1975 gli viene
conferito il premio Nobel. Muore nel 1981.
Il motivo di fondo della poesia di Montale è una visione pessimistica e desolata della vita del nostro tempo,
in cui, crollati gli ideali romantici e positivistici, tutto appare senza senso, oscuro e misterioso. Vivere, per
lui, è come andare lungo una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia e che impedisce di vedere
cosa c'è al di là, ossia lo scopo e il significato della vita. Né d'altra parte c'è alcuna fede religiosa o politica
che possa consolare e liberare l'uomo dall'angoscia esistenziale. Nemmeno la poesia può offrire all'uomo
Italiano – prof.ssa Cerotti
IV Impresa
a.s. 2013/14
alcun aiuto. L'unica cosa certa che egli possa dire, è "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", ossia gli
aspetti negativi della nostra vita.
La negatività di Montale oscilla tra la constatazione del "male di vivere" e la speranza vana, ma sempre
risorgente, del suo superamento. Basta guardarsi intorno, suggerisce Montale, per scoprire in ogni momento
e in ogni oggetto che osserviamo il male di vivere, come nei paesaggi aspri della Liguria, nei muri scalcinati,
nei greti dei torrenti, nel rivo strozzato che gorgoglia, nella foglia riarsa che s'accartoccia.
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Ogni paesaggio e ogni oggetto è visto da Montale contemporaneamente nel suo aspetto fisico e metaforico, | 27
nel suo essere cosa e simbolo della condizione umana di dolore e di ansia. E' questa la tecnica del
"correlativo oggettivo", teorizzata dal poeta inglese T.S. Eliot, consistente nell'intuizione di un rapporto tra
situazioni e oggetti esterni e il mondo interiore.
Temi analoghi, tutti centrati sul male di vivere, si leggono nelle due ultime raccolte di liriche, La bufera ed
altro (1957), in cui la guerra è l'altra "occasione" di meditazione del poeta, e Satura (1971), che comprende
una serie di colloqui del poeta con la moglie Drusilla Tanzi
su episodi di vita passata.
Ho sceso, dandoti il braccio, da Satura
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Attività
1. scrivi la sintesi della poesia, proseguendo dalla frase
seguente: “Il poeta si rivolge alla moglie morta, ricordando
il lungo tempo trascorso insieme”.
2. Le scale di cui parla il poeta sono reali o metaforiche?
Possono avere entrambi i significati? Giustifica la tua
risposta in riferimento al testo.