Suini - IRES Piemonte

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Suini - IRES Piemonte
PROSPERA
Osservatorio Agroalimentare del Piemonte
Relazione di filiera
CARNE SUINA
Aprile 2012
Report di filiera - Suini - 2012
PRESENTAZIONE
Le moderne politiche di sviluppo rurale sono piuttosto complesse e richiedono alle Regioni di
dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi. La Regione Piemonte e l’IRES Piemonte, pertanto, hanno
sottoscritto una convenzione pluriennale sulla base della quale l’Istituto assicura un’ampia gamma
di attività volte a supportare le diverse fasi (programmazione, attuazione e valutazione) delle
politiche rurali.
Questo insieme di attività è stato denominato con l’acronimo PROSPERA (Progetto Supporto alle
Politiche Rurali e Agroalimentari). Rientrano nel progetto interventi di consulenza alle strutture
regionali responsabili delle politiche in oggetto, l’esecuzione di studi e l’implementazione
dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte.
L’attività dell’Osservatorio è finalizzata, in primo luogo, a fornire elementi utili allo sviluppo delle
politiche di settore, senza trascurare tuttavia le possibili ricadute più generali in termini di
contributo conoscitivo rivolto a diverse tipologie di utenti (dalle organizzazioni di categoria agli
enti locali, dal settore della comunicazione a quello della formazione).
L’attività dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte opera in modo continuativo ed è
strutturata per fornire i seguenti servizi:

realizzazione di analisi congiunturali annuali sull’andamento del settore agricolo e
agroalimentare, elaborate in diversi step di avanzamento in relazione alla disponibilità di
dati aggiornati;

realizzazione e aggiornamento periodico delle Relazioni di filiera, per ciascuna delle
principali filiere agro-industriali operanti in Piemonte;

elaborazione di studi monografici e analisi di scenario.
Le Relazioni di filiera nascono in occasione dell’istituzione dei Tavoli di Filiera, uno dei momenti
concertativi voluti dalla Regione Piemonte nell’ambito della definizione delle politiche rurali. In tale
occasione (2006) fu redatta dall’IRES una prima serie di report creati per supportare l’attività dei
Tavoli, utilizzando anche il prezioso contributo dei soggetti partecipanti. Le attuali Relazioni di
filiera attingono a questo patrimonio informativo e lo aggiornano periodicamente, in modo da
fornire un panorama articolato e completo sulle dinamiche in atto nel settore.
La presente versione della Relazione si riferisce all’annata 2011 ed è stata elaborata nei primi mesi
del 2012. Pertanto, a causa della nota lentezza del rilascio dei dati statistici ufficiali, potrebbe
presentare alcune informazioni incomplete o non aggiornate.
2
Report di filiera - Suini - 2012
INDICE
1 Le dimensioni della filiera e gli andamenti recenti
1.1 Il mercato mondiale ed europeo
1.2 Italia e Piemonte
4
7
2 Politiche e aspetti normativi 18
3 Conclusioni e analisi SWOT
22
3
4
Report di filiera - Suini - 2012
1. Le dimensioni della filiera e gli
andamenti recenti
1.1 Il mercato mondiale ed europeo
Circa Il 42% della carne consumata nel mondo è di origine suina. Oltretutto, considerando Il
costante incremento dei consumi a livello globale (fig. 1) appare evidente l’importanza di questo
settore.
Figura 1 - Consumo di Kg di carne pro capite all’anno.
CoreadelSud
140
Consumo di carne procaptie in Kg/anno
Giappone
ArabiaSaudita
120
Brasile
Portogallo
100
Italia
Spagna
80
Vietnam
Angola
60
Cile
Filippine
40
Messico
Iran
20
Egitto
Russia
USA
0
1961
1966
1971
1976
1981
1986
1991
1996
2001
2006
Cina
Fonte: Elaborazione IRES su dati FAO
Il principale paese allevatore è la Cina (tab. 1), con una produzione stimata nel 2011 di 641.250
milioni di capi. Gli altri grandi allevatori sono l’Europa (circa 260 milioni di capi) e Stati Uniti
(114,8 milioni di capi). In Europa (fig.2) i principali stati allevatori sono Germania, Spagna, Polonia,
Danimarca e Olanda; negli Stati Uniti la fase di allevamento si concentra in Iowa, Illinois e
Minnesota, attorno alla cosiddetta western corn belt.
4
Report di filiera - Suini - 2012
Tabella 1 - Numero di capi nelle principali aree di produzione mondiale
2010
migliaia di capi
Paese
Cina
EU-27
USA
Brasile
Russia
Canada
Giappone
Messico
Repubblica di Corea
Ucraina
Bielorussia
Australia
2011 migliaia di
capi
677.800
262.200
113.687
36.970
29.472
28.498
17.500
16.200
14.923
8.176
5.025
4.686
Diff %
2011-010
641.250
259.600
114.804
37.750
30.225
28.240
17.000
16.300
12.127
7.800
5.075
4.750
-5,39
-0,99
0,98
2,11
2,55
-0,91
-2,86
0,62
-18,74
-4,60
1,00
1,37
export di
animali vivi
1636
1614
15
0
1
5761
0
0
0
1
0
0
Fonte: Elaborazione IRES Piemonte su dati USDA-PSD
Figura 2 - Numero di capi allevati in Europa. Anno 2010
30.000
migliaia di capi
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
Fonte: Elaborazione IRES su dati Eurostat
Gli scambi internazionali degli animali vivi sono limitati a scala macroregionale e si concentrano
tra i paesi dell’Unione Europea o tra il Canada (dove la suinicoltura è ben organizzata e
storicamente orientata all’export) e gli Stati Uniti. Il mercato della carne suina, invece, è piuttosto
sviluppato a livello globale ed ha caratteristiche di tipo commodity. Ai vertici della produzione
mondiale si ritrova stabilmente la Cina con circa 50 milioni di tonnellate, seguita dall’Europa con
22 milioni, più del doppio degli Stati Uniti (tabella 2). Riguardo agli scambi commerciali (tab.3 e 4)
i maggiori esportatori sono Stati Uniti, Europa e Canada ed i primi due, nell’ultimo anno, hanno
incrementato i volumi esportati rispettivamente del 17 e del 14%. (USDA-PSD)
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Tabella 2 produzione di carne di maiale in migliaia di tonnellate e confronto tra il
2010 ed il 2011 (Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD)
Produzione 2010
(migliaia di t.)
Paese
Δ%
2011 - 2010
Produzione 2011
(migliaia di t.)
Cina
51.070
49.500
-3,07
EU-27
22.552
22.530
-0,10
Stati Uniti
10.186
10.278
0,90
Brasile
3.195
3.227
1,00
Russia
1.920
1.965
2,34
Vietnam
1.930
1.960
1,55
Canada
1.772
1.753
-1,07
Filippine
1.255
1.260
0,40
Giappone
1.292
1.255
-2,86
Messico
1.165
1.170
0,43
Tabella 3 Esportazioni di carne di maiale per alcuni paesi selezionati e confronto
tra il 2010 ed il 2011
Paese
export
2010
(migliaia
t.)
di
export
2011
(migliaia
t.)
di
Δ%
2011
2010
Stati Uniti
1.916
2.246
17,22
EU-27
1.754
2.000
14,03
Canada
1.159
1.160
0,09
Brasile
619
582
-5,98
Cina
278
260
-6,47
Cile
130
140
7,69
Messico
78
75
-3,85
Australia
41
42
2,44
Bielorussia
30
20
-33,33
Vietnam
14
10
-28,57
1
16
1500,00
Ucraina
Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD
Tabella 4 Importazioni di carne di maiale per alcuni paesi selezionati e confronto
tra il 2010 ed il 2011
Paese
Giappone
import 2010
(migliaia di t.)
import 2011
(migliaia di t.)
Δ% 2011 - 2010
1.198
1.210
Russia
880
930
5,68
Messico
687
630
-8,30
Cina
415
550
32,53
Stati Uniti
390
379
-2,82
Corea del Sud
382
625
63,61
Hong Kong
347
360
3,75
Australia
183
175
-4,37
Canada
183
195
6,56
Ucraina
146
90
-38,36
Filippine
104
90
-13,46
Singapore
104
107
2,88
Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD
6
1,00
Report di filiera - Suini - 2012
I mercati finanziari quotano due tipologie di carne suina: pork bellies (la pancia) che serve per
ottenere la pancetta e il lean hog, cioè il resto della carcassa. La principale sede degli scambi è la
Borsa Merci di Chicago. Il prezzo della carne è legato principalmente al costo delle materie prime
utili all’alimentazione (soia e mais), ma anche da turbamenti della domanda legati ad avvenimenti
quali ad esempio epizoozie.
600
120
500
100
400
80
300
60
200
40
100
20
0
prezzo lean hogs
prezzo mais e soia
Figura 3 - andamento dei prezzi internazionali della carne di maiale (lean hog) a
confronto con i principali componenti dell’alimentazione (mais e soia). Lean Hogs:
centesimi a libbra; Soia e mais: dollari US a tonnellata.
0
Soia
Mais
Carne di maiale (lean hogs)
Fonte: elaborazione IRES su dati Fondo Monetario Internazionale.
1.2 Italia e Piemonte
Nella prima metà del decennio scorso il settore ha risentito di alcuni shock ma anche di fasi
congiunturali particolarmente positive imputabili alle difficoltà di altre filiere (es. BSE per la carne
bovina, l’influenza aviaria nel comparto avicolo). A partire dalla fine del 2006 ad oggi, al contrario,
la filiera suina sta attraversando a livello europeo, nazionale e regionale, una grave crisi di mercato
dovuta sia a un eccesso di offerta che a un aumento dei costi di produzione. Le difficoltà per le
aziende allevatrici sono state aggravate dalla piena entrata in vigore di normative come la Direttiva
nitrati e il Benessere Animale, ma anche dalla crisi dei consumi effetto della crisi economica
globale che ha cominciato a manifestarsi a fine 2008.
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Report di filiera - Suini - 2012
L’allevamento italiano si distingue per l’orientamento verso il suino pesante (165 kg e oltre, contro
una media europea di 90-110 kg), idoneo alla produzione di trasformati tipici, a elevato valore
aggiunto. Il comparto presenta caratteri di filiera quasi industriale con aspetti di forte integrazione
verticale e di concentrazione. Inoltre, l’attività è ad alta intensità di capitale e richiede investimenti
elevati: 350€ / posto suino ingrasso; 2000 - 2500€ / posto scrofa. Questi aspetti hanno in genere
alimentato la tendenza al ricorso alla soccida che è attualmente in aumento.
La suinicoltura in Italia si concentra principalmente in Lombardia, dove si trova più del 40% dei
capi nazionali, con una prevalenza nelle province di Cremona, Mantova e Brescia. Insieme ala
Lombardia sono ben rappresentate, per ciò che riguarda l’allevamento l’Emilia Romagna, con circa
il 28% dei capi, ed il Piemonte con circa l’11%. Fornire un quadro preciso sulle consistenze e gli
allevamenti suini non è cosa semplice anche perché tra le fonti statistiche a disposizione si rileva
una certa disomogeneità. Gli ultimi dati disponibili forniti dall’ISTAT si riferiscono al 1° giugno
2011 e indicano 9,324 milioni di capi contro gli 8,994 milioni censiti dall’Anagrafe Zootecnica
nazionale istituita dal Ministero della Salute presso il CSN dell’IZS Abruzzo e Molise.
Per scelta, in questo report si farà riferimento, quando possibile, a entrambe le fonti privilegiando
quella ritenuta più completa, seppur consci delle possibili o incongruenze.
Al 31 dicembre 2011, in Italia risultavano attivi 134.825 allevamenti (tab. 5), il 75% dei quali
(100.748) di tipo familiare. In termini congiunturali tra il 2010 ed il 2011 il numero generale di
allevamenti è cresciuto del 4,2%, ma è molto importante notare che tale incremento è stato
provocato solo dagli allevamenti familiari1, che sono passati da 94.433 a 100.784 (+ 6,69%). Tra le
tipologie d’allevamento nell’ultimo anno c’è stata una contrazione del 5,1% degli allevamenti da
ingrasso che sono scesi a 16.177, mentre quelli da riproduzione sono aumentati del 2,3%
passando da 17.090 al 31 dicembre 2010 a 17.484 al 31 dicembre 2011.
Riguardo alle consistenze (tab.6) l’Anagrafe Zootecnica Nazionale ha censito al 31 dicembre 2011
un totale di 8,9 milioni di capi, il 3% in meno rispetto allo scorso anno. In particolare si osserva un
deciso calo nel numero di scrofette (-13%) e di lattonzoli (-14%).
Tabella 5 Allevamenti suini aperti in Italia per tipo di allevamento
ITALIA
Δ%
31/12/2010
31/12/2011
129.397
134.825
Allevamenti aperti familiari
94.433
100.748
6,7
Allevamenti aperti da ingrasso
17.047
16.177
-5,1
Allevamenti aperti da riproduzione
17.090
17.484
2,3
di cui a ciclo aperto
6.061
6.005
-0,9
di cui con vendita riproduttori
3.824
3.540
-7,4
10.164
10.948
7,7
865
531
-38,6
Totale allevamenti suini aperti
di cui a ciclo chiuso
senza indicazione della modalità d'allevamento
4,2
Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale
1
Per allevamenti familiari si intendono allevamenti da ingrasso con un numero massimo di quattro animali destinati
all’autoconsumo.
8
Report di filiera - Suini - 2012
Tabella 6 - Consistenza capi suini in Italia
ITALIA
Δ%
31/12/2010
31/12/2011
Totale capi suini
9.182.314
8.904.155
-3,03
Numero lattonzoli
1.914.050
1.646.291
-13,99
Numero magroncelli
1.460.018
1.495.645
2,44
Numero magroni
2.235.525
2.237.711
0,10
Numero grassi
-3,29
2.275.481
2.200.663
Scrofe
631.803
608.849
-3,63
Scrofette
153.055
133.083
-13,05
25.611
24.605
-3,93
5.501
5.549
0,87
Verri
Cinghiali
Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale
Secondo i dati ISTAT (tab. 7) al mese di ottobre 2011 erano stati macellati 10,7 milioni di capi.
Rispetto allo stesso periodo del 2010 sono in aumento le macellazioni di lattonzoli (+14%) e
diminuiscono quelle di grassi (-1,9%) e soprattutto di magroni (-33,6%). Per l’Anagrafe Zootecnica
nazionale, invece, tra gennaio e ottobre le macellazioni avevano riguardato solo 7,2 milioni di
capi.
Tabella 7 Suini macellati in Italia tra gennaio e ottobre 2011
Capi
Numero
Peso vivo
Variazio
ne % sul
2010
Totale (q)
Peso morto
Medio
(kg)
Totale (q)
Variazione
%
sul
2010
Resa
media (%)
Lattonzoli
588.563
14,0
75.509
12,8
58.665
6,9
77,7
Magroni
494.586
-33,6
420.173
85,0
327.954
-34,3
78,1
9.609.890
-1,9
15.961.915
166,1
12.802.645
-1,8
80,2
10.693.039
-3,3
16.457.597
153,9
13.189.264
-3,0
80,1
Grassi
Suini
Fonte: Istat
A prescindere dai numeri, è importante considerare come il 90% delle macellazioni abbia
riguardato suini grassi (ISTAT) e che l’88% dei suini macellati provenisse da allevamenti italiani
(BDN). Questi dati forniscono la misura di quanto assorba il circuito dei prosciutti DOP sul settore
suinicolo nazionale e fanno facilmente intuire che la domanda dell’industria di trasformazione non
DOP, allo stato attuale non possa essere soddisfatta dalla produzione nazionale e debba,
necessariamente, approvvigionarsi all’estero.
A questo proposito si nota come le importazioni italiane di suini vivi (tab. 8) siano aumentate del
4,4% rispetto al 2010. Come accennato in precedenza, il mercato degli scambi rispetto agli animali
vivi si svolge a scala macro regionale e per l’Italia i principali paesi fornitori sono Paesi bassi,
9
Report di filiera - Suini - 2012
Danimarca, Spagna e Francia. Tra questi, rispetto all’anno scorso, si registra un calo delle
importazioni da Paesi bassi (-2,5%) e Spagna (-4,7%), mentre sono in forte aumento le
importazioni dalla Danimarca (+31,5%). Infine è da notare il costante e importante aumento dei
rapporti commerciali con l’Ungheria, sia per gli animali vivi sia per le carni (tab. 9).
Tabella 8 - Importazioni in volume per area e paese di suini vivi . Gennaio-Ottobre
2011
PAESI
IMP 2009
IMP 2010
IMP 2011
Δ% 2010/11
Paesi Bassi
13.588.931
15.618.313
15.225.765
-2,51
Danimarca
5.494.729
7.169.770
9.430.099
31,53
Spagna
10.433.231
9.522.724
9.075.726
-4,69
Francia
7.235.218
7.378.004
7.882.608
6,84
Germania
2.238.967
4.507.835
4.351.123
-3,48
Ungheria
356.244
1.166.704
2.020.635
73,19
Belgio
583.993
362.092
155.842
-56,96
40.323
250.223
115.520
-53,83
[Unione europea 27]
40.040.559
46.367.920
48.430.186
4,45
[EUROPA]
40.040.559
46.369.320
48.430.186
4,44
Austria
Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT
Dal lato dell’export di suini l’Italia ha una posizione sostanzialmente nulla, i dati segnalano un
incremento del 2,3% rispetto lo scorso anno, ma le quantità sono davvero limitate (1.396
tonnellate nel 2011).
Osservando i dati sugli interscambi commerciali dell’Italia rispetto alle carni suine - fresche,
refrigerate o congelate - (tab.9), si registra una maggiore vivacità rispetto allo scorso anno. In
volume, le quantità importate sono aumentate dell’1,12% (+4,4% in valore). Le importazioni
nazionali provengono soprattutto da Germania (+9,9 in volume; +11,6 in valore), Ungheria (+33%
in volume; +34% in valore) che sta diventando un partner importante, e soprattutto Polonia (+96%
in volume ; +94% in valore) che può offrire cosce particolarmente idonee per i prosciutti cotti. A
ottobre 2011 l’Italia aveva esportato circa 74 mila tonnellate di carni suine, un aumento del 10,2%
rispetto allo stesso periodo del 2010. La crescita delle esportazioni, sebbene i numeri assoluti
continuino a tenere l’Italia in una posizione marginale all’interno della competizione globale, sono
state favorite dal forte aumento delle importazioni operato dalla Corea che, colpita da una grave
epidemia di Afta Epizootica, ha dovuto abbattere circa un terzo del patrimonio suinicolo.
10
Report di filiera - Suini - 2012
Tabella 9 Interscambio commerciale in valore per area e paese di Carni di suini,
fresche, refrigerate o congelate - Gennaio-Ottobre 2011
IMPORTAZIONI
VOLUME (in t)
PAESI
VALORE (in .000 €)
2009
2010
2011
Δ%
2009
2010
2011
Δ%
Germania
210.657
250.562
275.300
9,9
404.766
474.523
529.558
11,60
Paesi Bassi
130.379
136.552
125.464
-8,1
215.286
232.041
220.894
-4,80
Francia
108.747
118.087
107.477
-9,0
189.815
207.087
199.693
-3,57
Spagna
95.662
92.203
91.993
-0,2
169.132
165.260
169.873
2,79
Danimarca
76.893
90.511
91.665
1,3
138.364
161.833
169.216
4,56
Belgio
36.220
38.881
36.545
-6,0
68.728
71.273
69.454
-2,55
Austria
34.264
38.248
34.114
-10,8
74.626
84.010
78.911
-6,07
Polonia
252
10.564
20.708
96,0
535
17.662
34.303
94,21
10.535
15.176
20.180
32,9
19.278
27.511
36.983
34,43
Irlanda
1.680
2.560
2.239
-12,5
4.086
5.18
4.714
-9,08
Regno Unito
1.629
3.104
1.424
-54,1
1.899
3.046
2.527
-17,03
[UE-27]
709.387
798.640
808.819
1,3
1.290.775
1.452.880
1.519.241
4,57
[EUROPA]
709.419
798.663
808.842
1,3
1.290.949
1.453.008
1.519.397
4,57
[MONDO]
713.977
801.176
810.113
1,1
1.299.445
1.458.225
1.522.604
4,41
Ungheria
ESPORTAZIONI
VOLUME (in t)
Paese
2009
Germania
2010
2011
VALORE (in .000 €)
Δ%
2009
2010
2011
Δ%
14.103
21.379
17.090
-20,1
31.845
40.872
36.683
-10,3
Hong Kong
9.575
6.992
8.282
18,4
9.459
6.998
11.745
67,9
Slovenia
3.506
4.543
4.288
-5,6
7.704
10.705
10.555
-1,4
Francia
2.366
2.861
3.803
32,9
6.429
8.212
10.420
26,9
Ungheria
1.121
965
5.090
427,5
1.888
1.247
8.355
569,8
Austria
3.787
4.377
3.847
-12,1
8.790
8.996
8.341
-7,3
Romania
5.668
5.840
4.537
-22,3
8.989
9.267
7.689
-17,0
Regno Unito
2.513
2.431
2.750
13,1
5.385
6.479
7.225
11,5
Giappone
370
979
1.248
27,5
1.145
3.010
4.105
36,4
Russia
259
684
2.689
293,1
233
816
3.698
353,0
[UE 27]
45.876
52.303
52.848
1,0
93.674
107.445
114.116
6,2
[EUROPA]
48.586
54.489
57.250
5,1
97.260
109.964
120.052
9,2
[MONDO]
63.331
67.542
74.451
10,2
111.460
124.337
142.286
14,4
Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT
11
Report di filiera - Suini - 2012
Sono i trasformati la voce importante per le esportazioni suine del nostro paese. I dati del primo
semestre 2011, diffusi dall’ISTAT, ma rielaborati e aggregati da ASSICA (tabella 10), indicano una
crescita dell’export rispetto allo stesso periodo del 2010 del 9,5% in peso (63.000 tonnellate) e del
10% in valore (490 milioni di euro). A trainare le esportazioni sono stati in primo luogo i prosciutti
crudi, arrivati a 26.850 tonnellate, il 10,9% in più rispetto allo scorso anno, fatturando 251.102
milioni di euro. L’export dei salumi italiani è principalmente orientato al mercato europeo con
Francia, Germania e Regno Unito come principali destinazioni. Sul fronte extra europeo i principali
importatori sono la Croazia, la Svizzera, gli USA ed il Giappone.
Tabella 10 Export salumi I semestre 2011. I valori sono espressi in tonnellate e
migliaia di euro.
Tipologia
PESO
2011
2010
VALORE
2011
2010
Δ% 2011 – 2010
Quantità valore
2011
2010
Prosciutti crudi
26.845
24.208
251.102
227.120
+10,9%
+10,6%
Mortadelle, wurstel, cotechini e zamponi
14.293
12.812
49.753
44.181
+11,6%
12,6%
Salsicce e salami stagionati
10.997
10.428
102.244
95.751
+5,5%
+6,8%
Prosciutti cotti
5.596
5.319
38.470
39.934
+5,2%
+10,1%
Pancette
1.743
1.649
12.985
11.424
+5,7%
+13,7%
Bresaole
1.236
1.144
21.511
19.547
+8%
+10%
Altri salumi
Totale
2.298
1.979
13.543
12.225
+16,1%
+10,8%
63.009
57.540
489.609
445.182
+9,5%
+10%
Fonte: elaborazioni ASSICA su dati ISTAT
Rispetto alle quotazioni e alla redditività della fase di allevamento nella prima parte del 2011 le
quotazioni dei suini da macello pesanti e leggeri sono tornate a crescere dopo la leggera flessione
avvenuta nell’ultima parte del 2010. Nonostante ciò, a causa degli elevati costi dei principali fattori
di produzione, mais e soia in particolare, non hanno permesso alla fase di allevamento l’uscita
dalla crisi che perdurava già da lungo tempo. L’indice di redditività della fase di allevamento
calcolato dal Crefis2, infatti, indicava una contrazione media europea dell’8,4% tra gennaio e marzo
2011, rispetto allo stesso periodo del 2010. In questa crisi generalizzata la situazione italiana era
una delle peggiori con l’indice diminuito del 12,4% nello stesso periodo dell’anno.
Ancora nel corso del primo trimestre 2011 si evidenziano valori inferiori, se rapportati allo stesso
periodo del 2010, di cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici. Questa riduzione
era comunque da imputare sostanzialmente al deprezzamento delle cosce “leggere” (10-12 Kg)
che hanno fatto registrare una flessione del 3% a Modena e dello 0,1% a Parma. Le cosce “pesanti”
2
Che rapporta il prezzo delle carcasse a quello del mais calcolato utilizzando una media ponderata del prezzo negli ultimi
mesi
12
Report di filiera - Suini - 2012
(12-15 Kg), invece, hanno subito un calo solo a Modena, facendo registrare un lieve aumento a
Parma (+0,6%).3
Per gli stessi motivi elencati in precedenza, durante il secondo trimestre 2011 la redditività della
fase di allevamento ha continuato a diminuire sebbene le quotazioni medie del suino pesante
siano aumentate (in media 1,34 Euro/kg; +5,8% rispetto al periodo precedente). Gli aumenti
hanno interessato anche i suini da macello leggeri e i suini d’allevamento da 30 Kg: per i primi c’è
stata una crescita del 5% presso la CUN di Mantova, rispetto al primo trimestre e del +15,5% in
rapporto allo stesso periodo del 2010 (prezzo medio del periodo 1,117 Euro/Kg). Riguardo ai suini
d’allevamento da 30Kg l’aumento di prezzo si riscontra solo rispetto al primo trimestre (+6%),
mentre, se si confronta con lo stesso periodo del 2010, si osserva un calo del 4%.
Durante il III Trimestre sono arrivati i primi segnali positivi sul fronte della redditività della fase di
allevamento. Infatti, il relativo indice Crefis è aumentato di circa il 6% rispetto al II trimestre.
Questo andamento positivo è correlato con il prezzo del mais che, sebbene a livello internazionale
continui ad essere elevato, sul mercato italiano ha avuto un deciso calo.
Le quotazioni dei suini da macello sia pesanti che leggeri, anche in questo periodo dell’anno,
hanno ripreso ad aumentare: +10,8% e +8,7% rispettivamente, in riferimento al II trimestre e
+17,2% e +11,4% a confronto con il III trimestre 2010. In controtendenza i suini da allevamento da
30Kg il cui prezzo s’è contratto del 10,9% rispetto al II trimestre e dello 0,2% rispetto al III
trimestre 2010 presso la CUN.
Riguardo alle quotazioni delle cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici, la CUN
(vedi in seguito) che si sta affermando come riferimento nazionale, ha quotato in media a 4,017
euro/kg le cosce da 12,5 a 15,5 Kg ed 3,736 Euro/kg quelle da 10,5-12,5 Kg.
Nel IV trimestre grazie all’apprezzamento del suino pesante e alla riduzione del prezzo del mais
(in particolare sui mercati nazionali) l’indice Crefis della fase d’allevamento è progressivamente
aumentato da Ottobre a Dicembre fino ad un valore tale da permettere alla redditività della
suinicoltura nazionale di tornare su livelli comparabili a quelli medi degli altri paesi europei e degli
Stati Uniti (CREFIS, 2011).
Le quotazioni dei suini da macello pesanti e leggeri sono cresciute in ottobre e novembre per
subire un calo a dicembre rispettivamente del 4,2% e 5,2% alla CUN rispetto al mese precedente. I
suini da allevamento di 30Kg, invece, hanno fatto registrare costanti aumenti nelle quotazioni
raggiungendo i 2,362 euro a Kg a Mantova ed i 2,398 euro a Kg a Modena. In termini
congiunturali, nel IV trimestre si registra un aumento delle quotazioni del 23,5% sul suino da
macello pesante; dello 0,85% sul suino da macello leggero e del 21,3% sui suini da allevamento di
30 Kg, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Rispetto alle cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici, le quotazioni nel IV
trimestre sono rimaste inizialmente sui livelli di fine II trimestre. A novembre la CUN quotava
leggermente in rialzo, ma l’anno s’è chiuso all’insegna della flessione: a dicembre, infatti, le cosce
3
Crefis, Rapporto trimestrale sulle filiere suinicole.
13
Report di filiera - Suini - 2012
della categoria più pesante sono scese del 3,6% (4,016 euro/kg), mentre e quelle della categoria
inferiore sono scese del 2,4% (3,82 €/Kg) rispetto a novembre. In ogni caso anche il mercato delle
carni fresche, se confrontato con il 2010, segnala un apprezzamento piuttosto importante, intorno
al 10-12% per le cosce pesanti e al 21-23% per quanto riguarda quelle leggere.
In Piemonte, il comparto è stato caratterizzato negli anni recenti da un processo di crescita
quantitativa e di rilevante concentrazione strutturale. Il Piemonte è la terza regione suinicola
italiana (11% della produzione nazionale), dopo Lombardia ed Emilia Romagna. La produzione
regionale è sostanzialmente indirizzata all'allevamento di suini pesanti macellati oltre gli otto
mesi, utilizzando razze selezionate per l’attitudine a ottenere cosce e spalle ben sviluppate e carne
tendenzialmente magra, caratteristiche necessarie per produrre insaccati di elevata qualità
(prosciutti DOP). Gli allevamenti interessati sono sottoposti a un Disciplinare, specie per gli aspetti
di alimentazione del bestiame; inoltre, esiste un sistema di tracciabilità delle cosce, anche sul
prodotto finito. La maggioranza dei capi allevati in regione è destinata alla trasformazione in
insaccati, mentre il mercato delle carni fresche viene alimentato soprattutto attraverso le
importazioni. E’ importante sottolineare che la trasformazione in prosciutti DOP delle carni suine
piemontesi avviene in altre regioni, dove si concentra di conseguenza il valore aggiunto.
Tabella 11 Consistenza capi suini in Piemonte
31/12/2010 31/12/2011
Numero allevamenti suini attivi
Δ%
2.811
2.818
0,25
906
1.122
23,84
Numero lattonzoli
203.004
180.890
-10,89
Numero magroncelli
153.896
198.695
29,11
Numero magroni
268.430
287.657
7,16
Numero grassi
358.597
350.220
-2,34
Scrofe
63.855
64.571
1,12
Scrofette
10.222
7.767
-24,02
Verri
945
909
-3,81
Cinghiali
761
680
-10,64
Di cui allevamenti familiari
Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale
I dati del VI censimento dell’agricoltura confermano tendenzialmente quelli forniti dall’Anagrafe
zootecnica nazionale evidenziando una sostanziale stabilità del numero dei capi (tab.11) anche se
sono da segnalare forti riduzioni nel numero di scrofette (-24,02%) che si riflette anche sulla
presenza dei lattonzoli che diminuiscono del 10,89% la loro presenza nelle stalle piemontesi.
Il settore tende sempre più a polarizzarsi: da un lato continua la concentrazione degli allevamenti
professionali, dall’altro si verifica un sensibile incremento degli allevamenti familiari (+23,8) che
rappresentano circa il 40% di tutti gli allevamenti piemontesi, comunque in linea con il dato
14
Report di filiera - Suini - 2012
nazionale. Tra le varie tipologie d’allevamento sono in calo sia quelli da ingrasso professionali, sia
quelli da riproduzione, e si sta assistendo alla lenta e progressiva scomparsa dal territorio
regionale degli allevamenti che vendono i riproduttori. La riduzione delle scrofaie in Piemonte è
parzialmente compensato da un miglioramento della loro efficienza. Gli allevamenti che avevano
un tasso più basso di produttività sono anche quelli che hanno chiuso prima per problemi di
rimuneratività. Oggi mediamente una scrofa produce 24 suinetti all’anno, risultato buono ma
ancora inferiore alla produzione di alcuni paesi del Nord (in particolare la Danimarca).
Tabella 12 Allevamenti suini aperti in Piemonte per tipo di allevamento
Δ%
31/12/2010
31/12/2011
2.803
2.813
0,36
906
1.122
23,84
1.533
1.345
-12,26
ALLEVAMENTI APERTI DA RIPRODUZIONE
361
343
-4,99
di cui a ciclo aperto
198
186
-6,06
10
8
-20,00
-9,82
TOTALE ALLEVAMENTI SUINI APERTI
ALLEVAMENTI APERTI FAMILIARI
ALLEVAMENTI APERTI DA INGRASSO
<> di cui con vendita riproduttori
di cui a ciclo chiuso
163
147
di cui senza indicazione della modalità di allevamento
0
10
ALLEVAMENTI APERTI SENZA INDICAZIONE DELL'ORIENTAMENTO
PRODUTTIVO
3
3
0,00
Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale
La fase della macellazione è molto concentrata. Tuttavia la capacità di macellazione del Piemonte è
oggi ampiamente insufficiente, anche a causa della chiusura di alcune grandi strutture avvenuta
alcuni anni fa.
La fase di trasformazione locale è invece frammentata; questa parte della filiera è caratterizzata
principalmente da laboratori artigianali o PMI orientate al mercato locale. Il progetto relativo al
lancio del prosciutto crudo di Cuneo DOP continua a non trovare riscontri positivi da parte del
mercato e di conseguenza i trasformatori hanno perso quasi completamente interesse per tale
prodotto. Sono comunque presenti in regione alcune imprese industriali produttrici di insaccati
quali Raspini Spa, Rugger Spa, operanti anche sul mercato extraregionale e in possesso di marchi
noti ed affermati, ma spesso il fabbisogno aziendale è soddisfatto dall’importazione della materia
prima dall’estero, in quanto gli allevamenti piemontesi sono troppo legati al circuito delle DOP, la
cui fase industriale si colloca fuori regione (tab. 13).
15
Report di filiera - Suini - 2012
Tabella 13 - I principali gruppi industriali nazionali e regionali della filiera della
carne (2007-2008)
Rank
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
19
22
45
93
113
Aziende
Fatturato
Dipendenti
(mln Euro)
(n.)
2007
2006
2007
2006
MO
RM
LC
MI
MI
BO
MN
RA
PR
SO
429
351
340
211
203
181
155
137
118
406
358
290
227
205
175
181
156
117
118
1124
928
819
480
565
598
132
287
280
1084
1.167
726
765
493
541
563
449
267
303
382
378
416
440
359
302
1.171
478
423
374
307
400
297
416
323
321
348
440
388
TO
TO
TO
TO
CN
66
65
34
14
11
69
59
32
14
12
111
223
81
40
20
109
213
81
39
16
593
292
425
348
544
637
277
392
350
733
Provincia
Grandi Salumifici Italiani
Cesare Fiorucci
Salumificio Fratelli Beretta spa
Rovagnati spa
Giuseppe Citterio Salumificio spa
Ferrarini
Levoni spa
Ma.Ge.Ma scarl pa
Parmacotto spa
Rigamonti Salumificio
Principali gruppi piemontesi
Aimaretti Industria Salumi Spa
Raspini Spa
Rugger spa
Salumificio Borgo Dora S spa
Salumificio Benese srl
Fatturato/
dipendenti
(migliaia
Euro)
2007 2006
Fonte: Elaborazione I.Rur su dati AIDA, 2010
Per quanto riguarda, infine, la rete distributiva, la forma tradizionale (il negozio) è stata in parte
consistente sostituita dalla grande distribuzione, che in Piemonte è stata caratterizzata da una
marcata connotazione di tipo “francese”. Oltre alla GDO, si stanno sviluppando circuiti commerciali
e distributivi che puntano a promuovere prodotti territoriali e di qualità: Eataly, punto vendita di
prodotti enogastronomici di qualità localizzato a Torino, è sicuramente il caso più conosciuto, a
cui si stanno cominciando ad affiancare altre esperienze quali ad esempio l’iniziativa dell’APS
Piemonte (l’Associazione Produttori Suini del Piemonte) di commercializzare direttamente presso
la propria sede di Fossano il paniere dei salumi del Piemonte. Le organizzazioni di categoria,
inoltre, stanno esplorando il canale dei gruppi d’acquisto, soluzione che abbatterebbe i costi di
trasporto e quindi permetterebbe di vendere un prodotto di qualità a prezzi concorrenziali.
Relativamente agli aspetti organizzativi, il comparto si distingue per un elevato livello di
integrazione verticale, anche attraverso lo strumento contrattuale della soccida. Alcune stime
indicano la misura di questo fenomeno nell’ordine del 40-50% della produzione regionale. Tale
aspetto può essere messo in relazione con gli elevati investimenti necessari ad avviare e sostenere
un allevamento, da un lato, e con la crescente tendenza degli allevatori a operare come soggetto
passivo della filiera, vista la difficoltà che sta attraversando il settore negli ultimi anni.
In termini di organizzazione orizzontale in regione operano, nella fase primaria, alcuni soggetti
collettivi come l’Associazione Produttori Suini del Piemonte (APS Piemonte) che, oltre a agire per la
valorizzazione
delle
produzioni
locali,
spesso
16
si
occupano
anche
dei
problemi
di
Report di filiera - Suini - 2012
commercializzazione e tracciabilità dei prodotti, mentre è scarsamente rappresentata la
cooperazione. Si possono ricordare, inoltre, l’ARAP (Associazione Regionale Allevatori del
Piemonte), le A.P.A. (Associazioni Provinciali Allevatori del Piemonte), l'A.I.A. (Associazione Italiana
Allevatori) e infine il CON.SA.TI, Consorzio per la tutela e la valorizzazione della Salumeria Tipica
Cuneese che ha la
finalità di tutelare e valorizzare la produzione, la trasformazione e il
commercio dei prodotti suinicoli e della salumeria tipica Cuneese.
Di seguito viene schematizzato il diagramma di flusso della filiera suinicola:
altro
(scarti)
15%
alleva
100%
Tagliocarne
fresca
15%
cosci
70%
Piem
onte
8%
Salum
ifici
locali
15%
Fuori
regione
62%
C
onsorzio
14,5%
G
D
O
14,5%
Fonte: I.rur
17
altro
0,5%
Report di filiera - Suini - 2012
2 Politiche e aspetti normativi
Gli ultimi anni sono stati decisamente difficili per la suinicoltura italiana ed i particolare per le fasi
a monte della filiera, in ogni caso molti sono stati gli sforzi per riorganizzare il comparto e
l’impressione è che si stia andando in una direzione positiva. Il 2011 è stato un anno di grandi
cambiamenti per la suinicoltura italiana; i due principali eventi sono stati l’Istituzione delle
Commissioni Uniche Nazionali Tagli e Grassi e Strutto ed il completamento del quadro normativo
sulla classificazione delle carcasse.
Il 5 dicembre 2007 è stato firmato il Protocollo d'intesa della filiera suinicola. A seguito di ciò, l’11
giugno 2008 è stato firmato il Piano impegni esecutivi per il settore suinicolo all’interno del quale
è stata prevista l'istituzione di un mercato unico nazionale con lo scopo di monitorare, tutelare e
rendere trasparente il mercato dei suinetti, dei suini da macello e dei tagli di carne suina fresca.
Tutto ciò ha comportato la creazione della Commissione Unica Nazionale (CUN) dei suini da
macello che si è insediata il 10 dicembre 2008. La Commissione opera una vera e propria
determinazione dei prezzi dei suini per la settimana successiva direttamente in seno alla borsa
merci di Mantova, costituendo di fatto l’unico mercato di riferimento per la determinazione futura
dei prezzi dei suini da macello gestito direttamente dagli operatori interessati. La CUN dopo un
avvio turbolento, ha retto bene e sta quotando con continuità. La quotazione CUN è ormai presa a
riferimento da quasi tutti gli attori della filiera. Industria e macelli hanno preso esempio dal buon
funzionamento della CUN per i suini da macello e il 15 aprile 2011 sono state insediate, agli stessi
fini, la CUN dei tagli di carne suina fresca e la CUN di grassi e strutto. In seguito sarà insediata
anche la Commissione Unica Nazionale dei suinetti4.
La base normativa sul sistema di classificazione obbligatoria delle carcasse suine e la
comunicazione dei prezzi è stata completata quest’anno attraverso la circolare del MiPAAF n° 832
a proposito delle linee guida per la rilevazione dei prezzi di mercato delle carcasse di suino e con
le disposizioni, sempre del Ministero, alle strutture di macellazione in merito alla trasmissione del
prezzo tramite il portale www.impresa.gov Tali elementi, uniti al Decreto MiPAAF dell’8 maggio
2009 sulle norme concernenti la classificazione delle carcasse bovine e suine, vanno a completare
il quadro normativo nel rispetto del regolamento comunitario N°1249/2008 recante modalità di
applicazione delle tabelle comunitarie di classificazione delle carcasse.
La tabella di classificazione identifica le carcasse con le lettere delle categorie di peso (L e H) e di
carnosità (E,U,R,O,P):
4
http://www.cunsuini.it
18
Report di filiera - Suini - 2012

I disciplinari delle Denominazioni Prosciutti Parma, San Daniele, Toscano, Carpegna,
Veneto Euganeo, Sauris, Modena Jambon de Bosses prevedono che le cosce debbano
derivare da carcasse classificate pesanti (H) e nelle carnosità centrali (U,R,O).

I disciplinari delle Denominazioni Salamino italiano alla cacciatora, Salame Brianza, Salame
Cremona, Lard d’Arnard e Culatello di Zibello prevedono che le carni derivino da carcasse
classificate pesanti (H).
Dal 01.07.2011 le carcasse non classificate e prive dei timbri H – U, R, O così come quelle
classificate L e H – E,P saranno escluse dal primo gruppo di produzioni tutelate, mentre le carcasse
non classificate, ovvero classificate e timbrate L, saranno escluse dalla seconda categoria di
prodotti tutelati. Secondo alcune stime di Coldiretti sembrerebbe che in media il 7-8% delle
carcasse pesanti (H) non abbia i requisiti di carnosità e che l’1-2% di suini certificati per le DOP
abbia carcasse inferiori ai 110 Kg, quindi leggere (classificate L). La non ammissibilità delle
carcasse non conformi avrà un sicuro impatto dal lato dell’offerta e forse sul mercato, ma avrà
anche un effetto positivo sul lato della qualità delle produzioni DOP nazionali. Secondo quanto
riportato da Davide Barchi, responsabile del servizio produzioni animali della Regione EmiliaRomagna, in occasione del Meat Day 2011, sul territorio nazionale su 55 macelli che operano la
classificazione, 45 alimentano il portale, mentre i restanti 10 sono in fase di collegamento e di
messa a regime della trasmissione dei dati.
Il 3 agosto 2011 è entrato in vigore il Decreto legislativo n.122 del 7 luglio 2011 in attuazione
della Direttiva 2008/120 della Commissione europea, che stabilisce le norme minime per la
protezione dei suini. Le novità introdotte, che si iscrivono all’interno della Strategia comunitaria
per il benessere e la salute degli animali 2011-2015 promossa dalla Commissione europea,
riguardano diversi aspetti inerenti all’allevamento in gruppo durante la gestazione e alle superfici
libere totali a disposizione di scrofe e scrofette dopo la fecondazione; all’accesso a materiale
manipolabile per scrofe e scrofette; alle caratteristiche della pavimentazione per ciascuna
categoria di suino e ai recinti individuali destinati agli animali che per motivi veterinari o di
aggressività non possono stazionare temporaneamente insieme ad altri suini.
Le aziende adibite all’allevamento suino dopo il 2003 sono immediatamente tenute a osservare i
requisiti citati nel decreto, per quanto riguarda le altre, quelle precedenti al 2003, il termine di
applicazione slitta al 1° gennaio 2013.
Lo scorso 20 settembre è stato pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, il
Regolamento di esecuzione relativo ai requisiti di rintracciabilità fissati dal regolamento (CE) n.
178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per gli alimenti di origine animale, che si
applicherà a partire dal 1° luglio 2012. Il Regolamento introduce requisiti supplementari per i soli
prodotti di origine animale, siano essi non trasformati (es. carni) o trasformati (es. prodotti a base
di carne). Sono esclusi dal campo di applicazione i cosiddetti prodotti composti, cioè gli alimenti
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Report di filiera - Suini - 2012
che contengono sia prodotti di origine animale trasformati che prodotti di origine vegetale.
All’Articolo 3 si introduce l’obbligo per gli operatori alimentari di comunicare all’operatore del
settore alimentare al quale gli alimenti vengono forniti e dell’autorità competente le seguenti
informazioni:




descrizione dettagliata degli alimenti
il volume o la quantità degli alimenti
il nome o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare che ha spedito gli alimenti
il nome e l’indirizzo del destinatario (proprietario) se diverso dall’operatore del settore
alimentare che ha spedito gli alimenti


il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare al quale gli alimenti sono stati spediti
il nome e l’indirizzo del destinatario (proprietario) se diverso dall’operatore del settore
alimentare al quale gli alimenti sono stati spediti


un riferimento di identificazione del lotto o della partita, se necessario
la data di spedizione
Questo provvedimento s’inserisce sul più ampio discorso sulla qualità, termine poliedrico che se
da un lato abbraccia, tra le altre cose, la necessità di tutelare e informare il consumatore sulla
salubrità dei prodotti, dall’altro è intimamente connesso alla difesa delle produzioni d’eccellenza
di cui l’Italia è protagonista. A ottobre 2011, infine, il Comitato Nitrati della CE aveva il compito di
pronunciarsi sulla richiesta dell’Italia di ottenere una deroga al limite imposto di 170 kg di azoto
per ettaro annuo in tutte le aree dichiarate vulnerabili. Le istanze italiane sono state accolte e sulla
Gazzetta ufficiale europea n. 281 del 4 novembre 2011 è stata pubblicata la Decisione di
esecuzione della Commissione del 3 novembre 2011 che concede una deroga richiesta dall’Italia
con riguardo alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto a norma della direttiva
91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole. Sono specificate alcune colture ad alto fabbisogno di azoto
sulle quali le aziende potranno spandere un massimo di 250 kg/ha annuo. Si tratta di mais a ciclo
lungo, mais seguito da erbaio invernale, cereali vernini seguiti da erbaio estivo e prati permanenti
o temporanei con un massimo del 50% di leguminose. Le aziende hanno avuto tempo fino al 15
febbraio 2012 per aderire alla deroga. La questione dei nitrati e, in generale, lo smaltimento dei
reflui rimangono un problema gravoso e molti allevatori per riuscire a smaltirli li conferiscono ai
digestori delle centrali a biogas che si stanno moltiplicando sul territorio. Conferire i reflui nei
digestori, infatti, permette uno smaltimento che non abbatte la quantità di azoto ma ne diluisce di
molto i tempi. Mentre un allevamento dovrebbe disfarsi settimanalmente di grossi quantitativi di
letame, grazie ai digestori questo tempo diventa di circa 6 mesi eliminando il problema dello
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Report di filiera - Suini - 2012
stoccaggio, con in più una separazione tra sostanza liquida e solida che ne permette un riutilizzo
più efficiente nel periodo successivo.
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Report di filiera - Suini - 2012
3. Scenario
L’allevamento suino, dopo avere attraversato nel corso degli ultimi anni una fase di notevole
crescita, nel biennio 2007/2008 è entrato in una profonda e prolungata fase di crisi. Attualmente,
sebbene ci siano timidi segnali di ripresa grazie alla momentanea flessione dei costi di produzione
ed all’apprezzamento delle carcasse, dei tagli e dei trasformati, il settore è posizionato in una
situazione di equilibrio precario e nuovi rialzi dei prezzi di soia e mais farebbero ricadere il settore
nella stessa situazione di crisi, sfiduciando gli operatori.
La suinicoltura piemontese,inoltre, si configura spesso come una sorta di “subfornitura” per
attività di trasformazione ad elevato valore aggiunto collocate in altre regioni e da parte di
soggetti che risultano pertanto controllare, di fatto, la produzione regionale. La crisi del settore ha
amplificato questo carattere di filiera eterodiretta, conducendo gli allevamenti più piccoli alla
chiusura o alla scelta di continuare l’attività con l’ausilio della soccida. Questo particolare
strumento contrattuale è già largamente diffuso in regione, ma si osservano segnali di una
maggiore espansione, soprattutto da parte di grandi gruppi imprenditoriali. In sostanza, la filiera
suina sta assumendo un’organizzazione sempre più simile a quella avicola, molto integrata
verticalmente, nella quale gli allevatori hanno a disposizione ridotti margini strategici e di valore
aggiunto, nonostante la qualità intrinseca delle produzioni locali.
Il legame stretto nei confronti di un solo prodotto (i prosciutti DOP) può essere un punto di forza
dal momento che può offrire la giusta remunerazione agli allevatori, ma può rappresentare anche
un elemento di criticità per la filiera. Come strategia d’uscita da questa situazione si potrebbe
profilare l’opportunità di innovare e differenziare le produzioni. Tra le alternative emerse, si
ricorda quella di orientare le attività di allevamento verso un suino di medio peso, per sostituire
parzialmente il tipico suino pesante particolarmente colpito dalla crisi. Le carni del suino mediopesante potrebbero essere destinate alla produzione di carne fresca e di salumi di qualità come il
prosciutto cotto e lo speck. Oltre a ciò, la parola d’ordine, su cui soprattutto gli operatori del
settore insistono, è quella di fare sistema fra le diverse fasi della filiera (allevamento,
macellazione, trasformazione e commercializzazione) così da pianificare la produzione e puntare
su prodotti di qualità che vengano trasformati anche in regione e facciano rimanere sul territorio il
valore aggiunto realizzato. Per sostenere ciò è necessario nei prossimi anni sviluppare piani di
comunicazione che facciano conoscere i prodotti piemontesi, legando la loro qualità al territorio di
provenienza e, sfruttando la “buona reputazione” di cui godono i prodotti della salumeria italiana,
tentare di guadagnare quote di mercato sull’export.
Di seguito si propone una matrice SWOT del comparto.
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Minacce
Opportunità

Punti di forza
Punti di
debolezza
Crescita generale
dei consumi di
carni suine e
trasformati;

Crescita della

pressione
sviluppo dei
estera, soprattutto
di servizio;
allevatori di

investire nei
adeguamenti;



Crisi economica e

Attuazione della
Innovazione nel
prodotto locale
Fare sistema degli

allevatori e
polo trasformativo
Benessere Animale

Diversificazione
nella produzione

ambientale e
Forte
legate al benessere
concentrazione
degli animali;
Integrazione

Modesta
valorizzazione della
verticale della
materia prima
filiera (efficienza);
locale (il valore
aggiunto si crea
Alcune forme di
soprattutto fuori
integrazione
regione attraverso
orizzontale molto
la trasformazione
efficienti.
in prosciutti DOP);
Know how sia da
parte della fase di

Insufficiente
capacità di
allevamento, sia di
macellazione
quella di
locale.
trasformazione
locale.
nel 2013 per gli
suinicoli

costituzione di un
normativa del
allevamenti
internazionale della
(suino medio);
conseguente crisi
dei consumi.
Ottima reputazione
salumeria italiana
necessari

Elevato impatto
problematiche
strutturale;
elevato contenuto
Vincoli ambientali e
difficoltà degli

prodotti con
sui trasformati;

segmentazione
dell’offerta e
concorrenziale

Maggiore
Ottimo patrimonio
genetico

Possibile
incremento dei
costi di
alimentazione
così da alimentare
legati ai prezzi dei
sia il circuito DOP
cereali.
che quello della
produzione del
prosciutto cotto,
anch’esso presente
in Regione
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Report di filiera - Suini - 2012
Fonti consultate
Rassegna stampa
 Per il presente rapporto sono state consultate le seguenti testate:
 AGRISOLE
 IL SOLE24ORE – NORDOVEST
 LARGOCONSUMO
 L’INFORMATORE AGRARIO
 TERRA E VITA
Siti
ANAS (Associazione nazionale allevatori suini) -
http://www.anas.it
APS Piemonte (Organizzazione produttori suini Piemonte) ASSICA (Associazione industriali delle carni e dei salumi) -
http://www.apspiemonte.com
http://www.assica.it
BPEX - http://www.bpex.org.uk/
CIA (Confederazione italiana agricoltori) - http://www.cia.it/
COLDIRETTI - http://www.coldiretti.it/
COLDIRETTI Piemonte - http://www.piemonte.coldiretti.it/
COMMISSIONE EUROPEA (AGRICOLTURA) - http://ec.europa.eu/agriculture/index_en.htm
CONFAGRICOLTURA - http://www.confagricoltura.it
CONFAGRICOLTURA PIEMONTE - http://www.confagricolturapiemonte.it/
CREFIS -
http://www.crefis.it
CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) – www.crpa.it
EUROPARLAMENTO24 - http://www.europarlamento24.eu
EUROSTAT - http://epp.eurostat.ec.europa.eu
FAO (Food and Agriculture Organization), servizio statistico - faostat.fao.org
INDEX MUNDI – www.indexmundi.com
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Report di filiera - Suini - 2012
INTERNATIONAL GRAIN COUNCIL - http://www.igc.int
IPQ – INEQ (Istituto Parma Qualità – Istituto Nord Est Qualità) -
http://www.ipq-ineq.it
ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) – www.ismea.it
ISN (Interessengemainschaft der Schweinehalter Deutschland e V) -
http://www.schweine.net
ISTAT – www.istat.it
REGIONE PIEMONTE (Direzione Agricoltura) www.regione.piemonte.it/agri
SISTEMA PIEMONTE – www.sistemapiemonte.it
USDA (United States Department of Agriculture) - http://www.usda.gov
USDA, Foreign Agricultural Service - http://www.fas.usda.gov
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