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34 | SPECIALI | SABATO 19 MARZO 2016 Demna Gvasalia: lo stile del futuro, nel rispetto del passato A Parigi si respira un’aria frizzante: la settimana della moda è stata, come sempre, fitta di eventi e di novità. I rumors, però, sono stati tutti per Demna Gvasalia, il nuovo direttore creativo della Maison Balenciaga. Trentaquattro anni, Gvasalia appartiene a un’innovativa corrente di giovani stilisti che vengono da lontano (lui è nato in Georgia) e che interpretano la moda con un’inedita sensibilità artistica e sociale: è sicuramente la sua capacità di esprimere se stesso e le sue convinzioni attraverso gli abiti ad averlo portato a collaborare con i più grandi, da Louis Vuitton a Martin Margiela e Walter Von Beirendonck. È stata però la creazione dell’unconventional brand Vetements, fondato da Demna insieme al fratello, Guram e ad altri professionisti, a segnare un cambio di passo nella sua carriera e a proiettarlo verso l’olimpo della moda. Le collezioni Vetements hanno consacrato l’arte del mixare capi lunghi e corti, stretti e over, classici e underground, trasformandola in moda: tra il 2012 e il 2014, gli anni in cui ha diretto il marchio, Gvasalia ha mescolato pezzi urbani con altri dalle suggestioni anni Novanta, capi tipici dello sportswear con altri provenienti invece dalla più alta tradizione sartoriale. Prima di raccontarvi la sua prima sfilata firmata Balenciaga, voglio dedicare qualche riga alla storia di questa casa di moda, nota nel mondo per gli abiti dalle forme mor- bide ed eleganti, perfetti nel taglio e nella vestibilità. Una simile fama è dovuta al talento del fondatore, Cristobal Balenciaga, maestro di precisione, oltre che uomo dalla incredibile creatività. Originario di San Sebastian, Balenciaga aprì tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso diverse boutique nelle principali città della Spagna. Costretto alla fuga a causa della guerra civile, nel 1937 si trasferì a Parigi: lì aprì un atelier che inaugurò lo stesso anno con la prima di una serie di collezioni dedicate al Risorgimento spagnolo. Balenciaga ha saputo trasformare il dolore causato dall’esilio in energia creativa: pur rimanendo saldamente attaccato alle sue radici (evidenti, per esempio, nell’uso del pizzo e dei colori rosso e nero), ha innovato come nessuno. Sono sue le camicie senza colletto e le scollature piatte mai troppo profonde; suoi i vestiti a tunica, a sacco e a palloncino; suo - soprattutto - il tessuto gazar in rafia di seta, che fece realizzare appositamente per riuscire a dare corpo ad abiti dalle forme quasi scultoree senza ricorrere a stecche o corsetti. Tutte queste creazioni sono state funzionali a trasmettere non solo un’idea di bellezza, ma un’idea di femminilità: Balenciaga ha inventato una donna libera da ogni costrizione o forzatura, sensuale senza bisogno di orpelli, ma con una naturalezza che, prima, semplicemente non esisteva. In estrema sintesi, potrei dire che la sua protago- nista femminile indossa gli abiti, non si fa indossare da essi. Raccogliere una simile eredità non era una sfida semplice, ma Gvasalia è riuscito nell’impresa. La sua sfilata è stata dirompente in ogni aspetto, a cominciare dalla location, una sala di registrazione nel XV arrondissement, lontano dal centro pulsante della capitale. In passerella ha voluto modelle non solo professioniste, ma anche scelte sui principali social network (Instagram e Facebook), come a dirci che la distinzione tra donna e modella è oggi priva di significato: ciascuna di noi deve essere, piuttosto, protagonista delle proprie scelte, senza soccombere alle regole della moda, a volte troppo rigide. Gli abiti, di conseguenza, altro non sono che il bellissimo strumento grazie al quale ogni donna può parlare di sé, della propria storia, della propria femminilità. La colonna sonora è stata affidata alla dj e producer francese Clara 3000, una degli artisti più à la page della scena dance attuale, che ha fatto la sua comparsa in un abito scozzese austero e accollatissimo, dall’allure quasi monacale. Il sound di Clara – un ritmo dagli accenti primitivi, animato da suoni bassi e profondi – si è letteralmente «impossessato» della sala, facendo vibrare con non solo le casse, ma anche i cuori di ognuno di noi spettatori. Il messaggio era chiaro: a breve, su quella passerella sarebbe accaduto qualcosa di rivoluzionario, che avrebbe risuona- to con le corde più intime di ciascuno di noi. Poi, Gvasalia ci ha conquistato. Ha mixato tailleur scolpiti ma morbidi sui fianchi (un classico della maison) con giacche a vento e bomber dai colori accesi o con cappotti over, calati sulle spalle come venivano portati nel periodo couture. Ha ripreso le scollature piatte, profonde ma chiuse, tipiche di Balenciaga, e le ha accostate a spalle ben pronunciate e maniche ampie e lunghe, che coprono quasi tutta la mano. I suoi abiti, lunghi fin sotto il ginocchio, sono prima di tutto fluenti: segnano il punto vita, ma appena sotto il tessuto scivola via, sottolineando senza evidenziare. Lo stesso stile lo ritroviamo nelle tute: intere, in felpa, abbinate a stivaletti sgargianti, sono appena arricciate in vita grazie a un cordino, ma per il resto accarezzano delicatamente il corpo. Il colore con il quale ci incanta è il rosso, in una tonalità raffinatissima che caratterizza un abito portato con stivali neri, alti ma dal tacco basso. Le tuniche hanno, guarda caso, colletti piccoli, allacciati fino all’ultimo bottone, ma le maniche sono sempre lunghe, come a mostrare che si può innovare rispettando la tradizione, mixando uno stile attuale e contemporaneo con i codici tipici della creatività di un genio della moda – come era Balenciaga. Le sue scelte mi hanno lasciata senza parole, tanto mi ci rispecchio come donna e come professionista. La donna di Gvasalia è una donna che esprime la sua femminilità non attraverso eccessi e orpelli, ma rovesciando dall’interno uno stile tipicamente maschile. Le sue proposte si rivolgono a una donna austera, quasi timida ma coraggiosa, libera, dinamica e piena di personalità, che preferisce la consapevolezza di sé all’ostentazione. Con i suoi abiti scultura e i tagli arditi ma minimali, Gvasalia ha interpretato e tradotto in forme l’io più nascosto di ogni donna, quel “giardino segreto” di cui parla Bruce Springsteen in una sua canzone: in ogni donna c’è un posto segreto, sostiene l’artista, cui si può accedere solo se si è disposti ad andare oltre le apparenze, e con il massimo rispetto. Ecco: guardando i capi della nuova collezione Balenciaga ho avuto la sensazione che lo stilista sia riuscito a colpire nel segno, cogliendo l’essenza della femminilità più pura – che è un’essenza semplice e gentile, benché determinata, e lontana da ogni forma di volgarità. Come avrete capi- to, mi sono innamorata di questi pezzi: benché io non abbia Balenciaga in boutique, i pezzi della maison sono sempre stati di ispirazione, per me, e lo saranno a maggior ragione ora, che a guidarla è arrivato un così talentuoso maestro. Non posso, tra l’altro, non apprezzare la sapienza e l’eleganza con cui Gvasalia si è accostato al marchio: lo ha reinterpretato, senza stravolgerlo e senza scavalcare uno stile magari un po’ ingombrante ma molto prezioso. Ponendosi in continuità, ha permesso alle creazioni del passato di rinascere a nuova vita, imprimendo al contempo la sua indelebile cifra su ogni singolo dettaglio. Era una sfida difficile, ma credo proprio di poter affermare che questo giovane venuto da lontano, “figlio spirituale” di Martin Margiela, è riuscito a superarla alla grande, proiettando nel futuro non solo se stesso, ma anche la tradizione immortale di un marchio storico. G. F.