XXXII T.O. Lc 2027-38 La donna dai sette mariti

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XXXII T.O. Lc 2027-38 La donna dai sette mariti
Vicenza 6 novembre 2013
XXXII DOMENICA T.O. –
ANNO
C
2Mac 7, 1-2.9-14; sal 16; 2 Ts 2,16-3,5; Lc 20,27.34-38
La donna dai sette mariti
[ In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è
risurrezione ] – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se
muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la
moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il
primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo
e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La
donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta
in
moglie».
Gesù rispose loro: [ «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma
quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non
prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli
angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano,
lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di
Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché
tutti vivono per lui». ]
La risurrezione dai morti. Il brano ci presenta i sadducei in contrapposizione
a Gesù sul tema della risurrezione dai morti. A partire dalla legge del levirato creano
ad arte un caso grottesco di sette fratelli che muoiono senza figli sposando la
medesima donna: nella risurrezione di quali di essi sarà moglie? Ci sono molti
cristiani come sadducei: l'eternità appare loro poco attraente, forse perché
percepita più come durata che come intensità; come prolungamento del presente,
mentre in primo luogo è il modo di esistere di Dio. Ma crediamo ancora nella
risurrezione dai morti? Se non è così, vana è la nostra fede…
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Il regno: questione di moglie o di marito? Nella sua risposta Gesù utilizza
un metodo originale: fa una lettura globale della Scrittura, non va alla ricerca di testi
che parlano della risurrezione, prestandosi in tal modo alle contestazioni dei sadducei
e riducendo la risurrezione ad una disputa esegetica. Egli cita Es 3,6, un testo su Dio:
egli si rifà al centro delle Scritture, alla rivelazione del Dio vivente e riconduce il
dibattito sulla risurrezione all’amore di Dio e alla sua fedeltà. Ma la risposta di Gesù
polemizza anche con quanti pensavano la risurrezione in termini materiali.
Spesso anche noi cadiamo nella trappola dei sadducei, vogliamo discutere sul modo
della risurrezione e pensiamo la vita in termini di avere: “…tutti e sette l’hanno avuta
in moglie”. La risposta di Gesù ci stimola ad andare più in profondità. La vita dei morti
sfugge agli schemi del mondo presente: è una vita diversa perché divina. Egli afferma
che la sessualità è transitoria in quanto appartiene alla condizione terrestre di esseri
umani ed è figura di una realtà che la trascende: la fedeltà, l’alleanza nuziale di Dio
con il suo popolo. Possiamo noi pensare la dimensione dell’oltre con le nostre
categorie umane? Di certo le realtà della fede hanno bisogno di ragionevolezza. E
allora ci chiediamo: ma in paradiso ritroverò i miei cari, le persone che ho amato? Le
parole di Gesù possono sembrare dure: “I figli di questo mondo prendono moglie e
prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della
risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più
morire, perché sono uguali agli angeli…” . Sembra che Gesù ci preannunci un mondo
futuro come una realtà indistinta, dove le relazioni e gli affetti di questa vita saranno
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cancellate. Non è certo così: altrimenti la storie e la nostra esperienza del volersi bene
perderebbe consistenza. Ritroveremo le persone care, ma, in Dio, le relazioni fra noi
avranno una forma nuova: “la donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?” .
Non sarà di nessuno. Perché nessuno sarà più possesso di nessuno. Non si
tratterà più di possesso, ma ci accoglieremo in libertà, dono del Dio vivo amante della
vita. Il vero problema non è dunque quello di porsi domande sul come della
risurrezione e della vita futura del regno, ma è bene chiedersi: per chi e per che cosa
vivo qui e ora? Sì, perché la vita e l’amore non sono discussioni accademiche, ma
sono un “vivere per”, che ci apre alla dimensione nuova dell’oltre e del Regno.
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Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. L’alleanza che Dio stringe con
l’uomo è eterna e non può trovare ostacolo nella morte. Dio ci ama di un amore più
forte della morte e l’uomo che vive per lui, vive eternamente, è risuscitato dalla
potenza di Dio. In questo mese dedicato alla memoria dei morti, chiediamoci dunque:
come vivo la morte? Sapendo che la risurrezione è una realtà che rischiamo di non
riconoscere se non la sperimentiamo con la fierezza (2 Mac 7,12) di chi sa accettare la
morte, di chi sa chiedersi “per chi viviamo”, consapevole che la risurrezione è vita per.
Questo è essere come gli angeli di Dio.