SAREMO COME ANGELI I martiri non muoiono invano Una

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SAREMO COME ANGELI I martiri non muoiono invano Una
XXXII DOMENICA T.O. anno C
(2Mac 7,1-2.9-14; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38)
SAREMO COME ANGELI
Che avverrà di noi quando moriremo? Interrogarsi sui morti significa cercare di capire il nostro destino ultimo. Le
letture bibliche invitano a una seria meditazione dell’articolo di fede: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del
mondo che verrà». Siamo veramente in attesa della venuta di Gesù? Come ci cambia l’attesa a casa nostra di un
personaggio importante? L’attesa della venuta di Gesù riesce davvero ad avere tanta presa sulla nostra esistenza?
Quale incidenza ha il nostro futuro sulle decisioni e sulla condotta del presente?
I martiri non muoiono invano
L’Antico Testamento, fino al 2° secolo a.C., era persuaso
che i morti andassero nello sheol, il mondo dei morti,
dove avrebbero vissuto una esistenza umbratile, quasi
inconsistente, tale da non essere veramente “vita”. Fu con
i martiri maccabei che maturò la fede nella risurrezione.
Di fronte al sacrificio dei martiri, morti nella fedeltà al loro
Signore e combattendo per una causa ritenuta giusta, il
popolo d’Israele si andava interrogando così: «Può Dio
abbandonare questi suoi fedeli nel regno dei morti?».
Alla fede giudaica apparve impossibile che Dio non
intervenisse a favore dei martiri. Se Dio è il creatore e
fonte della vita, non può ridare la vita ai martiri? Credere
nella risurrezione dei morti è come dire che essi non sono
morti invano. I sette fratelli muoiono con la certezza che
Dio li “risusciterà a vita nuova ed eterna”. Il Creatore,
Signore della vita, vincerà la morte e risusciterà i giusti
per la vita eterna, ma per chi lo rifiuta la risurrezione non
sarà per la vita. I fratelli maccabei muoiono con la
certezza che, morendo nella giustizia di Dio, non entrano
nel nulla, ma nella vita vera, nella vita autentica.
Una consolazione eterna
Paolo pensa a una venuta finale imminente del Signore,
quando parla di “consolazione eterna e buona speranza?”.
Può essere che in alcuni momenti sia stato preso dal
pensiero della parusia imminente. Tuttavia egli vuole che i
cristiani si occupino del presente: «Che la parola del
Signore si diffonda». Che con la grazia di Dio si viva
“nell’amore di Dio e nella pazienza di Cristo”. Il cristiano
vive pienamente immerso nel presente, ma non come
uno che è senza speranza, bensì vedendo già nel
presente il germe e la tensione che conduce al futuro. Sia
l’impegno presente sia la speranza nel futuro sono legati
alla fedeltà di Dio, già manifestatasi nel passato della
storia della salvezza, in modo particolare nella risurrezione
di Gesù.
Il Dio dei vivi
«Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per
lui». Egli è l’amante della vita, perché ne è la sorgente eterna
che non viene mai meno. La morte non viene da Dio. Tutte le
creature sono fatte per la vita, Dio non ha messo in esse il
veleno della morte. Il fine a cui tutto il creato aspira, lo scopo
datogli da Dio-Vita è di vivere. «La morte è entrata nel
mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza
coloro che ne sono partecipi» (Sap2,24). La morte vera,
totale, definitiva, tocca soltanto gli “empi”, coloro che
rifiutano radicalmente e totalmente Dio. Anzi il peccato
attira a sé bramosamente la morte come suo frutto
desiderato, e chi pecca si assoggetta a tale mortifera
bramosia. Cfr. Sap 1,16.
L’al di là non è la semplice prosecuzione dell’al di qua.
Non è nemmeno soltanto un altro modo, ma un nuovo e
celeste-divino modo di esistenza. Dopo la risurrezione
vivremo perfettamente da figli di Dio, di quel Dio che è la
Vita assoluta, perfettissima. Sarà una vita angelica,
celeste. Vivremo, cioè, come gli angeli. Con Dio e per
Dio nel suo “mondo”.
Preghiamo
Signore Gesù è facile parlare della risurrezione,
specie quando parliamo degli altri
piangenti per la morte di chi si ama.
Le parola non si pagano, neanche quelle di consolazione.
Anche tu, invece di parlare, di fronte alla morte
ti sei interrogato e hai chiesto, gridando: perché?
E in silenzio – di fronte al silenzio di Dio e alla morte
dell’amico – hai pianto.
Quel pianto consacra il pianto dell’uomo,
di ogni uomo e il tuo
«perché?»
sublima i nostri perché senza immediate risposte.
Ma la risposta c’è
la risposta sei tu, morto e risorto.
E per questa certezza benedico il Padre e benedico te
nell’amore dello Spirito che grida in noi:anche tu
risorgerai.
Questa è parola di Dio che non mente,
questa è promessa tua, pagata con la croce.
Questa è verità che sconvolge giusti e peccatori.
Riempici il cuore, o Dio, di questa verità dolce e forte
e anche la morte sarà altro che un dolce sonno
in attesa della domenica senza tramonto.
Amen.