Le 4 donne decisive nella vita di Mussolini e le mille «meteore» Il

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Le 4 donne decisive nella vita di Mussolini e le mille «meteore» Il
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Lunedì 30 settembre 2013
L’INTERVISTA DEL LUNEDÌ
di GINO DATO
Rapporti di polizia, schede di amanti e
amiche, relazioni di confidenti e spie,
sfoghi e dolenti note di signore che
non volevano perdere il «primato»
R
apporti di polizia, schede dettagliate di
amanti e amiche, relazioni di confidenti e
spie, sfoghi e dolenti note di donne che non
volevano perdere il «primato». Carte che
escono dagli Archivi di Stato e da fondi privati per
documentare gli amori di Mussolini. Da sempre favoleggiati, magari romanzati, costituiscono un
aspetto centrale della vita e della personalità del
Duce che andava indagato. Come ha fatto lo storico
Mimmo Franzinelli nel suo ultimo libro, Il Duce e le
donne (Mondadori ed.). Un libro dettagliatissimo
sulle avventure e passioni extraconiugali di Mussolini, ma soprattutto un’analisi alternativa del microcosmo sentimentale dello statista e di una «bulimia» che lo caratterizza e in qualche modo interferisce con la sua vita politica.
Quattro donne centrali nella vita di Mussolini: Angela Balabanoff la rivoluzionaria, Margherita Sarfatti la scrittrice, Clara Petacci l’amante fino alla fine,
Rachele Mussolini la moglie.
«Angelica e Margherita sono fondamentali per la
formazione culturale e politica di Mussolini nella
fase della ricerca di una sua strada verso la politica e
il potere. La Balabanoff, esule russa, gli tiene vere e
proprie lezioni di storia del movimento socialista.
Più grande di lui, lo prende a benvolere e intuisce le
sue potenzialità. Lo assiste nella direzione del quotidiano socialista “Avanti!” e si distacca da lui nel
1914, quando Benito abbandona il pacifismo per l’interventismo. A quel punto Margherita Sarfatti, fine
intellettuale ebrea, lo affianca con i suoi consigli e ne
diviene l’amante. Il loro rapporto sarà decisivo per
circa un decennio, durante il quale lui assorbe preziosi insegnamenti tranne poi abbandonarla e rinnegarla».
Benito Mussolini è il «Duce» e non ha più bisogno di
una donna che lo consigli?
«S’invaghisce di una ragazza che potrebbe essergli
figlia e riscopre – con Claretta – la vocazione pedagogica dell’antico maestro: vuole plasmarla se-
di NICOLETTA CASTAGNI
B
ill Viola, il più famoso
video artista del mondo,
allestirà una sua opera
a Palazzo Te di Mantova
per dialogare con gli gli spazi delle sale napoleoniche. Viola, di origini italiane e da sempre grande
estimatore dell’arte italiana antica, dal 23 novembre porterà nella
splendida dimora cinquecentesca
The Raft, un video di 10 minuti
realizzato nel 2004 in cui ripropone il mix di inquadrature fisse
e immagini rallentate, la sua ricerca espressiva sempre volta alla
classicità.
Quello firmato da Bill Viola è il
secondo intervento del ciclo «La
casa degli dei», un progetto
dell’assessorato alle Politiche culturali e alla Promozione turistica
del Comune di Mantova, che coin-
UN LIBRO DELLO STORICO MIMMO FRANZINELLI LA «BULIMIA» EROTICA DI BENITO E LE SUE RELAZIONI CON BALABANOFF, SARFATTI, PETACCI E LA MOGLIE RACHELE
I tanti amori del Duce
che non sapeva amare
Le 4 donne decisive nella vita di Mussolini e le mille «meteore»
condo le sue volontà e necessità. Lei si sacrifica in
tutto e per tutto, lo accudisce anima e corpo, in un
rapporto che risente dei contraccolpi bellici, nel senso di trasformarsi in camera di compensazione per le
frustrazioni del dittatore che, indignato e disperato
per i rovesci del fronte, si sfoga contro di lei».
E Rachele?
«Il ruolo di Rachele è essenzialmente quello di
madre. Lui la tradisce regolarmente e parla di lei alle
amanti in tono irridente, descrivendola come
un’analfabeta, rozza e ignorante. Nelle lettere alla
Petacci, Benito definisce la moglie “la signora Guidi”».
Cosa accomuna, cosa distingue queste quattro donne?
«Sono accomunate dalla totale dedizione a Mus-
solini, ovvero al suo ego smisurato. Le distingue la
dimensione politico-culturale (Angelica e Margherita), la passione sessuale e la subordinazione ancillare (Claretta), la personificazione del ruolo domestico (Rachele)».
Poi ci sono le comparse, le meteore che apparivano e
scomparivano... Che peso avevano?
«Servivano a gratificare Mussolini sul piano sessuale e a rassicurarlo sul proprio fascino. La discriminante stava nella nascita di figli illegittimi: in
quel caso, egli continuava a sovvenzionare le madri
(ad esempio Bianca Ceccato, Romilde Ruspi, Alice
Pallottelli) e di tanto in tanto le incontrava con i
figli».
Ma a suo parere, e se la domanda può essere posta,
quel è la donna che egli amò di più?
«Senza dubbio, Claretta Petacci, nell’ultimo decennio della sua vita (1936-45). Ma, beninteso, si
trattava di un amore che era il riflesso dell’egotismo
mussoliniano: il duce si rispecchiava in lei, si ammirava nel vedere riflesso in quell’affascinante giovane l’immagine dell’affascinante uomo cui lei si
dedicava».
Al di là di facile battute, quale visione ebbe il duce
della donna?
«Una visione squisitamente maschilista, che ravvisava nella femmina un oggetto di trastullo, un
momento di svago, il riposo del guerriero, lo sfogo
delle pulsioni sessuali. La donna restava insomma
un essere inferiore, inadatto alla politica. Vi è poi da
considerare la questione demografica, le campagne
per la natalità, la difesa della “purezza della razza”, la
L’arte getta acqua sul mondo
Il video «The Raft» di Bill Viola a Mantova nella «casa degli dei»
volge alcuni protagonisti internazionali dell’arte contemporanea
nell’arduo confronto con i tesori
di palazzo Te. A inaugurare il progetto è stata, a giugno, un’installazione di Fabrizio Plessi, appositamente ideata per la Sala dei
Giganti.
Bill Viola, classe 1951, è celebre
per essere stato uno dei primi a
fare uso del video inteso non solo
come sperimentazione tecnologica, bensì contemplativa ed estetica, e ha spesso e volentieri preso
quale fonte di ispirazione le iconografie della pittura rinascimentale italiana. Famose tavole e pale
d’altari, come la Visitazione del
Pontormo (The Greeting, 2002) o la
Deposizione di Masolino (Emergence, 1995) sono diventate nelle sue
mani veri e propri quadri in movimento.
Capolavori visti dal vero per la
prima volta durante un viaggio in
Italia, compiuto negli anni ‘70. «In
quella occasione – ha detto l’artista – ho scoperto che i maestri
della Rinascenza creavano le loro
opere nei luoghi pubblici, in chiese, palazzi, cattedrali ed erano dedicate alle persone».
Nella loro produzione «arte e
vita si fondono insieme - prosegue
– e del resto anche tutti noi siamo
profondamente collegati, non solo
nel nostro presente, ma anche attraverso la storia». Quindi, pur
rivendicando il ruolo di artista
d’avanguardia, Viola percepisce il
proprio lavoro in modo strettamente correlato con quello degli
antichi maestri. «Tutta l’arte è
contemporanea e Giotto e Raffaello sono ancora oggi giovani avanguardie in grado di cambiare il
mondo».
Per quanto riguarda The Raft,
da lui scelta per Palazzo Te, si
tratta di un’installazione video-sonora, in cui un gruppo composto
BILL VIOLA Un momento del suo video «The Raft»
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Lunedì 30 settembre 2013
CULTURA&SPETTACOLI
LA FAMIGLIA DI CORATO IN UNA RICOSTRUZIONE DI PASQUALE TANDOI
Patroni de’ Grifi
una lunga
storia pugliese
di PASQUALE TEMPESTA
P
Vetrina
MARCHIGIANO, AVEVA 89 ANNI
Addio a Sirio Bellucci
artista concettuale
VINCERE Giovanna
Mezzogiorno nei
panni di Ida Dalser nel
film «Vincere» di
Marco Bellocchio.
Con Ida, Benito ebbe
un figlio. In alto,
Claretta Petacci. Nella
foto grande Mussolini
con la moglie Rachele
Guidi e due bambini.
A sinistra, il Duce in
una delle sue
classiche pose
«maschie»
.
costruzione di una nazione forte, con milioni di
giovani da scagliare in guerra».
Le donne danneggiarono Mussolini nel suo percorso?
Benito, con le sue avventure, diventa, pare di capire,
comunque un modello di maschio, un esempio per il
paese? O la sua mentalità era quella tipica di un’epoca?
«No. Margherita Sarfatti lo accompagnò nella fase
della conquista e dell’apprendistato del potere. Il
carattere poliziesco del regime fascista, l’assoluto
controllo della stampa, la manipolazione dell’opinione pubblica confinarono la dimensione privata
entro il sicuro recinto dell’alcova».
«È proprio così. Il Duce è il modello continuamente
riproposto dai mass-media, ossessivamente riproposto dalle fotografie e dai cinegiornali Luce, imitato
dai gerarchi, ammirato da centinaia e centinaia di
migliaia di donne, che gli scrivono lettere trasudanti
passione, devozione, amore. Quelle lettere sono oggi
conservate all’Archivio dello Stato, nel fondo “Segreteria Particolare del Duce”. È una lettura sconvolgente, per la rivelazione di un fascino al limite del
plagio».
da diciannove persone, uomini e
donne appartenenti a differenti etnie e ambienti sociali, viene improvvisamente colpito da forti getti d’acqua provenienti da entrambi i lati dell’inquadratura. Talmente violenti che alcuni cadono
per terra immediatamente, mentre altri riescono a stento a restare in piedi. Improvvisamente
com’era arrivata, l’acqua si ferma, lasciando gli individui attoniti e increduli, alcuni sollevati,
altri agonizzanti.
L’azione è stata registrata da
vivo ad alta velocità, ma si svolge
al rallentatore per una durata di
circa 10 minuti. Lo scopo di questo escamotage tecnico è di evidenziare le sottili sfumature di
luce e colore nell’impatto esplosivo dell’acqua nonchè le espressioni e i gesti individuali dei personaggi.
Non sempre.
«In un caso, una donna (Ida Dalser) provò ad
attraversargli la strada, a rivendicare i propri diritti
di donna che lo aveva aiutato e mantenuto in un
periodo difficile della sua esistenza (1914), dandogli
un figlio. Un atteggiamento imprudente, pagato con
la segregazione in manicomio, per la madre e per il
frutto di quella relazione, Benito junior».
Sta per uscire «Mad About a Boy»
Bridget Jones da single a vedova
nel terzo libro della «saga» inglese
LONDRA. Da single a vedova: Bridget Jones è sfortunata anche quando diventa una
donna matura. Nel nuovo e terzo libro sulla
famosa «saga» della scrittrice Helen Fielding dal titolo «Mad About a Boy», i cui
estratti sono stati pubblicati ieri sul magazine domenicale del «Sunday Times», il celebre spasimante e poi marito della protagonista, quel Mark Darcy interpretato nei film
da Colin Firth, muore lasciando sola la moglie.
Si scopre quindi la protagonista a 51 anni
che però non ha passato molto tempo a
piangere sul marito defunto ma se la sta
spassando con un aitante trentenne ed è ossessionata, ancora dal peso, e ora anche
dalle rughe che iniziano a segnarle il viso. Il
suo nuovo «boyfriend» si chiama Roxster, lo
ha conosciuto su Twitter dopo una serie di
avventurose serate in discoteca.
Ma la loro storia non sarà facile per la differenza di età. Non viene svelato il «mistero»
di come Darcy sia morto.
[Ansa]
n È morto all’età di 89 anni Sirio Bellucci, artista legato
all’arte concettuale, noto anche per alcuni autoritratti
sullo sfondo delle sue opere,
vestito e cappello neri, una
lunga sciarpa rossa al collo.
Da tempo viveva in una frazione di Fabriano, a Belvedere, dopo aver abitato e dipinto a lungo a Macerata.
A NAPOLI LEZIONE SUL DESIDERIO
Per il filosofo Masullo
15 minuti di applausi
n Con una «standing ovation»
di quindici minuti per il novantenne filosofo Aldo Masullo, più di mille persone
hanno affollato il Convento
di San Domenico Maggiore
a Napoli per la chiusura del
festival Arte della Felicità,
IX edizione dedicata al tema
del desiderio. «Come una sola persona tantissimi cittadini hanno tributato applausi commossi ad un discorso che ha incitato al desiderio e alla resistenza
umana e civile con una grazia ottimista profonda e leggera. È stata una reale esperienza di comunità», racconta Luciano Stella, organizzatore dell’evento con
Francesca Mauro. La settimana di incontri, tra gli
ospiti Raffaele Cantone, Daria Bignardi, Luca Sofri, si
era aperta al «Modernissimo» con l’anteprima del
film di Alessandro Rak, nato
proprio dall’esperienza del
festival, «L’arte della Felicità» dopo Venezia attualmente in concorso al Raindance
di Londra, importante appuntamento del cinema indipendente. «A conferma
che un altro modo di progettare eventi culturali “autentici” è possibile – sottolineano gli organizzatori – in un
momento in cui le risorse limitate e la crisi economica
che tutti stiamo vivendo devono necessariamente ispirare un modello di impresa
culturale etica, trasparente
e sostenibile».
lungo itinerario è comunque
la presenza della famiglia
Patroni Griffi, a partire dal
capostipite, Andrea Patrono,
le cui vicende s’intrecciano
con quelle della citata Giovanna e l’assedio di Corato
da parte degli ungheresi alla
metà del Trecento.
Nella storia di famiglia pagine significative sono dedicate, anche, a coloro che intrapresero al cosiddetta
«carriera ecclesiastica»: fra
le figure di vescovi e prelati
viene ricordata quella del
«redentorista» Padre Filippo
(ultimo di dodici figli del barone Michele) che morì in
odore di santità ed al quale
furono attribuiti anche alcuni miracoli.
Ma, nel libro, di vicende
che in ogni campo hanno
visto protagonisti i Patroni
iace narrare storie
di famiglie. Specie
quando si legano a
quelle del proprio
territorio. Ma anche dell’intero Paese. Pasquale Tandoi,
coratino doc, professore di
filosofia, studioso e scrittore
di lungo corso di storia locale e non solo, questa volta
ha puntato le sue ricerche
su una dinastia, i Patroni
Griffi, che oltre a dare per
secoli sindaci, amministratori, giuristi, uomini di chiesa, di cultura, di commerci e
quant’altro alla loro città e
al vasto territorio circostante, ha allargato - sin
dall’epoca angioina - il proprio impegno a livelli ben
più vasti, come quello nazionale. In tutti i campi: politico, accademico,
economico, artistico. Fino ai giorni
nostri.
Basti pensare,
tanto per fare due
nomi, al prof. Filippo, già ministro
della Pubblica
Amministrazione
nel governo Monti
e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con funzioni
di segretario del
Consiglio dei ministri nel governo
presieduto da
Enrico Letta; e al
prof. Ugo, fresco
di nomina alla
presidenza della
Fiera del Levante.
Un excursus
storico pluricentenario, quello riferibile a I Patroni
de’ Grifi, come si
chiamavano un
tempo, e come
vengono ricordati
nella copertina
IL REGISTA Giuseppe Patroni Griffi (1991-2005)
del recente libro
di Tandoi, edito
Griffi se ne contano in abdalla Levante editori (pagg.
bondanza. Ne citeremo una:
314, euro 22,00) e che ha cola fondazione, da parte di
me sottotitolo Una nobile faMarino Antonio, «ultimo
miglia pugliese e la sua città
rappresentante coratino delnatale.
la sua nobile stirpe», di un
Una stirpe blasonata, la
«Monte dei Grifi», tendente
quale pur lontana dalla Puad assicurare che i suoi beni
glia, ne rimane comunque
venissero goduti con «retti«ancorata» avendo allacciato
tudine e zelo» dai discendennel tempo saldi rapporti con
ti affinché non solo divenisaltre famiglie del luogo cosero «dotti» ma, soprattutto,
me i Gentile o i De Matteis.
si dimostrassero «virtuosi»
Ed è appunto da Corato che
con se stessi e con gli altri,
l’autore parte nella sua vain «onore di Dio benedetto».
sta e articolata narrazione
La storia dei Patroni Grifche si snoda, dopo un cafi - questa la conclusione
pitolo introduttivo dedicato
dell’autore - «continua ,
alle remote origini della citquindi, brillantemente antà, transitando in un lungo
che se ormai lontano dalla
percorso che va dai tempi
città d’origine». Alcuni rami
della regina Giovanna a
coratini si sono, infatti,
quelli di Lucrezia Borgia,
estinti, ma «la pianta è viva
dal dominio feudale dei Cae rigogliosa e si espande in
rafa all’arrivo dei Borbone
altri luoghi e in altri ambiti
sul Trono di Napoli e alla
della società. Le radici più
Repubblica partenopea, dal
lontane e più profonde, però,
Risorgimento italiano sino
rimangono a Corato, per
ai nostri giorni.
sempre».
Filo conduttore di questo
CON VARIE RAMIFICAZIONI
Una dinastia pugliese di giuristi,
uomini di Chiesa, vescovi, fino ai
professori Filippo e Ugo Patroni Griffi