Il dialogo ecumenico dal punto di vista cattolico
Transcript
Il dialogo ecumenico dal punto di vista cattolico
Il dialogo ecumenico dal punto di vista cattolico Andrea Ruberti 1. Il movimento ecumenico e la Chiesa cattolica Convenzionalmente ormai è un dato acquisito far partire la storia del moderno movimento ecumenico cento anni fa, con la conferenza mondiale delle società protestanti missionarie di Edimburgo (14-23 giugno 1910)1. In realtà, almeno per quello che riguarda la Chiesa cattolica, è necessario far riferimento ad un antecedente significativo nel quale troviamo già in nuce le difficoltà che freneranno un approccio cattolico positivo a questo movimento almeno fino al Vaticano II e che ancora adesso rischiano di far sentire il loro peso. Nel XIX secolo, nell'ala filo cattolica dell'anglicanesimo, si sviluppa, soprattutto ad opera di J.H. Newmann e E.B. Pusey, quello che verrà poi chiamato “Movimento di Oxford” 2: una rivalutazione dei padri della chiesa, della liturgia e della tradizione in contrasto con le tendenze più razionalistiche e liberali dominanti che tenterà di guardare a Roma in vista di una sperata unione dei cristiani. In questo movimento si concepisce l'universalità, la cattolicità, come comprehensiveness, come la capacità di fare spazio a tutto con una grande tolleranza nei confronti della diversità e di conseguenza si pensa la chiesa secondo la branchtheory: l'unico tronco della cattolicità esisterebbe nei rami romano, ortodosso e anglicano. Queste idee sono inaccettabili per Roma. Aprono una via troppo facile, minimalista, che finisce per andare a scapito della verità e soprattutto si insinua che questa non sarebbe posseduta in modo pieno ed esclusivo dalla chiesa cattolica. Il Sant'Uffizio invia così nel 1864 una lettera ai vescovi inglesi, che fino ad allora hanno tenuto un atteggiamento tollerante, perché mettano in guardia i cattolici dall'aderire alla “Associazione per la promozione della riunione della cristianità” fondata a Londra nel 1857 che lavora per questa idea di unità e di ecumenismo3. Nel 1896 Leone XIII nella Satis cognitum4 preciserà che esiste una sola chiesa di Cristo, quella posta sotto la responsabilità del pontefice romano: lasciarla equivale ad abbandonare la strada della salvezza. Lo scontro rivela i differenti approcci – l'attenzione alla verità oggettiva cara alla tradizione romana e invece la dimensione del fatto, più pragmatica, anglosassone – ma mette anche subito in chiaro come l'autocomprensione ecclesiale stia al centro della questione ecumenica e come la strada verso uno sguardo positivo all'ecumenismo all'interno della chiesa cattolica si potrà avere solamente a partire da quel profondo e fecondo momento di riforma ecclesiale che sarà il concilio Vaticano II. Fino all'assise conciliare l'ecumenismo cattolico5 segue una visione che viene chiamata 1 Per una storia del movimento ecumenico i testi più importanti di riferimento sono certamente Storia del movimento ecumenico dal 1517 al 1948, vv. 1-3, a cura di R. Rouse, S.C. Neill, Bologna, Il Mulino, 1973-1982; Storia del movimento ecumenico, v. 4: L'avanzata ecumenica (1948-1968), a cura di H.E. Fey, Bologna, EDB, 1982. 2 Sul Movimento di Oxford vedi C. Lovera di Castiglione, Il movimento di Oxford, Brescia, Morcelliana, 1935; C. Boyer, Movimento di Oxford, in Dizionario storico religioso, a cura di P. Chiocchetta, Roma, Studium, 1966, pp. 694-695. 3 Cfr. Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, a cura di P. Hünermann, Bologna, EDB, 199537, nn. 2885-2888. 4 Lettera enciclica sull'unità della chiesa: «Acta Sanctae Sedis», 1895-1896, pp.708-739; Enchiridion delle encicliche, v. 3, Bologna, EDB, 1997, pp. 932-997. 5 Questa espressione diventerà obsoleta proprio con in Vaticano II, come sottolinea bene E. Fouilloux, L'ecumenismo da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II, in Storia della Chiesa, v. 25/2: La Chiesa del Vaticano II (1958-1978), Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, p. 250. Per una breve descrizione dell'atteggiamento cattolico verso l'ecumenismo fino al Vaticano II: T. Stransky, Chiesa cattolica romana ed ecumenismo fino al Vaticano II, in “unionista” e che ha adottato come parola d'ordine quella del ritorno: per gli “scismatici”, gli “eretici”, o più benignamente i “fratelli separati” non c'è altra possibilità che quella di riconoscere i loro errori e tornare alla chiesa di Roma che ha conservato intatta la fede apostolica. In questa direzione si muovono già le encicliche Praeclara gratulationis6 (1894) e Satis cognitum (1896) di Leone XIII, ma sarà soprattutto la Mortalium animos7 (1928) di Pio XI a chiarire con decisione questa prospettiva davanti alle speranze suscitate dal nascente movimento ecumenico. Emanata il 6 gennaio del 1928 è una risposta rigida e dura al primo convegno di Faith and Order8 tenutosi a Losanna nel 1927. Qui si era affermato essere scopo ultimo dell'ecumenismo la ricerca di un'unità organica nella quale ogni chiesa fosse chiamata ad entrare sentendosi parte di un tutto. Il papa nell'enciclica solleva almeno quattro punti problematici9: 1) l'unità è da ricercarsi non su ipotesi, ma sulla realtà oggettiva, sulla volontà di Dio visibilmente espressa nella chiesa cattolica; 2) l'unità non può essere fatta accontentandosi di trovare un minimo comun denominatore teologico e mettendo tra parentesi alcune verità considerate superflue: «per ciò che spetta alle verità da credere, non è affatto lecito introdurre quella distinzione che dicono tra punti fondamentali e non fondamentali; gli uni da credersi assolutamente, gli altri liberi e che si possono permettere all'assenso dei fedeli»10; 3) la chiesa cattolica corrisponde alla volontà di Cristo, per cui non può accettare di mettersi in condizione di parità con le altre chiese alla ricerca della verità nella quale essa già si trova; 4) pertanto l'unica vera via dell'ecumenismo non può che essere il ritorno alla chiesa cattolica: «la riunione dei cristiani non si può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all'unica vera chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l'infelice idea di staccarsi»11. Tutte le altre strade non servendo la verità sono ingannevoli, per questo il giudizio dato al movimento ecumenico è nettamente negativo: è un male attraverso il quale gruppi e società di pancristiani intendono sedurre il gregge con illusioni pericolose, per questo «è evidente che la sede apostolica non può in nessuna maniera prender parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tener mano a simili tentativi» 12. Il giudizio non poteva essere più netto, ma come spesso accade, certe posizioni di chiusura senza appello non sono che l'estremo – e vano – tentativo di serrare le fila e chiudere le porte nei confronti di una trasformazione già in atto. Il movimento ecumenico è un male e i cattolici non possono in alcun modo parteciparvi, ma seppur ancora dentro l'idea del “ritorno” qualcosa si Dizionario del Movimento Ecumenico, Bologna, EDB, 1994, pp. 157-158. 6 Lettera apostolica sull'unità religiosa: «Acta Sanctae Sedis», 1893-1894, pp. 705-717; Enchiridion delle encicliche, v. 3, pp. 1610-1635. 7 Lettera enciclica su come promuovere la vera unità religiosa: «Acta Apostolicae Sedis», 1928, pp. 5-16; Enchiridion delle encicliche, v. 5, Bologna, EDB, 1995, pp. 300-321. 8 È l'organismo dove si conserva l'originale anima missionaria del movimento ecumenico e lavora per l'unità teologico-dottrinale tra le confessioni cristiane. Nel 1948 darà vita insieme a Life and Work al Consiglio Ecumenico delle Chiese (d'ora in poi CEC). Cfr. G. Gassmann, Fede e costituzione, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 538-540. 9 Cfr. l'analisi dell'enciclica fatta da L. Sartori, L'unità dei cristiani. Commento al decreto conciliare sull'ecumenismo, Padova, Messaggero, 1992, pp. 26-28. 10 Mortalium animos, p. 315. 11 Op. loc. cit., 317. Poi con toni molto paternalistici più avanti prosegue: «Partirono, ahimè, i figli dalla casa paterna, ma questa non cadde, sorretta com'era dal perpetuo soccorso del suo Dio; tornino dunque al Padre comune, il quale, dimenticando le ingiurie lanciate alla sede apostolica, li accoglierà con amorevolezza grande» (p. 319). 12 Op. loc. cit., p. 311. è già mosso e continuerà a muoversi. Possiamo, senza alcuna pretesa di esaustività, ma unicamente a titolo esemplificativo per caratterizzare la penetrazione delle istanze ecumeniche dentro questo irrigidito panorama cattolico, fare memoria di alcune persone ed eventi: • il francescano Paul Wattson (1863-1940) fondatore dei francescani dell'Atonement e iniziatore della settimana di preghiera a gennaio per «il ritorno di tutte “le altre pecore” all'ovile di Pietro, l'unico pastore»13, approvata nel 1911 da Pio X; • il monaco benedettino Lambert Beauduin (1873-1960)14 fondatore nel 1925 dei monaci dell'unione ad Amay, in Belgio – monastero trasferito poi nel 1939 a Chevetogne – e della rivista Irenikon15; • padre Paul-Irénée Couturier (1881-1953)16 iniziatore del gruppo di Dombes nel 1937, instancabile promotore dell'ecumenismo spirituale e della preghiera per l'unione visibile dei cristiani; contribuì a rendere accettabile ai non-cattolici la settimana annuale di preghiera di gennaio; • padre Christophe-Jean Dumont (1898-1991) fondatore del centro Istina17 a Parigi; • le conversazioni di Malines (Belgio)18 negli anni 1921-1925 tra cattolici ed anglicani. Nella conferenza di Lambeth del 1920 i vescovi anglicani lanciarono un appello per l'unione, risposero lord Halifax, il card. Mercier di Malines 19 e padre Portal dando vita a questa serie di incontri di studio su tematiche decisive per l'unione come il primato petrino. Il card. Mercier presentava all'ultima sessione di queste conversazioni un contributo, preparato da don Lambert Beauduin, sulla Chiesa anglicana unita ma non assorbita che proponeva come modello per l'unione la costituzione di un “patriarcato anglicano”. L'esperienza degli incontri di Malines finì con la morte del cardinale; • dopo la II guerra mondiale il gesuita Charles Boyer (1884-1980) inizia a Roma la rivista Unitas, il Foyer Unitas e il Centro pro Unione: lo spirito è quello unionistico, ma serve ad introdurre la preoccupazione ecumenica nei circoli vaticani. Un contributo decisivo per aprire una strada meno sospettosa al cattolicesimo verso il movimento ecumenico è stato indubbiamente il lavoro teologico ed ecclesiologico del domenicano francese Yves-Marie Congar (1904-1995) 20. Il suo Chrétiens désunis. Principes d'un "oecuménisme" catholique21 del 1937 – pur muovendosi ancora nella prospettiva unionista del “ritorno” e riconoscendo inaccettabile mettere tutte le chiese nella stessa 13 C. Angell, C. La Fontaine, Un profeta dell'unità: Padre Paolo Wattson, Roma, Centro pro Unione, 1984. Vedi www.prounione.urbe.it. 14 T. Stransky, Beauduin, Lambert, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., p. 97; Idem, Chevetogne, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., p. 141. 15 Vedi www.monasterechevetogne.com. 16 A.J. Van der Bent, Couturier, Paul-Irénée, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 312-313; B. Sesboüé, Gruppo di Dombes, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 596-597. Vedi www.groupedesdombes.org. 17 Vedi www.istina.eu. 18 J.A. Dick, The Malines Conversation Revisited, Leuven, Peeters, 1989. 19 A.J. van der Bent, Mercier, Désiré, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., p. 723. 20 T. Stransky, Congar, Yves, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 262-263; J.P. Jossua, Yves Congar, profilo di una teologia, Brescia, Queriniana, 1970. 21 Y.-M. Congar, Chrétiens désunis. Principes d'un "oecuménisme" catholique, Paris, Cerf, 1937. Per A. Birmelé, Ecumenismo, in Dizionario Critico di Teologia, a cura di J.-Y. Lacoste, Roma, Borla/Città Nuova, 2005, p. 474, sarebbe proprio Congar, in questo testo del 1937, ad introdurre il sostantivo 'ecumenismo', ripreso poi dal Vaticano II. Per Sartori con questa opera nasce finalmente l'ecumenismo cattolico teologico che viene ad affiancarsi a quello spirituale di p. Couturier (Sartori, op. cit., p. 17). Y. Congar nel 1948 fu invitato a partecipare all'assemblea di Amsterdam nella quale Life and work e Faith and order si fusero dando vita al Consiglio ecumenico delle chiese, ma non ricevette dai superiori il permesso di partecipare. posizione di fedeltà/infedeltà a Cristo 22 – si può affermare che getti le basi per un rinnovato e più positivo ecumenismo cattolico, riconoscendo nelle diverse confessioni cristiane la presenza di autentici elementi ecclesiali e valori cristiani che spingono verso la reintegrazione nell'unico corpo. Avvicinatosi al movimento ecumenico grazie a L. Beauduin e P. Couturier, Congar con questo suo testo, opera di fatto un decentramento della chiesa cattolica che permetterà poi in seguito di uscire dalla logica dualista e semplificatrice identificante nella realtà giuridica della chiesa di Roma la pienezza dell'essere ecclesiale, vista in opposizione al totale tradimento delle altre confessioni. Un timido segno di superamento della Mortalium animos si può intravvedere nell'istruzione del sant'Uffizio De motione ecumenica23 del 20 dicembre 1949. L'unica possibilità di un autentico ecumenismo si sostiene ancora essere unicamente il ritorno a Roma, riconoscendo però che questo movimento di ricerca dell'unità è guidato dallo Spirito, non è intrinsecamente male e dunque non necessariamente proibito. Si dà facoltà ai vescovi di autorizzare persone qualificate a partecipare ad incontri e colloqui ecumenici24. Per un autentico cambiamento di sguardo verso l'ecumenismo da parte della chiesa cattolica – ma più esatto sarebbe dire del magistero e della curia romana – ed un passaggio dalla prospettiva unionista a quella più autenticamente e positivamente ecumenica, bisognerà attendere il pontificato di Giovanni XXIII e il concilio Vaticano II. Il papa dette l'annuncio della convocazione dell'assise conciliare significativamente il 25 gennaio 1959, termine della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, e ne indicò nella preoccupazione ecumenica uno degli scopi principali: «noi non vogliamo tentare di dire chi ha ragione e chi non l'ha. La responsabilità è di tutti. Noi vogliamo solamente dire: raduniamoci, mettiamo fine alle divisioni»25. In molti pronunciamenti conciliari si avverte un'influenza e un'attenzione ecumenica grazie soprattutto al prezioso lavoro del Segretariato per la promozione dell'unità dei cristiani istituito nella Pentecoste del 1960 26. Questo organismo era incaricato di tenere le relazioni con gli osservatori delle altre comunità cristiane presenti al concilio (più di un centinaio da 29 chiese lungo le quattro sessioni conciliari) i quali, più consiglieri privilegiati che semplici osservatori, avevano il diritto di visionare tutti i testi e di darne una valutazione di idoneità ecumenica. Il 21 novembre 1964 i padri conciliari votano a larghissima maggioranza il decreto Unitatis 22 Vedi A. Maffeis, Ecumenismo e teologia, in La teologia del XX secolo. Un bilancio, v. 3: Prospettive pratiche, a cura di G. Canobbio, P. Coda, Roma, Città Nuova, 2003, p. 46. 23 Congregatio de S. Officii, De motione ecumenica, in «Acta Apostolicae Sedis», 1950, 142-147. 24 Le condanne precedenti, secondo questo documento, non avevano di mira l'ecumenismo in sé, ma solo i rischi e i pericoli di alcune posizioni che si possono sintetizzare in: indifferentismo (tutte le chiese sono uguali); irenismo (vedere solo ciò che unisce); relativismo (trascurare le verità ritenute secondarie). È significativo questo segno di apertura, soprattutto se si tiene presente che l'anno precedente lo stesso Sant'Uffizio aveva emanato un monitum affinché i cattolici non partecipassero al congresso ecumenico di Amsterdam. Nel 1950 però l'enciclica Humani generis e la dogmatizzazione dell'Assunzione di Maria rialzeranno barriere verso il movimento ecumenico. 25 Citato in P. Neuner, Teologia ecumenica, Brescia, Queriniana, 2000, p. 151. Cfr. Giovanni XXIII. Profezia nella fedeltà, a cura di A. Alberigo, G. Alberigo, Brescia, Queriniana, 1978. Nota J. Vercruysse, Introduzione alla Teologia Ecumenica, Casale Monferrato, Piemme, 1992, p. 68 come «l'evento stesso del concilio fu per tutte le chiese in questi anni un segno di speranza. Dimostrava che era possibile per una chiesa iniziare a condurre a termine in qualche modo un vasto movimento di aggiornamento e di riforma». 26 Alla guida fu posto il card. A. Bea. Al termine del concilio Paolo VI lo trasformò nel Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani strutturandolo dentro la Curia romana (cfr. T. Stransky, Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 860-861). Per dare solo brevissimi accenni a temi sensibili per l'ecumenismo si può ricordare l'ecclesiologia di comunione e di popolo di Dio della Lumen gentium, la priorità della Scrittura e la sua relazione con la Tradizione nella Dei Verbum, il riconoscimento del valore della tradizione orientale nella Orientalium ecclesiarum, l'affermazione della libertà religiosa di Dignitatis humanae, la riforma liturgica della Sacrosantum concilium (cfr. L. Sartori, op. cit., pp. 40-55). redintegratio27 che «sancisce la conversione della Chiesa cattolica all'ecumenismo» 28. Di questo documento scriveva il p. Y. Congar nel 1965: «nessuno di noi, soltanto tre anni fa, avrebbe potuto immaginare che esso sarebbe diventato tale ed avrebbe raccolto consensi unanimi»29. Abbandonando l'espressione “ecumenismo cattolico”, e formulando invece i principi cattolici dell'ecumenismo, anche la chiesa di Roma abbandona la prospettiva di costruire un percorso suo (quello del ritorno) verso l'unità, ma intende invece partecipare e contribuire al movimento comune in atto. Questo testo, sul quale ci soffermeremo nel prossimo paragrafo, era stato preceduto e poi seguito da importanti gesti simbolici – basti qui ricordare l'incontro fraterno a Gerusalemme tra il patriarca Atenagora e Paolo VI il 5 gennaio 1964, l'abolizione reciproca delle scomuniche tra Roma e Costantinopoli il 7 dicembre 1965, la visita del patriarca anglicano Ramsey in Vaticano il 23 marzo 1966 – che avevano concorso a creare un clima di entusiasmo e l'aspettativa, nell'avanguardia del movimento, se non di una immediata riunificazione, almeno di forti aperture all'intercomunione. Le lentezze però del percorso ufficiale, nonostante i progressi nei dialoghi teologici e la crescente sensibilizzazione ecumenica, fiaccheranno questo entusiasmo che dovrà fare i conti anche con momenti di contestazione e il riemergere e ripiegarsi sull'identità confessionale30. La prospettiva ecumenica della vita delle chiese è però ormai una strada irrevocabile 31, una strada che la chiesa cattolica percorre anteponendo lo sforzo del confronto nei dialoghi bilaterali più che in un ecumenismo multilaterale dove avverte ancora la difficoltà a porsi nella discussione come una chiesa tra le altre. Così troviamo da una parte le decine di documenti nati dentro dialoghi tra la chiesa di Roma e altre singole realtà ecclesiali 32 e dall'altra la questione ancora aperta dell'ingresso della chiesa cattolica nel Consiglio ecumenico delle Chiese33. Dopo che la partecipazione alle assemblee di Amsterdam (1948) ed Evanston (1953) era stata espressamente vietata ai cattolici dal papa, alcuni furono autorizzati a partecipare come osservatori a quella di Delhi (1961). Dal 1965 è attivo un gruppo di lavoro misto34. Nel 1968 all'assemblea di Uppsala padre Tucci accennò nel suo intervento ad un possibile ingresso, ma poco tempo dopo Paolo VI, visitando la sede del CEC a Ginevra riteneva la questione ancora prematura e bisognosa di approfondimento per le importanti implicazioni teologiche: «Roma, vuole evidentemente evitare, con la sua entrata nel Consiglio, di apparire una chiesa tra altre chiese e di offrire appoggio all'idea che le chiese si possano ritrovare come in cerchio, in posizione di parità, attorno a Cristo loro centro e debbano cercare nuovamente sul 27 Decreto sull'ecumenismo: Unitatis redintegratio, in Enchiridion vaticanum, v. 1, Bologna, EDB, 197911, pp. 286325. 28 Fouilloux, op.cit., p. 252. 29 Concile oecuménique Vatican II. Documents conciliaires, v. 1, Paris, Ed. du Centurion, 1965, p. 169. 30 Sull'ecumenismo nella chiesa cattolica dopo il concilio si può vedere il già citato articolo di Fouilloux, pp. 249-270. 31 Cfr. Giovanni Paolo II, Ut unum sint, in Enchiridion vaticanum, v. 14, Bologna, EDB, 1997, pp. 1556-1693. 32 Una breve ricognizione si può trovare in Neuner, op. cit., 158-163 o in una serie di articoli del Dizionario del movimento ecumenico, cit.: K. McDonald, Dialogo anglicani-cattolici, pp. 351-354; J.-M.R. Tillard, Dialogo cattolici-discepoli, p. 364; M. Root, Dialogo cattolici-luterani, pp. 365-368; G. Wainwright, Dialogo cattolicimetodisti, pp. 368-369; R.G. Roberson, Dialogo cattolici-ortodossi, pp. 369-371; R.G. Robertson, Dialogo cattoliciortodossi orientali, pp. 371-373; P. Hocken, Dialogo cattolici-pentecostali, pp. 373-374; A. Blancy, Dialogo cattolici-riformati, pp. 374-376; . A. Radano, Colloqui internazionali battisti-cattolici, pp. 193-194. I documenti frutto di questi incontri, insieme ai principali altri prodotti dal dialogo ecumenico negli ultimi decenni sono raccolti in Enchiridion Oecumenicum. Documenti del dialogo teologico interconfessionale, vv. 1-8, Bologna, EDB, 19862007. Documenti e prese di posizione ufficiali della Santa Sede in merito ai singoli dialoghi si trovano anche sulla pagina del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani del sito www.vatican.va. 33 Sulla mancata adesione della Chiesa cattolica al CEC cfr. A. Maffeis, Il dialogo ecumenico, Brescia, Queriniana, 2000, pp. 74 ss. 34 Cfr. T. Stransky, Gruppo misto di lavoro, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 597-598. serio l'unità promessa da lui»35. A fare difficoltà è il principio di neutralità ecclesiologica del CEC. Nonostante questo, dal 1968 dodici teologi cattolici indicati dal Pontificio consiglio fanno parte a pieno titolo e con diritto di voto alla Commissione di ricerca teologica del CEC “Fede e costituzione”36. Oggi, varcata ormai da un decennio la soglia del XXI secolo, la dimensione ecumenica è un'acquisizione della teologia e l'identità confessionale non è la ragione prima di distinzione degli orientamenti teologici, nondimeno si fa spesso riferimento a termini come crisi, paralisi, vicolo cieco...37 espressioni che rendono conto di aspettative deluse da un lungo lavorio e intensi dialoghi che però non hanno prodotto reale cambiamenti: il rispetto e la non condanna delle posizioni dell'altro non è ancora accompagnata da una reale volontà di conversione. 2. L'Unitatis redintegratio e alcuni documenti della Chiesa cattolica sull'ecumenismo nel dopo concilio Una volta tratteggiato il percorso di progressivo avvicinamento della Chiesa cattolica al movimento ecumenico, dedichiamo adesso qualche pagina alle presentazione di alcuni documenti che determinano e illustrano l'attuale punto di vista cattolico in merito alla questione della ricerca dell'unità visibile dei cristiani. a) Unitatis redintegratio, 24 novembre 1964 L'Unitatis redintegratio, votato a larghissima maggioranza dall'assemblea conciliare (2137 favorevoli e solo 11 contrari), muta in profondità l'approccio cattolico al movimento ecumenico38. Tra i primi documenti del Vaticano II ad essere promulgati, il suo iter formativo non è stato un percorso senza difficoltà, e tra i ben tre schemi sull'ecumenismo presentati nel 196239 e il testo finale c'è tutta la fatica del passaggio dalla prospettiva del 35 Neuner, op. cit., 163. 36 Se questa commissione ha potuto raggiungere risultati importanti come il documento Battesimo, eucarestia, ministero. Documento di Lima, in Enchiridion oecumenicum, v. 1, Bologna, EDB, 1986, pp. 1391-1447, contrariamente a quello che potremmo aspettarci la collaborazione in campo sociale è stata molto faticosa. Nel 1968 il CEC e il Segretariato per la giustizia e la pace del Vaticano diedero vita al SODEPAX (Society, Development and Peace; cfr. T. Stransky, SODEPAX, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 1018-1019) che però fu chiuso nel 1981: le difficoltà si possono rintracciare in «una valutazione differente dell'opportunità e dei modi concreti degli interventi e anche dei presupposti ed implicazioni etiche di alcune prese di posizione» (Vercruysse, op. cit., p. 73). Nel campo dell'ecumenismo solidale è da segnalare il progetto di una Charta oecumenica per l'impegno unitario delle chiese in Europa. Frutto di un lungo cammino è stata siglata a Strasburgo nell'aprile del 2001 e confermata e rilanciata all'ultima assemblea ecumenica europea a Sibiu nel settembre 2007 (Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, Conferenza delle chiese d'Europa, Charta oecumenica. Un testo, un processo, un sogno delle chiese in Europa, Torino, Elledici – Claudiana, 2003). 37 Cfr. G. Ruggeri, Il vicolo cieco dell'ecumenismo. A proposito di alcune pubblicazioni recenti, in «Cristianesimo nella storia», 1988, pp. 563-615. 38 Sul decreto Unitatis redintegratio (d'ora in poi UR) si possono trovare diversi commentari e testi che ne ricostruiscono e analizzano la genesi e lo sviluppo durante le prime tre sessioni conciliari. Tra i tanti si possono utilmente consultare G. Cereti, Commento al Decreto sull'Ecumenismo, Torino, Elledici, 1966; G. Thils, Le décret sur l'oecuménisme du IIe concile du Vatican, Paris, Desclee de Brouwer, 1966; Le décret conciliarire sur l'Oecuménisme, in «Istina», 1964, pp. 359-492; Sartori, op. cit.; E. Lanne, Le Décret sur l'Oecuménisme vingt ans après, in «Irenikon», 1984, pp. 451-468; J.M.R. Tillard, Oecuménisme et Eglise catholique. Les vingt ans du décret sur l'oecuménisme, in «Nouvelle Revue Théologique», 1985, pp. 43-67; T. Stransky, Unitatis redintegratio, in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 1155-1156; S.J. Voicu, Bibliografia del Decreto “Unitatis Redintegratio”, in «Studi Ecumenici», 1984, pp. 617-627. 39 Cfr. A.M. Javierre, Promozione conciliare del dialogo ecumenico, Leumann, Elledici, 1965, pp. 63ss. Nel 1962 presentarono uno schema riguardante l'ecumenismo la commissione De fide et moribus, quella De ecclesiis orientalibus e il Segretariato per l'unità dei cristiani. Nella sessione del 1963 il Segretariato presenterà uno schema “ritorno” a quella capace di inserirsi positivamente dentro il cammino comune di tutte le chiese verso l'unità. La differenza principale tra le tre proposte è essenzialmente l'ecclesiologia soggiacente ai documenti. È la mutata prospettiva ecclesiologica – dalla chiesa societas perfecta alla chiesa mistero, comunione e popolo di Dio – che consentirà un approccio finalmente positivo all'ecumenismo. Nota Sullivan che se si fosse rimasti all'ecclesiologia del 1962 «questo decreto non avrebbe spinto in avanti ma piuttosto bloccato qualsiasi concreta partecipazione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico» 40 . Legato dunque a doppio filo con la costituzione sulla chiesa Lumen gentium41, tanto da poter essere considerati reciprocamente l'uno il criterio interpretativo dell'altro, si compone di un proemio e tre capitoli. Il numero introduttivo del decreto precisa le ombre e le luci dello scenario: la storia e il presente delle divisioni tra le chiese è un vulnus alla volontà di Cristo, una pesante controtestimonianza e uno scandalo per l'annuncio del Vangelo al mondo. Si riconosce però il crescente desiderio nei discepoli di Cristo del ristabilimento dell'unità e si saluta il movimento ecumenico come una grazia dello Spirito al quale partecipano tutti coloro che «invocano la Trinità e confessano Gesù come Signore e Salvatore»42. Nel primo capitolo, “Principi cattolici dell'ecumenismo”43, si trova la base dogmatica che connota l'approccio cattolico all'ecumenismo. Vengono dati due principi fondamentali: a) l'unità e l'unicità della Chiesa 44. Cristo ha voluto che «tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21) ed ha istituito la Chiesa una sul modello dell'unità della Trinità; un'unità significata, attuata e vissuta nel sacramento dell'eucaristia, realizzata dallo Spirito Santo e resa visibile nell'unione con il collegio dei vescovi con a capo il successore di Pietro. Questa unità nella fede, nella speranza e nella carità dell'unico popolo di Dio è ferita, infranta dal peccato del quale nessuno può ritenersi esente45, ma non è un'unità perduta. b) Le relazioni dei fratelli separati con la chiesa cattolica. Il concilio assume la categoria di “comunione” in senso teologico e non giuridico. Questa saggia scelta di fede permette di uscire dall'out-out della legge e riconoscere invece, a partire dall'unico battesimo e dalla medesima adesione a Cristo, una certa comunione seppur imperfetta, la presenza di elementi e beni della chiesa anche fuori i confini visibile del cattolicesimo e dunque conduce al riconoscimento affatto secondario del carattere ecclesiale delle chiese e comunità cristiane separate dalla chiesa cattolica. In un terzo paragrafo di questo primo capitolo infine si dà una definizione del movimento ecumenico: tutte quelle «attività ed iniziative suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei 40 41 42 43 44 45 totalmente nuovo dal titolo De oecumenismo (contenente anche un capitolo sulle religioni non cristiane – compreso l'ebraismo – ed uno sulla libertà religiosa che saranno invece poi staccati e ampliati fino a divenire documenti a se stanti: Nostra aetate; Dignitatis humanae) che infine, dopo ulteriori ritocchi, sarà il testo approvato nella sessione del 1964. Javierre descrive questo laborioso iter come un passaggio dall'“unionismo irenico” (1962), all'“ecumenismo cattolico” (1963), fino al “cattolicesimo ecumenico” (1964). F.A. Sullivan, Il decreto sull'ecumenismo: presupposti ecclesiologici e conseguenze, in «Rassegna di Teologia», 1990, p. 232. Costituzione dogmatica sulla Chiesa: Lumen gentium, in Enchiridion vaticanum, v. 1, cit., 120-257 (d'ora in poi LG). UR 1. Prima dell'ultima stesura il titolo era “Principi dell'ecumenismo cattolico”: questa semplice variazione (nel testo originale in latino la variazione si presentava semplicemente come l'aggiunta di una 's': De catholici(s) oecumenismi principiis) è invece indice di una modalità davvero nuova da parte della chiesa cattolica di situarsi non più a fianco, ma dentro il movimento ecumenico. Fa da sfondo a questo testo il capitolo I di LG che però da questo brano di UR 2 è addolcito e sfumato, tanto da diventarne una necessaria chiave interpretativa (cfr. Sartori, op. cit., p. 61). Neppure quindi la Chiesa cattolica, cfr. UR 3; 7. cristiani»46 e in modo particolare gli sforzi compiuti per eliminare parole, giudizi e opere che ostacolano la giusta comprensione reciproca e la riconciliazione e un dialogo genuino per una maggiore conoscenza e una più ampia collaborazione ad iniziare dalla preghiera insieme. Il secondo capitolo (UR 5-12) è dedicato all'esercizio concreto dall'ecumenismo che richiede disponibilità alla riforma continua e alla conversione permanente: «questa conversione del cuore e questa santità della vita, […] si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico»47. Le strade contemporaneamente da battere sono quelle dell'ecumenismo spirituale, della verità e della collaborazione. L'ultimo capitolo (UR 13-24) prende infine in esame le due principali divisioni che deturpano il volto della chiesa una: quella con le Chiese orientali e quella proveniente dalla Riforma. L'Unitatis redintegratio segna chiaramente un radicale cambio di passo nel cammino della chiesa cattolica verso la ricerca della ricostituzione di un'unità visibile tra coloro che si professano cristiani, ma in alcuni passaggi del testo si avverte ancora la testimonianza del faticoso cammino di trasformazione dell'ecclesiologia attraversato dal decreto. Pesch, in un una presentazione del documento, si sofferma su una parte di UR 3 che chiama «il testo più duro e se vogliamo 'più deludente' del decreto» 48 dove viene ribadito che l'unità della chiesa non può sorgere da un compromesso che appiani le divergenze: «tutta la pienezza dei mezzi di salvezza» si trova nella cattolica chiesa di Cristo e questi sono stati affidati «al solo collegio apostolico con a capo Pietro»49. La questione dell'unità è irresolvibile senza il riconoscimento di tutta intera la dottrina cattolica50. Pur utilizzando questi toni decisi, il testo del concilio però ha completamente abbandonato la terminologia del ritorno. La chiesa sotto la guida del successore di Pietro non deve necessariamente essere la chiesa cattolica-romana come è adesso. Ma perché questa unità non significhi riunificazione come ritorno è necessario che la chiesa cattolica prenda un po' di distanza da se stessa attraverso un processo di autorelativizzazione suggerito dal concilio almeno attraverso due importanti elementi. Il primo e decisivo è certamente il susistit in di LG 851. La sola e unica chiesa di Gesù Cristo non si dice più che è – come negli schemi preparatori precedenti – ma che sussiste nella chiesa cattolica: «ciò che vuol dire è niente di meno che la decisione del Concilio di non sostenere più l'identità esclusiva tra l'unica Chiesa di Cristo e la Chiesa Cattolica Romana» 52. L'altro, inserito direttamente all'ultimo momento in UR 11 – e in chiara controtendenza con quanto fino ad allora affermato – è il riconoscimento dell'esistenza di una gerarchia nelle verità della dottrina: non tutte sono nello stesso rapporto con il fondamento della fede e dunque non tutte hanno la stessa 46 UR 4. 47 UR 8. 48 O.H. Pesch, Il concilio vaticano II. Preistoria, svolgimento, risultati, storia post-conciliare, Brescia, Queriniana, 2005, pp. 221 ss. I vari passaggi e il permanere di elementi di ecclesiologia differenti sono ben messi in evidenza anche da Sullivan, Il decreto sull'ecumenismo, cit. 49 UR 3. 50 UR 11: «Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è più alieno all'ecumenismo di quel falso irenismo, dal quale viene a soffrire la purezza della dottrina cattolica e viene oscurato il suo senso genuino e preciso». 51 Con grande lungimiranza nel suo commento alla costituzione conciliare G. Philips affermava che questa espressione latina «farà scorrere fiumi d'inchiostro» (La Chiesa e il suo mistero, Milano, Jaca book, 19863, p. 111). Cfr. F.A. Sullivan, Noi crediamo la chiesa, Casale Monferrato, Piemme, 1990, pp. 29-39; A. Houtepen, La realtà salvifica di una comunione perfetta. Il 'subsistit in' in LG 8 e UR 3, in «Studi ecumenici», 1993, pp. 157-176. 52 Sullivan, Il decreto sull'ecumenismo,cit., p. 237. Poco più avanti lo stesso riconosce come «tutti i commentatori hanno visto in questo cambio di parole una significativa apertura verso il riconoscimento di realtà ecclesiali nel mondo non-Cattolico» (p. 238). importanza nel cammino verso l'unità53. Il card. Kasper ha riconosciuto come «nel corso degli ultimi quarant'anni l'Unitatis redintegratio è stata assimilata dal magistero autentico della chiesa e dal sensus fidelium. Durante questo tempo essa ha contribuito molto a sviluppare una consapevolezza ecumenica nella coscienza di molti cristiani»54. b) Direttori ecumenici Durante i lavori conciliari e le discussioni in merito al decreto sull'ecumenismo, molti vescovi chiesero alla santa sede indicazioni e orientamenti per muoversi nelle sempre più frequenti questioni ecumeniche nelle quali si imbattevano nel governo delle loro diocesi. Il Segretariato per l'unione dei cristiani lavorò per questo, negli anni successivi al concilio, alla pubblicazione di testi su argomenti specifici che presero la forma di un Direttorio55. Una prima parte uscì già nel 196756 e le questioni più importanti qui affrontate erano la validità del battesimo delle altre confessioni cristiane, il sostegno dell'ecumenismo spirituale nelle comunità cattoliche e temi riguardanti la communicatio in sacris. La seconda parte del direttorio, che si occupava di indicazioni ecumeniche per i centri di formazione cattolici, vide la luce nel 197057, inoltre tra il 1970 e il 1976 il Segretariato dovette dare indicazioni anche riguardo i matrimoni misti, l'intercomunione, l'accoglienza di cristiani battezzati adulti nella chiesa cattolica e in merito alla celebrazione dell'eucaristia per i defunti cristiani non cattolici. Molte delle questioni affrontate in questi testi trovarono una formulazione giuridica nel nuovo Codice di diritto canonico promulgato nel 1983 che rinnovava il precedente a partire dalla teologia e dall'ecclesiologia del Vaticano II. L'8 giugno 1993 infine è stata presentata una versione rivista e completa del Direttorio 58 pensata a partire dal Vaticano II e dai risultati dei dialoghi ecumenici dei decenni successivi. Il documento, frutto di un'ampia consultazione che ha coinvolto teologi, il Pontificio consiglio, le conferenze episcopali e la curia romana, è strutturato in cinque capitoli 59. Si afferma con chiarezza che l'impegno ecumenico non è un'attività opzionale che coinvolge solo gli 'appassionati', ma fondamentale momento del vivere ecclesiale. Viene ribadito che per l'autocoscienza cattolica l'unica chiesa di Cristo sussiste in essa, ma contemporaneamente si riconosce una comunione differenziata (n. 18) con le altre chiese e comunità ecclesiali. Proprio questo differente grado di comunione determina la diversità dei rapporti e di norme canoniche tra le chiese, come avviene ad esempio per le direttive 53 Sartori, op. cit., p. 89 scrive che fu il vescovo di Gorizia mons. A. Pangrazio a presentare il concilio questo principio. Qual è questa gerarchia delle verità? Un documento del gruppo misto di lavoro del 1980, Verso la professione di una fede comune, in Enchiridion Oecumenicum, v. 1, Bologna, EDB, 1986, pp. 451-464, tenta una gerarchizzazione mettendo al vertice l'età apostolica del Nuovo Testamento e poi i concili della chiesa unita del primo millennio. 54 W. Kasper, Vie dell'unità. Prospettive per l'ecumenismo, Brescia, Queriniana, 2006, p. 21. 55 Cfr. T. Stransky, Direttorio ecumenico (1967-1970), in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 414-415. 56 Diretorium oecumenicum. Pars prima: Ad totam ecclesiam, in Enchiridion Vaticanum, v. 2, Bologna, EDB, 197610, pp. 1004-1043. 57 Directorium oecumenicum. Pars altera: Spiritus Domini, in Enchiridion Vaticanum, v. 2, cit., pp. 1044-1083. 58 La versione ufficiale è in francese Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'oecuménisme, in «Acta Apostolicae Sedis», 1993, pp. 1039-1119. La versione italiana Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismo si può trovare in «Il Regno – documenti», 1994, pp. 6-35. Preparato dal Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, è stato approvato da Giovanni Paolo II il 25 marzo 1993. Cfr. G. Sembeni, Direttorio ecumenico 1993. Sviluppo dottrinale e disciplinare, Roma, Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1997; E.F. Fortino, Direttorio ecumenico (1993), in Dizionario del movimento ecumenico, cit., pp. 415417. 59 Cap. I: La ricerca dell'unità dei cristiani; cap. II: L'organizzazione nella Chiesa Cattolica del servizio dell'unità dei cristiani; cap. III: La formazione all'ecumenismo nella Chiesa cattolica; cap. IV: La comunione di vita e di attività spirituale tra i battezzati; cap. V: Collaborazione ecumenica, dialogo e testimonianza comune. riguardanti la communicatio in sacris che stabiliscono regimi diversificati con gli ortodossi e con i protestanti. Questa comunione differenziata e parziale è chiamata, e questo è il fine ultimo del movimento ecumenico, a diventare piena. c) Ut unum sint 25 maggio 1995 A trent'anni dall'Unitatis redintegratio Giovanni Paolo II dedica la sua dodicesima enciclica60 all'ecumenismo, una lettera – afferma con coraggio Giovanni Cereti 61 – testimone della conversione interiore dello stesso papa alla causa ecumenica. Se letta tenendo presenti anche le lettere apostoliche Tertio millennio adveniente62 (10 novembre 1994) e Orientale lumen63 (2 maggio 1995) emerge con ancora maggior forza la crescente attenzione ecumenica maturata da Wojtyla durante il suo pontificato e fattasi più pressante con l'avvicinarsi del grande giubileo del 2000. Testo dal tono positivo, pieno di speranza, dal quale risalta anche la passione personale del pontefice che sente di doversi assumere in prima persona il servizio per l'unità, ribadisce con forza come il cammino ecumenico sia ormai per la chiesa cattolica un impegno irreversibile e centrale della sua azione, non un'opzione o un'appendice64. Documento a carattere prevalentemente pastorale, assume come chiave dottrinale del suo sviluppo la concezione della chiesa come communio. Questa visione teologica che parte dalla comunione trinitaria e si allarga a quella di ogni uomo e di ogni credente con Dio, fonda infine l'unità dei battezzati tra di loro e di tutta l'umanità 65. Questa comunione ecclesiale, nonostante le ferite delle divisioni e delle separazioni nella storia delle chiese, non è andata perduta e in modo accorato il papa si domanda: «come è mai possibile restare divisi, se con il battesimo noi siamo stati “immersi” nella morte del Signore, vale a dire nell'atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione?»66. Importante in vista della riunificazione sembra essere una maggiore considerazione del carattere ecclesiale delle altre comunità – «oltre i limiti della comunità cattolica non c'è il vuoto ecclesiale»67 – attraverso un significativo allargamento del subsistit in di LG 8. L'unica chiesa di Cristo 'sussiste' nella chiesa cattolica, ma è presente, 'sussiste', anche nelle altre comunità cristiane68 che per questo possono essere indicate come Chiese sorelle69. La communio ecclesiale si fonda sul battesimo e sulla comune professione di fede tenendo conto del principio della gerarchia delle verità e della necessaria distinzione tra contenuti della fede e modo in cui questi sono enunciati. Lo sguardo dell'altro è riconosciuto in questo scambio essere un dono che permette di andare più in profondità nella scoperta dell'insondabile ricchezza della verità poiché nella comunione ecumenica le chiese portano 60 Ut unum sint, cit. (d'ora in poi UUS). Il documento, articolato in 103 numeri, è strutturato in tre parti, più introduzione e conclusione: “L'impegno ecumenico della chiesa cattolica” (nn. 5-40); “I frutti del dialogo” (nn. 4176); “Quanta est nobis via?” (nn. 77-99). Sull'enciclica si possono vedere: A. Filippi, Ut unum sint: dopo le divisioni e i dialoghi, il mutuo arricchimento, in «Il Regno – attualità», 1995, pp. 367-370; G. Cereti, L'enciclica «Ut unum sint», in «Rassegna di teologia», 1995, pp. 679-697; E. Bromuri, Ut unum sint, in «Convivium assisiense», 1996, pp. 67-86. 61 Cereti, op. cit., p. 679. 62 Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, in Enchiridion vaticanum, v. 14, cit., pp. 932-1013. 63 Giovanni Paolo II, Orientale lumen, in Enchiridion vaticanum, v. 14, cit., pp. 1472-1535. 64 Cfr. UUS 3.9.20.38. In UUS 79 il papa afferma che è necessario «sfuggire la tiepidezza nell'impegno per l'unità e ancor più l'opposizione preconcetta, o il disfattismo che tende a vedere tutto al negativo». 65 Cfr. LG 1. 66 UUS 6. 67 UUS 13. 68 Cfr. UUS 11. 69 Nell'enciclica questo titolo è applicato direttamente solo alle chiese orientali, Paolo VI nel 1970 lo aveva utilizzato anche per la comunione anglicana e lo stesso Giovanni Paolo II per le chiese luterane (cfr. Cereti, op. cit., p. 684). ciascuna i propri doni specifici e vivono un «mutuo arricchimento» 70. Il dono che la chiesa cattolica sente di dover portare alla comunione delle chiese è quello del servizio petrino. Con una modalità completamente nuova Giovanni Paolo II non nasconde uno dei nodi più difficili da sciogliere di tutto il cammino ecumenico, invita a vederlo come una possibile ricchezza per tutti, ma riconoscendo il bisogno di distinguere tra il servizio e i modi con i quali si è concretizzato nella storia, invita tutti a cercare insieme una forma di esercizio perché «questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri»71. Un altro importante tratto di novità dell'enciclica è il riconoscimento che la comunione reale, ma imperfetta delle chiese vive già un tratto di pienezza e perfezione nella comune esperienza del martirio. Il '900 lascia in eredità alle chiese un martiriologio comune: nella testimonianza della santità e della confessione della fede fino al dono della vita i cristiani realizzano la piena comunione con il Signore e quindi tra di loro al di là di tutte le divisioni ecclesiali. È il riconoscimento che l'autentica fede e carità cristiane possono essere vissute in pienezza in tutte le chiese e «sebbene in modo invisibile, la comunione non ancora piena delle nostre comunità è in verità cementata saldamente nella piena comunione dei santi»72. Possiamo ancora fare accenno almeno al dialogo, alla preghiera comune per l'unità e alla necessaria dimensione di conversione personale e comunitaria (implicante un impegno di riforma delle chiese), come elementi decisivi per il papa in ordine all'attuale cammino ecumenico. Infine Giovanni Paolo II nella terza parte del documento, mentre indica come necessario compito da assolvere la cura della recezione dei risultati raggiunti fino ad ora perché diventino autenticamente patrimonio comune, con lucidità e consapevolezza traccia la lunga strada ancora da affrontare con coraggio e pazienza – partendo da una prospettiva cattolica – per raggiungere un vero consenso di fede: «1) le relazioni tra sacra Scrittura, suprema autorità in materia di fede e la sacra Tradizione, indispensabile interpretazione della parola di Dio; 2) l'Eucaristia, sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, offerta di lode al Padre, memoriale sacrificale e presenza reale di Cristo, effusione santificatrice dello Spirito Santo; 3) l'Ordinazione, come sacramento, al triplice ministero dell'episcopato, del presbiterato e del diaconato; 4) il Magistero della Chiesa, affidato al Papa e ai Vescovi in comunione con lui, inteso come responsabilità e autorità a nome di Cristo per l'insegnamento e la salvaguardia della fede; 5) la Vergine Maria, Madre di Dio e icona della Chiesa, Madre spirituale che intercede per i discepoli di Cristo e tutta l'umanità» 73. d) Dominus Jesus 6 settembre 2000 Tra i documenti che segnano il percorso cattolico nel movimento ecumenico dal dopo concilio in poi è importante fare un breve riferimento alla dichiarazione Dominus Jesus74 della Congregazione per la dottrina delle fede. Pur non essendo un testo dedicato all'ecumenismo – l'intenzione in recto è di ribadire l'unicità e l'universalità salvifica di Cristo e della Chiesa davanti all'effervescente dibattito sulle teologie del dialogo interreligioso – ha suscitato molte reazioni, spesso negative, anche sul piano ecumenico per 70 UUS 56; 87. 71 UUS 95. In modo particolare si mette in discussione la forma con la quale si è esercitato il primato nel secondo millennio cristiano. Il primo millennio, con la sua unità strutturata di chiese sorelle e indivise assume un po' il valore di esperienza quasi-normante per il cammino ecumenico (cfr. UUS 55-56; Filippi, op. cit., 368). Al ministero di unità del vescovo di Roma sono dedicati i numeri 88-96 dell'enciclica. 72 UUS 84. Cfr. UUS 1. 73 UUS 79. 74 Congregazione per la dottrina della fede, Dominus Jesus, in Enchiridion vaticanum, v. 19, Bologna, EDB, 2004, pp. 656-709. Firmata il 16.VI, datata 6.VIII, resa nota 5.IX.2000, la sua comprensione può avvalersi dei commenti, tradizionalmente ufficiosi, apparsi sull'«Osservatore romano» il 6.IX.2000: J. Ratzinger, Contesto e significato del documento, p. 9; T. Bertone, Valore e grado di autorità, p. 9; A. Amato, I contenuti cristologici, p. 10; F. Ocariz, I contenuti ecclesiologici, p. 10. la reinterpretazione autorevole che del subsistit in di LG 8 si fa nei numeri 16-1775. Come afferma Colzani, «la Dominus Jesus appare come un grido che, mentre ribadisce gli orizzonti universali della missione, afferma con forza l'identità cristiana ed ecclesiale» 76. La questione identitaria, contro ogni pericolo di relativismo e indifferentismo, è certamente il motivo guida di questo testo vaticano, un'identità che si sente il bisogno di difendere non solo nei rapporti con le altre religioni, ma con i due numeri citati poco sopra 77, anche dentro il campo ecumenico. Quanta distanza tra la passione ecumenica di Ut unum sint e la paura di questo documento! I tratti più pesanti del testo forse sono proprio la forma, lo stile, la mens theologica che i contenuti veri e propri. In questo senso, nota anche Sartori 78, si opera una sorta di inversione rispetto al Concilio: dal sì senza perdere l'identità, all'identità prima di tutto con una debole (disinnescata?) apertura al sì. Si sceglie un'ermeneutica giuridica dei testi del concilio a scapito di una lettura profetica. L'approccio di difesa identitaria porta a far leva sulla mentalità esclusivista dell'unicità che al numero 16 genera questa scaletta di affermazioni consequenziali e degradanti: un solo Cristo, una sola Chiesa, una sola Chiesa cattolica. La Dominus Jesus poi cita LG 8 e commenta il subsistit in: c'è una continuità storica tra la chiesa fondata da Cristo e la chiesa cattolica nella quale unicamente, al di là di tutte le divisioni, essa continua ad esistere pienamente79. Il grado e valore ecclesiologico delle altre confessioni cristiane non è riconosciuto in sé o in rapporto alla loro adesione a Cristo, ma deriverebbe da quanto esse restano unite alla chiesa cattolica. Così quelle che conservano la successione apostolica e una valida eucaristia possono essere chiamate chiese particolari, mentre le altre «non sono chiese in senso proprio»80, ma possono solo essere nominate comunità ecclesiali 81. Addirittura per una nota della stessa Congregazione le comunità provenienti dalla Riforma non potrebbero neppure essere considerate Chiese sorelle 82. In ambito evangelico questo documento ha rafforzato l'idea che, almeno in alcuni ambienti della curia vaticana, la 75 Cfr. P. Sgroi, “Dominus Jesus”. Reazioni ecumeniche, in «Studi ecumenici», 2001, pp. 21-24. Una breve rassegna di commenti si può consultare sul web: www.ildialogo.org/Ratzinger/commenti.htm. Reazioni non entusiaste si sono registrate anche dentro la stessa curia vaticana, cfr. L. Preziosi, Reazioni alla Dominus Iesus. Tensione ai vertici, in «Il Regno – attualità», 2000, p. 592. 76 G. Colzani, La Dominus Jesus. Missione e verità, in «Ad Gentes», 2001, p. 6. 77 Per L. Sartori sembra che i numeri 16-17 siano stati aggiunti in un secondo momento (“Dominus Jesus” scuote l'ecumenismo, in «Studi ecumenici», 2001, p. 16). 78 Sartori, op. cit., pp. 7-20. 79 Ocariz, op. cit., p. 10: «l'unica Chiesa di Gesù Cristo continua ad esistere malgrado le divisioni tra i cristiani; e, più precisamente, che soltanto nella Chiesa Cattolica sussiste la Chiesa di Cristo in tutta la sua pienezza, mentre fuori della sua compagine visibile esistono “elementi di santificazione e verità” propri della stessa Chiesa». È innegabile come i toni di questa interpretazione del subsistit in configurino un brusco passo indietro rispetto ad UUS. 80 Dominus Jesus 17. 81 Lo stesso tono della Dominus Jesus si può rilevare anche in un altro documento della stessa Congregazione per la dottrina della fede del 29 giugno 2007: Risposte Ad catholicam profundius a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa, in Enchiridion vaticanum, v. 24, Bologna, EDB, 2009, pp. 722-733 (nelle pp. 734-741 si trova l'articolo di commento, sempre ad opera della Congregazione, apparso sull'Osservatore romano l'11 luglio 2007). In merito al subsistit in si trova: «Nella Costituzione dogmatica Lumen gentium 8 la sussistenza è questa perenne continuità storica e la permanenza di tutti gli elementi istituiti da Cristo nella Chiesa cattolica, nella quale concretamente si trova la Chiesa di Cristo su questa terra. Secondo la dottrina cattolica, mentre si può rettamente affermare che la Chiesa di Cristo è presente e operante nelle Chiese e nelle Comunità ecclesiali non ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica grazie agli elementi di santificazione e di verità che sono presenti in esse, la parola "sussiste", invece, può essere attribuita esclusivamente alla sola Chiesa cattolica, poiché si riferisce appunto alla nota dell’unità professata nei simboli della fede (Credo…la Chiesa "una"); e questa Chiesa "una" sussiste nella Chiesa cattolica» (p. 729). Per un breve report di reazioni ecumeniche a questa dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede: D.S., Onestamente divisi, in «Il Regno – attualità», 2007, pp. 446-448. 82 Sull'uso restrittivo dell'espressione Chiese sorelle vedi la nota della Congregazione per la dottrina della fede del 30 giugno 2000 in «Il Regno – documenti», 2000, pp. 537-538. prospettiva dell'ecumenismo sia ancora quella del ritorno83. 3. Camminare verso l'unità Il breve excursus che abbiamo tracciato ci ha permesso di vedere il molto cammino già percorso, ma anche di intuire il molto da compiersi. La chiesa cattolica dal concilio Vaticano II si è posta in un atteggiamento maggiormente dialogante con le altre chiese abbandonando la prospettiva del ritorno come unica strada percorribile84, sebbene soprattutto nell'ultimo decennio si assista, come abbiamo notato, ad un maggior bisogno di riaffermazione dell'identità che genera una pesante impressione di stallo 85. Questione delicata e allo stesso tempo determinate è sempre più quella della recezione: difficilmente le varie chiese accettano di far diventare prassi feriale i risultati raggiunti nei vari dialoghi, lasciandosi provocare alla conversione dall'ecumenismo. Il cammino verso l'unità, al di là dei principi più volte dichiarati, è veramente il cuore della vita delle comunità cristiane. Lo stesso card. Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, concludeva però la sua relazione al concistoro dei cardinali del 23 novembre 2007 affermando che «non c'è nessuna alternativa realistica all'ecumenismo, e soprattutto nessuna alternativa di fede»86. È davvero un cammino irreversibile da percorrersi nei vari sentieri teologico, spirituale, solidale ma che ha necessità di decisi passaggi: • da un ecumenismo confessionale interessato unicamente alle questioni teologiche ed ecclesiologiche, ad uno globale che da “settore” per specialisti lo faccia diventare dimensione costitutiva di una vita di fede aperta a tutti gli ambiti dell'esistenza; • dall'ecumenismo ufficiale fatto di grandi eventi e di importanti gesti simbolici, ad uno feriale, contestuale alle relazioni quotidiane, giocato nei luoghi di vita dalle comunità concrete; • conseguentemente da un'ecumenismo di specialisti ad uno di popolo diventando laboratorio di vite cristiane mature, perno ineliminabile di ogni autentico cammino di discepolato; • da un'ecumenismo delle chiese ad uno della storia capace di aprire insieme tutti i credenti in Cristo all'impegno per la pace, la giustizia, la salvaguardia del creato87. A conclusione di questo nostro percorso vorrei segnalare alcuni siti internet – tra i tanti – luoghi preziosi per continuare un cammino: • Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani: www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/index_it.htm • Ufficio nazionale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della conferenza episcopale italiana: www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/s2magazine/index1.jsp? 83 Cfr. U. Baumann, Ecumenismo, in I concetti fondamentali della teologia, v. 2, a cura di P. Eicher, Brescia, Queriniana, 2008, pp. 57-58. 84 Hanno favorito questo approccio positivo anche alcune svolte metodologiche attraversate della teologia cattolica nel XX secolo: la revisione, in ambito storiografico, di un atteggiamento confessionale autogiustificante nell'interpretazione della Riforma; un approccio critico alla storia dei dogmi; l'accettazione e l'uso del metodo storico-critico nell'esegesi; il riconoscimento di un pluralismo teologico negli scritti neotestamentari (cfr. Baumann, op. cit., pp. 53-54). 85 Baumann, op. cit., pp. 57-60 fa riferimento ad esempio a due questioni che contribuiscono a generare e sostenere l'attuale stagnazione: nei rapporti con le chiese e le comunità della Riforma il tema dell'ospitalità eucaristica negata anche con la sospensione di due preti cattolici che avevano osato praticarla. Nel dialogo con le chiese dell'est europeo la nomina di vescovi cattolici in Russia percepita come un affronto dalla chiesa ortodossa russa. 86 www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/card-kasper-docs/rc_pc_chrstuni_doc_20071123_dialogoecumenico_it.html 87 Per questi passaggi vedi G. Brusegan, Ecumenismo ed ecumenismi, in «Credere oggi», 2007, 4, pp. 21-22. idPagina=4062 Consiglio ecumenico delle Chiese: www.oikoumene.org/ Istituto di studi ecumenici san Bernardino – Venezia: www.isevenezia.it/it/ Centro per l'ecumenismo in Italia: www.centroecumenismo.it/ Bollettino elettronico mensile Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia: www.centroecumenismo.it/Veritasincaritate/tabid/471/Default.aspx • Centro pro unione: www.prounione.urbe.it/index_hi_res.html • • • •