Per - Avanti della domenica

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Per - Avanti della domenica
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DELLA DOMENICA
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ANNO XV - N. 45
DOMENICA 16 DICEMbrE 2012
SPED. ABB. POST. - DL 353/2003
(Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA
TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY
EURO 1,50
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CAMPAGNA ELETTORALE
Il signor B.
è tornato per
avvelenare i pozzi
La battaglia contro la speculazione finanziaria non è solo della sinistra
Marco Di Lello
Serve una politica ‘globale’
così come la finanza è globale
Grillo, giù le mani
da Matteotti
e dai Rosselli!
Ugo Intini
Nicola Del Corno
a grande stampa spiega che Bersani rappresenta la continuità con la tradizione di una sinistra storicamente conservatrice mentre Renzi introduce finalmente la moderna linea liberale. Manifesta il timore che l’alleanza con Vendola acuisca l’ipoteca vetero massimalista. Angelo Panebianco, sul Corriere della Sera, aggiunge che la parentesi innovatrice e, appunto, liberale, del PSI craxiano è stata definita di destra da un PCI a quel tempo in grado di appiccicare
questa etichetta “a chi non mostrasse sudditanza culturale e psicologica nei suoi
confronti”.
È vero soltanto l’ultimo punto. In effetti, a partire dalla seconda metà degli anni
’70, il PSI scandalizzò i comunisti lanciando la politica del socialismo liberale
con la formula liberalsocialista “Lib-Lab” (liberal-labour). Così in anticipo sui
tempi che tutti gli altri socialisti europei arrivarono dopo e in parte vi si ispirarono.
Il PSI di oggi, ancorché piccolo, è l’erede di quella politica, è alleato del PD esattamente come Vendola e può certificare dunque alcune verità: a volte ovvie, a
volte apparentemente (solo apparentemente) provocatorie.
Almeno nella versione data dai media, il “renzismo” non è liberalsocialismo e
neppure liberalismo vero. E’ un patch work di retorica nuovista e di luoghi co-
ra le tante fesserie che ci tocca
leggere quotidianamente sui
giornali, in questi ultimi giorni ce ne
una che non può non farci sobbalzare e al tempo stesso indignare profondamente: l’appropriazione da parte
di Beppe Grillo di tre grandi esponenti del socialismo democratico italiano come Giacomo Matteotti e i fratelli Rosselli, e la loro collocazione in
un improbabile Pantheon a Cinque
Stelle.
Innanzitutto occorre ricordare al comico genovese, spesso spiritoso
quanto ignorante di storia patria, che
due dei sopracitati personaggi (Carlo
Rosselli e Matteotti) hanno militato
in quel Partito socialista, da Grillo
sbeffeggiato in un’infelice battuta
sanremese di qualche decennio fa. Se
tutti i socialisti sono ladri – come asseriva il genovese – allora anche Carlo Rosselli e Matteotti lo sono stati, e
quindi perché nominarli fra i propri
eroi? Insomma un po’ di coerenza
non farebbe male …
Ma soprattutto a chi conosce la
traiettoria esistenziale dei Rosselli e
di Matteotti non sfugge come costoro
siano stati sempre lontani, nella
prassi e nella teoria, dalla metodologia antipolitica di Grillo. Convinti
assertori del metodo liberale e democratico costoro non avrebbero potuto
di certo apprezzare lo stile dittatoriale con cui Grillo tiene in pugno il suo
movimento.
Il socialismo proposto da Matteotti e
da Rosselli fu appunto veramente liberale e democratico; ossia un socialismo che non doveva avere paura del
dissenso, della libertà, dell’individuo,
che non cercava alcuna scorciatoia
verso unanimismi incompatibili con i
nostri ideali. La pratica dell’espulsione, della gogna, del richiedere un
prono asservimento alle direttive dei
propri capi non ha mai fatto parte
dell’operare politico dei Rosselli e di
Matteotti. Il diritto all’eresia, che per
i socialisti è sempre stato un valore,
segue a pagina 2
D
iciamocelo subito con grande
franchezza: queste elezioni
non saranno facili da vincere e ci
vorrà tutta la generosità, l’impegno e il buon senso per ridare
agli italiani una prospettiva di
serenità.
Il signor B. è ritornato in campo
per avvelenare i pozzi, una specialità di cui ha già dato ampie
prove in passato.
Non ci piace per nulla, e non penso che ci aiuti, la stampa straniera che lo raffigura come una
mummia (Liberation) o come
qualcosa che galleggia nel water
(Suddeutsche Zeitung). Questo ci
offende un po’ tutti come italiani
e oltretutto stimola rigurgiti di
nazionalismo da un tanto al chilo
accentuando il vittimismo di cui
il personaggio sovente ama ammantarsi.
Come certa sinistra, anche questa stampa rappresenta un valido
alleato del signor B.
A scanso di equivoci, ripetiamo
che come leader politico Berlusconi rappresenta non solo il
‘vecchio’, ma anche il peggio della nostra società.
In quasi vent’anni sulla scena
politica ha già dimostrato tutto il
suo antieuropeismo, individualismo sfrenato, conflitto di interessi, assenza di progetto di rilancio
dell’economia e della società, genuina allergia verso l’equità sociale, il rispetto delle leggi e fastidio per un’autentica parità dei
sessi. L’idea di dover fare un’altra campagna elettorale in cui lui
apparirà come il competitore
dello schieramento avverso, ci
avvilisce e ci preoccupa.
Ci avvilisce perché non è così nella realtà, perché anche gli italiani
di centrodestra solo in parte si riconoscono nei suoi vizi. Perché
rinfocolerà un modello di opposizione ‘dura e pura’, dove la rincorsa a chi strilla di più, sarà tra
Grillo, Di Pietro, Ferrero, e chissà chi altro ancora. Un incubo.
Ci preoccupa perché renderà assai più difficile parlare delle scelte vere da fare, delle necessità degli italiani, del nostro futuro.
Su queste note Berlusconi farà la
sua propaganda, puntando a ripetere, a braccetto della Lega, il
risultato del 2006 quando, grazie
a una campagna elettorale condita con le solite promesse e minacce e al Porcellum appositamente
disegnato da Calderoli (e in vigore), Prodi arrivò a vincere, ma
dopo aver perso per strada gli 8
punti percentuali di vantaggio
dei sondaggi per trovarsi con una
maggioranza di due soli voti al
Senato. Come dimenticare quel
calvario parlamentare lungo due
anni appeso ai mal di pancia di
Turigliatto e alle ambiguità di De
Gregorio?
C’è infine un’incognita grande
come una casa e si chiama Mario
Monti.
Se il Presidente del Consiglio accettasse di sostenere una lista
centrista, sconvolgerebbe innanzitutto i piani di Berlusconi,
schiacciandolo politicamente sulle posizioni della destra radicale
e xenofoba, sterilizzandone il risultato elettorale alle Camere.
Certamente, ma in misura minosegue a pagina 2
L
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F
Dal 2007 cresciuta del 37,5%
Per il centrodestra né primarie, né parlamentarie, la scelta è stata già fatta
Battaglia contro
l’evasione fiscale
L’Italia e le ‘Berlusconiadi’
Gianfranco Sabattini a pag.3
Proposte concrete di rilancio
La ‘rivoluzione’
di Crocetta
Nino Gulisano a pag.4
Siamo rimasti gli unici
rappresentanti dell’‘idea’ socialista
Tre idee per
non fare la fine
del partito
contadino ...
Alberto Benzoni
Mauro Del Bue
P
rima annuncia il ritiro della sua
candidatura ed implicitamente indica Alfano come successore, poi rilancia e si ripresenta candidato, infine
accetta le primarie che aveva esplicitamente contestato, poi ipotizza la nascita di un nuovo partito, evidentemente
senza i suoi colonnelli e caporali, adesso pare aver sciolto la riserva e si dice
pronto a correre perché l’Italia, senza
di lui, sarebbe avviata verso il baratro.
Ma non si capisce se ancora col Pdl o
V
con una nuova lista depurata dagli ex
An che a loro volta farebbero un altro
partito. Colpisce la coerenza e anche il
tragico destino di Alfano, due volte
sull’altare e due volte nella polvere.
Certo non finirà a Sant’Elena. Anche
perché il destino nobile e tragico è solo riservato ai protagonisti. Non ai pretendenti. È difficile comprendere la
strategia berlusconiana se lo stesso
Berlusconi si dice ancora confuso e indeciso. E tuttavia la sua lunga e lacesegue a pagina 2
ent’anni fa, dall’immane disastro di Tangentopoli nacque un sistema basato sulla negazione, insieme, del socialismo e dei socialisti.
Tutto fu travolto ed esposto al pubblico ludibrio: classe dirigente, cultura politica, identità. A questa contestazione esistenziale, collettiva ma anche individuale, abbiamo tentato di rispondere in tre modi: rifugiandoci da papà Berlusconi (che ci garantiva vendetta, riconoscimento delle competenze e tavola
sempre ben fornita), rinchiudendoci in un dignitoso silenzio politico, in attesa
che la storia ci desse ragione e, infine, ricostruendo la nostra esistenza collettiva in un ambiente, quello del centro sinistra, magari salubre ma, per noi assai inospitale.
Si aggiunga che in tale ambiente noi dovevamo misurarci con la presenza soffocante di un partito ex comunista che comunque negava le ragioni della nostra
esistenza.
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A
- Stampa e Tv -
Quello che non
vi hanno detto di noi
Cardinal Scola non condivide
la nostra idea di libertà
“Il primo valore, non negoziabile, si
chiama ‘libertà”. Lo ha detto
Riccardo Nencini, commentando il
discorso pronunciato giovedì 6 dal
Cardinal Scola, in occasione della
ricorrenza della festa di Sant’Ambrogio a Milano. “Non la pensa
come noi il cardinale Scola quando
espone questa singolare teoria: uno
Stato laico che non professa valori
religiosi è uno Stato senza valori. Si
tratta di una visione non lontana da
forme di teocrazia che le democrazie hanno felicemente sconfitto nel
nome della separazione tra le istituzioni statuali e le chiese. È fuori
discussione che il nostro tempo
debba ispirarsi a valori forti che si
richiamino alla dignità della persona, alla giustizia, al rispetto del
bene comune. Valori che vivono di
luce propria. Valori che si nutrono
di libertà, ‘lo maggior don che Dio
per sua larghezza fesse creando...’.Dante, eminenza, è una lettura attualissima per ciascuno di noi.
Silvio come J.R. e Dallas
Sarà un clamoroso flop
“Il ciclo berlusconiano è finito e
Silvio in campo sarà un flop clamoroso pari al ritorno di J.R. e Dallas
su Canale 5”. Lo ha detto Riccardo
Nencini, commentando l’annuncio
del rientro in lizza del leader dell’ex
presidente del consiglio.
“Raccoglierà pochi voti e molti
senza famiglia, in testa quanti lo
hanno criticato, ma sono troppo
deboli per fare seguire alla critica
l’autonomia. Anche nostre vecchie
conoscenze. Queste elezioni saranno ricordate come lo scontro tra una
coalizione della sinistra riformista
che ha solidi legami con l’Europa
ed è orientata verso il cambiamento,
contro il simbolo del passato che
ritorna con un velleitario impasto di
populismo e con nessun rapporto
con l’Europa”.
“Le primarie hanno battezzato una
leadership forte nel centrosinistra,
con ottime chanches per vincere le
elezioni mentre Berlusconi non si
pone l’obiettivo di vincerle ma di
condizionare il prossimo Parlamento. Non c’è più un centrodestra e la
destra non ha individuato una figura attorno a cui creare una leadership autorevole. L’unico modo per
limitare i danni è il ritorno in campo
del Cavaliere. Ma quando un ciclo è
finito, è finito, e non c’è nulla che
possa riesumarlo”.
Lazio. Sistema sanitario
verso il collasso
“Il sistema sanitario nella regione
Lazio sta per andare al collasso.
Tagli indiscriminati alla sanità,
sovraffollamento di pazienti nei
pronto soccorso e reparti d’eccellenza, fiori all’occhiello della Capitale, che rischiano di chiudere”. Lo
ha detto Angelo Sollazzo, commentando le proteste dei lavoratori degli
ospedali nel Lazio. “Come se non
bastasse un deficit sanitario già
insopportabile, sono a rischio centinaia di posti di lavoro. Siamo al
fianco di quei professionisti che
dopo aver trascorso anni a svolgere
un servizio delicato e fondamentale
per i cittadini, con serietà e professionalità, spesso senza tutele, adesso si trovano a difendere ciò che gli
è dovuto, il proprio posto di lavoro.
La situazione è diventata ormai
insostenibile”.
DELLA DOMENICA
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www.partitosocialista.it
Serve una politica
‘globale’, così come ...
Intini dalla prima
muni dell’estremismo liberista oggi di
moda. Il programma di Bersani non è
affatto ispirato alla vetero sinistra, ma
la copia esatta di tutti i programmi (assolutamente liberalsocialisti) dei PS
europei (da quello francese, che ha appena vinto le elezioni, a quello inglese,
che probabilmente le vincerà, o tedesco, che potrebbe l’anno prossimo realizzare un governo di unità nazionale
con la Merkel).
Il famoso Noam Chomsky, con una
battuta non priva di un fondo di verità,
ha osservato che in America oggi Nixon sarebbe di sinistra. Craxi, in Italia
(e sul serio) sarebbe di estrema sinistra. Certamente anche l’ex segretario
del Partito liberale, quello vero, Valerio Zanone (non a caso sino a ieri senatore del PD) sarebbe più a sinistra dei
sedicenti liberali di oggi. Purtroppo si
è passati in Italia da un estremo all’altro. Alla egemonia comunista degli anni ’70 è seguita infatti una egemonia
iper liberista, ideologica e quasi fanatica che ignora le lezioni più dure dei
fatti: prima tra tutte la catastrofe economica (dal costo di una guerra mondiale perduta, si è calcolato) provocata
esattamente dalla finanza senza freni e
senza regole.
Il liberismo ideologico, accecato,
si accanisce sulle pagliuzze
Ciò spiega perché chi è rimasto fermo
dov’era (come i socialisti liberali di
formazione craxiana) fossero considerati trent’anni fa di destra e oggi di sinistra.
Il liberismo ideologico, accecato, si accanisce sulle pagliuzze, ma non vede la
trave e cioè che oggi i protagonisti della finanza internazionale sono immensamente peggio dei “padroni delle ferriere” ai primi del ‘900. Quelli, i padroni, credevano nell’etica del lavoro.
Questi, i finanzieri, nella filosofia del
gatto e della volpe, i quali spiegano a
Pinocchio che le monete d’oro crescono dalla pianta delle monete stesse.
Quelli producevano beni o servizi,
questi creano una finta ricchezza di
carta. Quelli rischiavano denaro proprio, questi, se vincono le loro scommesse in Borsa arricchiscono, se perdono e finiscono sull’orlo della bancarotta, si fanno salvare con i soldi dello
Stato perché, come lamenta Obama,
sono “too big
to fail” (troppo
grossi per fallire). In fondo
sono per metà
come i vecchi
comunisti, dei
“nazionalizzatori”. Anche
loro: privatizzano gli utili e
“nazionalizzano” le perdite.
Quelli, i padroni, puntavano sulla crescita del loro
Paese e della
Borsa, questi
non hanno patria, puntano
spesso al crollo della Borsa e al disastro economico,
perché per ottenere profitti giocano indifferentemente al rialzo o al ribasso.
Quelli giocavano soldi che avevano,
questi giocano soldi che non hanno
perché, grazie al meccanismo del “leverage” (leva) puntano dieci se posseggono uno. Un rischio e un imbroglio che neppure al casinò di Macao
sarebbe consentito. Quelli pagavano le
tasse, questi spesso no, perché le loro
società stanno in Stati peggiori degli
Stati canaglia: Stati inesistenti (dalle
Caiman all’Isole di Man) , inventati
non da dittatori criminali, ma dagli studi legali di Londra e New York (e tuttavia immensamente più dannosi per
l’economia mondiale). Quelli (i padroni) puntavano a condizionare la politica. Questi vogliono privatizzare, oltre
che l’economia, anche la politica, sostituendosi ai dirigenti politici stessi,
relegandoli nella marginalità se non,
come in Italia, nella delegittimazione e
nel ridicolo.
Ha dunque ragione Vendola? La battaglia contro un certo tipo di finanza non
è solo della sinistra, dei lavoratori e dei
ANNO XV - N.45 - DOMENICA 16 DICEMBRE - 2012
sindacati, ma anche degli imprenditori
veri, quelli che producono beni e servizi, anziché giocare d’azzardo in quel
casinò senza frontiere in cui sono state
trasformate le Borse. Solo vincendola
si eviterà che l’economia di carta distrugga, come è già in parte successo,
l’economia
reale, fondata
come è sempre
avvenuta e
sempre avverrà sul lavoro,
l’intelligenza,
il sacrificio, la
creatività.
Il PSI tuttavia,
dai tempi di
Nenni e del
primo centro
sinistra, ha imparato che “la
politica è l’arte
del possibile”.
La battaglia
non si può vincere e neppure
tentare in un
solo Paese,
che ne rimarrebbe stritolato. L’orizzonte minimo è quello di una Europa
che diventi finalmente politicamente
unita.
La sfida di una nuova
generazione di leader
E forse non basterà, senza il concorso
degli Stati Uniti. La finanza internazionale è senza frontiere, “globale”, e può
essere obbligata ad accettare regole
L’Italia verso
le berlusconiadi
Del Bue dalla prima
rante riflessione, berlusconianamente
amletica, parte da un presupposto. La
colpa della crisi del Pdl non è sua, ma
dei suoi. È un atteggiamento, in verità,
che ha accomunato un po’ tutti i grandi
leader politici italiani, e sopratutto coloro che i partiti li hanno fondati.
Pensiamo all’ultimo Craxi, che il Psi
non l’aveva fondato, ma rifondato sì, e
soltanto da una politica altrettanto
“globale”. Anzi, il diventare globale è
per la politica la premessa indispensabile se vuole tornare a governare davvero. Questa è la sfida di una nuova
generazione di leader. Nel frattempo,
perché l’Italia, appunto, non resti stritolata, si deve seguire proprio l’agenda
Monti. Ciò che farà qualunque governo, inevitabilmente. E che farà meglio
con una base di consenso larga, tale da
comprendere non solo la sinistra, ma
anche il centro.
Certo, l’agenda Monti andrà seguita
con una ben maggiore elasticità mentale e con la conoscenza della psicologia
nazionale, conservando il contatto con
il popolo. Ciò che non si può chiedere
a un professore della Bocconi e tanto
meno a molti dei suoi ministri: professori ( o più modestamente funzionari)
come lui, ma non del suo spessore.
L’agenda va perseguita in definitiva
non dai tecnici, bensì dai politici democratici, consapevoli che si tratta di
una via obbligata, ma capaci anche di
indicare prospettive e speranze.
Qualcuno pensa che solo i tecnici e i
numeri contino? Angela Merkel ha appena dichiarato che, come diceva il
cancelliere Erhard, grande economista
e successore di Adenauer, in economia
la psicologia conta per il 50 per cento.
Se si considera che la psicologia è soprattutto condizionata dalla politica e
che le scelte politiche decidono un’altra parte del rimanente 50 per cento, si
comincia a capire quanto sia dissennato immaginare che il timone di una Nazione possa essere affidato a tempo indeterminato a professori e funzionari.
Del Corno dalla prima
risulta invece pratica sconosciuta
nelle caserme grilline.
Discriminante non di poco conto, e
che andrebbe bene valutata anche
quando si formano i propri Pantheon.
La storia della politica del XX secolo
è piena zeppa di populisti che per far
breccia nell’opinione pubblica hanno usato le facili armi della demagogia, dato che la pars destruens risulta sempre di facile definizione (basta
qualche slogan ad effetto), mentre
quella programmaticamente ricostruttiva necessita di idee, competenze, pragmaticità. Insomma, non tutti
sono in grado di “Rifare l’Italia”,
per riprendere Turati.
Se Grillo ha bisogno di qualche nome per il suo demagogico Pantheon,
ce ne sono tanti da suggerirgli; i primi che mi vengono in mente sono
Poujade, Giannini, Peron… Però lasci stare Matteotti e i Rosselli, quelli
appartengono a noi; costoro assieme
a tanti altri socialisti – Turati, Kuliscioff, Colorni, Nenni, Brodolini,
Fortuna solo per citarne qualcuno –
hanno contribuito concretamente al
progresso democratico e sociale del
nostro Paese; un progresso – Grillo
non lo dimentichi mai – di cui hanno
potuto godere tutte le italiane e gli
italiani.
E i socialisti fanno bene a ricordarlo
con orgoglio.
al suo giudizio sui suoi sottomessi,
pensiamo a Occhetto che dopo aver
creato il Pds, lo ha clamorosamente
abbandonato, pensiamo a Fini che ha
lasciato i suoi ex colonnelli e lanciato
un nuovo partito senza di loro, pensiamo allo stesso Di Pietro, che ha sancito la fine dell’Idv, accusando i dipietristi. Berlusconi non fa eccezione,
dunque.
E ritiene che solo liberandosi dalle zavorre sue, possa rilanciare se stesso.
Non ritiene di essere lui la malattia, ma
sostiene di essere lui, ancora, la medi-
cina. Berlusconi deve essere stato parecchio colpito dalle primarie del centro-sinistra. Le ha invidiate e temute.
L’effetto imitazione, in scala minore,
proposto da Alfano, deve averlo parecchio preoccupato. Inventerà qualcosa e
mentre Grillo ha indetto le Parlamentarie, riservate esclusivamente agli
iscritti e con regole fissate solo da lui è
dall’invisibile e crozziano Casaleggio,
non escludo che Berlusconi indica le
Berlusconiadi, riservate a un solo candidato, ma col voto aperto a tutti.
(dal blog www.locchiodelbue.it)
Siamo rimasti gli unici rappresentanti dell’‘idea’ socialista, ma l’intesa con Bersani e Vendola presenta dei rischi
Tre idee per non fare la fine
del partito contadino della DDR
Alberto Benzoni
V
ent’anni fa, dall’immane disastro
di Tangentopoli nacque un sistema basato sulla negazione, insieme,
del socialismo e dei socialisti. Tutto fu
travolto ed esposto al pubblico ludibrio: classe dirigente, cultura politica,
identità.
A questa contestazione esistenziale,
collettiva ma anche individuale, abbiamo tentato di rispondere in tre modi:
rifugiandoci da papà Berlusconi (che
ci garantiva vendetta, riconoscimento
delle competenze e tavola sempre ben
fornita), rinchiudendoci in un dignitoso silenzio politico, in attesa che la
storia ci desse ragione e, infine, ricostruendo la nostra esistenza collettiva
in un ambiente, quello del centro sinistra, magari salubre ma, per noi assai
inospitale.
Si aggiunga che in tale ambiente noi
dovevamo misurarci con la presenza
soffocante di un partito ex comunista
che comunque negava le ragioni della
nostra esistenza; nella versione veltroniana perché ‘superati’ e in quella
dalemiana perché ‘inutili’.
Di qui la nostra costante contrarietà,
psicologica ancor prima che politica, a
rapporti troppo stretti con il Pd, percepiti all’insegna del duplice pericolo
dell’emarginazione e dell’assorbimento. Di qui i nostri tentativi, perseguiti
lungo tutto l’arco di questi anni, di
aggregarci con qualcun altro: cattolici
e banchieri, diaspore e verdi, ulivisti,
sfigati dell’estrema e radicali: peraltro
tentativi tutti falliti. Oggi siamo così
tornati alla casella di partenza. Con la
responsabilità di essere, oggi, gli unici
rappresentanti dell’idea socialista nel
nostro Paese (i berlusconiani rimarranno a banchettare con il loro datore di
lavoro in un palazzo che sta crollando
mentre la galassia “non schierata”,
non ha visto realizzato lo scenario su
cui aveva scommesso, quello del crollo parallelo del Pdl e del Pd).
E allora non possiamo assolutamente
dare l’impressione che l’intesa con
Bersani e Vendola sia per noi un’operazione di salvataggio/vassallaggio per dirla con la maggiore brutalità
possibile - la garanzia di qualche posto
in Parlamento (obbiettivo tanto legittimo quanto doveroso) in cambio di una
nostra subalternità, modello partito
contadino della Germania est. Un
processo alle intenzioni, certo, ma che
non ci esime dall’obbligo di respingerlo in modo argomentato e convincente. Di qui l’importanza strategica del
nostro prossimo consiglio nazionale,
l’ultimo appuntamento prima del
frastuono elettorale. Un appuntamento
Direttore Politico
della domenica
Organo ufficiale del
Partito Socialista Italiano
aderente
all’Internazionale Socialista
e al Partito Socialista Europeo
in cui dobbiamo dire tre cose precise.
In primo luogo si tratta di sottolineare,
ancora e fino alla nausea, che la costituzione di una sinistra di governo,
ispirata al riformismo socialista e
collegata ad un nuovo progetto europeo, rappresenta il coronamento di una
linea perseguita dal nostro gruppo dirigente nel corso di questi anni.
Per aggiungere da subito, però, che
perché questa linea si affermi, è assolutamente necessario mantenere e
sviluppare la nostra identità. Diciamo
identità, non visibilità, perché la
seconda nasce dalla prima mentre non
è vero il contrario (per dirla, ancora
una volta, con brutalità: se non hai una
identità riconosciuta, puoi fare tutte le
iniziative che vuoi, ma nessuno se ne
accorgerà).
Quale identità? Quella del socialismo
liberale e, perciò, laico. Per intenderci,
il modello della seconda internazionale, basata sulla crescita dell’autocoscienza, degli strumenti e dei diritti del
mondo del lavoro, contrapposto perciò
a quello autoritario dello Stato e del
Partito che calano dall’alto premi e
punizioni. E ancora nell’Italia di oggi,
quello che vede nella riforma dello
Stato e della società la via d’uscita
all’alternativa perdente tra zeloti del
Riccardo Nencini
Segreteria di Redazione
Domenico Paciucci
Direttore Editoriale
Roberto Biscardini
Società Editrice
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Direttore Responsabile
Dario Alberto Caprio
Presidente del Consiglio
di Amministrazione
Oreste Pastorelli
Redazione
Carlo Corrér, Emanuele Pecheux
rigore e fautori della spesa pubblica.
Socialisti liberali dunque. E laici,
magari anche laicisti. Non per ostilità
“relativista” alla fede o alla religione,
ma semplicemente in quanto ostili alle
logiche corporative e quindi, anche a
quelle manifestate dalle gerarchie e
alle loro perversioni temporaliste.
Sia chiaro: quella che proponiamo non
è un’identità di nicchia, non stiamo lì a
raccogliere le cause dimenticate da
altri. Intendiamo operare per orientare
il corso e i comportamenti della coalizione cui abbiamo aderito. E qui
aggiungiamo, ed è il terzo annuncio
che deve venire dal nostro consiglio
nazionale, che al centro della nostra
iniziativa ci saranno i nostri rappresentanti al Parlamento ed al governo.
Non dobbiamo, allora, lasciarli soli.
Ma garantire il nostro coinvolgimento
e il nostro appoggio, qualsiasi sia il
sistema elettorale adottato. E questo
significa, qui e oggi, impegnarsi
formalmente affinché la scelta dei
nostri rappresentanti sia preceduta da
una ampia consultazione del popolo
socialista. Nessuna contestazione di
Questo da parte di Quello, piuttosto la
constatazione del fatto che, qui e oggi,
l’autorità del Vertice deve essere
soggetta alla verifica della Base, pena
l’allentamento dei vincoli di solidarietà già, nel nostro caso, pericolosamente allentati.
Redazione e amministrazione
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Impaginazione e stampa
Grillo, giù le mani
da Matteotti ...
Il signor B. è tornato
per avvelenare i pozzi
Di Lello dalla prima
re, sottrarrebbe consensi anche al
centrosinistra, col risultato però
di rendere specularmente meno
‘pesante’ l’ala che fa riferimento
alla sinistra cigiellina e vendoliana. Bersani si troverebbe così a
guidare un prossimo governo sorretto più da una maggioranza di
centro-sinistra che non di sinistracentro, ma almeno avrebbe la
quasi certezza di scampare al destino che fu di Prodi. E non è poco.
Non dimentichiamo poi che nei
due mesi che verranno, come tutto
lascia temere, un macigno peserà
sulla campagna elettorale, quello
di una forte instabilità economica
e finanziaria fomentata proprio
dalla scelta di Berlusconi.
Non sarà facile condurre una
campagna elettorale all’insegna
dell’innovazione nella continuità,
tenere insieme il buono prodotto
da questa esperienza di governo
con il tanto da cambiare, innestando elementi di equità, solidarietà ed incentivi allo sviluppo,
quasi sconosciuti a questa esperienza.
Come se ne viene fuori? Con sangue freddo, coraggio e tanto tanto
riformismo, quello del buon stampo socialista.
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DELLA DOMENICA
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Negli ultimi 5 anni è cresciuta del 37,5%. La scelta è nel come redistribuire quanto recuperato
Possibile un legame più coerente con la prospettiva sociademocratica europea
Contro l’evasione fiscale, la madre di tutte le battaglie
Primarie, scampata
la deriva conservatrice
Gianfranco Sabattini
P
er poter rendere conto ai cittadini del come vengono
spesi i soldi delle tasse, occorre che l’amministrazione
pubblica sia presunta affidabile e credibile; passa da questa
presunzione la diffusione in Italia di una cultura del rispetto
della cosiddetta tax compliance, ovvero di quell’insieme di
norme legali, sociali, etiche e morali che assicurano la
“lealtà fiscale dei cittadini”. Più il valore della tax compliance è alto, più i contribuenti hanno certezza di poter
contare sui propri diritti. Quando ciò si verifica è plausibile
una diminuzione dell’evasione fiscale, insieme ad un incremento delle soluzioni condivise delle controversie. Il problema dell’evasione è difficile da risolvere, ma deve essere
affrontato perché implica la conservazione dell’integrità del
sistema sociale, della sua organizzazione istituzionale e della democrazia.
In Italia, l’evasione fiscale è un fenomeno endemico e persistente fin dall’Unità, originato dalle specifiche modalità
con cui sono stati risolti i problemi posti dal processo di
unificazione degli Stati pre-unitari. Tali modalità hanno
causato sin dall’origine l’affievolimento del senso di solidarietà sul quale avrebbe dovuto fondarsi il processo di unificazione politico-istituzionale del Paese; esse invece hanno
spinto una moltitudine di cittadini a considerare lo Stato anziché espressione dello loro volontà, qualcosa ad essi estraneo ed ostile. È quindi il senso di appartenenza che ha sempre fatto difetto nei cittadini italiani; questo senso deve essere ricuperato attraverso un’“educazione tributaria” in modo che anche gli italiani percepiscano che lo Stato appartiene a tutti ed è di tutti e che contribuire alla copertura della
spesa pubblica con le imposte è un dovere che occorre soddisfare nell’interesse di tutti per il mantenimento dell’elevato livello di benessere collettivo raggiunto. Si tratta di un
dovere che occorre soddisfare soprattutto nella fase attuale,
caratterizzata da un crisi profonda del Paese, per la soluzione della quale più che pensare ad un continuo inasprimento
della pressione fiscale si dovrebbe ripensare, per realizzare
una maggiore equità distributiva, il tradizionale modo
dell’agire pubblico e privato.
Da una ricerca effettuata in Italia da “Krls Network of Business Ethics” per conto dell’Associazione Contribuenti Italiani, negli ultimi 5 anni la fedeltà fiscale è scesa di 17,3
punti percentuali, passando da 33,8% a 16,5%, a causa dei
pochi ed inefficienti servizi che i cittadini ricevono in cambio delle molte tasse che sono chiamati a pagare. Negli ultimi 5 anni l’evasione in Italia è cresciuta del 37,2%, con
punte record nel Nord, dove ha raggiunto il 39,7% dell’intera base imponibile. Ogni contribuente italiano è chiamato
a versare mediamente al fisco 7.930 euro all’anno, fra tasse,
imposte e tributi vari; è la cifra più alta tra i Paesi dell’eurozona. Lo stesso cittadino riceve in cambio, in termini di servizi sociali, meno della metà, 3.460 euro; è l’importo più
basso tra i principali Paesi europei. Dalla ricerca effettuata
per conto dell’Associazione Contribuenti Italiani emerge
anche che al primo posto tra i Paesi che spendono maggiormente nell’offerta di servizi sociali sono la Francia, seguita
dalla Germania, Svezia, Olanda, Inghilterra e Spagna con
8.120 euro. L’evasione fiscale in Italia, deve essere, perciò,
contrastata per evitare il permanere ed il diffondersi di conseguenze economiche e sociali negative.
L’obiettivo di ridurre, in maniera strutturale, le aree di evasione e di agevolare la propensione dei contribuenti ad
adempiere spontaneamente i loro obblighi fiscali richiede,
però, un approccio strategico unitario della società politica
e di quella civile ed una visione ugualmente unitaria delle
diverse variabili che influenzano la fedeltà fiscale. Per condurre efficacemente una “lotta” condivisa all’evasione, occorrerebbe innanzitutto che i proventi derivanti dal perseguimento degli evasori cessino di essere considerati, come
di solito avviene, un gettito aggiuntivo dello Stato, per diventare un “dividendo del cittadino” sotto forma di riduzione della pressione fiscale e di miglioramento della qualità e
quantità dei servizi pubblici ricevuti. Con una pressione fiscale attesa del 44,07% sul 2012 e del 44,83 sul 2014 non è
più tollerabile che lo Stato possa considerare il “gettito” che
è possibile trarre dalla riduzione dell’evasione fiscale come
una sua riserva esclusiva.
Conservare la propensione dello Stato, e soprattutto quella
del governo attuale, a risolvere la crisi in atto sulla base di
decisioni fondate sulla riduzione della spesa pubblica e su
una politica fiscale concepita unicamente al fine per “fare
cassa”, significa eludere l’obiettivo che una politica fiscale
giusta deve perseguire, volto a diffondere la consapevolezza fra i cittadini che chi evade non è un furbo che “frega lo
Stato”, ma un “ladro che ruba” a ciascun membro della comunità alla quale appartiene.
[email protected]
Usa, un modello da non imitare
Roberto Fronzuti*
N
ei nostri editoriali abbiamo già
avuto occasione di parlare della
“esterofilia” e della capacità degli italiani di “piangersi addosso”.
Le elezione elettorali americane, conclusesi con la rielezione di Obama, ci
offrono l’occasione per un commento
riflessivo.
Nel corso della campagna elettorale e
nei giorni successivi, abbiamo udito e
letto elogi di ogni genere, a dir poco
esagerati. A Barack Obama va la nostra simpatia, ma i suoi discorsi, al di
là della capacità oratoria, sono intrisi
di retorica. Anche lo sfidante Mitt
Romney ha seguito lo stesso copione:
fiumi di parole, ricolmi di retorica del
“sogno americano”.
L’Italia, un Paese che ha un quinto della popolazione Usa e che è uscito sconfitto dall’ultimo conflitto mondiale, prima di imboccare la strada del declino,
ha mantenuto per un po’ di anni, la posizione di quarta/quinta nazione, nella
classifica del Pil mondiale.
L’Italia, a partire dalla fine degli anni
’50, ha istituito il sistema di assistenza
sanitaria gratuita per tutti i cittadini; un
traguardo che loro possono solo sognare, nonostante la “pallida riforma sanitaria di Obama”. Il nostro è il Paese dove l’85% dei cittadini possiede una casa
di proprietà; dove non c’è stato il crollo
del mercato immobiliare come negli
Usa. I nostri concittadini detengono una
ricchezza di 9.000 miliardi (quasi cinque volte il nostro debito pubblico).
A sentire qualche saccente professore
universitario italiano in trasferta negli
Usa e alcuni politici di casa nostra che
scimmiottano Obama, dovremmo prendere lezioni dagli Usa; proprio dalla nazione che con i suo famosi “derivati” ha
infettato il mondo intero e inguaiato le
banche europee, minandone la solidità.
Tutto ciò è assurdo e inaccettabile!
Noi dobbiamo essere orgogliosi della
nostra Costituzione varata dai legislatori che hanno sofferto i rigori della dittatura e l’orrore della guerra. Una Costituzione la nostra, che deve garantirci un
sistema parlamentarista, abolendo il cameralismo perfetto (avere un Parlamento unico, senza più Camera e Senato)
voluto dai padri della Repubblica, per
un eccesso garantista.
Il governatore Mitt Romney ha la faccia
tosta di affermare di non voler fare la fine di Italia e Spagna, dimenticandosi
che sono stati proprio gli Usa a contagiare l’Europa; riesce difficile comprendere il fatto che il governo italiano
non abbia avanzato delle proteste a livello diplomatico, per le gravi affermazioni di Romney. L’Italia, fino ad oggi
ha rispettato tutti i suoi impegni a livello internazionale, senza stampare carta
moneta (operazione che compete all’Europa) come fanno gli Usa, dove
continuano a mettere sul mercato un’enorme quantità di dollari, senza curarsi
dell’inflazione, che potrebbe scoppiare
in America da un giorno all’altro. Ipotesi tutt’altro che fantasiosa, se un giorno
l’euro dovesse sostituire il dollaro “come valuta di scambio”.
In decine di nazioni di mezzo mondo, le
persone tengono un po’ di dollari nel
materasso; il giorno che non dovesse
essere più così, gli Usa dovranno affrontare il problema del debito pubblico, con la stessa severità dell’Europa,
pena una inflazione destabilizzante.
Il presidente Obama ha parlato molto
dei loro college, delle università Usa
come le migliori del mondo, ben per
loro! Anche noi dovremmo cercare di
far meglio …, ma cosa si studia nei
college americani?
Se gli americani dovessero togliere dai
propri corsi di studi gli egizi, la civiltà
greca e l’impero romano, gli rimarrebbe ben poco, se non la loro storia di
Stato che ha alle spalle un trascorso di
duecento anni.
Chi scrive ha grande considerazione
per la storia dei “pellerossa”, un popolo che ha subito atroci ingiustizie. Tuttavia, non si può non ricordare che
senza Cristoforo Colombo, che ha guidato la spedizione e la Spagna che ha
finanziato l’operazione, probabilmente, oggi sarebbero ancora in corso, la
guerra fra indiani a cow boy.
Nessuno vuole rinfocolare il vecchio
campanilismo, ma noi italiani, al tempo
stesso europei, dobbiamo rifiutare il
modello culturale Usa, e difendere la
nostra identità, combattendo il pericoloso fenomeno esterofilo.
*direttore de
L’Eco di Milano e Provincia
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APPUNTAMENTI
Reggio Emilia venerdì 21 dicembre,
alle ore 17,30, presso la Fondazione
Manodori, la Fondazione di studi
storici Filippo Turati insieme all’Istoreco e al Centro Camillo Prampolini, promuoverà, la presentazione del volume di Silvia Bianciardi,
Camillo Prampolini costruttore di
socialismo, per i tipi Il Mulino.
Nicola Zoller
N
el ballottaggio tra Bersani e Renzi ha dunque vinto il buon senso riformista,
l’esperienza affidabile e pacata piuttosto del nuovismo strillato e stellato. E’
stato giorno felice per il nostro Paese.
Tra i commenti preveggenti, vorrei segnalare quello di Massimo Mucchetti sul “Corriere della Sera” di domenica 2 dicembre. Egli sottolinea che si dovrà vedere quale
cultura politica avrà la prevalenza nel centrosinistra. “Questo è il punto vero. L’Europa – scrive - si divide tra liberisti e socialisti. Negli stessi Usa, i democratici vengono accusati di essere socialisti. E allora un centrosinistra normale potrà vincere e
governare se convincerà il Paese che la socialdemocrazia a radice cristiana farà funzionare la società dell’informazione internettiana meglio dei liberisti. Se, invece, si
farà dettare la linea da chi negli Usa sosteneva il repubblicano Romney e nel Regno
Unito collaborava con l’ultraconservatore Johnson (sindaco di Londra), torneremo
agli equivoci degli anni Novanta quando gli ex comunisti si fecero sdoganare dalla
City senza fare tappa a Bad Godesberg (che è la cittadina dove nel 1958 la socialdemocrazia tedesca ripudiò il marxismo senza cessare di essere di sinistra)”.
Il riferimento a Romney e Johnson – mi spiega gentilmente per email Mucchetti - è
rivolto a persone – come i professori Giavazzi-Alesina e il finanziere Davide Serra –
rappresentativi di “correnti intellettuali da cui sono venuti sostegni a Renzi”. Possiamo dire dunque che con la vittoria di Bersani si è profilato la possibilità di un legame
più coerente alla prospettiva socialdemocratica europea e si è scongiurata una deriva
conservatrice preoccupante, tutt’altro che riformista. Bene. Ma in tutto questo manca
un anello importante. Nel Pd anche chi sostiene più convintamente il legame col socialismo europeo, ha evitato paradossalmente fino ad ieri di “fare i conti” col socialismo italiano (per non parlare dei ‘democrat’ alla Veltroni che hanno tagliato in maniera vergognosa i legami con la nostra storia): è ora che tutto questo finisca. Bersani ha cominciato a intraprendere questa strada, ha stabilito col Psi un patto per l’“Italia Bene Comune”, visitando poi col nostro segretario Nencini la casa natale di Pertini ha elogiato significativamente la storia socialista italiana. Si vada avanti in questa direzione, con nuovo rispetto e voglia di collaborazione. Per il bene della sinistra,
per il bene dell’Italia.
L’accanimento terapeutico e il diritto di rifiutare le cure. Intervista a Beppino Englaro
La vicenda di Eluana ha reso tutti più consapevoli
Marco Coccia
L
a storia di due genitori che hanno saputo trovare la forza ed il coraggio di
far rispettare fino in fondo i convincimenti riguardo la propria vita della figlia
Eluana. Il grande dolore della perdita di
una figlia trasformato in una battaglia per
i diritti della persona; in questo caso il diritto di scelta circa il mantenimento delle
cure atte a far sopravvivere Eluana. Attraverso l’impegno di Beppino e di sua moglie, la Corte Suprema di Cassazione nel
2007 prima e un decreto della Corte d‘appello di Milano nel 2008 dopo, hanno
emesso un decreto che ha permesso di interrompere la sopravvivenza forzata della
loro unica figlia.
Chi è oggi Beppino Englaro? Un cittadino
che anche dopo la questione del 9 febbraio
e della tormentata vicenda della figlia
Eluana continua i suoi incontri informativi inerenti l’autodeterminazione della persona: l’esercizio della libertà e del diritto
fondamentale di poter disporre della propria salute anche nella condizione in cui
viene a mancare la capacità di intendere e
volere, secondo i valori etici, culturali, filosofici e confessionali che ogni individuo
porta con sé quali frutto di esperienze e
convinzioni individuali.
Signor Englaro, prima di questa
drammatica vicenda si era mai posto
la questione dei diritti dell’uomo?
Sì, avevo effettuato degli approfondimenti in famiglia riguardanti vita, morte,
dignità e libertà individuali. Nel concreto
dei fatti le nostre rivendicazioni per Eluana sono partite già nel gennaio ‘92.
Tornando indietro rifarebbe tutto?
Rifarei tutto in quanto la vera libertà è
solo dentro la società e tutto doveva avvenire dentro la legalità e la trasparen-
za, alla luce del sole.
Lei crede che questo processo certamente mediatico abbia avuto la capacità di innescare un’emancipazione
sul pensiero del diritto alla morte?
Il processo mediatico ha avuto la capacità
di far emergere la tematica e rendere l’opinione pubblica informata al riguardo.
Bisogna ricordare che già più di un secolo fa Pulitzer faceva presente che un’opinione pubblica bene informata è una corte suprema alla quale ci si può sempre appellare se necessario di fronte a violazione di libertà e diritti fondamentali. La rivendicazione non è il diritto alla morte,
bensì a dire “No” all’offerta terapeutica
messa in campo dalla medicina esprimendo così la volontà di essere lasciati
morire. In definitiva, non avendo il tabù
della morte, lascia che la morte accada.
GUIDO MARTINOTTI
Mercoledì 5, Guido Martinotti ci ha
improvvisamente lasciato.
Con Guido Martinotti scompare un
grande amico e un grande compagno
socialista, con il quale abbiamo collaborato per molti anni e con lui abbiamo condiviso lotte, speranze e
prospettive per un’Italia migliore.
Martinotti ha dato un contributo fondamentale alla politica socialista a
Milano, in Lombardia e in Italia, a
partire dalla sua formazione e dalla
conoscenza profonda della sociologia urbana. Contenuti disciplinari
che hanno spesso ispirato i nostri
programmi e le nostre politiche.
Guido Martinotti, nato nel 1938, era
professore ordinario di Sociologia
urbana.
mondoperaio
rivista mensile fondata da pietro nenni
ottobre 2012
10
editoriale Luigi Covatta Marasma
mafia e politica Emanuele Macaluso intervistato da Alberto Benzoni La vendetta di Ciancimino
saggi e dibattiti Gianfranco Pasquino Rottura e cambiamento Celestino Spada Fenomenologia di Mario Monti
Marco Boato Ricordo di un poeta Giuliano Parodi Come nacque e come morì la Seconda Repubblica italiana
Stefano Rolando Oltre la samba
dossier/fabbrica Italia Raffaele Morese L’industria che non c’è Gian Primo Quagliano Una crisi solo italiana
Paolo Griseri Le tre carte del Lingotto Luigi Campagna In America voglio andar Serena Gana Cavallo Giugni e l’Art.18
quale socialismo Alessandro Della Casa Il liberalsocialismo di Berlin Giovanni Pieraccini Il tempo in cui viviamo
dossier/caput mundi Paolo Allegrezza Roma dopo il diluvio Gerardo Labellarte Privato non è sempre bello
Marco Causi Roma stracciona e Roma capitale Paolo Berdini Rifare la città
biblioteca/citazioni Simona Colarizi, Marco Gervasoni La tela di Penelope
www.mondoperaio.it
DELLA DOMENICA
4
www.partitosocialista.it
ANNO XV - N.45 - DOMENICA 16 DICEMBRE - 2012
>> DIRITTI & LAVORO
Una serie di proposte concrete dei socialisti per lo sviluppo della Sicilia
Aspettando la rivoluzione di Crocetta
Nino Gulisano
I
l nuovo Governo Crocetta si è insediato, la nuova ARS si è
inaugurata con l’elezione del Presidente Ardizzone, manca
una proposta di azione urgente per varare un piano di sviluppo e per l’occupazione della Regione. L’obiettivo può essere
raggiunto se operiamo per utilizzare fondi della programmazione 2007 -2013 dell’ UE. I fondi UE della Regione Sicilia
ammontano a circa 6 mld di euro, di cui ad oggi sono stati spesi appena il 10% del finanziamento previsto dalla programmazione 2007 - 2013. Infatti sia i fondi previsti dal FSE e dal
FERS sono ancora al palo perché non impegnati.
Al Governo Crocetta, i socialisti siciliani propongono di rimodulare i fondi del POR (Programmazione Operativo Regionale) previsti UE per finalizzarli a progetti di opere infrastrutturali esecutivi e cantierabili, invertendo la logica
degli interventi a pioggia e clientelari per opere non infrastrutturali e di poca incidenza sullo sviluppo complessivo
della regione.
La proposta ha un senso nella misura in cui possiamo contare sul tempo. Infatti nell’attuale programmazione sono
previsti altri due anni di impegno e spesa e due ulteriori due
anni previsti per la spesa e la rendicontazione della stessa.
In questa ottica proponiamo di indicare alcuni accorpamenti degli Assi previsti nell’attuale programmazione sia nei
fondi FSE e FERS. La rimodulazione deve coinvolgere tutte le risorse degli Assi per essere destinate esclusivamente
alle grandi opere infrastrutturali dotati di progetti esecutivi
e cantierabili entro sei mesi dall’approvazione e gestiti in
modo centralizzato direttamente dalla Regione.
FERS: Asse 1 Reti e collegamenti per la mobilità con Asse 6:
Sviluppo urbano sostenibile, Asse 2: Uso efficiente delle risorse naturali con Asse 3: Valorizzazione delle risorse paesaggistico -ambientali per l’attrattività turistica e lo sviluppo.
Le opere da proporre sono: l’ammodernamento della tratta
ferroviaria CT -PA, Il Porto di Augusta, l’autostrada CT- RG,
la metropolitana di CT della tratta aeroporto p.zza Galatea e la
tratta Nesima - Paterno’, l’aeroporto di Cosimo. Nell’ottica
degli obiettivi di Goteborg relativa alla mobilità sostenibile.
FSE: Asse Prioritario II – Occupabilità con Asse Prioritario
III – Inclusione sociale; Asse Prioritario IV – Capitale
Umano con Asse Prioritario I – Adattabilità.
Nell’ottica degli obiettivi di Lisbona per l’innalzamento
dei livelli della istruzione a quelli previsti dall’OCSE.
Inoltre si propone di utilizzare la somma di € 52 ml. messa a
disposizione dai FAS per la ristrutturazione delle scuole e la
messa a norma i locali delle stesse; l’utilizzo di ulteriori €10
ml. nella istruzione dei bandi già indetti degli IFTS in collaborazione tra scuole superiore e università. I progetti presentati in precedenza sono in attesa d’ istruttoria. La rimodulazione della programmazione attuale sul POR dei fondi
FERS può garantire il 70% della utilizzazione dei fondi.
Questa proposta ha un senso nella misura in cui il governo
Crocetta si impegna, in questo primo avvio di legislatura
dell’ARS, a compiere tutti gli atti necessari per avviare quella rivoluzione promessa in campagna elettorale.
a cura di Carlo Pareto<<
Inps. Per le pensioni la perequazione 2013
La perequazione automatica - o rivalutazione automatica dei trattamenti
pensionistici - è un aumento applicato annualmente dall’Inps a tutte le pensioni, sia private che del settore pubblico, per adeguarne l’importo agli aumenti del costo della vita (inflazione). Il valore assunto come riferimento è
l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Il
meccanismo è simile a quello della “scala mobile”, il quale veniva adottato, fino al 1992, per aggiornamento automatico della retribuzione da lavoro
dipendente, rispetto all’aumento del costo della vita. Il governo Monti, con
il Decreto “Salva Italia” del 6 dicembre 2011 (comma 25) ha bloccato la rivalutazione, per il biennio 2012-2013, delle pensioni di importo superiore a
tre volte il trattamento minimo (1443,00 euro, col valore del 2013). Se una
persona percepisce più di un assegno di pensione, tale soglia va considerata non per ciascuna prestazione di quiescenza, ma per il totale.
La decretazione interministeriale del 16 novembre 2012 del Ministero dell’economia e delle finanze ha in particolare stabilito che: la percentuale da
applicare quale variazione definitiva per la perequazione delle pensioni per
il 2012 è pari allo 2,7 per cento, dal 1 gennaio 2012 (con credito a favore
del pensionato pari a 0,1%); la percentuale invece da applicare quale variazione previsionale per la perequazione delle pensioni per tutto il 2013 è pari al 3 per cento. Il nuovo valore 2013 del trattamento minimo pensionistico è pertanto salito a 495,43 euro mensili. Con l’adeguamento Istat viene
aggiornato anche l’assegno sociale, cioè la rendita assistenziale corrisposta
ai cittadini ultra 65enni privi di altri redditi, che per il nuovo anno passa a
442,29 euro al mese. Mentre la pensione sociale, ancora prevista per gli intestatari della stessa prestazione al 31/12/1995, raggiunge i 354,50 euro
mensili. Questi i nuovi minimi per l’anno venturo:
Pensione sociale euro 364,50 - Assegno sociale euro 442,29 - Trattamento
minimo euro 495,43
[email protected]
NOTIZIE IN BREVE
Cremona
Il 24 novembre scorso i socialisti cremonesi hanno tenuto, il Congresso
provinciale per il rinnovo del gruppo
dirigente. Congresso interessante per
le presenze istituzionali e politiche e
per i contenuti della discussione. Su
proposta del Segretario regionale Santo Consonni e con voto unanime
dell’Assemblea è stato eletto Segretario provinciale Paolo Carletti, giovane
avvocato cremonese, attualmente responsabile giustizia regionale del partito. Nel suo intervento il neosegretario
ha, tra l’altro affermato: “Assumo con
orgoglio l’onore e l’onere di reggere la
federazione provinciale PSI di Cremona, ben conscio delle difficoltà che incontreremo, ma fiducioso nella riuscita del progetto di rilancio del PSI avviato dal segretario nazionale Nencini,
e ben interpretato dal segretario regionale Consonni.
La federazione ha retto gli ultimi anni
di oblio grazie alla competenza di Federico Parea ed alla passione di tanti
compagni, ma oggi è necessario crescere.
Cremona è da sempre città socialista:
il Partito deve riuscire a tornare ad intercettare quelle istanze libertarie e ri-
formiste che provengono dalla nostra
comunità e tradurle in proposte politiche dinamiche e d’avanguardia e per
far questo ritengo utile rilanciare la testata giornalistica socialista cremonese: L’Eco del popolo. Il giornale, fondato da Leonida Bissolati, è stato per
un secolo testimonianza di lotte, di vittorie e di sconfitte del PSI, ora deve
tornare ad essere il viatico principale
delle voci socialiste cremonesi. Lo
slancio che il Partito ha ottenuto nell’ultimo periodo, dev’essere sfruttato
su tutto il territorio per preparare i vicini appuntamenti politici nel miglior
modo possibile, puntando alla promozione non solo delle idee socialiste, ma
anche del simbolo e della bandiera rossa del PSI”.
Saronno (VA)
Secondo atto vandalico contro la sede
dei socialisti. È accaduto nella giornata di giovedì 6, alla luce del sole, quando è stata danneggiata la vetrata della
porta d’ingresso della sezione, sistemata durante l’estate grazie al lavoro
volontario di tanti iscritti e simpatizzanti. La sede dei socialisti saronnesi
fu già oggetto di una atto di vandalismo nella notte del 24 settembre scor-
so, quando venne sfondata la vetrina
su cui campeggiava la bandiera del
Partito Socialista Italiano. “Ancora
una volta – spiegano dalla segreteria
cittadina del partito - i socialisti saronnesi sono stati vittime di vili atti intimidatori di chi non accetta che una forza storica della sinistra riformista e democratica, da 120 anni a fianco dei lavoratori, rialzi la testa, in città come in
tutto il Paese. Non intendiamo speculare sull’accaduto, ma confermiamo
come fatto in settembre che non permetteremo a nessun vile atto intimidatorio di fermare la nostra azione politica in città: continueremo ad essere instancabili protagonisti delle battaglie
di laicità, libertà, equità e buona politica che ci hanno contraddistinto negli
ultimi anni”.
Lozio (BS)
Il 26 novembre scorso il Consiglio comunale di Lozio (Brescia) ha approvato il conferimento di cittadinanza onoraria al cittadino Moustapha Salma
Ould Sidi Mouloud, abbracciando la
causa del Saharawi e riconoscendo in
lui il simbolo della libertà, della democrazia e della salvaguardia dei diritti
civili in Marocco. Il Consiglio comu-
nale ha anche approvato il progetto di
gemellaggio tra Lozio e Boujdour
(Marocco).
Arezzo
Venerdì 7 dicembre, alle ore 17.30,
nella Sala dei Grandi del palazzo della
Provincia di Arezzo si è tenuta la presentazione del libro “Storia del Socialismo nella provincia di Arezzo”, raccolta antologica illustrata del periodo
1873-1992 curata da Luigi Armandi.
Durante la presentazione Giorgio Sacchetti ha parlato dei primi difficili decenni degli ideali socialisti connessi ai
movimenti anarchici, Giovanni Galli
del periodo fascista che ha travolto le
conquiste sindacali ottenute dalla Camera del Lavoro e dal Partito Socialista nei primi decenni del Novecento,
mentre Claudio Repek ha illustrato i
rapporti tra comunisti e socialisti nel
dopoguerra. A conclusione alcuni
spunti riassuntivi di Pieraldo Ciucchi,
segretario regionale del Psi. I lavori
sono stati introdotti dal presidente del
consiglio provinciale Giuseppe Alpini.
Mondragone (CE)
“La proposta di commissariamento del
piano di zona C9, effettuata dalla
Lettere
Noi sempre a sinistra. E tu?
“Caro Zavettieri, - scrive il segretario cittadino di Reggio C.
replicando sulla stampa locale alle accuse di Zavettieri al PSI e a
Nencini - forse hai bisogno di una bussola per orientarti ma noi
siamo rimasti proprio dove ci hai lasciato tu quando facevi il
segretario della CGIL e poi il capo della sinistra socialista.
Siamo rimasti nel nostro Partito quando alla fine del 1993 ci hai
abbandonato per cercare altre strade che non ci hanno convinto.
Siamo rimasti dove ci hanno insegnato a stare Turati, Matteotti,
Nenni, Saragat e Pertini. Non abbiamo sbandato a destra. Non ci
siamo alleati con post e neo fascisti. Ti abbiamo teso, inutilmente, la mano nel 1998 con la prima costituente che tentava di
ricomporre la daspora. Ti abbiamo aspettato nell’autunno del
2004 con la seconda costituente, ma hai preferito fare l’Assessore regionale con il centro destra. Ti sei deciso alla fine nel 2007,
ma ci hai lasciati soli nella primavera del 2008, quando abbiamo
affrontato le elezioni fuori da tutte le coalizioni. Oggi sarebbe
stato velleitario avere un candidato alle primarie del centro sinistra, è stato invece un atto di responsabilità parteciparvi a pieno
titolo e come fondatori dell’alleanza, per riportare il PSI nel
dibattito politico. Sconfitte, oneri ed eventuali onori che ne
potranno derivare, saranno conseguenti di questa scelta e non è
il caso di ridurli ad accordi di piccolo cabotaggio per tentare di
ridicolizzarci. Tu hai preferito la destra di Scopelliti, liberissimo
di farlo; noi siamo rimasti dove ci ha lasciati Bettino Craxi: nel
Partito del Socialismo Europeo.
Roberto Ingenito – Reggio Calabria
Furbi, ricchi e benpensanti
All’orquando, a Porta-Porta di Bruno Vespa,l’altra sera al
cospetto di Bersani (vincitore delle primarie del Centro Sinistra)
il Vice Segr, dell’UDC - sulla questione della eventuale Legge
Patrimoniale - ha affermato che, per una tassa di tal genere, ci
potrebbero essere titolari di grandi patrimoni , che potrebbero
non avere la liquidità per pagare una simile imposta (visto che
pagano anche sull’IRPEF una rivalutazione dei redditi catastali),
mi chiedevo: per i poveri che sono costretti a pagare l’IMU, la
liquidità c’è sempre,’nevvero’?,come esclamava spesso il Nostro
Sandro Pertini con accento ligure. Be’ … cosa volete che vi dica
- “mi veniva da piangere” - poveri capitalisti!
Giunta della Regione Campania, - ha
commentato il segretario cittadino del
Psi Antonio Taglialatela - è motivo di
forte imbarazzo e di gravi responsabilità politiche che vanno individuate.
Invitiamo, ancora una volta, le opposizioni a unirsi per tutelare i dritti dei più
deboli, noi ci faremo promotori di una
precisa mozione consiliare da inviare
ai Gruppi Consiliari che vorranno sottoscriverla.
Roma
Il “Partito Socialista Italiano” di Fiumicino e “Movimenti Cittadini Uniti”
stanno svolgendo contatti con altri
gruppi politici disposti al dialogo programmatico per le prossime elezioni
comunali. “Sta operando un gruppo di
lavoro - dichiara l’avvocato Egidio
Murolo - che è aperto ai contributi di
chiunque, per le proposte di programma e per il ricambio generazionale nel
Consiglio comunale. Siamo convinti
che le idee e i progetti debbano sempre
essere più importanti della eccessiva
personalizzazione delle competizioni.
Siamo contattabili all’indirizzo
[email protected]”.
(a cura di Barbara Conti)
[email protected]
Mancava solo che dicesse che è meglio completare lo smantellamento dello Stato Sociale, piuttosto che fare pagare 4 soldi ai
ricchi sfondati. E per fortuna che stiamo parlando, di una persona e di un partito di centro, con i quali noi Sinistra, cerchiamo di
stringere un rapporto, per un domani - possibilmente - governare
insieme il Paese. Mi sembra se non vado errato, che in Italia ci
siano troppi ricchi, furbi e ben pensanti, anche tra le forze che si
richiamano (per comodità) al riformismo. Attenzione ai corteggiamenti. Non sempre gli interessi collimano!
Luciano Lunghi - Milano
Voler bene all’Italia
Voler bene all’Italia, vuol dire dare un posto di lavoro a tutti i cittadini. Lavoro : tutti i comuni mettere in atto piccoli e grandi lavori di
manutenzione, le aziende investire qui in Italia, le regioni elaborare
progetti per favorire lo sviluppo economico, il governo fare progetti
in tutti i settori per favorire l’occupazione; vuol dire, Moralità: che
tutti i cittadini paghino le tasse e rispetto delle regole, lotta seria ed
efficace alla mafia, che tutti investano i propri soldi qui in Italia e
non portare i soldi all’estero; vuol dire, Difesa del Servizio Sanitario
Nazionale, i suoi principi universalistici,di uguaglianza trattamento,
di decentramento, obiettivi di prevenzione, cura e riabilitazione, se
mai lotta agli sprechi, direttori generali meno pagati, medici con
doppi tripli lavori, meno convenzioni e più controllate, appalti clientelari; vuol dire, investire di più e meglio nella cultura,Difesa della
scuola pubblica, riconoscere meglio i suoi dipendenti, rimodernare e
ristrutturare gli ambienti scolastici; vuol dire garantire una pensione
dignitosa e avere servizi sul territorio efficienti, per anziani, diversamente abili, bambini, Difesa e miglioramento della previdenza e
assistenza; vuol dire difendere l’ambiente,Mettere in sicurezza il
territorio da: frane. Incendi, alluvioni, terremoti, con progetti di
prevenzione a tutti i livelli istituzionali; vuol dire, prevenire furti,
rapine, sciacalaggi, Sicurezza per tutti i cittadini; vuol dire semplificare la vita ai propri cittadini, Semplificazione di tutte le regole,
meno burocrazia; vuol dire, Uniti per difendere la nostra bella costituzione: lavorare tutti al meglio per il bene comune; vuol dire, dare
meno potere alla finanza, alle banche al denaro, all’egoismo, ma
dare più importanza ai valori veri, il grande valore della vita,di
giustizia sociale, di uguaglianza e di solidarietà.
Francesco Lena - Cenate Sopra (BG)
Le priorià dei socialisti
Le priorità dei socialisti non possono prescindere da un’accentuata sensibilità nei confronti del ceto sociale che oggi più di
tutti sta subendo gli effetti dell’attuale crisi economica, ossia
lavoratori precari, disoccupati pensionati e lavoro dipendente.
Questa parte dell’elettorato si aspetta proposte concrete da parte
della politica e non gradisce più sterili enunciazioni in politichese o tatticismi politici esasperati.
Il nostro Paese non riesce più a reggere a politiche unicamente
concentrate sul rigore, per questo il compito della prossima
maggioranza sarà individuare dei settori chiave della nostra
economia sui quale avere priorità con investimenti pubblici
mirati, per il rilancio della competitività.
Successivamente sarà necessaria l’emanazione di un provvedimento che blocchi, per almeno due anni, i pignoramenti sulla
prima casa per chi perde il posto di lavoro. In una seconda fase,
quando si comincerà a vedere la luce in fondo al tunnel e si avrà
una crescita col segno più, bisognerà procedere con una legge
sul diritto di cittadinanza che deve essere il cardine di una nuova
politica progressita socialista, per il ripristino di un minimo di
giustizia sociale.
Alessandro Noli - Aggius (OT)
Alla Scala, cultura di élite
Ancora ieri si è ripetuta sul palcoscenico del Teatro alla Scala,
la manifestazione del “bello”, rendendolo disponibile solo a
pochi, una élite che nei fatti disprezza il contesto da cui trae vitalità e giovamento, nella accezione parassita del termine. È difficile credere che, ancora nel ventunesimo secolo, di fronte all’acuirsi non casuale, di una sofferenza sociale determinata dalla
edificazione di argini e mura a protezione della “rocca” incantata del potere, tali ritualità non trovino la giusta stigmatizzazione
dei movimenti popolari e dei partiti di natura socialista. Il costo
degli enti lirici grava sui finanziamenti dello Stato, sottraendo
alla “torta” destinata alle produzioni artistiche, nella misura
dell’ottanta per cento del totale finanziato. In altri termini noi
tutti, finanziamo progetti e riti tesi a rinforzare il sistema dominante, sottraendo ad importanti iniziative e a progetti innovativi,
la necessaria contribuzione dello Stato.
Maurizio Ciotola - Cagliari