Stralcio volume

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Stralcio volume
Parte I
ANALISI DELLE
PRINCIPALI NOVITÀ DEL
PROVVEDIMENTO SULLE
MOLESTIE INSISTENTI
Il reato di molestie insistenti
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Con l’art. 7, d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in materia di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti
persecutori» (in G.U. 24 febbraio 2009, n. 45), convertito in legge con modificazioni dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 (in G.U. 24 aprile 2009, n. 95),
è stato modificato il codice penale vigente, aggiungendovi l’art. 612-bis.
Con la rubrica «Atti persecutori» si punisce «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chiunque,
con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un
perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita».
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Il reato di molestie insistenti
Il reato di molestie insistenti
1.
SOMMARIO
1.1. La fattispecie. Elemento oggettivo. – 1.1.1. La clausola di sussidiarietà. –
1.1.2. Il soggetto attivo: «chiunque». – 1.1.3. La reiterazione delle condotte. –
1.1.4. La condotta attiva: minaccia e molestia. – 1.1.5. L’evento. – 1.1.6. Il
tentativo. – 1.2. Le fattispecie. Elemento soggettivo. – 1.3. Brevi cenni comparati con i precedenti progetti di legge.
Il testo dell’art. 612-bis c.p. è stato modificato nel corso dei lavori preparatori, come si vedrà, avendo preferito l’attuale versione alla precedente,
che indicava espressamente l’idoneità degli atti a sortire uno dei vari effetti
della condotta sulla vittima che ne sia oggetto, e poneva come alternativa
alla alterazione delle abitudini quotidiane quella delle scelte di vita.
A sua volta, la formulazione definitiva differisce dalle proposte succedutesi nel tempo perché, come meglio verrà approfondito, il legislatore ha
optato intanto per un inquadramento orientato sullo schema di due reati
già esistenti – minacce e molestie –, quindi per l’elencazione specifica degli
eventi, che costituiscono parte integrante dell’elemento oggettivo e soggettivo del delitto.
La fattispecie. Elemento oggettivo
1.1.
Come già altrove ben sottolineato, un problema di rilievo che la Camera dei deputati e, ancor prima, le Commissioni Affari Costituzionali e
Giustizia dovettero affrontare nel formulare una norma descrittiva del
reato di atti persecutori, fu quello di trovare espressioni sufficientemente
ampie per ricomprendere la multiformità delle fattispecie suscettibili di
essere annoverate in quella nozione e, nello stesso tempo, adeguatamente sintetizzarle per coniugare il principio di tassatività delle previsioni di
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Capitolo Primo
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illecito penale con l’opportunità di evitare casistiche mai esaurienti .
Pur rinviando al capitolo che segue per un maggior approfondimento,
anche medico e criminologico, del fenomeno dello stalking, è ormai patrimonio conoscitivo comune a tutti che con tale espressione, mutuata dal
linguaggio anglosassone della caccia, si intenda un insieme variegato di
comportamenti, di per se stessi anche non necessariamente costituenti reato, coagulati da alcune caratteristiche che ne negativizzano l’impatto sulla
persona che ne rappresenta l’obiettivo ed il centro di attenzione.
Si era già avuta infatti occasione per affermare che detto fenomeno – come poche altre figure delittuose – abbraccia condotte eterogenee, manifestazioni multiformi, veicolate da una medesimezza di disegno, nell’intenzione dell’agente, molto specifica: il controllo della vittima, il predominio sulla
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stessa fino al suo annientamento come soggetto autonomo e pensante .
Queste caratteristiche si riflettono inevitabilmente su due aspetti, tipici
dell’interpretazione di una norma penale e quindi della verifica della sua
«tenuta» all’esito della prova di sua corrispondenza ai principi costituzionali di tipicità (che esige che il precetto incriminante specifichi con precisione la condotta punibile), e del divieto di applicazione analogica (che
impedisce di sussumere, e quindi punire, in nome della norma richiamata le
condotte che questa espressamente non preveda).
E quanto più quindi un comportamento, che si intende sanzionare, sia
vario, multiforme e sfaccettato, tanto più il legislatore deve tentare di tipizzarlo, lasciando eventualmente lo spazio all’interprete per ulteriori, ma intuibili, spazi applicativi.
La scelta definitiva ha virato verso il rinvio alle nozioni, ormai acquisite,
di minaccia e molestia, elaborate nel tempo da dottrina e giurisprudenza e,
soprattutto la seconda, punita dall’art. 660 c.p., vero e proprio precedente
immediato della disposizione oggi vigente, tenuto conto che, per almeno
dieci anni, ne ha svolto funzione vicaria (vedasi Cap. IX).
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F. BARTOLINO, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile. Mobbing;
Molestie; Minacce; Violenza privata. Gli aspetti sostanziali e procedurali del reato di stalking
disciplinato dalla legge n. 38/2009, CELT Casa Editrice La Tribuna, Piacenza, 2009, p. 93.
L’Autore ricorda che detto problema era avvertito anche dai legislatori stranieri, come ad
esempio quello tedesco, che aveva optato per l’esemplificazione elencativa nella norma, e
l’aveva completata con una clausola riassuntiva che evitasse vuoti normativi. Per i riferimenti di diritto comparato, si veda la Parte Quarta di questo lavoro.
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A. SORGATO, Stalking: aspetti fenomenici e risposta legislativa. Le proposte sanzionatorie, in Lex 24 Repertorio Il Sole 24 Ore, ottobre 2007.
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Il reato di molestie insistenti
La clausola di sussidiarietà 1.1.1.
Iniziando quindi l’analisi letterale della disposizione introduttiva del reato di atti persecutori, si nota come la stessa esordisca con la clausola «salvo
il fatto costituisca più grave reato», che figurava già sia nell’originario disegno che nel decreto legge del Governo ma era poi stata soppressa dalla
Commissione Giustizia alla Camera.
Sul punto il dibattito si è rivelato acceso.
Contro la clausola, per citare il principale sostenitore della sua abolizione, militerebbero varie ragioni. L’inciso, infatti, «sarebbe finalizzato ad evitare che uno stesso fatto, qualora integri contemporaneamente la fattispecie
di atti persecutori e di altro reato più grave, sia sanzionato con una pena eccessivamente dura e sproporzionata (…). La soppressione della clausola serve
a rimettere (la questione) ai principi generali in materia di concorso apparen3
te di norme (e quindi) di concorso di reati» .
Il relatore, nel corso dell’esposizione sopra citata, ha offerto all’uditorio
uno degli esempi più gravi, ma al contempo rivelatosi frequente nella casistica: il concorso con la violenza sessuale. La giurisprudenza ormai vi riconduce non solo atti che coinvolgono la sfera genitale ma anche zone
che, secondo la scienza medica, psicologica ed antropologico-sociologica,
si definiscano erogene.
«Con la soppressione della predetta clausola si è voluto evitare – ha sostenuto il parlamentare che si sta citando – che, nel caso in cui tra gli atti
reiterati ve ne siano alcuni qualificabili come atti sessuali, la condotta di
stalking venga assorbita da quella della violenza sessuale (il che) non sarebbe corretto, in quanto si tratta di condotte che coinvolgono beni giuridici
diversi e che esprimono ciascuna un disvalore meritevole di specifica e differenziata risposta sanzionatoria».
Di fatto, secondo il relatore che viene qui ancora significativamente citato, lo stalking si rivela reato abituale proprio, che si sostanzia in un comportamento reiterato e assillante, mentre le altre fattispecie – che potrebbero in astratto concorrere con esso – sono reati istantanei, che si consumano anche con una sola azione.
Dunque, anche conservando la clausola di sussidiarietà, se correttamente interpretata, essa non potrebbe mai entrare in azione, dal momento che
il fatto dello stalking è assai più complesso ed articolato rispetto al singolo
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On. F. Palomba, Vicepresidente II Commissione Affari Costituzionali, Relazione 10
dicembre 2008, resoconto sommario.
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Capitolo Primo
episodio realizzato all’interno del lungo iter di commissione delle molestie
assillanti: «il “fatto di stalking”, dunque, non costituirebbe più grave reato di
per sé, ma sarebbe solo una piccola frazione di esso (ad es. il fugace toccamento della vittima) ad integrare un diverso reato istantaneo (…)».
Per questo motivo, i fatti di stalking e del singolo reato debbono dar
luogo a più reati fra loro concorrenti e non possono essere forzatamente
ridotti ex lege ad uno solo.
Come si è visto, ha però prevalso la tesi opposta. Non introdurre la
clausola, per i sostenitori della sua opportunità, può far sì che, sulla base del
principio di specialità, anche i reati meno gravi siano speciali rispetto al
reato di stalking, cioè al reato di molestie, per cui se si omette di specificare che quest’ultimo non si applichi solo quando sussistono gli elementi di
un reato più grave, può accadere che secondo il principio di specialità pre4
valgano, per esempio, i maltrattamenti in famiglia .
A parere di un Autore già citato, la confusione di concetti ha costituito
ragione primaria dell’introduzione di una clausola di sussidiarietà che non
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pare avere alcuna giustificazione : per reato più grave, infatti, si intende
quello sanzionato con pena edittale più severa e non anche quello che in
concreto può risultare più grave conformemente ai parametri di cui all’art.
133 c.p., ossia con riferimento a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie.
In altre parole, non esiste in concreto, secondo il Bartolino, alcun rischio che il reato di atti persecutori resti assorbito in imputazioni di molestie o di minacce continuate, posto che queste imputazioni non coprono l’ulteriore elemento materiale dell’evento cagionato in danno del soggetto
passivo.
A ciò si aggiunga che, come già verificatosi nelle prime applicazioni della legge, di cui si dirà oltre, ben si possono contestare gli atti persecutori in
quella porzione di condotta – reiterata – che assurga alla definizione per
lasciare, magari veicolati dalla medesimezza del disegno criminoso – alla
imputazione diversa di minaccia, molestia, o altra fattispecie, le ulteriori
condotte che integrino quei reati ma si caratterizzino per l’indipendenza,
soprattutto temporale, rispetto al comportamento sussumibile sub art. 612bis c.p.
Come si vedrà analizzando, per esempio, l’ordinanza del Tribunale del
Riesame di Bari, l’estensore di quel provvedimento giurisprudenziale – do4
Argomentando dal discorso dell’On. Pecorella nella medesima seduta, 10 dicembre
2008, in II Commissione Affari Costituzionali.
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F. BARTOLINO, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile, cit., p. 96.
Il reato di molestie insistenti
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po aver ricordato come il vuoto legislativo era stato riempito, fino all’introduzione della nuova norma, col ricorso a disposizioni previgenti, ed in
particolare l’art. 660 c.p. – ne ri-afferma l’autonomia rispetto alla novella,
sostenendo infatti che:
L’interesse tutelato dall’art. 660 c.p., peraltro, è tradizionalmente individuato nell’ordine pubblico, considerato nel suo particolare aspetto della pubblica tranquillità: nella
dimensione generale dell’interesse tutelato trovano ragione la procedibilità d’ufficio per la
contravvenzione e la conseguente attuazione della tutela penale a prescindere dalla volontà della persona molestata o disturbata.
Art. 660 c.p.
Sarà oggetto di particolare attenzione, dedicatagli nella Parte Terza di
questo lavoro, quindi il rapporto tra atti persecutori e tutte le fattispecie
che, avendoli di fatto sostituiti – sotto il profilo punitivo – fino all’approvazione della norma ad hoc, presentano affinità tali da doversi, oggi,
collocare in termini di concorso di reati e di applicazione del principio
di specialità.
Sotto questo profilo, non sembra inutile ricordare, sia pur per cenni, in
cosa consista detto principio.
L’art. 15 c.p. stabilisce che quando più leggi penali, o più disposizioni
della medesima legge penale, regolano la stessa materia, la legge – o la disposizione di legge – speciale deroga alla legge – o alla disposizione di legge – generale, salvo sia diversamente stabilito.
L’interpretazione di tale norma ha ormai un’applicazione pratica pressoché infinita, essendosi posto il quesito per un numero cospicuo di casi
offerti dalla prassi. In generale, la Cassazione ha ricordato come non sussista principio di specialità, e dunque si applichi il concorso di reati, ogni
qualvolta che le fattispecie incriminatrici in questione descrivano condotte
diverse sotto un profilo strutturale e cronologico, quindi ove manchi l’iden6
tità naturalistica del fatto , quando non si profili il fenomeno c.d. dell’assorbimento, ossia quando una disposizione preveda tutti gli elementi di al6
Cass., sez. II, 4 marzo 2008, n. 12452, in CED, rv 239745.
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Capitolo Primo
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tra norma, più uno o più aspetti qualificanti , o di c.d. consunzione, per il
quale è sufficiente l’unità normativa del fatto, desumibile dall’omogeneità
tra i fini dei due precetti, con conseguente ricomprensione dell’ipotesi meno grave in quella più grave, condizione – questa – riconoscibile per il fatto
che l’apprezzamento negativo della condotta è tutto considerato nella più
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grave ipotesi di reato .
Per converso, potrà essere escluso il concorso formale tra delitti, ove
l’uno resti assorbito nell’altro sub specie di circostanza aggravante, come ad
esempio accade tra omicidio e violenza sessuale di cui all’art. 576, comma
1, n. 5, c.p., senza che neppure sia richiesta alcuna connessione di tipo fi9
nalistico tra i due reati .
Come si vedrà meglio esaminando i rapporti intercorrenti con altre figure di reato, la fattispecie di atti persecutori è talmente tipizzata sotto il
profilo oggettivo da esigere notevole corrispondenza tra l’ipotesi astratta,
configurata dal legislatore, e la manifestazione concreta della condotta criminosa, di tal che sembra agevole concludere, facendo eco ad altra dottrina, sostenendo che i timori avanzati in sede parlamentare possano serenamente dirsi infondati.
Di diverso avviso un pregiato Autore, a parere del quale certi rischi ap10
plicativi sono residuati .
Dopo aver ricordato infatti come la Camera si sia dimostrata maggiormente sensibile alle esigenze di proporzionalità e ragionevolezza della risposta sanzionatoria, e che detta impostazione sia stata condivisa dal Governo nella redazione del decreto legge ed accettata dal Parlamento nel suo
complesso all’atto della sua conversione, sottolinea come non possa escludersi il concorso tra gli atti persecutori ed altri reati più gravi, nonostante
l’espressa clausola di sussidiarietà.
Quello previsto dall’art. 612-bis c.p. è reato che può essere integrato da
una serie di condotte tanto omogenee, quanto eterogenee tra loro.
È dunque ipotizzabile che l’eventuale fattispecie più grave, dinanzi alla
quale il nuovo delitto dovrebbe soccombere, possa identificarsi solo con una
frazione delle condotte poste in essere dall’agente e sussumibili nella nuova
incriminazione.
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Cass., sez. III, 14 novembre 2007, n. 14707, in CED, rv 239659.
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Cass., sez. III, 10 luglio 2007, n. 37409, in Riv. pen., 2008, 2, p. 154.
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Cass., sez. I, 29 gennaio 2008, n. 12680, in Cass. pen., 2009, 1, p. 200.
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L. PISTORELLI, Il reato di stalking e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009
conv. in l. n. 30/2009, in www.penale.it.
Il reato di molestie insistenti
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Sorge a questo punto la necessità di determinare in quale modo la menzionata clausola di riserva si coniughi con la struttura della stessa.
Il reato più grave destinato ad assorbire, attraverso il meccanismo della
sussidiarietà, quello in esame, non solo potrebbe non «contenere» porzioni
del suo elemento materiale, ma soprattutto potrebbe non esaurire il disvalore specificamente connesso al suo evento tipico.
La clausola di sussidiarietà, in quanto relativamente indeterminata, non
può dunque trovare una indiscriminata ed aprioristica applicazione, che risulterebbe in definitiva irragionevole.
In tal senso, in accordo con le regole generali del concorso apparente di
norme, la stessa potrà paralizzare l’operatività dell’art. 612-bis c.p. solo in
quei casi in cui il reato più grave richiamato dalla clausola risulti in grado
di assorbire effettivamente il disvalore dell’evento di quello di atti persecutori.
E ciò potrà avvenire solo quando l’offesa arrecata riguardi il medesimo
bene giuridico o, quantomeno, beni giuridici omogenei.
In tutti gli altri casi la clausola in questione non dovrebbe pertanto ritenersi idonea ad impedire il concorso tra il reato di nuovo conio e i reati anche più gravi consumati attraverso le condotte persecutorie.
Per altro verso, vanno a questo punto analizzati anche i rapporti tra la
nuova fattispecie e quelle meno gravi (e dunque per questo comunque estranee al fuoco della clausola di sussidiarietà menzionata) che eventualmente concorrano con la stessa.
Ed in particolare, una volta richiamato quanto già detto a proposito dei
rapporti con il delitto di violenza privata, l’attenzione deve essere rivolta ai
reati previsti dagli artt. 612 e 660 c.p.
Quanto al delitto di minaccia, è agevole riconoscerne l’assorbimento, secondo lo schema del reato complesso, nell’elemento materiale di quello di
atti persecutori.
Con riguardo invece a quello di molestie, posta un’evidente relazione di
specialità reciproca, sembra potersi ricorrere alla stessa formulazione della
condotta punita ex art. 612-bis c.p. per affermarne l’assorbimento nel reato
di atti persecutori.
Il soggetto attivo: «chiunque» 1.1.2.
Il reato di atti persecutori è fattispecie comune, monosoggettiva (è sufficiente un solo autore), che diventa aggravata se l’agente è legato alla vittima da particolari condizioni personali.
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Capitolo Primo
È interessante notare, dunque, che nonostante la cronaca riporti frequentemente casi di ex mariti, amanti, o comunque persone connesse al soggetto passivo da relazioni private, in atto o più frequentemente già terminate,
il fenomeno dello stalking come persecuzione ossessiva e continuativa è
più che plausibile anche nei confronti di estranei, di gente comune e non
solo personaggi famosi soprattutto del mondo dello spettacolo.
Il legislatore ha comunque inteso connotare di maggiore disvalore, e
quindi così giustificare l’aumento di pena, se è il partner «lasciato» a porre
in essere atti persecutori, in quanto dimostra di non rispettare la decisione
dell’altro di allontanarlo da sé mediante separazione, divorzio o comunque
la rottura della relazione.
È stato già efficacemente sottolineato infatti che nessun aumento sia
previsto qualora la relazione, coniugale o comunque affettiva, sia ancora in
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corso .
L’Autrice ricorda che nel corso dei lavori parlamentari, la Commissione
giustizia della Camera dei Deputati avesse previsto che l’aggravamento della pena riguardasse anche il coniuge non separato o divorziato, e la persona ancora legata da relazione affettiva alla vittima. A sostegno di una valutazione più severa, per tali soggetti, era stato evidenziato che spesso l’atto
persecutorio è posto in essere proprio per ottenere una separazione consensuale a condizioni vessatorie per il soggetto più debole.
La Commissione aveva inoltre sottolineato che altri delitti, come l’omicidio, sono aggravati se posti in essere all’interno della famiglia, ove maggiore è la possibile condizione di vulnerabilità.
La scelta definitiva è stata, come si è visto, diversa e le motivazioni sembrano doversi ricondurre alla consueta delicatezza e sobrietà con cui il legislatore approccia il mondo degli affetti soprattutto all’interno di nuclei
famigliari ove, in tutti i casi, protegge efficacemente i soggetti deboli per
antonomasia: minori e disabili.
Quanto agli adulti, è chiaro che il principio ispiratore di fondo è quello
di evitare il più possibile sofferenze inutili ed ulteriori a chi, vuoi per aver
trovato aliunde la soluzione, vuoi per precisa scelta personale, gestisca determinate situazioni in senso non punitivo (ecco l’opzione della punibilità a
querela) o comunque non giustifichi un aumento di pena verso un soggetto
tuttora, per i motivi più vari, congiunto, convivente o comunque legato da
relazione affettiva.
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S. FARINI, Le modifiche al codice penale, in Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art.
612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 febbraio 2009, n. 11, a cura di S.
TOVANI-A. TRINCI, Dike Giuridica Editrice, Roma, 2009, p. 45.
Il reato di molestie insistenti
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La ratio si riscontra in altri passaggi della legge, esattamente come è dato ritrovarla in altre norme penali e disposizioni legislative: la famiglia, o
comunque il nucleo di persone che vivono insieme, coabitano, ed in ogni
caso condividono un percorso, è centro di attenzioni e protezione, ma è anche un ambiente nel quale le dinamiche possono essere sfuggenti, l’identificazione della vittima, e il suo rapportarsi al carnefice, possono risultare non
chiare, alterne, confuse e quindi, al di là di un normale ed usuale problema
di prova, francamente non giustificare l’aggravio.
Sotto questo profilo si impone una riflessione, valida sia nel caso su cui
ci si sta soffermando, sia in quello opposto, ossia l’ipotesi aggravata.
Non lo si è ancora approfondito, ma è sufficiente la mera lettura dell’art.
612-bis c.p. per evidenziare che questo, come pochi altri reati, è un delitto
ove – al di là dell’esigenza che si verifichi un determinato evento – la soglia
della penale rilevanza non è sbilanciata verso l’autore del fatto, ma centrata
sul suo rapporto con la vittima e sulle reazioni che quest’ultima abbia in
conseguenza del comportamento del soggetto attivo.
In altre parole, esigere – come la formulazione definitiva della disposizione ha fatto – che le minacce o le molestie cagionino stati d’ansia, di paura, timori per la propria ed altrui incolumità o ancora alterazioni dello stile
di vita significa subordinare la punibilità non soltanto ad una condotta, appunto minacciosa o molesta, ma anche alla realizzazione di uno o più eventi, di cui almeno uno – l’ultimo – pressoché integralmente lasciato alla determinazione della vittima, sia pure come reazione e difesa alla condotta
dello stalker.
E da questo punto di vista non può non osservarsi che proprio l’ipotesi
considerata «base», e quindi sfornita di specifica aggravante, sembra molto
più adatta in concreto al fiorire ed al prodursi degli eventi sopra elencati.
A breve infatti si approfondirà uno degli elementi costitutivi fondamentali del reato: l’abitualità, la reiterazione delle condotte, lo stillicidio a cui
l’oggetto della persecuzione viene sottoposto.
È ora più evidente come, se posto in essere da un soggetto convivente o
comunque tuttora legato affettivamente, e quindi facilitato nel suo relazionarsi con la vittima, un comportamento molesto potrà essere continuativo
senza particolari moti dell’agente, mentre se posto in essere dall’esterno, soprattutto da un ex partner, agevolato (nell’accezione negativa del termine)
dal pregresso rapporto, quindi in termini di conoscenza di luoghi, abitudini, persone che costituiscono il mondo del soggetto passivo, il comportamento di stalking denoterà una pericolosità maggiore, degna quindi di aggravamento di pena.
Alla osservazione appena svolta va comunque, ancora una volta, aggiun-
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Capitolo Primo
to che grazie alla clausola di sussidiarietà, qualora le condizioni precipue
del caso depongano per un trattamento diverso, scatteranno altri rimedi di
legge, quali per tutti l’assorbimento, o se del caso, il concorso con altri reati, maltrattamenti in famiglia in primis.
La reiterazione delle condotte 1.1.3.
Minacce e molestie devono ripetersi nel tempo e non costituire singoli
episodi slegati uno dall’altro, pur se numerosi. La serialità è elemento costitutivo della fattispecie, ed ove invece i vari comportamenti, astrattamente sussumibili nell’alveo dell’art. 612-bis c.p., appaiano sconnessi, sarà diversamente ipotizzabile la continuazione tra reati, quali appunto minacce e
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molestie, ma anche violenza privata, ingiuria , lesioni e maltrattamenti.
La struttura del reato di atti persecutori è disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato da una serie di atti commissivi,
connotato dalla necessità che in capo alla vittima si producano una o più
conseguenze esemplificamente accennate dalla norma: reato abituale di
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evento, quindi .
Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo delle condotte descritte, collegate da nesso di abitualità (ossia senza significativi e volontari
intervalli di tempo, che possono denotare quindi un mutamento di condotta ma, nel caso in cui l’autore riprenda il suo agire, integrare la continuazione tra più momenti di stalking): come ricordato dall’Autrice, infatti, la categoria del reato abituale si differenzia da quella del reato permanente, complesso e continuato in quanto può essere denotata anche da condotte che
in sé possono non essere punibili unitariamente, come nell’esempio dei mal14
trattamenti in famiglia .
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In verità questi due primi reati sono considerati casi dubbi, preferibilmente assorbiti
dagli atti persecutori, vedasi l’intervista con il Procuratore della Repubblica Dott. M. Ghezzi
di Milano, in Appendice, e L. PISTORELLI, Il reato di stalking e le altre modifiche al codice
penale, cit.
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Così anche Trib. Bologna, 8 maggio 2009, in S. FARINI, Le modifiche al codice penale,
cit., p. 47, nota 108.
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Reato permanente è quello per la cui esistenza la legge richiede che l’offesa al bene
tutelato si protragga nel tempo a seguito della condotta volontaria del soggetto attivo. Reato complesso è quello che contiene in sé altri reati, li unifica legislativamente all’interno di
un’unica fattispecie, i cui elementi costitutivi o le cui aggravanti sono parti di altri reati.
(art. 84 c.p.). Reato continuato è alternativamente dato dall’ipotesi in cui con più azioni