Germania unita Quel no di Thatcher e Mitterrand

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LA RUSSIA
Germania unita Quel no di Thatcher e Mitterrand
Quando Mitterrand e la Thatcher non volevano la Germania Unita. Il leader francese
disse: così avranno più terra di Hitler
I cinquecento documenti rilasciati dagli archivi del Foreign Office sulla fredda accoglienza che Margaret Thatcher e François Mitterrand riservarono
20 anni fa alle prospettive di una Germania unificata sono certamente interessanti. E' divertente apprendere che la Lady di Ferro fu scossa da un
brivido quando seppe che i deputati del Bundestag avevano cantato in piedi un inno che nella sua versione originale conteneva le parole «Deutschland
über alles» (la Germania al di sopra di tutto). È sorprendente scoprire che François bisbigliò a Margaret, nel corso di un colloquio, il suo timore che la
nuova Germania sarebbe stata territorialmente più vasta di quella di Hitler. Ed è naturale chiedersi, con una punta di malizia, perché il Foreign Office
abbia deciso di pubblicare ora, nel ventennale del crollo del muro di Berlino, documenti che avrebbe potuto conservare nei propri archivi, secondo la
legge, per altri dieci anni. Ma è improbabile che questi documenti, quando potremo leggerli integralmente, ci raccontino una storia diversa da quella
che già conoscevamo. Per comprendere lo stato d' animo dei protagonisti di quelle vicende conviene comunque fare un passo indietro e ripercorrere
brevemente la storia dei mesi precedenti. Come dice il titolo di uno splendido album fotografico pubblicato dal governo ungherese nelle scorse
settimane, il 1989 fu «l' anno dei miracoli». In marzo i sovietici andarono alle urne per eleggere il Congresso del popolo e poterono scegliere, per la
prima volta, fra una pluralità di candidati. Qualche settimana dopo i polacchi appresero che una «tavola rotonda», composta dai rappresentanti del
governo e della opposizione, si era accordata sulla data di elezioni finalmente libere. Poco più di un mese dopo, alla fine di maggio, i cinesi
approfittarono della visita di Gorbaciov a Pechino per portare in piazza Tienanmen un fantoccio di papier maché che assomigliava maledettamente alla
statua della Libertà. Pensavamo che le repressioni poliziesche di Pechino dopo la partenza del leader sovietico, l' arrivo dell' estate e la partenza per le
vacanze avrebbero interrotto la sequenza dei miracoli. Accadde invece che i turisti della Germania dell' est in Cecoslovacchia e in Ungheria
approfittassero delle vacanze per dire pubblicamente addio al loro «paradiso» socialista. Avevano riempito le piccole Trabant delle loro cose più care,
avevano attraversato la frontiera e si erano installati notte e giorno di fronte agli uffici diplomatici e consolari della Repubblica federale per chiedere
asilo alla loro patria democratica. Dopo un frenetico scambio di messaggi fra Berlino est, Mosca, Budapest e Praga, i turisti esuli furono autorizzati ad
attraversare la frontiera con l' Austria e a raggiungere la Germania occidentale. Nell' album ungherese vi sono commoventi fotografie di intere famiglie
che fanno il bucato nel Danubio, stendono i loro panni sugli alberi del lungofiume, dormono sul marciapiedi in un sacco a pelo, spingono le Trabant
verso il confine e piangono di gioia quando i doganieri ungheresi alzano le sbarre di frontiera. La scena, in ottobre, si sposta a Berlino est dove la
nomenclatura comunista si appresta a celebrare il quarantesimo anniversario della fondazione della Repubblica democratica. Gorbaciov ha deciso di
partecipare ai festeggiamenti. È arrabbiato con Erich Honecker, leader della Rdt e colpevole di avere accolto freddamente il programma riformatore
del Cremlino. Il viaggio servirà a redarguire il satellite riluttante e a dimostrare che la perestrojka può essere il programma comune di tutto il blocco
sovietico. Accadrà invece il contrario. Come i cinesi a Pechino, i tedeschi della Germania orientale approfittano della visita di Gorbaciov per inscenare
manifestazioni che cominciano a Lipsia e si concludono trionfalmente a Berlino. Da quelle manifestazioni e dal crollo del muro comincia, con un
tragicomico crescendo, il rapido declino del regime comunista. Alla fine del 1989 il cancelliere Helmut Kohl ha già deciso di cogliere questa storica
occasione: la Repubblica federale avrebbe annesso la Repubblica democratica e ricomposto l' unità della patria tedesca. Fu questo il momento in cui i
maggiori leader europei cominciarono a manifestare le loro preoccupazioni. Conosciamo i sentimenti di Margaret Thatcher e sappiamo che Giulio
Andreotti, prendendo a prestito una battuta del romanziere François Mauriac, disse di amare la Germania al punto di preferire che ve ne fossero due.
Ma il leader più inquieto era certamente Mitterrand. Il presidente francese aveva stretto eccellenti relazioni con Kohl, ma sapeva che l' asse francotedesco poggiava su un rapporto asimmetrico. La Francia era economicamente più debole della Germania, ma aveva il rango del Paese vincitore, un
arsenale nucleare e un seggio permanente al Consiglio di sicurezza. La Germania era un colosso economico, ma era dimezzata e aveva tuttora, 44 anni
dopo la fine del conflitto, una sovranità parziale. Finché le cose fossero rimaste così ciascuno dei due Paesi avrebbe potuto contare sull' amicizia dell'
alto. Ma che cosa sarebbe accaduto il giorno in cui la Germania, finalmente riunificata, sarebbe diventata nuovamente la potenza dominante della
Mittel Europa? Per evitarlo Mitterrand cercò di correre ai ripari con una improvvisa visita a Berlino est nel gennaio del 1990. Era una dimostrazione di
fiducia nell' esistenza dello Stato comunista dietro la quale si nascondeva il disegno di una Confederazione germanica costituita da due Stati sovrani. Il
presidente francese aveva parecchi alleati nella società tedesca. Gerhard Schröder, futuro cancelliere social-democratico, Joschka Fischer, futuro
ministro degli Esteri, e Günter Grass, icona della intelligencija di sinistra, erano dello stesso parere. Troppo tardi. Kohl non volle perdere il treno della
storia e poté contare sulla collaborazione di George Bush sr., molto più lungimirante dei leader europei. Esisteva ancora tuttavia un nodo da sciogliere.
Occorreva convincere l' Unione Sovietica di Gorbaciov che l' unificazione tedesca non avrebbe turbato gli equilibri est-ovest. Nel corso di un colloquio
con il segretario di Stato americano James Baker a Mosca nel 1990, Gorbaciov disse che avrebbe ritirato le truppe sovietiche dalla Ddr (300.000
uomini), ma non avrebbe tollerato l' esistenza di una Germania unificata nella Nato. In un articolo apparso nell' ultimo numero di Foreign Policy (la
rivista americana diretta da Moisés Naím) l' ex senatore Bill Bradley scrive che Baker, dopo un lungo negoziato, aveva guardato Gorbaciov negli occhi e
gli aveva detto: «Senta, se lei toglie le sue truppe e permette la riunificazione della Germania nella Nato, la Nato non espanderà di un pollice verso
est». Le cose, come sappiamo, sono andate diversamente, ma gli americani si giustificano sostenendo che l' interpretazione corretta delle parole di
Baker è: «Non stazioneremo truppe non tedesche della Nato nei territori che avevano fatto parte della Germania Orientale». Celebriamo dunque con
gioia la caduta del muro e l' unificazione tedesca, ma non dimentichiamo che in quegli stessi mesi, mentre si alzava infine il sipario di ferro,
Washington gettava il seme della nuova crisi che avrebbe turbato i rapporti russo-americani vent' anni dopo. Sergio Romano RIPRODUZIONE
RISERVATA Le tappe La caduta del Muro Il 9 novembre 1989, dopo settimane di manifestazioni, cadde il Muro di Berlino, eretto nel 1961 per separare
l' est dall' ovest L' unificazione [TITSCHEDA[/TITSCHEDAIl 3 ottobre 1990, la Germania est e la Germania ovest vennero riunificate. Principale
artefice, Helmut Kohl, allora cancelliere della Repubblica federale
Romano Sergio
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(11 settembre 2009) - Corriere della Sera
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